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CAMERA DEI DEPUTATI - SENATO DELLA REPUBBLICA

COMMISSIONE PARLAMENTARE D'INCHIESTA

SUL CICLO DEI RIFIUTI E SULLE ATTIVITA'

ILLECITE AD ESSO CONNESSE

2.

SEDUTA DI VENERDI' 11 LUGLIO 1997

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE MASSIMO SCALIA

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori. *

Audizione dei rappresentati dell'ENEA. *

Audizione dei rappresentanti dell'ANPA. *

Comunicazioni del presidente. *

 

La seduta comincia alle 10.

(La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).

 

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Se non vi sono obiezioni, rimane stabilito che la pubblicità della seduta sia assicurata anche mediante l'attivazione dell'impianto audiovisivo a circuito chiuso.

(Così rimane stabilito).

 

Audizione dei rappresentati dell'ENEA.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione dei rappresentanti dell'ENEA, che ringrazio per aver accolto il nostro invito.

Scusandomi con i nostri ospiti per l'assenza di molti colleghi, i quali avranno comunque modo di conoscere le vostre valutazioni attraverso il resoconto stenografico, do senz'altro la parola al professor Cabibbo perché svolga una relazione introduttiva sul ciclo dei rifiuti, chiedendogli di dedicare particolare attenzione ai rifiuti radioattivi, alle scorie nucleari e ai problemi di gestione che l'ENEA deve affrontare.

NICOLA CABIBBO, Presidente dell'ENEA. Nel ringraziare il presidente Scalia per l'invito, ricordo che sono già stato ascoltato dalla precedente Commissione nel settembre 1995 (la documentazione che ho consegnato agli uffici contiene anche il resoconto relativo a quella seduta). Ciò che dirò oggi è, per così dire, un aggiornamento di quanto dissi allora: ovviamente, nel caso mi fossero poste domande di tipo più generale, risponderò a ciascuna di esse.

Dal 1995 ad oggi è cambiato il quadro legislativo: è infatti stato varato dal Governo il decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, che ha recepito le direttive comunitarie e ha disciplinato in modo organico la gestione dei rifiuti, al fine di assicurare la protezione dell'ambiente prevedendo controlli efficaci. Tale norma riveste indubbiamente un grande valore politico e di indirizzo, e a tale proposito vorrei dire subito che l'ENEA è attivamente impegnato nel fornire supporto al Ministero dell'industria per l'emanazione delle numerose circolari applicative che si renderanno necessarie.

Più in generale, l'impegno dell'ENEA sul tema dei rifiuti, che rappresenta per l'Ente uno dei temi prioritari, si esplica lungo due direttrici: lo sviluppo di nuove tecnologie per le varie fasi del ciclo e la prestazione di servizi tecnico-scientifici alla pubblica amministrazione centrale e periferica.

Un grande capitolo è quello dei rifiuti radioattivi, in cui l'ENEA è impegnato sia sul piano della ricerca e dello sviluppo sia per quanto attiene al trattamento e alla sistemazione dei rifiuti presenti presso i propri centri e provenienti dalle precedenti attività di ricerca.

Illustrerò sinteticamente il ciclo dei rifiuti non radioattivi, riferendomi a taluni aspetti che sono trattati più in dettaglio nel piano triennale, in quello annuale, nonché nei vari consuntivi e rapporti dell'Ente.

In primo luogo, per quanto attiene alla ricerca e allo sviluppo di tecnologie, nel quadro delle attività di ricerca l'ENEA conduce sul proprio impianto ABI-2000 della Casaccia (un inceneritore a tamburo rotante con recupero energetico e caldaia a letto fluido) campagne di prova mirate allo studio ed alla verifica delle condizioni tecnico-ambientali ottimali connesse alla valorizzazione energetica di particolari tipi di rifiuti nonché alla caratterizzazione ed al controllo dei rilasci inquinanti. Un esempio è rappresentato dalla campagna che abbiamo recentemente svolto in collaborazione con Replastic per lo studio di processi di trattamento termico e recupero di energia da rifiuti e contenitori in plastica provenienti da raccolta differenziata. Si tratta di un impianto molto richiesto e continuamente in attività.

Sono in corso di realizzazione presso il centro della Trisaia due impianti mobili, rispettivamente per il trattamento di rifiuti solidi urbani (Tresu) e di rifiuti tossici e nocivi (Triton), che forniranno un importante contributo alla sperimentazione di nuovi processi di termodistruzione ecocompatibili con recupero energetico. Con questi impianti sperimentali vengono ad essere ampliati i settori specifici di intervento: infatti, si va dall'impianto mobile di trattamento del percolato a quello di inertizzazione dell'amianto e a quello di sterilizzazione dei reflui infetti. L'ENEA crede molto nel concetto di impianto mobile, come abbiamo più volte detto, perché è più rassicurante per le popolazioni.

Altre attività di ricerca e di sviluppo in questo campo vanno dalla caratterizzazione dei siti contaminati, ai fini della loro bonifica, allo sviluppo di metodologie per l'applicazione dei bilanci ambientali, allo sviluppo di bioindicatori per il monitoraggio del biogas da discarica, fino all'applicazione di sistemi avanzati per il controllo delle emissioni.

Vorrei poi ricordare che l'ENEA ha costruito una banca dati, periodicamente aggiornata - accessibile su Internet attraverso l'homepage dell'Ente -, sui termodistruttori esistenti su territorio nazionale.

In secondo luogo, per ciò che riguarda le attività di servizio alla pubblica amministrazione, l'ENEA ha svolto e continua a sviluppare importanti attività a supporto delle amministrazioni locali nella predisposizione e gestione di piani organici di gestione dei rifiuti. Tra gli interventi conclusi recentemente, vorrei ricordare la revisione del piano gestionale dei rifiuti della regione Campania, il piano per l'attuazione della raccolta differenziata dei rifiuti nella provincia di Teramo, l'individuazione nel territorio comunale di Latina di alcune aree idonee all'insediamento di impianti per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani, lo studio comparativo, in provincia di Massa Carrara, ai fini della valutazione di compatibilità ambientale, di sei siti individuati dalla provincia come potenziali ubicazioni di discarica. Un altro intervento significativo ha riguardato lo sviluppo e la qualificazione di procedure per il controllo, la manutenzione e la bonifica delle strutture e della componentistica contenente amianto dei rotabili in esercizio nelle Ferrovie dello Stato.

Inoltre l'ENEA ha svolto e continua a svolgere, nel quadro dell'emergenza rifiuti nella regione Campania, attività di gestione tecnico-amministrativa di discariche affidate mediante ordinanze prefettizie. Si è conclusa la gestione delle discariche Di.Fra.Bi ed Ismar, che complessivamente rappresentavano, quando erano in attività, il 90 per cento dello smaltimento dei rifiuti della regione Campania. E' in corso la gestione delle discariche di Palma Campania e Tufino, che attualmente smaltiscono il 40 per cento dei rifiuti della regione Campania. Il termine di tale gestione è previsto per la fine del 1998. Tra i documenti che ho prodotto c'è la relazione di rendiconto della discarica Di.Fra.Bi, che dà un'idea molto chiara della complessità del lavoro; abbiamo dovuto presentare più di 30 denunce a vario titolo: furti, tentativi di conferire illegalmente rifiuti ospedalieri e altro. Si tratta di un documento abbastanza interessante.

Tuttavia, la gestione delle discariche da parte dell'ENEA è nata come un evento eccezionale. Per la discarica di Pianura l'Ente ha profuso un notevole impegno; si tratta, come è noto, di una delle più grandi discariche d'Europa, per la quale l'ENEA ha messo a disposizione 25 unità, tra personale laureato e diplomato, che hanno dovuto affrontare per oltre un anno una situazione molto critica, operando in condizioni di estremo disagio. Al di là degli apprezzamenti, questo apporto è stato per l'ENEA un puro costo, pari ad alcuni miliardi l'anno: all'Ente sono state rimborsate le sole spese vive, lasciando a suo carico anche il costo della retribuzione del personale. Tra gli oneri sostenuti dall'ENEA va inclusa la circostanza che è stato necessario distogliere risorse umane di elevato profilo professionale da altre attività, anch'esse di notevole rilievo programmatico, che sarebbero state remunerate con contratti esterni.

La nostra preoccupazione è che dall'eccezionalità si passi all'emergenza permanente, con un impegno improprio dell'ENEA che, oltre a non essere retribuito, si pone al limite delle sue competenze. Invece, conclusa la gestione di Pianura, continuano a susseguirsi ordinanze di proroga e addirittura ordinanze nuove, come è il caso delle discariche di Palma Campania e di Tufino, avute in gestione con ordinanze rispettivamente del febbraio e del dicembre 1996, con un conseguente nuovo impegno di personale qualificato.

PRESIDENTE. Mi scusi, presidente Cabibbo, può fornirci a questo proposito indicazioni sul livello di impegno dell'Ente anche in termini quantitativi sull'affidamento di queste nuove discariche?

NICOLA CABIBBO, Presidente dell'ENEA. Si tratta di 25-30 persone.

FRANCESCO MAURO, Direttore del dipartimento ambiente dell'ENEA. Si tratta di 15 unità a Tufino e di un numero leggermente inferiore a Palma Campania. Occorre considerare anche che nelle discariche chiuse viene impiegato personale in operazioni di sorveglianza. Quindi, il numero rimane più o meno quello già impegnato a Pianura.

PRESIDENTE. Nel complesso, fra le attività di sorveglianza e quelle nuove relative a Palma e a Tufino, si tratta di 35 unità?

NICOLA CABIBBO, Presidente dell'ENEA. Sì.

Concludendo su questo punto, vorrei rappresentare il mio convincimento che gli interventi affidati all'ENEA, relativi alla gestione amministrativa delle discariche, non corrispondono al ruolo dell'Ente, e pertanto risultano accettabili solo nel quadro di una vera e propria emergenza, ma non nel caso di una gestione protratta negli anni.

Per quanto riguarda il supporto tecnico dell'ENEA alla gestione e bonifica delle discariche, quest'ultimo può essere visto solo in un'ottica di sviluppo e trasferimento di tecnologie innovative nel settore dello smaltimento dei rifiuti: a mio avviso, l'ENEA dovrebbe fungere da consulente, da sviluppatore di nuove tecnologie, non da gestore. E' quindi urgente trovare soluzioni alternative a questo uso improprio dell'ente (anche perché le persone sono quelle che sono: non è che possiamo risolvere il problema nazionale!).

Con ciò concludo la trattazione della parte riguardante i rifiuti ordinari. Passo ora a trattare il capitolo dei rifiuti radioattivi.

L'ENEA ha in corso un impegnativo programma per il condizionamento dei rifiuti radioattivi presenti presso i propri centri, che provengono dalle attività di ricerca sul ciclo del combustibile.

Nel Documento ENEA n. 61 (compreso nella documentazione che ho consegnato alla Commissione), approvato dal nostro consiglio di amministrazione nel febbraio 1996, è contenuto, oltre ad uno stato di avanzamento a tale data, il programma globale degli interventi previsti. Inoltre, un documento specifico riguarda i piani di intervento per l'impianto Itrec del centro Trisaia in Basilicata. Analoghi documenti sono in preparazione per i centri di Saluggia e di Casaccia e vi saranno trasmessi non appena pronti (ci vorrà ancora qualche mese, trattandosi di un lavoro abbastanza delicato). Sono altresì allegate a questa documentazione alcune tabelle che rappresentano la situazione dei rifiuti radioattivi nei centri ENEA al 30 giugno 1997 nonché una previsione di spesa per il periodo 1996-2000.

Il programma di sistemazione di rifiuti radioattivi e di disattivazione degli impianti del ciclo del combustibile nucleare esistenti presso i centri di ricerca dell'ENEA è in corso dal 1990. Nell'ambito di tale programma sono già stati disattivati gli impianti Istec e UF6 del centro di Casaccia e l'impianto pilota di fabbricazione combustibile Ifec del centro di Saluggia: a seguito di ciò è avvenuto il rilascio incondizionato dei locali e il loro riutilizzo per usi convenzionali (per esempio, il fabbricato che conteneva Ifec è stato addirittura venduto alla Sorin, che lo usa per le sue attività).

Per quanto riguarda gli interventi più significativi effettuati negli anni passati per l'alienazione dei materiali nucleari e del combustibile irraggiato presenti presso il centro ENEA, vorrei citare in particolare la cessione alla Francia sia di 3 chilogrammi di plutonio già giacenti nel centro di ricerca francese di Cadarache sia di 650 chilogrammi di uranio altamente arricchito ed il trasferimento per il ritrattamento a Sellafield (Regno Unito) di 504 elementi di combustibile di Latina che erano giacenti presso l'impianto Eurex di Saluggia.

