Commissione parlamentare d'inchiesta sul terrorismo in Italia e sulle cause della mancata individuazione dei responsabili delle stragi

74a SEDUTA

MERCOLEDI 18 OTTOBRE 2000

Presidenza del Presidente PELLEGRINO

Indice degli interventi

PRESIDENTE
MOLINARI
BIELLI (Dem. di Sin.-L’Ulivo), deputato
DE LUCA Athos (Verdi-l'Ulivo), senatore
FRAGALA' (AN), deputato
LEONE (Forza Italia), deputato
MANCA (Forza Italia), senatore 1 - 2
MAROTTA (Forza Italia), deputato 1 - 2

 

La seduta ha inizio alle ore 20,05.

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la seduta.

Invito il senatore Pardini, segretario f.f., a dare lettura del processo verbale della seduta precedente.

PARDINI, segretario f.f., dà lettura del processo verbale della seduta del 5 luglio 2000.

PRESIDENTE. Se non vi sono osservazioni, il processo verbale si intende approvato.

 

COMUNICAZIONI DEL PRESIDENTE

PRESIDENTE. Comunico che, dopo l’ultima seduta, sono pervenuti alcuni documenti il cui elenco è in distribuzione e che la Commissione acquisisce formalmente agli atti dell’inchiesta.

Informo inoltre che, oltre a quelle già depositate fino alla data del 5 luglio u.s., sono state presentate dai commissari altre proposte di relazione sui temi dell'inchiesta. Tali proposte sono elencate nell'ultima relazione semestrale, che è stata comunicata alle Presidenze in data 12 ottobre 2000 ed inviata a tutti i membri della Commissione.

Rendo infine noto che il professor Piperno, i dottori Lupacchini, Remondino e Allegra hanno provveduto a restituire, debitamente sottoscritti ai sensi dell'articolo 18 del regolamento interno, i resoconti delle loro audizioni svoltesi rispettivamente il 18 e 23 maggio e il 4 e 5 luglio 2000, dopo avervi apportato correzioni di carattere meramente formale.

 

SUI LAVORI DELLA COMMISSIONE

FRAGALA'. Signor Presidente, ho letto con estrema attenzione l'ultima relazione semestrale del Presidente sull'esito dei lavori della nostra Commissione. Ebbene, in questa relazione il Presidente Pellegrino informa i Presidenti di Camera e Senato, Luciano Violante e Nicola Mancino, del conferimento di un incarico a tempo determinato al giornalista Gianni Cipriani, per effettuare ricerche in archivio presso il servizio segreto degli Stati Uniti.

Allora, Presidente, le chiedo quali contatti la Commissione ha avuto con il nostro Governo per farsi tramite con le autorità statunitensi al fine di concordare tale attività istruttoria e presso quale servizio segreto sarebbero stati presi accordi per effettuare tali ricerche, perché è noto a tutti che gli Stati Uniti hanno almeno cinque servizi di sicurezza.

Ancora: il consulente Cipriani, con lettera datata 1° giugno 2000, la informa, signor Presidente, di avere svolto ricerche di archivio presso istituti e centri di ricerca degli Stati Uniti e di aver quindi estratto copia di atti per una spesa di oltre due milioni di lire. Sempre in quella data il consulente Cipriani dichiara di depositare, contestualmente alla ricevuta delle spese sostenute, il materiale alla Commissione. Ad oggi tale carteggio non risulta essere nella disponibilità dell'archivio della nostra Commissione: io chiedo il perché e, soprattutto, dove e chi ne ha avuto la disponibilità fino ad oggi. Vale la pena, poi, di ricordare che per tali spese di fotocopiatura il consulente risulta essere stato già rimborsato dall'amministrazione del Senato.

In aggiunta a ciò, signor Presidente, nell'ipotesi che questa documentazione, così come viene riferito nell'ultima relazione semestrale, provenga dagli archivi del Servizio segreto degli Stati Uniti (vorrei sapere da quale archivio di quale servizio segreto), suggerisco di chiedere ad autorità competente immediate ricerche al fine di recuperare il materiale e porlo in doverosa custodia, potendo trattarsi di carte chiaramente sensibili. In caso contrario crediamo che debba essere immediatamente riconsegnato al mittente non essendo chiara la sua provenienza.

PRESIDENTE. Le rispondo subito: non abbiamo avuto alcun contatto con autorità americane. L'incarico che abbiamo dato a Cipriani è la riedizione dell'incarico che avevamo dato a Bradley Smith ed era parallelo a quello che avevamo dato a Victor Zaslavsky. Quindi è evidente che Cipriani può trovare negli Stati Uniti d’America documenti dei loro servizi segreti solo in quanto questi siano pubblici e non più coperti da segreto. E' noto che una grande democrazia come gli Stati Uniti d’America pubblica gli atti dei Servizi, discute e si interroga sul proprio passato, lo fa nella dovuta prospettiva storica; non si divide e non si separa sul proprio passato, anzi, persone come Madeleine Albright hanno recentemente detto che, da democratici, si vergognavano di ciò che il Servizio americano aveva fatto in Cile, sia pure a difesa della democrazia. Pertanto su questo la posso tranquillizzare pienamente. Cipriani deve ancora tornare dagli Stati Uniti, poi esamineremo la documentazione che ci porterà. Comunque non ha alcuna mia autorizzazione, né c'è alcun mio contatto per acquisire documenti che non siano pubblici negli Stati Uniti; su questo posso tranquillizzarla.

Quanto all'altro problema, le posso dire che così su due piedi non le so rispondere: non so di che documentazione si tratti. Mi informerò dagli uffici. Se il dottor Cipriani ha portato documentazione in Commissione, sarà stata cura degli uffici acquisirla agli archivi e renderla disponibile come tutta la documentazione della Commissione. Però su questo mi riservo di risponderle.

Vorrei anche ricordarle che l'incarico a Cipriani è stato conferito sulla base di una valutazione collettiva che noi avevamo fatto del carattere insoddisfacente del contributo fornito da Bradley Smith. Non ho dato a Cipriani un’autorizzazione diversa da quella che a suo tempo avevo data al professor Zaslavsky. Non so se egli sia andato in Russia; non so come abbia reperito tutta quella documentazione che, in gran parte, era anche segreta e da cui risultava in maniera assai più concreta di quanto poi non risultò nel dossier Mitrokhin, l'insieme di tutti i finanziamenti di cui aveva goduto il PCI. Penso che in parte i finanziamenti potevano venire da società di intermediazione, mentre per quelli che sono i finanziamenti diretti il documento che abbiamo avuto da Zaslavsky si è rivelato di gran lunga il documento più completo reperibile oggi in ambito italiano.

FRAGALA'. Siamo sfortunati negli Stati Uniti.

PRESIDENTE. Può darsi che Cipriani tornerà dicendomi che non ci sono altri documenti. Allora mentalmente farò le mie scuse a Bradley Smith. Se, invece, ci porterà qualcosa di nuovo, mi convincerò che quello fu un incarico sbagliato e devo dire che - lei ricorderà - fu una persona del centro-sinistra a suggerire quel nome; anzi, lei lo ricordò in una valutazione negativa che facemmo insieme sull’esito di quell’incarico di collaborazione.

