Commissione parlamentare d'inchiesta sul terrorismo in Italia e sulle cause della mancata individuazione dei responsabili delle stragi

35ª SEDUTA

MERCOLEDI 17 GIUGNO 1998

Presidenza del Presidente PELLEGRINO

Indice degli interventi

PRESIDENTE
BALDASSARRI
DE LUCA Athos (Verdi - l'Ulivo), senatore 1- 2
FRAGALA' (AN), deputato 1 - 2 - 3
MANCA (Forza Italia), senatore
TARADASH (Forza Italia), deputato

 

La seduta ha inizio alle ore 19,25.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione del professor Mario Baldassarri. Ritengo superfluo riassumere le ragioni di questa audizione. Il professor Mario Baldassarri partecipò alla nota riunione che nel primo pomeriggio del 2 aprile 1978 si tenne in località Zappolino, in provincia di Bologna, nella casa di campagna del professor Alberto Clò. Siamo nell'ambito dei 55 giorni del sequestro Moro. Fu quella la riunione in cui emerse il nome "Gradoli" con modalità a tutti note. I professori Prodi, Clò, Baldassarri, partecipanti a quella riunione, furono ascoltati dalla Commissione Moro. In seguito alcuni furono ascoltati anche dall'autorità giudiziaria, ma non il professor Baldassarri. Tutti diedero di quell'episodio una versione abbastanza convergente. Nel primo pomeriggio di quel giorno, essendosi guastato il tempo e minacciando pioggia, il professor Clò lanciò l'idea di ingannare il tempo facendo il gioco del piattino. Quindi furono vergate su un foglio di carta le 21 lettere dell'alfabeto e ogni partecipante pose un dito sul piattino che cominciò a spostarsi sul foglio di carta descrivendo una serie di parole a volte incomprensibili, ma in base al racconto dei partecipanti anche parole che essi ricordano molto chiaramente: Viterbo, Bolsena e Gradoli, più alcuni numeri ai quali non venne data importanza. Secondo le dichiarazioni dei partecipanti la seduta si svolse in un'atmosfera ludica, amicale, con molte interruzioni, dovute anche alla presenza di cinque bambini; come qualcosa che i partecipanti non prendevano molto sul serio. Il professor Baldassarri ha dichiarato che sopraggiunse alla riunione solo più tardi con la moglie e che quindi non era presente all'inizio quando il gioco ebbe inizio. Non appena il gioco si concluse, nella fase in cui la comitiva si scioglieva e ci si preparava a rientrare a Bologna, fu rinvenuto, secondo il professor Prodi un atlante, secondo altri partecipanti una cartina autostradale, su cui per curiosità andarono a vedere i nomi che il piattino aveva indicato. Ovviamente trovarono il nome di Viterbo, di Bolsena ma anche quello del paese di Gradoli, a tutti ignoto. Questo creò, se non proprio un allarme, qualche interesse. Nei giorni successivi attraverso due canali diversi gli apparati di sicurezza furono avvertiti di questo "messaggio". Ciò - come è noto - diede luogo ad una vera e propria incursione nel paese di Gradoli mentre fu trascurata l'altra indicazione, che la stessa moglie dell'onorevole Moro aveva fornito, relativa all'esistenza a Roma di una via Gradoli. Come ricorderete però Cossiga, all'epoca Ministro dell'interno, disse che, pur dolorosamente, su questo punto doveva smentire la signora Moro.

A proposito di questa riunione, nella proposta di relazione che consegnai alla Commissione sul finire della scorsa legislatura (che quindi non fu allora approvata ma che non è stata sottoposta a votazione neanche in questa legislatura, giacché l'opinione prevalente delle forze politiche è stata quella di approfondire ulteriormente l'inchiesta) dissi che l'episodio della seduta spiritica mi sembrava un chiaro espediente per fornire una notizia coprendone l'origine, che ritenevo di poter individuare negli ambienti dell'Autonomia universitaria di Bologna. Questo giudizio, quasi con le stesse parole, è stato ripetuto in Commissione dall'onorevole Andreotti e da altri audiendi, tra cui ricordo l'onorevole Forlani. A venti anni di distanza da quell'episodio le domando se ha niente da aggiungere nella narrazione dei fatti a quanto dichiarò all'epoca alla Commissione Moro che possa tornare utile a questa Commissione. Le ho esposto con franchezza la mia personale valutazione della vicenda e, tra l'altro, si tratta di un'opinione ampiamente condivisa all'interno della Commissione.

BALDASSARRI. Innanzi tutto prendo atto della sua opinione che comunque conoscevo già attraverso i giornali. Quello che racconterò, confermando quanto da me riferito quell'unica volta che sono stato sentito dalla Commissione Moro, potrà sembrare abbastanza buffo. Non si trattava affatto di una riunione ma di un invito a pranzo nella casa di campagna del professor Clò. Non potei accettare quell'invito per il pranzo perché avevo a mia volta ospiti a Bologna. Pertanto dissi loro che li avrei raggiunti nel pomeriggio. Arrivai lì attorno alle quattro del pomeriggio e debbo confessare che (non so se risulta nel verbale perché sono trascorsi vent'anni e non ricordo quanto dissi allora, ma questi sono i fatti) quando entrai in casa con la mia precedente moglie e i miei due figli, che all'epoca avevano sette e due anni, insieme anche ad una parente della mia ex moglie (casualmente a Bologna e che rappresentava la ragione del nostro ritardo, trovandosi a pranzo da noi quel giorno) quando arrivai, dicevo, stava piovendo e tutti insieme stavano già facendo questo gioco in un'atmosfera rilassata, con alcuni amici che cucinavano salsicce e le donne che preparavano il caffè. In un primo tempo pensai che si fossero messi d'accordo per prendermi in giro. Non avendo mai visto prima questo giochetto rimasi per un po' in piedi davanti al tavolo, con i bambini che correvano tutt'intorno, pensando che, essendo arrivato tardi, avevano deciso di organizzarmi uno scherzetto. Dissi a me stesso: "Sono arrivato tardi, si sono messi d'accordo e mi stanno facendo uno scherzo, come spesso succede". Sono rimasto quindi lì a guardare. Questa mia sensazione, dopo una mezz'ora, devo dirvi, anche se rischio di apparire buffo, è cambiata. Non avevo mai assistito a quel gioco e non sapevo come funzionasse, ma proprio per questo motivo, convinto che fosse uno scherzo ai miei danni come succede fra amici, mi sono messo a guardare attentamente: mi sono abbassato cercando di vedere chi muoveva il piattino, quale dito lo toccava e quindi spingeva, o se avevano, in qualche modo, concordato un comportamento. Per quello che ho visto, il piattino si muoveva per conto suo. La cosa è ridicola e imbarazzante, ma io continuo a dire questo. E’ quanto ho verificato, per quello che potevo vedere e per il motivo che vi ho detto, cioè che ero straconvinto che volessero prendermi in giro, tutto qua. All'inizio, meglio, quando sono arrivato, uscivano cose assolutamente prive di senso: lettere in sequenza, k, z, t, r, senza alcun significato.

