Commissione parlamentare d'inchiesta sul terrorismo in Italia e sulle cause della mancata individuazione dei responsabili delle stragi

5ª SEDUTA

MERCOLEDI’ 18 DICEMBRE 1996

Presidenza del Presidente PELLEGRINO

Indice interventi

PRESIDENTE
FERRIGNO
GUALTIERI (Sin.Dem.-l'Ulivo), senatore
LEONE (Forza Italia), senatore
RUZZANTE (Sin.dem.-l'Ulivo), deputato

La seduta ha inizio alle ore 20,45.

PRESIDENTE. La seduta è aperta. Si dia lettura del processo verbale.

PELLICINI, segretario f.f., dà lettura del processo verbale della seduta del 29 novembre 1996.

PRESIDENTE. Se non ci sono osservazioni, il processo verbale si intende approvato.

Comunico che è in distribuzione l'elenco con i documenti pervenuti nell'ultima seduta, che la Commissione acquisisce agli atti. Comunico altresi che il ministro dell'interno, Giorgio Napolitano ed il capo della polizia, prefetto Masone hanno restituito il resoconto stenografico della loro audizione del 29 novembre 1996, apportandovi modifiche di carattere esclusivamente formale.

Comunico infine che stamane la prima Commissione della Camera dei deputati ha approvato, in sede legislativa, il testo di proroga della Commissione fino al 31 ottobre 1997. Per tali ragioni questa mattina ha avuto luogo un Ufficio di Presidenza che ha cominciato a delineare un programma di attività per il prossimo anno che inizierà con le audizioni dei magistrati della Procura di Milano, dottor D'Ambrosio e dottoressa Pradella, che sono impegnati, come è noto, nella inchiesta sulla strage di piazza Fontana. Dovrebbe poi seguire l'audizione del dottor Salvini, che è l'altro magistrato milanese che si occupa di fatti di terrorismo connessi a tale strage, con il vecchio rito.

L'Ufficio di Presidenza ha già sviluppato una prima traccia di possibili ulteriori audizioni che saranno precisate di volta in volta, anche in esito agli atti di inchiesta che compiremo. La Commissione sentirà anche il dottor Priore per un aggiornamento sulla strage di Ustica.

 

AUDIZIONE DEL PREFETTO CARLO FERRIGNO, DIRETTORE CENTRALE DELLA POLIZIA DI PREVENZIONE DEL DIPARTIMENTO DELLA PUBBLICA SICUREZZA: AGGIORNAMENTO SULL'AZIONE DI PREVENZIONE E CONTRASTO DEL TERRORISMO INTERNO ED INTERNAZIONALE

Viene introdotto il prefetto Ferrigno, accompagnato dal dottor Valerio Blengini

PRESIDENTE. L'ordine del giorno odierno reca l'audizione del prefetto Carlo Ferrigno, direttore centrale della Polizia di prevenzione del Dipartimento della pubblica sicurezza, che è con noi e che ringrazio per la sua disponibilità. Oggetto dell'audizione è l'aggiornamento sulla azione di prevenzione e contrasto del terrorismo interno ed internazionale. Già nella scorsa legislatura la Commissione (che è una Commissione di indagine sul terrorismo visto non solo nella sua prospettiva storica, ma anche nella sua attualità in Italia) ebbe due audizioni: una del ministro Coronas e l'altra, assai articolata, con il capo del Sisde, generale Siracusa, audizione quest'ultima che fu svolta, in gran parte, in seduta segreta. Abbiamo ritenuto opportuno convocare una seduta di aggiornamento anche perché, negli ultimi mesi, si sono verificati almeno due eventi che hanno attirato l'attenzione della pubblica opinione: la cattura, nel settembre, di un gruppo di terroristi anarchici e, nel novembre, lo smantellamento di una rete di terrorismo algerino-islamico che era in Italia in quel periodo. Quindi, è per questi motivi che abbiamo ritenuto opportuno ascoltare il prefetto Ferrigno che ci parlerà di questi episodi ma, nello stesso tempo, farà sicuramente una panoramica generale sullo stato delle cose. Naturalmente, prefetto Ferrigno, nel momento in cui ritenesse opportuno, per quello che ci dirà, continuare i lavori in seduta segreta, potrà farmene richiesta.

FERRIGNO. Signor Presidente, anzitutto saluto tutti i presenti. Come lei ha sottolineato, farò una panoramica completa per dare un quadro attuale della situazione. Esaminerò praticamente tutti i profili che possono coinvolgere, in modo diretto o mediato, il nostro Paese sui fatti di terrorismo. Debbo premettere che la situazione internazionale conferma l'attualità riconducibile al suindicato fenomeno. In proposito, mi preme preliminarmente sottolineare come il termine terrorismo comprenda diverse realtà profondamente differenti fra loro e spesso eterogenee. Infatti in linea di massima possono essere prospettate diverse forme di terrorismo: c'è un terrorismo legato a situazioni interne, come quello che, negli Stati Uniti, ha visto protagonisti di attentati, nella recente stagione, gruppi dell'estrema destra; vi è poi un terrorismo legato a istanze indipendentiste, pensiamo all'Eta, all'Ira e alla questione còrsa e un terrorismo di reti internazionali, fra cui quello di matrice islamica naturalmente prevale su tutti gli altri. Bisogna poi fare un accenno alla peculiare fenomenologia riferibile alla diffusione delle sétte, come, ad esempio quella Aum, responsabile degli attentati alla metropolitana di Tokio. Prescindendo da un esame comparativo tra le varie tipologie sopraindicate, che richiederebbe approfondimenti più di carattere dogmatico e non di natura operativa, ritengo opportuno soffermarmi soltanto su quegli aspetti che, caratterizzati dal principio dell'attualità, coinvolgono in modo diretto o mediato - come prima ho sottolineato - il nostro paese. Quanto sopra sottolinea, in linea di premessa, che non è possibile individuare una forma dominante di terrorismo, in quanto ogni espressione terroristica, contraddistinguendosi per la sua irriducibilità, non può essere considerata mai minore rispetto alle altre.

Va, tuttavia, precisato che le fenomenologie terroristiche risentono ovviamente della congiuntura storica. Per quanto riguarda l'Italia, si può, ad esempio, affermare che la stagione terroristica in Alto Adige può considerarsi conclusa con gli attentati compiuti negli anni ottanta, ad opera del gruppo terroristico Ein Tirol, il quale, per quanto mai dichiaratamente sciolto, è rimasto inattivo sino ad oggi. Per quanto concerne l'attuale situazione in Alto Adige è opportuno sottolineare che i fermenti, che pure pervadono gli ambienti indipendentisti e irredentisti, non sono in alcun modo riferibili ad attività di carattere terroristico. Un accenno va fatto anche alla problematica còrsa e jugoslava, per i possibili riflessi nel nostro Paese. Per quanto attiene alla questione còrsa vengono attentamente esplorate ipotesi di collegamento con elementi sardi, nei quali storicamente, come è noto, serpeggiano sentimenti indipendentisti che, peraltro, potrebbero essere strumentalizzati anche dalla criminalità comune. L’incertezza connessa invece ai futuri sviluppi della situazione nella ex Jugoslavia comporta la valutazione di un rischio terroristico rivolto sia al territorio nazionale che ai contingenti Ifor che operano nell'area della Bosnia-Erzegovina. In proposito, devo precisare che viene rivolta costante attenzione a bande criminali composte anche da ex combattenti che, proprio nel processo di pace per il ripristino di una situazione di legalità, potrebbero trovare un ostacolo al perseguimento dei loro traffici illeciti. In tale contesto si inquadrano le indagini, svolte in relazione a segnalazioni, di possibili collegamenti tra organizzazioni malavitose italiane ed esponenti di gruppi paramilitari serbo-bosniaci, dai connotati apparentemente indipendentisti, finalizzati al traffico illecito di anni in ambito internazionale.

A questo proposito è, a mio giudizio, significativo il fatto che nel nostro paese sono presenti circa novantamila profughi, molti dei quali raccolti in centri di prima accoglienza presenti nel Nord Italia. Nel recente passato è stata rilevata in questi centri, un'attività di propaganda in favore della causa islamica nella ex Jugoslavia. La specifica attività di rnonitoraggio, svolta in questi centri ha, infatti, evidenziato, più volte, le visite di cittadini stranieri sospettati di appartenere al noto gruppo palestinese di matrice islamica, Hamas, ed anche di dirigenti dei Centro islamico di Milano, che si è rivelato particolarmente attivo nel reperimento di aiuti per i musulmani bosniaci. Devo dire comunque che la situazione rilevata non ha avuto finora nessun seguito sotto il profilo investigativo. Sono, invece, tuttora in corso accertamenti in ordine ad una segnalazione secondo cui ex combattenti di origine islamica, provenienti da Iraq, Siria, Libano ed Iran, già inquadrati in formazioni regolari bosniache, tenterebbero di raggiungere l'Italia attraverso la Croazia e la Slovenia.

