Commissione parlamentare d'inchiesta sul terrorismo in Italia e sulle cause della mancata individuazione dei responsabili delle stragi

75a SEDUTA

MARTEDI' 12 DICEMBRE 2000

Presidenza del Presidente PELLEGRINO

Indice degli interventi

PRESIDENTE
BIELLI (Dem. di Sin.-L’Ulivo), deputato 1 - 2
FRAGALA' (AN), deputato 1 - 2
GRIMALDI (Comunista), deputato 1 - 2
MANCA (Forza Italia), senatore 1 - 2 - 3 - 4
MANTICA (AN), senatore 1 - 2 - 3 - 4 - 5 - 6

 

 

La seduta ha inizio alle ore 20,20.

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la seduta.

Invito il senatore Pardini, segretario f.f., a dare lettura del processo verbale della seduta precedente.

PARDINI, segretario f.f., dà lettura del processo verbale della seduta del 18 ottobre 2000.

PRESIDENTE. Se non vi sono osservazioni, il processo verbale si intende approvato.

 

COMUNICAZIONI DEL PRESIDENTE

PRESIDENTE. Comunico che, dopo l’ultima seduta, sono pervenuti alcuni documenti il cui elenco è in distribuzione e che la Commissione acquisisce formalmente agli atti dell’inchiesta.

Informo che in data 26 ottobre 2000 il Presidente del Senato della Repubblica ha chiamato a far parte della Commissione il senatore Matteo Piredda, al quale rivolgo un saluto di benvenuto, in sostituzione del senatore Carmine De Santis.

Rendo noto che il dottor Arrigo Molinari ha provveduto a restituire, debitamente sottoscritto ai sensi dell'articolo 18 del regolamento interno, il resoconto della sua audizione svoltasi il 18 ottobre 2000, dopo avervi apportato correzioni di carattere meramente formale.

Informo inoltre che il professor Zaslavsky ha presentato un elaborato dal titolo "L'apparato paramilitare comunista nell'Italia del dopoguerra (1945-1955)", che il senatore Athos De Luca ha consegnato un allegato alla sua relazione del 12 luglio 2000: "Appunti per un glossario della recente storia nazionale" ed infine che il dottor Cipriani ha depositato una prima relazione sull'esito della sua missione di studio e ricerca negli Stati Uniti.

 

VALUTAZIONI SULLA ATTUALE FASE PROCESSUALE DEL CASO USTICA E SULLE RECENTI ACQUISIZIONI DI DOCUMENTAZIONE RELATIVA AD ATTIVITA' EVERSIVE NEGLI ANNI '70

PRESIDENTE. Informo i colleghi che non hanno partecipato agli ultimi Uffici di Presidenza allargati, che il programma di lavoro deliberato per questo scorcio finale di legislatura prevedeva che, salvo che non fosse venuta la disponibilità di Alvaro Lojacono Baragiola ad una sua audizione - che potevamo svolgere insieme a quella di Scalzone, che invece aveva già dato la propria -, sarebbe stato superfluo svolgere altre audizioni.

In particolare ci eravamo soffermati anche sulla possibilità di sentire nuovamente il generale Maletti, ma in proposito, sempre all'interno dell'Ufficio di Presidenza, è prevalso l'orientamento volto a tentare un ulteriore sforzo per giungere a qualche conclusione. Ci stavamo muovendo in questa direzione, avendo dato ai nostri consulenti l'incarico di predisporre per il dibattito degli abstract delle varie relazioni, così da poter più facilmente individuare quali punti di convergenza potessero esservi sulle varie materie, lasciando ad ogni Gruppo la possibilità di esprimere opinioni di dissenso sui punti in cui convergenze non vi sono.

In questa prospettiva e su invito dell'onorevole Taradash, che addirittura mi chiedeva di acquisire il mio libro-intervista come documento agli atti della Commissione - iniziativa che mi sembrava istituzionalmente non corretta -, anch'io ho assunto l'impegno di sintetizzare in trenta-quaranta cartelle il senso complessivo di quella intervista.

In questa situazione, a seguito di novità che si sono determinate nella vicenda di Ustica, sia processuali sia per la documentazione, che ci è pervenuta dalla Presidenza del Consiglio - le lettere di risposta inviate dai presidenti Clinton e Chirac -, mi è pervenuta dal vice presidente Manca la richiesta di un dibattito in merito da parte della Commissione. L'esigenza di svolgere un dibattito mi è stata rappresentata anche dal Gruppo di Alleanza nazionale sia a seguito dell'acquisizione della relazione del dottor Cipriani, per le anticipazioni apparse su "la Repubblica" riguardanti non solo la relazione, ma anche alcune delle schede allegate, sia a seguito della ricezione di una copiosa documentazione informativa dal SISMI riferibile a Giangiacomo Feltrinelli, documentazione che è stata inviata dal Presidente del Consiglio con obbligo di riservatezza, perché contiene dati concernenti persone, strutture ed attività del Servizio; per cui ho dato disposizione agli uffici di consentire a tutti i commissari di prenderne visione, ma di non consentirne estrazione di copie.