PRESIDENTE. Dichiaraste allora che avevate anche tentato di interpolare le vocali a queste consonanti per vedere se assumevano un senso compiuto.

BALDASSARRI. Per quel che so, prima che arrivassi avevano chiamato La Pira. Il gioco infatti funziona in questo modo: uno mette il piattino e chiama un personaggio. Funziona così, pare. Per quello che ho visto in quel momento, e per quel che ricordo oggi e continuerò a dire, per il motivo che ero abbastanza convinto, essendo arrivato per ultimo, di essere vittima di un tentativo di scherzo, il piattino si muoveva e non perché qualcuno lo spingesse. Faccio l'economista, uso anche un po' di matematica e mi rendo conto che è un'assoluta apparente sciocchezza quella che vi sto raccontando. Però questo ho visto e questo dico. Dopo una buona mezz'ora che ero arrivato, incuriosito della cosa, mi sono messo a seguire un po' il gioco e il piattino in alcuni momenti si muoveva molto lentamente ma in altri con estrema velocità. Non è che girasse pian pianino sopra le lettere. In alcuni momenti vibrava velocissimo e poi all'improvviso si fermava sopra una lettera. Come ho detto sono venute fuori quelle tre parole. Viterbo e Bolsena le conoscevamo. Gradoli no, nessuno lo conosceva e sapeva che esistesse un paese con questo nome. Solo dopo, consultando una cartina stradale che non so chi, forse il fratello di Clò, era andato a prendere in macchina, ci accorgemmo che intorno al lago di Bolsena esisteva il paese di Gradoli. La cosa ci sembrò strana e Prodi, credo il giorno dopo, decise di comunicare questo fatto. Tutti noi dicemmo che si trattava di un gioco, di uno scherzo e che non era il caso di creare ancora più confusione di quella che già c'era riguardo a Moro, per cui già si sentiva dire che c'erano dei medium che andavano in giro e quant'altro. Non si trattava di una seduta spiritica come alcuni giornali hanno scritto, ma di un invito a pranzo, in campagna, in casa Clò a Zappolino, invito a pranzo che io purtroppo non potei accettare avendo a mia volta ospiti in casa mia. Andammo pertanto in questo paesino di campagna un po' prima delle quattro del pomeriggio. Rispetto la sua opinione, Presidente, però questo ho visto e questo dico.

PRESIDENTE. Con grande sincerità, le voglio dire che la storia che lei ci racconta io non la ritengo né inverosimile, né incredibile, né ridicola, salvo che per un piccolo particolare che le dirò. Ho letto con attenzione le varie dichiarazioni che avete fatto alla Commissione e, almeno alcuni di voi, all'autorità inquirente e non ne ho ricavato l'impressione di una storia preconfezionata. Nelle varie dichiarazioni, infatti, c'era un sufficiente numero di coincidenze ma anche di difformità tale da dare l'impressione che si trattasse di un racconto genuino. Se dieci persone partecipano ad un episodio, nel momento in cui tutte e dieci ne danno l'identica versione normalmente ci si insospettisce. Se la versione scarta da caso a caso su alcuni particolari l'impressione che ne ricavo è di verosimiglianza e quindi di veridicità. Non credo allo spiritismo ..

BALDASSARRI. Neanch'io.

PRESIDENTE. Molte persone però sì, e per loro finisce per essere una cosa seria per la quale ci vuole il medium, un'atmosfera particolare, silenzio assoluto. Anche chi crede allo spiritismo non riuscirebbe a credere che gli spiriti possano essersi manifestati in un'atmosfera come quella che avete descritto in maniera così coincidente e verosimile, con bambini che giocano, con chi si siede e chi si alza, chi arrostisce le salsicce e chi prepara il caffè. In vita mia ho partecipato alcune volte a riunioni - e uso il termine per come lo usiamo dalle mie parti - nel senso di dire un invito a casa di amici per passare un po' di tempo. Ho partecipato allora diverse volte a questo tipo di riunioni in cui per ingannare il tempo si facevano delle sedute spiritiche usando in genere un tavolino, molto più pesante del bicchiere. Il tavolino si muoveva. Alcune volte ero io a spingerlo, altre no; ma avevo la certezza che a spingerlo fossero gli altri. Molte persone presenti sono svenute e si sono sentite male perché, nella nostra crudeltà, abbiamo evocato, che so, lo spirito del padre di una signora, morto da poco. Ne abbiamo evocato lo spirito e questo padre ha risposto. Lei, poveretta, si è sentita male. Abbiamo fatto rompere fidanzamenti e messo in crisi matrimoni, scatenato scene di gelosia, il tutto per quello che crudelmente facevamo spingendo il tavolino. Quello che ho trovato inverosimile in tutte le vostre dichiarazioni è che abbiate sempre escluso che qualcuno spingesse il piattino. Come fa lei ad essere sicuro che fra i partecipanti non ce ne fosse almeno uno in possesso di una informazione che sapientemente affidava al piattino? E’ semplice riuscirci. Ci si tiene il dito sopra il piatto con grande leggerezza. Basta che insensibilmente uno dia la spinta in una direzione che, per un fatto di suggestione, gli altri smettono di contrastare la spinta, la assecondano e il piattino si sposta. lo sono riuscito a far salire le scale a un tavolino pesante e questo perché eravamo un po' di amici crudeli che si divertivano con questo genere di scherzi. Quello che trovo inverosimile è l'affidavit complessivo che vi date per cui nessuno sapeva niente. Può darsi che lei non avesse informazioni su Gradoli, ma come fa razionalmente ad escludere che a uno dei partecipanti alla riunione non fosse giunto all'orecchio il nome di Gradoli e che affidasse quel nome al piattino?

