Commissione parlamentare d'inchiesta sul terrorismo in Italia e sulle cause della mancata individuazione dei responsabili delle stragi

57a SEDUTA

MERCOLEDI' 11 NOVEMBRE 1999

Presidenza del Presidente PELLEGRINO

Indice degli interventi

PRESIDENTE
PRIORE
DE LUCA Athos (Verdi-l'Ulivo), senatore
FRAGALA' (AN), deputato
MANCA (Forza Italia), senatore
VENTUCCI (Forza Italia), senatore

 

La seduta ha inizio alle ore 13,45.

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la seduta.

Invito il senatore De Luca a dare lettura del processo verbale della seduta precedente.

DE LUCA Athos, f.f. segretario, dà lettura del processo verbale della seduta del 10 novembre 1999.

PRESIDENTE. Se non vi sono osservazioni, il processo verbale si intende approvato. E’ approvato.

 

SEGUITO DELL'AUDIZIONE DEL DOTTOR ROSARIO PRIORE SUGLI SVILUPPI DEL CASO MORO E SU RECENTI NOTIZIE CONCERNENTI ATTIVITÀ SPIONISTICHE COLLEGATE A FENOMENI EVERSIVI. (Viene introdotto il dottor Rosario Priore, accompagnato dal cancelliere Paolo Musio).

 

PRESIDENTE. Riprendiamo la seduta sospesa questa notte.

DE LUCA Athos. Ringrazio anzitutto il dottor Priore per aver accolto questo invito. Rivolgerò una breve domanda perché molte questioni sono già state affrontate. Immagino che nella sua esperienza, relativa sia al caso Moro che ad altre vicende, abbia dovuto spesso fare i conti con gli archivi. Ritengo che quella degli archivi sia un questione rilevante: per chi intende svolgere un lavoro di indagine, dunque per il magistrato, per questa Commissione o ancora per altri, si tratta infatti delle prime fonti sulle vicende ancora irrisolte e non chiare, anche perché di pentiti non ce ne sono stati molti, anzi, a mio avviso, ci sono persone che non parlano come molti brigatisti, e proprio perciò gli archivi rappresentano una fonte preziosa. Vorrei sapere dunque, alla luce della sua esperienza, quali difficoltà ha incontrato, cosa può fare questa Commissione per porre la questione al Governo. In proposito abbiamo lanciato appelli ai servizi, per una rinnovata collaborazione con loro ed anche con altri organismi per acquisire informazioni, disvelare misteri. Debbo dire però che esiste una certa continuità nel comportamento dei servizi in senso non positivo: se la collaborazione infatti è quella che ci ha offerto l’ammiraglio Battelli mi pare che sia inadeguata - anche altri colleghi mi sembra siano d'accordo - per una Commissione che voglia effettivamente affrontare questioni irrisolte da molto tempo. Le chiedo pertanto cosa possiamo fare, quali siano le difficoltà che ha incontrato e se condivide il fatto che la questione degli archivi è cruciale se si vogliono chiarire vicende ancora oscure.

PRIORE. In effetti in questo tipo di procedimenti la questione degli archivi è essenziale; gli ostacoli li ho descritti nelle varie sentenze ed ordinanze e sono credo verificabili da tutti. Il problema più rilevante è quello delle dimensioni degli archivi: gli archivi di un servizio, mi riferisco anche a quelli italiani, sono enormi, non parliamo di quelli stranieri. Ho letto sui giornali che l'archivio della Stasi, mettendo i fascicoli l’uno dopo l'altro, raggiunge una lunghezza di 180 metri: si sono sbagliati, sono stato alla Stasi e mi hanno comunicato che la lunghezza sarebbe di 180 chilometri. Quindi, le dimensioni comportano la necessità di guide, altrimenti non si riesce a trovare nulla. Almeno fino ad oggi, le carte non vengono ricercate dal magistrato o dalla polizia giudiziaria delegata, ma in genere vengono portate, anche perché in quei meandri degli archivi dei Servizi è difficilissimo orientarsi. Molte difficoltà sono ora superate da vaste operazioni di informatizzazione per cui si può accedere direttamente ai computer e, se si ripone fiducia nella lealtà dell'istituzione, si dovrebbe arrivare molto più rapidamente ad individuare i fascicoli esistenti: io non ho avuto modo di fare un'esperienza del genere perché quando operavo l'informatizzazione non era ancora così diffusa.

Per quanto riguarda le mie esperienze, facendo un piccola parentesi, ho una certa reticenza a dirlo, ma ho cominciato ad occuparmi di terrorismo con la strage di Fiumicino, non quella del 1985 ma del 1973. A quel tempo c'era così poca pratica….

PRESIDENTE. Si tratta di quelli che furono liberati subito?

PRIORE. No, i terroristi distrussero un aereo della PanAm, cagionando 35 o 36 morti; uccisero un finanziere sotto l'aereo e un operaio degli aeroporti di Roma ad Atene passandogli sopra con il carrello; si impadronirono di un aereo della Lufthansa, atterrarono prima in Libano e poi volarono nel Kuwait. Premetto che sequestrarono anche sei poliziotti portandoli sull'aereo; furono accolti da trionfatori nel Kuwait, furono poi liberati e li perdemmo di vista: abbiamo poi saputo che sono rimasti uccisi in vari conflitti a fuoco in Libano. In quella particolare strage sono emerse aspetti interessantissimi che portavano a formazioni europee e mediorientali ma a quel tempo, lo dico con una carica di critica, l'esperienza era a tal punto bassa che non ci furono iniziative nei confronti dei servizi, mentre ricordo visivamente che quando mi recai per il sopralluogo all'aeroporto di Fiumicino c'erano già diverse persone che lavoravano sul caso, che di sicuro non erano della polizia giudiziaria. Per tornare alle inchieste più recenti, mi riferisco a Ustica e Moro, a partire dai primi anni Novanta c'è stata una sorta di inversione di tendenza, almeno nelle dichiarazioni di principio, una maggiore disponibilità da parte dei Governi, ma sempre con questa caratteristica e cioè che i ricercatori, almeno negli archivi grandi (quelli del Sisde, del Sismi e del Cesis), erano gli stessi operatori ai quali si faceva la richiesta per grandi temi che si occupavano poi di procurare tutte le carte relative. Emergeva talvolta che molte erano state distrutte; abbiamo avuto un'esperienza positiva con la Presidenza del Consiglio, che ha una segreteria speciale presso la quale sono conservate le carte di maggior rilievo: abbiamo avuto la possibilità di accedervi direttamente e, in effetti, la maggior parte delle carte di interesse ci vengono proprio dalla Presidenza del Consiglio dei ministri.

PRESIDENTE. Dove trovaste la copertina del piano Paters.

PRIORE. Esatto. Molte delle carte trovate le ho messe a disposizioni della Commissione. C'è poi un archivio al quale non si è mai avuto accesso, quello della Presidenza della Repubblica, dove in effetti potrebbero esserci state carte interessanti. Per quanto riguarda gli archivi di altri paesi la ricerca diretta non esiste, posso dire di essere stato il primo che ha avuto accesso alla Stasi: le ricerche si facevano insieme a tavolino, ma quella effettiva dei fascicoli era fatta direttamente dai dipendenti della ex Stasi e quindi non sappiamo se ci fossero altre carte. Abbiamo avuto carte interessantissime sui rapporti tra la Germania democratica e la Bulgaria, ma siamo sempre alle solite: non si ha la certezza che ci sia stato dato tutto o che qualcosa non sia stato distrutto proprio negli ultimi tempi. Queste sono in estrema sintesi le difficoltà che abbiamo avuto nel contatto con gli archivi: c'è da tener presente che la tenuta degli archivi non segue criteri uniformi, varia da archivio ad archivio. Parlavamo ieri del famoso archivio parallelo di Cogliandro, che aveva sede materiale presso il raggruppamento centri. Ci sono state distruzioni enormi, di cui ho parlato non in questa Commissione ma in una sentenza, nell'archivio di Verona, dove c'erano migliaia e migliaia di carte che attenevano al problema altoatesino che sono state distrutte. Quella della distruzione delle carte per noi è stata una questione molto grave. Abbiamo perso moltissimo nelle inchieste. Come dicevo ieri, altri servizi invece conservano tutto e tendenzialmente per sempre.

DE LUCA Athos. Questa risposta mi conforta nella convinzione che un punto cruciale della possibilità di un lavoro positivo sia della nostra Commissione, sia di quei magistrati, che anche con coraggio, come lei ha dimostrato, in alcune vicende, si vogliono porre alla ricerca della verità, si trovano di fronte a queste enormi difficoltà. Lei parlava degli archivi della Presidenza della Repubblica….

PRESIDENTE. Scusi senatore De Luca, bisogna chiarire che la magistratura come anche la Commissione non può accedere agli archivi della Presidenza della Repubblica per un problema istituzionale di rapporto fra gerarchie di poteri. Mentre Presidenza del Consiglio, Ministeri, Servizi sono Amministrazione e quindi la magistratura può emanare ordini di esibizione e sequestri, per quanto riguarda le Camere e la Presidenza della Repubblica è la separazione dei poteri che non consente alla magistratura le forme di accesso che può avere presso gli archivi dell’Amministrazione. Anche questa Commissione, per esempio, non riesce a sapere se Licio Gelli visitò il Quirinale il 7 dicembre 1970.

DE LUCA Athos. Prendo atto della spiegazione formale di come stanno le cose, ma siamo convinti che bisogna aprire una stagione di verità rispetto al passato. E tutti gli organi dello Stato dovrebbero concorrere, senza essere obbligati sul piano formale. La lettera che lei fece a nome della Commissione all’ammiraglio Battelli, per esempio, è emblematica e ha assunto un valore politico negativo. La risposta alla nostra richiesta di collaborazione ai Servizi fu del tutto burocratica. È come se io le chiedessi informazioni sulla penna e lei mi rispondesse non dicendo niente sul lapis. Se questi sono i termini non abbiamo speranza di attingere e di rileggere quelle carte. L'auspicio che io faccio - non so se la Commissione può assumere una posizione politica come facemmo nei confronti della Presidenza del Consiglio - è che vi sia una collaborazione spontanea da parte della Presidenza della Repubblica. Ci sono stati Presidenti della Repubblica che proprio di recente sono intervenuti sulla vicenda BR, affermando che sono stati catturati soltanto i colonnelli mentre mancano i generali. Una Presidenza della Repubblica che afferma questo coerentemente si dovrebbe mettere a disposizione perché si scopra anche chi sono i generali. Ritengo che il clima ancora non sia questo e, al di là delle strumentalizzazioni politiche con vicende tipo Mitrokhin, che vengono fuori quasi casualmente, dovremmo confidare in una maggiore collaborazione che consentirebbe di ottenere risultati più importanti. Concludo facendo un paio di domande più specifiche su una vicenda a cui anche il nostro Presidente ha accennato pubblicamente. Può dirci qualcosa sulla notizia che in Svizzera presso le banche possono essere custoditi memoriali e quant'altro?

In secondo luogo, a proposito della questione enucleandi: De Lorenzo e Segni, si è detto che si sono parlati, che hanno avuto dei colloqui a suo tempo. C'è traccia di questo incontro? Ci dovrebbero essere verbali, testimonianze. Lei è a conoscenza di qualcosa del genere?

Dal punto di vista più generale, mi sono fatto la convinzione che le BR nell'ultima fase vennero a patti con qualcuno, qualche pezzo dello Stato - non entriamo nel merito di chi - per concordare una pace che per qualcuno ha significato la libertà. Questa pace fu concordata e la prima ...

