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CAMERA DEI DEPUTATI - SENATO DELLA REPUBBLICA

COMMISSIONE PARLAMENTARE D'INCHIESTA

SUL CICLO DEI RIFIUTI E SULLE ATTIVITA'

ILLECITE AD ESSO CONNESSE

33.

SEDUTA DI MERCOLEDI' 18 MARZO 1998

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE FRANCO GERARDINI

INDI DEL PRESIDENTE MASSIMO SCALIA

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori. *

Audizione del dottor Miller Ussani, direttore generale della Protex Spa, dell'ingegner Massimo Ghezzi, direttore tecnico della Tecnologie industriali Spa, e dell'ingegner Franco Sensi, direttore generale dell'AMA di Roma. *

Audizione del procuratore della Repubblica di Cassino e del sostituto procuratore della Repubblica presso la pretura circondariale di Frosinone. *

Comunicazioni del Presidente. *

 

La seduta comincia alle 12.

(La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).

 

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Se non vi sono obiezioni, rimane stabilito che la pubblicità della seduta sia assicurata anche attraverso impianti audiovisivi a circuito chiuso.

(Così rimane stabilito).

 

Audizione del dottor Miller Ussani, direttore generale della Protex Spa, dell'ingegner Massimo Ghezzi, direttore tecnico della Tecnologie industriali Spa, e dell'ingegner Franco Sensi, direttore generale dell'AMA di Roma.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione del dottor Miller Ussani, direttore generale della Protex Spa, dell'ingegner Massimo Ghezzi, direttore tecnico della Tecnologie industriali Spa, e dell'ingegner Franco Sensi, direttore generale dell'AMA di Roma.

Mi scuso innanzitutto per il ritardo con cui iniziamo i nostri lavori a causa della concomitanza dei lavori dell'Assemblea della Camera e ringrazio il dotto Ussani, il professor Gerelli, l'ingegner Ghezzi e l'ingegner Sensi per la loro presenza, nonché il senatore Specchia per la sua collaborazione.

Prima di iniziare l'audizione vorrei brevemente informarvi che la Commissione ha insediato alcuni gruppi di lavoro con diverse competenze e finalità. Uno dei gruppi, che ho l'onore di presiedere, si sta occupando dell'impatto del decreto legislativo n. 22 del 1997 sui sistemi di impresa, cercando di indicarne i punti critici di applicazione, di individuare le esigenze per garantire un sistema industriale nella gestione dei rifiuti e di conoscere una serie di esperienze per quanto riguarda l'innovazione dei processi di produzione.

Da questa audizione ci attendiamo informazioni sia per quanto riguarda alcune esperienze nel campo del delicatissimo settore delle bonifiche, sia per quanto riguarda l'applicazione di norme innovative nella gestione dei rifiuti - a cominciare dalla trasformazione della tassa in tariffa -, su cui numerose aziende specialiste del settore si stanno cimentando con forme di sperimentazione.

Vi chiedo pertanto di essere sintetici nella vostra esposizione per ovvie ragioni di tempo e di soffermarvi sulle tematiche che ho riassunto, che rappresentano le finalità del gruppo di lavoro e della Commissione.

MASSIMO GHEZZI, Direttore tecnico della Tecnologie industriali Spa. La nostra società si occupa prevalentemente di bonifiche dall'amianto sia nel settore civile, sia in quello industriale. Svolgiamo anche la nostra attività nel campo della decontaminazione dei materiali ferroviari ed in passato abbiamo fatto interventi analoghi anche su alcune navi.

Dal punto di vista delle bonifiche ambientali l'attuale legislazione è in linea con quella europea; abbiamo un'altra società in Francia, infatti, che si occupa dello stesso tipo di attività. Salva quindi la difficoltà di coordinamento con le varie realtà locali che possono essere difficili da contattare perché manca un ente unico cui fare riferimento, non vi sono problematiche difficili da gestire sotto il profilo normativo.

Per quel che riguarda la gestione dei rifiuti nelle bonifiche degli edifici e delle aree, il problema più rilevante riguarda le discariche. In Italia, in pratica, vi è attualmente una sola discarica, quella di Baricalla, che potrebbe ricevere i rifiuti, ma che ha al momento grosse difficoltà a consentire l'accesso da regioni che non siano il Piemonte. Questo comporta ovviamente la difficoltà di gestire i rifiuti nei termini previsti dal decreto. Non avendo infatti la possibilità di accedere alla discarica nei tempi corretti (cioè dopo aver finito un lavoro ed aver raccolto i metri cubi previsti dal decreto) o si fermano i lavori - con tutte le problematiche conseguenti per un lavoro così delicato, che non può essere interrotto quando si vuole - o la gestione diventa davvero difficile. L'interpretazione definitiva secondo la quale 10 metri cubi complessivi rappresentano la quantità massima di rifiuti da portare in discarica a seguito di una bonifica rappresenta un altro vincolo difficile da fronteggiare. La precedente interpretazione del decreto era più estensiva sotto questo aspetto. Si consentiva infatti che il quantitativo di rifiuti eccedente i 10 metri cubi fosse portato via nell'arco di due mesi; con l'interpretazione attuale teoricamente non si possono superare comunque i 10 metri cubi di stoccaggio, di accumulo temporaneo.

Come ho già detto, quello delle discariche è un discorso delicatissimo. Contrariamente infatti a quello che dovrebbe essere il pieno delle discariche, non esistono discariche autorizzate a ricevere amianto oltre i 10 mila PPM nelle varie regioni. L'inertizzazione dell'amianto in Italia non è stata ancora definita da un punto di vista normativo e quindi non si può neppure ricorrere a questo sistema. All'estero si tenta di stipulare convenzioni (con la Germania o con la Francia) laddove si applica il sistema dell'inertizzazione ed esistono discariche (come in Francia) che accettano i rifiuti. Anche in questo caso esistono tuttavia difficoltà notevolissime perché si tratta di rifiuti che teoricamente potrebbero essere gestiti sul suolo italiano.

Un'altra problematica è quella delle aree dismesse. In questo caso i problemi non riguardano solo l'amianto ma una serie di rifiuti che possono essere presenti e che presentano le stesse difficoltà di trattamento. Per quel che riguarda la definizione di rifiuti pericolosi e non pericolosi la nuova legislazione ha precisato a sufficienza la distinzione; pertanto, anche le difficoltà che potevano esservi nella stesura precedente dovrebbero essere state superate. Vi è ovviamente ancora qualche punto che necessita delle opportune precisazioni. Quando si parla infatti di imballaggi, per esempio, va ricordato che non è stato definito il quantitativo o l'etichettatura ed all'atto pratico non si sa come gestire la questione, mancando il parametro di riferimento pur in presenza della norma. Se non si definiscono anche i parametri non si può infatti applicare la norma.

PRESIDENTE. Mi scusi, lei ha parlato prima di una società in Francia. Come si chiama?

MASSIMO GHEZZI, Direttore tecnico della Tecnologie industriali Spa. Si chiama anch'essa Tecnologie industriali.

PRESIDENTE. Da quali aziende italiane avete ritirato rifiuti da smaltire in Francia?

MASSIMO GHEZZI, Direttore tecnico della Tecnologie industriali Spa. Il tentativo che si potrebbe fare per superare il problema della presenza di una sola discarica in Italia che accetti il conferimento dei rifiuti sarebbe quello di stipulare accordi con imprese francesi dove inertizzano l'amianto con il forno al plasma o con discariche di categoria C1 francesi che accettano l'amianto in discarica. Lo stesso discorso può essere fatto a proposito della Germania dove è prevista l'inertizzazione dell'amianto con cemento o altri strumenti. Poiché in quei paesi la legislazione già consente questo tipo di attività una strada che potrebbe essere perseguita è quella che ho espresso; la situazione infatti è attualmente veramente grave dal punto di vista della gestione per le imprese che operano nel settore. Non vi è peraltro la certezza di poter operare attraverso questi canali perché vi è la difficoltà di portare prodotti tossico-nocivi; si incontrano infatti le resistenze del paese ricevente e non esiste una normativa chiara che consenta una soluzione del genere. Pertanto, o in Italia si definisce l'inertizzazione dell'amianto in un contesto legislativo che consenta di operare, oppure è necessario disporre di altre discariche nelle quali poter far confluire i rifiuti. I rifiuti vanno eliminati perché il cliente ha l'obbligo di procedere in tal senso; una volta tolti, però, il decreto stabilisce che non si possano depositare più di 10 metri cubi di rifiuti e d'altro canto non c'è una discarica che possa riceverli: un circolo vizioso.

PRESIDENTE. Noi cerchiamo di capire quali siano le metodologie di trattamento, le forme di smaltimento. Vorremmo capire come avete superato il problema di cui parlava, ossia che una volta rimosso il rifiuto, non può essere né stoccato né inertizzato.

MASSIMO GHEZZI, Direttore tecnico della Tecnologie industriali Spa. Allo stato attuale, no.

PRESIDENTE. Vorrei capire come sia possibile rimuovere un ostacolo di questo tipo. D'altra parte mi pare si tratti di una norma di cui all'articolo 6 del DPR del 1984.

Vi è poi un'altra informazione che potrebbe rappresentare un suo utile contributo per i lavori della Commissione. Quale metodo utilizzato per stabilire il numero di fibre per quanto riguarda manufatti come l'eternit? Inoltre, poiché operate anche in Francia, vorrei sapere se ha qualche informazione in merito ad un altro dato. Lei sa che l'ENEL smaltisce l'amianto anche in Francia. Conosce eventuali siti di cui si serva l'ENEL?

MASSIMO GHEZZI, Direttore tecnico della Tecnologie industriali Spa. In Francia la normativa è molto più semplice rispetto alla nostra. Esistono discariche di varie tipologie, come in Italia (mi pare si chiamino C1 e C2), ma tanto per fare un esempio per quanto riguarda l'eternit non esiste una problematica poiché viene considerato già inertizzato e quindi smaltito in una normale discarica per detriti (quella che in Italia è una discarica di tipo A). Per quanto riguarda invece l'amianto al di sopra dei 10 mila PPM, o comunque dell'amianto friabile, esiste la discarica di tipo C che consente il deposito dei rifiuti a costi, oltretutto, estremamente contenuti. Se non sbaglio infatti il costo in Francia dovrebbe essere di circa 3 mila franchi al metro cubo, ossia circa la metà di quello che è il costo in Italia.