Vorrei ora richiamare brevemente i principali interventi che sono previsti nei prossimi anni (a partire da quest'anno), alcuni dei quali sono in corso. Vi ho consegnato il testo della delibera del consiglio di amministrazione anche perché tutto quanto avrebbe dovuto essere realizzato, secondo quella delibera, da allora fino ad oggi, è stato fatto; si tratta quindi di un programma che sta marciando bene.

In ordine ai rifiuti liquidi, per quanto riguarda quelli del centro della Trisaia nel giugno scorso è stata completata la campagna di cementazione dei rifiuti a bassa attività, a suo tempo prodotti dall'impianto Itrec (circa 80 metri cubi); la campagna è stata effettuata utilizzando l'esistente impianto Sirte-Mowa, entrato in funzione nel 1995. Sono stati prodotti circa 400 fusti di prodotto cementizio di qualità certificata dall'ANPA.

Nel mese di luglio sono iniziati gli interventi di ottimizzazione dell'impianto Sirte-Mowa al fine del suo utilizzo per i restanti 3 metri cubi di rifiuto liquido a più elevata attività: è previsto che tali lavori di ottimizzazione siano completati nel giugno 1998, in modo da poter iniziare nel settembre del medesimo anno la relativa campagna di cementazione che dovrà terminare, secondo le prescrizioni MICA, entro il giugno 1999 (sono termini ristretti ma possibili). Saranno prodotti tra 300 e 500 fusti protetti da apposita conchiglia schermante, contenenti un prodotto cementizio certificato dall'ANPA.

Sia i manufatti prodotti con i rifiuti a bassa attività sia quelli prodotti con i rifiuti a più elevata attività sono idonei al trasporto: nel primo caso la destinazione è il sito nazionale di smaltimento dei rifiuti di seconda categoria; nel secondo caso, la struttura ingegneristica di immagazzinamento temporaneo centralizzato dei rifiuti condizionati di terza categoria.

Per quanto riguarda il trattamento dei rifiuti liquidi presenti presso l'impianto Eurex del centro di Saluggia, a seguito di una gara ad appalto-concorso esperita a livello europeo secondo la normativa comunitaria nel corso del 1996, è stata aggiudicata ad un consorzio guidato da Techint la fornitura di un impianto di vetrificazione per i 112 metri cubi di rifiuto liquido a più elevata attività e per i 109 metri cubi di rifiuto liquido a più bassa attività. Il contratto prevede 54 mesi, a partire dal 1° luglio scorso, per la progettazione, l'iter autorizzativo ANPA, la costruzione e il collaudo funzionale dell'impianto. Pertanto, l'entrata in funzione a caldo dell'impianto è prevista entro il 2002 ed il lavoro si dovrebbe concludere nel 2004. L'importo contrattuale è pari a 21 miliardi.

Per completare il quadro dei rifiuti liquidi, voglio ricordare che presso il centro della Casaccia è pressoché completata la separazione, mediante un processo originale messo a punto dall'ENEA, del plutonio contenuto nei circa 10 metri cubi di rifiuti liquidi prodotti nell'impianto Plutonio: questi ultimi saranno quindi trasferiti a Nucleco per essere cementati come rifiuti di seconda categoria, mentre il plutonio separato e concentrato in soluzione (sono 350 grammi) sarà convertito in forma solida come ossido misto uranio-plutonio per mezzo dell'Unità manuale di conversione plutonio (UMCP) esistente a Saluggia.

Passando ora ai rifiuti solidi, quelli a bassa attività attualmente stoccati presso i centri di Saluggia e di Trisaia e prodotti negli impianti Eurex e Itrec saranno compattati e cementati con l'utilizzo dell'unità mobile Nucleco in apposite campagne programmate per gli anni 1999 e 2000, analoghe a quelle già realizzate in passato presso gli stessi centri. In tal modo, tutti i rifiuti solidi compattabili prodotti nei due impianti saranno trasformati in manufatti cementizi condizionati e certificati dall'ANPA, pronti, come al solito, ad essere trasferiti al sito nazionale di smaltimento per rifiuti condizionati di seconda categoria.

Sono allo studio, e saranno definite entro il corrente anno, le soluzioni tecnologiche da adottare per i rifiuti solidi non compattabili costituiti essenzialmente da componenti metallici o macchinari contaminati (provenienti, ad esempio, dallo smantellamento completo dell'impianto Ifec e della cella tiepida dell'impianto Itrec) e dai rifiuti solidi ad alta attività, al fine di trasformarli in manufatti cementizi di seconda e di terza categoria, idonei al trasporto ed allo smaltimento finale o allo stoccaggio temporaneo.

La terza voce del bilancio radioattivo dell'ENEA riguarda il combustibile irraggiato. Nel quadro della policy recentemente definita dal Governo USA di riprendere tutti i combustibili nucleari esistenti a livello mondiale comunque fabbricati con uranio altamente arricchito di provenienza USA, è in corso il trasferimento negli USA di 150 elementi di combustibile in lega uranio arricchito-alluminio di tipo MTR, provenienti da reattori di ricerca e stoccati nella piscina dell'impianto Eurex: allo stato attuale è già stata trasferita circa la metà di questi elementi, mentre il resto lo sarà entro la fine del corrente anno.

Per quanto riguarda i 64 elementi di combustibile irraggiato proveniente dal reattore USA di Elk River ancora presenti nella piscina dell'impianto Itrec, la soluzione di riferimento è il loro stoccaggio temporaneo a secco in un contenitore licenziato per il successivo trasporto alla struttura centralizzata nazionale. Il contratto per la progettazione del contenitore, la sua autorizzazione e la sua costruzione, in base ad uno studio di fattibilità già effettuato, sarà stipulato entro quest'anno; si prevede la disponibilità di tale contenitore entro il 2000. Tuttavia si sta in parallelo esplorando la possibilità di inviare negli USA detto combustibile nel quadro della policy citata. Noi in realtà speriamo che gli USA vogliano ritirare anche questo; naturalmente, se lo faranno, il lavoro sul contenitore servirà al trasporto e non allo stoccaggio.

Per completare il quadro del combustibile irraggiato, vi sono i 52 elementi di combustibile derivanti dalla centrale ENEL di Trino ed attualmente in deposito presso la piscina dell'impianto Eurex di Saluggia. Per questi si prevede l'integrazione nello schema di gestione definito dall'ENEL per questo tipo di combustibile; è una piccola parte del totale degli elementi di Trino. Lo stesso vale per l'unico elemento della centrale di Garigliano che ancora giace presso Eurex.

Sulla base di questo quadro, dovremmo liberarci di tutti gli elementi di combustibile presenti in centri ENEA, tranne forse i 64 elementi Elk River se non riusciremo a restituirli agli Stati Uniti.

Passo ora ad esaminare il capitolo delle materie nucleari non irraggiate oppure risultate dal ciclo di trattamento del combustibile.

Innanzitutto, vi è una certa quantità di soluzione di uranio-torio (denominata prodotto finito) risultante dal ritrattamento dei 20 elementi Elk River ed attualmente in deposito presso l'impianto Itrec. La soluzione di riferimento per questo materiale è il suo trasferimento presso l'impianto Ukaea di Dounreay, nel Regno Unito, per il trattamento di separazione del materiale nucleare e il condizionamento dei rifiuti. Sono in corso i necessari contatti con l'Ukaea, che si è riservata di fare un'offerta in merito non appena ottenuta la necessaria autorizzazione dalle autorità britanniche. E' possibile ipotizzare oggi la definizione del contratto con Ukaea entro la metà del 1998, mentre il trasporto potrà avvenire solo a conclusione della campagna di cementazione dei rifiuti liquidi a più elevata attività della Trisaia.

Per quanto riguarda il plutonio in forma di ossido misto uranio-plutonio, attualmente presente presso l'impianto Eurex di Saluggia, nonché quello separato e convertito dai rifiuti liquidi dell'impianto Plutonio di Casaccia, per un totale di circa 5 chilogrammi, la soluzione di riferimento è la sua alienazione verso l'Ukaea. La stessa destinazione è prevista per i residui di lavorazione, sempre costituiti da ossidi misti uranio-plutonio, per un totale di circa 3,8 chilogrammi di plutonio, attualmente stoccati presso l'impianto Plutonio della Casaccia.

L'ultimo capitolo è relativo ai rifiuti a media e bassa attività provenienti da prodottori esterni. Nel campo della gestione dei rifiuti radioattivi solidi e liquidi, a media e bassa attività, l'ENEA opera a livello nazionale tramite la propria partecipata Nucleco SpA. La società fu costituita nel 1980, a seguito della delibera del CIPE, ed ha come azionisti Ambiente SpA del gruppo ENI (60 per cento) ed ENEA (40 per cento).

Nucleco gestisce, sotto la responsabilità ENEA, il ritiro a livello nazionale di rifiuti prodotti dal comparto industriale, sanitario e della ricerca scientifica, effettuandone il trattamento ed il condizionamento nonché l'immagazzinamento presso i depositi e gli impianti del centro di ricerche Casaccia di proprietà dell'ENEA.

PRESIDENTE. Si tratta, ovviamente, di rifiuti di tipo radioattivo.

NICOLA CABIBBO, Presidente dell'ENEA. Sì, stiamo parlando di rifiuti di media e bassa attività.

Inoltre Nucleco effettua, sempre a livello nazionale, il ritiro di piccole e grandi sorgenti radioattive ormai dismesse ed ha operato il ritiro di preparati radiferi, utilizzati nel comparto ospedaliero, ritiro attualmente sospeso per esauriti spazi di deposito.

Nucleco, inoltre, gestisce i rifiuti radioattivi di proprietà ENEA, originati dalle attività nucleari residuali del centro di Casaccia, sia dalle attività pregresse del centro stesso.

I suddetti rifiuti vengono raccolti nell'ambito di un servizio, denominato "Servizio integrato per la gestione dei rifiuti radioattivi", istituto dall'ENEA.

L'ENEA, con atto di convenzione, concedendo in gestione i depositi e gli impianti di cui sopra, ha affidato a Nucleco gli aspetti commerciali ed operativi di questo servizio, riservando a se stesso una funzione di indirizzo, di supervisione e di controllo sull'insieme delle attività.

Con la sola eccezione dei preparati radiferi, l'ENEA diventa proprietaria dei rifiuti provenienti dall'esterno e si fa carico del loro smaltimento definitivo.

Le attività di gestione dei rifiuti radioattivi vengono effettuate sulla base di una specifica autorizzazione rilasciata all'ENEA dal MICA.

Tale autorizzazione prevede la possibilità di smaltimento di rifiuti radioattivi decaduti, di provenienza ospedaliera ed originariamente classificati di prima categoria, ai sensi della guida tecnica n. 26.

Finora sono state effettuate dall'ENEA due campagne di smaltimento, mediante incenerimento, che hanno interessato oltre 400 metri cubi di rifiuti solidi decaduti. Questo discorso è sicuramente chiaro per il presidente, che è un fisico, ma voglio comunque spiegare che i rifiuti di tipo ospedaliero sono a vita media corta, per cui dopo pochi anni l'attività è ridotta al di sotto delle tracce visibili: esiste un regolamento ben preciso che permette a quel punto l'invio in discarica o ad incenerimento.

Vorrei sottolineare che l'ENEA, che si è fatto carico finora del problema dell'immagazzinamento e smaltimento dei rifiuti ospedalieri per rispondere ad un'esigenza sociale stringente, deve ora rivedere i termini del proprio impegno sia sotto il profilo economico (in quanto questa situazione rappresenta in definitiva un onere per l'ente) sia dal punto di vista della gestione complessiva.

Infine, vorrei richiamare, come ho già avuto modo di sottolineare nella precedente audizione, l'urgenza che questo tipo di rifiuti trovi una collocazione più idonea presso un sito opportunamente allocato e strutturato che garantisca una capacità di ricezione commisurata alle esigenze nazionali. Vorrei sottolineare che si è non in un laboratorio di ricerca e, per di più, in una una zona ormai molto densamente abitata.

Il problema del sito per i rifiuti radioattivi, che ho appena richiamato, vede presente l'ENEA con l'impegno delle proprie competenze. Infatti l'ente, sulla base delle istruzioni ricevute in merito dall'apposito gruppo di lavoro della commissione grandi rischi istituita presso il dipartimento della protezione civile della Presidenza del Consiglio, sta promuovendo, tramite un'apposita task force, la scelta e la qualificazione di due o tre siti da proporre per la loro successiva caratterizzazione quali possibili siti destinati allo smaltimento finale dei rifiuti condizionati di II categoria ed eventualmente ad ospitare la struttura nazionale di stoccaggio temporaneo del combustibile nucleare irraggiato e dei rifiuti di III categoria.

Concludo, ringraziando il presidente ed i commissari per avermi offerto la possibilità relazionare su questi temi ed invitandoli a rivolgere eventuali richieste di chiarimenti. Su questioni più tecniche potranno rispondere i miei collaboratori.

