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CAMERA DEI DEPUTATI - SENATO DELLA REPUBBLICA

COMMISSIONE PARLAMENTARE D'INCHIESTA

SUL CICLO DEI RIFIUTI E SULLE ATTIVITA'

ILLECITE AD ESSO CONNESSE

14.

SEDUTA DI MERCOLEDI' 15 OTTOBRE 1997

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE MASSIMO SCALIA

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori. *

Audizione dei rappresentanti della Confcommercio, della Confesercenti, della Confederazione nazionale artigiani (CNA), della Confartigianato e della Confederazione autonoma sindacati artigiani (CASA). *

Comunicazioni del presidente. *

 

La seduta comincia alle 17.

(La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Se non vi sono obiezioni, rimane stabilito che la pubblicità della seduta sia assicurata anche mediante l'attivazione dell'impianto audiovisivo a circuito chiuso.

(Così rimane stabilito).

 

Audizione dei rappresentanti della Confcommercio, della Confesercenti, della Confederazione nazionale artigiani (CNA), della Confartigianato e della Confederazione autonoma sindacati artigiani (CASA).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione dei rappresentanti della Confcommercio, della Confesercenti, della CNA, della Confartigianato e della CASA.

Ringrazio i presenti, rappresentanti di alcune importanti categorie produttive del paese; poiché credo conoscano la materia di cui si interessa la Commissione, li invito a svolgere una relazione introduttiva su di essa.

GIORGIO RUSSOMANNO, Responsabile del settore ambiente della Confartigianato. Innanzitutto ringrazio il presidente e la Commissione per questo invito; interverrò brevemente per dire che relativamente ai compiti della Commissione che si riferiscono soprattutto alle attività illecite connesse con la gestione dei rifiuti noi artigiani abbiamo un punto di vista che può essere considerato eccentrico rispetto al grande movimento della criminalità organizzata, perché le quantità minime di rifiuti che produciamo...

PRESIDENTE. Per evitare equivoci vorrei precisare che la denominazione di questa Commissione che qualche volta giornalisticamente è stato compendiato in "ecomafie" è effettivamente misleading; questa Commissione si interessa anche delle attività illecite nel settore dello smaltimento dei rifiuti che in alcune regioni del paese, purtroppo non solo nel sud, fanno capo alla criminalità organizzata, ma la nostra competenza è molto più ampia e riguarda più in generale tutta la tematica del ciclo dei rifiuti, i problemi amministrativi, il trasporto e lo smaltimento, gli operatori coinvolti, l'intero settore considerato come settore di servizi e qualche volta, forse giustamente, come potenziale settore produttivo.

Questo è il panorama in cui si iscrive la nostra azione; quindi non necessariamente si deve far riferimento ad attività illecite o mafiose in senso lato, perché siamo interessati a sapere da chi opera in settori come quello che lei rappresenta quali siano i problemi in ordine all'intero ciclo dei rifiuti, nonché a conoscere eventuali informazioni su fatti illeciti.

GIORGIO RUSSOMANNO, Responsabile del settore ambiente della Confartigianato. Allora avevo proprio cominciato dalla coda e me ne scuso; tra l'altro, avrei concluso molto rapidamente dicendo che le attività illecite non comportano una grande attenzione da parte nostra, perché cerchiamo di affrontare la gestione dei rifiuti nella maniera più vicina possibile alle leggi che via via vengono approvate.

Relativamente al grande problema di come le imprese artigiane possano gestire i rifiuti, invece, sono anni che incontriamo diversi problemi. Innanzitutto vi è una questione conoscitiva, nel senso che è difficile conoscere l'enorme quantità di atti legislativi emanati di volta in volta; con il decreto Ronchi si è arrivati ad un buon punto di incontro di una serie diversa di atti normativi, ma ne esistono ancora numerosissimi. Sarebbe quindi necessaria una semplificazione, anche attraverso una semplice riduzione del numero di atti e decreti emanati ogni anno, per agevolare la capacità dell'artigiano di conoscerli.

Il secondo problema è il ricorso a procedure amministrative purtroppo ancora abbastanza complesse. Il decreto Ronchi ha semplificato molto la gestione dei rifiuti, ma ancora non si è riusciti a semplificare le procedure amministrative. Il modello unico di dichiarazione ambientale, o MUD, per esempio, non è affatto unico; ci sono ancora diverse dichiarazioni ambientali che devono obbligatoriamente essere rese ogni anno, come per esempio la notizia circa il deposito temporaneo di rifiuti. E' ovvio che un'attività artigiana che produce rifiuti abbia un deposito temporaneo, perché sono infinitamente poche le attività artigiane che, producendo rifiuti, non li lasciano per qualche tempo lì in attesa del conferimento ad una ditta autorizzata. Tuttavia per questa attività si deve fare una comunicazione apposita alla provincia.

PRESIDENTE. Questa è la sede idonea per proporre eventuali suggerimenti.

GIORGIO RUSSOMANNO, Responsabile del settore ambiente della Confartigianato. Suggerisco senz'altro di abolire questo inutile adempimento perché non porta molta informazione: è soltanto una incombenza in più, è foriero di una sanzione pesante (l'articolo 52 del decreto Ronchi prevede cifre assai ragguardevoli anche per mancanze formali) ed è inutile per l'ente provincia.

Un altro grande problema è che il modello di dichiarazione ambientale cambia in continuazione ed è difficile far arrivare ogni anno a circa un milione di imprese artigiane le necessarie informazioni, distribuire dischetti, predisporre i conti correnti. Quindi, è necessario che il MUD, oltre ad essere veramente unico, si stabilizzi dal punto di vista della modulistica e della tipologia di dati da inserirvi. Questo però non è finora avvenuto: per esempio, quest'anno è intervenuta la novità rappresentata dal fatto che la produzione di imballaggi, anche se non è strettamente collegata alla produzione di rifiuti, deve essere ugualmente registrata.

Quest'anno, quindi, siamo di fronte a due novità: la prima è relativa al passaggio dal codice dei rifiuti italiano a quello europeo, mentre la seconda imporrà di insegnare agli artigiani come registrare gli imballaggi prodotti e immessi sul mercato. Questo è un esempio di come l'amministrazione dovrebbe attenersi a principi di semplificazione e stabilizzazione delle regole da osservare, che dovrebbero essere, appunto, semplici e chiare.

Per quanto concerne la questione relativa alle sanzioni, comprendiamo benissimo l'esigenza di essere esemplari nel veicolare a tutte le imprese determinati comportamenti che devono essere controllati e finalizzati al rispetto dell'ambiente. Tuttavia, è anche vero che negli ultimi mesi si è assistito all'invio di varie decine di migliaia di verbali per irregolarità, formali o meno, che hanno colpito numerose imprese artigiane, alle quali molto spesso è stata comminata la sanzione di sessanta milioni, generalmente per non avere trascritto una registrazione di rifiuti o per non avere inviato il MUD. Occorre però considerare che una sanzione di sessanta milioni è di entità tale da uccidere qualsiasi impresa artigiana, che può anche aver commesso errori, ma viene comunque a trovarsi nella condizione di dover cessare l'attività. Questo non è, a nostro avviso, un fatto equo: il comportamento delle imprese artigiane deve essere certamente ricondotto nell'alveo della legalità, ma il prezzo che si paga è talmente esorbitante che non si riesce neanche a difendere l'ambiente, visto che poi le imprese chiudono.

Suggeriamo pertanto di seguire un criterio di gradualità nelle sanzioni in funzione della gradualità del dolo, del danno ambientale, ovvero della reale entità del problema che si provoca. Sarebbe quindi necessaria - lo ripeto- una diversa commisurazione delle sanzioni, seguendo criteri di gradualità e riducendone i valori assoluti.

Un altro problema che abbiamo riscontrato è costituito dalla difformità dei pareri degli enti di controllo: l'ultimo caso, piuttosto "bislacco" (non ho paura ad usare questo aggettivo) riguarda la registrazione dei rifiuti a fronte di una produzione nulla. Nel bolognese si è presentato un caso, che si è ripetuto anche in vari altri territori, in cui l'ente di controllo ha preteso l'annotazione sul registro di carico e scarico anche in caso di assenza di rifiuti, in base alla motivazione per cui con lo stesso registro di carico e scarico, che peraltro non è uno strumento idoneo a tal fine, si tende a monitorare di continuo l'attività di produzione dei rifiuti; quindi, si prescrive la registrazione anche nel caso in cui la stessa produzione sia pari a zero. Ne deriva un adempimento in più, anche in assenza di rifiuti, che interrompe il normale ciclo produttivo, accresce i costi delle registrazioni e così via.

PRESIDENTE. Non è molto chiaro il motivo per cui la registrazione di carico e scarico nel caso di assenza di rifiuti interrompa l'attività produttiva, anche se si tratta di un costo in più.

GIORGIO RUSSOMANNO, Responsabile del settore ambiente della Confartigianato. Si tratta di un costo e di un adempimento in più. Nelle attività artigiane vi sono in media 2,3 dipendenti ed una registrazione è sempre un adempimento che richiede un certo tempo ed uno spazio che deve essere a ciò dedicato. Tra l'altro, nelle aziende artigiane il titolare è considerato tale quando partecipa all'attività produttiva anche manualmente. In questo senso, quindi, ho fatto riferimento all'interruzione dell'attività lavorativa: vi è infatti bisogno di uno spazio mentale e temporale da dedicare ad un adempimento; se quest'ultimo è utile...