PRESIDENTE. Su questi aspetti tecnico-economici potrà magari farci avere una memoria scritta.

MASSIMO GHEZZI, Direttore tecnico della Tecnologie industriali Spa. D'accordo. In Francia esiste il forno al plasma della EDF; se il committente o l'ente pubblico è disposto a pagare questo servizio, che costa intorno alle 2 mila lire al chilogrammo, l'impresa deve adeguarsi e nel capitolato è inserito l'obbligo di conferire il materiale alla inertizzazione. In Francia non vi è il vincolo dei metri cubi stoccabili in attesa di inviare i rifiuti alla discarica o all'inertizzazione; il limite è rappresentato soltanto dallo spazio disponibile per stoccare in sicurezza il rifiuto.

PRESIDENTE. Dunque, più è grande lo spazio, più è stoccabile l'amianto.

MASSIMO GHEZZI, Direttore tecnico della Tecnologie industriali Spa. C'è il vincolo fissato dalla società di ingegneria che ha realizzato il progetto; in genere lo stoccaggio corrisponde al carico di uno o due camion, cioè il quantitativo da inviare in discarica. Non vi è alcun problema legato ai tempi, nel senso che una volta fatta la richiesta per telefono nel giro di uno o due giorni al massimo viene consentito l'accesso, mentre in Italia non si sa mai quando verrà dato l'accesso. Non interessano i sistemi di stoccaggio eccessivi - che sono costosi sotto il profilo della manutenzione, della gestione, del controllo - se si può portar via i rifiuti con tempi e modi più convenienti. Dal punto di vista economico è conveniente muoversi in presenza di un carico completo.

Nel nostro paese esistono gli stoccaggi provvisori autorizzati attraverso i quali si transita se non si può accedere direttamente alla discarica di Barricalla. Lo stoccaggio ha oneri rilevanti e non sempre ha disponibilità, perché più di un certo quantitativo di metri cubi non possono essere sistemati. Inoltre, non è detto che gli stoccaggi siano situati in prossimità della discarica e, di conseguenza, deve essere sopportato un doppio costo di trasporto con i rischi relativi che ciò implica. Più un rifiuto viene trasportato, più i rischi aumentano. Logico sarebbe avere discariche accessibili in zone non eccessivamente distanti dalle aree di produzione del rifiuto medesimo; un'altra soluzione potrebbe essere quella di recepire la direttiva sulla inertizzazione del prodotto. Il fattore costo è relativo, perché nel momento in cui si decide che il forno al plasma è la soluzione ideale, si stabiliscono i relativi prezzi; che questa sia una soluzione più o meno "interessante" - lo dico tra virgolette - è un altro discorso, tuttavia dal punto di vista logico la soluzione dell'inertizzazione o del forno al plasma risolverebbe il problema alla radice.

PRESIDENTE. Avete elaborato un'ipotesi circa la dimensione del fenomeno e l'attività di bonifica dell'amianto in Italia?

MASSIMO GHEZZI, Direttore tecnico della Tecnologie industriali Spa. Stando alle notizie acquisite, dato che è difficile avere parametri corretti, la rimozione dell'amianto floccato è a buon punto su quasi tutto il territorio. Continuando con questo trend dovremmo lavorare ancora per quattro o cinque anni.

Per quanto riguarda l'eternit, secondo le stime ve ne sarebbe ancora un miliardo 700 milioni di metri quadrati a spasso sul territorio; le dimensioni e i rischi potenziali sono diversi perché siamo in presenza di materiali incapaci di diffondersi a differenza dell'amianto friabile. Certo se il materiale è degradato il rischio è estremamente elevato.

PRESIDENTE. Scusi, quanto tempo impiega Barricalla per l'omologa della società?

MASSIMO GHEZZI, Direttore tecnico della Tecnologie industriali Spa. Una quindicina di giorni.

PRESIDENTE. Do la parola al dottor Ussani, direttore generale della Protex Spa.

MILLER USSANI, Direttore generale della Protex Spa. Da diversi anni la mia azienda, al pari della Tecnologie industriali Spa, si occupa della bonifica dell'amianto sia nel settore civile, sia in quello industriale, e dei rifiuti radioattivi. Relativamente alla bonifica dell'amianto siano concorrenti sul mercato ed abbiamo effettuato lavori in collaborazione.

Prima di parlare della gestione dei rifiuti di amianto, qualche considerazione sulla tipologia dei rifiuti. Il rifiuto di amianto è costituito dai manufatti in cemento-amianto, che hanno una notevole consistenza sotto il profilo del volume e del peso e nel passato sono stati utilizzati per le coperture, e dall'amianto friabile utilizzato per le coibentazioni nel settore civile ed in quello industriale. Con il decreto del Presidente della Repubblica n. 616 è stata determinata una suddivisione dell'amianto friabile, ossia amianto con fibre libere al di sotto di 10 mila parti per milione e quello con fibre libere al di sopra delle 10 mila parti per milione. L'amianto con fibre libere al di sotto delle 10 mila parti per milione poteva e può essere collocato in discariche di categoria inferiore.

Le discariche sono di quattro categorie: la discarica di seconda categoria tipo A riguarda gli inerti; quella di seconda categoria di tipo B è destinata ai rifiuti cosiddetti speciali e può accogliere rifiuti di amianto con concentrazioni inferiori alle 10 mila parti per milione; la discarica di seconda categoria di tipo C che può accogliere l'amianto in fibra libera al di sopra delle 10 mila parti per milione. Oltre alla già citata discarica di Barricalla in Piemonte, che è di seconda categoria tipo C, esistono la discarica di Ravenna che è dell'AREA - ossia dell'azienda municipalizzata - ed accoglie rifiuti provenienti esclusivamente dall'ambito regionale e la Coniv di Vasto, in provincia di Chieti, che è di seconda categoria tipo C. Fino alla fine dell'anno scorso ha accolto amianto una discarica di seconda categoria tipo B, cosiddetta super, situata a Cervesina in provincia di Pavia che è dell'Eco Lombardia. Dunque le possibilità di collocare l'amianto sono state ampie almeno fino alla fine dell'anno scorso.

PRESIDENTE. La gestione di queste discariche è privata oppure pubblica?

MILLER USSANI, Direttore generale della Protex Spa. La discarica di Ravenna è pubblica perché è dell'azienda municipalizzata; la Coniv di Vasto è un consorzio pubblico-privato per quanto ne so; la Eco Lombardia è privata, è della Eco Deco, cioè una impresa sufficientemente nota. C'è anche una realtà in Sicilia in cui viene consentita l'inertizzazione dell'amianto nei forni.

PRESIDENTE. In Sicilia c'è un impianto?

MILLER USSANI, Direttore generale della Protex Spa. E' un sistema di trattamento, sostanzialmente è una cementificazione. E' una discarica di seconda categoria tipo B dove si fa il trattamento dell'amianto in loco.

PRESIDENTE. Conoscete la località precisa?

MILLER USSANI, Direttore generale della Protex Spa. Augusta in provincia di Siracusa.

Per le coperture in cemento-amianto sono disponibili diverse discariche capaci di accogliere questi manufatti. Essi possono essere accolti anche nelle discariche di seconda categoria tipo A (cioè quelle per gli inerti) con particolari prescrizioni tecniche, nel senso che i manufatti debbono essere confezionati e trattati specificatamente; anche nella collocazione devono essere osservate determinate regole - indicate negli atti autorizzativi - come l'immediata copertura, ciò che rende queste discariche simili a quelle di seconda categoria tipo B.

PRESIDENTE. Sappiamo che siete risultati aggiudicatari di un appalto indetto dalle ferrovie dello Stato.

MILLER USSANI, Direttore generale della Protex Spa. La vera aggiudicataria è, ahi noi, la società Tecnologie industriali.

PRESIDENTE. Vorremmo conoscere alcuni aspetti dell'appalto, come le metodologie e le norme tecniche.

MILLER USSANI, Direttore generale della Protex Spa. Dirò qualcosa dal momento che anche noi siamo coinvolti nell'appalto. In provincia di Ferrara a Migliaro esisteva un'area industriale dismessa, un ex zuccherificio, che aveva necessità di essere bonificata. La nostra società è affidataria dei lavori di bonifica dell'area dove peraltro da anni sono presenti rifiuti contenenti amianto, cioè le vecchie coibentazioni, le tubazioni, le caldaie, eccetera.

PRESIDENTE. La bonifica è stata finanziata da un ente pubblico?

MILLER USSANI, Direttore generale della Protex Spa. L'area è di proprietà di una società privata, la SFIR, che è uno dei maggiori produttori di zucchero in Italia. Ripeto, a noi sono stati affidati i lavori di bonifica; utilizzando immobili e strutture presenti sull'area si consente - in accordo con gli enti e le amministrazioni locali - l'installazione di un impianto per la scoibentazione dei rotabili ferroviari, realizzato dalla società Tecnologie industriali.

PRESIDENTE. L'accordo è stato fatto con il comune oppure con un ente locale tipo provincia e regione?

MILLER USSANI, Direttore generale della Protex Spa. Il lavoro di bonifica ci è stato affidato dalla proprietaria a seguito della stipulazione di un contratto privato; l'accordo riguardante l'installazione dell'impianto ha natura pubblica perché ha coinvolto il comune, la provincia, la USL, l'ARPA ed altri enti preposti. Sono stati concessi due anni per l'esecuzione della bonifica e tre per l'esercizio dell'impianto. Si è voluta avere la certezza dello svolgimento di lavori di bonifica dell'area, che in gran parte sono stati già realizzati, e contestualmente è stata installata un'attività di scoibentazione. Noi gestiamo per conto loro lo smaltimento dei rifiuti di amianto: è per questo che segnalavo la presenza della discarica di Ravenna che ha accolto i rifiuti provenienti dell'attività di scoibentazione dei rotabili ferroviari.

PRESIDENTE. E' possibile avere qualche informazione sui costi?

MILLER USSANI, Direttore generale della Protex Spa. Innanzitutto, due parole sulla confezione dei rifiuti. Il cemento-amianto viene incapsulato, cioè trattato con prodotti che aggregano e fissano la possibilità di risospensione delle fibre di amianto, messo poi su bancali, politenato - ossia coperto con teli di plastica - e collocato in discarica. I prezzi di collocazione in discarica oscillano, a seconda delle varie zone d'Italia, dalle 100 alle 250 lire al chilogrammo.