Più variegata si presenta l’osservazione dei gruppi eversivi di destra e di sinistra. Le ragioni sono facilmente individuabili nel retroterra storico che caratterizza il nostro Paese e che ha lasciato tracce e spunti ideologici. Questi due aspetti verranno quindi esaminati separatamente, in modo autonomo, proprio per fornire un quadro più aggiornato e completo della situazione attuale.

Una trattazione diversa merita naturalmente il terrorismo internazionale. Come è noto, infatti, esso pone dei problemi inediti in costante evoluzione, afferenti problematiche che spaziano ben oltre i confini nazionali. In particolare va specificato che l'azione di contrasto si deve adeguare, sia dal punto di vista organizzativo che dal punto di vista strettamente operativo, alla realtà su cui questo fenomeno va ad incidere. Proprio in questo senso ho strutturato, a livello centrale, dei gruppi di lavoro che seguono, in costante collegamento con la periferia e secondo le direttive dell'autorità giudiziaria, i diversi fenomeni che si evidenziano per la loro caratura terroristica. Schematicamente possiamo dire che esistono vari fenomeni terroristici: per quello di matrice religiosa vengono seguite in modo approfondito tutte le manifestazioni terroristiche che si richiamano, sebbene in modo strumentale, all'islamismo, soprattutto nelle sue due principali configurazioni, quella del sunnismo e quella dello sciismo. Giova rammentare che, a prescindere dalle motivazioni di carattere ideologico-religioso, sul piano pratico, mentre il sunnismo abbraccia la stragrande maggioranza di musulmani, ponendosi come punto di riferimento anche politico per numerosi popoli, lo sciismo risulta strettamente ancorato alle vicende dell'Iran e si caratterizza, in particolare, per la strutturazione di un ceto clericale fortemente presente in seno al contesto sociale.

Abbiamo poi un terrorismo legato alla questione mediorientale; si tratta, come voi sapete, di un aspetto che sta attraversando un momento di particolare delicatezza in relazione all'evoluzione del cosiddetto "processo di pace". Il terzo ed ultimo aspetto del terrorismo nasce da conflitti etnico-nazionali ed ha rilevanza allorquando possa incidere sulla sicurezza del nostro Paese. Pensiamo, ad esempio, alle tematiche relative al popolo curdo, a quelle relative ai Tamil o ad organizzazioni come l'Eta e l'Ira. Ho inteso, in questo modo, determinare una struttura in grado di monitorare costantemente il livello di minaccia che può interessare il nostro Paese, per modulare adeguatamente l'azione di risposta, senza inutili allarmismi o preoccupanti cali di attenzione. In questo senso ho ulteriormente stimolato i contatti con i Servizi di informazione il cui contributo, ovviamente, soprattutto nel settore in questione, è di sicuro rilievo. Ho, inoltre, valorizzato al massimo i rapporti con le polizie estere nella consapevolezza e convinzione, più volte espressa in consessi internazionali, che la natura transnazionale del terrorismo impone una più stretta e proficua collaborazione con i paesi amici. In questo momento devo dire che molti Paesi europei ed occidentali, compresa l'Italia, seguono cori l'attenzione dovuta l'emergenza costituita dall'operato di organizzazioni terroriste islamiche. Si pensi, ad esempio alla Jamaa Al Islamja egiziana, oppure al GIA algerino, che hanno dimostrato un grosso spessore operativo, una buona diffusione nei paesi occidentali, ed una ottima capacità di schermare il proprio agire, sia attraverso l'infiltrazione in organizzazioni omogenee dal punto di vista culturale e religioso, sia attraverso l'interconnessione con altre organizzazioni eversive con le quali riescono a raggiungere delle convergenze tattiche. Non si dimentichi, tra l’altro, che si tratta di gruppi che l'attività di polizia giudiziaria ha riscontrato aver effettuato il tentativo di inserirsi anche nel contesto italiano e che hanno imposto anche una correlativa attività di contrasto frontale. Mi riferisco all'operazione della nostra Direzione con la Digos di Milano nel giugno 1995, riguardante il centro culturale islamico di viale Jenner (e qui vi erano rappresentanti del primo gruppo) e la recente operazione Shabka che meglio dettaglierò in seguito e che è stata coordinata proprio dalla mia Direzione.

Appare importante segnalare - e lo debbo precisare per la sua peculiarità in questo momento - un fenomeno socio-culturale che si è andato sviluppando dagli anni ottanta, cioè la conversione di alcuni cittadini italiani alla religione islamica di rito sciita. E’ stato rilevato, infatti, come numerosi giovani, già noti per aver aderito a gruppi eversivi, sia di destra che di sinistra, abbiano abbracciato la fede musulmana individuando nell'ideologia fondamentalista islamica quelle tematiche antimperialiste capaci di dare nuova linfa al loro impegno politico. In tal senso, infatti, alcuni soggetti, già militanti nella destra più estrema, hanno tentato di riaffermare il disegno Eurasia-Islam.

Infine, debbo precisare che la parte che dedicherò al terrorismo algerino, e più segnatamente all'attentato del 3 dicembre scorso alla metropolitana di Parigi, alla postulata pista italiana e all'azione di contrasto, pur tenuto conto delle peculiarità di ogni fenomeno, consentirà di evidenziare per la sua impostazione analitica caratteristiche comuni anche ad altre organizzazioni di matrice islamica.

Cominciamo con uno sguardo alla situazione della destra estrema ed eversiva. L'assenza di azioni eclatanti da parte di organizzazioni eversive di estrema destra fa ritenere da tempo conclusa l'esperienza terroristica in questione, sia nella forma organizzata che spontaneista in genere. Permangono, tuttavia, delle sacche estremistiche di non elevata consistenza numerica, composte da giovani che a vario titolo ideologico tendono a veicolare istanze politiche rifacendosi all'esperienza della Repubblica sociale italiana, intrise di spunti razzisti e xenofobi, talora sfociati in manifestazioni ed episodi violenti. A questo proposito è significativa l'esperienza, in graduale evoluzione, del sindacato degli studenti che è sorto in seno agli atenei romani con il preciso intento di proselitismo negli ambienti giovanili. Questo gruppo ha operato su due direttrici principali: la prima di natura strettamente militante, attraverso la capillare attività di piazza, tesa in alcuni casi all'esacerbamento del confronto con fazioni avverse e con le stesse forze dell'ordine. La seconda, di carattere ideologico e certamente più qualificato, consistente nell'organizzazione di appuntamenti culturali d'area in occasione dei quali sono stati affrontati temi come l'antimondialismo e la ricerca di un dialogo tra l'estremismo di destra, l'integralismo islamico e quello cattolico, nonché la salvaguardia dei tradizionali valori europei. A quest'ultimo proposito si registra un'altra iniziativa: quella della Comunità politica di avanguardia, che nella primavera scorsa ha effettuato un volantinaggio a Roma denunziando fantomatiche iniziative dell'alta finanza ebraica, tese asseritamente alla distruzione dei valori culturali dell'Europa. Lo svolgimento di attività investigativa ha consentito di individuare ed arrestare un gruppo di estremisti vicini alle posizioni del disciolto Movimento politico occidentale, dediti alla consumazione di reati comuni, in particolare rapine, i cui proventi potrebbero essere stati destinati al finanziamento di iniziative di stampo propagandistico e ideologico. Le indagini sono tuttora, in corso.

In direzione militante sembrano muoversi anche i gruppi del Nord Italia; in alcune città del Triveneto, in particolare, si sono svolte alcune iniziative di aggregazione promosse dall'area Skinhead. Queste iniziative, rivolte ad alcuni tra i più accesi aderenti dei gruppi in parola, hanno parimenti confermato la tendenza al confronto interno nella ricerca di punti di riferimento consistenti e ben identificabili, quali risultavano essere Meridiano zero, Movimento politico occidentale, prima dell'intervento del noto decreto Mancino, concepito ai fini dello specifico contrasto ai fenomeni di discriminazione razziale e di fenomenologie xenofobe in genere. In tale contesto risalta l'attività di un altro movimento, Alternativa d'azione, di Vicenza, che nel periodo in esame si è dimostrato particolarmente attivo nell'opera di aggregazione e proselitismo, oltre a farsi promotore di un consistente dibattito vertente sulla costituzione di un "coordinamento nazionale" teso a conglobare le frange skinhead che sono prive, allo stato, di riferimenti. Un bilancio complessivo, esclusi alcuni episodi di intolleranza, dai connotati più vandalistici che non politici, non rivela pertanto attività controindicate per la sicurezza nazionale di particolare rilievo.