PRESIDENTE. L'attività artigianale, proprio in virtù delle caratteristiche che lei ha ricordato, non è contraddistinta in generale da un ciclo continuo, come avviene per alcune grandi produzioni; per questo le ho posto la mia domanda.

GIORGIO RUSSOMANNO, Responsabile del settore ambiente della Confartigianato. Ha ragione, presidente: ho sbagliato allorché ho parlato di interruzione dell'attività produttiva, che nel caso dell'artigianato non è automatica e sincronizzata; tuttavia, non giudichiamo il registro di carico e scarico uno strumento idoneo al monitoraggio in continuo della produzione di rifiuti giorno per giorno e settimana per settimana. Quando si produce il rifiuto, esso deve essere registrato: questo è giusto, anche ai fini della denuncia al catasto; non giudichiamo invece adeguata a tal fine la registrazione, settimana per settimana, anche nel caso di una quantità di rifiuti pari a zero.

Tra l'altro, per le attività stagionali, ovvero concentrate in una parte dell'anno, i registri andrebbero comunque compilati ogni settimana, il che sarebbe francamente inutile e inopportuno.

Concludo esprimendo la speranza che un giorno si arrivi a disporre di strumenti legislativi snelli e semplici, adeguati alla dimensione delle imprese artigiane ed alla loro capacità di metterli in pratica.

TOMMASO CAMPANILE, Responsabile del settore ambiente della CNA. Premetto che il presidente della CNA è stato purtroppo impossibilitato ad intervenire all'odierna audizione a causa di concomitanti impegni fuori Roma, che non gli hanno consentito di raggiungere in tempo la Commissione.

Non aggiungerò altro alle considerazioni svolte dal collega della Confartigianato per quanto riguarda l'esigenza di introdurre un regime di gestione dei rifiuti che sia il più semplice possibile per le imprese artigiane, dal punto di vista degli atti amministrativi e burocratici, e sia invece finalizzato alla più corretta gestione dei rifiuti.

In questo senso, le attività considerate illegali e le notizie spesso pubblicate dalla stampa in ordine ad iniziative di gestione illecita di rifiuti vanno, a mio avviso, ricondotte ad una non del tutto comprensibile definizione del concetto di rifiuto contenuta nel decreto legislativo Ronchi, nonché ad attività di controllo non sempre rispondenti ad una corretta o comunque oggettiva interpretazione delle norme vigenti.

Nei mesi scorsi ho avuto modo di inviare alle presidenze delle Commissioni ambiente della Camera e del Senato alcuni verbali redatti da organi di polizia giudiziaria, in cui si imputavano ad imprese attività relative alla tenuta di discariche abusive e dai quali si evinceva che si trattava sostanzialmente di un deposito temporaneo di rifiuti non tossici. In quel caso, non essendo quel deposito temporaneo, per così dire, confinato, si imputava un'attività di gestione di discarica abusiva.

Il problema riguarda innanzitutto, a mio avviso, l'esigenza di una più chiara definizione del concetto di rifiuto, che abbiamo chiesto più volte in occasione della discussione del decreto Ronchi e che torniamo ad invocare oggi (lo faremo anche negli incontri successivi che avremo, nonché a livello governativo). Si tratta di un problema che risale anche alla mancata completa definizione del concetto di rifiuto da parte della Commissione europea; tuttavia, se il nostro paese riuscisse a muovere un passo in avanti in vista di tale definizione, riusciremmo probabilmente ad indurre anche gli altri Stati ad assumere decisioni analoghe.

Un'altra questione che si pone è legata al fatto che, anche con il decreto Ronchi, si è previsto un numero estremamente elevato di soggetti dotati di funzioni di controllo sui rifiuti, in base all'impostazione per cui quanto maggiore è il numero di soggetti che svolgono tale attività, tanto più il controllo risulta efficace. I fatti, però, dimostrano che non è così e peraltro molti organi di polizia giudiziaria a ciò preposti effettuano esclusivamente controlli documentali, che non servono assolutamente a nulla.

PRESIDENTE. Ritengo opportuno precisare che quei controlli non servono assolutamente a nulla nella presunzione che la documentazione sia sempre falsificabile. Peraltro, la nostra Commissione è al corrente del fatto che, anche laddove sono previste autorizzazioni, vengono attuati comportamenti illeciti, compresa la falsificazione di documenti. Tuttavia, poiché questa non è la regola generale, ritengo che la sua affermazione vada stemperata, rilevando che accanto ai controlli, per così dire, cartacei ne vanno esperiti certamente altri di diverso tipo. Su questo sono d'accordo.

TOMMASO CAMPANILE, Responsabile del settore ambiente della CNA. La mia considerazione era finalizzata a trarre una conclusione: riduciamo il numero degli entri preposti ai controlli, portiamo ad omogeneità i sistemi di controllo ed assicuriamo loro una regia, considerato anche che a livello territoriale vi è un'istituzione che ha proprio questo compito. Quindi, le strutture provinciali competenti dovrebbero essere poste in condizione di svolgere effettivamente le loro funzioni, affinché vi sia la garanzia di un controllo più efficace e nello stesso tempo le nostre imprese siano più garantite rispetto alla qualità dell'intervento.

PRESIDENTE. A titolo di informazione, ricordo che pochi giorni fa abbiamo svolto l'audizione di rappresentanti degli enti locali, in particolare delle province; in quell'occasione, ci è stata segnalata la notevole carenza di organico di cui risentono, in quasi tutto il territorio nazionale, le cosiddette guardie provinciali che dovrebbero eseguire questi controlli. Condividiamo quindi il suo auspicio, ma la situazione di fatto è che uno degli enti preposti al controllo, ossia la provincia, risente in quasi tutto il paese di gravi carenze di organico per quanto riguarda il personale che dovrebbe svolgere la stessa attività di controllo.

TOMMASO CAMPANILE, Responsabile del settore ambiente della CNA. Intendo svolgere un'ulteriore considerazione in ordine alle notizie che anche in passato abbiamo fatto pervenire alla Commissione rispetto ai fatti illeciti riscontrati nella gestione dei rifiuti. Nell'ultimo anno non abbiamo ricevuto ulteriori notizie circa questi fatti illeciti, a parte alcune iniziative, purtroppo non documentate, di presunti imprenditori che si sono presentati nei laboratori delle nostre imprese, anche nelle regioni centrali come Lazio e Abruzzo, proponendo servizi per la raccolta, lo stoccaggio e lo smaltimento dei rifiuti senza produrre alcun documento dimostrativo delle autorizzazioni previste per le imprese che svolgono attività del genere. Questi episodi si sono verificati in diverse zone e sono stati usati toni abbastanza pressanti, anche se non ancora minacciosi. Purtroppo, però, non siamo riusciti a documentare l'accaduto: quando siamo stati avvertiti degli stessi fatti, abbiamo chiesto di farci pervenire un minimo di documentazione, ma non abbiamo ancora avuto alcun riscontro di successivi episodi del genere.

Abbiamo invece constatato (tale aspetto attiene alla fase di transizione nella gestione dei rifiuti) che molteplici imprese svolgevano attività di raccolta, recupero e smaltimento di rifiuti disponendo di autorizzazioni per la gestione di alcuni rifiuti molto specifici, mentre oggi, nell'attuale fase di transizione in cui la classificazione per l'iscrizione all'albo degli smaltitori è in via di revisione, le stesse imprese si stanno proponendo anche per assicurare servizi di gestione di particolari tipi di rifiuti, che non figurano nelle loro autorizzazioni. Spero tuttavia che questo sia un fatto esclusivamente transitorio e riconducibile soltanto ai tempi di applicazione della nuova normativa.

Concludo con un auspicio, sottolineando che oggi le categorie produttive e le istituzioni sono chiamate a vario titolo (sia dal decreto Ronchi sia dalla legislazione comunitaria) a garantire il funzionamento di un sistema di più corretta gestione dei rifiuti, soprattutto con riferimento ad alcuni tipi di essi come, per esempio, gli imballaggi. Le categorie che noi rappresentiamo e le relative organizzazioni si sono impegnate affinché questo sistema funzioni veramente.

Per altro verso, abbiamo già chiesto agli organi istituzionali, soprattutto al Governo, di farsi carico di assicurare un'informazione istituzionale rivolta ai cittadini ed alle categorie produttive, allo scopo di far pervenire loro un messaggio piuttosto chiaro, secondo cui la gestione dei rifiuti si colloca oggi su un piano ben diverso rispetto al passato. Le responsabilità nell'ambito della stessa gestione sono notevolmente cresciute, pur con le discrasie di cui si è parlato, e l'impegno di tutti i soggetti deve essere chiaro. A fronte di questo, vi sono delle convenienze sul piano della tutela dell'ambiente e dello sviluppo delle attività. Si tratta di un messaggio che anche le istituzioni devono farsi carico di comunicare all'opinione pubblica, ai cittadini, alle piccole imprese, tenuto anche conto del numero di queste ultime, visto che nell'artigianato operano un milione e mezzo di unità produttive e lo stesso avviene negli altri settori della piccola impresa. Conseguentemente, far pervenire un messaggio a tutte le unità rappresenta uno sforzo molto ingente, che possiamo sostenere soltanto insieme alle istituzioni.