PRESIDENTE. Che cosa influisce sulla lievitazione dei costi per quanto riguarda la bonifica?

MILLER USSANI, Direttore generale della Protex Spa. La disponibilità di alternative in loco, la concorrenza e via dicendo; al nord ci sono molte più discariche e quindi molte più possibilità rispetto al sud, dunque, vi è una calmierazione del mercato. Al sud, dove vi sono molte meno discariche, i prezzi sono più elevati; per il trasporto di rifiuti di cemento-amianto dal sud al nord si devono sopportare costi di trasporto piuttosto elevati che rendono comparabili i prezzi tra una discarica e l'altra.

Il bilanciamento tra oneri di effettivo collocamento del rifiuto e costi di trasporto è più o meno lo stesso.

L'amianto pericoloso o tossico-nocivo viene confezionato in doppi sacchi di politene inseriti a loro volta nei cosiddetti big bag, cioè sacconi di un metro cubo di volume, trasportati e collocati in discarica. In genere, il prezzo richiesto dalla discarica è a volume, ovvero a metri quadri o a sacconi, perché viene occupata una parte della discarica, indipendentemente dal peso del materiale. Il prezzo al metro cubo ha un range tra le 500 mila lire e il milione; la differenziazione dei costi dipende da tanti parametri, tra cui il tipo di rapporto commerciale. Un'azienda ha un diverso potere contrattuale, e quindi può ottenere prezzi diversi, a seconda che produca 10 metri cubi o 10 mila metri cubi di rifiuti. Comunque le cifre sono circa quelle che ho esposto.

A questi costi vanno aggiunti quelli di trasporto, per i quali è abbastanza semplice definire un ordine di grandezza, poiché vi sono parametri fissi. Ogni carico porta circa 25 metri cubi di amianto (25 big bag) e costa tra il milione e mezzo e 2 milioni di lire; la differenza dipende, ad esempio, dal luogo in cui viene prodotto il rifiuto: se è al sud, visto che le discariche sono al nord, il costo può anche raddoppiare.

PRESIDENTE. Avete fatto riferimento alla Sicilia, dove verrebbe attuato un processo di inertizzazione. Esiste una legge particolare in proposito?

MILLER USSANI, Direttore generale della Protex Spa. E' una legge regionale.

Come diceva l'ingegner Ghezzi, l'attuale normativa non disciplina i sistemi di trattamento, che sono in fase avanzata di definizione. Si stanno infatti prevedendo sostanzialmente due tipi di trattamento; il primo è quello chimico-fisico, ad esempio con uso di temperatura, che tende a modificare la natura dell'amianto trasformandolo in altra sostanza che non ha più le stesse caratteristiche di pericolosità; c'è poi il trattamento di inertizzazione, che tende ad inglobare l'amianto in matrici solide in modo da avere indici di rilascio e quindi di pericolosità molto inferiori.

PRESIDENTE. A conclusione di questi primi interventi, desidero innanzitutto dire ai nostri ospiti che la Commissione sarà lieta di ricevere ulteriore documentazione scritta che consenta di individuare alcuni problemi di applicazione dell'attuale normativa, con l'auspicio di giungere all'approvazione di un quadro di riferimento normativo più organico.

MILLER USSANI, Direttore generale della Protex Spa. Vorrei rispondere alla domanda che era stata posta in ordine agli stoccaggi dei rifiuti nei cantieri.

Un altro sistema operativo che in qualche modo oggi si è costretti ad adottare è quello di rimuovere l'amianto, definire le pratiche con la discarica e quindi, in quel periodo di tempo, tenere i rifiuti all'interno della zona confinata dove gli stessi vengono prodotti, per farli uscire soltanto nel momento in cui si è ottenuta l'autorizzazione allo smaltimento. E' una procedura che dal punto di vista operativo complica molto i lavori di cantiere e ovviamente fa aumentare i costi.

PRESIDENTE. Sarebbe interessante conoscere gli aspetti organizzativi dell'appalto con le Ferrovie dello Stato.

MASSIMO GHEZZI, Direttore tecnico della Tecnologie industriali Spa. La Tecnologie industriali ha iniziato quest'attività nel 1990, in un impianto situato a San Giorgio delle Pertiche, dove c'era un'officina di grandi riparazioni di un privato di cui non ricordo il nome. Poiché durante le riparazioni spesso ci si trova di fronte alla presenza di amianto, ne derivava l'obbligo posto dalle Ferrovie dello Stato a carico del riparatore di attrezzare una zona a norma di legge per questo tipo di intervento. Avevamo iniziato quest'attività a bordo delle carrozze; lo stabilimento esiste tutt'ora ed ancora operiamo in base ad un appalto.

Nel 1993, se non sbaglio, è stato assegnato un appalto europeo per la bonifica delle carrozze ferroviarie, al seguito dell'obbligo per le ferrovie di eseguire questo tipo di intervento. In Italia esistevano un certo numero di impianti (Magliola, Avis, Fervet, quello di Cittadella) legati alla riparazione delle carrozze. Tutte queste società hanno partecipato al bando europeo di riqualificazione. Potevano partecipare soltanto le imprese che avevano un impianto funzionante e omologato dalle USL o dagli enti di contratto e per il quale le Ferrovie dello Stato avevano dato la qualificazione per la bonifica di un certo numero di carrozze nell'ambito dell'anno. Hanno partecipato a questa gara anche società estere, spagnole e tedesche se non ricordo male.

Pertanto, avendo già questa attività in corso, avevamo cercato un'altra zona dove poter ubicare un impianto di dimensioni che comportassero costi di gestione più contenuti. I prezzi proposti dalle Ferrovie erano infatti abbastanza bassi per quei tipi di impianti esistenti e finalizzati ad altra attività. La remunerazione dell'attività di bonifica in un impianto di un certo tipo non consentiva di poter essere competitivi per quest'altro tipo di attività, finalizzata solo alla bonifica dei vagoni ferroviari.

Abbiamo girato tutta l'Italia per cercare un sito idoneo, per il quale era necessario un raccordo ferroviario, spazi sufficienti, la lontananza da zone abitate e caratteristiche di superficie adatte per ricevere le carrozze. Ne abbiamo individuati due o tre e poi, proprio nel corso della bonifica di uno zuccherificio, mi era sembrato che la tipologia degli edifici e la struttura fossero idonee, senza la necessità di investimenti colossali. Questo è infatti un punto al quale fare attenzione, perché l'attività è limitata nel tempo e quindi l'investimento deve essere recuperato nell'ambito della durata del contratto.

Abbiamo chiesto alle varie società che potevano disporre di queste aree se fossero interessate ad affidarci per un certo numero di anni questi impianti; avevamo saputo che stavano per chiudere un accordo con la SFIR. Ho chiesto se potevano verificare la disponibilità della SFIR ad affidarci questo tipo di impianti e la società, dopo qualche mese di riflessione, visto che non aveva una destinazione immediata dell'area, ha consentito. Abbiamo chiesto alle autorità locali, sostanzialmente al sindaco, se esistessero obiezioni dal punto di vista urbanistico ovvero altri vincoli che impedivano questo tipo di insediamento; abbiamo avuto una risposta positiva ed abbiamo presentato alla USL un piano di lavoro che seguiva le modalità di intervento effettuate nell'altro stabilimento. La USL ha espresso parere favorevole sul tipo di impianto che si voleva istituire e conseguentemente abbiamo presentato il progetto al comune ed avviato le pratiche regionali con i vari enti.

Tenuto conto del tipo di attività che si andava a svolgere, abbiamo creato un tipo di impianto che oggi viene considerato da tutti gli altri paesi europei il più all'avanguardia. Sono venuti a visitarlo da vari paesi, dalla Francia e dalla Germania, proprio perché il problema non esiste solo in Italia; gli unici che lo hanno risolto completamente sono gli inglesi e gli svizzeri, mentre la Germania è in fase finale ed uno dei loro impianti ha partecipato anche alla gara europea.

Fino a questo punto il rischio era tutto a carico nostro, nel senso che le Ferrovie non chiamano alla trattativa per l'affidamento di un lotto di carrozze fino a che l'impianto non abbia ricevuto l'autorizzazione degli enti e sia stato omologato dai loro tecnici. Quando abbiamo concluso l'iter, abbiamo fatto richiesta alle Ferrovie per l'inserimento di questo impianto nell'appalto in corso di espletamento. Abbiamo chiesto una qualifica per più di 400 carrozze all'anno e ci è stata data una qualifica per 300; hanno cioè affidato all'impianto un contratto pari a 600 carrozze da eseguirsi in due anni.

PRESIDENTE. Sostanzialmente, di quanti metri cubi si tratta?

MASSIMO GHEZZI, Direttore tecnico della Tecnologie industriali Spa. Diciamo che, ad esempio ogni sei mesi, le Ferrovie chiedono le disponibilità e, se è concluso il contratto precedente, invitano alla trattativa per la suddivisione del lotto successivo.

PRESIDENTE. Le Ferrovie svolgono controlli?

MASSIMO GHEZZI, Direttore tecnico della Tecnologie industriali Spa. Sono "fisse"!

PRESIDENTE. E' un dato che ci fa piacere.

MASSIMO GHEZZI, Direttore tecnico della Tecnologie industriali Spa. Il contratto con le Ferrovie è molto vincolante e rigido. Quello che è più pesante è però il controllo ispettivo dei vari enti. Ogni giorno abbiamo una visita della USL e della medicina del lavoro; la commissione del Ministero dell'ambiente per il controllo, i carabinieri, tutti gli enti italiani sono passati almeno una volta per l'impianto.

PRESIDENTE. Ci sta illustrando una realtà in controtendenza.

MASSIMO GHEZZI, Direttore tecnico della Tecnologie industriali Spa. Ci sono state forti sollecitazioni da parte di minoranze locali che hanno evidentemente motivi di interesse politico di parte a sollevare determinate questioni. Greenpeace ha fatto il diavolo a quattro e noi li abbiamo denunciati, chiedendo che ritrattassero; hanno dovuto dire di essersi sbagliati. Questo per dimostrare il livello della tensione che c'è stata.

