Commissione parlamentare d'inchiesta sul terrorismo in Italia e sulle cause della mancata individuazione dei responsabili delle stragi

40a SEDUTA

MARTEDI 22 SETTEMBRE 1998

Presidenza del Presidente PELLEGRINO

Indice degli interventi

PRESIDENTE
SALVI

 

La seduta ha inizio alle ore 19,55.

 

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la seduta.

Invito il senatore Palombo a dare lettura del processo verbale della seduta precedente.

PALOMBO, segretario, dà lettura del processo verbale della seduta del 22 luglio 1998.

PRESIDENTE. Se non vi sono osservazioni, il processo verbale si intende approvato.

 

SU ALCUNE NOTIZIE DI STAMPA

PALOMBO. Signor Presidente, su un'agenzia della Adn-kronos si legge: "Feci bene a silurare la candidatura di Delfino a Comandante dell'Arma dei Carabinieri". Lo afferma il capogruppo dei Verdi in Commissione stragi, Athos De Luca, concludendo: "Anche in sede giudiziaria si confermano i coinvolgimenti e le gravi responsabilità degli apparati dello Stato sulle stragi. Il generale Delfino è stato chiamato in causa in molte inchieste, in gran parte sviluppate dal Reparto Eversione dei Carabinieri, sui retroscena dell'eversione nera degli anni SettantaOttanta". Ritengo che queste affermazioni, fatte da un parlamentare ed emanate attraverso l'agenzia di stampa, siano molto gravi. Chiedo a questo collega di farmi conoscere innanzi tutto dove si trova il reparto eversione dei Carabinieri, quando è stato fondato, chi lo comanda e quali compiti svolge. Inoltre vorrei sapere come mai e quando il generale Delfino è stato candidato a comandare l'Arma dei Carabinieri. Vorrei che quanto sto dicendo resti a verbale perché certe affermazioni sono molto gravi. Queste sono agenzie che tutti possono acquisire e leggere e chi non è addetto ai lavori potrebbe pensare che i Carabinieri abbiano un reparto eversione per fomentare ed organizzare stragi.

PRESIDENTE. Collega Palombo, naturalmente non spetta a me risponderle, ma al collega. L'agenzia presenta alcune imprecisioni ed enfatizzazioni di questa dichiarazione che potrebbero anche essere dovute ad una scarsa precisione da parte di chi ha reso le dichiarazioni del collega. Come lei ricorderà, nella proposta di relazione che chiuse i nostri lavori al termine della precedente legislatura vi erano alcune annotazioni che riguardavano l'allora capitano Delfino. Quest'ultimo indirizzò ai Presidenti della Camera e del Senato una lettera molto dura. A seguito di un chiarimento che ebbe luogo, ho voluto che venisse ascoltato e ci fu un'audizione che durò circa 7-8 ore. Nello stesso tempo mi sembrò giusto sentire anche il dottor Arcai. Oggi queste due audizioni sono alla valutazione della Commissione che naturalmente seguirà con attenzione l'evoluzione della vicenda giudiziaria. Personalmente sono stato anche sentito da giornalisti e non ho voluto fare alcun commento ed alcuna anticipazione.

 

COMUNICAZIONI DEL PRESIDENTE

PRESIDENTE. Comunico che, dopo l'ultima seduta, sono pervenuti alcuni documenti, il cui elenco è in distribuzione, che la Commissione acquisisce formalmente agli atti dell'inchiesta.

Comunico inoltre che i dottori De Gori e Frattasio e gli onorevoli Giovine e Galloni hanno provveduto a restituire, debitamente sottoscritti ai sensi dell'articolo 18 del regolamento interno, i resoconti stenografici delle loro audizioni, dopo avervi apportato correzioni di carattere meramente formale.

Comunico altresì che sono stati conferiti, e accettati, due incarichi di studio concernenti la documentazione disponibile contenuta negli archivi dei servizi segreti statunitensi e dell'ex Unione Sovietica. I professori Smith e Zaslavsky consegneranno i loro elaborati entro il marzo 1999.

Comunico che il professor Virgilio Ilari ha depositato una cronologia critica del periodo 1969-1975.

Comunico infine che in data 21 settembre 1998 il Presidente della Camera dei deputati ha chiamato a far parte della Commissione l'onorevole Marianna Li Calzi in sostituzione dell'onorevole Gianantonio Mazzocchin, dimissionario.

 

INCHIESTA SULLE VICENDE CONNESSE AL DISASTRO AEREO DI USTICA: AUDIZIONE DEI DOTTORI SETTEMBRINO NEBBIOSO, VINCENZO ROSELLI E GIOVANNI SALVI, SOSTITUTI PROCURATORI DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE DI ROMA

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione dei dottori Settembrino Nebbioso, Vincenzo Roselli e Giovanni Salvi, sostituti procuratori della Repubblica presso il Tribunale di Roma, che hanno depositato la nota requisitoria sull'indagine sul disastro aereo di Ustica in corso di istruttoria formale da parte del dottor Priore.L'Ufficio di Presidenza ha ritenuto opportuno audirli perché possano meglio illustrare alla Commissione i contenuti della loro requisitoria, nell'avvertita coscienza da parte di tutti che essa costituisce il punto di vista di una parte.