Su tutto questo mi è stato chiesto di svolgere un dibattito in Commissione e la stessa è stata riunita con il seguente ordine del giorno: "Valutazioni sull'attuale fase processuale del caso Ustica e sulle recenti acquisizioni di documentazione relativa ad attività eversive negli anni '70".

MANCA. Signor Presidente, in effetti lo spunto alla mia iniziativa è stato dato dagli ultimi sviluppi, giurisdizionali e non, del caso Ustica. Ma io ritengo che per introdurre bene l'argomento sia opportuno soffermarsi per qualche attimo sugli eventi principali e sugli atti significativi della Commissione inerenti al caso Ustica che rappresentano, a mio avviso, il prologo e la premessa di ciò che è avvenuto ultimamente. Mi riferisco alle lettere dei presidenti Clinton e Chirac e alle decisioni prese il 1° dicembre scorso dalla III Corte di assise di Roma.

Partirei dal 17 luglio 1997, quando il presidente Pellegrino, nel corso dell'Ufficio di Presidenza, assume l'impegno di promuovere un incontro - da tenere insieme ai due vice presidenti della Commissione - con il presidente del Consiglio Prodi per l'acquisizione, presso la NATO, di codici di identificazione SIF. Parto da questo, perché si inserisce nel discorso di ciò che è stato provocato da questa Commissione e di ciò che non appartiene alla stessa. Sempre lo stesso giorno, viene inviata una lettera del presidente Pellegrino indirizzata al presidente Prodi sulla vicenda di cui sopra.

Il 31 luglio, quindi pochi giorni dopo l'invio della lettera, avviene l'incontro del presidente Pellegrino e dei due vice presidenti con Romano Prodi. Il 1° agosto perviene una risposta del presidente Prodi con la quale egli si impegnava ad agevolare la decrittazione dei codici SIF, ritenuta necessaria ed indispensabile da parte del giudice Priore nel ricostruire lo scenario aereo della sera della tragedia di Ustica.

Il 17 settembre dello stesso anno il presidente Pellegrino svolge una breve informativa in merito ai contenuti dell'incontro avuto con il presidente Prodi, fino ad arrivare al 31 dicembre 1997, data in cui si chiude la procedura istruttoria per il caso Ustica da parte del giudice istruttore.

Il 31 luglio 1998 i pubblici ministeri depositano la loro requisitoria. Il 27 aprile 1999, quattro commissari, esattamente i senatori Manca e Mantica e i deputati Fragalà e Taradash, depositano una relazione sulla strage di Ustica, mentre il 31 agosto 1999 il giudice istruttore Priore deposita la sua sentenza-ordinanza.

Pochi mesi dopo, esattamente il 18 gennaio 2000, il senatore Manca elabora e trasmette al presidente Pellegrino alcuni quesiti da porre al giudice Priore, tra cui e per primo quello relativo alle perizie utilizzate. Riporto questo fatto perché lo riprenderemo quando parleremo delle decisioni della III Corte d’assise del 1° dicembre u.s. . Nel primo quesito si richiamavano le ultime perizie di ufficio e di parte civile annesse alla sentenza-ordinanza rese note dietro richiesta della Presidenza a questa Commissione soltanto dopo il deposito della medesima e si chiedeva quali nuovi elementi apportassero rispetto alle perizie precedenti e se consolidavano o meno gli elementi di ipotesi di caduta del velivolo già emersi precedentemente. E si concludeva: "in particolare, tenuto conto dell’insieme delle perizie innumerevoli disposte nel tempo dall’autorità giudiziaria e da ella stessa, qual è stato il motivo per doverne disporre di ulteriori e conclusive oltre il termine ex lege per il giudice inquirente?". Dunque la Commissione fu la prima a rilevare che Priore non aveva rispettato alcune norme circa determinate perizie. Peraltro, la perizia in oggetto era quella decisiva che poi ha permesso allo stesso Priore di giungere a risultanze addirittura opposte a quelle dei tre pubblici ministeri.

L’Ufficio di Presidenza, il 1° febbraio 2000, delibera l’invio al giudice Priore di un elenco di quesiti oltre a quello di cui ho dato contezza. Il 24 febbraio 2000, il giudice Priore risponde alla lettera del 4 febbraio dello stesso anno, lettera che vorrei leggere perché molto significativa.

"Chiarissimo Presidente, in risposta alla Sua cortese nota, meglio specificata in oggetto, sono dolente di comunicarLe la mia indisponibilità a dare risposta ai quesiti ad essa allegati, quantomeno allo stato.

In questo particolare momento in effetti sta per iniziare una fase dibattimentale e non appare deontologicamente corretto che l’Istruttore prenda nuovamente la parola e possa così sostenere, ancora una volta e probabilmente con nuove argomentazioni, le sue tesi già esposte in sentenza-ordinanza – unica sede per le motivazioni e le decisioni – e così influenzare la Corte che s’appresta al vaglio degli atti e di quel provvedimento di definizione della fase istruttoria.