 

INCHIESTA SU FENOMENI DI EVERSIONE E TERRORISMO: AUDIZIONE DELL'AVVOCATO ARRIGO MOLINARI.

Viene introdotto l'avvocato Arrigo Molinari.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'inchiesta su fenomeni di eversione e terrorismo, l'audizione dell'avvocato Arrigo Molinari, che ringraziamo per essere qui presente.

LEONE. Signor Presidente, vorrei che emergesse per suo tramite, o direttamente dall'avvocato Molinari, se è stato egli stesso a chiedere di essere audito e quante volte eventualmente ha avuto modo di farlo.

PRESIDENTE. Stavo proprio per dirlo quando lei mi ha chiesto la parola; avrei esordito con queste notizie.

LEONE. Vorrei chiedere anche se l’avvocato Molinari viene da noi ascoltato per necessità, cioè per essere lui a conoscenza di fatti o per esporre considerazioni personali. Inoltre vorrei sapere se l’avvocato ha preso visione delle domande che eventualmente gli saranno poste.

PRESIDENTE. Mi fa piacere questo suo intervento perché mi consente di essere più riassuntivo in un'introduzione che avevo già deciso di fare.

L'avvocato Molinari, già funzionario di alto livello della Polizia di Stato, ci ha chiesto di essere audito con una lettera del 6 agosto, che poi è stata reiterata e replicata con lettera del 17 settembre 2000. In queste lettere, che abbiamo letto nell’Ufficio di Presidenza, l’avvocato Molinari descriveva una serie di oggetti possibili dell’audizione, molti dei quali (non tutti: c’è per esempio un riferimento all’attentato al Papa) rientrano indubbiamente tra gli oggetti di inchiesta della Commissione.

Nella lettera, l’avvocato Molinari faceva presente che si trattava di questioni su cui egli aveva già riferito all’autorità giudiziaria, ma annunciava anche – era una sua volontà, una sua disponibilità – che ci avrebbe detto cose che all’autorità giudiziaria non aveva riferito. Naturalmente, prima dell’audizione ho cercato di aggiornarmi con l’ausilio dei nostri consulenti e quindi ho potuto avere una visione di insieme delle ipotesi indagative che nel corso della sua attività istituzionale l’allora questore Molinari fece presenti a diverse autorità giudiziarie italiane e ho visto entro quali limiti quelle ipotesi investigative hanno trovato riscontro nelle decisioni finali dell’autorità giudiziaria.

Ora, è evidente che noi non siamo vincolati a quelle valutazioni, potremmo farne anche di diverse: per farle, però, dovremmo trovare, o nelle cose che l’avvocato Molinari ci dirà questa sera o in nostri autonomi accertamenti, elementi di incrocio e di riscontro che non erano allora a disposizione dell’autorità giudiziaria ordinaria. In questa prospettiva, ho trovato due punti rilevanti nell’annuncio delle cose che il dottor Molinari ci avrebbe detto. La prima è che Giovanni Senzani abbia avuto un ruolo nell’organizzazione del sequestro Moro, una ipotesi che, come ho visto, il dottor Molinari aveva formulato a suo tempo, agendo egli su Genova. Come i colleghi ricorderanno, la Commissione seguendo un suo autonomo percorso indagativo, che prescindeva completamente dalla figura di Senzani, indagando su come i carabinieri avevano individuato il covo di via Monte Nevoso e su come lì fosse affluita la documentazione Moro che fu poi ritrovata la prima volta nell’ottobre 1978 e successivamente dietro al pannello nel 1990, ripercorrendo a ritroso queste vicende, è arrivata a Senzani. Per cui, penso di esprimere una valutazione condivisa dalla Commissione: noi oggi riteniamo affermabile, sia pure in termini di probabilità, che Senzani sia stato uno dei cervelli politici della gestione del sequestro e abbia partecipato in Firenze anche alla decisione finale di sopprimere l’ostaggio, nel momento in cui l’apertura della trattativa con la DC non ci fu.

Altro punto che mi sembra interessante nell’esperienza indagativa dell’avvocato Molinari è il riferimento ad una serie di indagini che aveva fatto individuare in professori dell’Università di Genova, e non solo nel cognato di Senzani, professor Enrico Fenzi, quindi in una serie di altri cattedratici, medici, clinici, possibili complici delle Brigate rosse; una vicenda che si chiuse allora con un giudicato assolutorio. La Commissione ricorderà come noi, seguendo un autonomo percorso, abbiamo accertato che in sede romana c’era, sia pure in personaggi non individuati, una contiguità di questo tipo. Perché ce ne ha parlato Maccari e ce ne ha parlato Piperno. Quindi, questo è un altro argomento di interesse per la Commissione, secondo me.

Non dobbiamo dimenticare che abbiamo ripreso in mano questa vicenda Moro dopo le parole dell’allora Presidente della Repubblica Scalfaro. Egli parlò di altre possibili intelligenze complici del sequestro. All’inizio noi, io compreso, ci sbizzarrimmo sul significato della parola "intelligenze", pensammo che potesse alludere ad apparati di sicurezza. In realtà, però, abbiamo visto che probabilmente Scalfaro intendeva qualcos’altro, come ci spiegò quando l’andammo a sentire al Quirinale, cioè che la gestione del sequestro Moro implicasse una cultura, una preparazione, che non poteva essere identificata a livello dei vari Moretti, Azzolini, Micaletto, Bonisoli, Gallinari e compagnia cantando. Quindi – perlomeno è il mio punto di vista – riusciamo a dare una prima risposta: se Senzani ha gestito il sequestro Moro, se Fenzi è un possibile suggeritore delle Brigate rosse, se in ambito romano e genovese altri intellettuali erano contigui alle Brigate rosse. Non possiamo dimenticare che Signorile, alla domanda perché nel fumetto di "Metropoli" l’interrogante non ha un viso, ha risposto: "perché era un interrogante collettivo". Quindi una serie di tipi di domande cui Moro risponde nel memoriale e che non appartengono alla cultura di Moretti, Azzolini e Bonisoli acquistano un senso se pensiamo che Moretti aveva un suggeritore. Maccari ci ha anche detto che Moretti arrivava con le domande preparate, già scritte.

C’è poi un terzo punto della vicenda a proposito del quale vorrei sgombrare il campo da equivoci e da inutili polemiche e su cui quindi vorrei dire subito una cosa chiara. In questi contributi che l’allora dottor Molinari diede all’autorità giudiziaria riemerge il sospetto sia di legami di Senzani con gli apparati di sicurezza italiani, con il SISMI, sia di un legame più complesso con la P2. Si tratta di qualcosa che non è completamente estraneo alle acquisizioni della Commissione. I colleghi ricorderanno che per una cosa di questo genere il generale Bozzo ci ha parlato come di un sospetto di Dalla Chiesa. E dell’idea di una centrale che abbia potuto manovrare contemporaneamente terrorismo rosso e terrorismo nero ci ha detto Franceschini, quando ci ha parlato dell’Hyperion. Voi ricorderete che questa è l’ipotesi che formulò già in anni lontani un magistrato di Brescia, il dottor Arcai. Ancora, un’ipotesi di questo genere, sia pure in maniera oscura, appare in un libro recente del generale Delfino.