Oggi purtroppo si è presentato l'impedimento dovuto alla seduta notturna del Senato e questo fatto rafforza, a mio avviso, una decisione che già avevamo assunto in Ufficio di Presidenza: stasera sarebbe opportuno dare la parola agli auditi e poi potremmo aggiornare la seduta, se tutti sono d'accordo, a martedì prossimo alla stessa ora. Se qualcuno di voi pensa di non poter essere presente può far pervenire ai colleghi del suo stesso Gruppo delle annotazioni o delle domande.

Prima di dare la parola ai nostri auditi, vorrei dire loro brevemente come ho percepito il senso della loro requisitoria, al fine di semplificare ed abbreviare i tempi dell'audizione.

A me sembra che la requisitoria parta inizialmente dall'esame oggettivo del relitto, che è stato oggetto - come è noto - di un numero cospicuo (non voglio dire infinito) di indagini tecniche. Le conclusioni a cui perviene la procura in esito a queste indagini che riguardano esclusivamente il relitto sono che sicuramente può escludersi il cedimento strutturale, che sono estremamente esigui gli elementi provenienti dall'esame del relitto che farebbero pensare ad un impatto dell'aereo con un missile o con una testata di un missile. Sono più consistenti ma fra loro non concordanti e intimamente contraddittori, quasi da escludersi a vicenda, gli elementi che dall'esame del relitto farebbero pensare invece ad un'esplosione interna che abbia causato il disastro del DC9; che i dati che risultano dall'esame del relitto, pur non essendo totalmente congruenti, non sono tuttavia tali da escludere dalle ipotesi possibili quella di un cedimento dell'aereo dovuto ad un eccesso di carico determinato dall'interferenza di altro aereo che sarebbe passato nelle vicinanze - vi è cioè un'ipotesi di quasi collisione - che avrebbe determinato una manovra da parte del pilota, probabilmente involontaria, causando il distacco della punta dell'ala sinistra e un sovraccarico del motore di destra, quindi il collasso del veicolo. Pertanto, avendo ritenuto che dall'esame del relitto non vengano elementi inequivoci che consentano di determinare la causa del collasso, la requisitoria passa all'esame delle perizie radaristiche, dalle quali, attraverso un discorso estremamente complesso (che per essere compreso nei vari passaggi richiederebbe cognizioni tecniche che personalmente confesso di non avere) risulterebbe che i tracciati non escludono - anche se non provano in termini di certezza - la possibilità che la rotta del DC9 sia stata nel luogo e nel momento del collasso del velivolo intersecata, con rotta ortogonale, da un altro aereo dalla traiettoria molto veloce.

Il passaggio alla fase successiva è che questa significatività dei tracciati radar, letti con la scienza del 1980, cioè con quelle che potevano essere le cognizioni sapienziali di chi li ha esaminati a primo impatto, rendeva l'ipotesi della interferenza ortogonale dell'altro aereo molto più consistente, ne elevava il grado di probabilità. Sulla base di tutto questo vengono formulate poi le imputazioni, essendovi - il materiale istruttorio che indicate è molto copioso - una serie di fatti certi (telefonate, testimonianze) che proverebbero che nell'immediatezza del collasso i vertici dell'Aeronautica abbiano fortemente pensato all'ipotesi dell'abbattimento dell'aereo da parte di un missile o ad una collisione, o quasi collisione, e che quindi si siano fortemente allertati e abbiano avuto intensi contatti soprattutto con l'ambasciata americana.

Se ho ben capito, a questo punto l'inchiesta conosce una fase di stanca o di quiescenza, fino a quando, dopo qualche anno, si ravviva. L'aver fin dall'inizio, fin da questo iniziale allarme, escluso di informare gli organi di Governo, e quindi la necessità di non contraddirsi, avrebbe poi determinato, nel corso dello svolgimento delle indagini, una sorta di prigionia rispetto al già detto e una serie di completamenti della condotta che viene contestata come tipica del reato più grave, ossia l'attentato agli organi costituzionali, e insieme una serie di condotte minori, sempre aventi rilievo illecito, che però, per essere incasellate in ipotesi di reati meno gravi, sono state quasi tutte coperte da prescrizione. L'attentato agli organi costituzionali, e questa prigionia, cioè il non aver immediatamente informato il Governo di questi sospetti, riguarda anche la vicenda del Mig libico, in cui, se ho ben capito, la tesi della procura è che vi sia stata probabilmente una postdatazione della caduta del Mig, però non dalla fine di giugno al 18 luglio, ma probabilmente di qualche giorno - dal 14 luglio al 18 luglio - periodo in cui il relitto sarebbe stato esaminato, probabilmente per capire se vi potevano essere connessioni con la vicenda di Ustica, ma anche di questa vicenda si sarebbe taciuto al Governo. La non collaborazione con l'autorità giudiziaria non sarebbe quindi un momento consumativo del reato; gli organi istituzionali lesi sarebbero soprattutto gli organi di Governo.

Vorrei sapere innanzitutto dai nostri auditi se ho letto bene la requisitoria. Vi rivolgo poi un'ulteriore domanda: alla fine di tutto, quanto alla imputazione di strage, la conclusione è non doversi procedere perché gli autori sono restati ignoti. L'intera ricostruzione però non dà la certezza che un fatto di strage si sia verificato, perché un simile fatto dovrebbe essere doloso, volontario, quindi ricollegabile o a un missile che era stato lanciato contro il DC9 per abbatterlo o a una esplosione interna.