BALDASSARRI. Questo non l'ho detto. Ho detto che, poiché ero straconvinto di essere vittima di uno scherzo, ho guardato con attenzione se il dito era pesantemente o meno appoggiato sul piattino per scoprire se qualcuno mi stava prendendo in giro. Per quello che ho visto, per la percezione che ho avuto in quel momento, la mia sensazione è stata che il piattino si muovesse da solo. Tutto qui, non ho escluso nulla. Ho solo detto che, per quel che ho visto e percepito, il piattino si muoveva da solo. E’ quello che ho visto e che ancora ricordo.

PRESIDENTE. All'epoca dei fatti che età aveva? Doveva essere stato giovane.

BALDASSARRI. Vent'anni fa avevo 32 anni.

FRAGALA’. Era già professore di economia all'Università di Bologna?

BALDASSARRI. Sì.

PRESIDENTE. E qual era l'età degli altri partecipanti?

BALDASSARRI. Clò credo abbia un anno di più o di meno di me. Prodi, più o meno, ha sette anni più di me. Il fratello di Clò credo sia più grande.

PRESIDENTE. Eravate dei giovani professori universitari.

FRAGALA’. Dei giovani adulti.

BALDASSARRI. Giovani relativamente. Per l'età media dei professori universitari italiani certamente molto giovani.

PRESIDENTE. In un paese in cui è accaduto che nella stessa casa si riunissero il capo delle fazioni più sanguinarie del partito armato, che stava mirando a colpire il cuore dello Stato, e uno dei Ministri della Repubblica, perché dovrebbe essere devastante il sospetto che qualcuno di voi avesse qualche amico nell'ambito dell'Autonomia universitaria? Direi che sarebbe sorprendente il contrario. Adriana Faranda, nell'audizione presso la nostra Commissione, ha affermato che il covo di via Gradoli, prima di essere utilizzato dalle Brigate rosse, era stato utilizzato da irregolari dell'Autonomia. Perché dovrebbe essere così ingiusto o forzato il sospetto che il nome Gradoli, che sarà stato conosciuto in Italia da una trentina di persone, sia arrivato in ambienti universitari di Bologna attraverso il "tam tam del movimento", come si diceva allora, e ad esso siano state poi aggiunte le parole Bolsena e Viterbo?

BALDASSARRI. Non ritengo ingiusto, né traumatico, né inaccettabile il sospetto, ma io ripeto ciò che ho visto, o meglio ho creduto di vedere in quel momento, cercando di verificarlo per non essere preso in giro, e che ricordo ancora oggi, dopo vent'anni.

DE LUCA Athos. Lei ha messo il dito sul piattino?

BALDASSARRI. Non ricordo l'ora esatta ma credo di aver messo il dito sul piattino dopo almeno un'ora, cioè verso le 17, quando ho visto che il gioco funzionava, convinto che si muovesse da solo.Il tipo di valutazioni avanzate non mi sorprendono, anzi mi sembrano ragionevoli, però devo dire ciò che in quel momento ho percepito e ho visto.

MANCA. Devo dire innanzitutto che mi aspettavo di incontrare una persona anziana; mi complimento quindi con il professor Baldassarri per la sua giovane età.

BALDASSARRI. A 52 anni Clinton è presidente degli Stati Uniti!

MANCA. Venendo alla ragione per cui è ospite della Commissione, vorrei chiederle di confermare le persone che parteciparono a quel famoso incontro o a quella riunione, come la chiama il presidente Pellegrino. A me risulta che erano presenti: Romano e Flavia Prodi, Fabio Gobbo...

BALDASSARRI. Sì.

MANCA... Adriana, Alberto, Carlo e Licia Clò...

BALDASSARRI. Sì, i due fratelli Clò con le rispettive mogli, allora fidanzate.

MANCA... Gabriella e Mario Baldassarri; Francesco Bernardi...

BALDASSARRI. Sì, Franco Bernardi.

MANCA... Emilia Fanciulli e cinque bambini.

BALDASSARRI. Sì, i miei due figli, i due figli di Prodi e uno, credo, del fratello di Alberto Clò.

MANCA. Professore, ricorda se la seduta cominciò con le seguenti domande: Dov'è Moro? Come si chiama il paese o il luogo in cui si trova? E’ vivo o morto?

BALDASSARRI. No; forse lo avevano chiesto prima. Quando sono arrivato stavano chiedendo se si poteva sapere dove era tenuto prigioniero Moro. Credo che non venne fuori neanche la parola Viterbo per intero, ma soltanto le lettere VT; poi venne fuori Bolsena e quindi Gradoli.

MANCA. Per curiosità, lei sa se, il giorno successivo, Prodi parlò dell'episodio al criminologo Balloni?

BALDASSARRI. No.

MANCA. Lei sa se il 4 aprile Prodi ne parlò a Umberto Cavina, della segreteria di Zaccagnini, e al ministro Beniamino Andreatta?

BALDASSARRI. Sette o otto giorni dopo, quando tornò da Roma, Prodi mi disse di averlo accennato a Cavina.

MANCA. Il presidente Pellegrino ha nominato la signora Moro che parlò della possibilità che Gradoli fosse una strada. Vorrei dire al Presidente che ciò è comprensibile: è facile che chi abita in quella zona sappia che esiste via Gradoli.Vorrei chiedere inoltre al professor Baldassarri se sa a chi sia venuto in mente per primo di fare la seduta spiritica.

BALDASSARRI. Non lo so. Quando sono arrivato stavano già giocando da una mezz'ora.

MANCA. Non ha cercato di ricostruirlo?

BALDASSARRI. Mi hanno detto che fu Alberto Clò, il padrone di casa, a proporlo, ma io non ero presente.

MANCA. Secondo lei chi era l'attore principale di questa piccola commedia, il maggior protagonista della vicenda?

BALDASSARRI. Nell'ora e mezza in cui sono stato presente a fare le domande erano prevalentemente Alberto Clò, Prodi e il fratello di Clò, che conoscevo meno.

MANCA. Il professor Prodi era mediamente o particolarmente attivo?

BALDASSARRI. Come gli altri.