Però, la mia valutazione – e vorrei farlo presente immediatamente anche al dottor Molinari – è che tutto questo resta nel campo delle ipotesi, ma che su una ipotesi di questo genere non possiamo esprimerci né in termini di certezza e, allo stato delle acquisizioni, nemmeno in termini di forte probabilità. Pertanto, fin da adesso, chiederei all’avvocato Molinari se ha elementi nuovi, oltre a quelli già valutati dall’autorità giudiziaria, che possano corroborare questa ipotesi; altrimenti restiamo in uno scenario possibile, ma non affermabile – ripeto – né in termini di certezza né in termini di probabilità.

Lascerò poi ai colleghi formulare altre domande; io per brevità vorrei fargliene solo tre. Vorrei che lei riferisse alla Commissione innanzitutto su quali elementi indagativi formulò l’ipotesi che Senzani abbia collaborato alla preparazione del sequestro Moro. Il secondo quesito – che personalmente mi interessa molto – è su quali elementi fondava l’idea della contiguità di parte del ceto universitario genovese con le Brigate rosse. Il terzo – è l’ipotesi più estrema – le chiederei di darci elementi nuovi che non siano soltanto in riferimento a ciò che le disse Rosati (alias dottor Rossetti), visto che si tratterebbe di un fatto non riscontrabile rispetto al quale non abbiamo fonti di riscontro per quello che ho già detto prima e che Rosati–Rossetti è passato da tempo al mondo dei più.

LEONE. Presidente, ho posto delle domande. Per esempio se è a conoscenza delle domande…

PRESIDENTE. No, non è a conoscenza; non penso che l’audiendo debba essere informato delle domande, non mi sembra un buon metodo di indagine informare preventivamente l’audito delle domande.

LEONE. Il Presidente ha parlato di aspetti che lei, avendo chiesto di essere audito su argomenti nuovi, avrebbe già dovuto riferire ai magistrati, ma che poi non ha riferito.

MOLINARI. Non ho riferito proprio niente perché non mi hanno permesso di parlare.

LEONE. Lei aveva l’obbligo di riferire essendo un funzionario.

PRESIDENTE. Dottor Molinari, le chiedo di indicare gli elementi che la portarono ad ipotizzare il coinvolgimento di Senzani nella preparazione del sequestro Moro; in secondo luogo, di parlare dell’ambito culturale genovese e quali fossero gli elementi che lo coinvolgevano con le Brigate rosse; infine, se dispone di altri elementi oltre a Rosati concernenti il collegamento tra Senzani e la P2.

MOLINARI. Vorrei partire dalla fine e non dall’inizio; non cioè da quando ho identificato Senzani, ma da quando dovevo deporre davanti alla Corte di assise nel processo Peci che si teneva ad Ancona. Ho chiesto al Presidente della Corte di assise di essere ascoltato, ho spedito dei memoriali in cui precisavo nei dettagli tutto quello che sapevo su Senzani, con cui avevo un conto aperto. Poiché i giornali avevano parlato della mia testimonianza che avrei dovuto rendere nei primi giorni di settembre del 1986 – dopo essere stato questore in diverse città sovraintendevo in quel momento alle scuole di polizia – il presidente della Corte di assise mi invitò a testimoniare ad Ancona.

Sono partito con una Golf nuovissima, guidata da mio figlio, in compagnia di mia moglie, la giornalista Vanda Valli de "La Repubblica" di Genova. Prima di raggiungere Ancona ci fermammo presso un autogrill per circa quarantacinque minuti per consumare un toast, lasciando ovviamente l’auto fuori del ristorante. Premetto che mio figlio aveva seguito un corso di guida; allora aveva vent’anni; nel riprendere l’auto egli disse di non sentire più i freni; di conseguenza, decise di non utilizzarli nel tratto di strada tra l’autogrill ed Ancona. Giunti ad Ancona andammo in albergo poiché l’indomani mi sarei dovuto recare a deporre. Mio figlio si recò con l’auto presso un santuario mentre dovevo andare a testimoniare. All’uscita di Ancona, ad una prima curva l’auto sbandò, forse frenando, e si distrusse ma fortunatamente mio figlio rimase illeso finendo in una specie di tunnel e poi in una strettoia. Fui informato del fatto che mio figlio aveva avuto un incidente e dovevo rendere la deposizione. Come risulta dagli atti, mi è stato impossibile farlo. La Corte si riunì e disse che si trattava di aspetti che non le interessavano, trattando in quel momento del processo Peci. Su cosa avesse fatto prima Senzani a proposito dell’uccisione di Peci non le interessava per cui il teste veniva licenziato.

PRESIDENTE. Quando dice processo Peci fa riferimento all’uccisione del fratello di Peci?

MOLINARI. Esattamente. I giornali a tale proposito riportarono che la situazione di Molinari assomigliava un po’ a quanto succedeva dal dentista: Molinari voleva parlare ed il Presidente lo aveva bloccato. La magistratura quindi non sa niente e non ha voluto sapere nulla di quello che volevo dire per cui sono stato licenziato. Non hanno permesso ad un questore della Repubblica che voleva parlare di farlo in una pubblica udienza.

FRAGALA’. Era il processo sbagliato.

MOLINARI. Il processo Senzani non è sbagliato.

PRESIDENTE. Faccio presente che Senzani era imputato in quel processo.

MOLINARI. Si trattava di capire la personalità di Senzani. Mi recavo in quel luogo ad illustrare la personalità di Senzani e non hanno permesso ad un questore della Repubblica di riferire quanto avevo già messo per iscritto. Quindi, tutto quanto risulta agli atti del processo.

PRESIDENTE. Abbiamo acquisito il suo rapporto dell’11 ottobre. Che cosa avrebbe detto in più di quello scritto nel rapporto?

MOLINARI. Non mi hanno permesso di confermare quanto ho scritto nel mio rapporto. Come risulta dall’appunto del questore – ero vice-questore vicario – costui viene a sapere di Senzani o Senzano Giovanni, residente a Firenze, senza precedenti riscontrati dalla questura di Genova. Eravamo nel mese di settembre del 1978 quando veniamo a conoscenza di questo Senzani che gira per l’ospedale San Martino. Voglio spiegarmi meglio. Prima del 1978 a San Martino, o nei pressi di San Martino, venne istituito un centro diagnostico (che adesso è presente in tutte le città d’Italia, in tutti gli ospedali), il cosiddetto TAC. Il primo di questi impianti ad essere installato in Italia. Ad installare questo impianto fu fittiziamente Rosati, che aveva la gestione di questa TAC. Ma in realtà la TAC era una struttura della P2 che doveva servire…

PRESIDENTE. Mi scusi avvocato Molinari, per comprendere meglio, lei sta parlando della tomografia assiale computerizzata, cioè un modo di indagine radiografica. La P2 quindi importava per prima questo tipo di macchinario.