PRESIDENTE. La prima clausola dell'armistizio?

DE LUCA Athos. Lì c'è la radice del fatto che non riusciamo a sapere e che ancora ci sono misteri sul caso Moro. Quindi occorre esprimere un giudizio morale anche sugli ex brigatisti che si rifiutano di venire in questa Commissione, mentre alcuni non scrivono libri e pubblicazioni. A parte l'aspetto politico, si tratta di un comportamento che va considerato sotto il piano etico e morale: chi gode di benefici, di semilibertà, di lavoro esterno al carcere, allo Stato dovrebbe rendere il debito di verità. Questo, concludo, non è stato fatto. La mia sensazione è che noi dovremmo incalzare anche su questo versante, quello dei brigatisti che ancora stanno all'estero, e su altre questioni di questo genere, dalle quali discende questa situazione.

PRIORE. Anzitutto sono d'accordo che si debba incalzare ancora su questo campo. Ci sono persone che addirittura vivono tranquillamente all'estero. Ci sono persone che in Italia "pontificano", come dico io in tutte le sedi, dalle università alle radiotelevisioni. Però sono persone che ancora non accettano un dialogo con lo Stato, sono ancora chiuse. Beneficiano delle misure carcerarie che il nostro sistema consente - giustamente -, ma ancora non hanno intrapreso un colloquio con lo Stato. Quello di cui parla lei, cioè che vi sia stata un'amnistia, dal mio osservatorio non emerge. È una ipotesi su cui tuttavia credo si possa e si debba lavorare. Nel 1982, quando ci fu la dissoluzione delle organizzazioni, si assisté piuttosto a una sconfitta pesante. Ci fu, come dissero i brigatisti, una ritirata strategica, una ritirata cioè con progetti e tentativi di mantenersi ancora in vita, come fa qualsiasi organizzazione e come fanno anche gli Stati, per restare ancora in piedi. Ma la sconfitta fu piuttosto grave, perché fu smantellata quasi la totalità delle basi e furono catturate le persone in armi. Torno al vecchio discorso dei colonnelli e dei generali: i colonnelli, in un certo senso furono assicurati alla giustizia; i generali - facciamo delle ipotesi - non siamo ancora sicuri chi siano. Appariva che di armi non ne avessero più. Non si capisce da chi possa essere stato fatto l'armistizio, o la pace; qualche generale ha chiesto la totale immunità, cioè che non si arrivasse alla scoperta del suo nome? La maggior parte delle truppe, quelle che combattevano, quelle in armi, che uccidevano sulle strade o negli agguati, ovunque, sono state individuate ed assicurate alla giustizia; ma sono stati assicurati alla giustizia anche i gradi più alti, addirittura i colonnelli. Quella dell'armistizio è una ipotesi, ma non è possibile assolutamente confermarla sulla base delle carte in atti.

Per quanto riguarda l'altra domanda che mi ha posto, circa il ruolo delle banche svizzere, credo che questa sia un'ipotesi su cui si debba lavorare. Infatti, come dicevo ieri, non siamo nemmeno riusciti ad identificare i 13 conti che già risultavano negli anni Ottanta. Però, allo stato non riesco ad immaginare chi possa detenere queste cassette di sicurezza o questi conti. In effetti, potrebbe essere stato portato lì qualche cosa, poiché abbiamo visto che alcune persone addirittura si rifugiarono in Svizzera. Posso dire, comunque, che quel personaggio a cui ci riferiamo, cioè Lojacono, all'epoca non era molto in alto nella gerarchia delle Brigate rosse. Nulla toglie che possa essere stato usato come un tramite per trasportare qualche reperto, da conservare poi in una cassetta di sicurezza. Però non abbiamo nessuna prova in questo senso, anzi forse non abbiamo nemmeno degli indizi. Quella persona passò il confine indisturbata, assumendo la cittadinanza della madre (infatti la Svizzera prevede la possibilità di scelta tra le cittadinanze dei genitori), che era ticinese. Adesso lui vive in Svizzera con il nome della madre. Però all'epoca era piuttosto giovane, non era un personaggio di rilievo nell'organizzazione. Questo non toglie, ripeto, che qualcuno possa avergli dato mandato di nascondere, di conservare, di impedire che venisse acquisito ai processi un qualche reperto di una certa utilità. Noi però lo abbiamo scoperto con un certo ritardo, perché abbiamo saputo di questo Lojacono soltanto quando è arrivato ai nostri uffici il memoriale Morucci-Faranda, con i nomi delle persone; e purtroppo lo abbiamo scoperto quando aveva già ottenuto la nuova cittadinanza.

PRESIDENTE. In quell'occasione uscirono fuori i nomi di Casimirri e Lojacono.

PRIORE. Sì, vennero così riempite due caselle di quell'organigramma, ma quei due erano già in salvo, l'uno in Nicaragua e l'altro in Svizzera. Dell'uno non è stata ottenuta l'estradizione e dell'altro credo non sia stata nemmeno richiesta, perché - almeno ai miei tempi - con il Nicaragua non vi erano trattati di assistenza giudiziaria.

DE LUCA Athos. Sulla faccenda dei colonnelli e dei generali, anche lei ritiene che sono stati presi i colonnelli e mancano all'appello i generali?

PRIORE. I generali non sono stati individuati, ovviamente, però forse sono in posizioni più sfumate e il giudice penale deve procedere contro le persone che hanno delle precise imputazioni a carico. Noi facemmo dei processi contro la struttura di "Metropoli", processi che hanno avuto un esito non del tutto pieno, perché - siamo alle solite - è difficile sul piano giudiziario dimostrare il concorso per persone che in un certo senso sono stati i maitre à penser delle Brigate rosse, come di tante formazioni di destra e di sinistra. Ricordo sempre che noi imputammo dell'omicidio Moro anche il professor Negri. Con discussioni molto lunghe tentammo di provare l'esistenza di questo concorso presso le autorità giudiziarie di paesi stranieri. Seguii l'estradizione di Piperno in Francia e in Canada, ne parlammo con altre autorità giudiziarie, ma esse trovavano grosse difficoltà a seguire i nostri ragionamenti, lunghissimi e molto articolati. Alla fine di queste discussioni, mi chiedevano se Negri era a via Fani e se fosse armato: volevano sempre la cosiddetta smoking gun, perché in altri ordinamenti per avere imputazioni o condanne bisogna avere una pistola fumante nelle mani. Per quanto riguarda i generali, non nascondiamoci dietro un dito…

DE LUCA Athos. Possiamo parlare anche di generali di altro tipo, non solo delle BR!

PRESIDENTE. Il termine "generali" può indurre in equivoci perché è un gergo di tipo militare, in realtà il dottor Priore stava per dirlo.

PRIORE. Stavo per dire che i generali, nell'accezione che usiamo in questa ipotesi, sono i dirigenti delle Brigate rosse, sono le persone che stanno al di sopra, che possono determinare certi comportamenti con loro condotte di addestramento ideologico. In questo momento non parliamo di generali con le stellette.

PRESIDENTE. Quindi stiamo parlando degli ispiratori ideologici, degli intellettuali.

MANCA. Lei sa perché si parla di "greca dei generali"?

PRIORE. No, me lo dica lei.

MANCA. La "greca" prende il nome da un fiume greco che è tutto tortuoso, a meandri. Quindi, come si fa a scoprire i generali?

FRAGALA'. Consigliere, innanzitutto la ringrazio della sua disponibilità e soprattutto di avere apportato nell'audizione di ieri un elemento documentale e testimoniale importantissimo, che conferma l'attendibilità dell'archivio Mitrokhin, che - come sappiamo - è stato verificato in anni e anni di attività di controspionaggio dalla più importante struttura di intelligence del mondo, il servizio segreto inglese. Però, proprio perché lei ieri ha espresso un giudizio di grande significato e di grande attendibilità per l'archivio Mitrokhin, mi permetto di porle alcuni interrogativi rispetto alla vostra attività di indagine - come procura o come ufficio di istruzione di Roma - sul delitto di via Fani e sul sequestro Moro. Infatti, quello che adesso leggiamo nel dossier Mitrokhin e nella testimonianza-lettera del professor Franco Tritto, si poteva leggere nel 1978 in tantissimi giornali e documenti dell'estrema sinistra. Mi riferisco, per esempio, alla famosa vicenda - a cui anche lei ha accennato - di Renzo Rossellini, che anticipò il sequestro Moro 45 minuti prima, e all'intervista allo stesso Renzo Rossellini, pubblicata nell'ottobre del 1978 sul quotidiano socialista "Le matin" di Parigi e il 5 ottobre 1978 su "Lotta continua". Ebbene, consigliere, l'intervista di Rossellini a "Lotta continua" si intitola così: "È stato il partito sovietico in Italia a rapire Moro". In questa intervista, come in quella rilasciata al quotidiano "Le matin", Rossellini dice che le Brigate rosse erano il partito sovietico in Italia. Addirittura, precisamente disse: "Esse hanno alle loro spalle l'apparato militare dei paesi dell'Est, di cui esse sono una delle emanazioni". E poi continuava spiegando come in Italia, fin dai tempi della Resistenza, vi era una frazione che era passata sotto il controllo dell'Armata rossa, che addirittura tagliava a metà il Partito comunista italiano e la stessa frangia extraparlamentare di sinistra; inoltre, spiegava come prima che rapissero Moro e durante il sequestro Moro tutta la sinistra sapeva che quella era un'operazione del KGB e dei servizi segreti sovietici. La mia domanda finale è la seguente: come mai gli inquirenti non conoscevano queste cose?

Il secondo punto è questo: durante i 55 giorni - ne abbiamo avuto testimonianza dal notaio Frattasio - un drappello, un nucleo di teste di cuoio, tutti funzionari di pubblica sicurezza e dei carabinieri, furono preparati per assaltare col mitra in mano l'ambasciata cecosclovacca a Roma, dove si riteneva fosse tenuto prigioniero Moro.

Ancora: nel 1975 l'onorevole Berlinguer, allora segretario del PCI, manda l'onorevole Cacciapuoti in Cecoslovacchia per dire: "Attenzione, un amico del PCI, all'interno dei Servizi segreti italiani, ci ha comunicato che hanno le prove che Franceschini e compagni sono preparati nei campi di addestramento cecoslovacchi. Se questa cosa viene alla luce siamo tutti rovinati, voi come Repubblica socialista sovietica, noi come partito comunista". Inoltre, vi è l'indicazione del promemoria Improta che spiega che allora facevano tutti finta di non capire e di non sapere che le Brigate rosse stranamente non hanno utilizzato le informazioni venute da Moro, né il memoriale, né gli interrogatori, come sarebbe stato dal punto di vista politico assolutamente filologico, perché - diceva Improta - la loro scelta è riconducibile ad una precisa strategia di Mario Moretti di gran lunga superiore alle scelte contingenti che accompagnarono il sequestro: la loro fu una scelta informativa. Noi non parliamo col senno di poi, bensì col senno di prima. Lo stesso Rossellini, nel 1978, spiegò che le Brigate rosse non utilizzarono il materiale e le notizie che estorsero a Moro perché la loro fu una azione informativa verso i Servizi segreti dei paesi dell'Est.

Ancora: sappiamo dalle carte cecoslovacche che il partito comunista sovietico e il KGB emanarono una direttiva, all'indomani dell'elezione di Karol Wojtila al soglio pontificio, in cui chiedevano di assumere iniziative di provocazione e di disinformazione senza precludere la possibilità di eliminare fisicamente il Papa. Ci sono le operazioni "pagoda", "infezione", l'attentato al Papa del 1981, una serie di atti che sono stati preparati.