TARADASH. Mi scuso del ritardo, ma mi pare di capire che non sono emersi nuovi elementi rispetto a ciò che già sapevamo. La ragione per cui sarei portato a credere a tutta questa storia è la sproporzione tra la messa in scena e il risultato. Se qualcuno sapeva di via Gradoli, perché avrebbe dovuto ricorrere a questa incredibile messa in scena della riunione dei professori bolognesi e del piattino? L'elemento che invece mi fa dubitare è che lo spirito evocato, per quanto spirito democristiano, doveva essere uno spirito di serie B perché alla domanda relativa al luogo in cui era tenuto prigioniero Aldo Moro diede una risposta sbagliata: non indicò via Montalcini ma Gradoli, dove Moro in realtà non era. Se si crede allo spiritismo, si dovrebbe immaginare anche che lo spirito dà la risposta che conosce grazie ai suoi strumenti: gli spiriti evocati erano illustri e non possono neppure essere sospettati di ritrosie o di depistaggi. Il problema è quindi più fondamentale: poiché lo spirito non era adeguato e probabilmente non era una seduta spiritica, poiché la riunione e la messa in scena erano tuttavia sproporzionate rispetto al risultato, il mistero che tutti dovremmo cercare di comprendere riguarda la riunione in se stessa. Come mai, in una riunione di personalità così qualificate, qualcuno decide di organizzare la messa in scena - il maggior indiziato finisce per essere il professor Alberto Clò - rendendo tutti in qualche misura partecipi di un'operazione di ricerca della verità che conduce invece ad una mezza verità o ad una mezza falsità? Che cosa c'era intorno a questa riunione ed ai partecipanti? Il professor Baldassarri, essendo arrivato un po' in ritardo, può prendere maggiori distanze dalla vicenda, però è chiaro che, se la messa in scena c'è stata, doveva coinvolgere diverse persone le quali dovevano essere tutte a conoscenza della parole Gradoli e Viterbo. E’ questo il mistero che circonda una vicenda che non è di spiritismo, per le ragioni logiche che ho richiamato, ma neppure di suggerimento di una pista, perché sarebbero stati sufficienti una telefonata o un incontro riservato. Lei ha mai riflettuto su questo aspetto?

BALDASSARRI. No, francamente no. A me sembra molto ridicola la cosa anche se sono rimasto sorpreso dalla constatazione che, per quanto abbia potuto vedere, questo piattino si muovesse da solo perché non credo allo spiritismo. Certamente, sembra un po' macchinoso pensare di organizzare tutto ciò, per di più in presenza di bambini, per dare una informazione. Molti anni dopo l'uccisione di Ezio Tarantelli a me, ad esempio, fu data per un certo periodo una scorta su Bologna e non è stato di certo scritto sul muri: mi è giunta la telefonata di un signore che mi ha chiesto di recarmi in un certo posto presso la questura di Bologna per avvertirmi del fatto: se qualcuno dovesse dare un'informazione su Gradoli (via o paese che sia), avendola avuta a sua volta, l'iniziativa più semplice è quella di prendere il telefono o al limite di prendere un appuntamento e dirlo. Personalmente sono molto imbarazzato perché debbo purtroppo dirvi quello che ho visto o ho avuto la sensazione di vedere e mi rendo conto che, non credendo agli spiriti, i dubbi possono legittimamente esserci; però, mi sembrerebbe molto artificiosa tutta l'organizzazione. Si consideri infatti che venti anni fa - si faceva riferimento alla giovane età - in realtà eravamo quattro ragazzetti che con i bambini andavano a fare un po' di panini con la mortadella; utilizzare questo per trasmettere un messaggio non mi sembra congruo, la mia sensazione non è questa.

PRESIDENTE. Relativamente alla domanda posta dall'onorevole Taradash vorrei svolgere un'osservazione: per effetto di questa segnalazione un paese della nostra Repubblica è sostanzialmente stato oggetto di una operazione di polizia imponente; ne conservo ancora le immagini; penso che nei cinquantacinque giorni moltissime telefonate siano arrivate agli organi di sicurezza (chi avrà detto che Moro si trovava in un paese della provincia di Catanzaro; chi in una baita sulle Alpi; chi in un posto sul mare). Non penso però che per ogni segnalazione telefonica si siano mossi reparti. Quella segnalazione ha determinato questo movimento perché proveniva da una fonte autorevole che non è certamente il piattino, piuttosto le persone che riferiscono la notizia agli organi di polizia. Rispetto a questo aspetto, la telefonata non sarebbe probabilmente servita. Ecco perché lo considero proprio un modo per cui persone autorevoli - non tutte d'accordo perché, come ho detto prima, credo a come sono andati i fatti, per come sono state riportate le varie deposizioni - che avessero voluto portare un'informazione alla polizia avrebbero potuto farlo in questo modo, secondo me intelligente, per far arrivare una notizia che proveniva da una fonte autorevole; pur considerando il modo in cui se ne era venuti a conoscenza sarebbe valsa comunque la pena di andare a vedere, come infatti hanno fatto.

BALDASSARRI. La mia sorpresa, Presidente, ovviamente ex post, è come mai con gli organi inquirenti, la polizia, i carabinieri, insomma con la mobilitazione incredibile di quei giorni nessuno abbia pensato, non avendo trovato nulla a Gradoli paese, di cercare altrove. Io non abitavo a Roma, ma nel caso contrario è facile ipotizzare di andare a via Gradoli per fare una verifica.

PRESIDENTE. Se l'informazione indica la città di Gorizia si perlustra ovviamente questa città; non si possono perlustrare le vie che si chiamano Gorizia in tutte le città d'Italia. Il passaggio non era facile; doveva far pensare il fatto che la moglie di Moro, secondo quanto ella dichiara, aveva dato una segnalazione specifica...

BALDASSARRI. Penso che però sia abbastanza naturale: se uno che abita a Roma, come me adesso da 14 anni, viene a sapere di un'indicazione specifica, come lei ha detto, Gorizia, sa dell'esistenza di una via che porta lo stesso nome; non avendo trovato nulla a Gorizia forse può venirle in mente che potrebbe trattarsi di una via. Tra l'altro, via Gradoli è una via piccola, corta.

FRAGALA’. Molto conosciuta comunque anche all'epoca!

Ringrazio personalmente il professor Baldassarri per la disponibilità dimostrata e perché in questo momento porta la croce come il cireneo, visto che al suo posto questa sera avrebbe dovuto esserci il professor Prodi, l'attuale Presidente del Consiglio dei ministri che in effetti è stato, come ha detto lei, il maggiore protagonista di...

BALDASSARRI. No. Io questo non l'ho detto...