L'avvio del processo all'ex ufficiale nazista Eric Priebke ha., invece, determinato reazioni in alcune parti d'Italia, principalmente a Roma, da parte degli ambienti estremistici in parola che, attraverso anonimi, manifestazioni, scritte murali e volantini hanno inteso evidenziare il valore simbolico, naturalmente in chiave apertamente neonazista, della figura di Priebke. Nello stesso ambiente sono maturate iniziative recenti di sostegno al progetto di indulto per i reati di natura terroristica ed eversiva. Permane anche un elevato impegno investigativo, in ausilio e su delega delle autorità giudiziarie procedenti, in relazione ai gravi fatti eversivi degli anni '60-'80. In particolare - come sapete - sono ancora in corso intense indagini sulla strage di piazza, Fontana, condotte dalla Procura della Repubblica di Milano con il nuovo rito processuale, nel cui ambito la Polizia di Stato ha tratto in arresto nell'estate scorsa quattro indagati per il reato di favoreggiamento aggravato dalle finalità di terrorismo e di eversione.

Per quanto attiene la registrazione e l'analisi della fenomenologia allarmistico-minatoria riconducibile alla sigla Falange armata, corre l'obbligo di evidenziare che sulla stessa vige un provvedimento di secretazione disposto dalla competente autorità giudiziaria. In sintesi, la comparazione dei fenomeni estremistici di destra testé rappresentati, con quelli registrati nell'ultimo triennio, permette di affermare che gli effetti del decreto Mancino mantengono la loro positiva incidenza su realtà aggregative di stampo razzistico e xenofobo in genere; che sono sensibilmente diminuiti gli episodi criminosi a sfondo razzistico a fronte di un più marcato movimentismo diffuso, come specificato nella disamina testé effettuata; ed infine che l'azione repressiva ha registrato una crescita dei delitti di stampo comune, come rapine e violazioni connesse alla normativa sugli stupefacenti, commessi da ex appartenenti a frange della destra eversiva, come risulta da specifiche denunce alle competenti autorità giudiziarie.

Passiamo alla situazione della sinistra estrema ed eversiva. Cominciamo col dire che nel corso dell'anno si è registrato un certo attivismo da parte dei gruppi che si ispirano all'ideologia ed ai programmi dell'ex ala militarista delle Brigate rosse che operano sotto diverse sigle. La prima è quella dei Nuclei territoriali antimperialisti che hanno rivendicato l'attentato compiuto il 12 gennaio scorso a Spilimbergo (Pordenone) ai danni della vettura di un militare statunitense in servizio presso la base Usaf di Aviano. E’ un gruppo di impostazione marxista apparso per la prima volta nel dicembre dello scorso anno, allorquando sono state rinvenute due copie di un volantino recante una stella a cinque punte racchiusa da un cerchio nel quale venivano delineati spunti di riflessione "per un attacco alle politiche centrali dell'imperialismo". Un ultimo comunicato dal titolo "Antimperialismo, recessione e strategia della tensione nell'Italia dei primi cento giorni" è pervenuto il 7 settembre scorso a Pordenone presso la redazione del quotidiano Il Gazzettino. Nel documento viene analizzata la situazione politico-economica del Paese, con particolare riferimento all'attuale stato di recessione "voluto dalla borghesia imperialista" per giustificare il varo della finanziaria che colpirebbe le fasce più deboli della popolazione distratta ad arte dal problema della secessione leghista. Inoltre, nel riproporre le tematiche delle Brigate rosse - partito comunista combattente, gli estensori del documento sostengono la necessità. di coniugare l’attacco al cuore dello Stato in una visione internazionalista della lotta con la creazione del "Fronte combattente antimperialista". In tale contesto sono esplicite le minacce agli Stati Uniti e "al suo braccio armato in Europa" che è la Nato.

Ci sono, poi, i CARC, Comitati di appoggio alla resistenza per il comunismo di cui fanno parte alcuni personaggi in passato militanti in gruppi eversivi. Essi si propongono la "ricostruzione del partito comunista attraverso la trasformazione e la preparazione delle masse", presupposto, questo, per la creazione di un "fronte antimperialista", ponendo in essere attività di proselitismo palese, a differenza di altri gruppi eversivi.

Le attività poste in essere da questi sodalizi si sono tradotte in una ampia produzione documentale che ha presentato elementi di coincidenza con. i programmi delle residue frange eversive e si è concretizzata nell'attuazione di alcune iniziative, ad esempio il volantinaggio nelle fabbriche, prese di contatto mirate delle varie situazioni di lavoro, tese a sfruttare e strumentalizzare i disagi in cui versano le frange più deboli della popolazione come i disoccupati, gli emarginati e i cassaintegrati.

C'è l’ASP, l'Associazione solidarietà proletaria, diretta emanazione dei CARC, che ha organizzato, nel decorso mese di giugno, la "Giornata internazionale del rivoluzionario prigioniero" consistente in una serie di incontri e dibattiti che si sono tenuti in diverse città italiane e che hanno offerto l'occasione per il rilancio della propaganda di solidarietà a favore dei detenuti politici. A testimonianza di questo attivismo dei gruppi che si ispirano alle Brigate rosse, va menzionato infine il documento, datato giugno 1996, acquisito da fonte qualificata, della cellula per la costituzione del partito comunista combattente.

I lavori proseguono in seduta segreta dalle ore 21,12.

…omissis…

I lavori riprendono in seduta pubblica alle ore 21,15.

FERRIGNO. Sotto il profilo operativo va segnalato l'attentato compiuto il 23 febbraio scorso a Roma al Ministero della difesa aeronautica, ed il rinvenimento di un ordigno esplosivo il 7 marzo successivo nei pressi del 43° Reggimento trasmissione di Firenze. Questi due episodi criminosi, in merito ai quali sono tuttora in corso indagini, sono stati rivendicati con un volantino, redatto con un normografo, rinvenuto a Milano, in cui compare lo slogan: "Viva l’anarchia". Successivamente, a Genova, è stato rinvenuto un altro volantino di matrice anarchica dal titolo: "Bomba o non bomba? (ma l'importante è che scoppi)" con il quale gli estensori prendono le distanze dal precedente comunicato di rivendicazione di Milano.

Per quanto riguarda l'attività di contrasto, è in corso una mirata attività info-investigativa nei confronti di alcuni elementi appartenenti ai CARC con passata militanza in gruppi terroristici. Analoga attività di indagine, coordinata sempre dall'autorità giudiziaria, è condotta su alcuni soggetti sospettati di appartenere ai Nuclei territoriali antimperialisti, con particolare riferimento all'area del Triveneto, dove il gruppo ha dimostrato maggiore operatività.

Esaurito questo breve capitolo dedicato ai gruppuscoli eversivi, passo a trattare dell'attività di quei sodalizi estremisti raggruppabili genericamente sotto la denominazione di "movimento antagonista". Vengono presi in esame, quindi, l'autonomia operaia, i centri sociali autogestiti e il movimento anarchico.

L'autonomia operaia ha organizzato numerose riunioni ed assemblee al fine di ricompattare le varie componenti del movimento, che hanno visto la partecipazione di numerose realtà antagoniste. In proposito, nel marzo scorso si è svolto a Bologna un convegno nazionale sul tema.: "Per l'autonomia possibile", nel corso del quale è stato approvato il progetto di "ridare voce ad un'altra sinistra della incompatibilità, dell'autorganizzazione, dell'autogestione e di riprendere il dibattito politico verso la ricomposizione del movimento antagonista".

I centri sociali autogestiti - attualmente ne sono attivi centonovantadue, di cui novantasei occupati abusivamente, per un totale di circa cinquemila aderenti - hanno intrapreso una serie di iniziative, a vario livello, che hanno avuto come tema la difesa degli spazi autogestiti, la solidarietà a favore degli immigrati, l'opposizione al ruolo della Nato in Bosnia, la lotta antinucleare. Tali iniziative sono state sostenute in modo particolare dall'OCI (che è l'Organizzazione comunista internazionalista), dal centro "Alter" di Mestre (che è un polo di aggregazione storico delle più varie componenti politiche dei circuito antagonista), e da Socialismo rivoluzionario. La protesta è stata, altresi, indirizzata contro la politica della Comunità europea ed il Trattato di Maastricht, con lo svolgimento a Torino di contromanifestazioni durante la "Conferenza intergovernativa dell'Unione europea". Particolare interesse è stato dimostrato per la causa del popolo del Chiapas, che lotta per l'indipendenza dal Messico, e nei confronti di tutte quelle popolazioni dell'America centrale "oppresse da regimi antidemocratici". Sull'argomento sono stati organizzati vari presidi davanti ad uffici diplomatici messicani e sono stati immessi appelli di solidarietà all'esercito zapatista di liberazione nazionale, nelle reti telematiche internet ed ECN (European Counter Network), attivata nel 1991 e che costituisce la principale rete telematica italiana definibile come antagonista. Iniziative di protesta sono state rivolte anche contro il recente intervento militare degli Stati Uniti in Iraq.