Da questo punto di vista, gli impianti, non solo il nostro, sono controllati dalle Ferrovie come contrattualmente previsto (un collaudatore delle Ferrovie è sempre presente per tutti i controlli di merito, anche se non contrattualmente obbligatori). C'è un'estrema attenzione da parte delle istituzioni, tendente a verificare che non ci siano rischi né per la popolazione né per gli operatori. Sono appalti ai quali tutti coloro che hanno gli impianti possono accedere, basta che l'impianto stesso sia stato approvato quanto a parametri di sicurezza e di tranquillità di gestione, non solo dalle USL ma anche dalle Ferrovie dello Stato.

GIUSEPPE SPECCHIA. Il dottor Ghezzi ha sottolineato le difficoltà derivanti dall'applicazione della normativa. Nella documentazione che gli ospiti vorranno inviare sarebbe interessante conoscere quali siano, dal loro punto di vista, le difficoltà derivanti dall'applicazione dell'attuale normativa e quali le modifiche per renderla più agevole.

MASSIMO GHEZZI, Direttore tecnico della Tecnologie industriali Spa. Mi è stata posta una domanda alla quale non ho risposto, relativa alle innovazioni che stiamo apportando.

Poiché l'amianto non può essere inertizzato, stiamo avviando un sistema di compressione in modo da ridurne il volume. Abbiamo risolto alcune difficoltà operative, che impedivano di attuare questo intervento, e sicuramente questo processo comporterà vantaggi perché si occuperanno spazi minori nelle discariche.

PRESIDENTE. Do ora la parola al dottor Franco Sensi, direttore generale dell'AMA di Roma, al quale chiedo come un'azienda così importante stia affrontando la trasformazione, se vogliamo epocale, della tassazione della gestione dei rifiuti, cioè il passaggio, previsto dal cosiddetto decreto Ronchi, dalla tassa alla tariffa. Vorremmo sapere se i tempi siano sufficienti, se la normativa sia sufficientemente chiara e se il decreto attuativo che si sta approntando debba contenere specifiche scelte. L'opinione di una grande azienda come la vostra è senz'altro importante.

FRANCO SENSI, Direttore generale dell'AMA di Roma. Faccio osservare che l'attività svolta dall'AMA in merito al tema tassa-tariffa deve essere collocata nell'ambito di quella più vasta realizzata nell'ambito della federazione di appartenenza, della Federambiente. L'AMA ha inteso elaborare delle proposte, svolgerle nell'ambito della sua federazione, cercando di portare avanti un discorso unificato soprattutto con le altre aziende; le idee potevano essere diverse, si è cercato di conciliare le esigenze di tutti.

In merito a questo discorso della tariffa, l'aspetto che ha creato maggiori problemi soprattutto ai grandi gestori consisteva nel capire bene se fosse possibile arrivare con facilità ad un metodo abbastanza semplice di misurazione del rifiuto. La questione è sembrata fin dall'inizio piuttosto complessa. Ipotizzare la pesatura di tutti i rifiuti giornalmente conferiti dai cittadini secondo un modello analogo a quello dell'ENEL e dei sistemi facilmente misurabili - tali sono tutti quelli di consegna: l'acqua, l'energia elettrica si misura con il contatore - risulta più difficile, così come in tutti i sistemi di riconsegna (per la stessa acqua di fogna riconsegnata, le stesse correnti che vanno a terra si ha un valore indicativo). Il rifiuto potrebbe essere pesato, anche se il problema, soprattutto quando si tratta di grandi città, è apparso subito di difficile soluzione.

Nel corso delle varie riunioni tenute su questa materia nell'ambito della Federambiente si era giunti ad immaginare per la tariffa una formula binomia di riferimento abbastanza precisa. Bisogna sempre considerare che nella tariffa vanno immessi anche i servizi paralleli alla semplice raccolta, come per esempio lo spazzamento, che non si può pensare di ripartire o di misurare. La tariffa binomia considerava una prima parte la quale teneva conto dei costi fissi (di spazzamento più quelli di gestione, ipotizzando di poter impiantare comunque un sistema di raccolta e di fare una raccolta pari a zero) ed una seconda parte che faceva riferimento al peso. Si pensava, almeno in una fase iniziale, che questo peso potesse essere misurato con un doppio sistema. Nelle città dove era possibile individuare in maniera abbastanza definita il contenitore e la proprietà dello stesso - per esempio un edificio - si poteva misurare questo rifiuto direttamente attraverso la pesatura del cassonetto. Questo discorso poteva però riguardare soltanto i contenitori condominiali la cui proprietà è definita, per cui veniva preso, pesato e riportato all'utenza; era più facilmente acquisibile in città di piccola o media dimensione. Nei grandi centri, dove la proprietà dei cassonetti o dei contenitori, anche per ragioni di spazio, è difficilmente attribuibile in quanto normalmente vengono disposti sulla strada per cui vi possono far riferimento in linea teorica tutti i cittadini, il discorso diventava più complesso. Si pensava quindi di procedere in questi casi su un modello non diverso da quello delineato dalla legge precedente n. 507, la quale ricorreva a sistemi statistici con cui individuare la produzione nelle località con riferimento alle varie tipologie, diversificando, per esempio, quanto produce un'abitazione ubicata in un quartiere centrale da quanto produce un'abitazione collocata in un quartiere periferico. Si tratterebbe di individuare circoscrizione per circoscrizione le produzioni, dividendole anche in relazione alla superficie e al numero degli abitanti. Naturalmente questo valeva anche per le diverse tipologie di negozi, cercando di non rendere i vari produttori (dagli alimentari ai prodotti di natura commerciale) troppo differenti tra loro.

Questa era stata la proposta che Federambiente aveva portato ultimamente in discussione al Ministero dell'ambiente. Dalle ultime notizie che mi sono pervenute, sembra che le date abbastanza prossime impongano soluzioni un po' più rapide. Eravamo convinti che la definizione delle varie produzioni per attività e per abitazioni fosse stata attuata in tutte le città d'Italia; in realtà, se era stata svolta nei centri medi e grandi dove questa attività viene gestita dalle aziende, ciò non si era verificato laddove il servizio viene gestito in economia da parte dei comuni, creando qualche problema.

So che, almeno in prima istanza, il Ministero dell'ambiente si vorrebbe muovere in maniera sperimentale, creando quasi un'analogia nell'ambito del discorso tariffa-tassa, vorrebbe procedere attraverso varie sperimentazioni per arrivare a regime in un certo lasso di tempo, che a mio giudizio non è brevissimo; penso che saranno necessari tra i due e i tre anni.

PRESIDENTE. Sulla scorta di quanto lei diceva, dovendo considerare anche i costi di spazzamento e via dicendo, ritiene che con l'applicazione di un sistema di tariffazione si può ipotizzare un aumento della pressione fiscale nei confronti dei cittadini?

FRANCO SENSI, Direttore generale dell'AMA di Roma. In base alla precedente normativa, il costo che si poteva prevedere per lo spazzamento era passato dal 5 al 15 per cento; in effetti, nelle grandi città il rapporto spazzamento-raccolta è un po' più alto. A Roma - ma vedo che i dati corrispondono a quelli di altre città come Milano, Torino, Genova, Bologna, ed anche più piccole come Modena o Piacenza - l'ordine di grandezza del costo dello spazzamento spesso sta tra il 25 e il 30 per cento di quello complessivo. Con l'andare degli anni è cresciuto in città non soltanto meridionali, ma anche settentrionali; il costo, abbastanza unificato, si aggira intorno al 25 per cento.

Il problema essenziale riguarda il recupero degli elementi di riferimento: i catasti urbani ancora non sono del tutto aggiornati. Il riferimento al catasto edilizio di parecchie città italiane è ancora abbastanza anomalo, nel senso che si dà indicazione soltanto del numero dei vani. Si sa che la riforma del catasto dovrebbe portare all'indicazione dei metri quadri, ma anche in questo caso stiamo parlando di una riforma in atto. Spesso i numeri di riferimento della vecchia tassa erano sbagliati; l'evasione è dovuta non tanto al numero delle persone, quanto al fatto che viene regolarmente tagliato il dato indicato in termini di metri quadri (si tratta di un valore dell'ordine del 30 per cento).

Siamo un'azienda interamente di proprietà del comune di Roma, ma, essendo un soggetto economico indipendente, abbiamo stipulato una apposita convenzione con il comune stesso per individuare una serie di valori sperimentali e cercare di recuperare tassa, sia nei casi in cui vi è evasione totale - che comunque si stanno rivelando abbastanza limitati - sia e soprattutto nel caso di correzioni da apportare. Non è un'operazione semplice.

Un aspetto che crea difficoltà è dato dalla persona di riferimento: molto spesso all'interno di una casa il contratto telefonico è intestato alla moglie, quello dell'acqua al marito, un terzo contratto al figlio. Lo stesso si verifica nel nostro caso; al limite rimane la stessa persona, ma cambia quella di riferimento. Tenendo presente il problema della parità tra uomo e donna, bisogna vedere bene a chi potersi riferire nell'intestazione di un'utenza; il problema sta diventando delicato, per il famoso interscambio, il controllo degli archivi, in quanto si può far riferimento allo stesso appartamento, pensando che si tratta di due utenti distinti.

Il problema dell'IVA si può risolvere ipotizzando che questa sia pari a zero.

PRESIDENTE. Per questo è necessaria una modifica legislativa; credo che dovremo intervenire in proposito.

Il sistema di tariffazione aiuterà ad aumentare la percentuale di raccolta differenziata?

FRANCO SENSI, Direttore generale dell'AMA di Roma. Ritengo proprio di sì.

PRESIDENTE. A Roma, ad esempio, qual è la percentuale di raccolta differenziata?

FRANCO SENSI, Direttore generale dell'AMA di Roma. La raccolta differenziata a Roma è iniziata relativamente tardi, ma specialmente in questo ultimo anno sta procedendo veramente "di corsa". Probabilmente qualcuno di voi girando per la città avrà visto che stiamo inserendo numerosi contenitori, proprio per procedere alla parte grande della raccolta differenziata soprattutto per quanto riguarda la carta e la parte multifunzionale. Stiamo arrivando ad un valore che mediamente si aggira intorno al 6 per cento e contiamo entro il 2000, secondo quanto previsto dalla legge, di attestarci attorno alla percentuale del 15 per cento. Tuttavia, per poterci arrivare, dovremo tener conto di tutte le varie forme di raccolta differenziata, che in effetti già esistono e spesso non sono neppure classificate. Bisogna cercare di vedere tutto il sistema...