FRAGALA’. ...assieme al professor Clò lei ha detto che è stato il maggior protagonista di quella seduta, ma soprattutto che è stato l'unico protagonista dell'informazione poi data ad Andreatta e a tutta una serie di esponenti istituzionali a Roma. La ringrazio perché lei porta la croce, come il cireneo, di un'altra persona, perché questa vicenda ha interessato o interessa la Commissione stragi per motivi talmente importanti che una serie di esponenti istituzionali (dal Presidente della Camera dei deputati, onorevole Violante, ad ex Presidenti del consiglio dei ministri, come gli onorevoli Andreotti, Forlani e Cossiga ad ex brigatisti, come Adriana Faranda, Morucci ed Alberto Franceschini ad altri soggetti ancora) hanno più volte detto a questa Commissione, alla Commissione Moro, che la storia della seduta spiritica fu inventata per coprire una fonte di Autonomia (o comunque di collateralità, di contiguità, come si usa dire adesso, alle Brigate rosse) assolutamente impronunziabile. Lei non si deve meravigliare di questo, come ha fatto poco fa, perché sa benissimo che purtroppo, all'epoca, il fenomeno tragico e terribile del terrorismo rosso attraversò le istituzioni e le famiglie degli strati più alti; lei sa benissimo che il figlio di un ministro della Repubblica era un brigatista; addirittura uno che si era macchiato di numerosi omicidi; non so se sa che la moglie di un ministro era molto vicina ad un altro brigatista.

Se, illustre professore, ci permettiamo di segnalarle come l'operazione "seduta spiritica" era chiaramente una copertura della fonte, è perché non bastava una telefonata - come dice lei - per coprire la fonte e comunque dare la comunicazione, ma perché era necessario architettare una messa in scena assolutamente insuperabile perché il nome della fonte era sicuramente impronunziabile da parte di coloro che avevano avuto l'indicazione, come ha detto l'onorevole Violante, in occasione del suo discorso di anniversario della strage di via Fani, da fonti vicine. Peraltro, come lei sa, durante l'audizione alla Commissione Moro il professor Prodi fu interrogato dall'onorevole Violante, all'epoca capogruppo del PCI e da Leonardo Sciascia, parlamentare nelle file del Partito radicale e consigliere comunale indipendente nelle file del Partito comunista. Sia Sciascia che Violante rivolsero al professor Prodi la seguente domanda "chi di voi, lei o altri, era vicino o conosceva una persona indiziata o accusata di terrorismo?". Il problema era proprio questo: capire non perché si era organizzata quella ridicola messa in scena - come lei stesso l'ha giudicata - ma le ragioni per cui era necessaria quella messa in scena per coprire una fonte assolutamente irriferibile e impronunciabile in quanto troppo vicina ad una dei protagonisti della vicenda.

Mi permetto di porle alcune domande. Credo che lei si renda conto, da illustre economista qual è oggi e qual era anche allora, di una singolarità. Professore, sono un avvocato penalista e in decine e decine di processi ho visto testimoni che hanno indicato come fonte della loro notizia un sogno o la madonna protettrice del loro paese e per questo sono stati immediatamente, allora si usava, arrestati per reticenza in aula o sottoposti a giudizio. Voi siete stati fortunati perché sia la magistratura che le Commissioni d'inchiesta, dotate degli stessi poteri, hanno lasciato passare tutta una serie di contraddizioni, di incertezze, ha detto il Presidente con grande benevolenza, come suo costume. Infatti, da un lato, Clò afferma che avevate messo aperta distesa sul tavolo la cartina geografica dell'Italia per cercare i nomi e, dall'altro, il professor Prodi, rispondendo a Luciano Violante, afferma che avevate aperto un atlante trovandovi il paese di Gradoli. Si tratta di contraddizioni su parti non irrilevanti dei racconto che evidenziano fatti totalmente inconciliabili. Peraltro - lo dico per aiutarla a riflettere sulle domande che le farò -sulla vicenda della seduta spiritica Giuseppe De Gori, avvocato di tanti imputati di prima linea nei processi di Torino, dichiarò ufficialmente che la fonte dei professori bolognesi era Autonomia operaia. Da quanto mi riferì l'avvocato Eduardo Di Giovanni, ora scomparso, per ben tre volte i brigatisti dissociati tentarono di far uscire la notizia su via Gradoli. Vale la pena sottolineare che Eduardo Di Giovanni fu l'avvocato della Democrazia cristiana in tutti i processi Moro. Le potrei citare altre mille dichiarazioni che indicano come la vostra seduta spiritica fu soltanto una mistificazione per coprire quella che per qualcuno di voi era una fonte che doveva restare ignota. Non intendo naturalmente gettare la croce su di lei che sopraggiunse a pranzo concluso e quando già la seduta spiritica era iniziata, ma qualcuno questa croce la dovrà portare e dovrà essere chiamato in questa Commissione per chiarire meglio tali punti oscuri.

Professore, quando si rese conto che non si trattava di uno scherzo da "amici miei" e che quindi non la volevano "mettere in mezzo" ma era di fronte ad una vera seduta spiritica, come mai non reagì, dato che quella seduta spiritica veniva fatta non solo da un gruppo di economisti dello stesso istituto del professor Prodi a Bologna, ma addirittura da un gruppo di intellettuali cattolici militanti e praticanti. Tutti sanno - almeno i cattolici lo devono sapere - che la seduta spiritica è considerata dalla Chiesa cattolica un evento demoniaco e quindi impraticabile per chi si professa credente. In sostanza mi domando perché lei non protestò quando si rese conto che la seduta non era una finzione e che il piattino - secondo lei - girava autonomamente senza il trucco di cui le ha parlato il presidente Pellegrino.

BALDASSARRI. Vorrei fare alcune precisazioni. La prima è che non sento affatto di portare la croce di qualcun altro: ognuno di noi porta le proprie e di solito se ne hanno abbastanza nella vita. La seconda precisazione riguarda il professor Prodi. Io non ho mai detto che fosse il maggiore protagonista della seduta....

FRAGALA’. Uno dei due protagonisti.