In particolare, il sodalizio Socialismo rivoluzionario ha effettuato presidi di solidarietà alle popolazioni curde ed irachene in alcune città d'Italia come Roma, Bergamo, Torino, Prato, Firenze, Venezia. Vanno menzionate anche le manifestazioni di protesta indette dal Movimento antagonista contro iniziative della Lega Nord nell'ambito della nota "Festa della autodeterminazione dei popoli padani" svoltasi il 13 settembre a Torino, nel corso della quale, come ricorderete, si sono registrati degli scontri con le forze dell'ordine. Analoghe iniziative si sono tenute a Milano e Venezia.

Infine, a testimonianza dello stato di tensione esistente tra elementi di opposta ideologia, si registrano anche diversi episodi di intolleranza politica. Nel corso del corrente anno, infatti, si sono verificate aggressioni, danneggiamenti di sedi o di obiettivi politicamente qualificati e scontri nei pressi di alcune Università degli studi (Firenze, Roma, Padova), tra appartenenti, appunto, all'Autonomia e militanti della destra radicale. La rivalità tra giovani di opposte fazioni si è, in particolare, acuita nell'ultimo trimestre, soprattutto nell'area padovana.

Un cenno a parte merita il Movimento anarchico insurrezionalista che, come noto, da tempo si è staccato dalla Federazione anarchica italiana, la FAI. Il 17 settembre il Reparto operativo speciale dei carabinieri ha eseguito, in alcune città italiane, ventuno ordini di custodia cautelare per i reati di natura associativa emessi dall'autorità giudiziaria romana nei confronti di esponenti anarco-insurrezionalisti. Altri otto provvedimenti non sono stati eseguiti per irreperibilità dei destinatari. Gli arrestati sono ritenuti responsabili di aver "costituito un'associazione diretta a sovvertire violentemente gli ordinamenti economici e sociali dello Stato, a compiere atti di violenza a fini di eversione dell'ordine democratico, atti di sabotaggio, attentati a cose, a persone, sequestri di persona, rapine ed altro, dedita ad una intensa attività di autofinanziamento allo scopo di assicurarsi le risorse necessarie alla propria operatività". L'inchiesta era stata avviata già nel 1994 dal pubblico ministero Marini, che, già nel giugno dello scorso anno, aveva inoltrato, senza esito, richieste al Gip di emissione di trentasei ordini di custodia cautelare in carcere. Nello stesso contesto, nel novembre del 1995, erano state effettuate perquisizioni domiciliari nei confronti di soggetti per i quali erano stati richiesti i provvedimenti restrittivi. L'indagine del dottor Marini, che vede inquisiti complessivamente sessantotto anarco-insurrezionalisti, trae origine da rapporti di polizia in cui si denunciava l'esistenza di una vasta organizzazione criminale con finalità eversive, denominata ORAI (Organizzazione rivoluzionaria anarchica insurrezionale) strutturata in modo composito, secondo lo schema eversivo del "doppio livello", Il primo livello, palese, è costituito da elementi che gravitano nell'area dei centri sociali di ispirazione anarchica, ed estrinseca l'attività politica del movimento. Il secondo, invece, occulto e compartimentato, è composto dalle menti dell'organizzazione ed è dedito al compimento di attività illegali. Nella definizione dell'organigramma del sodalizio si è rivelata preziosa la collaborazione di una pentita, ex compagna di un anarco-insurrezionalista. Le dichiarazioni della donna, unite ai riscontri investigativi e alle risultanze di dati già acquisiti in altre indagini, hanno permesso di tracciare il disegno operativo dell'associazione, costituitasi anche in banda armata, che trae origine dalle teorie enunziate da Alfredo Maria Bonanno, che è il capo carismatico del gruppo oggetto di indagine, anche attraverso le pubblicazioni periodiche "Anarchismo", "Provocazione", "Cane nero" e "Gas" (Gruppi anarchici spaziali).

L'esame dalla pubblicistica d'area e gli accertamenti effettuati dal pool coordinato dal pubblico ministero Marini, prendendo lo spunto dalle risultanze investigativo-processuali relative al sequestro di Mirella Silocchi, attualmente pendente in Cassazione, hanno consentito di attribuire al gruppo insurreziorialista facente capo al Bonanno una diretta responsabilità in fatti delittuosi commessi in varie regioni dal 1985 ad oggi. Giova anche segnalare che le metodologie dell'azione propugnate dal Bonanno, consistenti nel sabotaggio da parte di "gruppi di affinità, nuclei di base e coordinamenti di strutture minimali su cui si basa la diffusione nel territorio del capitale e dello Stato", affondano le radici nel movimento "Azione Rivoluzionaria", oggetto nel 1980 di indagini che condussero all'arresto proprio del Bonanno e di sua moglie, elemento di spicco dell'ala insurrezionalista, che è attualmente detenuta.

Gli arresti operati dai Ros hanno provocato una situazione di fermento, nell'area in riferimento, anche se - allo stato attuale - limitata alla diffusione di volantini di protesta dal contenuto denigratorio della magistratura in genere e del pubblico ministero Marini in specie. Il movimento anarchico inoltre, nella sua componente insurrezionalista, è stato anche protagonista di vari episodi di natura illegale, anche nell'ambito di "campagne" antimilitariste, anticlericali e contro le catene alimentari di distribuzione e il noto progetto dell'"Alta velocità". E’ in corso una mirata attività di indagine coordinata da varie autorità giudiziarie per la cattura dei soggetti, tuttora latitanti, mentre sono oggetto di costante attenzione info-investigativa alcuni militanti dell'ala anarco-insurrezionalista sospettati di azioni di sabotaggio a strutture di pubblica utilità, nonché di attentati di basso profilo contro obiettivi vari, quali, ad esempio, le strutture dell'Enel.

Veniamo adesso all'attentato alla metropolitana di Parigi e all'esame della presunta pista italiana e dell'azione di contrasto in genere. Come è noto, alle ore 18,03 di martedi 3 dicembre è stato perpetrato un attentato dinamitardo su un treno della linea B della metropolitana RER nella quinta circoscrizione di Parigi. L'esplosione, provocata da un ordigno, confezionato artigianalmente con una bombola di gas di tredici chilogrammi, contenente anche chiodi da carpentiere, posto sotto un sedile vicino alla porta di uscita centrale del secondo vagone, ha causato la morte di quattro passeggeri e il ferimento di novantacinque persone. Pur non essendovi stata fino ad ora alcuna rivendicazione attendibile, la locale polizia ritiene che l'azione possa essere attribuita al GIA, ossia ai gruppi islamici armati algerini, che già nel 1995 si erano resi responsabili di una serie di attentati in territorio francese, causando otto morti e centonovantaquattro feriti. Sia il modus operandi che l'ordigno utilizzato (sul cui innesco ed esplosivo la polizia francese sta sviluppando gli opportuni accertamenti) presentano infatti ictu oculi notevoli similitudini con gli attentati del 1995.

In proposito - e ci tengo a sottolinearlo - occorre evidenziare come la tecnica di confezionamento dell'ordigno in parola sembri confermare un processo evolutivo che consente ai terroristi l'applicazione di metodologie di fabbricazione sempre più raffinate. Recentissime risultanze investigative, infatti, hanno evidenziato come il gruppo eversivo in questione abbia voluto verificare attraverso una sorta di test effettuato il 20 novembre scorso in un fabbricato abbandonato nella provincia di Esson, la potenzialità lesiva della tipologia di ordigno poi utilizzato nell'attentato.

Inoltre, il fatto che l'esplosione, se anticipata di pochi minuti, avrebbe avuto luogo nella stazione di Saint Michel, dove il 24 luglio 1995 era avvenuto il primo attentato del GIA, sembra poter essere interpretato come l'annuncio di una prossima serie di azioni terroristiche. Ancora, appare confermare l'ipotesi investigativa per cosi dire continuista la posizione assunta dal successore di Djamel Zitoun l'emiro del Giad deceduto, tale Antar Zaouabri che, in un comunicato pubblicato nel numero di settembre del bollettino "Al Djamaa", ha ribadito la validità della deriva terroristica intrapresa in Francia nel 1995 dal GIA, delineando cosi un'opzione strategica analoga.