Fatta questa premessa, cedo la parola al dottor Salvi.

SALVI. Credo che la sintesi che il Presidente ha fatto delle conclusioni del nostro lavoro sia giusta. Non mi pare che da questo punto di vista vi sia nulla che possiamo aggiungere o chiarire.

Ritengo tuttavia molto importante che noi cerchiamo di illustrare il percorso, sia pure in termini molto rapidi, con il quale siamo arrivati a queste conclusioni, partendo forse dalla stessa scelta della forma espositiva che abbiamo adottato in queste requisitorie. Il fatto cioè di aver concentrato la nostra attenzione esclusivamente sugli aspetti principali dell'indagine condotta in istruttoria formale dal dottor Priore è una scelta che avrebbe potuto anche essere diversa. Avremmo potuto approfondire i mille rivoli di questa investigazione alcuni dei quali hanno comportato un grande dispendio di energie investigative e determinato anche ritardi nel completamento delle indagini. La scelta che abbiamo fatto è collegata strettamente al nostro ruolo di valutare se sia possibile chiudere la fase delle indagini dell'istruttoria formale passando alla fase del dibattimento oppure se non vi è spazio per questo. Per questo abbiamo concentrato la nostra attenzione su questi aspetti; per molti episodi paralleli abbiamo chiesto la trasmissione degli atti nel corso del procedimento e abbiamo proceduto separatamente, individuando singoli fatti che si sono inseriti in questo procedimento.

Noi abbiamo concentrato, come ricordava il presidente Pellegrino, la parte principale del nostro lavoro sulla possibilità di dare una risposta definitiva sulle cause della perdita del DC9. E’ vero, al termine del nostro lavoro non siamo stati in grado di dare una risposta definitiva e certa, sciogliendo tutte le alternative. Questo è un risultato certamente negativo che pesa anche a noi: dopo tanto lavoro avremmo voluto offrire una ricostruzione definitiva, netta, almeno per quella che era la nostra convinzione, scegliere in maniera decisa tra le diverse possibilità. Io credo che l'impegno che è stato profuso sotto questo aspetto per cercare di raggiungere questo risultato non avrebbe potuto essere maggiore. Se si è arrivati a questa sostanziale incertezza l'accertamento penale, che deve poter portare ad accertare le responsabilità personali, individuali, credo che non sia possibile superare questo risultato. Credo che il punto di partenza di questa difficoltà stia in una situazione di contrasto in fatto che nasce già dalla sera del 27 giugno, ed è l'esistenza di dati radar tali da non consentire di escludere in maniera netta la presenza di un secondo aereo in prossimità del DC9. Certamente, qualora si fosse raggiunto attraverso l'indagine sul relitto un risultato chiaro e definitivo, nel senso dell'una o dell'altra ipotesi che avevano le maggiori probabilità di essersi verificate (cioè esplosione interna ed esplosione esterna), quegli elementi di dubbio avrebbero potuto essere risolti indicando l'esistenza di alcuni ritorni radar nei dintorni del DC9 tra loro coordinabili attraverso criteri che tutti coloro che li esaminarono nel 1980 ritennero di dover interpretare come appartenenti ad un aereo. Si sarebbe potuto aggiungere poi che si trattava di una coincidenza, anche se assolutamente improbabile, rispetto alla certezza data dagli elementi desumibili dall'esame del relitto.

Noi siamo quindi partiti da questo dato di fatto, dato di fatto che in sé non ha forza minore rispetto ai dati di fatto desumibili dall'interpretazione del relitto, dato di fatto peraltro in sé non incontrovertibile già nell'indagine effettuata nel 1980 perché la medesima situazione (e cioè ritorni radar corrispondenti alla presenza di un aereo intersecante il DC9 nel punto e nel momento in cui questo cade) non appariva nelle annotazioni della base di Licola e non appariva nemmeno nelle registrazioni della base di Marsala che, come sapete, a differenza di quella di Licola aveva a disposizione un sistema automatico di registrazione dei dati e quindi avrebbe potuto, in linea ipotetica, registrare quel risultato. Noi siamo partiti dalla necessità di sciogliere questo dubbio.

Vengo ora a quello che credo essere il punto decisivo di questo procedimento; sono molte le cose di cui potremmo parlare, ma credo che la cosa più importante sia offrirvi il percorso logico che abbiamo seguito, giungendo ai punti di snodo del nostro lavoro. Il punto di snodo principale si può situare nel 1989, quando cioè viene offerta una diversa interpretazione delle modalità di funzionamento del radar di Ciampino, in grado di porre le basi per una interpretazione di quei ritorni radar come derivanti da un mal funzionamento del radar di Ciampino.Questo avrebbe potuto fornire la base solida per spiegare per quale ragione solo il Marconi vede (e non anche Selenia) questi ritorni, le ragioni per le quali il radar di Marsala non li vede, le ragioni per le quali Licola non annota questi ritorni sul DA1, sui suoi registri. Questo, quindi, è il punto centrale: quello che si verifica tra il 1989 ed il 1990. Se questo passaggio fosse stato logico, lineare, il ragionamento di questo ufficio credo che sarebbe stato diverso; sarebbe stato nel senso, cioè, di escludere i dati radaristici che ho indicato da quelli rilevanti ai fini dell'interpretazione di ciò che si era verificato la sera del 27 giugno. Così non è stato.