BALDASSARRI. Ho detto che ci si alternava e che il gioco veniva guidato prevalentemente da Alberto Clò il quale credo l'avesse già fatto in precedenti occasioni. Io, ad esempio, non solo non l'avevo mai fatto prima ma non l'avevo neanche mai visto fare e quindi non sapevo neppure come funzionasse e come fosse organizzato. Per quanto concerne la terza precisazione, io non ho affermato che bastava una telefonata, questo l'ha detto l'onorevole Taradash. Ho detto invece che mi sembrava ragionevole la considerazione fatta dall'onorevole.Il fatto che da cattolico lo non abbia protestato, è dipeso dal clima esistente che era quello di un giochetto.

FRAGALA’. Lei ha detto che all'inizio era un clima da gioco e che poi la cosa si fece seria.

BALDASSARRI. In realtà non è cambiato il clima nel senso che i bambini non hanno smesso di giocare e tutto ha continuato a svolgersi in un'atmosfera distesa. Semplicemente la seduta ha cominciato a suscitare la mia curiosità per cui ho smesso di pensare che fossero d'accordo per prendermi in giro. Non esisteva un clima tale da provocare una reazione forte da parte di qualche ospite fino a fargli dire: "no smettiamola, cosa sono queste idiozie". Direi che ha prevalso più la curiosità e la sorpresa che non la formazione cattolica dei presenti.

FRAGALA’. Ha prevalso un senso di trasgressione.

BALDASSARRI. Non parlerei di trasgressione. Non in quel momento. Il discorso di via Gradoli è venuto fuori molto tempo dopo, per cui mi sono anche chiesto la per là cosa fosse quella roba. L'unica cosa che poteva suscitare una certa curiosità era il fatto che dopo alcune lettere senza senso uscissero fuori nomi che esistevano nella realtà. Probabilmente il mio confessore potrebbe anche tirarmi le orecchie, ma i cattolici sono peccatori e io lo sono!

PRESIDENTE. Devo dire che alle riunioni alle quali io ho partecipato c'erano molte pie donne, attratte probabilmente dal senso del peccato!

FRAGALA’. Signor Presidente, voi però creavate quel clima, organizzavate riunioni per fare scherzi e per mettere paura alla gente creando l'atmosfera adatta. Lì non esisteva questo clima.

Un'altra domanda. Lei, professore, ci ha detto che per la prima ora la seduta spiritica è andata avanti senza grandi risultati, con il piattino che girava e formava delle parole incomprensibili. Poi dopo un'ora tutto diventò interessante perché ...

BALDASSARRI. Dopo una mezz'ora, tre quarti d'ora che ero arrivato io.

FRAGALA’. Certo, di prima è inutile parlare. Poi qualcuno incominciò a interrogare gli spiriti di don Sturzo e di La Pira per sapere dove Moro era tenuto segregato. Il quesito posto prefigurava quindi una risposta di tipo geografico, tant'è vero che quando uscì la parola a voi sconosciuta, come avete tutti dichiarato, di Gradoli, una parola di cui non conoscevate il significato...

BALDASSARRI. Pensammo però che potesse essere una località.

FRAGALA’. Perché la vostra aspettativa ...

BALDASSARRI. Andammo a vedere sulla cartina seguendo questa sequenza logica: non sapevamo dov'era Gradoli, ma sapevamo dov'erano Viterbo e Bolsena e ci siamo detti guardiamo se c'è anche Gradoli.

FRAGALA’. Dunque voi aspettavate, come risposta al quesito, il nome di una località geografica. Come mai perciò quando il piattino formò la parola Grado, che è una notissima località geografica, non siete saltati in aria e non avete interrotto il gioco e la vostra ricerca della località? Come mai avete continuato a tenere il dito sul piattino e a far muovere il piatto quando il nome Grado doveva aver già dato risposta al quesito che avevate posto allo spirito? E’ qui la stranezza.

BALDASSARRI. Il piattino non si è fermato dopo la "o" di Grado.

FRAGALA’. Perché non avete tolto tutti il dito?

BALDASSARRI. Se non ricordo male in questo gioco il piattino viene messo all'inizio in una posizione a cui deve tornare alla fine della composizione della parola.

FRAGALA’. Non è così.

BALDASSARRI. Se non ricordo male c'erano due cerchietti che piattino seguiva formando le lettere.

FRAGALA’. Per come è stato illustrato dai protagonisti maggiori della seduta e per come succede in questo tipo di giochetto, il piattino parte dal centro e va su lettere o numeri fino a formare una parola di senso compiuto.

BALDASSARRI. Io non lo ricordo così.

PRESIDENTE. Sarà stata una variante bolognese.

FRAGALA. Lei ha anche detto che nella prima mezz'ora il piattino ha formato una sequenza di lettere prive di senso compiuto mentre poi cominciò a formare delle parole conosciute. E’ evidente allora che quando il piattino formò la parola Grado ci si doveva aspettare, da chi attendeva una risposta di tipo geografico al quesito, che togliesse il dito dal piattino, soddisfatto della risposta ricevuta. Come mai continuaste?

BALDASSARRI. Può darsi che io ricordi male, ma mi sembra che sul foglio di carta fosse segnato un cerchio da cui il piattino partiva e su cui tornava.

FRAGALA’. Non è così che gli altri descrivono la cosa.

BALDASSARRI. Potrei ricordare male. Mi pare però ci fosse una posizione di partenza e di ritorno del piattino.

FRAGALA’. Non è descritto così dagli altri commensali.

Un'ultima domanda, professore. Come lei avrà saputo dalla stampa, dalla bozza del presidente Pellegrino e dai vari interventi in questa Commissione di illustri personaggi venuti a deporre sul tema di via Gradoli, per ben tre volte dall'interno delle Brigate rosse o comunque da persone che conoscevano il covo di via Gradoli sono partite delle segnalazioni per la polizia in modo da far scoprire e individuare il covo. La prima volta fu il 18 marzo, due giorni dopo il sequestro dell'onorevole Moro. Dal commissariato Flaminio Nuovo fu inviato un drappello di agenti a fare una perquisizione proprio nella palazzina al civico 96 di via Gradoli.

BALDASSARRI. Quell'appartamento a cui bussarono senza che fosse aperto.