PRESIDENTE. Vorrei iniziare subito con alcune domande, osservando come a taluni oneri che all'ENEA sono stati fatti assumere per la gestione delle discariche ma anche dei rifiuti ospedalieri - come è stato adesso ricordato - non siano corrisposte contribuzioni da parte dei ministeri interessati, se ho ben capito quello che abbastanza esplicitamente la sua relazione esprimeva. Esistono problemi che hanno trovato scoperto l'ENEA rispetto a spese in termini di uomini e di risorse che l'ente ha sostenuto.

Credo che questo sia solo il nostro primo incontro; vari aspetti della sua relazione solleciteranno sicuramente l'attenzione della Commissione, proprio a partire dall'attività di ricerca che l'ENEA ha svolto sul ciclo dei rifiuti. Dopo una serie di audizioni e di sopralluoghi che svolgeremo, ci interesserà esaminare tali attività di ricerca applicata: penso alla collaborazione con Replastic per quanto riguarda la termodistruzione ed ai due nuovi impianti sperimentali Tresu e Triton, sui quali vorrei avere maggiori informazioni per capire le dimensioni ed il livello sperimentale, cioè se queste macchine possano essere immaginate anche su scala più ampia dal punto di vista del loro impiego. E' un aspetto che ci interessa perché la Commissione dovrà affrontare tutto il problema del ciclo dei rifiuti.

Su una parte più specificamente di competenza dell'ENEA, quella concernente i rifiuti radioattivi, prendo atto con soddisfazione del fatto che la relazione del presidente presenta un carattere analitico che mi sembra superiore a quello emerso nella precedente occasione d'incontro. C'è un'attenzione su tutti i vari passaggi e i tipi di materiali, con indicazioni abbastanza precise.

Per quanto riguarda il centro di Trisaia, voglio dire che - prescindendo da alcune vicende giudiziarie (i magistrati titolari di queste indagini saranno ascoltati dalla Commissione) - c'è un aspetto che non mi convince molto e che già in passato è stato oggetto di punti di vista differenti. Si tratta del diverso trattamento cui verrebbero sottoposti - secondo la proposta avanzata nella relazione - i rifiuti liquidi ad alta attività stoccati presso il centro Trisaia. Si parla di un'ottimizzazione dell'impianto Sirte-Mowa, il quale dovrebbe essere in grado, a partire dal settembre 1998, di iniziare una campagna di cementazione che dovrebbe dare una forma di fusto cementato a questi rifiuti liquidi ad alta attività.

Per lo stesso tipo di rifiuti, stoccati invece a Saluggia, si è svolta - abbiamo appreso dalla relazione - una gara internazionale che ha aggiudicato a Techint la fornitura di un impianto di vetrificazione per 112 metri cubi di rifiuto.

Considerando le due tecnologie prospettate, mentre la solidificazione per vetrificazione presenta - non solo in letteratura ma anche nella pratica - una sperimentazione sul campo molto ampia per la gestione dei rifiuti ad alta attività, mi permetto di avanzare dubbi sul fatto che la macchina Sirte-Mowa sia in grado, sia pur ottimizzata (non ho capito che cosa vuol dire), di fornire prestazioni di uguale efficacia nel campo dei rifiuti utili ad alta attività.

In ogni caso, al di là di una discussione tecnica, vorrei capire meglio il motivo della differenza tra due situazioni del tutto analoghe: mentre alla Trisaia si pensa di ricorrere ad un'ottimizzazione della macchina già esistente e che ha operato solo sui rifiuti a bassa attività, a Saluggia (certo, i quantitativi stoccati sono maggiori, anche se poi in termini di curie non lo sono molto) si è scelta una strada completamente diversa e, per quello che ne so, più affidabile.

Sempre con riferimento alla Trisaia e agli elementi di combustibile irraggiato di Elk River, mi pare che la strada che si vuole seguire sia quella contenuta nell'ambito della policy del Governo USA. Anche qui sembra strano il diverso trattamento - che non dipenderebbe da ENEA - dei 150 elementi di combustibile in lega uranio arricchito-alluminio, che verrebbero ritirati dagli Stati Uniti, rispetto a quelli di Elk River per i quali non dovrebbe valere un analogo atteggiamento del Governo USA.

Per il resto, mediteremo sulle informazioni che ci avete dato riservandoci, come già anticipato dal presidente Cabibbo, di formulare eventuali richieste di integrazione. Non dipende da ENEA, ma sarebbe interessante sapere che fine facciano i rifiuti radiferi nel momento in cui ENEA smette di raccoglierli. A quanto ho capito, c'è stata una sorta di disdetta del contratto di raccolta; sarebbe quindi opportuno sapere come l'ENEA garantisca il confinamento finale dei materiali radioattivi o che possano generare contaminazione. Vorremmo sapere, insomma, se - disdetto il contratto per la raccolta dei materiali radiferi - ENEA sappia se qualcuno sia o meno subentrato.

GIAN FELICE CLEMENTE, Direttore della funzione centrale relazioni con le istituzioni dell'ENEA. Vorrei rispondere alla domanda sull'uso industriale e commerciale di Triton e Tresu.

Proprio nei giorni scorsi, abbiamo tenuto una riunione con il consiglio comunale di Rotondella, nel quale è attualmente localizzato il centro della Trisaia, e con la GEPI. L'intenzione di ENEA (è già stato approvato un indirizzo in questo senso da parte del consiglio di amministrazione ed è stato già concluso un accordo con il comune) è di costituire una società mista pubblico-privato alla quale conferire gli impianti in comodato gratuito per l'uso industriale e commerciale degli stessi.

Insieme con la GEPI, stiamo realizzando il business plan degli impianti per verificare il tempo di break even. Se tutto andrà bene, pensiamo di svolgere la gara per la selezione dei partner privati prima della fine dell'anno e di realizzare il business plan entro settembre-ottobre, nonché di indire successivamente la gara per la selezione di partner privati e costituire la società mista pubblico-privato, in cui vi dovrebbe essere una quota dell'ordine del 20 per cento, che è il minimo previsto dalla legge per le società a partecipazione minoritaria pubblica da parte di comuni, una quota GEPI dell'ordine del 40 per cento, una quota ENEA della misura del 20 per cento ed il resto ai privati.

La società dovrebbe già gestire la fase sperimentale degli impianti; gli investimenti per la fase cosiddetta sperimentale dovrebbero provenire in gran parte dall'apporto di privati, mentre alla società sarebbero conferiti 20 miliardi di impianti in comodato gratuito. I privati quindi dovrebbero conferire l'investimento iniziale per la fase di sperimentazione e la successiva gestione; la cosiddetta gestione commerciale ed industriale dovrebbe partire dal 1999.

NICOLA CABIBBO, Presidente dell'ENEA. Il presidente ha chiesto di sapere se gli impianti siano di uso produttivo: la risposta è affermativa. Gli impianti prototipo, se dovessero andare bene, potrebbero essere prodotti in altre quantità. Il collega Mauro potrà essere più preciso al riguardo.

FRANCESCO MAURO, Direttore del dipartimento ambiente dell'ENEA. Vorrei precisare che, dal punto di vista tecnico, tra i due impianti, entrambi interessanti, il più importante può essere il Triton; considerata la situazione italiana di bonifica e di risanamento, il fatto di avere impianti mobili di questo tipo è estremamente importante.

Un'altra notazione, puramente tecnica, riguarda l'ABI-2000, che non è tanto interessante in quanto tecnologia, essendo quella convenzionale, e non lo è nemmeno sotto il profilo del recupero energetico, ma lo è in quanto permette la sperimentazione, come avviene presso la Casaccia, con materiali finora non utilizzati in situazioni di questo tipo. Non a caso l'interesse per l'utilizzo di materiali particolari va dalla Replastic alla Pirelli...

PRESIDENTE. Se capisco bene, ABI-2000 è, non dico dedicato, ma quasi, alla chiusura del ciclo della plastica.

FRANCESCO MAURO, Direttore del dipartimento ambiente dell'ENEA. Della plastica e dei pneumatici, non necessariamente solo della plastica.

PRESIDENTE. Ho detto infatti "quasi" dedicato, nel senso che mentre per altri tipi di rifiuti si sa, grosso modo, come chiudere il ciclo, per la plastica il problema era decisamente aperto.

Vorrei sapere se ABI-2000 sia in grado di dare una risposta ambientalmente compatibile.

FRANCESCO MAURO, Direttore del dipartimento ambiente dell'ENEA. Da questo punto di vista, è indubbiamente un impianto di ricerca e di valutazione.

NICOLA CABIBBO, Presidente dell'ENEA. Non è detto che la risposta sia positiva. Si tratta di verificare varie formulazioni di mescolamento per individuare quale funzioni bene.

Venendo ora al problema dei rifiuti radioattivi ed alle domande molto puntuali poste dal presidente, vorrei fare riferimento alla differenza tra il trattamento dell'alta attività in Trisaia e quello in Saluggia. La spiegazione è abbastanza semplice, anche se i problemi sono molto diversi, perché in un caso si tratta di circa 100 metri cubi di materiale, nell'altro di circa il 2,5 per cento di quanto è presente nel centro di Saluggia, dove la soluzione cementifera è stata anche presa in considerazione, tanto è vero che, quando abbiamo indetto la gara, le due produzioni erano entrambi ammesse. Abbiamo quindi scelto l'offerente migliore, quello che proponeva la soluzione più idonea sia dal punto di vista tecnico sia da quello economico.

PRESIDENTE. Mi scusi se la interrompo, ma vorrei capire meglio: per quello che riguarda Eurex, la gara è stata vinta da Techint perché ha proposto la vetrificazione?

NICOLA CABIBBO, Presidente dell'ENEA. E' così, però in gara vi era anche un concorrente che proponeva la cementificazione, il quale ha indicato un prezzo maggiore.

PRESIDENTE. Mi permetta di scendere più nel dettaglio, anche se forse si tratta di un tecnicismo eccessivo. Siccome sono note queste diverse strade di trattamento di rifiuti ad alta attività, vorrei sapere se nella gara Eurex il proponente la cementificazione disponesse di tecnologia non dico analoga, ma simile a quella proposta per Trisaia attraverso la cosiddetta ottimizzazione della Sirte-Mowa.

GIUSEPPE ROLANDI, Aggiunto di direzione del dipartimento energia per gli interventi operativi, sistemazione rifiuti radioattivi e impianti del ciclo del combustibile dell'ENEA. La tecnologia proposta dal secondo consorzio offerente era esattamente dello stesso tipo di quella offerta per Trisaia; ormai, la tecnologia di cementificazione è consolidata. Esiste questa macchina messa a punto dai tedeschi che si chiama Mowa, utilizzata prevalentemente presso i reattori, ma che può essere impiegata anche per i rifiuti liquidi e semisolidi prodotti, per esempio, da impianti di ritardamento.

Vorrei sottolineare il fatto che né i rifiuti inviati a Saluggia, né quelli trasportati a Trisaia, che sono entrambi dell'ordine di curie per litro (quello di Trisaia 1,8 e quello di Saluggia solo un curie per litro), appartengono alla categoria delle higle level waste, così come definita dalla guida tecnica n. 26. Dovrebbero essere almeno dell'ordine del chilocurie,se non del centinaio di curie per litro. Siccome nessuna delle due tipologie apparteneva a questa categoria, trattandosi piuttosto di intermediate e lower waste , la scelta si compie unicamente sulla base di una ottimizzazione tecnica e di sicurezza, nel senso che i manufatti cementizi nel caso del centro sia di Saluggia sia di Trisaia erano perfettamente adeguati alla normativa della guida tecnica n. 26. Tuttavia è chiaro che nel caso del centro di Saluggia il numero di manufatti cementizi sarebbe stato estremamente elevato, soprattutto avrebbe comportato la costruzione di un edificio aggiuntivo, avente caratteristiche nucleari, per la loro conservazione.

Questo è stato l'unico motivo per cui a Saluggia e non a Trisaia si è scelta la vetrificazione, avendo già a disposizione una macchina che poteva essere l'ottimizzazione.

La domanda del presidente al riguardo mi sembra molto pertinente. Vorrei precisare che l'ottimizzazione attiene unicamente al fatto che, mentre per la bassa attività si sono trattati rifiuti dell'ordine dei 10/1000 curie per litro, o anche misure inferiori, nell'altro caso si tratta di rifiuti aventi un'attività cento volte superiore dell'ordine del curie per litro. Quindi, l'ottimizzazione attiene a schermature, soprattutto per la parte dedicata alla cosiddetta maturazione del fusto dopo il mescolamento del liquido con il cemento ed in particolare alla testa di accoppiamento del fusto stesso con il punto di arrivo del liquido. E' chiaro che esiste un problema sia di radiazione sia di contaminazione; perciò questo punto di contatto è stato adeguatamente protetto non solo rispetto alle radiazioni, ma anche ai rischi di sversamento e di contaminazione.