Consigliere Priore, addirittura nel 1981-1982, sotto il naso degli investigatori italiani, Casimirri fu messo dal KGB su un aereo Aeroflot diretto a Mosca e poi su un altro aereo Aeroflot per essere inviato in Nicaragua, dove divenne consulente operativo del partito sandinista per la guerriglia in quel paese.

PRESIDENTE. Se capisco il punto dove vuole arrivare: che cosa impedì di cogliere queste tracce evidentissime?

FRAGALA'. Formulo la domanda in maniera più esplicita: il notaio Frattasio, che era dirigente di un commissariato qui a Roma, ci ha detto che allora era proibito indagare a Sinistra; gli apparati, i funzionari, gli investigatori che indagavano a Sinistra avevano sicuramente una carriera tormentata o bocciata fin dall'inizio; al contrario, chi indagava a Destra, aveva delle carriere fulminee. Pertanto le chiedo: era possibile che vi fosse una vasta area della pubblica opinione, degli apparati dello Stato, di coloro che erano preposti alle investigazioni, addirittura, che magari stavano a guardare, perché la capacità di attrazione ideologica da parte delle Brigate rosse, oppure un tipo di calcolo opportunistico nel senso di stare a guardare quale delle due parti avrebbe vinto (o le Brigate rosse, o lo Stato), hanno convinto tutta una serie di persone a non esplicare con la dovuta efficacia il proprio dovere?

PRIORE. Assolutamente no. Non credo che siano mai esistite; non sono mai state effettuate su di me, né sono a conoscenza che lo siano mai state sui miei colleghi. Comunque emergeva una infinità di indizi a carico di determinate strutture statali; bisogna anche dire - e parlo come giudice istruttore del caso dell'attentato al Papa - che emergevano pure indizi in senso contrario. Certo, è difficile percentualizzare se gli indizi a carico dell'Est fossero maggiori di quelli a carico dell'Ovest. Come giudizio prima facie forse ve n'erano di più a carico dell'Est, almeno per quanto riguarda l'attentato al Papa. Ma voglio anche dire che spesso queste sono indicazioni di carattere politico cui il giudice difficilmente riesce a trovare sostegno; parlo specialmente per il periodo prima della caduta del muro di Berlino. Se a noi si diceva - e questo è successo anche nell'attentato al Papa - che il KGB aveva lo zampino anche in quell'attentato, mi domando che cosa avremmo potuto fare di fronte ad affermazioni del genere senza alcuna indicazione precisa né sostegni documentali o soggettivi testimoniali; era difficilissimo, a parte che in quel tempo incombeva a noi il dovere primario di individuare le persone che sparavano, che uccidevano. Forse lo abbiamo dimenticato, ma in una settimana in quell’epoca, sono stati uccisi tre magistrati e le forze dell'ordine erano continuamente falcidiate.

PRESIDENTE. Fu eliminato anche qualcuno di quelli che indagavano a Destra, come il giudice Occorsio.

PRIORE. E anche Mario Amato. Era difficoltoso innanzi tutto perché si partiva solo da affermazioni piuttosto teoriche, politiche, nel senso che si diceva che la matrice è questa, non può essere che questa. Però non c'erano prove precise, e di fatto non c'erano rapporti con queste entità straniere. Il primo rapporto che si ha con l'Unione Sovietica risale al 1990, a dopo la caduta del muro, quando il Presidente del Consiglio dell'epoca interpellò ufficialmente Gorbaciov su quel punto e questi diede una risposta altrettanto ufficiale, affermando che agli atti del Servizio sovietico (credo che nel 1990 vi fosse già la Federazione e non più l’Unione) non c'era alcun documento che riguardasse l'attentato al Papa. Il mio interesse era in quel periodo per la documentazione attinente al Papa e non più alle Brigate rosse, perché avevo cessato di occuparmene come giudice istruttore. Poi via via si sono fatti tentativi, si sono trovate strade migliori e si sono trovate anche carte, ma, di fronte ad una risposta così netta e chiara del presidente Gorbaciov, non riesco a vedere quali potessero essere gli strumenti giudiziari per andare. I rapporti sono cambiati, sono cambiate parecchie cose, come ho già detto, sono andato personalmente presso la Stasi, siamo stati più volte in Bulgaria, l'Est si è aperto, l'apparato è cambiato completamente, anche se ricordo che, quando mi sono recato lì, il consigliere istruttore era un colonnello e i giudici istruttori erano dei capitani: c'era ancora una struttura militare che dipendeva dal Ministero dell'interno, quindi c'era un rapporto un po’ falsato rispetto alla nostra giustizia.

PRESIDENTE. L'onorevole Fragalà mi scuserà per questo commento, a mio avviso egli enfatizza ma nelle sue affermazioni un principio di verità c'è: l'idea che dietro alle Brigate rosse potessero esserci i servizi dell'Est, in particolare i servizi cecoslovacchi, non è una questione di oggi. Ricordo che era un'ipotesi che faceva Pertini il quale, subito dopo il sequestro Moro, divenne presidente della Repubblica: egli ragionava addirittura sull'elemento della marca cecoslovacca dello Skorpion. Quello che sembra risaltare è che soprattutto i servizi d'informazione non coltivano queste tracce: ma in quel momento i servizi d'informazione erano tutti a vertice piduista. Sulla P2 possiamo avere idee diverse, possiamo pensarla come la Anselmi, come la magistratura italiana, ma è difficile pensare che fosse un luogo di filocomunismo, di filosovietismo o un gruppo di intellettuali di sinistra: mi sembra, come ha detto anche il senatore Cossiga, piuttosto che fosse un gruppo di atlantisti fedeli, fedeli servitori dello Stato ma soprattutto fedeli atlantisti. Per quale motivo i servizi proteggono questi legami e non vanno a fondo? L'ipotesi di questa tecnostruttura, di questa stanza di compensazione sta cominciando a prendere corpo, non è più un'ipotesi inverosimile, diventa una cosa seria? Questo è il punto.

Da quanto lei ci ha riferito ieri e da altre carte in nostro possesso sembrerebbe che una serie di tracce in questa direzione non sia stata sufficientemente investigata dai servizi, che erano tutti in quell'epoca a vertice piduista, con un'unica eccezione, quella del prefetto Napoletano del Cesis, che poi viene sostituito con Pelosi. Perché uomini come Pelosi, Grassini, Dalla Chiesa, che certamente non potevano essere sospettati di filocomunismo, non andavano a fondo? C'era forse un equilibrio di Yalta che condizionava tutto? Non posso pensare che lei o altri magistrati, di cui si conosceva anche l'appartenenza culturale, sentissero il divieto di indagare a sinistra (in questo non sono d'accordo con Fragalà) ma effettivamente sembra che gli apparati non abbiano approfondito una serie di tracce. Per quale motivo i Carabinieri non hanno approfondito e così Dalla Chiesa, che conosceva bene le Brigate rosse, per quale motivo non va a fondo? Questo è il dubbio che personalmente mi tormenta.

PRIORE. Credo che indagini di questo tipo siano squisitamente politiche. Per esempio, quando sorgevano sospetti a carico della Francia invitavamo i nostri servizi ad acquisire un maggior numero di notizie (per esempio, sulla struttura di Parigi, sia la rete di compagni, come veniva definita, che l'Hyperion) ma c'è sempre stato detto che in paesi amici da parte dei servizi non si può indagare. Quando si chiedeva di indagare nei paesi dell'Est, oltre la cortina di ferro, ci si rispondeva che non si poteva indagare, quindi praticamente l'intera Europa veniva esclusa dalle indagini dei servizi. E' un aspetto importante da stabilire ma, riprendendo il filo di un discorso di ieri, abbiamo le prove in questo archivio parallelo di Cogliandro che alcuni filoni erano stati seguiti, non possiamo dire se erano stati approfonditi o meno…

PRESIDENTE. Però non vi passano le notizie.

PRIORE. Non le passano e le distruggono, distruggono il fascicolo.

PRESIDENTE. Perché fanno questa attività di copertura?

PRIORE. Si tratta di scelte dell'Esecutivo, sono scelte politiche: sia la formazione del fascicolo, che l'approfondimento e la sua distruzione non sono scelte che possono essere fatte risalire nemmeno ai responsabili dei servizi, sono scelte che vengono prese ad un livello superiore. Non credo che un responsabile dei servizi, anche negli anni '60 o '70, potesse prendere decisioni di questo tipo autonomamente dall'Esecutivo. E' difficile che abbia potuto prenderle anche quando il servizio sembrava superiore al Governo. Ricordo che c'era un tempo in cui per diventare Presidente del Consiglio ci voleva una sorta di nulla osta da parte del servizio militare, in cui si affermava che quel candidato alla Presidenza del Consiglio era un filo atlantico e quindi poteva assumere quella carica.

PRESIDENTE. Questo sembra capovolgere i rapporti.

PRIORE. C'è stato un periodo in cui il rapporto era sicuramente capovolto nel senso che il potere del servizio era superiore anche a certi poteri politici. Ma comunque sono decisioni politiche: ovunque abbiano sede, nell'Esecutivo o in poteri diversi come i servizi, sono decisioni squisitamente politiche in cui la magistratura non ha mai messo becco. In tutte le nostre inchieste ci sono state indicazioni di questo genere: mi rifaccio sempre all'esperienza fatta nel processo per l'attentato al Papa, quante matrici sono venute fuori e principalmente quelle dell'Est. Lo stesso imputato principale ….

PRESIDENTE. Le chiedo scusa, rimaniamo sul tema.

PRIORE. Volevo dire che ci sono tantissime indicazioni di questo tipo.

PRESIDENTE. D'altra parte è difficile pensare che Wojtyla lo volessero ammazzare gli americani.

FRAGALA'. Posso fare un'altra domanda?

PRESIDENTE. No.

PRIORE. Non credo di aver ancora risposto a tutto.

FRAGALA'. Facciamo allora finire la risposta.

PRESIDENTE. Va bene.

PRIORE. Per quanto riguarda la questione di Rossellini, lo abbiamo detto: egli era a conoscenza, lo ha ammesso. Poi abbiamo parlato di questo partito sovietico, ma spesso si fanno delle semplificazioni…..

PRESIDENTE. Poi veniva da Lotta Continua.

FRAGALA'. No, Rossellini l'ha detto da solo.

PRESIDENTE. Ma Lotta Continua gli pubblica l’intervista.

PRIORE. Ma la sua fonte forse è diversa perché Rossellini era vicino agli ex di Potere operaio e questo gruppo….

FRAGALA'. Sapeva tutto sulle Brigate rosse.

PRIORE. Si, li classificammo noi in tal senso ma anche gli altri delle Brigate rosse: era la struttura di cerniera - su questo bisognerebbe fare un discorso lungo settimane - tra le formazioni combattenti ma forse anche verso determinati ambienti politici perché sono loro che prendono il contatto.

PRESIDENTE. Per dare nome e cognome, in ambienti politici socialisti.

PRIORE. A quel tempo sì, durante il periodo del sequestro Moro, ma ci furono anche altri contatti. Comunque fu una struttura che si pose al centro di questo mondo eversivo ed anche politico, una struttura di cerniera di intellettuali….

PRESIDENTE. Potrebbero essere quegli intellettuali di cui parla Giorgio Bocca che facevano parte della direzione strategica delle Brigate rosse?