D’altra parte devo rilevare che i quesiti attengono sull’essenza della giurisdizione – concernendo valutazioni sulla predisposizione di perizie, sui risultati delle stesse, sui criteri di scelta dei periti; giudizi sul valore delle fonti di prova; giudizi sugli elementi di prova; giudizi sulle ricostruzioni di fatti che ne derivano; giudizi sulle definizioni giuridiche e sulle conseguenti formule di proscioglimento e di rinvio. Giudizi tutti suscettibili sì di osservazioni, commenti ed anche critiche, non deducibili però dinnanzi a questo giudice, né tantomeno da lui risolvibili, ma solo, sul piano giuridico e giudiziario, dalle Corti del dibattimento, su quello politico da codesta Commissione o da quella che di necessità dovrà succederle.

Rammento, ovviamente solo a me stesso e ai pochi altri che lo ignorano, il principio, fondamentale in ogni ordinamento evoluto, secondo cui il giudice non può rendere testimonianza sugli atti processuali compiuti per ragione del proprio ufficio. È un principio posto dal legislatore del ’30 – durante la monarchia e in pieno regime fascista – all’articolo 450, primo capoverso, del codice di procedura penale, ma dimenticato dal legislatore, repubblicano e democratico, dell’88 anche se pur sempre desumibile dal sistema.

È un principio che vincola in primo luogo le giurisdizioni, ciascuna delle quali non può escutere appartenenti alle altre. E quindi vincola anche le Commissioni parlamentari d’inchiesta che operano a norma dell’articolo 82, primo capoverso, della Costituzione, e cioè con i poteri e i limiti dell’autorità giudiziaria.

Ma quand’anche questo principio non vigesse, comunque si dovrebbe osservare l’altro più generale, e certamente vigente, della separazione dei poteri. Principio derivatoci dai Lumi; in modo chiarissimo enunciato dal Montesquieu; codificato a partire dall’89, ma di certo applicato persino nelle monarchie assolute come quella di Prussia, a partire dalle prime edizioni dell’Esprit des Lois.

Senza tale principio Federico il Grande, o una qualche articolazione del suo stato assoluto, avrebbe potuto chiamare il giudice di Berlino per chiedergli spiegazioni sulla sua giustizia al riguardo delle doglianze del mugnaio di Potsdam, che addirittura si doleva di angherie del sovrano.

Scusandomi per l’odierna impossibilità e le citazioni, ben conoscendo la sua sapienza" – e qui si riferisce a lei, presidente Pellegrino – "e lo spirito che ha mosso la Sua nota mi impegno sin da oggi a fornire ogni utile spiegazione, oralmente o per iscritto al plenum della Commissione o ad una sua istanza sia sui fatti che i contesti, il giorno che il giudice dibattimentale avrà deciso e il tempo consentirà giudizi più maturi e sereni. Come è avvenuto per tutti gli eventi di cui mi sono occupato nelle mie inchieste: dall’affare Moro ai più diversi terrorismi, all’attentato al Sommo Pontefice. Con i più distinti saluti".

In pratica in questa lettera ci viene rimproverato di non conoscere la suddivisione dei poteri, non curandosi di una raccomandazione fatta dalla Corte costituzionale sulla necessità di collaborazione tra i poteri dello Stato e così il problema Ustica va avanti.

L’Ufficio di Presidenza, il 29 marzo 2000, quasi un mese dopo la risposta del giudice Priore, dà mandato al presidente Pellegrino di inviare una lettera al presidente del Consiglio D’Alema per una audizione sul caso Ustica. Nel frattempo si era maturato il convincimento della Commissione che, per accogliere l’invito dei tre pubblici ministeri e di Priore e perché in effetti, rileggendo i documenti, emergevano coinvolgimenti gravi da parte di Stati esteri con istituzioni politiche, avevamo il dovere di percorrere tutte le strade che ci potevano portare a chiarire se avevamo stretto alleanze e amicizie con Paesi che avevano fatto ammazzare così tante persone oppure no. Abbiamo dunque convenuto sulla opportunità di servirci dell’ausilio del presidente del Consiglio D’Alema, anche se potevamo agire autonomamente e questo è il senso della lettera inviata dal presidente Pellegrino al Presidente del Consiglio del tempo con l’invito per una audizione, dal momento che certi contatti verbali erano venuti meno. Quindi, il 10 maggio 2000, cambiato il Presidente del Consiglio, scriviamo una lettera in questo senso al presidente Amato con la richiesta di un incontro informale con una delegazione ristretta della Commissione stragi, sempre allo scopo di avere chiarimenti dai due Stati esteri. Il 14 giugno 2000 il presidente Amato viene raggiunto da un altro rinnovo di questa richiesta (quante lettere abbiamo mandato alla Presidenza del Consiglio!). Il 26 giugno 2000 una delegazione della Commissione si reca dal presidente del Consiglio Amato e lui promette di interessarsi sia a voce sia con incontri diretti con il presidente Chirac sia con il presidente Clinton. Il 28 giugno 2000 avviene il deposito di un aggiornamento della relazione del 27 aprile 1999, a firma Manca, Mantica, Fragalà e Taradash. Visto, infatti, il rifiuto del giudice Priore di chiarire i nostri dubbi sulla sua sentenza, avevamo deciso che c’erano tutti i presupposti per portare alla discussione della Commissione la relazione e spiegavamo i motivi per cui in pratica ci basavamo sulle conclusioni dei tre pubblici ministeri e non tenevamo in alcun conto, costretti dagli eventi, le 5000 pagine scritte da Priore.