PRESIDENTE. Vorrei informarla che a suo tempo, con la Commissione monocamerale, abbiamo effettuato un sopralluogo proprio all'impianto che lei sta descrivendo, dove abbiamo riscontrato il problema delle tubazioni che trasportano il materiale fino alle macchine. Dal punto di vista della contaminazione, il trattamento di rifiuti a bassa attività è diverso da quello di rifiuti dalle cento alle mille volte superiori in attività.

GIUSEPPE ROLANDI, Aggiunto di direzione del dipartimento energia per gli interventi operativi, sistemazione rifiuti radioattivi e impianti del ciclo del combustibile dell'ENEA. Questo è stato uno dei problemi poi verificato in particolare per quanto riguarda l'aspetto della radiazione, perché la tubazione arriva direttamente all'interno del cassone Mowa. Si è studiato in modo specifico l'eventuale ripresa di sversamento accidentale di liquido, peraltro ritenuto improbabile, vista la ridondanza automatica e manuale che esiste sul livello di arrivo e di riempimento del fusto. In ogni caso, è stata prevista l'eventuale ripresa di rifiuti liquidi che potessero filtrare all'interno del cassone Mowa. Vi è stato ovviamente un contraddittorio con l'ANPA, non solo rispetto al progetto di massima, ma in particolare su quello esecutivo.

NICOLA CABIBBO, Presidente dell'ENEA. Vorrei ricordare che un vantaggio della produzione scelta è che questa permetterà la messa in sicurezza di tale materiale entro due anni, a parte la questione del costo, del tutto sproporzionato, per la costruzione di un impianto come quello. Tra l'altro, si tratta di un impianto che avrebbe dovuto essere smontato e decontaminato. Va inoltre considerato che, utilizzando l'impianto esistente, non creiamo ulteriore materiale contaminato, che rappresenterebbe un pericolo a livello di radiazioni.

Elk River è un tipo di elemento combustibile fuori standard. Gli americani, nel compilare la lista del tipo di elementi che avrebbero ritirato, avevano dimenticato che vi erano anche questi; di MTR ne avevano fatti decine di migliaia e Elk River li avevano usati solo negli Stati Uniti, dove questa piccola quantità è stata mandata da noi non come elemento...

PRESIDENTE. Ne avevano perso la contabilità. Strano ma vero, perché il caso si è ripetuto anche all'epoca della Commissione monocamerale.

NICOLA CABIBBO, Presidente dell'ENEA. Adesso si è tutto chiarito e la contabilità è a posto.

Per quanto riguarda i materiali radiferi, credo che siano conservati presso le strutture che li detengono, cioè gli ospedali.

GIUSEPPE ROLANDI, Aggiunto di direzione del Dipartimento energia per gli interventi operativi, sistemazione rifiuti radioattivi e impianti del ciclo del combustibile dell'ENEA. Stanno là dove sono. Purtroppo l'ENEA ha un problema di spazio, che potremo risolvere nell'ambito di una revisione di tutta questa attività. Tuttavia, oggi essi stanno là dove si producono.

PRESIDENTE. Suppongo che la sorveglianza su questi materiali spetterà probabilmente all'ANPAo alle ARPA.

GIUSEPPE ROLANDI, Aggiunto di direzione del dipartimento energia per gli interventi operativi, sistemazione rifiuti radioattivi e impianti del ciclo del combustibile dell'ENEA. Le ARPA comunque hanno sotto sorveglianza tutta l'attività di Nucleco, sia in termini di modo di contenimento, sia di quantità totali. Recentemente ha chiesto una valutazione della quantità totale di attività di impatto ambientale; suppongo che l'ANPA potrà essere più precisa al riguardo.

PRESIDENTE. Abbiamo esaurito il tempo previsto per l'audizione, ma vorrei porre un' ultima domanda. A suo tempo, un paio di anni fa, rientrava nelle strategie dell'ENEA la possibilità per i centri sia di Saluggia sia di Trisaia, di affidare il trasporto, il condizionamento e lo smaltimento ad una società francese che si rendeva disponibile, come peraltro mi sembra si sia resa disponibile per il trasferimento di materiale di interesse addirittura strategico (il plutonio), nonché di 650 chili di uranio molto arricchito. Questa ipotesi è decaduta per l'indisponibilità delle aziende francesi a portarla avanti? Mi risulta che già con la precedente Commissione monocamerale fosse in vita questa ipotesi, che era una di quelle avanzate all'interno dell'ENEA.

NICOLA CABIBBO, Presidente dell'ENEA. E' opportuno specificare che i tre chilogrammi di plutonio ceduti alla Francia si trovavano già in quel paese.

PRESIDENTE. Sono stati il frutto di qualche processo di trattamento in Francia...

NICOLA CABIBBO, Presidente dell'ENEA. Erano di nostra proprietà, però li abbiamo ceduti definitivamente alla Francia.

Credo che la disponibilità francese sia molto limitata; si tratterebbe comunque del trasporto e del ritorno del materiale trattato.

GIUSEPPE ROLANDI, Aggiunto di direzione del dipartimento energia per interventi operativi, sistemazione rifiuti radioattivi e impianti del ciclo del combustibile dell'ENEA. La disponibilità c'è, sia per quanto riguarda il materiale radifero, che noi allineiamo, sia per quanto riguarda il materiale plutonifero. L'impianto di Tour è disposto; abbiamo contatti per riprenderci sia...

NICOLA CABIBBO, Presidente dell'ENEA. Credo che la domanda del presidente fosse diversa...

PRESIDENTE. Riguardava il passato.

NICOLA CABIBBO, Presidente dell'ENEA. Il presidente voleva sapere se abbiamo mandato in Francia le scorie radioattive liquide di Saluggia e di Trisaia.

GIUSEPPE ROLANDI, Aggiunto di direzione del dipartimento energia per interventi operativi, sistemazione rifiuti radioattivi e impianti del ciclo del combustibile dell'ENEA. Quella disponibilità non c'è, nel senso che è vietato dalla legge francese non il trattamento, ma la conservazione del prodotto comunque confezionato che deve essere "ritornato"; in ogni caso gli impianti, per esempio, di vetrificazione servono unicamente per il liquido radioattivo proveniente dai contratti di ritrattamento. Potrò essere poi più preciso...

PRESIDENTE. Se ci potesse far avere una memoria su questo, sarebbe più chiaro l'iter delle varie ipotesi o strategie di condizionamento di questi rifiuti liquidi ad alta attività.

NICOLA CABIBBO, Presidente dell'ENEA. La battuta riguarda gli ospedalieri. Ricordo la famosa storia per cui l'ENEA si fece carico di ritirare i parafulmini, non ricordo su richiesta di quale autorità; dovette sostenere almeno un processo, se non due....! Non si può essere ragionevoli in questo campo, bisogna essere irragionevoli.

PRESIDENTE. Non mi pare che oggi la questione dei parafulmini sia al centro dell'attenzione giudiziaria.

NICOLA CABIBBO, Presidente dell'ENEA. Ancora se ne parla, però...

PRESIDENTE. Credo che a suo tempo l'attività della Commissione monocamerale servì a chiarire che questo tipo di attività, ancorché non rientrante almeno formalmente a termine di legge in quelle del centro della Trisaia, non era tuttavia "sconvolgente"; ma di queste cose la Commissione avrà modo di informarsi rivolgendosi direttamente ai titolari delle iniziative giudiziarie.

Ringrazio il presidente Cabibbo ed i suoi collaboratori che hanno partecipato all'audizione fornendo alla Commissione utili elementi di conoscenza ai fini del suo lavoro.

 

Audizione dei rappresentanti dell'ANPA.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione di rappresentanti dell'ANPA, che ringrazio per essere intervenuti. Questa Commissione è particolarmente interessata a tutte le informazioni riguardanti le iniziative e l'attività dell'Agenzia e, in particolare, a valutazioni in merito ai fenomeni riscontrati in ordine al ciclo dei rifiuti.

Do senz'altro la parola al presidente Signorino.

MARIO SIGNORINO, Presidente dell'ANPA. Fornirò alcuni elementi sintetici di aggiornamento rispetto all'audizione di due anni fa.

In premessa, mi permetto di avanzare al presidente e alla Commissione una viva preghiera: quella di poter essere ascoltati una seconda volta, magari nei prossimi mesi, perché la brevità del tempo a disposizione non ci ha consentito di preparare una documentazione aggiornata e sistematica su tutte le questioni.

PRESIDENTE. Sgombro il campo da ogni...

MARIO SIGNORINO, Presidente dell'ANPA. Non era un'osservazione polemica, al contrario: l'intento era quello di essere utili alla Commissione.

PRESIDENTE. In ogni caso, così come avviene per tutte le audizioni, eventuali integrazioni alle informazioni che ci darete potranno essere richieste dalla Commissione ed essere trasmesse a quest'ultima anche per iscritto.

Abbiamo avviato i lavori con una certa accelerazione proprio perché riteniamo che - anche se la Commissione, in base alla legge istitutiva, ha davanti a sé un arco temporale di ventiquattro mesi - il lavoro da fare sia tanto. Alcuni aspetti istituzionali rappresentati dall'ANPA sono una premessa necessaria per i nostri lavori, per cui - mi rendo conto - abbiamo sottoposto i nostri interlocutori allo sforzo di dover accumulare in breve tempo le informazioni che ci sono utili.

MARIO SIGNORINO, Presidente dell'ANPA. Vorrei ribadire alcune valutazioni generali fatte nella precedente audizione...

PRESIDENTE. E' vero che c'è una continuità dal punto di vista dell'ANPA, ma sul piano istituzionale questa Commissione, diversamente dalla precedente, è una nuova Commissione d'inchiesta bicamerale.

MARIO SIGNORINO, Presidente dell'ANPA. E' però rimasto un rapporto precedente che certamente rappresenta un punto di riferimento.

PRESIDENTE. E' agli atti.

MARIO SIGNORINO, Presidente dell'ANPA. Per quanto riguarda in generale il ciclo di tutte le tipologie di rifiuti, allora avevamo espresso la convinzione - man mano che portiamo avanti la nostra attività, si rafforza sempre più - che le attività illecite riempiono i vuoti lasciati dall'amministrazione, che l'illecito si espande quando l'ambito ufficiale, il mercato legale sono o troppo ristretti o addirittura proibitivi per le imprese.

La seconda osservazione che devo riprendere è che esistono problemi diversificati, nel senso che non sono equiparabili l'ambito dei rifiuti convenzionali e quello dei rifiuti radioattivi. Come sappiamo, la situazione italiana rispetto ai primi non è riuscita fino adesso a produrre un sistema adeguato di gestione; al contrario, il settore dei rifiuti radioattivi presenta problemi specifici, ma in generale la nostra esperienza ci dice che presenta tutto un altro livello di controllo. In definitiva, malgrado esistano ancora punti che vanno molto migliorati, ottimizzati, c'è una differenza sostanziale tra i due ambiti.

In entrambi i settori sono in corso processi evolutivi molto importanti. Per quanto riguarda i rifiuti convenzionali, nel decreto n. 22 del 1997 è presente un primo tentativo organico di approntare un sistema di gestione dei rifiuti, per cui ci aspettiamo molto dalla sua attuazione. Tale normativa non aggiunge molto sul piano dei controlli al nostro ordinamento.

A questo proposito devo rilevare che è in atto un altro processo, il quale potrà avere effetti importanti; in particolare, mi riferisco agli strumenti non emergenziali di governo, allo stato di attuazione della legge n. 61 del gennaio 1994 rispetto all'istituzione delle agenzie regionali per la protezione dell'ambiente, le quali hanno compiti di controllo sul territorio.

Nei confronti di queste agenzie, che per brevità chiamerò ARPA, l'ANPA svolge funzioni tecniche di indirizzo e di controllo. La loro attività, che va esercitata sia sul piano tecnico sia su quello ristretto della vigilanza ispettiva, ci interessa indirettamente, ma direi anche direttamente in base ai nostri compiti istituzionali.

Fino ad ora sono state istituite dieci agenzie regionali, rispettivamente in Toscana, Emilia Romagna, Piemonte, Liguria, Veneto, province autonome di Bolzano e Trento, Valle D'Aosta, Basilicata e, in ultimo, nelle Marche. In altre regioni si è nella fase finale dell'approvazione della legge istitutiva, per cui credo sia ragionevole prevedere che entro il 1997 verranno istituite anche le agenzie regionali del Friuli Venezia Giulia, dell'Umbria, spero dell'Abruzzo e, soprattutto, della Lombardia, che fino ad ora aveva rappresentato un vuoto molto importante.

Con questi completamenti, alla fine del 1997 avremo una rete di circa 14 agenzie regionali per un totale superiore - credo - ai 6 mila addetti. Risulterà però evidenziato in maniera drammatica il ritardo di quasi tutte le regioni meridionali; vi è un problema anche per il Lazio, ma da alcune notizie sono indotto a sperare che la situazione si stia rimettendo in moto. In ogni caso emergerà in maniera limpida uno squilibrio regionale che comunque, a prescindere dalla stessa istituzione delle ARPA, già oggi è visibile nella consistenza delle attrezzature tecniche registrata nelle diverse parti del paese; il sud, a prescindere dall'istituzione o meno di un'ARPA, è comunque in grave ritardo nella predisposizione di strutture tecniche fondamentali per un'efficace azione di controllo ed anche ai fini di un generale supporto alle politiche pubbliche sull'ambiente.