Prima di passare agli argomenti di più stretta attinenza, mi vorrei soffermare sull'ambito investigativo che è stato sviluppato dagli organi inquirenti francesi. E’ stata subito privilegiata l'ipotesi, come ho detto prima, di una linea di continuità organizzativa e ideologico-religiosa. Gli investigatori francesi, infatti, pur avendo ottenuto ottimi risultati nel contrasto alla campagna terroristica che ha caratterizzato l'estate 1995, non sono riusciti ad arrestare tutti i membri dei gruppi islamici armati implicati negli attentati. La non completa azione di repressione, dunque, ha consentito alle frange eversive di riorganizzarsi facendo tesoro dell'esperienza precedente. Ecco perché, secondo gli specialisti francesi, la campagna terroristica del 1995, che è omogenea - come ho detto prima - alla opzione strategica del GIA in favore del trasferimento della lotta armata in territorio transalpino, è stata realizzata da un'unica organizzazione caratterizzata da una precisa ripartizione di ruoli, anche con riferimento a competenze, per cosi dire, territoriali fra i membri della stessa (per esempio, vi sono promotori, responsabili del finanziamento, del reclutamento, della propaganda, dell'addestramento, eccetera).

Dalle risultanze investigative finora emerse è possibile enucleare dei profili di sicuro significato al fine di individuare le linee di evoluzione che stanno caratterizzando i gruppi terroristici in questione e che sono naturalmente comuni anche ai nostri. Innanzitutto, cito la studiata semplificazione, appresa in Afghanistan e in Algeria, nel confezionamento degli ordigni esplosivi per i quali sono stati utilizzati sempre componenti in libera vendita (ciò è molto importante); la crescente "professionalizzazione" dei membri dell'organizzazione; la protezione della stessa attraverso l'adozione di pseudonimi e la frequente mobilità dei militanti; l'utilizzazione di un codice criptato, oltre che per le conversazioni, anche per la trascrizione di numeri telefonici e di indirizzi; l'accresciuta adozione di misure di cautela tipiche delle situazioni di clandestinità (come la pratica di appuntamenti telefonici nelle cabine pubbliche, l'uso di telefonini portatili, eccetera); lo scambio furtivo di documenti di identità da utilizzare nei diversi spostamenti in Europa; l'acquisizione di moderne tecnologie di comunicazione (quale la rete internet); il ricorso, per la fissazione della strategia di fondo, ad un emissario dei dirigenti del GIA dotato di pieni poteri; la creazione di una rete islamica di supporto in modo da assicurarsi scambi e coordinamento; l'infiltrazione in ambienti musulmani locali che, alla bisogna, sono in grado di fornire, anche inconsapevolmente, appoggio logistico; la valenza europea della sfera di azione dei gruppi, in cui risultano coinvolti a vari livelli numerosi individui.

D'altra parte, vanno decisamente poste in luce le peculiarità di questa nuova generazione di terroristi, i quali, trovandosi all'incrocio tra il terrorismo di importazione (specie di matrice algerina), disagio sociale (riferibile alle rilevanti masse di immigrati nordafricani, soprattutto di seconda generazione) e criminalità comune, ha posto in essere una strategia che sembra essere in connessione diretta con la crisi algerina. In altri termini, il movimento ha ricercato e trovato nel contesto politico eversivo algerino un punto di riferimento capace di canalizzare e motivare le azioni di rivolta che, prendendo spunto da contesti di emarginazione, arrivano a trovare avallo in una "lotta ideale" in grado di "giustificare" l'atto terroristico.

E’ stato anche registrato un affinamento delle tecniche di reclutamento e di addestramento dei militanti. In particolare, per quanto riguarda l'affinamento delle tecniche di reclutamento, vanno sottolineate la "interpenetrazione" sempre più corposa tra gli ambienti islamici e quelli della criminalità comune (fenomeno funzionale sia alla commissione di reati-mezzo sia all'arruolamento di giovani pregiudicati); l'impiego da parte di gruppi islamici di giovani maghrebini di seconda generazione, spesso marginali e per questo disponibili ad impegnarsi in lotte giudicate legittime; lo sfruttamento dello zelo islamico dei convertiti; la valorizzazione delle competenze tecniche di studiosi e di studenti di alto livello, soprattutto nel settore delle trasmissioni e della chimica; l'importanza dei legami di solidarietà familiari, geografici, professionali o derivanti da esperienze comuni (per esempio, i soggiorni in carcere); la penetrazione delle moschee e delle associazioni islamiche; la notorietà del reclutatore e il suo stretto legame con l'organizzazione per la quale agisce; la sua disponibilità finanziaria.

Per quanto attiene all'addestramento militare, esso può avere una durata da dieci settimane a diciotto mesi, è sempre accompagnato da indottrinamento religioso, comporta l'uso di armi, anche pesanti, e la frequenza di stages su tecniche di acquisizione delle informazioni, sull'utilizzo dei mezzi di telecomunicazioni, sulla fabbricazione di esplosivi, ed è completato con la partecipazione ad azioni di guerra in Bosnia, Cecenia, Afghanistan. Per altro verso, va segnalato come l'addestramento militare tenda anche a decentralizzarsi, attraverso l'uso di media, come per esempio video sul confezionamento di bombe artigianali e sempre la rete internet.

Per quanto riguarda l'addestramento propriamente detto, che si svolge prevalentemente in Afghanistan e in Pakistan, va sottolineato come siano state individuate delle procedure standardizzate in relazione al viaggio, con particolare riferimento alle modalità di attraversamento di alcune frontiere e all'appoggio che possono fornire le organizzazioni caritatevoli, spesso collegate a reti di immigrazioni clandestine ed in relazione all'accoglienza di volontari, compito in cui si sono evidenziate numerose associazioni umanitarie operanti sia in zona di guerra sia in Occidente, dove svolgono attività di reclutamento. Per altro verso, stante il tirocinio delinquenziale di alcuni giovani metropolitani, è stato anche registrato l'arruolamento diretto di alcuni arabi, i quali, pertanto, non sono passati attraverso la rete internazionale islamica.

Un accenno anche al finanziamento dell'attività di addestramento che può essere inquadrato nelle categorie di autofinanziamento di natura legale (collette), illegale (contrabbando, per esempio); sovvenzionamenti di stati omogenei dal punto di vista culturale-religioso; contributi di privati in cui vanno inserite anche alcune organizzazioni islamiche non governative; partiti politici di ispirazione islamica, per esempio il Refak Partisi turco. Alla luce di quanto sopra, quindi, è possibile, secondo me, sostenere che uno dei profili che più caratterizzano il terrorismo islamico di matrice algerina sia la caratura transnazionale dei gruppi in cui esso si articola e che comunque non sembrano essere collegati ad una unica struttura centrale.

La non comprovata esistenza di "una comune centrale strategica" non esclude, però, una riscontrata tendenza alla mondializzazione, la cui valenza è desumibile da diversi profili compartimentali, come l'affiliazione ad un leader altamente carismatico, l'assenza di sponsor palesi e ben identificati, l’antioccidentalismo e il collegato antisemitismo, il ruolo federativo di alcuni conflitti aventi radice religiosa che, naturalmente, costituiscono occasione per la condivisione di idee e di esperienze.

Veniamo dunque alla cosiddetta pista italiana. Come è noto, all'indomani del 3 dicembre numerosi organi di informazione hanno riportato, con varie sfumature, la notizia secondo cui la base e il supporto logistico della formazione terroristica ritenuta responsabile del grave fatto di sangue fosse da individuare sul territorio italiano. Ebbene, dico subito che si tratta di una ipotesi che non trova nessun riscontro di carattere investigativo e giudiziario, né sul fronte delle indagini condotte dalla polizia francese, né da quella italiana. Ciò posto in linea di premessa, voglio specificare che i servizi di intelligence, nell'adempimento dei loro compiti istituzionali, segnalano, tra l'altro, agli organi investigativi, e quindi anche a noi, affinché venga sviluppata ogni attività di indagine (coordinata sempre dall'autorità giudiziaria) gli spostamenti di soggetti ritenuti pericolosi per la sicurezza nazionale dei quali in vario modo gli stessi siano venuti a conoscenza. Molto spesso si tratta di informazioni utili che delineano contesti e situazioni, analizzano possibilità, prospettano scenari di ipotesi, evidenziano potenziali situazioni di rischio o di pericolo, ma proprio per la natura che le caratterizza, ovvero la ricezione di dati ed informazioni fornite da paralleli organismi stranieri, o confidenti, oppure fonti informali, necessitano ogni volta di una attività di verifica e di riscontro che istituzionalmente può solo essere svolta da ufficiali di polizia giudiziaria coordinati dalla competente autorità giudiziaria.