Il 28 settembre 2000, quindi pochi mesi or sono, è stata inviata una lettera al Presidente del Consiglio Amato con la richiesta di trasmissione degli ulteriori elementi recentemente acquisiti sul caso Ustica. Si viene a sapere poi, attraverso un comunicato stampa, che il presidente Amato aveva parlato di tale questione con il presidente Chirac in occasione di un suo viaggio a Parigi.

Il 28 settembre inoltre ha inizio il processo presso la III Corte d’assise di Roma, presieduta da Giovanni Muscarà.

Il 9 novembre vi è un'ulteriore lettera inviata al presidente del Consiglio Amato con la richiesta di trasmissione degli ulteriori elementi recentemente acquisiti sul caso Ustica.

Il 15 novembre 2000 il presidente Amato è audito presso la Commissione affari esteri del Senato per rispondere a più interrogazioni, tra le quali anche la mia, che riproponevano tutta la problematica relativa all’interessamento presso gli Stati Uniti d’America e la Francia, per non parlare della Libia le cui difficoltà si conoscono.

Ebbene, in questa occasione, con mia sorpresa e credo di tutti i colleghi, ivi incluso il senatore Mantica, il presidente del Consiglio Amato dichiara che aveva avuto una risposta scritta da parte sia del presidente Chirac sia del presidente Clinton alle sue istanze. Queste risposte dimostravano una certa comprensione rispetto alla gravità del fatto. In poche parole, era questo quello che ci veniva detto, al di là di quello che era poi scritto nella lettera. In sintesi, ci si invitava a seguire quanto stabilito dagli accordi stipulati in materia tra i due Stati (praticamente le rogatorie).

Prendo atto di questa risposta e mi dolgo del fatto che essa non sia stata data alla Commissione stragi che l’aveva proposta.

MANTICA. Il Presidente del Consiglio ha aggiunto che è meglio finanziare l’associazione delle famiglie dei caduti, affinché vadano loro negli Stati Uniti da soli...

MANCA. Sì, propone anche questa importante iniziativa, precisando che forse era il caso che le famiglie dei caduti, aiutate indirettamente dal Governo, si recassero in America come cittadini privati.

Conclusasi questa storia, ne parlo con il presidente Pellegrino nella speranza, viste le mie lamentele, che nel giro di pochi giorni giungano delle risposte.

Nel frattempo, la III Corte d’assise di Roma, il 1° dicembre accoglie le istanze dei difensori dei cinque imputati di falsa testimonianza e rileva che (nonostante la bella lettera che il giudice istruttore Priore ci aveva scritto, richiamandosi ai Lumi, a Montesquieu e a quant’altro) il giudice istruttore aveva sbagliato ad inquisire cinque imputati con il vecchio rito in quanto esistevano tutte le condizioni perché su questi ultimi si utilizzasse il nuovo rito. Quindi tutto da rifare da capo!

Dal processo vengono tolti questi cinque imputati e rimangono soltanto quattro generali. Nello stesso tempo – ho a disposizione per i colleghi tutta la documentazione – la III Corte d’assise di Roma si pronunzia sull’impossibilità di servirsi delle perizie ordinate dal giudice istruttore fuori tempo massimo, anche perché i legali della parte accusata non ne avevano preso visione.

MANTICA. Senatore Manca legga l’ordinanza di annullamento della perizia, visto che qualcuno sostiene che non è stata interpretata bene.

MANCA. Poiché non dispongo al momento del testo dell’ordinanza, che ho lasciato in ufficio, non essendo possibile procurarla ora presso gli uffici, mi riservo di presentarla successivamente. Comunque, persone anche più competenti di me sostengono che le perizie in discussione non possono essere utilizzate…

PRESIDENTE. Perché assunte dopo le conclusioni del pubblico ministero, al di fuori del contraddittorio con le difese degli imputati. Questo è il succo della decisione assunta dalla Corte d’assise, quanto ai chiarimenti integrativi forniti dai consulenti.

MANCA. A mio giudizio, e anche in base alle valutazioni di altri colleghi, tutto ciò assume una notevole rilevanza dal punto di vista politico.

La prima considerazione da fare sulla vicenda è, a mio avviso, la seguente. E’ stata la Commissione stragi a promuovere l’azione presso la NATO per acquisire la decrittazione dei codici SIF e quindi la ricostruzione dello scenario del 27 giugno 1980. E’ opportuno rilevare altresì che questa ricostruzione è avvenuta grazie alla disponibilità di personale tecnico degli Stati Uniti d’America, a riprova della continua e grande volontà di collaborare, come meglio si vedrà in seguito, degli Stati Uniti d’America.

La seconda considerazione è che il 31 luglio 1998 è avvenuto il deposito della requisitoria dei pubblici ministeri che, in sintesi, perviene alle seguenti conclusioni.

PRESIDENTE. Conosciamo le conclusioni della requisitoria dei pubblici ministeri.