PRESIDENTE. Nel prendere atto dei rilievi e dei suggerimenti provenienti dai rappresentanti del mondo dell'artigianato, occorre sottolineare l'esigenza che i casi di cui lei ha parlato nel suo intervento diventino oggetto di attenzione particolare da parte delle vostre organizzazioni. Avanzo altresì la richiesta formale, che in realtà è sostanziale, di far pervenire alla Commissione tutte le notizie utili a tal fine, perché questa offerta di servizi presentata in modo molto insistente può rappresentare, in molte situazioni, l'inizio di una presenza che in altri contesti è diventata quello che tutti abbiamo in mente.

Darei ora la parola al dottor Billè, presidente della Confcommercio, premettendo che i compiti piuttosto ampi della nostra Commissione non sono riconducibili soltanto agli aspetti relativi agli illeciti che traggono origine dalla criminalità organizzata. E' di non molte settimane fa una dichiarazione del presidente Billè riguardante proprio una sorta di stima su un giro di affari connesso al circuito illecito della gestione di alcuni segmenti del ciclo dei rifiuti. Presumo che il presidente Billè abbia fatto tale dichiarazione sulla base di dati in suo possesso, che ovviamente interessano la Commissione. Lo invito pertanto a riferirci quello che ritiene opportuno, soprattutto in merito a tale dichiarazione.

SERGIO BILLE', Presidente della Confcommercio. Ringrazio la Commissione per averci offerto l'opportunità di rappresentare il punto di vista della Confcommercio su una questione fondamentale che, a mio avviso, deve essere risolta positivamente e in breve tempo, anche se i segnali non vanno tutti in tal senso.

Sono ormai molti anni, esattamente dal 1992, che la Confcommercio ha preso ad interessarsi del problema fondamentale dell'intervento criminale nell'economia legale, nel tessuto economico e finanziario del nostro paese. Nel 1994 abbiamo redatto il primo rapporto proprio sulla "gestione", da parte principalmente di Cosa nostra e della 'ndrangheta, del problema dello smaltimento di rifiuti tossici provenienti dalle industrie, un business che, nella sola Europa, è ormai di molte migliaia di miliardi di lire l'anno; secondo la mia stima si tratta di 21 mila miliardi. E' un problema che sta diventando sempre più rilevante e che in prospettiva, se non saranno adottati interventi tempestivi ed efficaci, diverrà di estrema pericolosità per tutta la società civile.

In questa sede mi vorrei occupare di un aspetto specifico del problema, il più pericoloso di tutti, da noi approfondito nei rapporti sopracitati e realizzati nel corso di questi ultimi anni. Parlo dei rifiuti ad alto grado di tossicità e, in particolare, delle scorie radioattive, di cui le organizzazioni criminali si sono impadronite da tempo, realizzando ingenti guadagni. C'è di più: il traffico dei rifiuti tossici e delle scorie radioattive ha, in un certo senso, ancor di più "amalgamato" strutture ed interessi di organizzazioni internazionali che operano su un fronte appunto internazionale.

Proprio sul terreno dei rifiuti tossici e dello smaltimento delle scorie radioattive, la mafia russa e alcune famiglie di Cosa nostra hanno cominciato a sperimentare importanti forme di collaborazione di cui da tempo si occupano le strutture investigative di mezzo mondo. Anche la 'ndrangheta, l'organizzazione criminale italiana che ha mostrato in questi ultimi anni maggiori capacità nell'internazionalizzazione delle proprie strutture, ha fatto importanti accordi con similari organizzazioni che operano soprattutto in Germania, in Svizzera e dove è maggiormente intensa l'attività dell'industria chimica.

La scarsa attenzione mostrata negli scorsi anni dalle autorità investigative italiane verso questo genere di problemi e la mancanza di strutture adeguate e preparate allo scopo hanno fatto sì che il nostro paese diventasse uno dei principale punti di flusso, se non, in alcuni casi, un vero e proprio terminale di rifiuti tossici per il cui smaltimento clandestino le industrie sborsano cifre colossali.

Sono sicuro che la Commissione ha già acquisito la documentazione raccolta in questi ultimi anni dalla magistratura calabrese, la prima che si sia occupata con serietà ed impegno del problema.

Devo dire che le organizzazioni criminali e le società, dall'apparenza legale, che fanno loro da copertura, hanno tentato di tutto in questi anni non solo per impedire che i magistrati e le strutture investigative scoprissero l'entità del fenomeno, ma anche chi tira realmente le fila di tale traffico che, ripeto, è diventato anche in Europa e non solo il business dei primati.

Né mi risulta che la Commissione parlamentare antimafia abbia fino ad ora affrontato a fondo il problema, indagando per suo conto sulle responsabilità delle organizzazioni di radice mafiosa. Insomma, fino adesso è affiorata solo la punta di un iceberg che è sicuramente di grandi dimensioni ma di cui ancora si parla assai poco e quasi sempre in modo tale da favorire le azioni di depistaggio che alcune grandi società intraprendono non appena sui giornali o altrove appaiono notizie che riguardano questo problema.

Il fenomeno dei rifiuti tossici è destinato ad aggravarsi per due motivi che forse non è inutile ricordare.

Il primo è che è cresciuto sensibilmente il numero dei paesi che non solo hanno introdotto rigide norme di carattere ambientale ma che si sono anche dotati di strutture capaci di eseguire ogni genere di controllo. Per sfuggire ad essi molte industrie sono quindi costrette ad affidarsi ad organizzazioni che operano per il trasferimento clandestino di rifiuti in altri paesi.

Il secondo è che il problema delle scorie chimiche, ma soprattutto quello delle scorie radioattive, sta assumendo dimensioni nuove, anche a causa dei complessi mutamenti intervenuti in aree industriali complesse e nelle zone finalizzate alla produzione di energia.

Ciò che è accaduto in Italia alcuni anni fa è un esempio significativo di un fenomeno che dovrebbe allarmare tutti e purtroppo, per ora, allarma invece pochi, quasi nessuno.

Tutto comincia con una denuncia di Legambiente, che trasmette un messaggio del seguente tenore alla procura di Reggio Calabria: attenzione, qui intorno, in fondo al mare, ci sono relitti di navi in abbondanza e non si capisce il perché. A seguito di tale denuncia, la procura si attiva, un magistrato si reca alla capitaneria di porto e chiede di localizzare queste navi affondate e di avere notizie più dettagliate sulle cause dell'affondamento. Scopre così che molte di queste navi, quasi tutte, sono affondate in giorni di mare calmo, anzi calmissimo. In quali zone di mare? Quelle più profonde, con fondali che superano i 400-500 metri. Vi è anche un altro fatto strano: queste vecchie navi, vere e proprie carrette del mare, nonostante non segnalino trasporti di un certo valore, sono tutte assicurate addirittura con i Lloyds di Londra e, guarda caso, sono colate a picco quasi tutte nella stessa zona di mare.

Si avvia allora l'inchiesta e si scoprono molte altre cose. Si scopre soprattutto che le due navi che è stato possibile raggiungere hanno la stiva piena di bidoni ermeticamente chiusi, contenenti sostanze altamente tossiche. Il lavoro svolto, tra mille insidie e mille tentativi di insabbiamento, dalla magistratura calabrese è encomiabile e sarà importante valutarlo quando finalmente il tutto verrà alla luce.

Significativa una dichiarazione resa qualche tempo fa dal procuratore della Repubblica di Reggio Calabria: "La gran messe di elementi raccolti fino ad ora giustifica il sospetto che una parte del traffico di materiale tossico coinvolga, oltre la 'ndrangheta, banche estere e gruppi potenti con il coinvolgimento di trafficanti senza scrupoli e di governi, uomini di Stato, istituzioni e personalità influenti in campo politico ed economico".

L'affare dei rifiuti tossici e radioattivi ha un'altra possibile variante già esaminata dalla FBI e che ha messo in stato di allerta i servizi di sicurezza di mezzo mondo. Le organizzazioni criminali sono le sole che oggi sappiano esattamente dove sono affondati questi relitti contenenti rifiuti radioattivi. E' come se avessero messo in cassaforte un'arma atomica di cui servirsi, in casi di emergenza, per ricattare chiunque. Basterebbe che l'organizzazione riportasse alla superficie alcune casse o bidoni contenenti materiale radioattivo e li depositasse su qualche spiaggia per creare problemi a non finire. Fantascienza? Magari fosse solo fantascienza! Si tratta invece di problemi concreti oggi troppo sottovalutati e sui quali c'è chi ha interesse a mettere la sordina. Invece la sordina non va messa e l'iniziativa assunta da questa Commissione mi sembra più che propizia.

Il punto tuttavia non è solo quello di dibattere tutte queste questioni. Il problema vero è quello di organizzare azioni che consentano di rompere il cerchio mafioso che si sta stringendo intorno all'affare rifiuti.

Mi sono soffermato sui rifiuti tossici perché essi comportano, come mi sembra risulti evidente anche da quello che ho detto, rischi tremendi per la comunità civile, ma non voglio trascurare affatto le implicazioni che la presenza delle organizzazioni criminali comporta per altri generi di rifiuti. La verità è che l'infiltrazione nel tessuto sociale, economico, commerciale, finanziario delle organizzazioni criminali si sta accentuando, supera ormai il livello di guardia, diventa un pericolo reale e quotidiano. Una volta questo problema riguardava solo l'area meridionale, oggi invece interessa anche tutte o quasi tutte le zone metropolitane del centro-nord a partire dalla stessa Milano, per non parlare di Genova, Torino, Padova e Mestre.