Nel caso di specie la segnalazione di un transito di presunti terroristi algerini (transito, corre l'obbligo di precisare, successivamente non riscontrato come avvenuto) attiene ad un contesto di collaborazione che si inserisce nei compiti poc'anzi delineati e non può essere assunto né come dato certo (come ho detto il passaggio non è stato riscontrato), né come elemento investigativo collegabile a contesti di indagine che sono completamente diversi.

In altri termini, si tratta senz'altro di notizie importanti e tutte scrupolosamente vagliate, ma che per acquisire un ben che minimo requisito di sostanzialità necessitano di ben altri supporti oggettivi e possibilità di collegamento anche solo ipotetico, circostanze queste ultime che non sono state riscontrate nel caso in esame.

Sempre riferendomi alla supposta pista italiana, altra valenza invece è attribuibile ad un ipotetico collegamento tra l'attentato di Parigi ed il tentativo di ostacolare l'estradizione del noto terrorista algerino Lounici Djamel. Come è noto il Lounici si trova attualmente detenuto nel carcere di massima sicurezza di. Novara, sulla base di un provvedimento di arresto emesso dalla Corte di appello di Milano, provvedimento consequenziale al procedimento di estradizione in territorio francese richiesto da quel Paese attraverso un mandato di cattura internazionale. L'estradizione del presunto terrorista non ha ancora avuto luogo in quanto lo stesso risulta imputato nell'ambito di un procedimento pendente avanti l'autorità giudiziaria napoletana.

PRESIDENTE. Che oggetto ha quest'altro procedimento?

FERRIGNO. Si riferisce ad una operazione dei Ros dei carabinieri avvenuta l'anno scorso nei confronti di aderenti al FIS e coordinati dalla magistratura napoletana.

E’ altrettanto noto, dicevo, che la vicenda legata all'estradizione del Lounici ha dato luogo a diverse manifestazioni di solidarietà, promosse soprattutto da istituti culturali islamici ed articolate in alcune moschee site nel territorio nazionale che hanno abbracciato la tesi della persecuzione politica. Questa ipotesi, che comunque non ha ancora trovato conferme oggettive, si accompagna a quella che individua, come possibili causali dell'avvio di una nuova campagna di attentati riferibili principalmente al GIA, l'avvio di processi in Francia a carico di terroristi arrestati nel 1995, nonché l'evoluzione della situazione socio-politica in Algeria. In particolare, per l'aspetto che più coinvolge l'Italia, cioè la posizione del Lounici, corre l'obbligo di segnalare che la supposizione non collima sia con il fatto che l'attentato del 3 dicembre sia stato perpetrato dopo la concessione dell'estradizione da parte del Governo italiano, sia con il fatto che la pressione, in luogo di essere esercitata nei confronti dell'autorità italiana, abbia invece interessato il territorio francese. Comunque, se per un verso non è emerso, allo stato, alcun collegamento diretto e specifico tra i probabili autori dell'attentato di Parigi e tracce o passaggi degli stessi sul territorio italiano, e dall'altro lato le ipotesi che ricollegano l'atto terroristico in questione all'estradizione del Lounici, come ho detto, non risultano provviste di adeguati riferimenti di plausibilità. Occorre in ogni caso evidenziare - questo lo sottolineo - la rilevante posizione di supporto logistico che alcune organizzazioni di matrice integralista islamica presenti sul nostro territorio hanno sicuramente fornito a gruppi e soggetti implicati in fatti di terrorismo, anche commessi in Francia.

L'operazione della Polizia di Stato denominata "Shabka" portata a termine il 7 novembre scorso proprio dalla Direzione centrale della Polizia di prevenzione e da numerose Digos, costituisce un rilevante punto di riferimento nella lotta al terrorismo internazionale in quanto, oltre alla diffusa articolazione sul territorio (sono state coinvolte ben otto questure dal Nord al Sud), offre il primo concreto riscontro, oggettivo alle ipotesi investigative circa l'esistenza di collegamenti internazionali e la valenza riconducibile ad un supporto logistico operante in Italia in grado senz'altro di elevare il tenore dell'azione terroristica anche sotto il profilo tecnologico-operativo. Come è noto, nell'ambito di questa operazione sono stati eseguiti diciotto ordini di custodia cautelare in carcere per il reato di associazione per delinquere finalizzata al traffico di armi e alla falsificazione di documenti di identità, tutti a carico di maghrebini in prevalenza di nazionalità algerina. Ne restano altri sette da eseguire, per alcuni dei quali l'autorità giudiziaria procedente sta valutando gli elementi per addivenire ad una estensione dei provvedimenti di cattura in campo internazionale. Nel corso della stessa operazione sono stati tratti in arresto, in flagranza di reato, altri sette fiancheggiatori dell'organizzazione, per un totale di venticinque persone. Un provvedimento, tra l'altro, riguarda un importante terrorista che è tuttora detenuto in Francia, Bourada Safè.

Proprio per meglio dettagliare - qui mi voglio soffermare perché è interessante - i risultati ottenuti in aderenza proprio con i principi che tendono a privilegiare i fatti più che le ipotesi, ritengo opportuno illustrare e suddividere il materiale sequestrato in cinque categorie, chiarendone di volta in volta le caratteristiche ed i riferimenti di potenziale o attuale pericolosità.

Abbiamo trovato del materiale contraffatto e falsificato. Uno dei principali compiti del supporto logistico dell'organizzazione terroristica smantellata era sicuramente quello di assicurare una disinvolta circolazione dei militanti attraverso i vari paesi europei. Infatti, in quasi tutte le città in cui sono state effettuate le perquisizioni, sono stati rinvenuti documenti falsificati. Il dato di rilievo è costituito dal fatto che il loro esame comparato ha consentito di stabilire che non era affatto interesse del gruppo regolarizzare clandestini, ma consentire agli appartenenti al gruppo di spostarsi senza destare sospetti, anche nel caso di casuali o mirati controlli. Si è potuto, cosi, constatare la presenza di più documenti riferibili allo stesso soggetto oppure il rinvenimento ad Asti di passaporti algerini intestati a persone mai risultate essere state in Italia; oppure, ancora, a Torino, il sequestro di carte di identità francesi, di patenti di guida italiane, di carte militari dell'esercito tunisino. Spesso questo materiale è risultato essere stato abilmente calato in appositi vani ricavati all'interno di mobili o di arredi vari. A Milano, inoltre, sono state sequestrate quatto targhe automobilistiche italiane utilizzate dal gruppo sempre al fine di agevolare la copertura degli spostamenti. Abbiamo trovato anche del materiale - è la seconda categoria questa - tecnologicamente avanzato. Ciò ci fa capire che le comunicazioni tra i vari militanti avvenivano mediante l'utilizzazione dei più sofisticati mezzi di telefonia oggi in commercio: oltre a telefonini cellulari provenienti da furti, a Torino è stata rinvenuta una complessa apparecchiatura, notoriamente in dotazione alla Telecom, nonché strumentazioni idonee a consentire allacciamenti ed intercettazioni di linee telefoniche. Lo scambio di informazioni avveniva anche mediante l'utilizzazione di strutture e materiale informatico. Sono stati sequestrati infatti numerosi computers, floppy disks ed agende elettroniche dotate di passwords di accesso, eccetera. Per quanto riguarda le armi e gli esplosivi, è questo sicuramente uno degli aspetti più inquietanti. Le chiedo, signor Presidente, di passare in seduta segreta.

PRESIDENTE. Passiamo in seduta segreta.

I lavori proseguono in seduta segreta dalle ore 21,47.

... omissis ...

I lavori riprendono in seduta pubblica alle ore 21,49.

PRESIDENTE. Torniamo in seduta pubblica.

FERRIGNO. Abbiamo trovato del materiale di propaganda ideologica, pubblicazioni varie, videocassette, inequivocabili fotografie conservate in alcuni albums che consentono di collocare il gruppo sicuramente all'interno dell'area terroristica algerina, con precisi riferimenti sia al FIS che soprattutto al GIA. Di peculiare importanza è il rinvenimento a Torino di decine di copie della pubblicazione "Taabsera", che è riferibile al GIA e che è pubblicata e diffusa in Inghilterra. Si tratta di documentazione, quest’ultima, particolarmente indicativa anche per comprovare sia i collegamenti internazionali, sia la sostanzialità dei contenuti.