In questo quadro, che potrà vedere in prospettiva un'azione più efficace, ci siamo impegnati, con le ARPA già costituite, ad attuare un programma di ottimizzazione dell'attività di controllo, specificamente nel settore dei rifiuti, per cui in autunno saremo in grado di produrre un primo documento di policy coordinata tra agenzia nazionale e agenzie regionali già attive. Nello stesso periodo, quindi entro l'anno, dovremmo essere in grado di avviare una prima inchiesta nazionale sullo stato dei controlli ambientali in Italia (nel cui ambito il settore dei rifiuti avrà una parte importante), che verrà accompagnata dall'individuazione di nuovi obiettivi di qualità e di efficacia di questi controlli e quindi da un programma operativo coordinato tra ANPA e ARPA per la loro ottimizzazione.

Uno strumento importante per un'azione di controllo più efficace potrà essere il catasto dei rifiuti, su cui è intervenuto il decreto legislativo n. 22 del 1997, che dovrebbe essere gestito dall'ANPA e, su scala regionale, dalle ARPA in coordinamento con altri enti impegnati in questo settore, a cominciare dalle camere di commercio (ma non solo). Si pongono ovviamente molti problemi al riguardo e, se la Commissione è interessata, potremo fornire informazioni più specifiche rispondendo ad eventuali domande.

Comunque, anche con riferimento a questo strumento che è essenziale per un'efficace azione di controllo, permangono - lo ripeto - molti problemi, tra cui quello, sia pure non decisivo, di una confusione tra i ruoli dei diversi soggetti. Si dovrà quindi attuare un sistema di collaborazione operativa tra coloro che agiscono in questo campo.

Mi soffermerò ora sul settore dei rifiuti radioattivi, cominciando da quelli relativi al capo VII del decreto legislativo n. 230 del 1995 (reattori, impianti del ciclo del combustibile, depositi e così via). Il discorso è ovviamente incentrato sui grossi esercenti (l'ENEA, l'ENEL e in parte il centro DISP). Su questo possiamo registrare dei primi risultati: ricordo alla Commissione che esattamente due anni fa, nel luglio del 1995, l'ANPA ha ritenuto indispensabile porre pubblicamente un problema serio su questo punto; l'abbiamo fatto pubblicamente perché attraverso le vie ordinarie dell'amministrazione, malgrado le numerose segnalazioni degli anni precedenti, non avevamo ottenuto alcuna risposta, soprattutto a livello di Governo, e non eravamo riusciti a conquistarci, come ente di controllo, un rapporto soddisfacente con gli esercenti. In ordine a questo aspetto, si pone un problema particolarmente critico soprattutto con l'ENEA.

Dopo quella iniziativa pubblica, siamo andati avanti cercando di modificare i rapporti con gli esercenti, tenendo conto dell'esistenza di un regime di prescrizioni che vengono in generale emanate dal Ministero dell'industria e che non erano interpretate in maniera molto stringente. Siamo comunque riusciti, con un impegno notevole, a far avviare agli esercenti prime azioni per la messa in sicurezza delle situazioni più critiche: mi riferisco, in particolare, ai rifiuti allo stato liquido. Questa azione ha riguardato in particolare il centro Itrec della Trisaia, in Basilicata, ma anche quello di Saluggia, in Piemonte. Ricorrendo ad ogni strumento praticabile e soprattutto a quella che definisco la persuasione morale (non disponendo di strumenti coercitivi), siamo riusciti a far predisporre programmi per la messa in sicurezza delle situazioni più critiche ed oggi possiamo già presentare i primi risultati (ci riserviamo di farlo in un momento successivo sulla base di una documentazione più accurata).

Comunque, la situazione non è per noi del tutto soddisfacente, anzi al contrario. In primo luogo, devo notare l'eccesso di impegno che è stato necessario all'ente di controllo per ottenere dagli esercenti elementi che sarebbero stati obbligati a fornire senza alcuno sforzo da parte dello stesso ente di controllo, a parte l'anomalia del ricorso a iniziative pubbliche per porre un problema che dovrebbe essere gestito dalle autorità di Governo.

Abbiamo ancora un problema di rapporti, in particolare con l'ENEA, mentre l'ENEL appare oggi più disponibile ad avviare una serie di azioni che però chiediamo siano programmate in maniera organica, al fine di dare all'ente di controllo, al Governo e a chiunque sia interessato al problema nell'ambito dell'opinione pubblica, una certezza di prospettive per quanto riguarda la messa in sicurezza dei rifiuti.

Non abbiamo ancora raggiunto l'obiettivo di rendere certe le scadenze che vengono di volta in volta fissate agli esercenti per le singole azioni. Si tratta di un problema che recentemente abbiamo fatto presente ufficialmente soprattutto al Ministero dell'industria, il soggetto che emana le prescrizioni. In particolare, abbiamo espresso la nostra vivissima preoccupazione per il perpetrarsi di una prassi di proroga di prescrizioni che dovrebbero essere perentorie anche con riferimento alle scadenze. A questo punto, contiamo sul fatto che il MICA si adoperi affinché non venga più seguita questa prassi di continua proroga, che va avanti da molti anni.

Quindi, l'ottimizzazione del regime delle prescrizioni è un altro degli obiettivi per cui ci stiamo impegnando. Di nostra iniziativa, inoltre, abbiamo affiancato alle prescrizioni un sistema di accordi volontari - definiamoli pure così - tra esercenti e controllori, perché è ovviamente nostro interesse che i problemi vengano risolti; l'esperienza ci ha dimostrato che il ricorso al solo strumento della prescrizione, che fissa una scadenza finale, non è soddisfacente e non garantisce abbastanza: infatti, una volta trascorsa quella scadenza, mentre si possono prevedere altri tipi di intervento, di tipo repressivo o meno, ma che comunque non ci competono, ad un'autorità di controllo non resta che prendere atto delle inadempienze. Ci siamo quindi preoccupati di colmare il vuoto tra l'emanazione formale della prescrizione e la scadenza prevista dalla stessa con un programma articolato di azioni con scadenze intermedie. Per non irrigidire inutilmente questo sistema, abbiamo proposto agli esercenti di concordarlo sul piano volontario, con l'avvertenza però che gli accordi volontari devono essere intesi dagli esercenti come perentori, da osservare alla lettera, perché altrimenti viene meno la validità di tale criterio.

Per un certo periodo siamo riusciti ad ottenere che l'esercente - in questo caso l'ENEA - rispettasse i termini con precisione, mentre negli ultimi mesi abbiamo dovuto registrare un allentamento. A questo punto, rileviamo, per quanto riguarda l'ENEA, un impegno inadeguato dell'ente nel suo complesso; non abbiamo appunti da muovere individualmente a chi nell'ambito dell'ENEA è responsabile di questa attività, ma notiamo che vi è probabilmente uno scollamento interno e quindi un troppo parziale impegno dell'ente nel suo complesso in ordine a questo problema.

La situazione è pertanto ancora in evoluzione: anche se sono stati raggiunti risultati che nel 1995 non erano pensabili, siamo ancora lontani da un assetto ottimale di questi rapporti. Tra l'altro (a questo punto, il discorso riguarda anche l'ENEL), chiediamo agli esercenti - ma non li abbiamo ancora ottenuti - piani complessivi per la gestione di questi rifiuti e soprattutto riteniamo - porremo formalmente tale problema - che in Italia debba essere avviata un'azione adeguata per il processo di disattivazione degli impianti; occorre chiudere una fase e peraltro comprendiamo le difficoltà della situazione, che sono molto banali: una volta bloccati i piani di produzione elettronucleari, non c'è più interesse a farsi carico solo dei residui di questi vecchi programmi, che sono diventati semplicemente degli oneri. Tuttavia, il problema va affrontato.

Proprio per sostenere meglio queste nostre richieste rispetto al Governo, abbiamo già avviato un programma molto intenso di inventariazione aggiornata di tutte le installazioni in cui si pongono questi problemi. Si avverte infatti un'esigenza di aggiornamento dei dati ed entro la fine dell'anno saremo in grado di delineare la situazione allo stato dell'arte, sia per quanto concerne l'insieme del problema su scala nazionale sia in maniera molto analitica; questo deve rappresentare un riferimento obbligato per la programmazione, da parte del Governo e del Parlamento, di azioni adeguate per la soluzione di tali problemi.

Per quanto riguarda i rifiuti non energetici, avverto l'esigenza che l'agenzia possa non solo produrre documenti scritti, ma anche eventualmente condurre un confronto e una discussione con la Commissione, se ci sarà data questa opportunità. Avremmo anche qualche osservazione da fare rispettosamente su alcuni punti del rapporto della precedente Commissione, più marginalmente per la correzione di qualche dato ed in misura maggiore circa l'interpretazione da dare ai dati disponibili.

L'ambito degli isotopi e macchine radiogene è quello che risentirà maggiormente dell'attuazione del decreto legislativo n. 230 del 1995, che per ora è stata piuttosto incompleta: ricordo anzi che, dell'insieme dei decreti attuativi, che dovrebbero essere 47, ne sono stati emanati soltanto 5; si è quindi di fronte a un netto ritardo ed anche questo è un problema che porremo formalmente a chi ha la responsabilità di emanare tali decreti. Per quanto ci riguarda, anche se ciò non rientra nella nostra competenza, ci siamo adoperati per predisporre alcune bozze, ma evidentemente sussistono difficoltà a livello di Governo.

Nel momento in cui segnalo questo notevole ritardo (che purtroppo non rappresenta una novità nel campo ambientale), devo anche sottolineare che la mancata emanazione di questi decreti, mentre crea difficoltà anche notevoli all'attività di vigilanza e in ordine a tutti gli atti autorizzatori, non incide sui livelli di radioprotezione (questo deve essere chiaro, perché altrimenti la situazione sarebbe catastrofica). Tali livelli, infatti, continuano ad essere garantiti nell'ambito dell'attività di vigilanza.

Tuttavia, occorre considerare che qualche decreto non ancora emanato costituirebbe una precondizione per porre in essere, ad esempio, una banca dati centralizzata che metta a disposizione non solo dell'ente di controllo, ma anche del Governo una vera e propria contabilità dei rifiuti radioattivi. Fino ad oggi, in assenza di questi decreti, abbiamo creato (ma l'avevamo già fatto in passato) un inventario di tali rifiuti, ma non lo consideriamo sufficiente, perché ci manca la possibilità di incrociare dati di altro tipo per raggiungere un risultato ottimale.

Per quanto concerne il rapporto della precedente Commissione, devo dire che essa, a mio avviso, ha ecceduto in pessimismo su questo punto, rilevando l'assenza di controlli. Mi permetterò di far presente, sulla base di dati di fatto, che fortunatamente questo non è vero; si pongono problemi, anche seri, di adeguatezza, ma questo è un altro discorso. La stessa disponibilità di dati piuttosto attendibili che la precedente Commissione ha ricevuto due anni fa dall'ANPA dimostra che la situazione non è assolutamente fuori controllo: la disponibilità di quei dati non è un fatto neutro e non può essere considerata priva di significato reale, perché quegli stessi dati sono il risultato di un'attività di controllo svolta su tutti i piani, a cominciare da quello dell'acquisizione della conoscenza per arrivare fino all'esercizio di un'attività di vigilanza in senso stretto. Su questo comunque non mi dilungo, in attesa di un controllo più specifico.

Certamente vi sono esigenze di miglioramento anche su qualche aspetto normativo e su di esse l'ANPA si riserva di presentare delle proposte per rappresentare il proprio punto di vista; mi riferisco, per esempio, alla questione dei rottami di provenienza estera su cui il decreto legislativo n. 230 del 1995 ha innovato imponendo ai produttori il giusto obbligo di badare al controllo, cosa che va benissimo e che rappresenta una sorta di autocertificazione. Tuttavia, anche se il citato decreto n. 230 non ci attribuisce compiti in questa materia, riteniamo necessario studiare meglio la questione perché in tutti i campi ambientali l'autocertificazione ha senso quando vi è un tipo, sia pure innovativo, di controllo pubblico, in quanto evidentemente non ci si può basare solo sull'autocertificazione dei produttori o di chi detiene queste sostanze.