PRESIDENTE. Quindi è molto importante il tipo di comunicazione che l'azienda riuscirà ad attuare...

FRANCO SENSI, Direttore generale dell'AMA di Roma. Le nostre aziende, quando ci sono difficoltà di bilancio, si trovano a dover calibrare l'aspetto comunicazione che ha una grossa incidenza di costi se si vuole arrivare a tutti i cittadini. Ultimamente, per la stazione sperimentale della raccolta differenziata di Ostia - una circoscrizione che avendo 200 mila abitanti può corrispondere ad una media città italiana - per attuare una comunicazione rivolta a tutti i cittadini, non soltanto via radio o via televisione, dando un messaggio preciso a tutte le famiglie, sono stati spesi 350 milioni soltanto per le spese postali.

PRESIDENTE. Dall'alto della sua esperienza, ingegnere, l'obiettivo anche se minimo del 35 per cento è a suo avviso percorribile?

FRANCO SENSI, Direttore generale dell'AMA di Roma. Lo ritengo possibile, soprattutto se si riesce ad individuare tutti gli aspetti che devono convergere su questa materia.

Si consideri che il 35 per cento di materia che verrà recuperata a Roma corrisponde a 500 mila tonnellate. Una tale quantità di rifiuti recuperati e trasformati in materia seconda, come evidenziava lei precedentemente, rappresentano un problema commerciale non indifferente, rispetto al quale va creata una vera e propria industria o adeguata quella attuale. Altrimenti, si corre qualche rischio, così come abbiamo cominciato a verificare, non per esperienze nostre, ma per materiali di scarto che sono stati gettati nell'ambito della discarica romana.

PRESIDENTE. Per questo avete effettuato dei controlli?

FRANCO SENSI, Direttore generale dell'AMA di Roma. Sì. Sei mesi fa residui di scarti di raccolta differenziata provenienti da un'area del nord sono stati inseriti come scarti di lavorazione assimilabili al rifiuto urbano. Ciò ha comportato che dentro la nostra discarica sono andate a finire circa 2 mila tonnellate di questa roba tramite una società che naturalmente abbiamo provveduto a denunciare e su cui è in corso un'indagine da parte della procura di Roma.

PRESIDENTE. Chi il magistrato che sta seguendo questa indagine?

FRANCO SENSI, Direttore generale dell'AMA di Roma. Il dottor Amendola.

PRESIDENTE. Possiamo ritenere conclusa questa audizione, ringraziando tutti i partecipanti per la collaborazione.

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE MASSIMO SCALIA

 

Audizione del procuratore della Repubblica di Cassino e del sostituto procuratore della Repubblica presso la pretura circondariale di Frosinone.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione del procuratore della Repubblica di Cassino, dottor Giovanni Francesco Izzo, e del sostituto procuratore della Repubblica presso la pretura circondariale di Frosinone, dottor Alberto Amodio.

Abbiamo ritenuto di ascoltarvi nell'ambito di un'unica audizione perché, senza alcuna presunzione e solo sulla base delle informazioni che abbiamo, ma considerate anche le difficoltà che le procure incontrano agendo su territori diversi e non essendo di solito collegate tra loro, abbiamo la netta sensazione che per una parte delle inchieste da voi condotte si configuri una sorta di intersezione e risulta molto utile che ciò in qualche emerga da questa audizione, fornendo così eventuali collegamenti per le indagini.

Come ho annunciato in precedenza, la pubblicità della seduta è assicurata anche attraverso impianti audiovisivi a circuito chiuso, ma - ove lo riteneste opportuno, potrete chiedere in qualunque momento che alcune parti siano sottoposte a regime di riservatezza. In questo senso vi pregherei di esporre il più possibile in termini per i quali possa essere garantita la pubblicità, riservando allo stretto indispensabile le parti da sottoporre a riservatezza.

CESIDIO CASINELLI. Con il consenso del presidente, vorrei intervenire brevemente prima dell'audizione dei due magistrati per porre anche alla loro attenzione un problema.

Qualche mese fa la Commissione è stata a Frosinone e allora la situazione dei rifiuti e delle attività illecite, se non sembrava tranquilla, era ritenuta almeno sotto controllo. Visitammo solamente le campagne di Pontecorvo dove erano stati rinvenuti alcuni fusti, sul cui contenuto erano in corso le analisi. Dopo quella visita, però, con il nuovo anno, si è verificata tutta una serie di rinvenimenti di fusti, fanghi e liquami, cui la stampa ha dato grandissima eco e risalto, con riferimento a Ceprano, Pontecorvo, Ferentino, Castelliri, Isola e Arpino. E' stato tutto un susseguirsi di notizie molto allarmanti di sequestri, cui in alcuni casi é seguito il dissequestro. Vorrei capire se negli ultimi mesi vi sia una recrudescenza dei comportamenti malavitosi legati al ciclo dei rifiuti oppure se siamo al cospetto di scoperte riferite comunque a interramenti ed occultamenti avvenuti negli anni passati e senza un filo logico che connetta i singoli episodi.

Per quanto riguarda la situazione di Arpino, ad esempio, a metà degli anni ottanta ero presidente dell'unità sanitaria locale di Sora e ricordo che ad Arpino vi fu una mobilitazione popolare in relazione a scarichi di rifiuti ritenuti tossici: fu sequestrata una discarica, furono fatte delle analisi e poi dei processi. Ora ho l'impressione, almeno per quanto riguarda Arpino, che si torni a parlare di quei fusti che erano e sono rimasti interrati lì. Non so di chi sia la colpa se, fatte le analisi ed i processi, quei bidoni non sono stati rimossi, ma soprattutto non so se continuiamo a parlare degli stessi fusti sequestrati, analizzati e ritengo poi dissequestrati 10 o 12 anni fa, oppure se l'attività è continuata anche in questi ultimi tempi. La gente del luogo dice che la discarica è chiusa e che non vi sono stati più nuovi apporti.

Il discorso si pone anche per altre discariche scoperte: si riferiscono ad attività che risalgono ad anni in dietro, scollegate le une dalle altre, oppure siamo di fronte ad una recrudescenza di attività di interramento collegata a fenomeni di più vasta scala?

Questo il problema che desideravo porre preliminarmente alla Commissione e ai due magistrati.

PRESIDENTE. Non desidero certo anticipare la risposta, che ascolteremo dai due magistrati, ma indubbiamente i fenomeni cui ha fatto ora riferimento il collega Casinelli possono essere ricondotti anche - sottolineo "anche" - all'attenzione che, quando ci recammo a Frosinone, sollecitammo al prefetto su tutta la partita dei traffici illeciti dei rifiuti. Avevamo infatti fondati elementi - ci fu tra l'altro un'audizione in larga misura segretata - che configuravano l'area del frusinate come abbastanza tormentata dal punto di vista dei traffici illeciti.

Non credo sia ottimistico pensare che in corrispondenza a quelle sollecitazioni motivate della Commissione si sia alzato il livello di attenzione su tali tematiche, che richiedono anche una certa specializzazione da parte dei corpi addetti al contrasto. Quale sia comunque la situazione a questo riguardo vorremmo saperlo ora dai nostri interlocutori.

FRANCESCO IZZO, Procuratore della Repubblica di Cassino. Sono procuratore a Cassino dalla fine di luglio, quindi praticamente dal settembre successivo; quando é stata svolta la visita della Commissione alla prefettura di Frosinone.

PRESIDENTE. La data esatta è il 28 ottobre 1997.

GIOVANNI FRANCESCO IZZO, Procuratore della Repubblica di Cassino. Si era allora in un tempo in cui si era proposto - non posso dire riproposto perché non conosco il passato - con una certa urgenza ed importanza il problema della scoperta di queste discariche.

Per rispondere al quesito se si tratti di recrudescenza o di scoperta di interramenti e smaltimenti antichi o comunque vecchi, risalenti a qualche anno fa, posso dar conto dei procedimenti attualmente instaurati presso la Procura di Cassino. Se la Commissione lo ritiene, posso darne informazione anche nei dettagli, nei limiti ovviamente del possibile.

PRESIDENTE. Credo che potrà lasciare copia degli atti, cercando ora di sintetizzare gli aspetti di maggior rilievo, rispondendo così anche alla domanda del collega Casinelli.

GIOVANNI FRANCESCO IZZO, Procuratore della Repubblica di Cassino. D'accordo. Sono in possesso degli atti relativi a tre procedimenti; tutti e tre attengono a rinvenimenti e scoperte di pochi mesi fa, ma relativi ad interramenti che, sulla scorta delle notizie di fonte informativa e più propriamente testimoniale, risalgono agli anni 1984-1985 e 1986.

L'allarme che si è creato - che io condivido e che anzi amplifico - è dovuto proprio alla scoperta preoccupante di discariche di rifiuti nocivi e spesso tossici di natura industriale che, a detta di alcuni testimoni e secondo elementi anche di deduzione abbastanza fondati e logici, debbono farsi risalire anche a dieci anni fa.

L'allarme appare fondato innanzitutto perché è lecito presumere che se sono rimasti finora impuniti e rischiano di rimanere tali dal punto di vista penale - ne parleremo di qui a un momento - interramenti effettuati dieci anni fa, è facile temere che dal 1984 al 1996 ne siano stati fatti altri. Sono il primo ad augurarmi che ciò non risponda a verità, ma il timore è ben fondato.

In ogni caso, se per un accidente fortunato le scoperte avvenute negli ultimi mesi risultassero gli unici occultamenti ed interramenti di rifiuti solidi nocivi e tossici, il segnale sarebbe ugualmente allarmante perché, come la Commissione potrà con calma desumere dagli atti dei tre procedimenti, si tratta di materiale tossico abbastanza importante. Questo occultamento inoltre è preoccupante sia per l'elevato volume sia per la profondità cui i rifiuti sono stati interrati, il che fa temere che qualche residuo non sia stato ancora individuato e portato alla luce negli scavi effettuati nella fase delle indagini preliminari nell'ambito dei procedimenti penali in atto.