MOLINARI. Come la P2 frequentava la pellicceria di Pavia "Annabella", gestiva anche questa struttura, perché doveva utilizzarla, non come ha ritenuto la magistratura per compiere truffe alla regione, ma per avere uno strumento, e avere in mano tutti i medici di San Martino e d’Italia che dovevano servirsi di esso quando avevano dei malati da curare. Dico di più. Quando capitava qualche politico o qualcuno che volevano disturbare o molestare, o che sapevano che stava poco bene, effettuavano anche una diagnosi falsa, dicendo che aveva un tumore. I malati poi, magari, si recavano in Inghilterra e scoprivano che il tumore non esisteva. Per cui questa TAC era una struttura della P2, non di Rosati, lo si sapeva, lo sapevano praticamente tutti. La P2 doveva impadronirsi della presidenza della facoltà di medicina; al riguardo c’è una mia relazione, non so se è stata acquisita.

PRESIDENTE. A chi l’ha inviata avvocato Molinari?

MOLINARI. E’ agli atti della P2.

PRESIDENTE. In questo caso è stata acquisita.

MOLINARI. Nella mia relazione si dice che la P2 doveva impadronirsi della presidenza della facoltà di medicina con…

PRESIDENTE. Mi scusi avvocato Molinari, ma questi sono documenti che abbiamo già acquisito. Le mie domande sono le seguenti: che cosa emergeva dai rapporti tra Senzani e questo ambiente medico, e che cosa la portò a pensare che Senzani avesse collaborato al sequestro Moro? Questa non è una Commissione d’inchiesta relativa alla P2.

MOLINARI. D’accordo signor Presidente. Segnalammo con un telegramma al Ministero dell’interno l’attività di Senzani. Indirettamente, quindi non ufficialmente, ne siamo venuti a conoscenza; perché bisogna sapere che al Ministero era presente il Capo della polizia, che era quell’ "ufficiale"; poi c’era il prefetto D’Amato (ex funzionario dei servizi della polizia a Trieste negli anni ’50), considerato il capo della polizia "ombra", colui che effettivamente comandava, quello che dava gli ordini.

MANCA. Lo sappiamo.

MOLINARI. Non credo che voi possiate sapere…

MANCA. Dicevo per aiutarla.

MOLINARI. Lo so che lo sapete, credo che ne sappiate più di me.

PRESIDENTE. Avvocato Molinari che rapporti aveva lei con D’Amato?

MOLINARI. Ottimi. Se non avessi avuto degli ottimi rapporti con D’Amato sarei stato delegittimato e non avrei potuto far parte né della P2, né prendere ordini dai servizi segreti… Io praticamente ero un pupillo di D’Amato.

PRESIDENTE. Riguardo le giustificazioni che ha fornito circa la sua appartenenza alla P2, quando ha spiegato che lei era penetrato nella P2 per finalità indagatorie, si era sentito con D’Amato?

MOLINARI. Certamente mi ero sentito con D’Amato, e con lui si era anche sentito il questore De Longis il quale era stato questore a La Spezia. Faccio notare che La Spezia era un covo di persone legate alla P2 quindi per forza di cose un questore doveva appartenere alla P2. La P2 si estende da La Spezia a Genova…

PRESIDENTE. Le faccio questa domanda perché c’è un riscontro documentario che mi ha incuriosito. Lei in questa lettera datata 11 agosto, quella di cui parlavamo poco fa, che inviò al Presidente della Corte d’assise, a proposito di questa sua attività, usa questa frase: "Se le mie frequentazioni dovessero essere interpretate come una scelta, io potrei essere considerato già come fiancheggiatore di Autonomia operaia, Lotta comunista, dell’OAS francese, emissario di questo o di quel partito politico o agente dei servizi segreti israeliani", questo è quanto ha scritto. Ora le leggo quest’altra frase: "Se le mie frequentazioni dovessero essere interpretate come una scelta, io, come chiunque altro svolga compiti del genere, potrei essere considerato, caso per caso, fiancheggiatore di Autonomia operaia, del terrorismo palestinese, agente dei servizi americani e sovietici, emissario di questo o di quel partito".

MOLINARI. Questo è D’Amato.

PRESIDENTE. Questa frase di stile l’avevate concordata?

MOLINARI. Sì, signor Presidente, l’avevamo concordata, gliel’ho già detto prima.

PRESIDENTE. Tutti noi abbiamo già letto con attenzione questa documentazione. Il punto è, quali elementi c’erano, perché è questo quello che a me interessa, agli altri membri della Commissione potranno interessare altri argomenti. Su quali elementi lei fondò il sospetto che Senzani e Fenzi avessero potuto partecipare all’organizzazione del sequestro Moro negli anni 1977, prima parte del 1978?

MOLINARI. Perché il Senzani lo aveva, indubbiamente, nella maniera certa di protezione…

PRESIDENTE. Ciò riguarda il problema della protezione. Cosa aveva a che fare il Senzani con Moro? Perché lei ha sospettato che fosse stato uno degli organizzatori del sequestro Moro?

MOLINARI. Perché nell’ambiente dei medici di San Martino, che erano tutti legati alla P2, si considerava Senzani come l’ispiratore del sequestro Moro; tanto è vero che noi nel 1978 lo avevamo identificato, avevamo cercato di arrestarlo ma ad un certo punto siamo stati anestetizzati noi, perché il ministro Rognoni incontrò a Portofino delle persone e quando tornò a Roma convocò il Capo della polizia ed il capo del personale per far eseguire un’inchiesta alla questura di Genova. Sono quindi andato a prendere tutte le lettere anonime che potevano essere al Ministero dell’interno nei confronti del questore, delle guardie o dei buttafuori…

PRESIDENTE. Tanto è vero che il questore De Longis si dimise.

MOLINARI. Per forza, si dimise, perché fu attaccato da tutte le parti, nel momento in cui abbiamo toccato Senzani. D’Amato mi ha detto telefonicamente che quando arrivò la segnalazione su Senzani, il ministro Rognoni prese la lettera e se la mise in tasca. Il venerdì si incontrò a Portofino con determinate persone; il lunedì ritornò a Roma e chiamò il Capo della polizia; il mercoledì abbiamo subìto un’ispezione eclatante che ci ha messo fuori uso, siamo rimasti bloccati.

PRESIDENTE. Lei non riesce a fornirci elementi concreti sul coinvolgimento di Senzani nel sequestro Moro. Si sta limitando a riferire una voce che circolava in quegli ambiti. I nostri accertamenti sono stati più precisi.

MOLINARI. Nella relazione Anselmi si diceva che la P2 aveva coadiuvato per identificare Senzani; nella relazione finale, questa affermazione è scomparsa.