Vorrei poi parlare dei mezzi di finanziamento. Oltre a delle somme rinvenute in contanti a Milano e a Torino, per le quali non è stata al momento fornita alcuna plausibile giustificazione, sono stati sequestrati libretti di risparmio, assegni di conto corrente italiani ed esteri, banconote falsificate, tutto materiale che sarà oggetto di ulteriori ed approfondite indagini mirate a ricostruire, appunto, il percorso finanziario dei vari canali di approvvigionamento, nonché la reale natura dello stesso. La riprova della sostanzialità riferibile alle indagini sulla rete di supporto logistico del GIA in Italia, che si è evidenziata nel corso dell'operazione "Shabka", è fornita dalla recente visita effettuata alle procure di Napoli e Torino dal dottor Bruguière, Magistrato del tribunale di grande istanza di Parigi e coordinatore delle indagini su fatti di terrorismo. A Napoli è appunto andato per ascoltare il Lounici mentre a Torino ha incontrato i magistrati che hanno coordinato l'operazione e funzionari della Digos. Dalla necessità di impostare e velocizzare le reciproche richieste di rogatoria tra i due paesi è nato uno scambio proficuo di notizie e informazioni che, bilateralmente, arricchiscono le acquisizioni investigative. In buona sostanza, la stretta collaborazione tra le due forze di polizia viene in questo modo vivificata su un piano strettamente processuale e operativo dallo scambio formale tra i magistrati di diversi uffici.

A questo punto possiamo trarre le dovute conclusioni. Lo scenario sopra descritto pur non evidenziando delle concrete situazioni di pericolo, impone la prosecuzione di un alto livello di attenzione, non disgiunto da concrete iniziative di polizia giudiziaria (come l'operazione "Shabka"), sempre coordinate dall'autorità giudiziaria e stimolate naturalmente dai contatti sia con i Servizi, sia con le polizie dei paesi interessati (soprattutto Francia per quanto riguarda il GIA). Quindi, il quadro che ho fornito non deve allarmare, bensi sensibilizzare una attività preventiva anche in relazione. ad un fenomeno terroristico che, nel delocalizzarsi sul territorio, utilizza materiali di facile reperimento (sottolineo sempre questo punto), essendo riuscito a sviluppare delle tecniche di fabbricazione degli ordigni che riescono a garantire livelli di lesività sicuramente significativi. Del resto, anche le strategie di propaganda e di proselitismo spaziano dal semplice contatto fisico (ad esempio nell'ambito dei luoghi di culto) all'uso di sofisticate tecnologie di trasmissione dei messaggi per via informatica. Ritengo, quindi, che l'azione delle forze dell'ordine debba svilupparsi in modo ampio e completo, nel massimo rispetto di ineliminabili principi di libertà di associazione e di pensiero, ed operando un netto discrimine - ci tengo a dirlo - tra ciò che è l'attività terroristica e quella che è invece, la libera espressione, anche estrema, di ideologie religiose, che è tutta altra cosa.

Penso di aver dato un esauriente quadro dell'attività terroristica che possa interessare il nostro Paese.

PRESIDENTE. Ringrazio il prefetto Ferrigno di questa esposizione cosi lunga, articolata e documentata. Personalmente non ho per ora domande da fare e chiedo se qualcuno dei membri della Commissione intende chiedere qualcosa.

LEONE. Vorrei capire come è uscita fuori la notizia della pista italiana, visto che riscontri non ve ne sono stati. Come mai la stampa ha dato quella notizia ed eventualmente da chi è partita?

FERRIGNO. Questo non glielo saprei dire. L'ho appresa dagli organi di stampa, però vi era un certo riscontro, come ho detto prima. Era il riscontro in una segnalazione di un Servizio circa la presenza di maghrebini che erano transitati in territorio italiano. Ripeto, era una eventualità, una possibilità che, come poi ho detto, non è stata riscontrata come effettivamente avvenuta. La notizia sarà arrivata forse da un altro paese: non le saprei dire.

PRESIDENTE. Se ho ben capito, l'operazione che avete fatto conferma l'esistenza di una rete logistica di supporto ad azioni che probabilmente si dovevano svolgere in Francia?

FERRIGNO. Confermo, come ho detto, che questo supporto logistico in Italia ad organizzazioni estremistiche che operano anche all'estero, e non solo in Italia, effettivamente c'è. Vi era questa struttura...

PRESIDENTE. Che però per ora in Italia non ha sviluppato momenti di attacco. E’ cosi?

FERRIGNO. Abbiamo riscontrato solo il supporto ad altre organizzazioni terroristiche che hanno operato all'estero, per ora.

GUALTIERI. Signor Presidente, prenderò spunto dalla domanda del collega Leone sulle notizie riguardanti la pista italiana. Su un giornale ho letto che vi è un tale Roland Jacquard, presidente di un osservatorio internazionale sul terrorismo, nei giorni seguenti all'attentato verificatosi in Francia, ha rilasciato alcune dichiarazioni. Non so che valore e serietà possano avere tali dichiarazioni, comunque sono state pubblicate su giornali come "La Stampa" di Torino e il "Corriere della Sera". Jacquard ha dichiarato che l'attentato avvenuto in Francia ha avuto una base logistica molto importante in Italia; ho anche letto - riportato peraltro tra virgolette - che "la rete italiana è stata riattivata e progettava di colpire sia in Italia che in Francia". Questa dichiarazione faceva seguito al fatto che in Italia esistesse una rete di supporto logistico. Ho richiamato questo fatto per cercare di far capire come sono emerse le notizie prima richiamate. Sui giornali si è aperta anche un po' di polemica sulla fragilità dei nostri confini. Non siamo sotto accusa per altri versi: non riusciamo infatti a dare piena attuazione al trattato di Schengen per i motivi che lei conosce benissimo. Signor Prefetto, vorrei innanzitutto esprimerle la mia gratitudine per la relazione che è completa e molto interessante e che, rimanendo agli atti della nostra Commissione, rappresenta una base sulla quale ragionare e fare approfondimenti. Questo mi conforta perché, avendo letto le ultime due relazioni semestrali che la Presidenza del Consiglio dei Ministri trasmette al Parlamento sulla politica della sicurezza in Italia, nelle parti riguardanti il terrorismo internazionale o l'insediamento in Italia di terrorismo, ho riscontrato soltanto banalità. E’ inutile che il Parlamento riceva relazioni di questo tipo che non riportano assolutamente nulla. Non ho riscontrato nulla di importante neanche per quanto riguarda un campo, del quale mi sto interessando come Presidente della Commissione difesa del Senato, che è quello del traffico di armi, che comporta problemi particolarmente complessi. Anzi, in tale relazione si afferma addirittura che in Francia il terrorismo di origine algerina ha abbandonato l'idea di fare interventi massicci ed indiscriminati e, dopo il successo degli attentati, è passato a forme più selettive: infatti, poco dopo, si è giunti all'esplosione della bomba sulla metropolitana e si annunciano altri attentati. Preferirei che relazioni complete come la sua venissero trasmesse a Commissioni che hanno titolo a ricevere comunicazioni sul terrorismo, magari con cadenza annuale o semestrale, in modo da avere veramente una base per poter fare delle riflessioni. Con le relazioni semestrali che ho poc'anzi ricordato il Parlamento non acquisisce alcunché di utile.