La verità è che le organizzazioni criminali, rappresentate da società dall'apparenza del tutto legale e dotate di consistenti basi finanziarie, si sono ormai infiltrate dappertutto. Controllano un esercizio commerciale su cinque, tengono le redini del grande mercato delle scommesse, hanno il quasi monopolio del mercato dell'usura, hanno nel mirino un cantiere su due, detengono importanti cointeressenze nel mercato del cemento, stanno con un piede, forse con tutti e due, in molte delle società che si occupano oggi del riciclaggio di rifiuti.

Potrei continuare, ma l'elenco sarebbe troppo lungo ed allarmante. La Confcommercio non intende arrendersi a questa realtà, ma è vivamente preoccupata per la scarsa sensibilità che le istituzioni manifestano per tale genere di problemi.

E' giusto celebrare processi e mettere in carcere mafiosi di ogni genere, ma come si può dire di aver realmente sgominato queste organizzazioni se poi si fa poco o nulla per colpire i loro interessi economici e finanziari?

Questo è oggi il problema. Questo è il rebus che va risolto. Questo rende ancora più utile ed opportuno l'odierno scambio di idee.

PRESIDENTE. La ringrazio anche per essersi fatto carico di un interessante e preoccupante j'accuse. Posso solo risponderle che, di fronte ai rilievi avanzati circa il calo di attenzione istituzionale, quasi contrapposto alla gravità del traffico di rifiuti pericolosi, la precedente Commissione monocamerale ha provveduto ad inserire nella relazione conclusiva la gran parte di documenti non sottoposti a segreto istruttorio. Posso pertanto garantirle che, per quanto riguarda l'istituzione Parlamento, rappresentata da questa Commissione, i temi da lei affrontati sono alla massima attenzione dei suoi componenti.

Vorrei peraltro sottolineare che la Commissione ha già avuto modo di audire i magistrati di Reggio Calabria, in particolare il sostituto procuratore della procura distrettuale antimafia proprio in ordine alla vicenda delle cosiddette navi a perdere. Al riguardo devo precisare che purtroppo le due navi cui lei ha fatto riferimento non sono state ancora localizzate e quindi non si conosce il contenuto del carico. La notizia positiva è che è stata individuata l'area di ricerca, peraltro già operativa, ma non aggiungo altro, trattandosi di materia coperta da segreto istruttorio.

Poiché credo sia doveroso rappresentare per intero quanto fanno le istituzioni, vorrei ricordare che già nella precedente legislatura la questione è stata oggetto non soltanto di una relazione conclusiva, ma anche di un intervento efficace e sinergico tra la magistratura di Reggio Calabria ed esponenti del Governo, segnatamente del ministro di grazia e giustizia, perché fossero a disposizione di tali magistrati e della procura tutti gli strumenti e le risorse per proseguire le indagini. Quest'ultime hanno mostrato un particolare livello di complessità e posso con cuore sereno dire che non è imputabile all'azione di Governo il fatto che a tutt'oggi non vi siano ancora dati certi non dico per sgominare, perché sarebbe un obiettivo troppo grande, ma per identificare una parte dei circuiti clandestini ed illegali, con coinvolgimenti a vari livelli, del ciclo dei rifiuti.

GIUSEPPE DELL'AQUILA, Responsabile dell'ufficio legislativo della Confesercenti. Ho quasi pudore a riportare i contenuti dei temi di cui ci stiamo occupando a questioni tecniche, perché l'intervento del presidente Billè aveva tutt'altro spessore, riguardando aspetti davvero importanti. Tuttavia anche alcune situazioni che voglio descrivere in breve sono importanti in relazione alla tematica ambientale, specialmente con riferimento alle problematiche delle piccole imprese commerciali.

In generale, convengo con quanto detto precedentemente dai colleghi delle associazioni dell'artigianato, soprattutto su due questioni: in primo luogo l'estrema eterogeneità delle disposizioni vigenti (e quindi la necessità di un testo unico) e la previsione tassativa di organi competenti di controllo; in secondo luogo la gravità delle sanzioni in relazione ad ipotesi che a volte sono esclusivamente di violazione documentale degli obblighi e, quindi, non comportanti vere e proprie problematiche ambientali, se non dal punto di vista dell'adempimento burocratico.

Un altro aspetto che voglio mettere a fuoco riguarda la difficoltà di applicazione delle disposizioni sugli imballaggi. Tutti sappiamo che dal prossimo mese di novembre entrerà in vigore la parte del cosiddetto decreto Ronchi riguardante gli imballaggi. Il sistema, per come è stato organizzato, non può ancora dirsi pienamente efficiente per quanto concerne sia le incombenze che ricadranno sulle imprese, che verranno triplicate, sia gli adempimenti documentali e gli esborsi.

Vorrei ricordare che le piccole imprese commerciali saranno obbligate a pagare nel 1998 le identiche tariffe previste per lo smaltimento di rifiuti solidi urbani. A tale esborso deve aggiungersi quello del pagamento della quota di adesione al consorzio nazionale degli imballaggi, nonché il costo del recupero degli imballaggi secondari da parte dei consorzi di filiera. Questi ultimi peraltro non saranno disposti a recuperare gli imballaggi secondari in ogni territorio, perché potrebbero trovare non economica questo tipo di attività e, in tal caso, sarebbero gli imprenditori a dover individuare gli operatori privati disposti, a costi sicuramente superiori, a provvedere al recupero di tale materiale, specialmente laddove i comuni non avranno istituito la raccolta differenziata.

Un altro problema riguarda lo smaltimento di rifiuti organici, in particolare quelli di origini animale. Il decreto legislativo n. 568 del 1992 prevede che questo tipo di scarti debbano essere conferiti a stabilimenti per la trasformazione aventi determinate caratteristiche.

Il problema, che è stato anche oggetto di una interrogazione parlamentare, è che non sempre questi stabilimenti di trasformazione sono raggiungibile facilmente, soprattutto dalle piccole imprese commerciali e questo provoca una indubbia lievitazione dei costi.

Un altro problema consiste nella difficoltà di disporre di piattaforme dove conferire i rifiuti consegnati dai rivenditori di elettrodomestici. Il citato decreto Ronchi e la cosiddetta legge sull'ozono prevedono che i rivenditori di elettrodomestici ritirino beni durevoli, come i frigoriferi, nel caso in cui il cliente ne acquisti un altro di tipologia equivalente. Questo vuol dire che in alcune località con una posizione sfavorevole dal punto di vista territoriale, i piccoli rivenditori avranno difficoltà a ritirare in propri spazi, peraltro limitati, beni durevoli la cui funzione sia esaurita per poi conferirli alle piattaforme di recupero, che spesso non sono - ripeto - facilmente raggiungibili.

Vi è poi un'altra situazione di difficoltà creata dal decreto Ronchi (che secondo noi dovrebbe essere modificato) riguardante l'esenzione delle piccole imprese commerciali fino a tre dipendenti le quali non devono presentare le comunicazioni al catasto tramite il modello unico di dichiarazione ambientale e provvedere alla tenuta dei registri di carico e scarico. Il riferimento normativo è l'articolo 2083 del codice civile, che prevede la figura del piccolo commerciante e dell'imprenditore artigiano ed è da qui che si fa derivare la nozione del piccolo imprenditore artigiano fino a tre dipendenti. Quindi, il piccolo commerciante che invece probabilmente rappresenta proprio la figura che l'articolo 2083 del codice civile maggiormente definisce, oltre naturalmente a quella dell'artigiano, non è esonerato. Chiediamo perciò che si faccia qualcosa per prevedere un'equivalente esenzione anche per il commercio al dettaglio che occupi almeno fino a tre dipendenti. Sono queste le situazioni particolari che ci premeva descrivere.

PRESIDENTE. La ringrazio anche per i riferimenti puntuali contenuti nel suo intervento.

PAOLO MELFA, Segretario confederale della CASA. Non ripeterò quanto è già stato detto dai colleghi rappresentanti della Confartigianato e della Confcommercio, in quanto in questa materia in modo particolare si agisce unitariamente, per cui i problemi che sono stati esposti e tutti i rilievi avanzati sono condivisibili.

Raccogliendo l'invito che il presidente ci aveva rivolto all'inizio della seduta, vorrei solo sottolineare due aspetti abbastanza importanti proprio per la tutela ambientale, perché sul problema del consorzio obbligatorio delle batterie a piombo esausto e del Consorzio per gli oli usati (COU) stiamo lavorando per trovare una soluzione che assicuri una tutela al cosiddetto "fai da te", e mi spiego meglio. Notoriamente è possibile acquistare facilmente sia l'olio sia la batteria, senza però avere l'obbligo di conferire la batteria esausta al momento dell'acquisto di quella nuova. Nell'ambito di entrambi questi consorzi, stiamo cercando di avere un aiuto normativo che dia la possibilità a chi vuole montare da solo la batteria nuova di acquistarla, ma con l'obbligo di conferire, prima dell'acquisto della nuova batteria, quella usata.