PRESIDENTE. Deve dirci altro di importante? Questi documenti sono interessanti ma formulano ipotesi, non contengono elementi precisi e certi.

MOLINARI. Se fossi stato a conoscenza di elementi certi e precisi ve li avrei comunicati.

MANCA. Signor Presidente, in questa sede penso sia opportuno rispettare le premesse che lei ha sottolineato. Su questa impostazione, potremmo proseguire i nostri lavori fino al mattino. Ma, caro avvocato, se lei non può mantenere queste premesse, se fa solo ipotesi e non esprime certezze, è inutile proseguire l’audizione. Sono cinque anni che in questa sede facciamo audizioni ed abbiamo acquisito una certa dimestichezza con l’argomento in oggetto. Se lei se la sente di fornirci dati certi, bene, altrimenti possiamo anche ringraziarla per il materiale che ci ha inviato, che abbiamo letto e studiato, che utilizzeremo quando e come vorremo. Se la sente di fornirci prove? Ad esempio, il Presidente, nella terza domanda, le chiedeva quali elementi concreti e quali certezze la portano a legare Senzani alla P2 e al sequestro Moro. Lei ci ha fornito una risposta negativa.

MOLINARI. In che senso negativa?

MANCA. Lei ci ha detto di aver sentito dire nell’ambiente…

PRESIDENTE. Il legame con la P2 ha una storia particolareggiata ma ha un limite, che il teste di riscontro, Rosati, era ormai morto.

FRAGALA’. Lei lo ha detto dopo che era morto.

MOLINARI. L’ho detto quando era ancora vivo.

MANCA. Ad un certo punto, lei ha detto che aveva un conto aperto con Senzani.

MOLINARI. Noi lo abbiamo identificato e segnalato. La questura di Firenze ci aveva comunicato di non avere nulla agli atti, mentre era stato precedentemente arrestato dal procuratore Vigna perché aveva ospitato un certo Bombaci.

PRESIDENTE. Sul problema dell’ospitalità data da Senzani a Bombaci, il magistrato di Firenze Tindari Baglione ci ha riferito che quando Bombaci, insieme ad altre tre persone, fu individuato e bloccato, fu accertato che dimorava nello stesso stabile del professor Senzani. La preoccupazione della polizia fu di chiedere a Tindari Baglione se potevano informare Senzani che ospitava in casa persone pericolose. Questo ha portato il dottor Tindari Baglione a concludere che in quegli anni le Brigate rosse, la magistratura e la polizia fiorentine avevano lo stesso consulente. Senzani era un consulente accreditato dalla polizia e dalla magistratura fiorentine ma, allo stesso tempo, era coinvolto nel vertice delle Brigate rosse.

MOLINARI. Era di certo coinvolto. Nell’estate del 1978 ha partecipato ad un convegno a Lisbona; in seguito, su un pullman è stata trovata una borsa con documenti in cui venivano indicati obiettivi delle BR. Quella borsa fu fatta trovare appositamente, di certo da Senzani. Senzani era protetto, tanto è vero che ha per così dire "fatto fuori" un questore ed una intera questura. Ci siamo ripresi dopo due anni, per due anni siamo stati bloccati.

MANCA. Ho una curiosità sui tempi. Nella lettera che ci ha scritto, ci dice di voler riferire sul rinvenimento, nella primavera del 1968, al confine italo-francese, di un ingente quantitativo di tritolo di produzione americana proveniente da una base NATO della Francia meridionale. Sa che la Francia è uscita dalla NATO? Sa quando è uscita?

MOLINARI. Non lo so.

MANCA. In quella data la Francia era già uscita.

MOLINARI. Era già uscita ma era presente la base NATO, tanto è vero che quando ci sono andato con un maresciallo, ci hanno fatto vedere da dove proveniva il tritolo. La base NATO era nei pressi di Marsiglia.

MANCA. Era una base NATO o ex NATO?

MOLINARI. Era ex NATO ma per noi era NATO. Il maresciallo vide per terra le forme dei panetti di tritolo, che proveniva da lì. Avevano detto che era stato rubato ma come potevano rubare il tritolo di una base ex NATO? Era una base ex NATO in mano francese, ma c’erano ancora gli americani.

MANCA. Non mi risulta. Lei ha parlato di una lettera che Rognoni si è messo in tasca, ma chi ha inviato quella lettera? Quale era il suo contenuto?

MOLINARI. La questura ha inviato quella lettera, in cui si diceva che Senzani faceva parte delle Brigate rosse.

MANCA. Quella lettera è finita direttamente nelle mani del ministro Rognoni.

MOLINARI. L’avevano portata al Ministro per fargliela vedere, ma lui se l’è messa in tasca. Il ministro Rognoni stava andando a Pavia, ha deviato, facendo aspettare la scorta, ed è andato a Portofino, dove il venerdì si è incontrato con determinate persone.

PRESIDENTE. Chi erano quelle determinate persone?

MOLINARI. Non lo sappiamo, magari lo avessimo saputo!.

PRESIDENTE. Se andava a Portofino non è che non incontrava nessuno. Non poteva trovare deserta Portofino.

MANCA. Forse andava a vedere il panorama!

MOLINARI. Non è andata così. Non è andato a vedere il panorama. Fatto sta che poi è ritornato a Roma e a noi ci ha fatto fare l’inchiesta, proprio perché ad un certo punto voleva che noi non insistessimo su Senzani.

PRESIDENTE. Però io voglio sapere (lei è adesso un avvocato e anche docente, professore, un ex questore della Repubblica) se si rende conto della gravità del sospetto che lei avanza. Lei in pratica ci sta dicendo che uno degli organizzatori del sequestro Moro era protetto dal Ministro dell’interno italiano, il quale era a conoscenza di quel ruolo.

MOLINARI. Può darsi che a un certo punto fosse anche in buona fede. Come per esempio era protetto dalla questura di Firenze… Ma Senzani…

PRESIDENTE. Ma il nodo è questo, che Senzani era un personaggio accreditato; era accreditato all’estero, era accreditato in Italia, aveva funzioni importanti nel Ministero di grazia e giustizia; conosceva il meccanismo di tale Ministero tanto che una serie di obiettivi delle Brigate rosse furono individuati perché Senzani forniva informazioni sul ruolo che determinati magistrati svolgevano nell’organizzazione giudiziaria, un ruolo non noto pubblicamente alla maggior parte dei cittadini italiani. Un magistrato ci ha riferito che lo consideravano un loro consulente, perché era un criminologo, e poi invece abbiamo accertato - questo è un fatto pacifico - che da un certo momento in poi, dal 1979 in poi, è uno dei capi delle BR.

MOLINARI. Non credo dal 1979 in poi. Lo era già prima.

PRESIDENTE. Allora i punti interessanti sono i seguenti: se lo era già prima…

MOLINARI. Lo era già prima.

PRESIDENTE. Ho capito, ma io le ho detto di darmi qualche altro elemento oltre a quelli di cui noi siamo già in possesso. Infatti, noi abbiamo una serie di elementi che ci portano a retrodatare l’ascesa di Senzani al vertice delle BR.