Noi non siamo ovviamente degli esperti di radar e naturalmente il detto secondo il quale il giudice è "il perito dei periti" lascia il tempo che trova, perché non possiamo pretendere di sostituirci a chi ha competenza in materie così complesse, "andando" di contrario avviso rispetto a chi ha esaminato questi elementi. Il nostro lavoro, però, consiste innanzitutto nella verifica, attraverso lo strumento del processo penale, dei presupposti di fatto del lavoro dei periti e poi nella verifica della coerenza logica del percorso da essi seguito. Questo lo possiamo fare sulla base del materiale che ci viene messo a disposizione dai periti stessi e proprio questo è quello che abbiamo cercato di fare. In nessun momento abbiamo avuto la presunzione di sostituirci ai periti: in nessun momento abbiamo avuto la presunzione di pensare che il nostro lavoro potesse essere migliore o diverso da quello di coloro che avevano la competenza tecnica per esaminarlo. Per questo ci siamo avvalsi molto del lavoro dei consulenti tecnici di parte, sia imputata che civile, ed abbiamo utilizzato l'uno e l'altro dei contributi cercando di comprendere se anche da quelle parti potevano venire dei supporti per i due obiettivi che avevamo. Con questa premessa, torniamo al discorso del 1989-1990.

Fino a quel momento, cioè fino al 1989-1990, chi aveva esaminato i dati radaristici di cui ho parlato, a partire dagli stessi tecnici che avevano installato e curato la manutenzione dei radar, aveva offerto come soluzione più probabile quella della presenza di un aereo che intersecava il volo del DC9. Nel 1989 la Commissione Pratis, che aveva fatto un lavoro molto attento di ricostruzione del materiale probatorio raccolto fino a quel momento ed in particolare della perizia Blasi, aveva posto in discussione questa interpretazione in maniera radicale, ma non perché ne avesse posto in discussione la valutazione fatta dai vari esperti, ma perché asseriva che in realtà le modalità di funzionamento del radar erano differenti rispetto a quelle attestate nella relazione della Selenia del 1980. A richiesta del collegio Blasi la Selenia redige una nuova relazione, nel 1990, quella su cui poi si basa la differenza di valutazione che porta alla spaccatura del collegio Blasi, che poi è anche ciò che pone il fondamento del successivo lavoro di Picardi che reinterpreta l'intero materiale radaristico.

Il primo punto di grande perplessità che abbiamo avuto è questa relazione Selenia del 1990, perché ci siamo accorti che in realtà coloro che avevano redatto tale relazione erano gli stessi tecnici che avevano redatto quella del 1980 e che in realtà nel frattempo non era intervenuto nulla che rendesse ragionevole una modificazione di quella interpretazione. Abbiamo quindi proceduto ad un tentativo di ricostruire la situazione, perché nel frattempo erano passati dieci anni e la situazione dei radar si era anche modificata dal punto di vista tecnico, abbiamo quindi cercato di ricostruire documentalmente quale fosse la situazione del 1980 e quali le modificazioni intervenute nel frattempo. Questo lavoro ci ha portato a ritenere che non vi fossero state delle modificazioni documentate che rendessero ragionevole l'interpretazione del 1990; non solo, ma nella nostra requisitoria abbiamo dato atto (e non lo ripeterò qui) di questo percorso istruttorio prima che logico. Anche i tre tecnici redattori di questa nota non solo non hanno saputo spiegare le ragioni di tale modificazione, ma anzi sono caduti in netta contraddizione di fronte alle nostre obiezioni sulle ragioni che li avevano indotti a modificarla. Questo è un primo punto di partenza: possono porsi ragionevolmente a fondamento delle indagini peritali i dati attestati dalla Selenia nella relazione del 1990 oppure ci si deve basare su quelli antecedenti?

Ma non è ancora questo il punto veramente significativo per quanto concerne i dati radaristici, perché - tutto sommato - ciò potrebbe anche trovare una spiegazione e potrebbe essere superato dal lavoro molto approfondito che ha fatto Picardi anche con una serie di indagini di carattere sperimentale, anche se sono indagini che si verificano dopo il 1990 e quindi con una situazione tecnica che non sappiamo se corrispondesse effettivamente a quella del 1980. Ma ciò che ci ha indotto in gravi perplessità sulla possibilità di condividere le interpretazioni che dovrebbero portare ad escludere nettamente la possibilità di interpretare i ritorni di cui ho parlato come reali è in realtà il fatto che per poter accedere a questa interpretazione è necessario utilizzare tutti i parametri che vengono utilizzati dagli stessi periti, in particolare per ciò che concerne il funzionamento - per l'appunto - del radar Marconi al limite massimo delle possibili deviazioni e in molti casi anche oltre i limiti fissati in linea teorica, individuando peraltro delle costanti negli andamenti di queste deviazioni tali da essere in sé altamente improbabili.