FRAGALA’. La signora Mokbel segnalò a un commissario, tramite un brigadiere di pubblica sicurezza, che di notte nell'appartamento del quinto piano di fronte al suo c'era qualcuno che faceva dei rumori come se segnalasse con l'alfabeto Morse, e la polizia non raccolse questa segnalazione. Il 2 aprile è stato il professor Prodi a segnalare Gradoli nei termini che qui sono emersi. Infine i brigatisti, o chi per loro, stanchi dell'inefficienza dell'apparato investigativo, allagarono l'appartamento e così finalmente il 18 aprile 1978 il covo venne scoperto. Ora, rispetto a questa sequenza, mi permetterà di pensare che l'informazione suggerita al piattino da chi la conosceva fu un'informazione corretta che per ben tre volte, fino all'allagamento da parte di un'ala trattativista delle BR, si tentò di dare per bloccare Moretti e quindi l'uccisione dell'onorevole Moro. Lei nel corso degli anni ha mai chiesto al professor Prodi come mai l'esito di un pomeriggio ludico, di una seduta spiritica improvvisata, senza medium, con sensitivi improvvisati e dilettanti, con bambini che giocavano intorno, fu ritenuto così attendibile da essere causa, l'indomani, di un viaggio fino a Roma per riferirne ai più alti vertici istituzionali e dell'apparato investigativo? Si è mai posto questa domanda e l'ha posta all'onorevole Prodi?

BALDASSARRI. No, perché quando la sera si tornò a casa la sequenza di Viterbo, Bolsena e Gradoli ci aveva sorpreso e se ne chiacchierò fra di noi. C'era chi sosteneva che fosse il caso di riferirlo e chi pensava non fosse il caso. I primi sostenevano che era opportuno farlo chiarendo che si trattava di un gioco e che quel nome era venuto fuori così, di dirlo come una cosa in più. Dopo di questo, non so quando, il professor Prodi andò a parlarne con Cavina. Me lo ha detto lui diversi giorni dopo.

FRAGALA’. Voi concordaste dunque di riferire agli organi investigativi? E’ così perché lo dicono tutti.

BALDASSARRI. Ritenemmo che forse valeva la pena di riferirlo. Tutto qua.

FRAGALA’. Anche le vostre mogli erano economiste?

BALDASSARRI. Quasi tutte.

FRAGALA’. La moglie di Prodi lo era.

BALDASSARRI. Non lo era.

FRAGALA’. Era assistente. Quando un gruppo del vostro livello decide di esporsi con le autorità istituzionali e investigative con le informazioni avute in una seduta spiritica è perché ha preso la cosa molto sul serio. Nessuno di voi si sarebbe prestato alla derisione e al ludibrio di un'esposizione di questo genere.Mi chiedo se lei si consultò con il professor Prodi oppure lo avevate già concordato, essendo tutti convinti che il risultato di questa esperienza cosiddetta ludica era talmente importante da correre il rischio di esporvi ad una derisione?

BALDASSARRI. Non avevo affatto la percezione che la parola Gradoli potesse essere un'informazione importante perché - lo ripeto - non sapevamo neanche che cosa fosse.

FRAGALA’. Ma poi lo avete saputo.

BALDASSARRI. Lo abbiamo saputo 20 giorni dopo.

FRAGALA’. Lo avete saputo subito, quando avete consultato la cartina geografica.

BALDASSARRI. Anche quando, esaminata la cartina, abbiamo appreso che esisteva un paese che si chiama Gradoli, il fatto risultava più che altro curioso: per me esisteva una probabilità su dieci milioni che si trattasse di un'informazione importante. Sono rimasto impressionato quando è stato scoperto il covo di via Gradoli, ma non quella sera quando tornammo a casa dopo il gioco. Ritenemmo tuttavia che alle numerose segnalazioni se ne potesse aggiungere un'altra, chiarendo le circostanze in cui era emersa.

FRAGALA’. Nemmeno dopo la scoperta del covo di via Gradoli parlò con il professor Prodi?

BALDASSARRI. Certo, quando fu scoperto il covo chiamai Romano al telefono per dirgli che quel piattino aveva ragione, non si trattava però di un paese ma di una via.

DE LUCA Athos. Innanzitutto desidero ringraziare anch'io il professor Baldassarri della sua cortesia e della sua disponibilità. Più che alla seduta spiritica, sono interessato a ciò che è avvenuto dopo: quando sono emersi dei nomi avete discusso tra amici sul modo di utilizzare queste rivelazioni? Credo che nessuno degli altri partecipanti alla riunione credesse nello spiritismo.

BALDASSARRI. Non lo so, ma credo di no.

DE LUCA Athos. Non ne avete parlato durante il gioco?

BALDASSARRI. La mia sensazione era che vi fosse una sorpresa generale sul fatto che il piattino si muovesse.

DE LUCA Athos. Lei ci ha detto che non credeva allo spiritismo. Gli altri amici ci credevano o no?

BALDASSARRI. Non le so rispondere sul conto degli altri; io pensavo che mi stessero prendendo in giro.

DE LUCA Athos. In seguito però lei ha capito che non la stavano prendendo in giro. Mi consenta, professore, viene spontaneo, dopo aver partecipato ad una seduta spiritica, domandarsi se si crede o no a questi fenomeni. Voi non ve lo siete chiesto?

BALDASSARRI. Sì, io ho detto che non ci credevo e continuo a non crederci, ma dovevo dire con grande sorpresa che mi sembrava che il piattino si muovesse da solo.

DE LUCA Athos. E’ strano che degli amici accomunati da questo genere di esperienza non si siano fatti domande che io ritengo naturale porsi in quelle circostanze.

BALDASSARRI. Qualcuno disse poi di averlo fatto anche altre volte e che il piattino si muoveva da solo; io lo vidi per la prima volta.

PRESIDENTE. Ricorda chi?

BALDASSARRI. Credo che Alberto Clò l'avesse fatto altre volte, ma dopo vent'anni è difficile ricordare, anche perché in quel momento non memorizzammo l'episodio come un evento eccezionale: è diventato strano in seguito.

DE LUCA Athos. Il vostro gruppo di amici era favorevole alla linea della fermezza o a quella della trattativa? Ha scambiato queste opinioni con i suoi amici?

BALDASSARRI. Personalmente, pur non avendo una grande esperienza, ero istintivamente favorevole alla linea della fermezza.

DE LUCA Athos. E gli altri?

BALDASSARRI. Non ricordo bene, ma credo che, per la maggior parte, fossero contrari ad una trattativa con le BR. Io avevo 32 anni, ero tornato dagli Stati Uniti da due o tre anni e avevo trovato il paese cambiato rispetto a quando ero partito; non avevo le idee molto chiare, ma avevo la sensazione che, cedendo una prima volta, si sarebbe dovuto cedere ancora. Debbo dire che rimasi molto sorpreso dall'uccisione di Moro: avrei ritenuto le Brigate rosse più intelligenti; secondo la mia opinione, naturalmente ex post, avrebbero provocato danni maggiori alle istituzioni se non lo avessero ucciso.