In estrema sintesi, abbiamo innanzitutto un procedimento - il primo in ordine cronologico; il secondo é presso la procura di Cassino - instaurato in seguito ad indagini del corpo forestale dello Stato di Vigevano, che era sulle tracce di un'attività illecita criminale di questo genere avente ad oggetto una società di Bergamo; troverete infatti, negli imputati di questo procedimento, alcune persone residenti nelle province di Como e di Bergamo; si tratta di un'ex cartiera, denominata con l'acrostico SIGICAR, che avendo cessato la propria attività si era data ad altra attività consistente nel ricevimento ed occultamento o interramento di rifiuti tossici. Nella specie è stato accertato che si trattava di solventi esausti clorurati. Questo materiale veniva ed è attualmente depositato in alcuni silos e cisterne che, sia per il tempo trascorso sia per l'alta corrosività dei materiali, e forse anche per la non completa adeguatezza del materiale con cui sono costruiti, danno all'osservazione visiva segnali di cedimento, con le conseguenze che tutti possono comprendere. Dai campioni raccolti è risultato che si tratta di rifiuti tossici e nocivi per i parametri AS: addirittura arsenico, cadmio, HG mercurio, eccetera, quindi con deduzioni ben facili in riferimento sia all'indole delinquenziale delle persone che si sono prestate a questa attività sia all'urgenza di intervenire per la cosiddetta bonifica.

PRESIDENTE. Può ripetere, per cortesia, il sito in cui sono avvenuti questi ritrovamenti?

GIOVANNI FRANCESCO IZZO, Procuratore della Repubblica di Cassino. Si tratta di un'ex cartiera, SIGICAR in Isoletta d'Arce.

I tre procedimenti riguardano Isoletta d'Arce, Castelliri e Pontecorvo. Nel leggere gli atti non mi sono posto il problema di un giudizio circa la maggiore gravità di un procedimento rispetto all'altro, ma è veramente difficile dire quale dei tre casi sia il più grave. Sono tutti e tre gravissimi, sia per la facilità con cui sono stati fatti questi interramenti (ne sia prova il fatto che solo dopo dieci anni si è riusciti, per circostanze spesso fortuite, ad averne sentore), sia per la nocività dei materiali stoccati o interrati.

Il procedimento di Isoletta d'Arce riguarda, dicevo, materiali stoccati in silos e cisterne che danno già segni di usura. Per questo procedimento è stato già disposto il rinvio a giudizio ed in data di ieri ho scritto al ministro dell'ambiente e all'assessore all'ambiente della provincia di Frosinone chiedendo cosa intendano fare per la bonifica e la rimozione quanto più sollecite possibili del materiale.

PRESIDENTE. Mi permetto ricordare che, secondo le norme vigenti, il soggetto primo per i procedimenti di bonifica è l'autorità comunale; questa ovviamente può non avere le risorse necessarie, ma questo è un altro tema. L'attore primo è, ripeto, l'amministrazione comunale che segnala alla regione o al ministero - questo dipende dai mezzi strumentali e dalle risorse finanziarie...

GIOVANNI FRANCESCO IZZO, Procuratore della Repubblica di Cassino. Tutte cose che, trattandosi di amministrazioni comunali, costituiscono senz'altro un problema.

PRESIDENTE. Questo aspetto non è oscuro al legislatore, ma l'amministrazione comunale può avere la capacità di effettuare e proporre progetti di risanamento e messa in sicurezza, dopo di che la questione della strumentazione e delle risorse può essere affrontata in rapporto con la regione o con il ministero, ma soprattutto con la regione.

GIOVANNI FRANCESCO IZZO, Procuratore della Repubblica di Cassino. Ho avuto contatti nei mesi scorsi con il capo di gabinetto del ministro Ronchi ed ho rilevato il suo interesse...

PRESIDENTE. Purtroppo diamo per scontato che la gran parte delle bonifiche verrà fatta a spese della collettività, anche se forse in questo caso - potrà dircelo magari più avanti - se i rinvii a giudizio configurano responsabilità precise nei confronti dei soggetti che hanno operato, in prima battuta ci si dovrebbe rivalere nei confronti di tali soggetti, secondo il noto principio che chi ha inquinato paghi!

GIOVANNI FRANCESCO IZZO, Procuratore della Repubblica di Cassino. E' un argomento che avrei voluto affrontare successivamente, ma che è meglio affrontare subito. Mi riferisco ovviamente al problema legislativo. Innanzitutto vorrei far presente un dato che è sotto gli occhi di tutti, anche se magari su di esso non ci si sofferma. Bisogna tenere presente che gli scavi che si effettuano quando si crede di aver individuato un luogo dove procedere (e si rende necessario intervenire nell'ambito del procedimento penale, quindi avvalendosi del NOE per l'assistenza e di ditte private che si fanno pagare il dovuto), costano un'enormità. Ho seguito l'ultimo in ordine di tempo di questi procedimenti, quello di Castelliri, e mi sono reso conto che gli scavi, in termini di impiego di tempo, di energie e di denaro, costano moltissimo alla collettività. Tali costi, in teoria, dovrebbero ricadere, all'esito di una sentenza passata in giudicato, sugli imputati condannati. In considerazione di questo, perché il Parlamento non si fa carico da un lato di dare un segnale importante e dall'altro di consentire un intervento più profondo ed efficace alla magistratura, trasformando questi reati da contravvenzionali in delitti?

PRESIDENTE. Proprio ieri sera, per motivi, cui ho accennato, di turbolenza dei lavori parlamentari alla Camera dei deputati, non abbiamo potuto tenere una seduta che si sovrapponeva ai lavori dell'Assemblea e che aveva come oggetto l'approvazione da parte della Commissione d'inchiesta di un documento elaborato da un gruppo di lavoro coordinato dal senatore Lubrano di Ricco, che ha come tema non solo i principi, ma anche l'articolato di una proposta di legge (che ovviamente non può essere esaminata come tale nell'ambito di una Commissione bicamerale che non è previsto lavori in sede legislativa) che propone al Governo e al Parlamento l'introduzione del delitto ambientale nel codice penale. E' dalla passata legislatura che stiamo battendo su questo punto...

GIOVANNI FRANCESCO IZZO, Procuratore della Repubblica di Cassino. Possiamo dire che ci siamo?

PRESIDENTE. No, saremmo troppo ottimisti perché il nostro atto va nella direzione di rafforzare un'azione analoga condotta dal Ministero dell'ambiente che trova però - posso dirlo perché si tratta di una posizione pubblicamente espressa nel corso del convegno, organizzato dalla Commissione d'inchiesta, che si è recentemente svolto - ancora qualche perplessità da parte del Ministero di grazia e giustizia. Riteniamo comunque che questa azione, portata avanti con molta determinazione dalla Commissione d'inchiesta, possa fornire una risposta ai problemi che lei ha ricordato e che sono nella memoria - potremmo addirittura dire nel DNA - di questa Commissione fin dalla passata legislatura, e che tra l'altro sono posti a livello internazionale.

GIOVANNI FRANCESCO IZZO, Procuratore della Repubblica di Cassino. Ho voluto formulare una domanda retorica proprio per provocare la risposta che lei mi ha dato.

PRESIDENTE. Vorrei invece farle una domanda non retorica. Lei ha parlato di un rinvio a giudizio. Vorremmo capire quale sia il tipo di reati configurati.

GIOVANNI FRANCESCO IZZO, Procuratore della Repubblica di Cassino. Come ho già detto lascerò tutti gli atti in proposito. I reati configurati per il procedimento di cui parlavo sono quelli di cui agli articoli 25 e 26 del decreto presidenziale n. 915 del 1982 ed all'articolo 24 del decreto presidenziale n. 203 del 1988. Vi sono poi violazioni di sigilli di cui all'articolo 439 del codice penale; in questo caso si tratta di un delitto.

GIOVANNI LUBRANO DI RICCO. Nei precedenti casi sono sanzioni, in questo caso si tratta di delitti.

GIOVANNI FRANCESCO IZZO, Procuratore della Repubblica di Cassino. Sì, perché sono entrati nel sito della ex cartiera di cui ho parlato compiendo lavori...

PRESIDENTE. Mi scusi, siamo sempre curiosi a proposito del riferimento che lei ha fatto prima. Nel corso dell'indagine e rinvio a giudizio non ha potuto attivare, per esempio, il reato di associazione a delinquere?

GIOVANNI FRANCESCO IZZO, Procuratore della Repubblica di Cassino. Questo è il problema dei reati contravvenzionali. Lei, presidente, mi ha spedito una lettera un paio di mesi fa, che ho riletto prima di venire, nella quale mi segnalava l'opportunità di riferire alla Commissione gli sviluppi dei procedimenti instaurati in considerazione della possibile connessione di queste attività con infiltrazioni camorristiche. In proposito devo dire che non abbiamo ancora prove di agganci diretti, di gestione diretta di tali attività da parte di malavitosi militanti in organizzazioni criminali; tuttavia ritengo che la gravità sussista indipendentemente dalla commistione fra malavita organizzata ed attività di stoccaggio e riciclaggio illecito. So di parlare a persone molto più esperte ed interessate di me a questi fenomeni, ma parlo come magistrato che solo da qualche mese è alle prese con questi problemi e che come cittadino - può testimoniarlo il mio amico, senatore Lubrano di Ricco - ha sempre provato amarezza per il fatto che potessero verificarsi atti di questo tipo. Come magistrato ho constatato di fatto una predisposizione a delinquere in alcuni soggetti che reputo addirittura superiore rispetto a quella di chi commette una rapina, un'estorsione o un omicidio con determinati moventi (ben sappiamo che tanti possono essere, infatti, i motivi per cui si commette un omicidio). Scavare e occultare, d'accordo con un intermediario o un esponente di un'industria, materiale nocivo e tossico in grande quantità, ricevere per questo un compenso sapendo che il materiale così nascosto potrebbe rimanerlo per secoli, inquinando così le falde acquifere e i prodotti della terra ed espandendo tale inquinamento (in considerazione di tutti i fenomeni, anche biologici, che non si conoscono ma che sicuramente esistono), significa denotare un'indole criminale, una predisposizione al crimine, un'antisocialità che è molto spesso difficile da ravvisare in colui che delinque secondo i canoni della vecchia tradizione criminale. Ecco perché sostengo che è necessario ed urgente intervenire trasformando la natura dei reati e consentendo, quando se ne ravvisassero gli elementi, di configurare quel famoso delitto di cui all'articolo 416-bis, che al momento non ci è possibile applicare...