PRIORE. Non si può dire, ma erano intellettuali, professori universitari, avevano occupato una larga fetta del CNR. Piperno veniva definito "barone" nel senso di barone universitario. La Conforto aveva un rapporto con lui perché era interessata ad avere una cattedra a l'Aquila perché in Calabria era difficile arrivarci. Aveva quindi un interesse forte per essere trasferita da Arcavacata a l'Aquila.

FRAGALA'. La Bozzi, proprietaria dell'appartamento di via Gradoli, insegnava a Cosenza con Piperno.

PRIORE. Avevano lavorato insieme, erano tutti colleghi, anche Ferrero, il marito della Bozzi, quello di cui si trova uno scritto in via Gradoli. Quindi era un gruppo di professori universitari, non di insegnanti di scuola media.

PRESIDENTE. Era quella che con una locuzione possiamo definire "area di contiguità intellettuale alle BR", soprattutto con l'ala movimentista.

PRIORE. Avevano progetti ben precisi di egemonizzazione di tutte le formazioni armate: loro volevano condurre la danza, pilotare il cosiddetto "attacco allo Stato". E poi venivano da Potere Operaio. A questo proposito, vorrei invitare a rileggere alcune sentenze, molto belle, che forse non ricordiamo più, scritte dal giudice istruttore di Milano, la dottoressa Paciotti, che adesso ricopre un incarico politico, e dal giudice istruttore di Bergamo Balestra, su questo ruolo di cerniera di Potere Operaio che è stato essenziale nella lotta armata nel nostro paese. Forse ce ne siamo dimenticati, vi invito a rileggerle bene.

PRESIDENTE. Personalmente non le ho dimenticate e le ho ben presenti. Se ne discute oggi in termini di antagonismo sociale. Le Brigate rosse erano uno dei punti di questo antagonismo e quelli di Potere Operaio sostenevano di essere la guida intellettuale. Ho avuto recentemente dibattiti culturali con Piperno, il quale non fa mistero di tutto questo. Quando vi è stato l'omicidio D'Antona mi è sembrato giusto - ma alcuni colleghi non sono stati d'accordo - dire che se non cominciano a picchiare su questa area di contiguità non ne usciamo.

VENTUCCI. Giudice Priore, mi auguro che queste pressanti domande che le facciamo siano da allenamento alla sua memoria fertile e senza dubbio valida. Lei ha detto che c’è una verità giudiziaria acclarata sulla meccanica dell'omicidio Moro, ma occorre ancora accertare come si siano mosse le forze politiche e le altre forze intorno non all'omicidio, ma al "caso" Moro. Credo che siamo di fronte ad un fatto dove la connessione fra mandanti ed esecutori si è sviluppata non con il semplicistico rapporto fra chi vuole l'accadimento di un evento e gli esecutori, bensì con riguardo a opportunità e interessi diversi sia all'interno sia all'esterno del nostro paese. La lettera del professor Tritto è solo un'ulteriore testimonianza di come l'ufficiale sovietico abbia partecipato, a me sembra grossolanamente, a trarre informative atte a consolidare il piano criminale, che su un piano strategico sono ritenibili superflue: altrimenti dovremmo dedurre che gli assassini di Moro fossero stati dei dilettanti, perché avrebbero avuto il bisogno di andare a chiedere in una conferenza pubblica le abitudini di Moro agli uomini della scorta.

PRESIDENTE. Occorre tener presente che un Pingitore, quattro o cinque anni prima, aveva descritto con precisione in un articolo buffo, scherzoso, i due percorsi che Moro faceva ogni mattina. Morucci ci ha detto che conoscevano bene i due percorsi di Moro e di aver avuto il rimpianto di non aver effettuato il sequestro nella chiesa, laddove non vi sarebbe stato bisogno di ammazzare i componenti della scorta. Mi pare che avesse ragione. Lo studente non ha aggiunto nulla alle conoscenze che le BR avevano già.

VENTUCCI. Sono convinto che il modo in cui si muovesse Moro fosse ben noto a chi era addestrato così bene - come risulta dagli atti e da quello che si dice continuamente in questa Commissione - all'assassinio di Moro. Debbo dire che nella lettera del professor Tritto ci sono due fatti di cui sono anche testimone esterno. Nel fare l'esame di contabilità di Stato con il professor Zaccaria, da giurisprudenza andai alla facoltà di economia politica e lì incontrai Moro, nei corridoi, attorniato dagli studenti. Era un'abitudine, un fatto noto. Debbo dire anche della non meraviglia di Moro, registrata nella frase che lei ci ha letto, a proposito del rapido apprendimento della lingua italiana, da parte dei giovani sovietici e slavi. Nel 1989 nella mia filiale di Mosca c'era un tale un Sergey (ma per ragioni anagrafiche non poteva essere quello della lista Mitrokhin), al quale chiesi dove aveva studiato l'italiano. Mi rispose che non conosceva nemmeno dove stava l'Italia, ma in Russia avevano laboratori linguistici eccezionali. Le posso assicurare che l'italiano era perfetto, con accenti simili a quelli toscani.

C'è una terza notazione sulla lettera, a proposito della frase: "Caro Francesco, vedrai che quest'anno avremo più violenza". Io ieri sono uscito da quest'aula meravigliato per aver appreso che tutto il mondo, oserei dire, il mondo che ci circonda, sapeva che qualcuno dovesse essere rapito e che probabilmente si trattava di Moro. Da febbraio si diceva che qualcuno sarebbe stato rapito. Questa frase di Moro mi lascia intendere che egli senza dubbio sapesse che poteva essere lui l'obiettivo. Si pone un quesito, che scaturisce dalla segnalazione dello stesso Tritto, all’allora sottosegretario Lettieri. Mi domando: in quel tempo in cui si combatteva la cosiddetta terza guerra mondiale, i nostri Servizi erano percorsi da profonda cialtroneria oppure avevano avuto l'ordine di soprassedere? Esclusa la prima ipotesi le chiedo - non come giudice ma come persona di sensibile contenuto intellettuale, come mi pare che sia stato presentato ieri in questa audizione, oltre che informato sui fatti - chi aveva interesse a neutralizzare Sismi e Sisde, considerato che il 7 aprile 1978 l'ufficio "D" aveva consegnato un elenco di persone. Qui si pone il grande punto interrogativo, sappiamo che i Servizi non sono un'istituzione, sono un'organizzazione fatta di persone, alla "buon di Dio", e quindi tutto va preso cum grano salis. L'ufficio "D" questo elenco lo aveva già consegnato il 7 aprile 1978 al Governo, ai responsabili politici. È un elenco di coloro che presumibilmente erano stati addestrati o comunque appartenevano a enti che operavano fuori dei nostri confini nazionali. Questa è la prima domanda. Considerato che i postbrigatisti dell'Asinara, come è stato detto ieri hanno stigmatizzato questo evento, le chiedo quale potesse essere l'interesse soggettivo di alcune parti politiche o di industriali del paese nell'usare la disinformatija a far divenire questo evento un caso. Le dichiarazioni di Galloni e di molti ex comunisti (o cattocomunisti, come diceva ieri Taradash) di cui al mattone del muro indicato da Berlusconi, e la statua di Moro realizzata da un artista con "L'Unità" in tasca, la dicono lunga su coloro i quali non vogliono accettare che il KGB, attraverso i cecoslovacchi, abbia preparato l'evento. A me sembra che con questa lista Mitrokhin si stiano chiarendo molti dubbi.

PRIORE. Le domande sono tante. Vorrei iniziare da questo fatto, cioè che tutti sapessero tutto, e ricordare il primo numero di "OP", in cui sono presenti moltissimi dettagli: Pecorelli, sin da questo primo numero, dopo il sequestro di Moro, indicava con una certa precisione come luogo di detenzione dell'onorevole Moro l'ambasciata della Cecoslovacchia. Addirittura faceva dei calcoli di quanti minuti occorressero per raggiungere l'ambasciata partendo da via Fani. Al di là di questa indicazione, sin dall'epoca si pensava che potesse esserci una matrice cecoslovacca. Questo mi dà la possibilità di precisare alcuni punti, perché purtroppo per anni abbiamo compiuto un'analisi alquanto semplicistica dell'intervento di questi servizi nei nostri eventi. Credo che nel 1978 ci fosse già una netta separazione tra i propositi, le attività, le finalità del KGB e quelle dei servizi cecoslovacchi.

Contrariamente a quanto si è sempre ritenuto, non c'era un monolitismo molto forte all'interno del sistema dell'Est. C'erano cioè dei servizi che conservavano una certa fetta di autonomia, come succedeva - con un fenomeno molto più vistoso - all'interno del blocco occidentale. Non credo che i francesi abbiano mai preso ordini direttamente dagli Stati Uniti; la Francia perseguiva i suoi obiettivi e probabilmente anche la Gran Bretagna faceva altrettanto, addirittura al di fuori della NATO. Quindi non possiamo usare strumenti molto semplicistici, direi quasi rozzi, per individuare le responsabilità dei singoli Stati. Ma questo lo dico adesso, partendo da un certo momento in poi, perché anch'io fino a pochissimo tempo fa ritenevo che ci fosse una certa uniformità di comportamenti.

Quindi c'è stata per anni - e credo che si è accentuata con lo strappo ai tempi di Berlinguer - una linea completamente diversa. Lo stesso Partito comunista italiano non ha seguito più da vicino la politica che veniva dall'Unione sovietica. Questo lo dimostrano la missione Cacciapuoti e le preoccupazioni di Amendola. C'è un mondo più variegato nei confronti di questo fenomeno, ci si è distaccati dalle BR. Le BR, quelle dure, militariste, gli oppositori di Morucci e Faranda potrebbero aver continuato quei rapporti, che risalgono addirittura alla fine degli anni Quaranta, in particolare uno strettissimo rapporto con Praga; potrebbero aver continuato ad abbracciare questa ideologia completamente diversa da quella del Partito comunista del dopo Berlinguer e anche della stessa Unione sovietica.

Le carte di Mitrokhin ci confermano tutte le preoccupazioni, sia del Partito comunista sia dell'ambasciatore sovietico sia dello stesso KGB, sul mantenimento di questo rapporto con le BR. Siamo all'inizio dell'esame di questo dossier, dobbiamo ancora studiarlo molto, però ci offre già degli strumenti per capire tante diversità e ci induce a riflettere su quella che poteva essere la linea politica della Cecoslovacchia. Praga non era un satellite come tutti gli altri. La Cecoslovacchia era un paese che aveva alle spalle una tradizione mitteleuropea; era una parte dell'Impero austro-ungarico, era un paese evolutissimo, che però in un certo senso aveva anche delle profonde frustrazioni, perché si vedeva ridotto in condizioni miserande. Infatti, chi ha visitato la Cecoslovacchia, come ho fatto io, può ricordarsi che mancavano addirittura i beni essenziali. Ho attraversato una serie di villaggi e città in cui la sera si spegneva l'illuminazione pubblica. A pochi chilometri di distanza, invece, c'era ancora quel mondo dell'Impero austro-ungarico che aveva una vita, una ricchezza del tutto diversa. Queste sono frustrazioni per un paese, per un popolo. Addirittura vedeva l'Italia, che al suo confronto era un paese molto arretrato, più evoluta, più ricca, più viva. Nelle scelte delle politiche di determinati paesi ci sono anche queste reminiscenze storiche, ad esempio il fastidio di un paese che si vede superato da altri paesi più arretrati. Praga, la Cecoslovacchia, la Boemia erano il fiore all'occhiello del mondo mitteleuropeo. Quindi bisognerebbe fare degli studi sulle scelte di Praga autonome nei confronti di Mosca, perché non solo vedeva paesi dell'Occidente che la superavano nelle ricchezze, ma soffriva anche il fatto di essere dominata, controllata da paesi che ai suoi occhi erano molto più arretrati, come la Russia.