FRAGALA’. Qualcuno, per salvare le istituzioni, fece uccidere Moro!

DE LUCA Athos. Lei ha pensato, o pensa adesso dopo vent'anni, che qualcuno dei suoi amici si fosse prestato a questo gioco per cercare di salvare Moro?

BALDASSARRI. No; io avevo la sensazione che si trattasse soltanto di un gioco e che non fosse stato organizzato da qualcuno. L'unico dubbio che avevo - lo ripeto - riguardava la possibilità che mi stessero facendo uno scherzo.

DE LUCA Athos. Dopo quell'episodio e dopo la scoperta del covo di via Gradoli, oltre ad aver scambiato qualche parola con Prodi, ha parlato nuovamente, a quattr'occhi e in tranquillità, con gli amici per riflettere su quella giornata? Vi siete scambiati delle opinioni, vi siete domandati se qualcuno aveva spostato con il dito il piattino in modo da far risultare il nome Gradoli e chi poteva essere stato?

BALDASSARRI. No, l'interrogativo che ci siamo posti riguardava il modo in cui il piattino si era mosso, visto che nessuno lo spostava.

DE LUCA Athos. E’ duro accettare che questa fosse la priorità!

BALDASSARRI. Me ne rendo conto; sono un economista, ho una mentalità matematica, mi rendo conto che è ridicolo quello che sto dicendo, ma è la verità.

DE LUCA Athos. Lei ha detto di essersi recato alla riunione, di aver creduto inizialmente che si trattasse di un gioco e di essere quindi rimasto perplesso. Non mi convince un aspetto della sua versione: sarebbe lecito aspettarsi che, dopo la scoperta del covo di via Gradoli, lei abbia chiesto ai suoi amici che cosa era successo quella sera e in che modo era venuto fuori quel nome. Non si tratta di una curiosità ma della volontà di sapere. Delle due l'una: o lei avrebbe dovuto convincersi dell'esistenza degli spiriti - è una tesi di cui hanno parlato La Pira e Sturzo - oppure, seguendo la sua mentalità razionale di economista, avrebbe dovuto telefonare ai suoi amici e chiedere chi aveva mosso il piattino.

BALDASSARRI. Me ne rendo conto: ma ancora oggi sono convinto che, per ciò che ho visto, il piattino si muoveva da solo. Ciò non significa che mi sono messo a praticare lo spiritismo, ma rimango con questo dubbio.

PRESIDENTE. Ricorda se il piattino indicò dei numeri?

BALDASSARRI.Sì, si fermava anche su alcuni numeri.

FRAGALA’. Scrisse il numero 96?

BALDASSARRI. I numeri erano scritti su un foglio insieme alle lettere, non era il piattino a scriverli.

PRESIDENTE. Due giornalisti hanno detto che fu formato il numero 095 che corrisponde al prefisso telefonico di Catania.

FRAGALA’. Mi pare che venne fuori il prefisso di una città della Sicilia.

PRESIDENTE. Ricordo che il numero civico del covo di via Gradoli era 96.

FRAGALA’. Venne fuori la lettera A e il numero 96.

PRESIDENTE. No. La versione che ho io è che venne fuori il numero 095.

FRAGALA’. Vorrei infine rivolgerle una domanda, visto che sono ormai passati venti anni; lei conosceva bene tutti i partecipanti della riunione?

BALDASSARRI. Conoscevo da parecchi anni il professor Prodi, la moglie, il professor Alberto Clò, Fabio Gobbo; meno gli altri; il fratello di Alberto Clò lo avevo visto due volte e lo avrò visto due volte nei vent'anni successivi.

FRAGALA’. Lei non faceva parte dell'Istituto del professor Clò?

BALDASSARRI. Sì. Rientrato dagli Stati Uniti ero all'istituto del professor Clò.

PRESIDENTE. Da quanto tempo era rientrato?

BALDASSARRI. Dal 1974.

FRAGALA’. La dichiarazione del professor Prodi....

BALDASSARRI. Quello che ha detto il professor Prodi non lo so, però i membri dell'Istituto di scienze economiche della facoltà di scienze politiche dell'Università di Bologna, alla data del 1978, erano il sottoscritto in qualità di assistente ordinario e professore incaricato alla facoltà di giurisprudenza; il professor Prodi in quanto direttore del Cepi, Centro di economia e politica industriale, il professor Fabio Gobbo ed il professor Alberto Clò; il fratello di Alberto Clò non credo sia neanche un economista e stava da tutt'altra parte; le altre persone ovviamente non erano membri dell'istituto.

PRESIDENTE. La mia domanda è la seguente: vi era nessuna di queste persone che, anche alla stregua di conoscenze successive, secondo lei poteva avere amicizie in ambienti vicini alle posizioni radicali di sinistra?

BALDASSARRI. Che io sappia no, perché questi amici erano sostanzialmente tutti democristiani, diciamocelo chiaramente.

FRAGALA’. Democristiani dossettiani?

BALDASSARRI. Ma no; all'epoca non conoscevo neanche la differenza tra Dossetti, Fanfani o quant'altro.

FRAGALA’. Facevano riferimento all'onorevole Andreatta ed al senatore Medici?

BALDASSARRI. Ho visto il senatore Medici in un seminario e poi altre volte in televisione; poi credo sia morto. Del resto, non ero uno studioso all'epoca di queste cose. Sapevo che c'era Dossetti ma nient'altro.

PRESIDENTE. Qualcuno che avesse un cugino un po' vivace, border line?

BALDASSARRI. C'era la cugina della mia ex moglie, ma non era vivace; era una studentessa di medicina a Bologna.

PRESIDENTE. Quindi elementi border líne vicini agli ambienti del movimento studentesco non ce ne erano?

BALDASSARRI. Che io sappia no. E sono convinto di ciò perché Gobbo è un ex carabiniere ed è rimasto tale come modo di approccio alla vita; conoscevo Clò da parecchi anni così come Prodi; non mi pare avessero particolari frequentazioni.

PRESIDENTE. Ringrazio il professor Baldassarri per essere intervenuto e dichiaro conclusa l'audizione.

La seduta termina alle ore 20,50.

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