Fortunatamente vi sono alcune forme di controllo preventivo che, per esempio, per i trasporti si esercitano in diversi modi. Vorrei anche notare che quasi il 90 per cento dei materiali radioattivi - che quindi non sono solo i rifiuti - è rappresentato dalla movimentazione di solventi sigillati e quindi non presenta alcun elemento di rischio per l'ambiente e le popolazioni. Ricordo, altresì, che l'insieme delle installazioni che sarebbero interessate alla vigilanza per quanto riguarda i rifiuti radioattivi non energetici assomma a circa 7.500 unità di diverse tipologie, il che m'impone di anticipare alla Commissione una presa di posizione che l'Agenzia sarà costretta ad assumere tra breve per denunciare il rischio che in prospettiva deriva dal sottodimensionamento del nostro personale. Basti pensare che l'azione di vigilanza su queste 7.500 installazioni imporrebbe una dotazione organica ben superiore ai 15 ispettori di cui oggi disponiamo. E' un problema che ha anche una portata più vasta e che si presenta in maniera preoccupante soprattutto per gli esercenti perché, a seguito del blocco dei programmi di produzione elettronucleare, si è verificata una fuga - e quindi un disimpegno - delle figure umane impiegate dagli esercenti e soprattutto si è determinata un'assenza di ricambio nelle competenze tecniche, che in prospettiva è la cosa più pericolosa.

Il problema delle difficoltà di ricambio si pone anche per l'ente di controllo che, a seguito della chiusura dei programmi di produzione elettronucleare, è stato praticamente dimezzato e che, dopo l'approvazione della legge n. 61 che istituiva l'agenzia ambientale, è stato ulteriormente sottodimensionato, come dimostra il fatto che attualmente manchiamo di circa 300 unità rispetto alle 600 previste dalla legge istitutiva, per cui siamo stati costretti a dirottare parte del personale tecnico non solo verso alcune attività ambientali ma anche verso l'attività di gestione e di amministrazione dell'ente.

Il nucleo iniziale, ma ancora attuale, dell'ANPA era costituito dall'ex ENEA-DISP, la direzione dell'ENEA che aveva il compito del controllo della sicurezza e della radioprotezione e che godeva di un regime di parziale autonomia rispetto all'ente; una situazione certamente non soddisfacente soprattutto per quanto riguarda l'adeguatezza della politica dell'ente in materia di sicurezza. Tale direzione era ovviamente gestita dalle strutture centrali dell'ente, per cui abbiamo dovuto e siamo costretti ancora oggi a surrogare l'assenza di competenze, che abbiamo dovuto creare ex novo per quanto concerne l'amministrazione e la gestione.

Pertanto, nell'ambito di un'analisi complessiva del settore dei rifiuti non energetici, saremo costretti a rappresentare un problema che per l'ANPA si pone in prospettiva, ma che già oggi si pone in modo preoccupante per qualche esercente non marginale.

Infine, per quanto riguarda eventuali attività illecite, all'ANPA queste non risultano e, ove ci fossero risultate, ovviamente ne avremmo già fatto oggetto di comunicazioni all'autorità giudiziaria. Siamo stati e siamo impegnati, su richiesta della magistratura o dei prefetti, in attività ispettive in determinati casi e possiamo documentare solo di recente una dozzina di ispezioni che, pur condotte in modo molto penetrante, fino ad ora hanno dato esito negativo.

Invece, quanto a notizie e ad indagini giudiziarie in corso su ipotesi di affondamenti di navi nello Ionio con eventuali trasporti di rifiuti radioattivi, negli ultimi tre anni, cioè da quando sono cominciate a circolare queste notizie, abbiamo posto sotto sorveglianza speciale le coste della Calabria e quest'anno abbiamo esteso tale sorveglianza anche alla Basilicata, regione interessata anch'essa da notizie allarmanti, conducendo delle campagne straordinarie di misura. Tanto per dare un'idea, il monitoraggio della radioattività lungo le coste ha richiesto un reticolo di prelievi e di misure ogni cinque chilometri per tutte le coste dello Ionio e del Tirreno, della Calabria e della Basilicata; abbiamo analizzato le acque, i sedimenti marini, il pescato ed altri organismi che consentono di verificare (quindi, senza intervenire nel merito di questioni che peraltro sono oggetto di indagine da parte della magistratura) che non vi fossero comunque effetti avvertibili nell'ambiente o a danno della salute dei cittadini. Mi permetto di consegnare al presidente ed a tutti i componenti della Commissione una documentazione dalla quale si evince il risultato dell'ultima campagna, che abbiamo presentato pochissime settimane fa. Comunque, mi preme sottolineare che gli esiti fino ad ora sono stati assolutamente tranquillizzanti.

PRESIDENTE. I colleghi concorderanno sul fatto che è molto interessante aver proceduto in successione all'audizione dei rappresentanti dell'ENEA e di quelli dell'ANPA, che ha compiti di controllo anche sull'ENEA come esercente quanto ai rifiuti radioattivi. La Commissione avrà certamente notato differenze di punti di vista e di toni.

GIOVANNI LUBRANO DI RICCO. Vorrei che il presidente dell'ANPA chiarisse meglio cosa intendesse con l'espressione "mancanza di un sistema adeguato di gestione". Si tratta di un'inadeguatezza a livello normativo o è in pratica ciò accade? Vi è quindi bisogno di una normativa per rendere adeguato il sistema o sono coloro che dovrebbero gestire che vengono meno ai propri compiti? Pongo questa domanda in quanto provengo dalla Campania, una regione dove sapete forse meglio di me cosa sia accaduto e cosa accada in materia di rifiuti, anche relativamente a quanto è avvenuto negli anni passati nella discarica che negli ultimi tempi è stata gestita dall'ENEA.

MARIO SIGNORINO, Presidente dell'ANPA. Nel campo dei rifiuti convenzionali la situazione italiana è alquanto curiosa. Dal 1992 disponiamo della legge-quadro; abbiamo poi una produzione legislativa successiva dettata proprio dal fatto che quella legge-quadro, che per quei tempi era abbastanza soddisfacente, non conteneva i necessari strumenti attuativi per cui, pur avendo a disposizione una delle leggi quadro curiosamente più restrittive in senso non assoluto, ma relativo rispetto ad altri paesi (ricordo il decreto del Presidente della Repubblica n. 915 del 1992), ci trovavamo in una situazione che, per usare un termine molto equilibrato, definirei fuori controllo. Avevamo, cioè, un sistema di gestione dei rifiuti convenzionali caratterizzato da un altissimo tasso di abusivismo e da un ritardo notevole su tutte quelle priorità programmatiche che, per esempio, a livello comunitario sono state chiarite da tempo; mi riferisco all'attività di recupero o comunque a tutti gli interventi intesi a ridurre la quantità e la pericolosità dei rifiuti, concetti che da noi sono stati inseriti in varie norme di legge, ma sono rimasti a livello di programma, di bandiera. Di più: vi sono stati squilibri notevoli anche nel sistema di smaltimento per cui di fatto, non per scelta politica, si è privilegiato lo strumento della discarica, con i relativi pesantissimi problemi d'impatto territoriale e di rifiuto da parte delle popolazioni. Ciò ovviamente ha provocato il proliferare di situazioni che definirei sommerse.

Non solo in questo, ma anche in altri settori di rilevanza ambientale si è quindi legiferato prestando scarsa attenzione agli strumenti attuativi, alle condizioni di attuabilità delle norme. Inoltre, si pongono problemi di amministrazione che derivano anche dalla complessità del problema: purtroppo la questione dei rifiuti non può essere risolta in maniera soltanto repressiva; anche se tradizionalmente in Italia esiste un sistema di comando e di controllo, bisogna riconoscere che il comando c'è, ed è scritto nelle leggi, ma in generale il controllo non è stato abbastanza penetrante, cosa che peraltro deriva anche dal fatto che il fenomeno ha assunto dimensioni imponenti.

Ritengo che il decreto legislativo n. 22 del 1997 costituisca un primo passo importante ed organico non solo per adeguare la legislazione, ma soprattutto per regolamentare quel complicatissimo processo di produzione di decreti tecnici, in cui anche noi siamo parzialmente impegnati, che sarà indispensabile per verificare se questa volta si riuscirà a mettere a regime un sistema gestionale vero e proprio ai diversi livelli.

GIOVANNI LUBRANO DI RICCO. In Campania è accaduto che anche da parte di associazioni ambientali si sia cercato di indurre la regione a vietare l'uso da parte di regioni diverse delle discariche destinate esclusivamente ai rifiuti speciali. Ricordo che la regione Campania emise un decreto con il quale proibì il trasferimento di rifiuti speciali nel suo territorio da parte di altre regioni. Il TAR bocciò questo decreto sostenendo che non esisteva una normativa che consentisse di escludere le altre regioni e quindi da queste ultime sono potuti affluire in Campania rifiuti di tutte le specie.

Se si limitasse questa affluenza di rifiuti da altre regioni, a mio avviso il sistema dei controlli funzionerebbe molto meglio. Purtroppo in Italia, laddove vige una normativa più debole ed i controlli sono meno intensi, lì affluiscono i rifiuti di altre regioni. Si verifica, allora, questo paradosso: le regioni più attente controllano di più, reprimono di più ed hanno minori problemi con i rifiuti; le regioni meno forti ed attente, invece, vengono invase dai rifiuti.

Si può ipotizzare di vietare o limitare il trasferimento di rifiuti da una regione all'altra; è ipotizzabile una restrizione in questo senso?

MARIO SIGNORINO, Presidente dell'ANPA. Lei ha ragione, senatore, e il decreto n. 22 del 1997 già introduce questo criterio, sia pure in modo tendenziale e non rigido alla lettera, perché questo è un fenomeno che prima ancora che in Italia, si è verificato a livello internazionale con il trasferimento di rifiuti di nostra produzione verso i paesi del terzo mondo. Si verifica a livello comunitario, proprio secondo la logica che lei ha illustrato, per la quale i paesi meglio attrezzati in campo ambientale sono poi curiosamente proprio quelli che esportano altrove i propri rifiuti, cioè nei paesi meno attrezzati che si trovano così con un sovraccarico di problemi; si verifica anche in Italia, nonostante il citato decreto imporrebbe di invertire questa tendenza.

Desidero far presente che controlli efficaci, soprattutto in questo campo, sono possibili solo a livello territoriale. L'ANPA non ha questi compiti, ma se anche esistesse un organo tecnico centrale con compiti di controllo del territorio, questi controlli non sarebbero efficaci perché anche in questo campo, come in quello dell'abusivismo ed in altri, il territorio si controlla bene solo su scala locale. La sua regione purtroppo è l'esempio in negativo dell'assenza di strumenti ordinari di governo, tant'è vero che lei sa meglio di me che è sotto commissariamento per un insieme di attività con enti esterni che tentano di surrogare - e, credo, male perché quello che deve fare una amministrazione locale non può essere fatto da nessun altro allo stesso modo - ovvie carenze.

Il problema che ponevo all'inizio è anche di prospettiva immediata e molto vicina, riguardante non solo la mancata istituzione di una agenzia tecnica regionale che dovrebbe attrezzare le amministrazioni attive per affrontare in maniera programmata e sistematica questi problemi ma anche l'attuale inadeguatezza delle strutture tecniche e la non credibilità di quel poco che c'è già nel Mezzogiorno; fatto, questo, forse anche più pericoloso perché, per esempio nel settore dei rifiuti radioattivi, ci è capitato di essere interpellati direttamente da un prefetto o da altre autorità locali, scavalcando la struttura locale anche nei casi in cui questa aveva esercitato una azione di controllo; evidentemente non era ritenuta credibile dalle stesse autorità. Si tratta di un fatto ulteriormente grave che si verifica solo nelle regioni del Mezzogiorno.

GIOVANNI LUBRANO DI RICCO. Il cittadino italiano, con la legge istitutiva del Ministero dell'ambiente, ha acquisito un diritto all'informazione ambientale. Come esponente di una associazione ambientalista, ho negli anni passati chiesto informazioni, che non ho ottenuto, ad esempio sul perché l'ACNA di Cengio sia venuta a scaricare in Campania. Se quella di Pianura è una discarica per rifiuti speciali, perchè i rifiuti dell'ACNA di Cengio hanno attraversato tutta l'Italia e sono stati scaricati in Campania? Ho formulato questa domanda in svariati convegni pubblici ed ho fatto anche una denuncia alla Procura della Repubblica perché si accertasse cosa l'ACNA ha scaricato sulle falde di una riserva naturale dello Stato, cosa peraltro che il decreto istitutivo del Ministero dell'ambiente vieta. Vorrei sapere se l'ANPA ha anche il potere di attingere informazioni e comunque a chi si debba rivolgere il cittadino per ricevere queste informazioni.

MARIO SIGNORINO, Presidente dell'ANPA. Si tratta di una materia ormai molto regolamentata dallo Stato; innanzitutto dal provvedimento n. 241, ma mi ha fatto molto piacere che lei abbia richiamato anche quell'articolo della legge n. 349 che sembra sia stato abrogato ma così non è formalmente, dal momento che ha una portata quasi senza confini in merito al diritto di accesso dei cittadini all'informazione sulle questioni ambientali, mentre il provvedimento n. 241 ha introdotto una serie di limitazioni ed anche le circolari successive della Presidenza del Consiglio hanno posto ulteriori limitazioni a questo diritto di accesso.