Non voglio dilungarmi su questo punto, ma voglio soltanto dire che la STB di Praga poteva benissimo perseguire delle finalità antitetiche o comunque diverse da quelle del KGB e mantenere questi rapporti. Un ministro - non ricordo chi - e l'ambasciatore cecoslovacco si discolparono agli occhi di Cacciapuoti e di Mosca, dicendo che non avevano più rapporti con le BR, mentre noi sappiamo che li hanno conservati. Per questo ritengo che il dossier Mitrokhin possa aiutarci a capire determinati comportamenti, di cui adesso abbiamo solo una visione confusa.

PRESIDENTE. Se lo prendiamo per intero…

PRIORE. Per intero - aggiungo alle parole del Presidente - considerando però anche le parti relative ad altri paesi. Noi qui abbiamo soltanto la parte che concerne l'Italia, però non abbiamo la documentazione che riguarda la Germania e la Francia, che potrebbe dirci tantissimo, in particolare sulle operazioni che effettivamente si sono verificate. Infatti, il mondo dell'Est ha tentato penetrazioni a non finire. Ci meravigliamo di tutte quelle che abbiamo visto, perché abbiamo constatato che quasi tutti i partiti erano penetrati o vi avevano effettuato tentativi di penetrazione, che le forze sindacali erano particolarmente penetrate. Facciamo il caso di Scricciolo, che conoscevamo già dal tempo dell'attentato al Papa.

PRESIDENTE. A lei sembra che il complesso delle acquisizioni di oggi renda verosimile l'ipotesi che le Brigate rosse fossero eterodirette dal KGB? Io sono d'accordo con lei, cioè che al più possiamo pensare che alcuni brigatisti avessero dei momenti di contiguità con il servizio cecoslovacco. Continuo a pensare che le BR fossero un fatto italiano. Semmai, vi erano degli intellettuali che si vedevano con Moretti a Firenze.

FRAGALA'. La risposta la avremo quando sapremo dove sono andate a finire le carte di Moro, cioè se sono andate a finire al KGB o se sono rimaste in Italia.

PRESIDENTE. E neppure questo sarebbe decisivo.

PRIORE. Presidente, dicevo ieri sera che noi abbiamo prove di concorso del KGB. Continuo a ritenere che le Brigate rosse siano state originariamente un fenomeno autoctono. Ma il problema è un altro, cioè che le Brigate rosse erano un fenomeno di tali dimensioni che non potevano non essere prese in considerazione dai grandi servizi. Se si vuole dominare una determinata parte d'Europa, come si fa a non tenere in considerazione l'organizzazione rivoluzionaria, combattente, di lotta armata di un altro paese? Non si può prescindere dalla sua attività, si deve seguirla passo passo, si deve sapere chi sono i militanti, dove sono stati educati, che armamento hanno, che possibilità hanno di prendere il potere (faccio l'ipotesi più assurda), quale possibilità hanno di destabilizzare, di dare fastidio ad un altro Stato. Quindi è impossibile non tenere conto di tutto ciò. Quindi non si può non seguire questi fenomeni. Qui la residentura aveva cinquanta dipendenti che di media, in un anno, facevano 450 rapporti. Che cosa dovevano fare se non seguire, in primo luogo, un’organizzazione che destabilizzava uno Stato potenzialmente avverso? Quindi le hanno studiate.

Per quanto riguarda la eterodirezione non sono in grado di dare una risposta affermativa o negativa. Per anni ho creduto - e le carte erano in tal senso, perché posso credere solo sulla base delle carte e non di ipotesi mie personali - che fossero non eterodirette, un qualcosa di tutto nostro, un fenomeno totalmente interno con rapporti di tanto in tanto con altre formazioni simili, ma che non avessero una direzione altrove. Continuo a restare di questa opinione; ciò non toglie che possano essere state osservate dal Servizio sovietico e che i rapporti fossero più stretti con il Servizio cecoslovacco, che forse perseguiva obiettivi politici leggermente diversi da quelli dell’Unione Sovietica, che in fondo era una super potenza ed aveva interesse alla stabilità più che a destabilizzazioni violente nel continente europeo.

PRESIDENTE. La domanda pone un problema: non è che Moro fosse un profeta disarmato, un uomo che con tutto ciò che c’era stato in Italia fino a quel momento non aveva alcun rapporto. Per esempio, la sua influenza sui Servizi è nota: Miceli era un uomo vicino a Moro. Qui c’è qualcosa che non si riesce a spiegare, cioè cosa c’è dietro quella scelta politica di cui parlavamo nella risposta a Fragalà. Su questo dovremmo interrogarci. Moro non è un grande intellettuale bensì uno degli uomini politici più influenti e potenti di Italia.

PRIORE. Moro con i Servizi ha sempre avuto a che fare, ha determinato la direzione dei Servizi in diversi periodi della nostra storia.

PRESIDENTE. Quando parla con le Brigate rosse sembra come se capisse - dal contatto diretto con i suoi carcerieri - una serie di cose che non aveva capito e di cui non era stato informato.

PRIORE. È anche la mia impressione. La realtà delle Brigate rosse del ’78 forse non poteva essere conosciuta appieno da un uomo politico che ovviamente si era interessato di tante altre cose. L’eversione era uno dei tanti problemi, ne aveva timore, vediamo che più volte ha parlato di questo, però non poteva avere piena conoscenza di cosa fosse la realtà delle Brigate rosse. Voglio ricordare un punto che forse spesso ci sfugge: Moro fu prescelto all’ultimo momento. Il piano delle Brigate rosse prendeva in considerazione tre uomini politici. Essi fecero delle ricerche su Andreotti, Fanfani e Moro, quindi soltanto all’ultimo decisero per Moro.

MANCA. Questo perché sembrava più appetibile anche dal punto di vista tattico.

PRIORE. In un certo senso era l’obiettivo più semplice da colpire. Andreotti non lo si poteva colpire perché da casa sua, alla fine di Corso Vittorio Emanuele, fino al Senato si trattava soltanto di pochi passi e in una zona estremamente militarizzata. Si trattava di un compito arduo da portare a termine. Anche Fanfani è stato a lungo sotto l’osservazione delle Brigate rosse. Non dico che la scelta di Moro sia stata un caso, ma i loro progetti erano piuttosto variegati. La scelta definitiva fu fatta addirittura all’inizio dell’anno. Il piano fu varato e messo in esecuzione tra gennaio e febbraio, quando vennero rubate anche le macchine.

Mi è stato chiesto, poi, se ci fosse o meno un ordine di soprassedere. Questo non risulta da nessun atto; c’è da dire che nelle istituzioni – questo forse sfugge pure all’esterno – non si credeva che il sequestro avesse un esito così immediato, tempi così brevi. Le stesse Brigate rosse avevano previsto di tener sequestrato Moro, ma anche un uomo dell’economia (credo si trattasse di Pirelli), per almeno un anno, perché più durava il sequestro, più le istituzioni erano messe in ginocchio. Questo deve indurci a riflettere sul perché si sia passati all’esecuzione in tempi così brevi. Qualcosa deve essere accaduto nella notte tra l’8 e il 9 maggio, quando, in un certo senso aderendo alla linea della trattativa, si decise di far parlare il presidente dei senatori democristiani Bartolomei in un convegno ad Arezzo per mostrare una certa apertura (cosa che gli era stata chiesta da Fanfani). Da quel momento forse è scattato un meccanismo che può aver indotto l’ala più dura (chiamiamola militarista) ad accelerare i tempi, perché probabilmente si era vista sopravanzata da quella trattativista facente capo a Morucci e Faranda. Ma il punto principale è come queste decisioni potessero arrivare quasi in tempo reale dal cuore dello Stato al cuore delle Brigate rosse. Si tratta di un punto su cui non so dare risposta. Queste decisioni furono prese – lo leggiamo nella cronaca della Democrazia Cristiana - nella tarda sera tra l’8 e il 9 maggio: all’alba del 9 Moro viene ucciso. Ci sono dei tragitti rapidissimi. Si tratta di un punto su cui bisogna riflettere: quali sono le talpe all’interno di forze istituzionali che possono comunicare a volte anche incosapevolmente certe decisioni, per cui i tempi vengono accelerati e la situazione crolla nel giro di pochissime ore?

Per quanto riguarda l’elenco del 7 aprile devo dire che non lo conosco.

VENTUCCI. Si tratta dell’inchiesta archiviata nel 1994 sulla Gladio rossa dal giudice Ionta; c’è un elenco che, se non è acquisito agli atti della Commissione, sarebbe cosa opportuna farlo.

PRIORE. Come le dicevo, sono stato "prorogato" solo per il caso Ustica.

PRESIDENTE. Di chi si trattava?

VENTUCCI. I nomi dobbiamo leggerli sui documenti, acquisiamo gli atti. Si tratta dell’archiviazione del luglio 1994 disposta dal giudice Ionta.

PRESIDENTE. Non abbiamo il fascicolo? Forse si tratta della parte che abbiamo chiesto venisse verificata dai nostri consulenti.

VENTUCCI. Si tratta di un elenco importante e la risposta del dottor Priore potrebbe chiarire dubbi e interrogativi.

PRIORE. La Procura della Repubblica nei primi tempi del sequestro emise una serie di ordini di cattura in cui era compreso credo anche Innocente Salvoni, per cui si mosse l’Abbé Pierre, che fu ricevuto in brevissimo tempo da Zaccagnini. Ricordo che a pochi giorni di distanza dal sequestro, quando ancora, in effetti, ci si orientava poco, la Procura emise una serie di ordini di cattura sulla base di un rapporto in cui venivano indicati questi nomi. In alcuni casi ci colsero, perché rimasero nell’inchiesta, su altri ci furono scarcerazioni o revoche dei mandati di cattura. Però il problema è cercare di capire da dove nascesse questo elenco. Un'ipotesi potrebbe essere che la fonte sia stata l'ufficio D.

PRESIDENTE. L'ipotesi di tal Giustino…, uomo della legione straniera.

PRIORE. Ma ci fu anche quella di Corrado Alunni, che era già uscito dalle Brigate rosse nei cui confronti fu emesso provvedimento di cattura, ci fu questa di Innocente Salvoni, della nipote dell’Abbé Pierre, la Tuscher. Sarebbe interessante sapere se la fonte della polizia giudiziaria sia stata l'elenco dell'ufficio D dei servizi, il che dimostrerebbe che i servizi avevano sotto attenzione un nucleo di Brigate rosse.

MANCA. Deve avere la pazienza di riascoltare la mia voce interrotta molto bruscamente dal presidente Pellegrino perché avevo osato mettere in discussione un documento a cui egli dava molta importanza. Sarei tentato di tornare su quell'argomento ma poiché ci tengo ad avere rapporti con il Presidente ….

PRESIDENTE. Lo faccia pure, senatore Manca non c'è alcun problema.

MANCA. Vorrei fare due tipi di domande: la prima di tipo informativo per sapere se lei sia a conoscenza di alcuni episodi e l'altra di conforto ad alcune mie idee.