MANCA. Bene, se tutti le conoscono, posso anche evitare di soffermarmici. Il 27 aprile 1999 viene depositata la relazione su Ustica, firmata dai senatori Manca e Mantica e dagli onorevoli Fragalà e Taradash. Il documento prende a riferimento, oltre a materiali disponibili in Commissione, la requisitoria dei pubblici ministeri sulla quale si era svolto un dibattito in Commissione. Il 31 agosto 1999 vi è il deposito della sentenza-ordinanza del giudice Priore, le cui conclusioni, se il Presidente lo permette, vorrei riprendere, altrimenti salterò anche questo punto.

PRESIDENTE. I tempi degli interventi in Commissione sono noti. Comunque, se siamo tutti d’accordo, il vicepresidente Manca può continuare la sua relazione. Non essendovi osservazioni, vicepresidente Manca prosegua il suo intervento.

MANCA. Quinta considerazione: nascono i dubbi sulla sentenza-ordinanza e si sente la necessità di chiarirli inviando al giudice Priore i quesiti specifici di cui abbiamo parlato.

Sesta considerazione: la rinuncia, anzi il rifiuto del dottor Priore a rispondere ai quesiti è legittima ma non opportuna, così come appaiono poco garbate le argomentazioni giuridico-culturali esposte nella lettera e soprattutto non coerenti con gli addebiti professionali mossi allo stesso giudice istruttore dalla III Corte d’assise di Roma, come si vedrà in seguito.

Accogliendo l’invito sia dei pubblici ministeri che del giudice istruttore Priore, la Commissione ha dovuto fare passi per chiarire il coinvolgimento di uno dei paesi amici chiamati in causa dallo stesso giudice Priore. E’ nata così l’idea di partecipare a tale esigenza da parte della Presidenza del Consiglio, la quale si è mossa tardi, dimenticandosi soprattutto di chi aveva proposto l’iniziativa.

Analogamente va rilevato che il presidente Amato in Commissione affari esteri non ha fatto cenno alla chiara presa di posizione del presidente Clinton sulla vicenda, che è da considerare verità e basta.

A questo punto si deve portare l’attenzione sulla questione principale e cioè sulla lettera del presidente Clinton. Ricordo che il presidente Amato in Commissione esteri aveva parlato solamente della procedura della rogatoria e non del contenuto della seguente lettera.

"Caro Giuliano,

sono stato veramente felice di incontrarTi a Washington. Io apprezzo le Tue capacità di intuito e mi auguro vivamente di continuare la nostra stretta cooperazione.

Poiché non avemmo la possibilità, nel corso della visita, di discutere il contenuto delle Tue lettere sul disastro aereo di Ustica del 1980 e sulla riforma del Consiglio di Sicurezza dell’ONU, vorrei farne oggetto di attenzione adesso.

Per quanto riguarda il disastro del DC9 Itavia, gli Stati Uniti hanno fornito assistenza alle autorità giudiziarie italiane per molti anni nello sforzo che esse hanno condotto per far luce su questo incidente. Noi abbiamo dato risposta a tutte le richieste provenienti dai magistrati italiani. Noi abbiamo anche fornito tutte le informazioni atte a fornire ogni possibile indizio sul tragico episodio dell’aereo Itavia e non siamo a conoscenza di ulteriori informazioni che possano spiegare cosa sia avvenuto". Ricordo che questa è una lettera ufficiale del Presidente degli Stati Uniti d’America.

PRESIDENTE. Senatore Manca, si avvii alla conclusione.

Lei ha riferito una serie di dati che però facevano già parte dell’informazione della Commissione e avrebbe potuto sintetizzarli in dieci minuti. Tutti abbiamo letto le lettere del presidente Clinton e del presidente Chirac e conosciamo dai giornali il contenuto dell’ordinanza della III Corte d'assise. Cerchiamo di trarre delle conclusioni ai fini del nostro lavoro.

MANCA. Signor Presidente, le vicende umane, politiche e non, sono create anche dal fatto che erroneamente si dà per scontata la conoscenza di determinate questioni.

La lettera prosegue: "Io confermo la mia convinzione che non vi sia stato alcun coinvolgimento americano di nessun tipo nel disastro del DC9 Itavia". Il presidente Clinton ha poi continuato: "La tua lettera segnala che molti punti concernenti la vicenda Ustica necessitano di chiarimenti. Se rimangono ancora questioni in sospeso, il mio suggerimento è che possono essere affrontate sulla base delle norme del Trattato di mutua assistenza legale che regola i rapporti fra i nostri due paesi. Distinti saluti, Clinton".

Dello stesso tipo è la risposta di Chirac, anche se non si spinge al punto di dichiarare che la Francia non c’entra nulla.

PRESIDENTE. Anche Chirac pone in luce che collaborazioni ulteriori potranno avvenire sulla base di rogatorie giudiziarie.

MANCA. Noi abbiamo chiesto di riunire la Commissione perché, a nostro avviso, l’andamento dibattimentale è pervenuto il 1° dicembre a una fase molto importante. Spesso ci siamo posti il problema della relazione sul caso Ustica e ci siamo chiesti se volevamo interferire con la questione dibattimentale.