PRESIDENTE. Anche 416, ci basterebbe questo!

GIOVANNI FRANCESCO IZZO, Procuratore della Repubblica di Cassino. Certamente. Ulteriore effetto negativo della configurazione come reato contravvenzionale è quello del breve termine di prescrizione. Vorrei segnalare al riguardo, tuttavia, che non occorre preoccuparsi più di tanto; non che sia superabile l'allarme e che non vi sia urgenza di operare la trasformazione in delitto, ma non bisogna pensare che gli effetti dell'archiviazione non possano essere attenuati. I fatti ai quali mi sono riferito risalgono a vecchia data e sono destinati a prescriversi se non in primo grado, in secondo grado.

Mi viene in mente questa argomentazione per quello che mi è stato riferito dal sostituto che si è occupato direttamente del processo; i carabinieri del NOE , a seguito della richiesta a loro rivolta di assistere la ditta appaltatrice privata che avrebbe dovuto scavare per individuare e portare alla luce i fusti, avrebbero chiesto il perché di quel lavoro, che sarebbe stato sicuramente inutile considerata la data dell'interramento (che era già nota) e quindi il pericolo più che concreto di prescrizione. Io e il sostituto abbiamo risposto - è un'osservazione che vale in generale - che non bisogna assolutamente demordere, pur considerato il pericolo della prescrizione breve (eventualità che, nel caso di specie, è una certezza), perché c'è sempre la possibilità di esperire l'azione civile proprio da parte delle amministrazioni comunali che, come il presidente ha osservato, sono le prime tenute alla bonifica del territorio.

Per esempio, nel caso del procedimento che riguarda la discarica di Ponte Corvo è ormai certo che i rifiuti tossico-nocivi (nella specie, solventi) provenivano dal vicino stabilimento della FIAT ubicato a Piè di Monte San Germano, a 5-6 chilometri dal luogo in cui sono stati trovati i fusti contenenti materiale di colore, di odore e di aspetto assolutamente allarmanti. Abbiamo anche qualche teste che ricorda - mi pare si tratti del proprietario del terreno, all'inizio complice, rinviato a giudizio ed a quanto pare desideroso di acquistare qualche benemerenza - di aver visto arrivare i camion accompagnati da commessi dello stabilimento FIAT in divisa. Questa circostanza non solo ci fornisce la prova specifica dal punto di vista testimoniale che i fusti partivano dalla FIAT, ma ci dà anche la possibilità di prefigurare la situazione che potrà verificarsi una volta che sia stata dichiarata l'archiviazione per prescrizione dei reati. Faremo cioè (molto probabilmente noi o eventualmente la Corte d'appello in secondo grado) un provvedimento di archiviazione in cui preciseremo, considerati una serie di fatti, che non possiamo che essere certi che la provenienza dei rifiuti era lo stabilimento della FIAT, indicando quindi la corresponsabilità di quest'ultima. Manderemo copia di questa archiviazione al sindaco del comune in cui insiste la FIAT e lo inviteremo a costituirsi parte civile e ad esperire l'azione di risarcimento danni, visto che si tratta di un danno enorme cagionato alla collettività del suo comune. Questo per quanto riguarda l'attenuazione degli effetti negativi della prescrizione breve.

PRESIDENTE. Sempre cercando di rimanere nel campo del penale vorrei sapere se nel corso delle indagini vi sia capitato di trovarvi di fronte a ipotesi di reato come truffa o falsa certificazione (penso ad analisi chimiche svolte da laboratori compiacenti sul materiale). Inoltre, mentre lei parlava, a me e al collega Lubranod Di Ricco venive in mente il fatto che l'inquinamento della falda acquifera configura un reato penale...

GIOVANNI FRANCESCO IZZO, Procuratore della Repubblica di Cassino. Quando avremo i risultati delle analisi, potremo anche pensare a configurare un reato di cui all'articolo 416...

GIOVANNI LUBRANO DI RICCO. O avvelenamento delle acque...

GIOVANNI FRANCESCO IZZO, Procuratore della Repubblica di Cassino. O quanto meno avvelenamento delle acque, indipendentemente dall'articolo 416.

PRESIDENTE. Al di là dell'articolo 416, da quello che lei diceva si poteva pensare che la falda acquifera fosse stata avvelenata da questi inquinanti...

GIOVANNI FRANCESCO IZZO, Procuratore della Repubblica di Cassino. Per procedere in tal senso dovremmo essere certi dell'avvelenamento. Mentre dal punto di vista dell'osservazione scientifica è facile presumere che l'avvelenamento si sia verificato, per introdurre un elemento di prova nel procedimento penale dovremo avere una certificazione tranquilla... Lei chiedeva questo? Pensavo che lei si riferisse a certificazioni false che abbiano attestato la non tossicità dei materiali...

PRESIDENTE. Esattamente.

GIOVANNI FRANCESCO IZZO, Procuratore della Repubblica di Cassino. Ne abbiamo tante, proprio in riferimento al procedimento di Castelliri, nel quale abbiamo sei imputati di cui il primo, il capo banda, è un certo Notarantonio Felice. A leggere quello che gli si imputa viene subito in mente che un individuo simile dovrebbe già languire da tempo nelle patrie galere, cosa impossibile per la natura contravvenzionale dei reati. Questo signore, assieme ad altri due, Mastroianni Sergio e Quadrini Franco, ha creato una serie di società dedite a questa...

PRESIDENTE. Sempre se ciò non viola il segreto istruttorio, vorrei sapere una cosa a proposito di queste società. Ho il sospetto che vi siano società in comune tra le indagini che svolge la procura di Cassino e le indagini che svolge...

GIOVANNI FRANCESCO IZZO, Procuratore della Repubblica di Cassino. Forse la Consortium...

PRESIDENTE. Ad esempio, nome fatidico!

GIOVANNI FRANCESCO IZZO, Procuratore della Repubblica di Cassino. Parlai infatti una volta al telefono con un collega in merito alla Consortium. Non so se il sostituto procuratore Amodio vuole aggiungere qualcosa in merito; il problema è comunque che la Consortium di Notarantonio ha fatto negli anni passati il bello e cattivo tempo in quel di Castelliri, Isola Liri ed anche Arpino. In quest'ultimo sito con un interramento che forse è il più grave di tutti perché è avvenuto al di sotto di un'enorme gettata di cemento, sulla quale è stato costruito un parcheggio. Il fatto di aver costruito un parcheggio fa pensare che sotto vi sia qualcosa di molto più tossico e nocivo di quanto non sia emerso in seguito a scavi effettuabili più facilmente.

ALBERTO AMODIO, Sostituto procuratore della Repubblica presso la pretura circondariale di Frosinone. Prima di riferire sulla Consortium, vorrei rappresentare la situazione di allarme del circondario di Frosinone che è certamente meno preoccupante rispetto al circondario di Cassino. Dico questo perché dalla rilettura degli atti che hanno interessato la pretura circondariale di Frosinone emerge un dato abbastanza significativo a mio modo di vedere, cioè che nel campo del trattamento dei rifiuti, specificatamente per la gestione dei rifiuti propri, registriamo nove casi di rilevanza penale a fronte delle 8.500 notizie di reato pervenute alla procura della Repubblica. Dunque, nove casi attinenti a comportamenti illeciti per attività di gestione dei rifiuti propri.

Per il trattamento dei rifiuti prodotti da terzi sono interessate due discariche comunali e sette private, tra cui sei per i rifiuti speciali, ossia la demolizione degli automezzi, e una per i rifiuti pericolosi: mi riferisco alla sottostazione ferroviaria di Ceprano dove è stato trovato interrato un contenitore da 5.000 litri di olio utilizzato per i trasformatori dell'alta velocità.

Con riferimento alla Consortium - un fascicolo all'esame del collega Musolino - vorrei tranquillizzare le coscienze perché siamo in presenza di un impianto di trattamento gestito in assenza di autorizzazione. Non vi sono rifiuti interrati e quelli pericolosi trattati non presentano quell'allarme che può caratterizzare l'arsenico o altri materiali di cui poco si conoscono gli effetti.

Ricordo la visita svolta dalla Commissione a Frosinone ed il caso che l'ha motivata. Certo, va indubbiamente prestata la massima attenzione al controllo di questi fenomeni, tenendo conto della possibilità criminogena dello stesso e della capacità di approfittare della carenza legislativa per affari illeciti da parte della criminalità organizzata, ma il motivo che ha indotto la Commissione ad effettuare la visita era un falso allarme. Si trattava di una denuncia, ripresa dagli organi di stampa, relativa alla Italstrade Spa che è interessata alla realizzazione di strutture per l'alta velocità; secondo le notizie di stampa la società interrava rifiuti pericolosi di provenienza estera, tanto che erano stati segnalati automezzi con targhe inglesi. Nulla è stato trovato di interrato, posso dirlo con tranquillità e soddisfazione - mi auguro anzi che la tendenza criminale presenti un andamento discendente, non ascendente -; il tutto si basava sua una segnalazione anonima pervenuta al vicesindaco del comune di Patrica.

Per quanto riguarda i fenomeni rilevanti presenti sul territorio del circondario, posso dire che siamo di fronte a situazioni che non attengono tanto al trattamento dei rifiuti quanto all'aspetto ambientale: più esattamente il problema della TAV e quello del trattamento dei materiali provenienti da Colfelice che trovano collocazione definitiva nella discarica di Anagni. Sostanzialmente tre tipi di problemi a prescindere dalle fattispecie che hanno poca rilevanza in senso relativo.

La Consortium è sottoposta ancora ad indagini, le cui conclusioni non conosciamo; l'altro caso riguardante il trattamento di rifiuti prodotti da terzi - un certo Rizzi - probabilmente è da collegare a fenomeni di più ampia portata. Il Rizzi gestiva un impianto di trattamento di rifiuti con autorizzazioni prorogate, in base all'articolo 12 della vecchia legge, per quattordici o quindici volte senza lo svolgimento di alcun controllo sull'effettivo trattamento dei rifiuti. Ciò per il semplice fatto che all'epoca, ossia un anno e mezzo fa, in provincia di Frosinone si era dovuto affrontare la questione, ben più rilevante, dello smaltimento dei rifiuti urbani.