Risulterebbe che, nei primi mesi del 1990, presso l'ambasciata d'Italia in Cecoslovacchia l'addetto militare aeronautico sia stato avvicinato da un personaggio cecoslovacco il quale prometteva di dare documenti in cambio di denaro. Questo addetto fu autorizzato dal capo del SISMI, allora ammiraglio Martini, iniziarono i contatti e, nel periodo gennaio-febbraio 1990, per tre volte questo signore consegnò documenti in una buca di lettere ritirando i soldi. I documenti venivano letti da due personaggi dei nostri servizi, un certo capitano Teufebak, che era italiano pur avendo un nome straniero, ed un maresciallo, che traducevano il materiale e lo portavano in Italia. Il colonnello, che allora era addetto militare aeronautico, non ha letto i documenti, anche perché non conosceva il cecoslovacco, ma ha avuto confidenze da parte di quel capitano il quale ha riferito che c'era un elenco di persone italiane indicate come collaboratori del servizio cecoslovacco e anche del KGB (il famoso Ruggero Orfei) e poi ha affermato – ed è pronto anche a testimoniare – che gli hanno dato il nome di Luciana Castellina e di altre cinque persone dipendenti della Finmeccanica o dell'Alenia, che riferivano sui problemi industriali aeronautici. Ciò avvenne per tre volte ma poi arrivò l'ordine di smettere pur essendoci ancora materiale da consegnare. Le risulta che questo materiale sia stato raccolto e consegnato alla procura o è morto sul nascere.

Vorrei riferire un altro episodio relativo al Vaticano: sempre nello stesso periodo l'ambasciatore in Italia, Castellani Pastoris, chiama l'addetto militare aeronautico di cui ho parlato prima per avere una consulenza sull'attendibilità di un seminarista cecoslovacco che si era presentato dall'ambasciatore per avere asilo politico in quanto si sentiva minacciato dai suoi connazionali, essendo depositario di elementi molto importanti per quanto riguarda l'infiltrazione in Vaticano e l'attentato al Papa. L'ambasciatore non dette asilo politico e lo mise nelle mani dell'arcivescovo primate Tomasiek.

Vorrei sapere se a lei risultano queste due circostanze, se ci sono state indagini in Italia, se questo Castellani Pastoris è stato interrogato circa il suo colloquio con il seminarista oppure se quegli elenchi passati ai servizi italiani erano già premonitori di quanto successo dopo o se a lei non risulta nulla di questi episodi.

Per quanto riguarda la Conforto volevo riprendere quanto detto prima: c'è una forte corrente di pensiero secondo cui i sevizi segreti italiani sapevano abbastanza ed erano indirizzati dalle autorità governative italiane non solo a non seguire le piste giuste ma addirittura verso il depistaggio. Questo si pensa a proposito di due casi seguiti da lei: Ustica e Moro. Infatti dietro alla lettera che lei ha letto ieri c'è qualcuno che ritiene che ora siano maturi i tempi per far emergere alcune verità che, allora, l'Esecutivo non voleva far emergere, sul fatto cioè che i servizi segreti italiani erano sulla pista indicata dal professor Tritto ma ad un certo punto hanno avuto un diverso ordine. Sono convinto che i militari italiani, per la loro storia, siano portati maggiormente a eseguire ordini che a far eseguire ordini ai politici, in tutto c'è sempre un ordine dato da qualcuno.

PRESIDENTE. Da Andreotti, Cossiga, Ruffini, Rognoni, questi erano i protagonisti di allora.

MANCA. Più che loro ci sono degli apparati perché questi personaggi non si espongono mai in prima persona, ci sono strutture che indirettamente ….

PRESIDENTE. Se pur indirettamente sempre al vertice politico fanno capo.

MANCA. Certe volte pur senza avere elementi per incolpare il vertice. Comunque, nel caso Ustica, è chiaro che i servizi hanno cercato di depistare, come anche in questo caso: la lettera di cui ha dato lettura ieri ci riconduce alla possibilità che sapessero tutto e che avessero detto al professore di stare buono perché non era il momento opportuno per far scoppiare una grana, per far venir fuori cioè, con riferimento ad Ustica, quanto c'era tra Gheddafi e l'Italia, nel caso Moro tra KGB e l'Italia. Vorrei sapere cosa pensa ci questa corrente forte di pensiero secondo la quale non è per caso che escono adesso le lettere, non è per caso che i servizi non abbiano funzionato: potevano funzionare ma non sono stati messi in condizione di farlo.

PRIORE. Per quanto riguarda queste informative, la ricezione di documenti da parte di questo sedicente cecoslovacco a Praga, non so nulla perché, all'epoca, gennaio-febbraio 1990, seguivo soltanto le inchieste già formalizzate in quanto era già stata introdotta la riforma del nuovo codice. Seguivo soltanto il Moro quater e il processo per l'attentato al Papa più alcuni processi minori di terrorismo, che portai a termine in pochi mesi, nei quali non confluì un eventuale rapporto su questi fatti. All'epoca, infatti, la mia attività era già congelata, portai avanti il Moro quater fino all'agosto 1990 e il processo per l'attentato al Papa per qualche altro anno, acquisii poi l'inchiesta su Ustica, comunque quelle carte non sono entrate nei processi di cui ero titolare.

Per quanto riguarda l'altro problema, nulla è a mia conoscenza, nè diretta nè indiretta. Sul fatto che i politici dessero ordini ai servizi di stop and go, come amava dire il precedente Presidente della Commissione, di accelerazione o di frenata sulle indagini concernenti il mondo dell'Est non posso dirle niente. Nel 1990 era Presidente del Consiglio Andreotti…..

PRESIDENTE. Cossiga era Presidente della Repubblica. Mi scusi, senatore Manca, ma per aver detto molto meno il Presidente Cossiga affermò che ero un "mascalzone politico" e siccome aggiunse "politico" a suo avviso non potevo offendermi e non ricordo che voi siate insorti dai banchi della Commssione a mia difesa, anzi sembrerebbe il contrario.

MANCA. Onestamente credo che queste cose non avvengono mai con il beneplacito del vertice perché se ne guardano bene, magari non sapevano niente.

PRESIDENTE. Ma da chi prendevano ordini i servizi italiani? Da Mosca? Mi sembrerebbe una cosa assurda.

MANCA. Ci sono i sottocomitati, persone addette per altri a dare ordini e indirizzi. Quando parleremo del caso di Ustica potremo approfondire la questione.

FRAGALA’. Nel 1989 è stata fatta l'amnistia per coprire i finanziamenti illeciti dell'Unione Sovietica al PCI! Chi ha governato l'Italia per cinquant'anni?

PRESIDENTE. Ci sono anche tesi che sostengono che attualmente l'Italia sia governata dal Comunismo, che sia tuttora comunista ... Per cui assistiamo a questo miracolo di imprese private come la Fininvest che hanno raggiunto livelli economici mai raggiunti precedentemente! Mi sembra difficile dire che l'Italia sia un paese comunista.

MANCA. Dottor Priore, ma voi magistrati non vi accorgevate di quello che succedeva? Siete persone intelligenti, non vi accorgevate che c'era un tentativo di depistaggio da parte dei Servizi? Non voglio dire che dovevate andare alla fonte per individuare colui che depistava, ma abbandonavate una pista soltanto perché i Servizi davano certe indicazioni. Vorrei avere delle delucidazioni.

PRIORE. Lei afferma che i Servizi venivano depistati dal Governo?

MANCA. O da chi era interessato al depistaggio; forse perché nel seguire quella pista sarebbero venute fuori verità che in quel momento storico le autorità politiche o i poteri dello Stato non volevano che uscissero: per l'equilibrio generale, nel "superiore" interesse dello stato, il segreto può essere superato. Quindi si finiva per far pagare la colpa a qualcuno che non c'entrava niente solo perché non era il caso che venissero fuori certe verità o segreti.

PRIORE. In effetti la magistratura ha scoperto tantissime operazioni di depistaggio dei nostri Servizi. A far tempo dalle inchieste principali io ho dedicato, non so se fondatamente o meno, interi capitoli all'attività dei Servizi, mettendo in luce quelli che potevano esservi stati progetti di depistaggio. Ma passare da questi accertamenti a dire che il Servizio ha depistato per ordine del Governo, cioè per ordine del livello politico, ce ne vuole; bisogna dimostrarlo. Comunque posso condividere con lei che in effetti un Servizio in genere non opera da solo. Ma questa è una argomentazione di carattere "politico", non giudiziario. Faccio un ragionamento di carattere politico: ritengo che un Servizio non possa improvvisarsi dall'oggi al domani ideatore di depistaggi, senza avere, non dico l'ordine o l'autorizzazione, ma almeno l'avallo da parte del potere politico. Però nei processi abbiamo messo in luce tantissimi casi di depistaggio, sono tanti e veramente impressionanti. C'è l'episodio del treno Taranto-Milano, con l'introduzione a bordo di una delle vetture di un quantitativo di esplosivo da parte di personaggi del Servizio militare. Tutto il processo sulla "super Sismi" si basa sull'attività compiuta dai Servizi per depistare le indagini, per trarre in inganno l'opinione pubblica. Ma per dire che tutto ciò avveniva per ordine del Presidente del Consiglio dell'epoca ci vogliono delle prove. E poi non so neppure chi fosse il Presidente del Consiglio dell'epoca.

PRESIDENTE. Prima di chiudere devo una spiegazione al senatore Manca. Vorrei anzitutto scusarmi se ieri sono apparso sgarbato o se è sembrato che io abbia sottovalutato il documento che egli stava leggendo. Ritengo tuttavia che sui documenti pubblicati dalle BR abbiano tenuto il campo due errori omologhi e in qualche modo contrapposti. In uno di questi errori incorse tanta parte dell'intellettualità italiana, anche quella culturalmente orientata a sinistra: sui giornali si leggeva: "E' un altro farneticante proclama delle sedicenti BR". In realtà quelle brigate erano indubbiamente rosse e i comunicati enunciavano un disegno politico e operativo ben preciso; e se si fossero studiati bene certo si sarebbe potuto combattere meglio le Brigate rosse.

L'altro errore in cui si incorre è quello di una lettura "linguistica": "Forse la parola viene dallo spagnolo ... o dal russo ... eccetera". È una lettura a cui non ho mai creduto, anche perché risulta ormai che quei comunicati le Brigate rosse se li scrivevano da soli. Poteva anche esserci qualcuno che era stato a Praga - anzi oggi dovremmo dire che probabilmente era così - che conosceva le lingue orientali, o qualche apporto intellettuale (io parlai di Markevitch e tutti subito dissero che era una bufala) che collaboravano per la redazione di quei comunicati. Tuttavia quei comunicati andavano letti per quelli che erano, programmi politici e di azione di un'organizzazione comunista combattente italiana. Si tratta di un errore che, ritengo, si poteva fare e si stava facendo anche nella lettura del documento di rivendicazione dell'omicidio D'Antona: "Forse la parola è straniera, forse è sbagliata, c'è un indicativo non con il "che" ma il "come"". La nostra Commissione ha resistito a queste tentazioni, abbiamo fatto un'analisi attenta di quel documento e abbiamo detto che si trattava di un documento figlio di quella cultura; abbiamo individuato anche l'area di quella cultura: BR-PCC toscano. E mi pare che le indagini ci stanno dando ragione.