Dicevo che abbiamo utilizzato il lavoro dei consulenti di parte perché per esempio i nostri periti radaristici (quelli del giudice istruttore) avevano accettato come vera l'ipotesi che alcuni ritorni radar in un momento antecedente rispetto a quello di cui stiamo parlando (che potevano apparire collegabili anche con i ritorni meno 17 e meno 12 di cui stiamo parlando, e più in generale potevano dimostrare l'esistenza di aerei che volavano intorno al DC9) fossero reali. Noi, invece, abbiamo ritenuto che tale interpretazione non sia corretta. Abbiamo invece ritenuto che l'interpretazione offerta dai consulenti di parte imputata sia molto più ragionevole e in realtà rispondente ai dati radaristici nel momento in cui individua tali ritorni come riflessi da lobi laterali del radar e non dal lobo principale. Vi erano certamente molte ragioni di perplessità per l'accettazione di questa interpretazione, ma per tutta una serie di ragioni che abbiamo cercato di spiegare ci siamo convinti che la spiegazione più ragionevole sia quella dei riflessi da lobi laterali.

Così come abbiamo ritenuto che non sia del tutto convincente l'interpretazione offerta dal consulenti tecnici della parte civile nel momento in cui hanno prospettato che l'esame della traccia del DC9 dal momento della sua partenza fino a quello della caduta rivelasse con certezza la presenza di un aereo nascosto al di sotto del DC9. Abbiamo ritenuto che tali elementi non siano in sé sufficienti a dare questa certezza anche se abbiamo rilevato anche in questo caso l'esistenza di un numero di anomalie sulla traccia del DC9 superiore rispetto a quello riscontrabile in tutte le altre tracce analoghe; anche in questo caso per escludere, per poter interpretare i ritorni anomali come dipendenti dalle logiche di funzionamento del radar accettato in premessa teorica è necessario andare oltre i limiti che vengono stabiliti nelle premesse. Credo che questi siano dei dati di fatto. Questa rotta del DC9 ha delle anomalie che possono essere giustificate sulla base dei meccanismi di funzionamento del radar individuati con tanta difficoltà e lavoro, ma tali limiti vengono superati nei casi che abbiamo indicato. Quindi è necessario ritenere, per poter giustificare tutti questi ritorni, che in realtà si siano superati i limiti teorici previsti.

Abbiamo quindi un ulteriore aspetto, sempre dei dati radaristici, che ci ha indotto in gravi perplessità nell'accettare la loro esclusione da quelli significativi ai fini della decisione ed è ciò che concerne la localizzazione geografica dei ritorni radar. L'effettiva localizzazione geografica dei ritorni radar (non nelle coordinate del radar, ma nelle effettive coordinate geografiche) consente o non consente l'interpretazione, la correlabilità delle tracce ricostruibili, dei punti successivi al punto zero con i relitti staccatisi dal DC9 oppure la necessità di individuare l'esistenza di un oggetto diverso da quello dei relitti, avente una portanza tale da superare il rapporto tra il coefficiente aerodinamico dei relitti e il tempo che questi risultano essere stati visti dal radar in aria. Per poter giustificare e correlare tutti i ritorni successivi a quello zero con i reperti trovati nel fondo del mare attraverso una serie di operazioni concettuali (sulle quali pure molto c'è da discutere, perché sono diverse quelle proposte dai periti rispetto a quelle proposte, per esempio, dai difensori di parte civile), accettando l'impostazione che vuol ricondurre tutti questi ritorni ad oggetti staccatisi dal DC9 è necessario ancora una volta andare oltre i limiti individuati teoricamente sia per ciò che concerne la possibilità per il radar di vedere verso il basso, che per ciò che concerne lo spostamento in coordinate geografiche rispetto al Nord. E’ quindi necessario anche in questo caso andare oltre i limiti che erano stati stabiliti in premessa; andando oltre i limiti, quindi, è possibile interpretare tutti questi ritorni, però è necessario effettuare questa forzatura. Non voglio dire che questo non sia ciò che corrisponda a verità, dico solo che vi è questa serie di operazioni che vanno fatte a mio parere in maniera incontestabile.

Naturalmente aspetto con ansia di leggere le osservazioni contrarie dei consulenti di parte imputata; spero che non abbiamo scritto delle castronerie, però la convinzione che noi ci siamo fatti lavorando su questo è che vi sono - in tutti i casi che io vi ho detto - delle gravi forzature dei limiti stabiliti in via concettuale prima che si inizi l'operazione interpretativa.

Tutte queste difficoltà, però, sarebbero superabili - come dicevo prima - se avessimo potuto trovare una prova certa e indubitabile dall'esame del relitto della causa della perdita del DC9. L'avremmo potuta avere in un senso o nell'altro: se avessimo potuto trovare con certezza la traccia dell'impatto della testata di un missile o di un corpo di un missile sul DC9 avremmo dovuto ritenere che quelle forzature erano da escludersi e che quindi quella fosse una traccia reale. Per altro verso, se avessimo trovato la prova certa e indubitabile di una esplosione interna, avremmo dovuto raggiungere la conclusione opposta e cioè che si era verificata una di quelle terribili coincidenze che si possono verificare nelle indagini giudiziarie, che rimaneva inesplicabile. Dobbiamo quindi partire da questo: esiste un dato di fatto (non possiamo pretermettere che esista quel dato di fatto) costituito dai dati radaristici. Il dato radaristico, di per sé, non è - a nostro parere - meno forte di quello derivante dal relitto. Anche questi dati hanno la loro forza che, come tale, deve essere valutata.