Ciò che è stato dichiarato dalla Corte d’assise rappresenta motivo perché la Commissione stragi si pronunci sull’evento dal momento che noi saremmo autorizzati ad invalidare tutto ciò che ha scritto il giudice Priore e servirci di quanto è stato sostenuto nelle conclusioni dei tre pubblici ministeri che fa già parte di una relazione scritta da quattro parlamentari del Polo per le libertà, relazione in cui si compie un esame obiettivo di diversi personaggi ed istituzioni nel caso Ustica, dalla società Itavia, al RAI, al Governo, al Ministero dei trasporti, ai politici, alla magistratura e quant’altro.

Pertanto, ritengo che ci siano le condizioni perché quanto meno la Commissione stragi si esprima con un documento sulla vicenda e assuma anche una decisione esprimendo una valutazione politica sulle risposte fornite dai presidenti Chirac e soprattutto Clinton. Inoltre, la Commissione stragi dovrebbe valutare l’opportunità di avvicinare questi due paesi.

Non si può far finta di niente. Noi abbiamo quanto meno il dovere, prima della fine della legislatura, di pronunciarci su questo caso, anche perché gli eventi ci hanno fornito l’occasione per sostenere che quando abbiamo posto dei quesiti al giudice Priore l’abbiamo fatto nell’interesse della chiarezza e della linearità del dibattito. Non siamo stati ascoltati e ora la Corte d’assise si è pronunciata in un senso comune al nostro. Inoltre, la lettera scritta ufficialmente e non privatamente dal Presidente degli Stati Uniti d’America non può passare inosservata.

Oltretutto, censuro il fatto che un Presidente del Consiglio non solo non abbia ritenuto opportuno inviare queste due lettere, non appena arrivate, all’organo che le aveva richieste, ma che addirittura, in una istituzione importante come il Senato della Repubblica nella sede della 3a Commissione, non abbia riferito per intero il pensiero di un Presidente degli Stati Uniti. Per me questo è inaccettabile, così come è inaccettabile che un Presidente del Consiglio dia per acquisite alcune verità che rappresentano ipotesi di un giudice istruttore.

Invito quindi la Presidenza a fare in modo che la Commissione si esprima, nella forma che il Presidente riterrà opportuna, sugli ultimi avvenimenti, sia nell’ambito giurisdizionale che in quello politico.

MANTICA. Non so se quanto sto per dire piacerà al senatore Manca, ma credo che la Commissione stragi debba prendere atto che la soluzione del caso Ustica si sta chiudendo con una soluzione di mero carattere politico. Non so poi se piacerà ai colleghi Democratici di Sinistra, ma devo dire che l’onorevole D’Alema e il sottosegretario Brutti sono stati molto abili nel chiudere la vicenda Ustica. In primo luogo nominando Capo di Stato maggiore della difesa l’ex Capo di Stato maggiore dell’Aeronautica generale Arpino, in parte grazie anche all’audizione del generale in questa Commissione. In secondo luogo, non certamente influenzando il giudice Priore, ma al loro disegno ha contribuito una sentenza-ordinanza in cui falsamente si parla del disastro aereo di Ustica, perché con Ustica quella sentenza-ordinanza e il relativo dibattimento non hanno nulla a che fare in quanto non sono imputati i responsabili della strage di Ustica, né chi ha messo la bomba, né chi ha sparato il missile, né chi ha condotto il missile vicino all’aereo, ma sono state rinviate a giudizio nove persone accusate di avere più o meno depistato le indagini.

Il comportamento del presidente del Consiglio Amato è assolutamente in linea con questo modo di procedere in quanto in una Commissione parlamentare ha ritenuto di sostenere quella parte di verità che meglio coincideva con l’operazione politica attualmente in corso. Credo che questo sia il quadro.

Del processo di Ustica in corso non so cosa possa soddisfare l’opinione pubblica, in quanto non arriveremo ad alcuna verità sulla strage. Ritengo però che la Commissione stragi - come peraltro più membri della stessa Commissione stanno sostenendo – si trovi di fronte al fatto che sostanzialmente su alcuni gravi episodi del nostro passato la verità non interessa a nessuno, ma interessa sistemare le cose. Questa operazione è in corso.

Non so quanti altri condividano questa impostazione, ma ritengo che vadano almeno espresse due valutazioni. Innanzitutto, il presidente del Consiglio Amato si è dimostrato sensibile sulla vicenda Ustica – e non solo su questo episodio – già da molti anni a questa parte, perlomeno dalla seconda metà degli anni ’80 in poi; noi abbiamo sollecitato le lettere, ci siamo recati da lui per ottenerle. Il Presidente del Consiglio ha ritenuto di rispondere in sede di Commissione esteri del Senato, Commissione nella quale, francamente, tre quarti dei membri non sapevano nemmeno di cosa si stava parlando, eccetto la senatrice Bonfietti che ne fa parte, e il senatore Manca ed il sottoscritto, chiamati per l’occasione anche se non siamo membri di quella Commissione. Pertanto, l’unica che conosceva ciò di cui stavamo discutendo era la senatrice Bonfietti.

Credo che tutti questi dati vadano perlomeno stigmatizzati dalla Presidenza della Commissione stragi perché non mi sembra corretto che la nostra Commissione sia trattata in questo modo. Ribadisco che evidentemente il nostro desiderio di verità cozza con alcune posizioni politiche.