MOLINARI. È stato Senzani ad un certo punto che ha indottrinato, in un certo qual senso, Fenzi e non il contrario. Infatti Senzani a Genova conosceva e sapeva tutto, tant’è vero che ha pilotato poi la nomina anche del preside della facoltà di medicina.

PRESIDENTE. Però un conto è vedere questa doppiezza, indubbiamente singolare, del personaggio di Senzani, che è un uomo dalle due vite, altro è capire se poi è un doppiogiochista.

MOLINARI. È un doppiogiochista.

PRESIDENTE. Questo lei lo ha scritto in tutti i rapporti. Ma quali elementi nuovi ci fornisce?

MOLINARI. Io quello che ho scritto ho cercato di dire.

PRESIDENTE. A questo punto, colleghi, voi siete liberi di fare altre domande, ma potremmo concludere l’audizione, sapendo che quello che ci poteva dire l’avvocato Molinari è consacrato nei documenti che abbiamo acquisito.

MANCA. Io aggiungo anche i ringraziamenti perché, considerato tutto, si è spostato dalla sua città. Lei dove vive?

MOLINARI. In provincia di Savona.

MANCA. Da Savona è dovuto venire qui, ci ha fornito una serie di elementi, quindi da parte mia lo ringrazio e le auguro tanta buona salute.

PRESIDENTE. Ci sono vari iscritti a parlare, anche se diversi colleghi hanno rinunciato ad intervenire.

MAROTTA. Signor Presidente, io non rinuncio ad intervenire. Secondo me dobbiamo finirla in Commissione con queste cose, Presidente. Già si desumeva chiaramente dal rapporto (che io ho avuto; non la lettera, un rapporto) che l’avvocato non sapeva niente. Parliamoci chiaramente, signor Presidente, non ci voleva molto a capirlo. Io personalmente ho letto il rapporto dell’11 agosto 1986, nonché la lettera del mese di agosto. Da ciò, signor Presidente, si desumeva in maniera incontestabile che nessun elemento era stato fornito. Le voglio solo dire una cosa, perché secondo me deve finire questa storia, altrimenti veramente questa Commissione non serve a niente. Quella lettera si conclude in questo modo: Senzani - fa le alternative lui stesso - o era un infiltrato nel SISMI (a parte il fatto che lo si fa dopo dieci o dodici anni) e faceva il doppio gioco a favore però delle Brigate rosse oppure (questa è l’alternativa, già basta)…

MANCA. Onorevole Marotta…

MAROTTA. Lo so, caro Manca, però consenti anche a me, che vengo una volta ogni tanto, di dire alcune cose che riguardano la Commissione, non tanto l’audito. Dicevo, oppure il SISMI si serviva di lui per ritardare le indagini sulle Brigate rosse depistando gli investigatori. Parliamoci chiaramente, Presidente, anche se fosse vera una di queste due ipotesi, è la stessa cosa: Senzani era un brigatista rosso o no?

MOLINARI. Lo era, sì.

MAROTTA. Allora è finito un discorso. Questo è il punto.

PRESIDENTE. Volevo dire una cosa sola, se l’onorevole Marotta ha la cortesia di ascoltarmi. Noi abbiamo disposto questa audizione per un equivoco che si è chiarito nelle prime parole pronunciate dall’avvocato Molinari. Noi, come Ufficio di Presidenza, avevamo pensato che l’avvocato Molinari potesse fornirci elementi nuovi rispetto ai contenuti di questa carta, invece l’avvocato voleva dirci che, siccome non era stato sentito dai magistrati, riferirci dei rapporti sarebbe stata una novità rispetto alle acquisizioni giudiziarie.

MOLINARI. Tant’è vero che avete potuto acquisire ad un certo punto la documentazione.

PRESIDENTE. L’abbiamo acquisita. Il fatto che la Commissione - sarà per orgoglio di presidenza – perda tempo, mi sembra un’ingiustizia, perché è vero che Senzani è un brigatista rosso, ma tuttora Senzani non è stato mai nemmeno indagato per l’omicidio Moro.

MAROTTA. Che vogliamo fare?

PRESIDENTE. Mi sembra che sia un’acquisizione di una qualche importanza rispetto al più importante attentato politico che l’Italia ha subìto nel dopoguerra. Se poi riteniamo che non sia importante, mi arrendo. Già mi sto arrendendo su molte questioni, mi arrendo pure su questo.

MAROTTA. È riconducibile comunque ad azioni delle Brigate rosse, quindi che vogliamo discutere?

PRESIDENTE. Questa è la valutazione. Ma sapere se fra i colpevoli dell’omicidio Moro c’erano Senzani…

MAROTTA. Presidente, chissà quanti ce ne erano, allora!

PRESIDENTE. Forse quello era il compito che ci aveva dato la legge. Per questo motivo ero interessato all’ambiente universitario genovese.

BIELLI. Signor Presidente, sono sorpreso del clima di questa sera, nel senso che è venuto qualcuno che non ci ha detto nulla di nuovo, anche se in qualche modo ci ha sollecitato ad acquisire dei documenti. E’ poca cosa? Può darsi, ma è stato molto peggio, quando altri sono venuti e non hanno detto la verità, anzi hanno detto bugie palesi e nessuno la volta successiva ha avuto il coraggio di dirlo. Faccio l’esempio dei giudici Spataro e Pomarici che ci hanno detto che in via Monte Nevoso era stato acquisito tutto; poi un colonnello dei carabinieri ci ha detto che i documenti li ha visti dopo che erano usciti da via Monte Nevoso e nessuno sapeva nulla. Perché allora si deve quasi irridere alle cose che sono state dette questa sera? Anch’io speravo fossero più significative, ma perché l’irrisione? Oltretutto una irrisione tesa a presentare una situazione in cui qualcuno vorrebbe pilotare le audizioni. Inoltre, sempre sul tema di chi piloterebbe le audizioni, scopriamo che ci sono nostri consulenti che scrivono articoli in cui si permettono di criticare il tipo di audizioni che facciamo con giudizi sulle medesime: rispetto a questa audizione su "l’Opinione" c’è scritto cosa sarebbe successo stasera. C’è quasi una attività preventiva rispetto alla audizione di oggi ed è una vera vergogna, tanto più perché viene fatta da nostri consulenti.