Quindi, non voleva essere né scortesia né sottovalutazione, senatore Manca. Si trattava soltanto di un mio punto di vista: a questa chiave "linguistica" di analisi dei comunicati ho sempre creduto poco. Ho affermato che era qualcosa che diceva il generale Delfino in una delle pagine del suo libro di memorie. Se non sbaglio, nelle attività investigative sono state anche rinvenute bozze di questi comunicati manoscritte, non complete e poi completate. Spesso scrivevano male, spesso l'idioma assomigliava al politichese dell'epoca, ma bisognerebbe fare un'analisi profondissima per capire cosa volessero dire. Il documento D'Antona è così: ci sono pagine che sembrano addirittura deliranti e sembra difficile capire dove vogliono andare a parare. Però si tratta di quella cultura. Ovviamente - ripeto - non volevo essere sgarbato con lei, senatore Manca.

MANCA. Signor Presidente, il caso D'Antona è leggermente diverso. Quel documento lo avevo per caso e lo avrei considerato nelle giuste dimensioni che lei suggerisce. Ma il giudice Priore ha letto la lettera del professor Tritto, per cui mi è venuto spontaneo riferire alla Commissione di questa versione sovietica, del KGB, del caso Moro, con quest'altro documento che portava sulla stessa pista. Non ho voluto dare un giudizio definitivo. Volevo solo fare questa precisazione e credo che fosse un mio dovere.

PRESIDENTE. Se le è sembrato che volessi sgarbatamente sottovalutare il suo punto di vista, le chiedo scusa.

FRAGALA'. Fra i reperti del covo di viale Giulio Cesare n. 47, sono stati sequestrati, nella camera da letto di Giuliana Conforto, alcuni fogli di carta millimetrata, su cui vi erano degli schizzi rappresentanti le piantine di alcuni appartamenti. In seguito, si è avanzata l'ipotesi che potessero essere riferiti al fantomatico covo delle Brigate rosse nel ghetto ebraico. Altri hanno sostenuto che si trattava di piantine di piazza Nicosia. Vorrei sapere se lei è riuscito a capire a che cosa si riferivano quei disegni. In secondo luogo, vorrei chiederle se può spiegarci, alla luce del dossier Mitrokhin, come ha fatto nel 1979 Giuliana Conforto, proprietaria dell'appartamento in cui ospitava due dei sequestratori di Moro, a venire fuori dalle indagini e dal processo con una assoluzione. Erano i tempi in cui bastava avere una fionda in casa per stare in carcere diversi mesi.

PRESIDENTE. Mi fa piacere che lei abbia ricordato piazza Nicosia, perché quando si dice che la DC proteggeva le BR, bisogna anche ricordarsi che fu assalita la direzione provinciale di questo partito, situata vicino all'attuale sede del TAR; ci sono ancora i segni delle pallottole sul travertino.

PRIORE. Sì, furono uccisi anche i due agenti che erano lì e che intervennero. Ricordo anche che tutti gli impiegati della Democrazia cristiana trovati nella sede furono sequestrati, ammanettati e portati vicino alle finestre e ai balconi.

Venendo alle domande dell'onorevole Fragalà, vorrei precisare che ho esaminato a lungo i reperti della base di viale Giulio Cesare. Ho ritrovato addirittura gli appunti del 1979 (i fogli ormai sono ingialliti, ma ho portato con me una fotocopia), nei quali sono contenute cose molto interessanti su altri argomenti, ad esempio sulla questione dello IAI (Istituto degli affari internazionali), che per settimane non siamo riusciti a capire cosa fosse. C'era un fascicolo di Morucci e Faranda, su cui c'era scritto "IAI-CIA", che conteneva tutte le brochure dello IAI, con tutti gli organigrammi. Il materiale trovato in viale Giulio Cesare era impressionante; c’era tutto l'organigramma della DC del tempo, che non riuscivamo a trovare neppure nelle pubblicazioni ufficiali. Infatti Morucci e Faranda avevano preparato una cartellina dedicata agli organi di questo partito. E abbiamo trovato anche la borsa azzurra, lo Skorpion, una radio ricetrasmittente sotto il letto dell'altra figlia. Quindi mi ero soffermato su questi reperti.

Per quanto riguarda i disegni, cui lei ha accennato, mi ricordo - ma non riesco ad essere molto preciso - che in essi fu individuato il palazzo di cui ha parlato il Presidente, dove un tempo aveva sede la direzione provinciale della DC, nei cui pressi dovrebbe esserci anche il TAR. Ho fotografato la situazione di quel tempo, ma non conosco quella attuale; allora lì c'era la sede dell'ambasciata della Repubblica di Malta. Lo schizzo di cui venimmo in possesso rappresentava l'androne di quel palazzo; era rappresentato addirittura lo stemma della Repubblica di Malta. Lo acquisimmo come prova di un progetto di attentato in quell'edificio.

La domanda sull'assoluzione della Conforto attiene a un provvedimento - a rigore, come giudice, devo riportarmi soltanto alla motivazione dei provvedimenti giurisdizionali – adottati da un collegio giudicante e non dal giudice istruttore. Il problema, secondo me, è a monte.

FRAGALA'. Gli indizi erano gravi!

PRESIDENTE. E la prima sentenza di Torino su Prima Linea?

FRAGALA'. La stessa cosa.

PRESIDENTE. Pene minime, sono ragazzi……Poi quei ragazzi sono gli stessi che uccidono i magistrati Galli e Alessandrini. A questo argomento sono dedicate alcune pagine della mia proposta di relazione del 1995.

PRIORE. Bisogna cercare di capire chi portò a scoprire quella base la polizia giudiziaria e i servizi (i vari tramiti spesso al giudice sfuggono), chi potrebbe averci indirizzato. Questo è un punto che dovrebbe essere accertato, perché i problemi erano tanti. Quella era una base estremamente dotata di armi; sopra la testa delle bambine e nei vari armadi c'erano oltre dieci detonatori, c'era uno Skorpion, c'erano armi a non finire.

PRESIDENTE. Quindi chi è che consegna allo Stato Morucci e Faranda.

FRAGALA'. Sono curioso di sapere chi ha indicato a lei e al giudice Imposimato, come ultima prigione di Moro, l'appartamento nel ghetto di Roma, che voi avete cercato quella famosa notte ed in altre occasioni con Mortati. In diverse interviste rilasciate quest'anno da lei e dal dottor Imposimato all'agenzia Adn-Kronos, avete riferito di aver cercato quella che è stata indicata come l'ultima prigione di Moro, come se qualcuno vi avesse indicato - a prescindere da Mortati - che l'ultima prigione di Moro non era in via Montalcini, ma in uno di quegli appartamenti che facevano da corona a Palazzo Caetani. Inoltre, sono curioso di sapere come avete individuato un rapporto inquietante tra Firenze e gli appartamenti-covo del ghetto, attorno a Palazzo Caetani, e se nelle interviste di questa estate davate una indicazione sottotraccia di un effettivo collegamento tra l'ipotesi, fatta dal Presidente, di un ruolo del pianista Igor Markevitch (che veniva dal periodo della guerra civile, dall'assassinio di Giovanni Gentile, dalla scoperta di un deposito di armi a casa sua e che aveva attraversato il cosiddetto partito armato sovietico in Italia fino al 1978) e l'ultima prigione di Moro o il ricovero - infatti voi parlate anche di ricovero - della Renault 4 a Palazzo Caetani o nelle sue vicinanze.

La nostra è una Commissione politica, non abbiamo bisogno di elementi probatori di tipo giudiziario, quindi le chiedo di farci una ricostruzione di come allora, durante le indagini, avete immaginato questo collegamento inquietante tra Firenze e Roma, e soprattutto di come avete ricercato questi covi, ritenendoli l'ultima prigione di Moro, perché qualcuno ve l'aveva indicato, almeno così dite.

PRESIDENTE. Le sono grato, onorevole Fragalà, di aver posto questa domanda. In effetti si trattava del primo quesito che avevo formulato ieri, ma che con la lettura del documento del professor Tritto è rimasto da parte.

PRIORE. Abbiamo fatto ricerche nel Ghetto perché c'erano più indicazioni in questo senso. Ovviamente non le ricordo in dettaglio, ma quella fondamentale ci veniva dalle dichiarazioni di Elfino Mortati. Questi infatti ci parlava della sua ospitalità in un appartamento "vivo", in cui c'erano diverse persone, per esempio i signori Anna e Mario, quindi soltanto i nomi di battesimo o di copertura. Ci diceva anche che questa ospitalità era avvenuta durante il periodo del sequestro Moro. Quindi avevamo tutto l'interesse a cercare di capire quale fosse il gruppo che ospitò Mortati in quel periodo caldissimo.

Per quanto riguarda la ricerca nei pressi, la supposizione che potesse esservi stato un qualche cortile o parcheggio che avesse ospitato la Renault, quest’indicazione ci venne da un ragionamento, nel senso che noi – come anche in questa sede è stato sostenuto – abbiamo pensato che non potesse esserci un trasferimento durante il giorno, proprio nell'immediatezza del parcheggio della macchina e dell'abbandono del cadavere di Moro. Era qualcosa di estremamente pericoloso compiere quel tragitto quel giorno. In un certo senso è un'illazione piuttosto cinica, ma era più conveniente fare quel tragitto con Moro vivo invece che morto, perché con l'ostaggio vivo avevano la possibilità, come gli stessi brigatisti avevano previsto, anche in caso di assalto a via Montalcini, di trattare, di ottenere qualcosa con l'ostaggio vivo; con un cadavere, in effetti, non si ha più in mano un soggetto su cui si possa intraprendere una trattativa.

Si è quindi supposto che il viaggio fosse stato compiuto con Moro ancora in vita, ma questo non è stato provato né in un senso né in un altro. C'è quella benedetta frase di Moretti che dice che il tragitto fu breve, brevissimo, ed avrebbe richiesto soltanto pochi minuti, che potrebbe confermarlo; ma se così fosse avrebbe dovuto esserci in quella zona anche un particolare androne, un qualsiasi vano che potesse tenere il prigioniero quanto meno per una notte. Comunque ciò contrasta con quello che ci fu detto – ma anche questo è un argomento che sarebbe stato interessante trattare – dalla professoressa che abitava in quel palazzo, che vide muoversi la Renault la mattina presto da via Montalcini. Quindi ci sono alcuni elementi a favore di una tesi, altri a favore dell'altra. In effetti, la zona del Ghetto fu tenuta sotto osservazione da parte dell'istruttoria per diverso tempo.

FRAGALA'. Il primo che solleva il dubbio che Mortati sia stato intimidito con una fuga di notizie orchestrata su La Nazione fu proprio il senatore Flamigni, quando era membro della Commissione Moro, che addirittura ebbe a sollevare il problema. Ora Flamigni – che lei ha definito come il maggior conoscitore della questione Moro –sul fatto che Mortati subito dopo la fuga di notizie si intimidì e non disse più una parola sulla vicenda, tace con un silenzio che potrei definire assordante.

Pertanto le chiedo: avevate evidentemente la sensazione che Mortati sapesse molto sul sequestro Moro e che era disponibile a collaborare. Ebbene, avete capito perché la sua collaborazione si fermò immediatamente quando ci fu la fuga di notizie? Questo segnale come fu preso da Mortati?

PRIORE. Questo all'epoca ci sfuggì, perché abbiamo sentito un'infinità di persone. Era piuttosto all'ordine del giorno che i soggetti che in un primo momento si erano aperti poi addirittura ritrattassero; l'esempio più clamoroso è quello di Triaca che ci dice diverse cose interessanti sull'università, sulla tipografia, su Moretti, però nel giro di pochissimo tempo ritratta tutto e si chiude. Mortati invece affievolisce la sua collaborazione. Ripeto quello che ho detto ieri: di questo articolo di Paglia non ero a conoscenza e quindi non posso dire se ci sia stato un nesso di causa ed effetto sul comportamento di Mortati. Ho il ricordo di queste deposizioni e di questi interrogatori e devo dire che ebbi l'impressione che il soggetto andasse declinando, in un certo senso, nel suo intento di collaborare per poi chiudersi.