Abbiamo anche in mente un sistema che sarebbe abbastanza semplice: sarebbe sufficiente dotare le grandi strutture che vendono pezzi di ricambio di cassonetti con addetto che rilascia la contromarca nel momento in cui viene depositata la batteria usata; la contromarca viene conferita al reparto che vende le batterie e a quel punto il cliente può acquistare la batteria nuova. Può forse sembrare strano, ma quella del "fai da te" è a tutt'oggi una delle voci più consistenti ed incontrollabili proprio per questi due tipi di rifiuti, che non credo possano essere considerati di secondo piano, visto che sono tossici e nocivi. Quindi, se vogliamo evitare che l'olio motore venga gettato nelle fogne e di vedere ancora oggi per Roma o in qualsiasi altra città d'Italia le batterie abbandonate agli angoli delle strade o vicino ai cassonetti (anche perché, se non arriva il mezzo specifico che può ritirare la batteria, il camion che ritira il rifiuto solido urbano se ne guarda bene dal ritirare la batteria, per cui essa rimane a terra anche per due settimane), sarebbe bene intervenire nella materia specifica.

PRESIDENTE. La ringrazio anche perché lei ha prevenuto una domanda che avevo intenzione di porre successivamente.

MANLIO COLLAVINI. Rivolgo una domanda cui potrà rispondere il responsabile della Confcommercio, ma che può essere posta anche ai rappresentanti degli artigiani, pur essendo essi coinvolti in maniera minore in quest'ambito.

Quando si parla di rifiuti, quasi sempre si fa riferimento alla parte finale del ciclo di smaltimento degli stessi, cioè ai problemi delle discariche, degli abusi che a questo proposito vengono consumati, e così via; non si parla mai, invece, di fare qualcosa affinché il peso del rifiuto sullo specifico gravi sul costo del prodotto che questo rifiuto produce, e spero di essere stato sufficientemente chiaro.

PRESIDENTE. E' il problema delle externalities, cioè a chi vadano imputati i costi dovuti alla difesa dell'ambiente rispetto alle produzioni ed agli scarti da queste prodotti. Gli inglesi hanno coniato questo termine molto eufemistico che, in sostanza, significa appunto chi paga questi costi.

MANLIO COLLAVINI. Cosa accade? Prendiamo ad esempio le attività commerciali: se ci rechiamo in un supermercato, possiamo constatare che nelle scansie vi sono molti articoli che producono rifiuti, per esempio le bottiglie di acqua minerale in PET o i contenitori dei detersivi in plastica pesante. Comunque, si può dire che oggi il negozio di generi alimentari, la drogheria, il supermercato sono gli esercizi che producono forse la maggior parte dei rifiuti solidi urbani.

PRESIDENTE. Se mi è consentito un breve inciso, sulla base dei dati acquisiti nel corso dell'indagine conoscitiva svolta dalla Commissione ambiente della Camera della precedente legislatura, si quantificava nel 50 per cento circa del volume di discarica il complesso dei volumi dovuti a contenitori ed imballaggi di prima e seconda specie. Dico questo per avvalorare la sua affermazione secondo la quale tutto ciò costituisce la maggior parte dei rifiuti solidi urbani.

MANLIO COLLAVINI. Vorrei ora ricordare che in Germania esiste una società che si chiama "Punto verde" che penalizza all'origine prodotto per prodotto. Ciò comporta che, se acquisto una bottiglia o un contenitore che producono un rifiuto solido urbano, pago questa tassa; se, invece, il prodotto da me acquistato non produce quel tipo di rifiuto, non pago alcuna tassa.

La mia domanda è quindi cosa pensino Confcommercio e Confartigianato se anche in Italia si dovesse arrivare ad una proposta di questo tipo, cioè di non penalizzare il cittadino in senso generale, anche quello che non produce assolutamente rifiuti (non esiste, ma supponiamo per un attimo che esista), penalizzando invece il prodotto all'origine nel senso che quello che produce rifiuti costerà un tanto per cento in più, quello che non ne produce, o che viene regolarmente riciclato o le bottiglie dell'acqua minerale che vengono recuperate e riutilizzate - e così per qualsiasi altro prodotto il cui contenitore possa essere riutilizzato - abbia un prezzo diverso dai prodotti che danno vita a rifiuti solidi urbani. In poche parole, chi sporca paga, chi non sporca non paga. Su questo vorrei acquisire l'opinione dei nostri ospiti.

CARMINE COZZOLINO. Le informazioni che ci sono state fornite dai rappresentanti sia del mondo dell'artigianato sia del commercio confermano lo stato d'allarme in cui ci troviamo. Nei vari sopralluoghi effettuati dalla Commissione, abbiamo avuto modo di rilevare il grande marasma che esiste in questo settore.

Quanto a problemi normativi cui si sono riferiti soprattutto i rappresentanti degli artigiani, ma anche quelli dei piccoli esercenti, credo che sia necessario fare qualcosa perché, in effetti, le piccole, piccolissime aziende sono già gravate da problemi pesanti. In questa fase, quindi, almeno da questo punto di vista bisognerebbe cercare di snellire le procedure e di eliminare tutto ciò che può produrre un aggravio ulteriore nella conduzione della piccola impresa.

Il collega Collavini ha ricordato l'iniziativa Punto verde che esiste in Germania, invitando a porre la dovuta attenzione nei confronti di essa, anche allo scopo di valutare se in Italia sia possibile porre in essere meccanismi analoghi.

Credo sia stato importante riproporre la questione del trasporto dei rifiuti tossici; per parte mia, vorrei sapere se i nostri ospiti sappiano quale destino seguano alcuni rifiuti particolari, cioè quelli ospedalieri. Anche se in modo molto frammentario ed impreciso, alla Commissione è giunta notizia che non tutte le strutture ospedaliere o igenico-sanitarie in genere provvedono alla distruzione attraverso inceneritore o in altro modo dei rifiuti che provengono da un ciclo che è comunque produttore di servizi. Di questo particolare tipo di rifiuti spesso conosciamo il punto di partenza, ma non dove vadano a finire, ed è un problema che ci sta preoccupando in modo particolare essendo emerso in tutta la sua gravità nel corso degli ultimi sopralluoghi che abbiamo compiuto sul territorio.

FRANCO ASCIUTTI. In primo luogo vorrei chiarimenti dalla Confcommercio sui dati terrificanti che poc'anzi il presidente Billè ha ricordato: mi riferisco al 20 per cento del commercio in mano alla malavita e al 50 per cento dei cantieri nella medesima situazione. Certamente si tratta di dati che la Confcommercio non ha citato a caso e quindi sarebbe opportuno che questa Commissione d'inchiesta li assumesse in maniera oggettiva per indagare su di essi e per farne oggetto di una denuncia al paese.

Vorrei ora fare una battuta sui procuratori italiani: indubbiamente il problema delle discariche radioattive, del futuro dei nostri figli e quindi dell'ambiente è molto più significativo rispetto a quella che definirei la malavita di Palazzo e tuttavia, mentre con Tangentopoli si va sui giornali, occupandosi di discariche ci si va molto meno. Vorremmo - lo faremo indubbiamente come Commissione - spingere maggiormente la magistratura a puntare il suo interesse su queste circostanze davvero gravissime per il nostro paese.

PRESIDENTE. Porrò anch'io ai nostri ospiti alcune domande. La prima si ricollega ad un tema cui ha accennato in precedenza il rappresentante della CASA; per parte mia, vorrei sapere quale livello di controllo possa essere esercitato dalla rete di piccoli esercenti ed artigiani su tre versanti: le batterie, gli oli esausti e da ultimi le vernici, tre settori che costituiscono tre tipi di rifiuto pericoloso per i quali è ancora molto diffuso lo smaltimento illecito (di questo si tratta quando l'olio viene sversato nel tombino o la batteria abbandonata vicino al cassonetto). Sarebbe pertanto interessante comprendere da un lato cosa possano fare il sistema amministrativo e l'organizzazione dei controlli e dei servizi; dall'altro, poiché esistono dei consorzi obbligatori per alcuni di questi materiali, mi sembra che alla fine si ponga un problema di costi. Poiché da parte vostra sono venuti in materia dei suggerimenti, vorrei capire, al di là della denuncia del problema, come esso vada affrontato.

Quanto agli imballaggi, e più in generale, ai contenitori, forse sarebbe utile che non dico i singoli piccoli imprenditori, artigiani o esercenti facessero uno stage, ma che a livello delle organizzazioni che qui sono rappresentate si andasse a dare un'occhiata per verificare come in Germania (in base alla legge Toepfer, ai cui risultati applicativi faceva prima riferimento il collega Collavini) venga gestita tutta questa partita, con dei rimandi che assai spesso sono al produttore originale e che quindi superano anche una parte dei problemi posti dallo stesso collega Collavini. Credo sia molto utile e comunque dovrebbe rientrare tra i compiti di organizzazioni quali quelle che voi rappresentate il dare agli associati un livello informativo che consenta loro di affrontare più adeguatamente tali problemi, in termini sia di normative vigenti sia di soluzioni possibili, quali sono state individuate in altri paesi europei, che certamente hanno affrontato con successo prima di noi questa materia.

MICHELE MASTROBUONO, Responsabile del settore ambiente della Confcommercio. Per quanto riguarda il CONAI, oltre a raccogliere l'invito che ci è stato rivolto, mi preme informare che la previsione dell'attuale testo del decreto Ronchi regolamenta tutta la disciplina dell'imballaggio e, a partire dal 1° maggio, è già attuativa la parte riguardante gli imballaggi, che vengono suddivisi in primari, secondari e terziari, secondo uno schema che più o meno ripercorre quello tedesco precedentemente ricordato.