Non entrerò qui nel merito del rapporto interpretativo con i dati desumibili dal radar di Marsala, né con l'attendibilità dei radar di Licola, perché su questo abbiamo lavorato molto e siamo arrivati alla conclusione, per esempio, che le trascrizioni del DA1 di Licola sono in netto contrasto con tutto ciò che risulta dalle telefonate circa i plottaggi che venivano effettuati. Così come, per ciò che concerne Marsala, abbiamo fatto un lavoro che aspettiamo appunto di vedere verificato, relativo all'indagine effettuata dalla commissione Pratis. Su questo apro una parentesi specifica perché mi sembra un punto di particolare importanza proprio per il lavoro della Commissione. Infatti, la nostra opinione è che la commissione Pratis non abbia rappresentato correttamente alla Presidenza del Consiglio i risultati delle indagini tecniche che erano state fatte sulla simulazione di una intercettazione da parte di un F-104 del DC9 con registrazione dei dati da parte di Marsala, Licola e Ciampino.

Abbiamo suddiviso nella nostra esposizione queste perplessità in due parti: la prima deriva da tutto ciò che risulta dal lavoro effettuato anche dai consulenti e dai periti in fase di istruttoria finale e riguarda le contraddizioni interne all'elaborato, e qui siamo nell'ambito delle valutazioni. Noi riteniamo, quindi, che la valutazione che la Pratis diede circa quella intercettazione non sia corretta, perché in realtà abbiamo valutato che proprio da quei risultati di intercettazione rappresentati dalla Pratis potesse rilevarsi una somiglianza con i risultati che erano stati registrati dal sito di Marsala la sera del 27 giugno. Nel considerare il lavoro della commissione Pratis abbiamo voluto esaminare anche tutti gli allegati, non solo quelli che erano stati trasmessi, per cui abbiamo chiesto che venisse inviato il materiale completo della commissione Pratis. Abbiamo ottenuto quei risultati solo nel giugno del 1998, perché non erano mai stati richiesti in precedenza. Dopo qualche difficoltà, perché si trattava in parte di materiale classificato, abbiamo ottenuto questo materiale solo nel giugno di quest'anno. A questo punto il nostro esame lo abbiamo separato dal primo, perché si tratta di un esame che - teniamo a sottolineare - può essere affetto da errori derivanti dal fatto che noi non siamo dei tecnici dei dati radaristici. Però la nostra valutazione, sottoposta alla condizione sospensiva dell'indagine tecnica che sicuramente sarà fatta dai consulenti di parte imputata e di parte civile, è che le modalità con le quali l'esperimento è stato condotto nel 1989 siano state tali da falsare in radice il risultato e che siano state rappresentate nella relazione alla Presidenza del Consiglio esclusivamente quelle parti dell'esperimento che erano più in contrasto rispetto al risultati radaristici del 1980 e che non siano stati invece rappresentati e nemmeno trasmessi in allegato i dati dal quali risultava che vi era una sostanziale omogeneità tra i dati visti da Marsala nel 1980 e quelli visti nel 1989. Anche questo è stato uno degli elementi che ci ha portato a ritenere che i dati radaristici fossero dati dei quali non poteva non tenersi conto. Se questa interpretazione è corretta, se è giusta, questo spiega con chiarezza per quale ragione Marsala abbia visto di questo fatto esclusivamente ciò che viene registrato e non anche l'evento nella sua integrità, così come lo ha visto il radar di Ciampino che funzionava con logiche del tutto diverse e che quindi registrava i dati in base a logiche del tutto differenti da quelle del sistema NADGE.

Questi sono, per grande sintesi, i risultati delle nostre perplessità sui dati radaristici. Una parte importante del nostro lavoro però è stata quella relativa all'esame dei dati derivanti dal relitto. Anche qui abbiamo cercato di essere molto chiari, nel senso di dire con chiarezza la nostra opinione, anche se può essere sgradevole. Noi abbiamo ritenuto, per esempio, per quanto riguarda i risultati della perizia Blasi (anche quelli della perizia poi posta in discussione, a nostro parere proprio a seguito della relazione del 1989-90 della Selenia), che quel lavoro non fosse idoneo a supportare nessun serio accertamento sulle cause della perdita del DC9. Abbiamo ritenuto che gli elementi che furono allora individuati in sostanza come fondamento dell'ipotesi del missile, non fossero tali da poter fornire nessuna seria certezza, che fossero fortemente contrastati da dati di fatto. Si è detto molte volte che si sperava che il relitto "parlasse" e questa, in effetti, era anche la nostra speranza. Non è che il relitto non abbia parlato, perché ha detto moltissime cose, e io credo che sia stato fatto un ottimo lavoro da parte del collegio peritale. E’ una mia opinione personale ma credo che siano state anche molto ingenerose alcune delle critiche rivolte al collegio peritale: non credo, per esempio, che via stato un preconcetto nel lavoro di tale collegio. Penso che ci sia stata una gravissima difficoltà nel valutare le prove. La critica che noi abbiamo rivolto in forma scritta al collegio peritale, che ribadiamo nelle nostre requisitorie, è che probabilmente, nell'ansia di dare comunque una risposta certa al giudice, siano state date per certe delle cose che non sono certe e che quando questo è stato posto in rilievo dal nostro ufficio con le richieste di chiarimenti, non si è affrontata quella richiesta con lo spirito della collaborazione e con la volontà di fornire effettivamente dei chiarimenti, ma ci si è limitati a trasformare quelle che erano delle affermazioni dubitative in asserzioni senza che questo venisse in alcun modo motivato.