Ho poi riletto il verbale di quella seduta della Commissione esteri che è a disposizione di tutti i colleghi. Ritengo che se una persona qualunque, peggio ancora il Presidente del Consiglio, riferisce di una corrispondenza intervenuta con il Presidente USA, se lo fa, debba farlo per intero. Se non avesse fatto riferimento alla corrispondenza, avrebbe potuto riferire quanto si era detto con il presidente Clinton nel corso di un loro incontro e, essendo solo loro due presenti, nessuno avrebbe potuto avanzare obiezioni su quello che si erano detti. Ma esisteva una lettera ufficiale e devo dare per scontato che il Presidente del Consiglio non poteva non sapere che prima o poi, essendo questo un Paese dove i segreti sono sempre gestiti in maniera pubblica, questa lettera sarebbe uscita dalla Presidenza del Consiglio. Credo sia scorretto citare personaggi molto importanti - si tratta pur sempre del Presidente degli Stati Uniti d’America - non leggendo e non precisando qual era il tono della corrispondenza. A mio giudizio, ha falsato il dibattito in Commissione.

Devo dire che – non credo di riferire nulla di segreto – uno dei membri della Commissione affari esteri che aveva partecipato a quella riunione, persona che ha una qualche esperienza nei rapporti internazionali – mi riferisco al senatore Giulio Andreotti - quando ha visto questa lettera, è rimasto sorpreso dal comportamento istituzionale, data la importanza delle affermazioni di Clinton.

Pertanto, credo che questa sia una posizione che la Commissione deve assumere. Non so se sia vero o meno, se Clinton sia reticente come qualcuno ha detto, tuttavia si tratta pur sempre del Presidente degli Stati Uniti che risponde al Presidente del Consiglio in merito ad un argomento sul quale era stato da noi sollecitato. Prendo atto di ciò. Se poi adesso arriviamo a dire che tutto quello che è scritto è a priori falso quando non ci va bene, è una opinione. Non credo si possa continuare in questo modo, altrimenti anche i documenti che raccogliamo, quando non ci vanno bene, sono a priori falsi e, quindi, non dobbiamo fare questo lavoro.

Vorrei fare la seconda osservazione nei riguardi del giudice Priore. Il giudice Priore frequenta la Commissione stragi, ne è stato consulente, viene in questa sede e parla, discute, esprime pareri e opinioni. Ho già detto una volta che, se fa il giudice, deve svolgere tale lavoro. La Commissione stragi non è frequentabile dai giudici – secondo me – soprattutto quando affrontano dibattimenti che riguardano argomenti oggetto della Commissione stragi. Né mi si venga a dire che il giudice Priore viene in questa Commissione per un suo approfondimento personale, in quanto interessato in linea generale ai problemi dello stragismo italiano. Il giudice Priore ha un incarico istituzionale: è il giudice istruttore in un processo di grande rilevanza. Inoltre, credo che forse quella sua lettera – all’epoca l’abbiamo digerita in maniera anche un po’ ironica, affermando che il giudice Priore è uno strano tipo – gli debba essere rimandata in maniera pesante. Non si può, infatti, ergere a professore di nulla una persona che viene considerata, al primo atto, dai suoi colleghi della III Corte d’assise censurabile sul piano della procedura. Quindi, credo che la Presidenza debba dare una risposta a quella lettera del giudice Priore, rimandando al noto professore di diritto quanto gli va restituito; per lo meno insegni la materia nelle aule giudiziarie. Peraltro – a mio giudizio – quella sentenza-ordinanza è politica e non si tratta dell’ordinanza di un giudice.

PRESIDENTE. Senatore Mantica, non abusiamo della nostra insindacabilità.

MANTICA. Signor Presidente, non ne approfitto, ma questo signore ha insultato la Commissione. Ripeto che abbiamo accettato, con grande ironia, quella lettera come fatto caratteriale del signore, ma oggi credo che gli si debba rispondere. Direi di chiudere qui la vicenda del giudice Priore. Chiedo, in primo luogo, che tale signore non frequenti più gli uffici di Palazzo San Macuto per i suoi studi personali. Pensi invece a fare il giudice e, quando scrive i capi di imputazione, veda di renderli sostenibili in dibattimento.

BIELLI. Vorrei provare a mettere in ordine le questioni poste e anche a vedere se su alcune di esse si possa fare chiarezza.

Parto dalla questione che mi è meno congeniale e spero che i colleghi mi possano poi aiutare in relazione alle questioni su cui non sarò preciso al fine di chiarirle in modo migliore. Chiedo anche al Presidente, al limite, di darmi successivamente qualche ulteriore chiarimento.