Tutte le confederazioni qui presenti insieme con la Confindustria proprio in questi giorni stanno per predisporre lo statuto del consorzio nazionale degli imballaggi, che si preoccuperà di recuperare tutti gli imballaggi primari e quelli provenienti dalla raccolta differenziata, mentre a partire dal 1° gennaio del prossimo anno gli imballaggi secondari e terziari non potranno più seguire la via del cassonetto tradizionale, se non previo accordo con la municipalizzata. Si può quindi affermare che il sistema italiano ha recepito queste esperienze e che quindi quello che sembrava un sogno almeno sulla carta è diventato realtà.

Non nascondiamo che vi sono ancora alcune difficoltà di carattere operativo e sostanzialmente penso di poterne individuare due. In primo luogo, poiché il sistema che è stato pensato è proprio di un'allocazione di un contributo di riciclo alla fonte, ciò non deve far pensare al produttore di essere l'unico proprietario di risorse destinate al recupero, perché, in definitiva, aumentare un contributo di riciclo alla fonte sulla materia prima significa che inevitabilmente tutti i cittadini pagheranno prezzi più alti al consumo. Sono stati anche fatti dei calcoli relativi alle ripercussioni sull'inflazione di queste misure, ripercussioni che indubbiamente vi saranno. Tuttavia, il fatto di affermare che il produttore - il più facile da individuare, perché all'origine della catena - mette a disposizione queste somme non vuol dire che automaticamente sia lui stesso a doverle gestire nei rapporti con le municipalizzate, con i raccoglitori, e così via. Si tratta di un punto di confronto abbastanza serrato.

PRESIDENTE. Visto che sta svolgendo valutazioni tanto dettagliate, vorrei che esponesse alla Commissione l'opinione della Confcommercio in ordine alla credibilità dei tempi. Sulla questione dello smaltimento dei contenitori e degli imballaggi il sistema Italia, sulla base degli accordi che si stanno stipulando in attuazione del decreto Ronchi, è in grado dal 1° gennaio 1998 di partire non dico alla tedesca, ma in modo tale che nel giro di un certo numero di mesi si giunga ad una situazione la più simile possibile a quella tedesca, che da questo punto di vista francamente è la più efficace che io conosca?

MICHELE MASTROBUONO, Responsabile del settore ambiente della Confcommercio. In verità, qualche problema si presenta anche nella realtà tedesca.

PRESIDENTE. I problemi ce li hanno tutti.

MICHELE MASTROBUONO, Responsabile del settore ambiente della Confcommercio. Visto che per la costituzione del CONAI il termine ultimo è il 1° novembre, credo che per quella data si sarà trovato un accordo sostanziale tra le parti e probabilmente si sarà predisposto l'atto costitutivo del consorzio definito al 95 per cento. Pur non essendo io la persona deputata a seguire direttamente questa situazione, posso comunque ragionevolmente prevedere che, se vi sarà uno slittamento dei termini, non sarà superiore all'inizio del prossimo anno; è una mia impressione derivata anche dal fatto che ormai da mesi seguo questa materia quotidianamente.

Credo che siamo ormai arrivati ad un sufficiente punto di definizione del sistema, che è sicuramente molto complesso per i problemi di evasione che si possono porre e per carenze legislative, in quanto la mancata adesione a tale consorzio non è sanzionata né dal punto di vista amministrativo né da quello penale. Quindi, anche il ministero si è posto il problema di sensibilizzare le imprese in modo che aderiscano ad un sistema ambientalmente più efficace, stanziando dei fondi per una campagna informativa. Sono quindi questi i problemi ancora da dipanare: le gestione delle risorse, che devono essere assegnate ad un organismo davvero trasparente e molto snello, e che veda la partecipazione equilibrata di tutti i soggetti (dal consumatore fino al produttore); in secondo luogo (questo è un punto che può determinare un aggravio di costi e qualche piccolo attrito) la privativa persistente da parte delle amministrazioni comunali sugli imballaggi primari, per cui oggi quotidianamente assistiamo a quanto accade sulle strade, ma non vi è altra soluzione finché non sarà abrogata una norma approvata nel 1990 che di fatto attribuisce ai comuni la privativa su tutto ciò che finisce nei cassonetti. I comuni, perciò, da una parte si lamentano di avere i cassonetti pieni di scatoloni, ma dall'altra ne sono soddisfatti, perché è l'unico sistema per continuare a percepire le tasse - che poi saranno trasformate in tariffe - assolutamente senza concorrenza. La dimostrazione di questo risiede nel fatto che per due decreti-legge questo "famoso" articolo 39 di una legge comunitaria non fu considerato e, quando cadde la privativa dei comuni vi fu il tracollo dei loro bilanci, perché la gestione dei privati era più economica di circa il 50 per cento rispetto alle spese sopportate dalle amministrazioni comunali per portar via gli imballaggi primari, secondari e terziari dagli esercizi commerciali. Ma dopo questi due decreti-legge non si parlò più dell'abrogazione di questa norma, per cui la privativa ritornò in vigore ed esiste tuttora.

Per quanto riguarda i dati, sarò ben lieto di trasmettere alla Commissione le pubblicazioni che curiamo dal 1994, in virtù del progetto Penelope, che vede la Confcommercio in prima linea per esempio nell'attivazione di linee telefoniche per le denunce, in accordo con i carabinieri, che poi si occupano di sbobinare le registrazioni telefoniche. Abbiamo inoltre elaborato una serie di dati, attraverso questionari. Questi dati sono sconfortanti, perché rivelano un controllo della malavita sulle nostre attività: il famoso "pizzo" è effettivamente molto diffuso, e non vi è neanche una grande differenza fra il nord e il sud del paese. La nostra inchiesta riguarda i campi degli stupefacenti, della prostituzione, del totonero, dell'usura, del racket, della produzione clandestina di materiale pornografico, del contrabbando di sigarette, delle transazioni finanziarie, della produzione di valuta falsa e del controllo e dello smaltimento dei rifiuti tossici. Sarà mia premura far pervenire alla Commissione una copia del nostro dossier, che presentiamo annualmente.

PRESIDENTE. Ne attendiamo senz'altro una copia.

TOMMASO CAMPANILE, Responsabile del settore ambiente della CNA. La mia prima considerazione riguarda il sistema di gestione degli imballaggi. Poiché alcuni esponenti della Commissione hanno fatto riferimento al sistema tedesco, non vorrei che questo diventasse un modello da perseguire. I tedeschi, infatti, effettuano un'eccellente raccolta, ma riciclano poco o nulla. Tant'è che l'Italia, specialmente negli ultimi anni, è diventata uno dei maggiori importatori di imballaggi, soprattutto di plastica ma anche di carta e cartone, raccolti attraverso il sistema del bollino blu e del consorzio degli imballaggi e poi esportati nei vari paesi dell'Unione europea e non.

Il sistema di raccolta, in effetti è affidabilissimo e il CONAI è stato pensato a questa stregua. Ma vi è un altro problema oltre a quello del recupero e del riciclaggio. Il decreto Ronchi contiene a questo proposito una sorta di ambiguità, nel senso che non sceglie, o non indirizza verso tecnologie di recupero di questi materiali come combustibili, oppure lo fa attraverso l'identificazione di un materiale di difficile gestione, e cioè il CDR. A noi sembra, anche per le esperienze avute in passato, che o si da libertà di gestione - ovviamente controllando - nell'utilizzo di tecnologie diverse per l'uso di questi materiali come combustibile, oppure avremo lo stesso problema cui si trovano attualmente di fronte i tedeschi: faremo una grande raccolta e incontreremo grandi difficoltà nel recupero e nel riciclaggio. Questo, ovviamente, vale per alcuni materiali, perché il recupero e il riciclaggio degli imballaggi in legno penso che non lo avremo mai, così come per la banda stagnata; lo avremo invece sicuramente per la plastica e per la carta e il cartone.

L'altro problema su cui ancora non si discute, come qualcuno ha giustamente sottolineato, è quello della prevenzione della produzione di rifiuti. Si tratta, intanto, di recuperare le famose definizioni che consentano di capire ciò che è effettivamente rifiuto e ciò che non lo è, ma anche di incentivare l'attività di ricerca e di sperimentazione per poter produrre materiali ecocompatibili, di più lunga durata e per adottare tecniche che permettano di riutilizzare tali prodotti.

PRESIDENTE. Scusi, sono abituato a pensare che l'idea di ridurre i rifiuti alla fonte, progettando merci che abbiano la massima recuperabilità o riciclabilità dei materiali, sia un compito più da imprese grandi o medio-grandi che piccole. Ma mi viene spontaneo chiederle: esiste un ruolo dell'artigianato a tale proposito, ovviamente riguardo a produzioni tipiche dell'artigianato stesso?

TOMMASO CAMPANILE, Responsabile del settore ambiente della CNA. L'artigianato copre sostanzialmente tutti i settori produttivi, anche se in scala micro, e quindi presenta gli stessi problemi dell'industria. Nel nostro paese esistono molti artigiani che hanno idee innovative: quando ne hanno la possibilità, le sperimentano, ma poi vendono l'idea ad altri, perché non riescono neanche ad arrivare ai brevetti, non avendone le risorse, data la dimensione d'impresa. Le risorse per la ricerca tecnologica nelle piccole imprese, sia pure previste dal alcune leggi, non hanno ancora trovato un canale che possa essere utilizzato. Per esempio, sono due mesi che sto verificando se vi sia un programma di incentivazione che consenta ad una ditta che stia sperimentando la riciclabilità delle vernici sul luogo di produzione, e che ha bisogno di acquistare macchinari per effettuare la sperimentazione, di effettuare un investimento nel settore, ma confesso che non sono riuscito a trovare uno strumento. Vi è un programma europeo, il LIFE, ma - a parte la difficoltà che si incontra nel percorrere questa strada - copre soltanto il 30 per cento dei costi di queste iniziative. Nel nostro paese non esistono strumenti utilizzabili per fare ricerca e per giungere a soluzioni.