Posso garantire che sul fenomeno viene esercitata la massima attenzione; la vigilanza è costante tanto che sono state presentate circa 200 denunce concernenti fatti depenalizzati, ossia la mancanza di annotazione dei registri, la mancata comunicazione e via dicendo. Se la Corte costituzionale dovesse accogliere l'eccezione sollevata per i rifiuti pericolosi, probabilmente il fenomeno dovrebbe essere ricontrollato. Ho terminato.

PRESIDENTE. La Commissione è attenta alle notizie pubblicate dagli organi di stampa, ma abbiamo un calendario dei sopralluoghi da svolgere nel Lazio tant'è che in provincia di Frosinone abbiamo visitato innanzitutto l'impianto di Colfelice. Motivi di carattere diverso - che non voglio ripetere perché siamo in audizione pubblica - ci hanno consigliato di allertare la prefettura di Frosinone su una serie di fenomeni collegati al progetto dell'alta velocità, non solo per quanto riguarda lo smaltimento illegale dei rifiuti utilizzando gli scavi effettuati per il rilevato ferroviario. Dottor Amodio, sono tanti 5.000 litri di olio per i trasformatori dell'alta velocità - ho anche il sospetto che abbiano a che fare con il PCB -; per i rifiuti pericolosi ci deve essere la massima attenzione, al di là del quesito posto alla Corte costituzionale. Chiederemo ai magistrati ed alle forze dell'ordine di concentrare il lavoro sullo smaltimento illegale dei rifiuti pericolosi, sforzandosi di comprenderne le conseguenze in termini di avvelenamento delle acque e catastrofe ecologica. A volte si spara con un cannone, ma non è la mosca il bersaglio da colpire, è sempre qualcosa di più grave. L'esiguo numero di denunce può liberare la coscienza, ma nelle vicinanze di Cassino...

GIOVANNI FRANCESCO IZZO, Procuratore della Repubblica di Cassino. Non sono state presentate denunce.

ALBERTO AMODIO, Sostituto procuratore della Repubblica presso la pretura circondariale di Frosinone. Scusi, signor presidente, vorrei rilevare come gli organi di polizia, soprattutto i carabinieri perché la polizia di Stato ha avviato solo negli ultimi tempi il controllo sul territorio, svolgano una vigilanza costante. Dato che vivo in quelle zone, spero con tutto il cuore che fenomeni del genere non siano stati registrati a prescindere dalla loro scoperta.

PRESIDENTE. E' un augurio che condividiamo anche se è molto ottimista. Premesso che il Lazio, come tante altre regioni, non ha l'agenzia regionale per la protezione ambientale, in assenza di controlli è facile per gli imprenditori che non hanno una deontologia sperimentata (utilizziamo questo eufemismo) comportarsi in modo illecito.

Vorrei sapere dal procuratore di Cassino se, oltre alla FIAT, ha avuto notizie di altre industrie che producono o si servono di materiali inquinanti - per capirci, cito il nome della Videocolor - collocate lungo il tratto autostradale Roma-Frosinone .

GIOVANNI FRANCESCO IZZO, Procuratore della Repubblica di Cassino. La ditta Videocolor è più a nord, a Colleferro se non sbaglio.

PRESIDENTE. Era soltanto un esempio.

GIOVANNI LUBRANO DI RICCO. Poiché il decreto del Presidente della Repubblica n. 900 viene tuttora applicato, vorrei capire come si concilia con il cosiddetto decreto Ronchi.

CESIDIO CASINELLI. Lei, signor procuratore, non ha parlato di Arpino dove sono in corso indagini e campionamenti sulla discarica di proprietà di Notar Antonio.

GIOVANNI FRANCESCO IZZO, Procuratore della Repubblica di Cassino. Sì.

CESIDIO CASINELLI. Stava anche accennando alla struttura della Consortium che pare abbia interessi in tutti e due i mandamenti.

GIOVANNI FRANCESCO IZZO, Procuratore della Repubblica di Cassino. Sì, ha interessi; è una società costituita - ne siamo certi - per favorire la gestione dell'attività di smaltimento illecito dei rifiuti oltreché per produrre la documentazione cartacea atta a dimostrare la non tossicità dei rifiuti e l'osservanza delle condizioni di stoccaggio e smaltimento, anche e soprattutto mediante rilascio di certificazione attestante l'adeguatezza dei relativi siti. Per tale attività di supporto, ripeto, abbiamo elementi per ritenere che sia stata creata appositamente la società Consortium.

PRESIDENTE. Al collega Casinelli dico che sono in corso indagini da parte della polizia di Stato, del Corpo forestale e dall'Istituto nazionale di geofisica, rappresentato dal dottor Marchetti consulente della nostra Commissione, nell'area di Arpino e di Isola del Liri per il possibile smaltimento illegale di rifiuti pericolosi.

GIOVANNI FRANCESCO IZZO, Procuratore della Repubblica di Cassino. Ritengo fondatamente che ad Arpino sia stata occultata la maggiore quantità di rifiuti nocivi grazie alla costruzione di una vasta piattaforma adibita a parcheggio. Con riferimento a questo interramento specifico, abbiamo la testimonianza di una persona - di cui non faccio il nome - che seguì suo malgrado...

PRESIDENTE. Mi scusi, il parcheggio è di proprietà privata o pubblica?

GIOVANNI FRANCESCO IZZO, Procuratore della Repubblica di Cassino. In base ai miei ricordi è un parcheggio adibito alla sosta degli autocarri utilizzati per l'attività lecita dello stabilimento.

PRESIDENTE. Risulterà esattamente dalla documentazione che lascerete.

GIOVANNI FRANCESCO IZZO, Procuratore della Repubblica di Cassino. Premetto che farò tesoro della sua osservazione, signor presidente, di compulsare i sindaci nel più breve tempo possibile. Bonificando il terreno, ci si può trovare di fronte a scavi facili, meno facili, più o meno costosi. La ricerca e il reperimento dei rifiuti che si assume essere stati depositati e interrati sotto questa vasta piattaforma di cemento, è un problema particolare. Non si avrà la certezza dell'interramento finché il cemento non sarà stato - in fase di indagini preliminari di carattere penale o in fase di bonifica da parte del comune - divelto e asportato, fino a quel momento non saremo in grado di dire se sotto vi è quello che temiamo. Mi pongo il problema della eventuale negatività della ricerca, dello scavo e del costo sopportato che non sarebbe addebitabile ad alcuna persona imputata.

PRESIDENTE. La Commissione corre il rischio di diventare il promotore del progetto LARA del CNR che permette un'indagine dall'alto sul contenuto del sottosuolo, attraverso una sofisticata strumentazione a bordo di una piattaforma aerea.

Segnaleremo la possibilità che questo sistema o altri dello stesso genere siano oggetto di convenzione tra gli assessorati all'ambiente delle regioni, l'ENEA che dispone di un dipartimento ad hoc e il CNR, proprietario del sistema LARA, per ottenere il monitoraggio del sottosuolo. Il suo costo ammonta a pochi miliardi e potrebbe essere utilizzato dai magistrati e dalle autorità amministrative.

GIOVANNI FRANCESCO IZZO, Procuratore della Repubblica di Cassino. Ho alleratato per iscritto, dopo averlo fatto oralmente, i comandanti delle stazioni dei carabinieri, le brigate della finanza ed i commissariati della polizia di Stato aventi giurisdizione sui territori interessati dai lavori della TAV affinché vigilino assiduamente e frequentemente, soprattutto nelle ore notturne, per evitare il pericolo che le enormi quantità di terreno movimentate siano utilizzate per ricoprire interramenti.

Per rispondere al senatore Lubrano, dirò che la normativa applicata è la n. 915 trattandosi di fatti di vecchia data. Mi rendo conto che il decreto legislativo n. 22 del 1997 ha comportato una modifica, ma non so se si ponga un problema di compatibilità. Ovviamente, queste persone dovranno essere giudicate in base alla normativa vigente all'epoca; sarà il pretore a stabilire quale.

PRESIDENTE. Il decreto n. 915 resta come insieme di norme di riferimento, perché non è stato abrogato. Forse c'è un problema di compatibilità.

GIOVANNI FRANCESCO IZZO, Procuratore della Repubblica di Cassino. Lei mi chiede se esista la possibilità di contestazione anche del decreto legislativo n. 22?

PRESIDENTE. Poiché sono copresenti il decreto del Presidente della Repubblica n. 915 del 1982 e il decreto legislativo n. 22 del 1997, credo che esistano dei margini di discrezionalità da parte della magistratura su quale norma scegliere.

GIOVANNI FRANCESCO IZZO, Procuratore della Repubblica di Cassino. No, perché si deve sempre applicare la pena meno grave, secondo la regola del codice penale. Si applica cioè la previsione vigente nel momento in cui è stato commesso il fatto, tranne che non sia più grave di quella successivamente stabilita.

GIOVANNI IULIANO. Vorrei chiedere al dottor Izzo e al dottor Amodio se abbiano notizie di ritrovamenti di depositi di rifiuti speciali o pericolosi mascherati da allevamenti di lombrichi nel loro territorio. Vorrei anche chiedere se siano state individuate e deferite all'autorità giudiziaria per illecito traffico di rifiuti persone coinvolte in affari inerenti ad attività estrattive.

GIOVANNI FRANCESCO IZZO, Procuratore della Repubblica di Cassino. Non mi risulta che nel circondario di Cassino ci siano questioni relative alle cave - so, per esperienza diretta, che questo problema esiste nel territorio della provincia di Caserta - né che siano stati individuati falsi allevamenti di lombrichi.

ALBERTO AMODIO, Sostituto procuratore della Repubblica presso la pretura circondariale di Frosinone. Neppure a Frosinone.

PRESIDENTE. Ringrazio i nostri ospiti per il contributo offerto ai lavori della Commissione.

 

Comunicazioni del Presidente.

PRESIDENTE. Ricordo ai colleghi che una delegazione della Commissione si recherà in Emilia-Romagna il 23 e 24 marzo prossimi.

Avverto inoltre che la Commissione tornerà a riunirsi giovedì 26 marzo 1998, alle 15, per il seguito dell'esame del documento sui delitti contro l'ambiente e sull'ecomafia predisposto dal gruppo di lavoro coordinato dal senatore Lubrano di Ricco.

La seduta termina alle 15,10.

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