Quindi noi abbiamo ritenuto che, anche da questo punto di vista, sia stato compiuto un lavoro importante, ma che lascia profonde difficoltà. Questo fatto credo che non debba neanche essere considerato abnorme, perché dobbiamo considerare le modalità assolutamente eccezionali di questo disastro, che si è verificato in coincidenza con uno dei punti più profondi del Mediterraneo, in un periodo - il 1980 - in cui era estremamente difficile effettuare delle operazioni di ricerca e di raccolta del materiale e che probabilmente nell'immediatezza non è stato affrontato con tutti gli strumenti tecnici di cui attualmente si dispone e con il metodo con il quale vengono affrontati attualmente i disastri aerei. Però abbiamo ritenuto che il pur straordinario lavoro di ricostruzione del relitto e di individuazione delle modalità di collasso del velivolo non sia di per sé sufficiente a fornire una risposta definitiva sulle cause del disastro.

Noi abbiamo anche detto che vi sono degli elementi che di per sé sarebbero sufficienti a fare affermare che vi è stata un'esplosione all'interno dell'aereo e sono elementi derivanti dall'esame di alcune particelle, dal rinvenimento dei residui di esplosivo all'interno dell'aereo, da due frammenti provenienti sicuramente da strutture aeronautiche, per il tipo di composizione della lega, che sono gli unici che recano tracce effettive di esposizione ad una esplosione. Bisogna dire che ognuno di questi elementi, in sé preso, è stato ritenuto dal collegio peritale incerto nella sua origine o nella sua significatività. Nessuno di questi elementi è stato ritenuto dal collegio peritale in sé idoneo - questo è un passaggio importante - a supportare l'ipotesi della bomba o del missile, ma attendibile in sé in quanto elemento di prova. Per esempio, si è ritenuto che le tracce di esplosivo siano frutto di contaminazione derivante dalla manipolazione dei reperti avvenuta o nel momento in cui essi furono prelevati o nel corso dei primi esami condotti dall'aeronautica militare. Ciò non vuol dire manipolazione volontaria al fine di determinare un inquinamento probatorio...

PRESIDENTE. Diciamo ambientale.

SALVI. ... ma nel senso che non sarebbero state adottate le precauzioni necessarie per evitare questo inquinamento. Quei due pezzi di cui parlavo in precedenza, i due frammenti che sono costituiti da lega di alluminio, che tra l'altro sono incerti perché secondo la Douglas fanno parte di componenti esterne dell'aereo (quindi, sarebbero più significativi di un'esplosione esterna rispetto ad un'esplosione interna), sono considerati dai periti come non presenti tra i reperti indicati all'inizio dei lavori dall'aeronautica militare. Quindi vengono indicati dai periti come spuri, di cui non è possibile accertare la provenienza e pongono in dubbio che essi provengano dai reperti del DC9.

Lo stesso vale per quanto concerne l'interpretazione di alcune deformazioni caratteristiche che si verificano per l'attraversamento di frammenti ad alta velocità di tessuti che vengono ritenuti dai nostri periti come non determinati da frammenti dotati di alta velocità. Ripeto che alcuni di questi elementi, se in sé ritenuti probatoriamente accettabili, sarebbero sufficienti a far affermare che vi è stata un'esplosione e nel caso, per esempio, del rinvenimento dei residui di TNT e T4 all'interno dell'aereo, a nostro parere sarebbero sufficienti a far affermare che vi è stata un'esplosione all'interno dell'aereo.Vi è qualcosa di più: nessuno di questi elementi è coordinabile con gli altri, nessuno di questi elementi può essere di per sé posto in relazione con gli altri. Se, cioè, accettiamo che il TNT e il T4 vengono trovati in alcuni bagagli, che sono sicuramente all'interno del bagagliaio, non nel vano passeggeri, non riusciamo a spiegare né il foro nel vestito di bambola, che viene trovato invece tra i frammenti della cabina di pilotaggio, nella parte anteriore dell'aereo, in una zona completamente diversa da quella del bagagliaio, né riusciamo a giustificare la presenza di TNT e T4 nel gancio del sedile che si trova all'interno della cabina passeggeri. Inoltre, dall'esame condiviso da tutti coloro che lo hanno esaminato (con la sola eccezione di Bazzocchi, un consulente di parte imputata, nella fase iniziale delle sue valutazioni, poi modificate), nessuno ritiene che l'esplosione possa essersi verificata all'interno del vano bagagli, dove invece ci sarebbero i residui di TNT e T4. Cosa ha fatto il collegio peritale per risolvere questo gravissimo problema? Ha cercato di desumere la presenza di un'esplosione interna dalle modificazioni strutturali verificatesi all'interno, in particolare della toilette posteriore del DC9.