PRESIDENTE. Desidero specificare che quelle che lei ha definito alcune "ambiguità" delle soluzioni tecnologiche finali del decreto Ronchi su una cosa invece danno certezza. Lei ha citato il problema della termodistruzione di particolari tipologie di rifiuto, come la plastica (mentre ha detto che sappiamo come va a finire la banda stagnata) e determinati tipi di imballaggi, che potrebbero essere termodistrutti. Voglio ricordare che la via scelta dal decreto Ronchi è la seguente: è vietato bruciare PVC e altri tipi di plastiche perché la termodistruzione reimmette nell'ambiente una serie di inquinanti tossico-nocivi, incluse le diossine.

TOMMASO CAMPANILE, Responsabile del settore ambiente della CNA. Ma non esistono imballaggi in PVC.

PRESIDENTE. Ma se vi è una certezza è che il ciclo della plastica resta aperto rispetto ad una soluzione che pure era stata ventilata, che però non è praticabile, cioè quella della combustione. Proprio pochi giorni fa, nel corso dell'audizione del presidente dell'ENEL, egli ha dichiarato la disponibilità dell'ente a mantenersi sui livelli previsti nella bozza di allegato tecnico del decreto Ronchi con riguardo ai limiti previsti per le concentrazioni di inquinanti nelle emissioni nell'atmosfera da termodistruttori. Questo aspetto mi sembra debba essere sottolineato, in quanto l'ENEL è uno dei protagonisti di questa partita, e per bocca del suo presidente, davanti alla Commissione parlamentare di inchiesta sul ciclo dei rifiuti, ha accettato di attenersi a limiti che ancora non hanno valore normativo, essendo contenuti in una bozza (anche se sono abbastanza noti).

PAOLO MELFA, Segretario confederale della CASA. Rispondo ad una sua domanda precisa, presidente. Già collaboriamo con entrambi i consorzi obbligatori, cioè sia quello degli oli usati sia quello delle batterie: l'artigiano è già una sorta di agente ambientale, perché sa come si deve muovere riguardo al ritiro, alla registrazione e al conferimento dell'olio usato e delle batterie esauste.

Il problema del "fai da te", invece, deriva dal fatto che è possibile reperire sul mercato prodotti come l'olio e le batterie. Ricordo che nel nostro ordinamento esiste una legge - la n. 122 del 1992 - in materia di sicurezza stradale e di attività di autoriparazione; ritengo che l'olio non dovrebbe essere liberamente venduto al supermercato, anche se so che in questo modo mi inimico gli amici del commercio. Ma in questo modo si risolverebbe il problema a monte: visto che la legge n. 122 impone determinati comportamenti sia agli autoriparatori sia agli automobilisti, si potrebbe risolvere il problema a monte. Per quanto riguarda le batterie, poi, nessuno vuole vietare la sostituzione della batteria dell'automobile con una acquistata al supermercato, anche perché la raccolta ha già raggiunto una quota di oltre il 90 per cento.

PRESIDENTE. Dispone di un dato quantitativo anche per l'olio usato?

PAOLO MELFA, Segretario confederale della CASA. No, e mi scuso, però...

PRESIDENTE. Lo dovrebbe far avere alla Commissione.

PAOLO MELFA, Segretario confederale della CASA. Sì, vi comunicherò senz'altro i dati precisi relativi sia alle batterie sia agli oli usati. Dicevo, allora, che, senza arrivare alla soluzione drastica di vietare la vendita dell'olio - l'ho detto più come una provocazione che come una proposta vera e propria -, si potrebbe intervenire con una soluzione intermedia. Ma a proposito dell'olio, ricordo che nel nostro paese vi sono leggi che devono essere applicate solo per una parte mentre per l'altra vengono dimenticate.

FRANCO ASCIUTTI. Per quanto riguarda l'olio usato, si possono avere i dati sulle entrate e le uscite?

PAOLO MELFA, Segretario confederale della CASA. Sì, sono dati che ci sono forniti dal consorzio.

PRESIDENTE. Abbiamo già richiesto la documentazione in questo senso.

MANLIO COLLAVINI. Riprendo brevemente quanto ho detto poc'anzi. La società Punto verde, che è privata o a capitale misto, si occupa del recupero differenziato, per poi vendere il materiale raccolto a chi lo vorrà riciclare. Anziché pesare sul cittadino, già penalizzato da tanti balzelli, e sullo stesso commerciante, che è costretto a portare in discarica determinati materiali o a pagare le relative tasse, non si potrebbe tassare il prodotto che crea rifiuto all'origine? Potrebbe occuparsi del recupero una società privata come quella del Punto verde. Con la tassazione all'origine, non è detto che il fabbricante di un determinato prodotto debba gestire quel fondo: è una tassa che, dal momento in cui il prodotto viene immesso sul mercato, si deve pagare alla società in questione, che deve occuparsi del rifiuto determinato da quel prodotto.

GIUSEPPE DELL'AQUILA, Responsabile dell'ufficio legislativo della Confesercenti. Volevo intervenire proprio a questo proposito: il sistema CONAI rappresenta, se non proprio una tassa da parte del produttore del materiale, comunque un contributo alla fonte che il produttore del materiale di imballaggio dovrà pagare.

MANLIO COLLAVINI. Non di contributo, io sto parlando di costo.

GIUSEPPE DELL'AQUILA, Responsabile dell'ufficio legislativo della Confesercenti. Il costo per il recupero ed il riciclaggio di quella materia verrà coperto, secondo le previsioni dello statuto del CONAI, proprio con il contributo alla fonte pagato ai produttori dei materiali. Successivamente i comuni effettueranno la raccolta differenziata, i consorzi di filiera a loro volta riprenderanno le frazioni merceologiche della raccolta differenziata e con il contributo alla fonte pagato dai produttori dei materiali da imballaggio verrà coperto il costo sostenuto dai comuni. Quindi il sistema dovrebbe reggersi su se stesso, si spera solo che funzioni.

Vorrei aggiungere che la preoccupazione espressa all'inizio dall'onorevole Collavini, quando diceva che la mole dei rifiuti solidi urbani prodotti dagli esercizi commerciali non è da poco, dovrebbe essere stemperata se si pensa che i rifiuti prodotti dall'esercizio commerciale sono proprio gli imballaggi, non essendovi altri tipi di rifiuti solidi urbani prodotti dalla rete commerciale. Pertanto, una volta risolto il problema degli imballaggi con il sistema CONAI, dovrebbero rimanere poche cose; anzi, proprio perché il sistema dovrebbe essere autosufficiente, a quel punto continuare a dover corrispondere ai comuni una tassa sui rifiuti solidi urbani relativa alla superficie occupata dai locali degli esercizi commerciali appare ingiustificato. Ecco perché condividiamo la modifica legislativa che prevede la trasformazione di questa tassa o tariffa, anche se siamo scettici in ordine a questa trasformazione; d'altra parte vediamo i comuni opporsi ad essa, perché probabilmente per loro è molto più facile calcolare le entrate relative alla superficie degli esercizi commerciali piuttosto che in relazione ad una produttività tutta da misurare.

In relazione alla questione degli oli esausti, ciò che diceva il collega Melfa è vero a metà: la legge sugli autoriparatori prevede determinate regole e restrizioni per questa categoria, però il decreto legislativo n. 95 del 1992 sugli oli esausti stabilisce specificamente che anche gli esercizi commerciali che vendono l'olio nelle lattine devono mettere a disposizione dell'utente appositi raccoglitori che abbiano determinate caratteristiche (anche se il decreto che definisce queste caratteristiche è stato proprio quest'anno oggetto di una sentenza del TAR). Accade purtroppo che la grande distribuzione - non i piccoli esercizi commerciali - evade quest'obbligo perché la legge lo consente, in quanto si limita a stabilire che occorre mettere a disposizione dell'utente i raccoglitori per l'olio esausto. Il concetto di "mettere a disposizione" non è stato ben chiarito dal legislatore, pertanto può essere realizzato anche semplicemente mettendo un cartello che indichi a chi rivolgersi per lo smaltimento degli oli esausti (indicando magari uno smaltitore che si trova a 50 chilometri di distanza) invece che istituendo un servizio di raccolta presso il punto vendita. Non si verifica sempre, ma la legge lo consente. Comunque gli strumenti legislativi ci sarebbero.