Anche io questa sera mi aspettavo di più. Però l’audizione ha un senso; ci offre la possibilità di indagare ancora su alcuni temi e questo lo ritengo positivo. Il dottor Molinari ci ha parlato di Rognoni, di un incontro misterioso a Portofino. E’ una sciocchezza? Può darsi, ma la nostra Commissione di indagine deve anche adoperarsi per capire tutte le cause del terrorismo non individuate. Questa è stata un’altra occasione. Dove sono le certezze? Chi ce le dà? Le costruiamo noi insieme attraverso le nostre ricerche. Ho dunque avuto una strana impressione perché credo che le cose dette dal dottor Molinari, giuste o sbagliate, in qualche modo dovrebbero farci riflettere. La questione di Senzani non è una questione su cui abbiamo bisogno di indagare? Questa sera ci è stato fornito un elemento in più, cioè che Senzani era nel mirino di coloro che dovevano garantire la sicurezza del Paese e che in qualche modo si erano mossi, ma chissà per quale ragione non si indagava. Perché allora bisogna avere quasi un senso di fastidio per le cose dette dal dottor Molinari? Io credo che chi leggerà l’audizione di questa sera con spirito aperto, capirà che qualche cosa è stato detto, che ci sono alcuni episodi su cui la riflessione è opportuna. Anche io mi aspettavo di più, ma non credo che questo possa significare criticare quanto abbiamo fatto, giudicando l’audizione come pilotata da qualcuno per sapere chissà che cosa. Non abbiamo fatto altro che svolgere una audizione decisa all’unanimità dall’Ufficio di Presidenza a seguito di una lettera del dottor Molinari che abbiamo interpretato come una possibilità di conoscere qualcosa di più e di meglio. Altre persone ci hanno inviato lettere simili e le abbiamo ascoltate. Tutto ciò rientra nella pratica normale che in questa Commissione abbiamo sempre utilizzato. Considero quindi l’audizione, che si ferma a questo punto, come qualcosa di positivo.

Aggiungo poi che io non sono d’accordo che i consulenti intervengano sempre sui lavori di noi commissari. Voglio dirlo in questa sede e non nell’Ufficio di Presidenza e su questo punto dovremo parlare ancora in maniera opportuna. Le mie opinioni possono essere giuste o sbagliate, ma la mia volontà è di continuare in questa opera in maniera seria e rigorosa e quanto ha detto il dottor Molinari mi spinge a guardare con più attenzione alla figura di Senzani rispetto al quale oggi è stato messo in evidenza che qualcosa di strano c’era nei suoi rapporti con le istituzioni.

MOLINARI. Voglio precisare meglio un particolare. Un venerdì Rognoni viene da Roma, scortato dalla polizia, lascia la scorta al casello dell’autostrada di Rapallo e da solo raggiunge Portofino, dove si incontra con determinate persone. Precedentemente Rognoni aveva ricevuto una nostra segnalazione in cui indicavamo il Senzani come il capo delle BR e come colui che aveva indottrinato tutti. Era infatti risultato che Senzani aveva partecipato ad un convegno di criminologia a Lisbona al quale erano presenti anche altri professori di Genova e aveva fatto trovare una borsa su un pullman abbandonato. Rognoni si ferma a Portofino, si incontra con determinate persone dopo aver ricevuto la nostra lettera e so da una fonte certissima, perché me lo ha riferito uno degli ispettori venuti a fare una ispezione alla questura di Genova, che Rognoni, rientrato lunedì al Ministero, come prima cosa chiamò il Capo della polizia ordinando una ispezione spettacolare alla questura di Genova per farci fuori tutti, per eliminarci. Il Capo della polizia chiamò il capo del personale e gli affidò l’ispezione insieme ad un generale. Il mercoledì, senza presentarsi in questura, iniziarono le intercettazioni in maniera spettacolare tanto che De Longis ad un certo punto fu costretto a dimettersi.

PRESIDENTE. E’ ancora vivo De Longis?

MOLINARI. E’ ancora vivo, ma non è in condizioni di ricordare. Però quando presentò le dimissioni disse: me ne vado perché mi vergogno. Su cinque brigatisti due sono veri e tre sono falsi e io non ci sto più.

PRESIDENTE. Lo scrisse?

MOLINARI. No, ma lo disse. Disse che i tre brigatisti falsi pilotavano i due veri e che se ne andava, che si ammazzavano le persone e non gli stava bene. Voglio ricordare anche che La Spezia era il centro della P2 dove Senzani poteva avere contatti con gli stessi americani, anche se non lo sappiamo di sicuro, perché godeva di determinate protezioni. Quando la P2 organizzava qualche omicidio non aveva bisogno di gambizzare.

PRESIDENTE. Ce lo ha spiegato, gli facevano una falsa diagnosi.

MOLINARI. Bastava portarlo al ristorante e somministrargli qualche sostanza per metterlo fuori gioco per sei mesi. Prima i servizi segreti gestivano le case di appuntamento, negli anni ’30 o ’40, a Sanremo perché con le prostitute potevano distruggere un individuo, ma potevano distruggerlo anche a tavola somministrando determinate sostanze.

DE LUCA Athos. Che sostanze somministravano?

MOLINARI. Piatti speciali.

PRESIDENTE. Vorrei dire qualcosa rispetto all’intervento dell’onorevole Bielli. Condivido il rilievo critico sull’articolo citato. Mi auguro che il consulente faccia pervenire una lettera di scuse all’Ufficio di Presidenza, perché l’audizione è stata deliberata all’unanimità in quanto era stata richiesta e si preannunciava ricca di clamorose novità. L’onorevole Bielli ha ragione, in questa Commissione molte persone non hanno detto la verità o l’hanno fatto solo in parte. Faccio due esempi: siamo andati a Johannesburg e il generale Maletti ci ha raccontato una parte di verità, poi recentemente ha rilasciato una intervista in cui ha detto una serie di cose che a noi non ha riferito pur avendo noi posto domande precise. In secondo luogo, il senatore Andreotti ha rilasciato una intervista a "La Repubblica" in cui ha parlato di guerra santa dei servizi, mentre a noi, pur avendolo ascoltato tre volte non aveva detto nulla.

Aggiungo ancora una mia personale valutazione (quelle precedenti corrispondono a fatti oggettivi che non possono essere smentiti): fra le persone che non ci hanno detto tutta la verità c'è il professor Rognoni e voglio che resti a verbale. Egli disse in Commissione che nel settembre del 1978 il problema del ritrovamento delle carte Moro veniva ritenuto poco importante, perché ciò che era rilevante era individuare chi avesse rapito Moro e i suoi uccisori. Dalla Chiesa disse alla Commissione Moro che il compito che tutti si erano ripromessi era il ritrovamento delle carte. Fra i fatti reali, i fatti oggettivi, dunque, c'è questa mia valutazione.

LEONE. Cosa c'entra questo con l'audizione di questa sera?

PRESIDENTE. Noi stiamo parlando di Rognoni. (Commenti dell'onorevole Leone). Non mi interrompa: io non l'ho interrotta, mi faccia quindi la cortesia di non interrompermi.

Voglio aggiungere che questa audizione, che era stata deliberata all'unanimità dall'Ufficio di Presidenza, ha stranamente destato delle preoccupazioni da un certo momento in poi. Improvvisamente vi ho visti agitati, tesi, come se dovessimo attendere chissà quale verità «oracolare» da parte dell'avvocato Molinari. Invece, conoscendo la mia abituale prudenza, penso che l'introduzione che ho fatto all'audizione dell'avvocato Molinari vi avrebbe dovuto tranquillizzare dall'inizio.