PRESIDENTE. Il nome di Markevitch fu mai fatto nell'indagine giudiziaria?

PRIORE. A quell'epoca no. Se non ricordo male viene fuori la prima volta in quel rapporto Sismi…..

PRESIDENTE. Quindi la documentazione Sismi da cui origina quel rapporto voi non l'avete mai vista?

PRIORE. All'epoca mi sembra di no. La relazione posso ipotizzare che sia stata in un certo senso concepita per effetto del fatto che questo signore ha abitato a lungo in zona essendo marito della Caetani.

PRESIDENTE. Io ho visto solo quella della Commissione Moro e devo dire che in fondo su Markevitch c'è poco. Si arriva ad una conclusione negativa che però sembra effetto di una inchiesta, di una serie di informative e di indagini. Voi questo materiale da cui origina quel rapporto all'epoca non lo avete visto.

PRIORE. No, e non so se sia ora nelle mani della magistratura o della Commissione.

PRESIDENTE. Nelle nostre mani non c'è ancora.

PRIORE. Siete a conoscenza del fatto se sia stato acquisito dalla magistratura?

PRESIDENTE. Ritengo sia stato acquisito dalla Procura di Roma.

PRIORE. Quindi sarebbe importante conoscere quali fossero i fondamenti di quell'appunto. Certo, come diceva l'onorevole Fragalà, quel poco che si è riusciti a capire e che ha un fondamento maggiore è ciò che riguarda l'attività di Markevitch però negli anni 1943-1944. Abbiamo i suoi libri, li abbiamo letti e quindi qualcosa di interessante è venuto fuori, ma ciò al riguardo di attività che ormai risalgono a tempi addirittura prima della fine della guerra. Poi si tratta anche di attività di guerra civile.

FRAGALA'. Lei all'agenzia ADN Kronos del 27 maggio ha dichiarato: "Io e Imposimato ci siamo occupati di persone di quel comitato di Firenze che ci indirizzarono verso il Ghetto di Roma e luoghi limitrofi. Abbiamo ricercato quella che è stata indicata come l'ultima prigione di Moro in un'area compresa tra Palazzo Orsini e via Caetani. Se si riuscisse a riempire quei vuoti, si potrebbe compiere un salto verso la cognizione dei rapporti tra le Brigate rosse e le forze politiche. A distanza di anni, in effetti, ricevemmo una fotografia che ci riprendeva durante i nostri sopralluoghi all'angolo tra via dei Funari e via Caetani".

PRESIDENTE. Questo fatto della fotografia è già stato chiarito.

FRAGALA'. La cosa che mi interessa è questa: le indagini sul caso Moro dovrebbero valutare più approfonditamente i vecchi scritti del giornalista Pecorelli che, in uno dei suoi articoli, indicò il ghetto di Roma come la zona in cui si sarebbe potuta trovare una delle prigioni di Moro. Vorrei che ci chiarisse la sua ipotesi.

PRIORE. I quesiti posti sono tanti. La prima parte di quell’intervista riguarda Elfino Mortati che era membro del comitato regionale toscano, la fonte di questo blocco di notizie ci viene da lui.

PRESIDENTE. Mortati vi disse mai che in quella zona poteva esserci l’ultima prigione di Moro?

PRIORE. Su questo dovremmo rileggere insieme i verbali di Mortati. Egli ci disse che stava lì, ma, ripeto, è mia opinione che la prigione di Moro per la gran parte del tempo del sequestro sia stata a via Montalcini: abbiamo trovato tracce evidentissime del tramezzo, tutti ci hanno confermato questa ipotesi. Ritengo che non c’era alcun motivo di spostare Moro prima del giorno dell’esecuzione e che, quindi, egli possa essere sempre rimasto a via Montalcini. In quel periodo vennero fuori notizie - ripeto, non ricordo con esattezza le fonti - sul fatto che probabilmente era stato usato un appartamento della zona. Ricevemmo la conferma dal famoso biglietto trovato nelle tasche di Morucci, mi sembra, su una certa Rossi di Montelera che invece abitava a palazzo Orsini. Tutti sapete l’esito che hanno avuto quelle indagini: in un certo senso ci siamo orientati verso quella zona, che è poi quella al cui confine è stato trovato il cadavere di Moro ed è questa la ragione di un’attenzione ad essa.

La storia delle fotografie mi sembra di averla spiegata ieri: non solo noi ma anche la polizia, ripeto quella giudiziaria (non so se ci fossero anche altre entità sul luogo), rivolsero attenzione sulla zona del ghetto: questo è pacifico, via Caetani è al confine del ghetto.

FRAGALA’. Qual è la sua ipotesi sull’intervista di Pecorelli ?

PRIORE. L’ipotesi è quella di sempre e cioè che Pecorelli avesse un patrimonio di cognizioni largamente superiori non solo rispetto a quelle che venivano ufficialmente date a noi, ma anche a quelle che forse circolavano in ambienti di investigazione; questa è l’ipotesi che ho fatto da sempre, che Pecorelli fosse un terminale di notizie preziose.

PRESIDENTE. Chi gliele passava? E’ difficile pensare che gliele passassero i servizi orientali. Dobbiamo pensare che avesse tali notizie dagli apparati italiani.

PRIORE. Su questo sono d’accordo.

FRAGALA’. E’ la stessa cosa di Conforto. Gli apparati italiani sapevano tutto di Conforto e non hanno detto niente.

PRIORE. Su questo punto in fondo so quanto è scritto sulle carte, non di più. Escluderei una fonte orientale per Pecorelli, sono più propenso a pensare che la fonte fosse in nostri apparati istituzionali, non so di che tipo, se di servizio o no. La fonte è pacifica: non ci sono state fonti esterne.

PRESIDENTE. Il figlio del generale Dalla Chiesa lo nega, ma dalle agende risulterebbe che Pecorelli incontrava anche Dalla Chiesa.

PRIORE. Si, questo l’ho saputo. Diciamo la verità: non si può immaginare che Pecorelli avesse come fonte diretta qualche ambiente orientale; potrebbe essere stato il tramite indiretto di notizie acquisite presso altri servizi.

FRAGALA’ Vorrei sapere se, nel corso della vostra indagine, avete avuto notizia di quanto è emerso ora con le carte cecoslovacche e cioè che i servizi segreti e il STP rifornivano la Libia dell’esplosivo Semtex, che era in pratica un materiale agricolo usato normalmente nei campi in Cecoslovacchia ma che poi ulteriormente utilizzato diventava un forte esplosivo. Tale esplosivo fu fornito addirittura a tonnellate alla Libia per passarlo ai gruppi terroristici europei ed è quello che è stato usato a Capaci per assassinare il giudice Falcone. Come lei sa, alcuni giorni fa l’ex procuratore generale di Mosca Stefanov ha rivelato che il giudice Falcone, tre settimane prima di recarsi a Mosca per svolgere l’indagine sui finanziamenti del PCUS al PCI e sull’eventuale utilizzo di quei soldi verso la mafia, fu assassinato a Capaci. Vorrei sapere dunque se, nelle varie inchieste, poiché si è occupato molto anche della Libia, è mai emersa questa indicazione.

PRIORE. Si, è emersa in inchieste di terrorismo. In alcuni rapporti internazionali dei vari terrorismi, si leggeva, ma con formula non sostenuta da prove, forse in certo senso anche vaga, che la Libia era detentrice di forti quantità di esplosivo, specie di Semtex di produzione cecoslovacca, che peraltro troviamo dappertutto, anche nelle mani di Senzani. E' una notizia apparsa in diversi procedimenti ma, all’epoca, non si potevano fare indagini né in Libia né in Cecoslovacchia.

FRAGALA’. I viaggi a Parigi; il famoso documento che fu consegnato a lei e al giudice Imposimato su una riunione tra esponenti terroristici di vari paesi, tra cui le Brigate rosse, in epoca antecedente al sequestro Moro; l’ultima dichiarazione di Franceschini, che ha rivelato soltanto adesso che lui e Curcio erano convinti che Mario Moretti fosse una spia del KGB; la famosa dichiarazione del pentito Michele Galati che, interrogato nell’ambito dell’inchiesta sulla fornitura di armi dall’OLP alle Brigate rosse, dichiarò che l’esecutivo BR formalizzò l’accusa che Moretti era una spia: questi tasselli vecchi con quelli nuovi formano un quadro diverso. Vorrei sapere cosa pensa di questi collegamenti, dei viaggi di Moretti in Francia, la storia dell’Hyperion: alla luce dei nuovi riscontri e documenti, quali sono le ipotesi da avanzare alla Commissione per ricostruire queste vicende?

PRIORE. In effetti, possiamo elencare tutta una serie di fatti che forse, al tempo, sembravano non aver legami tra di loro. Abbiamo certamente indagato sui viaggi fatti dai rappresentanti dei rapporti internazionali delle Brigate rosse in Francia. I rappresentati sono stati diversi nel tempo: ricordo che c’è stato il periodo in cui erano tenuti da Dura, quello che fu ucciso Genova il 28 marzo ‘80 nel corso dell’irruzione dei carabinieri di Dalla Chiesa nella base principale della colonna genovese. Ricordo altresì che in questi viaggi, in genere, il rappresentate delle Br veniva accompagnato da una donna, che per un certo periodo è stata la Braghetti, poi la Miglietta: si recavano a coppie, c’era un appartamento, partecipavano a questi incontri con altre organizzazioni e, almeno fino a quando la titolarità delle relazioni internazionali è stata assunta da Senzani, addirittura con presenze istituzionali francesi. Ricordo addirittura che il rapporto fu preso da un rappresentante della colonna romana, dal fronte delle carceri e fu l’ultimo in quanto poi la frazione di Senzani si dissolse - i rapporti internazionali li aveva assunti l’ala senzaniana. Per quanto riguarda i viaggi di Moretti, egli viaggiava molto, usando il documento di un’altra persona, viaggiava in aereo, ci sono stati viaggi, la collocazione temporanea potrebbe sfuggirmi, sia prima che dopo il sequestro Moro. Adesso tutto riceve una luce nuova, principalmente l’attività della RAF perché si è sempre sostenuto che i tedeschi fossero direttamente collegati con la Germania democratica e con l'Unione Sovietica; anzi, erano malvisti dalle altre organizzazioni proprio per questo legame strettissimo, quasi di dipendenza con i servizi sovietici e della DDR. Quindi, in un certo senso, potremmo rileggerli più compiutamente con un senno più preparato, nuovo.

FRAGALA'. Anche la storia delle chiavi cecoslovacche?

PRIORE. Che la Cecoslovacchia fosse frequentata da persone del nostro paese risale all'epoca dal 1948 in poi, da quando ci fu il cambiamento di regime. C'è stata sempre una presenza piuttosto forte di italiani a Praga.

PRESIDENTE. Ringrazio il dottor Priore per questa lunga e interessantissima audizione.

PRIORE. Signor Presidente, mi permetta di ringraziare la Commissione. A volte ho avuto l'impressione di non essere stato esauriente su tutte le domande; esse comprendevano più quesiti e alcuni probabilmente mi sono sfuggiti. Mi dispiace se non sono stato esaustivo.

PRESIDENTE. Siccome le domande si sono incrociate il quadro che lei ci ha fornito è stato senz'altro esauriente e completo.

La seduta termina alle ore 16.

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