Se è interessato a questo elemento specifico, potremo poi vedere con i nostri uffici se riusciamo ad intervenire, ma ripeto che l'ANPA non ha competenza sul territorio in materia ambientale. In questo senso la pregherei anzi di dare una mano per tentare di smuovere la situazione e giungere alla costituzione di un soggetto tecnico in loco. Anche per quanto riguarda il catasto, esso sarà possibile quando saranno realizzati gli strumenti che oggi sono soltanto previsti dalla legge. Su questo punto, quindi, la pregherei di mettersi in contatto con chi poi le dirò.

PRESIDENTE. Ne approfitto per porre anch'io delle domande, premettendo che questa sorta di duetto tra il senatore Lubrano e il presidente Signorino mostra con evidenza, senza alcuna intenzione polemica, il perché poi il documento conclusivo della precedente Commissione monocamerale di inchiesta fosse così duro - uso questo aggettivo - sulla questione dei controlli.

Ricordo una vecchia delibera del CIPE del 1994 che, in materia di controlli, quantificava il deficit degli operatori in oltre 20 mila. Dalle cifre che sentivo prima citare dal presidente Signorino mi pare di aver capito che poco meno di trecento sono gli operatori ANPA, che tra l'altro non hanno compiti di controllo territoriale, e circa 6 mila gli operatori attivati dalle ARPA regionali. In base a quella delibera, quindi, mi sembra che il deficit sia ancora fortissimo per quanto riguarda proprio la capacità materiale di esercitare i controlli. In alcune situazioni poi questo deficit cè totale, nel senso che non esiste neppure l'organismo tecnico regionale in grado di svolgere i controlli assolutamente necessari, con l'articolazione prevista dalla legge, impegnando anche il livello provinciale. E' una situazione che non riguarda solo la Campania ma, a dire poco, almeno altre dieci regioni italiane, al di là degli auspici che entro quest'anno, come diceva il presidente Signorino, si arrivi ad un totale di 14 regioni dotate di tali organismi tecnici.

La questione dei controlli è particolarmente delicata su due settori. Tornerò dopo su quello dei rifiuti radioattivi per aprire ora invece la questione di quel capitolo quasi misterioso che riguarda il conferimento del tutto illegale di rifiuti, presumibilmente tossici e nocivi, dall'ACNA di Cengio alla discarica di Pianura, di cui si occupò la precedente Commissione di inchiesta.

In merito, abbiamo solo delle stime basate tutte su autocertificazioni di parte industriale. Non so se l'ANPA sia in possesso di nuovi dati ma, anche sulla base dell'indagine conoscitiva svolta dalla VIII Commissione della Camera nella precedente legislatura, la forbice è tra i tre milioni e i quattro milioni e mezzo di tonnellate di rifiuti tossico-nocivi quantificabili sulla base di pure stime, dei quali sono le industrie a dirci che sono sotto controllo per un quarto (800 mila tonnellate circa). Il problema per l'ANPA è quindi drammatico nel tentativo di dare indirizzo e coordinamento ai controlli per questo capitolo che, anche se ora abbiamo parlato molto del sud dell'Italia, per l'esperienza della precedente Commissione, anche nel nord, senza bisogno di un intervento della criminalità organizzata, ha realizzato sfasci ambientali e territoriali che recano i nomi di Ciriè, Cesano Maderno, Lacchiarella e Dresano. La mia domanda quindi è questa. Vorrei avere, in un futuro incontro o con integrazioni attraverso l'invio di una memoria scritta da parte dell'ANPA, un quadro della situazione dei rifiuti tossico nocivi e pericolosi e dell'attività di indirizzo e di controllo svolta dall'Agenzia, quindi anche del tipo di informazioni che l'ANPA ha avuto dalle ARPA regionali su questa materia così delicata, perché intimamente connessa con l'attività delle industrie a rischio di incidente rilevante, che sono tra le maggiori produttrici di rifiuti pericolosi. Anche in relazione alle altre competenze dell'ANPA, vorrei un quadro della situazione dei rifiuti tossico nocivi, dei livelli di controllo esistenti, dei buchi denunciati dal presidente e della situazione delle industrie a rischio di incidente rilevante.

Un'ultima domanda riguarda i rifiuti radioattivi; l'ho già rivolta all'ENEA e adesso voglio rivolgerla all'ente controllante che mi pare abbia espresso un'insoddisfazione, seppure graduata, nei confronti dell'ente esercente. L'azione della precedente Commissione d'inchiesta in ordine a questa materia ha ottenuto qualche risultato; sono state stimolate una serie di iniziative operative per quel che riguarda lo smaltimento dei rifiuti liquidi di alta attività, in passato oggetto di proroghe decennali, al punto che i serbatoi che li contenevano già due anni fa si trovavano sostanzialmente alla fine della loro vita media in termini di sicurezza di contenimento.

La soluzione che ci è stata presentata poco fa dall'ENEA per quello che riguarda i liquidi di alta attività della Trisaia, nonostante le assicurazioni avute in precedenza e che verranno integrate da una memoria scritta che ci verrà inviata, presenta una asimmetria per il fatto che per Eurex a Saluggia si è scelta la via molto nota e consolidata della vetrificazione, mentre per la Trisaia si sceglie la via dell'ottimizzazione dell'impianto Sirte-Mowa. Questa scelta desta perplessità perché la Mowa, già esistente a Trisaia, è una macchina che ha già operato - lo conferma la relazione del presidente dell'ENEA - la cementificazione di rifiuti liquidi a bassa attività; se non ricordo male, bassa attività significa 25 millicurie per litro, mentre l'alta attività alla Trisaia è in media di 1,9 curie per litro con un fattore mille. Risulta allora oscuro come l'ottimizzazione di una macchina per la bassa attività possa evitare un fenomeno che è stato proibito dagli organismi tecnici internazionali; infatti, se si vuole utilizzare per l'alta attività una macchina per la bassa attività, la prima cosa che mi viene in mente è di ricorrere alla diluizione dei liquidi. Questo procedimento di diluizione, che ha a che vedere con un fattore mille, comporta un livello di contaminazione inevitabile.

Mi dispiace essermi inoltrato in questi tecnicismi, ma sono indispensabili per capire il perché di una perplessità, che non credo sia solo personale, rispetto alle affermazioni che ho sentito fare poco fa dai tecnici dell'ENEA durante la loro audizione. Al di là del fatto che questa vicenda è interessata da procedimenti giudiziari (ascolteremo in audizione i magistrati titolari di questa inchiesta), vorrei avere una visione più precisa da parte dell'ente di controllo.

MARIO SIGNORINO, Presidente dell'ANPA. Per quanto riguarda la prima questione posta dal presidente, accogliamo senz'altro l'invito a fornire elementi più sistematici di informazione; già adesso però il dottor Damiani e la dottoressa Laraia potranno fornire un rapido quadro della situazione. Non vi è comunque gran che da dire: la carenza di dati validi ed attendibili sulla produzione dei rifiuti in Italia è una delle spie più macroscopiche dell'assenza di un sistema adeguato di gestione e di controllo. Alcuni strumenti ai quali ho accennato, come quello del catasto, dovrebbero cominciare a supplire gradualmente a questa carenza fondamentale.

Quanto alla questione Itrec, ovviamente siamo tranquilli, altrimenti come controllori saremmo suicidi, oppure irresponsabili o conniventi con dei pessimi esercenti. Abbiamo detto che l'ENEA fino ad oggi si è dimostrata un cattivo esercente, ma non fino al punto da mettere a rischio volutamente l'ambiente o la popolazione.

Il responsabile per l'ANPA del dipartimento nucleare potrà fornire una sintetica risposta al presidente sulla questione dei serbatoi, ma in proposito potremmo fornire un documento scritto perché la questione è stata già posta dal presidente della giunta regionale della Basilicata, che pensava che il ricorso alla vetrificazione per Saluggia fosse una sorta di privilegio concesso al nord a danno del sud sempre bistrattato, che doveva accontentarsi della cementificazione. Naturalmente non è così, perché ci sono altri elementi che giustificano la scelta diversificata degli impianti da parte dell'esercente.

GIOVANNI DAMIANI, Direttore dell'ANPA. Il problema dei rifiuti tossico-nocivi va inquadrato anche nell'ottica di quanto è successo con la precedente normativa sui rifiuti; mi riferisco non solo al decreto del Presidente della Repubblica n. 915 del 1982 ma anche alle successive modifiche relative al discorso dei residui. Ad un certo punto questi rifiuti, nelle maglie di una legislazione confusa, hanno tendenzialmente preso a scomparire, cioè ad essere concepiti come residui purché riutilizzati. E' successo così che rifiuti storicamente tossico-nocivi, per esempio i residui di lavanderia, purché fossero buoni come solventi per i catrami siano finiti sui tetti delle case, come asfaltature o addirittura negli scantinati, probabilmente con severe conseguenze sulla salute. Il controllo si è perso anche e soprattutto attraverso gli stoccaggi provvisori e, laddove era possibile, attraverso le diluizioni da parte di esercenti senza scrupoli, tesi unicamente a conseguire vantaggi economici. C'è stato un momento in cui erano presenti in Italia solo due impianti per lo smaltimento di questi rifiuti, uno in Piemonte e uno in Abruzzo, che non aumentavano di potenzialità, ma da tutta Italia non arrivava materiale da smaltire. Questo si perdeva soprattutto per diluizione, realizzata negli stoccaggi provvisori dove un rifiuto tossico-nocivo veniva classificato come speciale per diluizione.

Da questo punto di vista, la nuova normativa, che salutiamo con favore perché propone un riordino complessivo, potrà mettere riparo alle imponenti smagliature cui eravamo arrivati. Sottolineo ancora però l'importanza della fase del controllo perché, se lo stato dei controlli resta così deficitario, anche con la nuova normativa ci sarà la possibilità di consentire negli stoccaggi operazioni cartacee di correzione di bollette e non di sostanza, cioè di separazione dei rifiuti tossico-nocivi.

Oltre all'aggiornamento legislativo e alla necessità di potenziare i controlli, c'è un terzo strumento - su cui inviterei la dottoressa Laraia ad intervenire - che è quello del catasto dei rifiuti che la legge affida alla nostra agenzia. Questo può essere un formidabile strumento di monitoraggio e di prevenzione piuttosto che di repressione, se non limitato unicamente al modello unico di dichiarazione. Se nelle norme tecniche riuscissimo ad introdurre il monitoraggio sugli impianti a tecnologia complessa e alcuni capisaldi che consentano di monitorare anche le volumetrie delle semplici discariche, potremmo usare il catasto come efficace strumento di controllo attraverso queste verifiche incrociate.

ROSANNA LARAIA, Responsabile gestione rifiuti dell'ANPA. Vorrei aggiungere alcuni dati sulla mancata contabilità in materia di rifiuti pericolosi. Sappiamo che questa attività era partita con l'idea di un catasto già con la legge n. 475 del 1988, ma di fatto non siamo mai arrivati ad avere una vera e propria contabilità; tant'è che il modello unico di dichiarazione, fatto direttamente dai produttori, sottostima ulteriormente la produzione di rifiuti pericolosi. Le stime provenienti da altre fonti parlano di un milione e mezzo: sono invece pervenute 500 mila domande su un milione e 300 mila attese. Si comprende quindi come soltanto attraverso questo strumento non si possa ottenere una contabilità in materia di rifiuti in generale e di rifiuti pericolosi in particolare.

Il problema è di strutturare un catasto che faccia affluire, attraverso la sezione nazionale che dovrebbe essere istituita presso l'ANPA, oltre a questi dati, anche altri che provengano dalle province o da altre strutture, in modo da consentire un effettivo controllo della situazione. Poco fa il direttore dell'ANPA sottolineava il problema dei rifiuti avviati a recupero che molto spesso sono sottratti alla contabilità; basterebbe citare gli inerti, che nella precedente relazione sullo stato dell'ambiente risultavano essere circa 32 milioni, mentre nell'ultima sono circa 12 milioni. Voglio dire che questa normativa in materia di residui ha sottratto alla contabilità, e quindi al controllo, una quantità elevatissima di rifiuti. Occorre quindi attivare un sistema che funzioni con flussi di informazioni che provengano anche dall'albo degli smaltitori e, soprattutto, da un incrocio con i dati relativi alla produzione. In questo modo si potrebbero effettuare dei controlli ed arrivare ad una contabilità sui rifiuti.

Il decreto Ronchi ha adottato il catalogo europeo dei rifiuti, con una lista positiva che semplifica anche il controllo per gli organismi; tale lista però non è esaustiva ed andrebbe aggiornata. Così come è strutturata, molti rifiuti pericolosi - il direttore dell'ANPA ha accennato prima ai rifiuti delle lavanderie - oggi di fatto non sono più classificati come tali; pertanto - ripeto - la lista andrebbe aggiornata per tenere sotto controllo tutte le tipologie di rifiuti pericolosi.