MICHELE MASTROBUONO, Responsabile del settore ambiente della Confcommercio. Intervengo nuovamente nella speranza di interpretare bene la richiesta dell'onorevole Collavini. La struttura del CONAI ed il contributo del riciclaggio alla fonte riguarda tutti gli imballaggi che finiscono nelle case dei cittadini; bisogna però tener presente che per lo smaltimento degli scatoloni secondari e terziari il commerciante continuerà a pagare, con la difficoltà dovuta al fatto che non potrà più rivolgersi ai cassonetti in maniera indiscriminata come fa oggi (perché fa comodo tanto a lui quanto alla municipalizzata). Dal primo gennaio 1998, quando questo non sarà più possibile, il commerciante dove porterà questi scatoloni, la sera quando chiude il negozio, se i comuni non attivano una raccolta differenziata per secondari e terziari? Vorrei chiarire che questa comunque non ha nulla a che vedere con il CONAI, che implica un costo secco aggiuntivo, non sanzionato e difficile da far digerire alle imprese; così si ha una triplicazione dei costi: si paga la tassa sui rifiuti solidi urbani, si continuerà a pagare per lo smaltimento dei secondari e terziari e si dovrà aderire al CONAI con un aumento dei prezzi.

PRESIDENTE. Contestualmente il decreto Ronchi prevede l'obiettivo del 35 per cento di raccolta differenziata, che in parte risponderebbe a questa esigenza.

TOMMASO CAMPANILE, Responsabile del settore ambiente della CNA. Abbiamo chiesto che perlomeno nella legge finanziaria per il 1998 ci fosse una riduzione della tassa sui rifiuti solidi urbani in ragione dei costi che i commercianti devono accollarsi.

PRESIDENTE. Poiché avete avanzato osservazioni e rilievi molto puntuali, che saranno a disposizione di tutti i parlamentari per l'azione parlamentare e legislativa che intenderanno svolgere, sarà mia cura far pervenire il resoconto stenografico di questa seduta al ministro dell'ambiente affinché prenda atto di quanto è stato detto nella fase in cui si stanno ancora definendo molti aspetti della questione rifiuti.

Voglio però anche rivolgervi una raccomandazione. Qui è risuonato per diversi aspetti, ma anche in ordine alla questione dei rifiuti, il problema di pressioni esercitate nei confronti di imprenditori, artigiani, piccoli esercizi commerciali, da parte di offerenti servizi di natura sospetta. La preghiera è che ci sia non solo un controllo molto forte da parte delle vostre organizzazioni, ma anche un invito diffuso affinché quando si verificano questi casi vi sia un immediato coinvolgimento dell'autorità giudiziaria.

Parlando di presa d'atto relativamente ad alcune vostre osservazioni, voglio ricordare a voi tutti, che avete criticato alcuni appesantimenti procedurali, che però l'assenza di procedure e la mancanza di interventi certificatori secondo la nostra esperienza sono state alla base di quella sorta di far west che ha caratterizzato la gestione dei rifiuti nel nostro paese. Si tratterà quindi di trovare un equilibrio fra le diverse esigenze che vada incontro alle esigenze di uno smaltimento corretto dei rifiuti salvaguardando la tutela del territorio dell'ambiente.

Non voglio neanche sottacere la questione delle sanzioni amministrative, che possono andare da 10 a 60 milioni, che anzi mi aspettavo sarebbe stata posta in modo più forte. Anche se la Commissione annovera tra i suoi consulenti esponenti di varie forze di polizia (la Polizia di Stato, i carabinieri del NOE, la Guardia di finanza, il Corpo forestale dello Stato), non possiamo chiedere alle stesse forze di non vedere, di non prendere atto delle varie situazioni. Tra l'altro, sappiamo tutti che le vie dei ricorsi avverso questi provvedimenti di carattere amministrativo sono "calpestate" alla grande. Francamente, mi sarei aspettato una protesta anche maggiore, ma credo che implicitamente si sia tenuto conto del fatto che il contenzioso nei confronti dei provvedimenti sanzionatori ne rende problematica l'applicazione.

TOMMASO CAMPANILE, Responsabile del settore ambiente della CNA. La protesta era veemente fino a questa mattina; oggi, però, il Governo ci ha assicurato che provvederà in tempi rapidissimi alla predisposizione di un testo di modifica del decreto legislativo (il ministro Ronchi ne ha dato annuncio questa mattina), nell'ambito del quale sarà inserita la modifica del sistema sanzionatorio, non per chi danneggia l'ambiente ma per le irregolarità formali.

PRESIDENTE. Su questo aspetto possiamo essere certamente d'accordo, perché il problema è quello di non vessare chi svolge attività produttive e di diffondere una consapevolezza, più ancora che una sensibilità, che determini comportamenti corretti dal punto di vista ambientale da parte di tutti coloro che esercitano le attività che voi rappresentate.

Ringrazio i nostri ospiti per il loro contributo.

 

Comunicazioni del presidente.

PRESIDENTE. Ricordo di aver inviato una lettera ai commissari affinché facciano pervenire alla segreteria della Commissione, con la massima sollecitudine possibile, la loro disponibilità a partecipare ai lavori di uno o più dei cinque Comitati, ogruppi di lavoro, finora costituiti in seno alla Commissione, ai sensi della legge istitutiva della. Si tratta di alcuni filoni di lavoro che abbiamo già individuato, mentre altri saranno proposti nel corso di una riunione dell'ufficio di presidenza che convocherò per la prossima settimana. Chiedo pertanto a tutti i colleghi - lo ripeto - di far pervenire le loro opzioni in ordine alla partecipazione ai lavori dei Comitati già costituiti.

FRANCO ASCIUTTI. I passaggi sono due: il primo è rappresentato dalla costituzione dei Comitati, il secondo dalla scelta, da parte dei commissari, del Comitato di cui intendono far parte.

PRESIDENTE. Senatore Asciutti, sono già stati istituiti cinque Comitati, secondo quanto era stato deciso in sede di ufficio di presidenza.

FRANCO ASCIUTTI. A nome del gruppo di forza Italia, ne avevo chiesto uno, ma non è stato incluso tra quelli costituiti.

PRESIDENTE. Le darò una risposta su questo aspetto. Nel momento in cui sarà acquisita la disponibilità da parte dei colleghi, i Comitati potranno svolgere un lavoro efficace, avvalendosi dell'ottimo livello dei consulenti di cui la Commissione si è dotata.

Per quanto riguarda la richiesta che era stata avanzata dal capogruppo di forza Italia, ricordo che se ne è discusso in ufficio di presidenza e penso di poter rispondere ricordando alla Commissione che, nell'ambito della divisione del lavoro piuttosto cospicuo che ci attende, non vi è soltanto l'attività dei Comitati, ma anche le relazioni riferite alle singole aree geografiche. Al riguardo, l'ufficio di presidenza ha deciso di seguire il criterio di massima per cui le stesse relazioni saranno predisposte da un commissario non appartenente all'area indagata. Era sorto quindi un piccolo problema con riferimento alla richiesta avanzata dal gruppo di forza Italia, che però credo possa essere risolto come avrò modo di riferire personalmente al senatore Asciutti.

L'altra comunicazione che intendo rendere riguarda la missione di una delegazione della Commissione nel Lazio; poiché se ne parla ormai da tempo, credo di poter avanzare una proposta definitiva. Al riguardo, giovedì 23 ottobre 1997, alle ore 13,30, è prevista l'audizione, nella sede della Commissione, del prefetto di Roma, di alcuni magistrati interessati alla materia, nonché di rappresentanti della regione Lazio e dell'Arma dei carabinieri, al fine di acquisire un quadro della situazione del Lazio. Dall'audizione trarremo elementi di indagine e di verifica che saranno utili per i sopralluoghi che effettueremo nel territorio della stessa regione. Ricordo altresì che al termine dell'audizione è prevista la riunione dell'ufficio di presidenza integrato dai rappresentanti dei gruppi.

Avverto inoltre che una delegazione della Commissione si recherà in missione in alcune località del Lazio venerdì 24 ottobre e martedì 28 ottobre. Nella prima di queste giornate effettueremo sopralluoghi nelle province di Roma (Ardea e Pomezia), Latina e Frosinone, allo scopo di verificare da vicino e con chiarezza il problema relativo a rifiuti provenienti dal nord Italia (in alcuni casi è intervenuto il provvedimento di sequestro) che sono stati stivati in alcuni capannoni. Dovremo inoltre appurare la questione concernente gli scarti di macellazione, su cui è stata richiamata l'attenzione della Commissione con riferimento alla provincia di Latina.

Per quanto riguarda, invece, la provincia di Frosinone, si pongono altri problemi: chi ha partecipato alla missione in Campania ed ha seguito l'audizione di collaboratori di giustizia che abbiamo svolto recentemente si renderà conto del tipo di sopralluoghi che potremo effettuare. Sempre nella provincia di Frosinone, visiteremo probabilmente anche l'impianto di Colle Felice, per verificare le tecnologie con cui vengono trattati i rifiuti.

Nella giornata di martedì 28 ottobre i sopralluoghi saranno effettuati nella provincia di Roma, rivolgendo particolare attenzione alla questione della SNIA di Colleferro.

Questo è il programma di massima dei sopralluoghi; se però i colleghi intendono avanzare proposte o suggerimenti, li invito a farli pervenire in tempo utile alla segreteria della Commissione, al fine di agevolare gli adempimenti necessari per lo svolgimento dei sopralluoghi.

Se non vi sono obiezioni, rimane così stabilito.

(Così rimane stabilito).

Avverto infine che la Commissione procederà domani, giovedì 16 ottobre 1997, alle ore 12,30, all'audizione dei rappresentanti di Italia nostra, Legambiente, Greenpeace, WWF, Fare verde e Ambiente e/è vita.

La seduta termina alle 19,15.

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