MOLINARI. Come ha destato preoccupazioni nel 1986 quando sono andato ad Ancona.

DE LUCA Athos. Avvocato Molinari, lei ha detto che avete consegnato questa lettera a Rognoni.

MOLINARI. Sì.

LUCA Athos. In questa lettera che cosa indicavate?

MOLINARI. Senzani come un pericolo brigatista che faceva opera di indottrinamento. Genova ad un certo punto ha pagato caro tutto questo.

DE LUCA Athos. Esattamente, avvocato, ma la domanda è questa: penso che voi, per segnalare una cosa così importante e grave, di grande rilevanza per quel momento, eccetera, in quella lettera vi saranno stati dei contenuti, delle circostanze precise, dei fatti, dei nomi per segnalare al Ministro dell'interno di allora, una situazione del genere, non credo che il tono della lettera potesse essere del genere "pensiamo che Senzani". Questa lettera dovrebbe ancora esistere: lei ne ricorda il contenuto?

MOLINARI. Il contenuto di quella lettera era dirompente.

DE LUCA Athos. Non ci interessano le virgole, ma la sostanza: quali erano le circostanze che indicavate al Ministro dell'interno.

MOLINARI. Si precisava che il capo delle Brigate rosse era Senzani ed aveva un lasciapassare da parte dei servizi segreti.

DE LUCA Athos. Sulla base di cosa facevate queste affermazioni?

MOLINARI. Sulla base del fatto che noi avevamo individuato ed identificato Senzani, ma hanno lasciato che continuasse a girare per l'Italia bloccando ad un certo punto la questura di Genova con l'ispezione di cui parlavamo. Poi, il questore se ne è andato, un altro è stato sbattuto via e la DIGOS è stata sciolta. Io ho dovuto consegnare tutte le carte al generale Dalla Chiesa.

DE LUCA Athos. Signor Presidente, io penso che, dopo queste dichiarazioni, noi dovremo chiamare il professor Rognoni.

MANCA. Mi associo a questa richiesta.

DE LUCA Athos. Avvocato Molinari, si rende conto di aver detto ufficialmente delle cose?

MOLINARI. Egli si è incontrato a Portofino con certe persone.

PRESIDENTE. Con l'Ufficio di Presidenza delibereremo altre audizioni. Volevo intanto comunicare che per il 17 novembre abbiamo avuto la disponibilità del senatore a vita Taviani che ha chiesto di essere sentito perché intende dire quelle cose che in altra occasione ritenne di non poterci ancora dire.

MOLINARI. Senzani aveva pilotato la presidenza della facoltà di medicina a Genova.

MANCA. Mi associo a quanto diceva l'onorevole Bielli, l'ho già detto in Ufficio di Presidenza perché non è la prima volta che il collega parla sul fatto che i nostri consulenti scrivono sui giornali. Mi sono associato allora e lo faccio adesso. Come ho detto allora, ripeto adesso che questa censura deve essere estesa a tutti, soprattutto a chi ha iniziato questo discorso. Ho già riferito che quando mi sono rivolto ad un consulente, per sottolineare questo aspetto, mi hanno dato casi concreti di lunga durata, di lunga militanza in questo senso di consulenti che si trovano nella Commissione da anni e anni. Mi associo dunque alle parole dell'onorevole Bielli, ma quanto ha detto il Presidente deve essere esteso a tutti i consulenti, soprattutto a chi ha iniziato la questione.

PRESIDENTE. Il problema posto dall'onorevole Bielli non riguarda il fatto che i consulenti esprimano pubblicamente delle loro opinioni, bensì che i consulenti non dovrebbero criticare le decisioni dell'Ufficio di Presidenza, né la gestione della Commissione.

MANCA. Non è così, Presidente. Quando Bielli, in Ufficio di Presidenza, ha parlato si riferiva ad esternazioni dei consulenti: io mi sono associato e, così come ho detto allora ripeto adesso che questo va esteso a tutti, non solo ad alcuni, ma soprattutto a chi ha iniziato e si serve reiteratamente di questo sistema. Questo, per essere equidistanti da tutto.

MAROTTA. Avvocato Molinari, l'inchiesta a seguito dell'esito della quale De Longis si dimise da quale denuncia fu provocata e da chi?

MOLINARI. Da vecchie lettere anonime.

PRESIDENTE. Si è parlato anche di articoli sui giornali perché c'era stata un'insurrezione quando voi avevate accusato i docenti di essere collusi con le Brigate rosse.

MOLINARI. Era quello che io volevo dire, Presidente. Che i docenti fossero collusi con le Brigate rosse ad un certo punto si sapeva.

MAROTTA. Ma lei sospettò che queste denunce anonime venissero da Senzani e dai suoi compagni?

MOLINARI. Non sospettai, ne ebbi la certezza. Tutti i guai della questura di Genova sono derivati dall’identificazione di Senzani come brigatista. Questi circolava per Genova, indottrinava tutti, faceva riunioni e, con la scusa degli handicappati, dei carcerati, eccetera, faceva i comodi suoi.

MAROTTA. Allora c'è forse anche un motivo di risentimento nei confronti di Senzani?

MOLINARI. Questo è naturale: hanno anche tentato di ammazzare mio figlio. Come abbiamo toccato Senzani, ad un certo punto ci siamo bruciati.

MAROTTA. Chi proteggeva Senzani?

MOLINARI. Lo proteggeva Rognoni, lo proteggevano i Servizi, lo proteggevano tutti.

MAROTTA. Sulla base delle vostre denunce non dovevano essere mandati subito i poliziotti?

MOLINARI. Li abbiamo denunciati, poi sono stati prosciolti.

MAROTTA. Lei lamenta che le indagini eseguite dalla polizia e dai carabinieri così faticosamente furono delegittimate dall'intervento di questi brigatisti o professori universitari; la domanda è la seguente: quando la polizia denunciò quei venti, trenta o cento, quelli che erano, chi li assolse? Certamente i magistrati, ma sulla base di quali altre dichiarazioni contrastanti con le vostre?

MOLINARI. Non ce ne erano.

MAROTTA. Evidentemente le vostre indagini non erano sufficienti.

MOLINARI. Non ce le hanno fatte completare, tanto è vero che quando De Longis è andato via io mi sono incontrato con Dalla Chiesa perché il Ministero mi aveva detto di consegnargli tutti gli atti e poi di non interessarmi più di niente. Ci hanno paralizzati, ci hanno legato le mani. Noi potevamo raggiungere determinati obiettivi.

MAROTTA. Però evidentemente queste protezioni riguardavano la magistratura.

MOLINARI. Non riguardavano la magistratura.

MAROTTA. Vuol dire che quelli lì li ho assolti io.

PRESIDENTE. Nel concludere i nostri lavori restiamo tutti dell'avviso che il 17 novembre, in seduta antimeridiana, è fissata l'audizione del senatore a vita Paolo Emilio Taviani.

Ringrazio ancora l'avvocato Molinari per la sua partecipazione e dichiaro conclusa l'audizione.

La seduta termina alle ore 21,25.

 

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