Signor prefetto, ho sentito alcuni commenti italiani sulle forze di contrasto che verranno messe in campo in Italia per contrastare il fenomeno del terrorismo interno ed internazionale. Alla Camera dei deputati sono state presentate alcune interrogazioni in proposito, ma mi soffermo soprattutto sul giudizio che ha espresso l'onorevole Serra, che è stato prefetto di Palermo e vice capo della Polizia. Il prefetto Serra sostiene che il nostro paese ha una debolezza: le Digos sono sottodimensionate e non sono in grado di fronteggiare questo tipo di insorgenza e di crescita di terrorismo. Quindi, la domanda che le rivolgo è se le forze che lei dirige sono, a suo giudizio, sufficienti per affrontare questo fenomeno. Vorrei rivolgerle anche un'altra domanda. Qual è il contributo che dà il servizio civile, il Sisde? Detto Servizio infatti dovrebbe essere preposto al controllo sul fenomeno del terrorismo interno e dovrebbe, conseguentemente, dare un contributo che invece, anche in questo caso, non emerge neppure dalle relazioni che ho letto. D'altra parte, leggendo le relazioni che vengono presentate al Comitato parlamentare per i servizi di informazione e sicurezza e per il segreto di Stato non emergono risultanze importanti. Non so se il Sisde si sia espresso in proposito, ma sarei molto curioso di sapere se dedica ai fenomeni del terrorismo interno ed esterno tutta l'attenzione che ha dedicato allo spionaggio dei magistrati o ad altre vicende avvenute nel nostro paese negli ultimi anni, impiegando a tal fine gli stessi mezzi imponenti che ha utilizzato in questo caso, come risulta, ad esempio, dalla dimensione delle intercettazioni che ha intrapreso. Lei ha precisato che il Sismi ha fatto una segnalazione (come viene normalmente fatto dai Servizi) riguardo alla presenza in Italia di otto terroristi che avrebbero potuto effettuare un attentato: ma questa è un'attività che viene normalmente svolta dai servizi segreti. Abbiamo forze di contrasto all'altezza dei problemi che lei ci ha questa sera elencato? Lei ha precisato di non essere preoccupato, però ha anche affermato che bisogna prestare un'attenzione massima. In merito alla pista italiana, sono d'accordo con lei sul fatto che non è emerso nulla, ma lei ha anche ammesso che in Italia si è impiantata una rete logistica forte. Voglio insistere su questa rete logistica; sono stati in precedenza effettuati, in due occasioni, alcuni arresti e sono state perquisite alcune sedi di moschee, perquisizioni che hanno creato problemi a causa delle proteste che sono state sollevate. Stiamo calcolando che tipo di reazione potrebbe esserci se si smantellasse questa rete logistica? Sono convinto che si può essere abbastanza tranquilli finché gli attentati non avvengono in Italia ma in altri paesi, ma il quadro potrebbe, ad un certo punto, cambiare. Siamo intenzionati a smontare le reti logistiche con determinazione? Signor prefetto, mi riferisco non solo alla Jihad algerina, ma anche alle altrettanto preoccupanti reti terroristiche che lottano contro l'attuale governo egiziano. Ho richiamato il governo egiziano perché, in tutto l'equilibrio del Mediterraneo, rappresenta il bastione portante. Se questo bastione venisse destabilizzato, si creerebbero crisi gravissime nel Mediterraneo. Credo infatti che più che l'Algeria, il bastione maggiormente a rischio sia l'Egitto che - anche se ne sentiamo parlare poco - e invaso da un terrorismo molto forte, che organizza attentati, di cui uno degli ultimi è stato quello del sequestro di turisti su una nave, che si è verificata un paio di mesi fa. Lei sa che hanno fatto attentati terrificanti, e soprattutto il presidente Mubarak è uno dei capi di Stato considerati più a rischio. Non voglio ora parlare dei problemi dei curdi; vedo soprattutto il pericolo di questo secondo insediamento logistico di basi di terrorismo egiziano. La mia ultima domanda quindi è se queste reti logistiche siamo intenzionati a smantellarle facendo una politica, non di mimetizzazione, ma affrontando realmente questo che a mio avviso è un pericolo.

RUZZANTE. Signor Presidente, signor prefetto, gli ultimi atti terroristici hanno dimostrato, in particolar modo quello al rapido 904 e gli attentati di Firenze e di Roma, una connessione tra mafia e terrorismo. Lei non ha toccato questo punto nel senso che noti ci sono nuovi episodi o nuovi elementi in questa direzione o non è stato affrontato questa sera questo aspetto? Mi interessava sapere se vi è una evoluzione o un aspetto di preoccupazione sul rapporto mafia e atti di terrorismo come tradizionalmente sono stati considerati all'interno del nostro Paese.

Il secondo aspetto che volevo toccare, ai livelli bassi, (la sua relazione è stata ampia ed esauriente), proprio perché stiamo parlando di prevenzione, riguarda ciò che non appartiene alla sfera del terrorismo ma che un domani, se non affrontato adeguatamente, potrebbe diventare elemento di pericolosità. Io sono deputato nella città di Padova che è stata più volte nominata nella sua relazione. Vorrei capire quale livello di pericolosità rappresentano questi scontri che hanno subito sicuramente negli ultimi due o tre mesi un'escalation tra area dell'estremismo di sinistra, tradizionalmente presente nella mia città, e aree di estremismo di destra, legati ai movimenti di naziskin o cose simili. Volevo capire se questo elemento nella vostra analisi viene visto come escalation perché veramente siamo arrivati ad un livello che nella città viene percepito di alta pericolosità, di forte preoccupazione. Vorrei capire, ripeto, qual è il livello reale di pericolosità e quale livello di prevenzione può essere attuato, perché ritengo che non sia sufficiente analizzare la situazione ma sia necessario anche comprendere, per quanto di nostra competenza, cosa si può fare per evitare e prevenire questi fatti con atti parlamentari e con un'effettiva vigilanza nel territorio. Per quanto riguarda questo aspetto vorrei capire se sono stati riscontrati rapporti diretti tra area dell'estremismo di destra (in particolar modo mi riferisco al fenomeno degli skinheads) e movimenti politici che si richiamano all'area della Fiamma, il movimento rautiano, nel nostro Paese. Vorrei sapere se avete mai riscontrato episodi di rapporti tra questi due movimenti.

Ultimo aspetto è il rapporto tra questi movimenti estremistici e gli ultras presenti all'interno degli stadi; vorrei sapere se avete riscontrato una connessione in tal senso, perché quando si parla di prevenzione anche questo può essere un elemento importante da conoscere.

FERRIGNO. Risponderò innanzitutto alle domande dell'onorevole Ruzzante. Per quanto riguarda la connessione mafia-terrorismo, lei ha citato l'attentato al rapido 904. Si tratta di un problema che attualmente viene trattato nell'ambito criminale e quindi per questo motivo non l’ho citato. Non mi risulta, tuttavia, che vi siano elementi nuovi.

La situazione di Padova è seguita attentamente; senz'altro vi è un certo livello di pericolosità, però è di intensità contenuta e a mio giudizio la situazione è controllata dalle forze dell'ordine. Lei parlava di una possibile escalation del fenomeno: la situazione, ripeto, è più o meno costante e sotto controllo e non prevedo pertanto una escalation di pericolosità. Per quanto riguarda i rapporti tra elementi di destra e altri soggetti che lei citava, come gli ultras presenti negli stadi, attualmente non mi risulta che vi siano rapporti. Come ho detto prima vi sono stati in passato ma il decreto Mancino ha sortito i suoi effetti e al momento non vi sono pericoli.

Venendo alle domande rivolte dal senatore Gualtieri: innanzitutto non ci sono riscontri investigativi (e quindi ribadisco ciò che ho detto prima) a quelle segnalazioni che erano pervenute. Lei ha chiesto poi in particolare più volte se abbiamo le forze sufficienti, e ha citato anche le parole del mio amico e collega Achille Serra. La risposta alla sua domanda è nei fatti: lei ha citato l'Al Jamaa, il movimento egiziano e poi ha citato il GIA. La nostra Direzione ha fatto due operazioni nei confronti di estremisti sia dell'uno che dell'altro gruppo; ho citato l'operazione del giugno 1995 verso gli aderenti dell'Istituto culturale islamico di viale Jenner a Milano che erano egiziani. Per quanto riguarda poi l'ultima operazione Shabka, mi sembra che abbiamo smantellato le reti del GIA algerino.

Mi sono dilungato su tutto quello che è stato trovato e mi sembra di aver sottolineato la valenza di questa organizzazione. Questa è la risposta alla sua domanda.

GUALTIERI. E la risposta al dottor Serra.

FERRIGNO. Lei chiedeva se noi eravamo in grado...

GUALTIERI. Se lei garantisce...

FERRIGNO. Non vi sono problemi sia da parte nostra che dei carabinieri. Questi ultimi l'anno scorso hanno smantellato un gruppo dei FIS a Napoli. Anche quella è stata una bella operazione, nell'ambito della quale come mi ricordava, il collega, è stato arrestato Djamel Lounici. E’ necessario essere vigili, bisogna stare sul "chi vive", però non sarei pessimista in questo momento.

PRESIDENTE. Volevo porle io una domanda. Quando lei ci ha parlato del terrorismo interno ha constatato una forte continuità ideologica, soprattutto con il terrorismo di sinistra. Mi chiedo se ci sia anche una continuità soggettiva e cioè se i personaggi della stagione eversiva degli armi '70-'80 mantengano ancora contatti, se siano figure di riferimento di questi ambienti nuovi, o se invece abbiano completamente chiuso la loro esperienza.

FERRIGNO. Come ho già detto nella relazione, alcune di queste persone fanno parte di questi gruppuscoli eversivi, ad esempio i CARC o l'ASP, e non si esclude che facciano anche parte dei Nuclei territoriali antimperialisti.

PRESIDENTE. Quindi generazionalmente si trovano anche persone che hanno quaranta o cinquant'anni.

FERRIGNO. Sì, anche se si contano sulla punta delle dita.

PRESIDENTE. Questo Bonanno è stato catturato?

FERRIGNO. E’ in carcere insieme alla moglie.

PRESIDENTE. Poiché non ci sono altre domande dichiaro chiusa la seduta. Ringrazio il prefetto Ferrigno per il suo contributo e condivido quanto ha affermato il collega Gualtieri sull'importanza della audizione testé effettuata anche come strumento di lavoro e di analisi futura.

La seduta termina alle ore 22,20.

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