PRESIDENTE. La ringrazio, dottoressa Laraia. Mi risparmio i commenti sul concetto di residuo, figlio della furbizia italica e anche di una mente diabolica che lo vuole introdurre nel sistema normativo italiano. Per fortuna, dopo durissime battaglie, questo concetto è sparito, purtroppo troppo tardi; ha infatti arrecato danni rilevantissimi. E' sparito anche il concetto di listino o mercuriale, anche se mi sembra sia in atto qualche tentativo di farlo riapparire: saremo molto attenti al fine di evitare che qualche camera di commercio quoti in borsa cose nocive, se non proprio tossiche.

GIUSEPPE GROSSI, Capo del dipartimento rischi nucleari e radiologici dell'ANPA. Il problema della solidificazione dei rifiuti liquidi del centro della Trisaia è stato abbondantemente e profondamente esaminato e in merito esistono molte considerazioni, alle quali abbiamo dovuto piegare la nostra posizione.

Il nostro obiettivo primario, come lei può ben immaginare, è la salvaguardia della radioprotezione e della sicurezza della popolazione e dell'ambiente; trattandosi poi di rifiuti radioattivi che decadono in tempi dell'ordine di qualche centinaio di anni, è anche importante considerare la qualità della matrice che dovrà immobilizzare tali rifiuti.

Mi permetta un'osservazione, che mi serve per introdurre quanto dirò dopo: lei ha detto che la vetrificazione è un sistema consolidato, ma io vorrei controbatterle che è la cementazione il sistema di solidificazione di rifiuti radioattivi oggi universalmente diffuso; la tecnologia della vetrificazione è detenuta solo da pochi paesi, quasi tutti facenti riferimento...

PRESIDENTE. Lei ha ragione. Avevo detto una cosa assolutamente diversa nella precedente audizione. Era un "consolidato" tra virgolette. Ricordavo come in particolare da parte francese, si sia insistito molto sulla capacità tecnologica di offrire questa soluzione al problema, che però a mio giudizio non è una soluzione, tanto che l'ho contestata per anni. Pertanto, sono d'accordo con lei.

GIUSEPPE GROSSI, Capo del dipartimento rischi nucleari e radiologici dell'ANPA. Vengo più specificamente al problema Trisaia e al discorso della gestione della piccola quantità di rifiuti che impropriamente vengono definiti di alta attività ma che sarebbe molto più corretto definire a più elevata attività, perché in virtù sia della normativa AIEA sia di quella europea si definiscono ad alta attività quei rifiuti che hanno radioattività maggiore di almeno un paio di ordini di grandezza rispetto a quelli detenuti in Trisaia, nel famoso serbatoio V100.

PRESIDENTE. Vorrei che fosse più preciso: stiamo parlando di millicurie, ma soltanto una decina di anni fa si parlava di nanocurie; qualche anno fa a preoccupare era una cosa un milione di volte più piccola. So bene che le normative tecniche internazionali non sono al di sopra di ogni sospetto, soprattutto per quanto riguarda la AIEA, trattandosi di un'agenzia che ha fortemente a che vedere con il nucleare. Le normative tecniche internazionali fissano ovviamente dei valori ed una terminologia.

Voglio ricordare ala Commissione che quando si parla di millicurie ci si riferisce ad un'unità di misura che è un milione di volte superiore al nanocurie, che è stata un'unità molto nota ai tempi di Chernobyl. Vorrei peraltro conferma del fatto che ai membri della precedente Commissione d'inchiesta che effettuò un sopralluogo a Trisaia fu detto che il valore medio di questa attività era dell'ordine del millicurie.

GIUSEPPE GROSSI, Capo del dipartimento rischi nucleari e radiologici dell'ANPA. Per inquadrare bene il problema, che è di così elevato momento e che potrebbe rappresentare un'occasione utile per una successiva riunione, è opportuno che faccia un'integrazione molto puntuale e dettagliata, con dati più precisi.

PRESIDENTE. La Commissione è sempre aperta ad ogni nota integrativa, anche ampia.

GIUSEPPE GROSSI, Capo del dipartimento rischi nucleari e radiologici. Vorrei focalizzare il problema sull'aspetto fondamentale: il prodotto finale del processo. Nel caso della cementazione dei rifiuti a bassa attività che si è completata pochi giorni fa a Trisaia, il dato cui abbiamo potuto riferire tutte le nostre valutazioni radioprotezionistiche era la quantità per fusto di radioattività inglobata, in particolare di quella radioattività che poteva dare delle dosi esterne; nel caso specifico di questi rifiuti si tratta della radioattività attribuita al cesio 137, che è il radionuclide più rappresentativo di questi rifiuti. Ebbene, nel caso del trattamento di rifiuti a bassa attività, ciascun fusto ha un'attività media totale di cesio 137 di 1 curie. Il progetto presentato dall'ENEA e approvato da noi si riferisce ad un prodotto finale che avrà 10 curie di cesio 137 incorporati nel cemento; si tratta quindi di un aumento di radioattività pari a 10 volte.

Si potrà domandare: come è possibile? E' possibile perché l'ENEA ci ha presentato un progetto globale di bonifica di tutti i serbatoi del sito della Trisaia; in sostanza, il trattamento di questo piccolo volume di rifiuti a più elevata attività va visto in maniera integrata con il trattamento di bonifica di tutti i serbatoi, e quindi quest'operazione alla fine porterà alla decontaminazione di tutto il parco serbatoi della Trisaia.

PRESIDENTE. Il suo accenno mi convince della necessità di questa nota, per capire nel dettaglio - la Commissione potrà farlo anche attraverso i propri consulenti - come si ottenga non dico questa magia ma questo risultato interessante. Le cose scritte spesso servono di più di quelle dette a voce, e quindi preghiamo l'ANPA di farci pervenire una memoria su questi aspetti molto importanti.

Vorrei ricordare alla Commissione cosa accadde quando si verificò l'esondazione del Garigliano, ormai molti anni fa, che interessò la relativa centrale; la stima che venne effettuata dall'allora DISP-ENEA fu esattamente dell'ordine di 1 curie, perché vennero lavati dalle acque esondanti alcuni separatori. Questo fatto obbligò l'ENEA ad effettuare una serie di indagini, ricerche e prelievi per verificare cosa fosse accaduto nei pozzi e nelle campagne locali. Un curie sembra poco, ma dal punto di vista radioprotezionistico non è poi così poco.

GIUSEPPE GROSSI, Capo del dipartimento rischi nucleari e radiologici dell'ANPA. Tra l'altro, se invece di curie parliamo di bekerel - 1 curie corrisponde a 3,7 in 10 alla decima bekerel -, è come misurare la distanza tra Roma e Milano in chilometri o in millimetri!

PRESIDENTE. Era solo per spiegare alla Commissione come le unità di grandezza alle volte possano dare un'idea imprecisa della quantità. Non era sicuramente questa la sua intenzione, non gliela voglio attribuire.

GIUSEPPE GROSSI, Capo del dipartimento rischi nucleari e radiologici dell'ANPA. Mi riprometto di predisporre un documento più dettagliato e di sottoporvelo.

Vorrei concludere questo intervento dicendo che la garanzia che la radioattività non venga rilasciata nell'ambiente nei tempi prescritti è data dalla stabilità della matrice. Ebbene, per la matrice cementizia, nella guida tecnica n. 26 esiste un rigoroso programma di qualificazione che prevede tutta una serie di prove di tenuta in termini anche di resistenza meccanica, fisica, chimica e biologica alle radiazioni e alla lisciviazione; solo a valle di questo programma di qualificazione del prodotto noi diamo l'autorizzazione a che tale prodotto venga inglobato in quella matrice. Questo dà la garanzia precisa che la matrice che immobilizza la radioattività sia in grado di garantirne l'immobilizzazione; diverso è il caso che citava lei, perché si trattava di rifiuti ancora non condizionati e quindi molto più esposti ad azioni di trasferimento nell'ambiente.

PRESIDENTE. Prego i rappresentanti dell'ANPA di farci pervenire una nota con le sue valutazioni a proposito del problema ENEL-Caorso e delle famose 273 tonnellate di combustibile irraggiato stoccate a Caorso, in relazione alla tecnologia di contenimento (chiamiamola così). In questi anni, non solo in letteratura ma anche per sperimentazioni provate, mi pare si stia affermando il cosiddetto deposito a secco tramite cask: vorremmo sapere quali siano le strategie ENEL e l'attività di controllo su di esse da parte dell'ANPA per quel che riguarda il combustibile irraggiato stoccato a Caorso. Gradiremmo inoltre una valutazione su queste tecnologie di messa in secco del combustibile (attraverso una memoria, che penso sarà ponderosa).

GIUSEPPE GROSSI, Capo del dipartimento rischi nucleari e radiologici dell'ANPA. A questo proposito le posso fornire una prima, rapida risposta. Nella gestione del combustibile irraggiato dell'ENEL, l'ANPA ha posto come priorità, perché riteniamo che sia il problema più urgente da risolvere, il deposito Avogadro, per il quale è stata concessa la proroga della licenza di esercizio per gli ultimi 5 anni e l'ANPA si è già pronunciata in maniera molto decisa nel senso che questa licenza non verrà più prorogata. L'ENEL ha già cominciato a fornire delle risposte, come pure per i combustibili stoccati a Trino e a Caorso; esiste un programma, che l'ENEL ci ha anticipato preliminarmente, ma per il quale, come ha detto il presidente Signorino, aspettiamo un documento organico in cui siano ben precisati le tecnologie che saranno adottate, i tempi e le scadenze. E' chiaro che oggi la tecnologia più diffusa per lo stoccaggio a medio e lungo termine del combustibile irraggiato è quella a secco, che ha diversi tipi di implementazione: ci sono contenitori di doppio scopo, che possono essere utilizzati sia per lo stoccaggio sia per il successivo trasporto; ci sono strutture più stabili a pozzi, dove questo combustibile, opportunamente incapsulato, viene depositato. Questa, per esempio, è la soluzione che è stata scelta dall'Olanda, che dal punto di vista della quantità di combustibile di cui dispone è il paese più simile a noi. La similitudine vale anche per il fatto che anche gli olandesi non hanno ancora individuato nel loro territorio un sito per lo stoccaggio definitivo di questi rifiuti e quindi si va ad individuare una struttura temporanea che però dia delle garanzie non solo di contenimento ma anche di possibilità di recupero e di ispezione, stante il fatto che il problema deve ancora trovare una soluzione definitiva.

Anche su questo forniremo dei documenti.

PRESIDENTE. Ringrazio i nostri ospiti.

 

Comunicazioni del presidente.

PRESIDENTE. Comunico che l'ufficio di presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi, nella seduta di mercoledì 2 luglio ha approvato un'ipotesi di programma relativo ai lavori della Commissione.

Nelle prossime settimane saranno ascoltati dapprima i ministri dell'ambiente e dell'industria (le cui audizioni sono già state calendarizzate), i rappresentanti dell'ADA (Associazione demolitori automobili) e della FIAT, nonché esponenti della Conferenza dei presidenti di regione, della Conferenza Stato-regioni.

In seguito, ascolteremo i magistrati dottor Boemi (Reggio Calabria), dottoressa Macchia (Matera), dottor Policastro e dottor Narducci (Napoli), dottor De Rhau (Napoli), tutti titolari di inchieste riguardanti la questione dei rifiuti e le attività illecite connesse.

Successivamente, saranno ascoltati i rappresentanti della Confcommercio, dei Consorzi obbligatori, della Federambiente e di Assoambiente, delle Associazioni trasportatori e smaltitori, delle associazioni ambientaliste, nonché dell'ANCI, dell'UPI, della Lega delle autonomie e dell'UNCEM.

Verranno anche fissate alcune audizioni per esaminare le problematiche attinenti al traffico internazionale dei rifiuti.

Per quanto riguarda le attività della Commissione fuori della propria sede, saranno effettuati sopralluoghi dapprima in Liguria (il sopralluogo è già stato calendarizzato per il 15 e il 16 luglio), in Campania e nel Lazio e, successivamente, in Piemonte, Puglia, Abruzzo, Basilicata, Emilia e Sicilia.

Se non vi sono obiezioni, rimane così stabilito.

(Così rimane stabilito).

Comunico inoltre che nella prossima riunione dell'ufficio di presidenza avanzerò la proposta di effettuare, entro la fine di luglio, la missione in Campania, se non proprio in tutte le zone in cui dovremo recarci, almeno limitatamente al sopralluogo nel casertano. In sede di ufficio di presidenza valuteremo realisticamente la possibilità di partecipazione dei colleghi a quel sopralluogo.

La Commissione è convocata per martedì 15 luglio 1997, alle 11, per l'audizione del ministro dell'ambiente e per il seguito dell'esame del regolamento interno.

La seduta termina alle 12,40.

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