Non mi attarderò sull'argomento dal momento che devo concludere il mio intervento, ma posso dire che abbiamo fatto un'attenta disamina (non ora, già nei quesiti a chiarimenti che redigemmo chiedendo al giudice Priore che venissero posti al collegio peritale) e riteniamo che questa valutazione sia assolutamente inconsistente, perché è in contrasto con la perizia balistica espressamente disposta ed effettuata con il concorso di tutte le parti, perché è in contrasto con la perizia metallografica che dà risultati completamente diversi, perché è in contrasto con un sereno esame del relitto nelle parti della toilette. Agli elementi che già erano stati esaminati dai periti abbiamo aggiunto anche le valutazioni comparative, che non erano state valutate, di un episodio - l'unico che conosciamo - di esplosione di un ordigno in una posizione similare a quella che è indicata all'interno del vano toilette e abbiamo potuto verificare che su quell'aereo che sopravvisse, che non cadde, si ritrovano tutte quelle segnature che erano state previste in via teorica dal collegio balistico, che erano state riprodotte negli esperimenti, e che non si trovavano sul DC9. Quindi noi abbiamo raggiunto la convinzione ragionevole che all'interno della toilette del DC9 non possa essersi verificato nessun evento esplosivo. Così pure, per esempio, abbiamo escluso - perché occorre anche ricostruire il percorso con il quale i periti hanno di volta in volta indicato, anche con un determinato grado di certezza, la collocazione dell'ordigno - che fosse possibile, e questa volta aderendo alle interpretazioni di tutti coloro che hanno esaminato il relitto, che l'ordigno potesse essere esploso all'interno della fusoliera, come in un primo momento era stato indicato da Protheroe, e poi anche da Taylor, e su questo si era lavorato a lungo, a causa di un effetto particolare di deformazione delle lamiere tenute insieme dalle ordinate e dai correnti che costituiscono la struttura della fusoliera dell'aereo; abbiamo ritenuto, per una serie di ragioni, che questo non fosse accettabile. Abbiamo anche concluso che il fatto di non riuscire a localizzare in una struttura di cui abbiamo ormai una gran parte il luogo dove collocare questo ordigno non è semplicemente una défaillance a cui si può supplire in qualche altra maniera, ma è indicativo della difficoltà di individuare la causa della perdita dell'aereo in una esplosione verificatasi all’interno.

L'ipotesi della quasi collisione, avanzata da Casarosa, fortemente contrastata da altri, e che presuppone che parallelamente al DC9 volasse un secondo aereo diverso da quello che ha dato luogo ai punti -17 e -12, sarebbe in sé astrattamente possibile; abbiamo però indicato le ragioni di perplessità e in particolare abbiamo evidenziato la necessità, per accettare questa ipotesi, di superare le perplessità sui meccanismi di verificazione del collasso. In particolare dovrebbe accettare la separazione del motore di destra, l’entrata in funzione del cross tie relay, quindi l'entrata in funzione del generatore collegato con il motore di sinistra, tutto questo in uno spazio di tempo rapidissimo, tale da consentire quelle registrazioni sul cockpit voice recorder che consentono l'interpretazione dell'essersi verificato in ipotesi questo meccanismo di passaggio da un generatore all'altro, senza determinare però nel flight data recorder la registrazione delle modificazioni dell'assetto del DC9; tali tempi dovrebbero essere ancora compatibili con i tempi di funzionamento del cross tie relay, che non sono con chiarezza accertati, fatto che determina una modificazione sostanziale dell'interpretazione della modalità di collasso.

Circa la conclusione a cui noi siamo giunti, non vorrei determinare degli equivoci; noi dobbiamo dare risposte in termini giudiziari. Indubbiamente elementi molto forti sono quelli per l'esplosione di una bomba all'interno; elementi radaristici altrettanto forti sono quelli per la presenza di un aereo che interferisce con il DC9 con una rotta che abbiamo indicato in precedenza.

Per questa ragione, per la presenza di questi contrasti, noi forse errando, ma in questo il giudice potrà naturalmente correggere le nostre valutazioni, abbiamo concluso per l'ipotesi dell'essere ignoti gli autori del reato. Forse l'ipotesi più corretta sarebbe stata quella del fatto non sussiste, perché nessun fatto è accertato. Ma le conseguenze non sono certo nelle formule, sono nelle conclusioni anche sotto il profilo dei riflessi civilistici di queste stesse conclusioni.

E a questo punto dovrei passare alla seconda parte.

PRESIDENTE. Dottor Salvi, mi scusi se la interrompo, ma a questo punto mi sembrerebbe giusto concludere la seduta odierna per l'impegno in Aula che hanno gli onorevoli senatori e riprendere l'audizione in una successiva seduta per la esposizione della seconda parte, relativa alle ragioni per cui sono state formulate le imputazioni, che è forse quella che può interessare maggiormente la nostra Commissione. Mi sembra che l'esposizione che fate nella requisitoria sia abbastanza estesa e si basi su una serie di dati che hanno una loro oggettività (registrazioni delle telefonate, testimonianze, e quant'altro).

Sospendo pertanto l’audizione e, se tutti siete d'accordo, la rinvio alla prossima seduta.

La seduta termina alle ore 21.

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