Che cos’è accaduto nella III Corte d’assise di Roma? E’ bene che in questa sede diciamo le cose come stanno perché, per quanto ho capito, le cose non stanno come sono state poste dai senatori Manca e Mantica. Per i nove imputati, si sono verificate due situazioni diverse: vi è stata una separazione tra i nove imputati; divisi tra loro in due "fasce" una di quattro e l’altra di cinque imputati. In ragione di che cosa? In ragione del fatto che nell’indagine ci sono, rispetto agli imputati, indagini fatte in tempi diversi ed il giudice Priore ha utilizzato, rispetto ai tempi diversi, il cosiddetto rito che vi era prima, che non faceva riferimento al giusto processo (commenti del senatore Mantica). La III Corte d'assise non ha fatto obiezioni per quanto riguarda i capi di imputazione dei nove. L’unica cosa che viene fuori è che non viene attaccato l’impianto accusatorio (commenti del senatore Manca)… È importante quanto ho detto perché in tal modo mettiamo le questioni in fila, facciamo chiarezza.

Voi non avete detto assolutamente che c’è stato un cambiamento rispetto ai capi di imputazione. Rimangono tutti e nove indagati per il reato che il giudice Priore aveva indicato. Mi sembra che l’abbiate ammesso e, per quanto mi riguarda, va benissimo. Allora cosa ha detto la III Corte d'assise? Dice che si può procedere per i quattro con quella che era la norma precedente; per gli altri cinque con il giusto processo.

Qualcuno dice che non è poco. Io dico che non mi pare sicuramente rilevante, nel senso che le cose proseguono e vanno avanti. Da questo punto di vista si possono fare eccezioni e critiche. Tuttavia, il dato, se si parla di dato politico, è quello a cui ho fatto poc’anzi riferimento. Quindi, da questo punto di vista questo è lo stato dell’arte, nel senso che le ipotesi di reato risultano tutte confermate. Nel merito c’è anche la questione a cui ha fatto riferimento il senatore Manca. La Corte non ha accettato due ulteriori perizie.

MANCA. Due letture di perizie.

BIELLI. …due ulteriori riletture di perizie, considerandole fuori tempo, che non erano altro se non il tentativo di aggiungere ulteriori elementi rispetto al capo di imputazione che era stato presentato. In sostanza, era un di più che portava il giudice Priore in relazione al processo…

La cosa certa è che sono sparite o fatte sparire carte, tagliate dai registri dei vari siti radar.

MANTICA. Vorrei ricordare lo stupore della Commissione in merito alla sentenza-ordinanza di Priore rispetto a quello che avevamo sentito affermare dai tre pubblici ministeri…

BIELLI. Adesso stiamo parlando non di quello che è accaduto in Commissione ma di ciò che è avvenuto al processo su Ustica. Non sono stati accettati questi ulteriori contributi volti a rendere più forte, a fare in modo che avesse un’incidenza superiore la posizione già assunta. Questo è lo stato dei fatti. (Commenti del senatore Manca). Senatore Manca, concludo.

Se vogliamo – come è stato fatto dal senatore Mantica – incominciare a dire che la questione è politica, potete farlo tranquillamente. Per quanto mi riguarda, questi sono i dati; se poi vogliono essere strumentalizzati dal punto di vista politico, sappiamo bene che in questo campo si può fare tutto.

Il senatore Mantica e il senatore Manca hanno affermato con forza che tale questione oramai ha assunto un carattere politico e che siamo di fronte ad un fatto straordinario: Brutti, D’Alema, Arpino e Priore accomunati per una congiura…

MANTICA. No, questo non è stato detto, anzi io ho dato atto all’onorevole D’Alema e all’onorevole Brutti di avere avviato a conclusione la vicenda di Ustica con grande capacità politica. Voglio precisare, quindi, che ho rivolto un complimento al Presidente del Consiglio e al Sottosegretario di Stato dell’epoca.

BIELLI. Lei, senatore Mantica, ha affermato che «la verità non interessa nessuno, ma interessa sistemare le cose». Questo è quanto ha affermato; se poi ora dice che non è vero, ne sono molto contento.

MANTICA. Questo è vero!

BIELLI. Allora, se ha fatto questa affermazione, quanto ho detto poc’anzi è del tutto vero. Aggiungo che lei ha anche precisato che «c’è chi vuol sistemare le cose». Per quanto mi riguarda, non parlo ovviamente per altri, le assicuro – e l’ho dimostrato – che non mi interessa assolutamente sistemare le cose; forse, può interessare altri.

MANTICA. Sono contento!

BIELLI. Anch’io, molto!

Per quanto riguarda i rapporti tra i Presidenti del Consiglio e gli Alleati, credo si tratti di una questione delicata ed importante e ho già avuto modo di dire che non sono soltanto interessato a far sì che sia chiaro il tipo di rapporto stabilito, ma anche ad avere ulteriori elementi per capire cosa è realmente accaduto nei cieli di Ustica: sarebbe un fatto positivo per l’accertamento - appunto - di quella verità che non riusciamo a scoprire.

Da tale punto di vista, ritengo si tratti di una questione che merita attenzione in riferimento alle esigenze di verità che tutti dite di volere.

Mi sono letto, al pari vostro, le lettere del presidente Clinton e del presidente Chirac e mi sento anch’io di muovere una critica al presidente Amato per il fatto che sarebbe stato utile e positivo informare di tali lettere la Commissione stragi: sarebbe stato un fatto normale e dovuto e, come tale, credo sarebbe stato opportuno che le avessimo avute in tempo reale.

A questo punto, ritengo sia stato commesso un errore, ma mi è anche parso che il presidente Amato lo abbia riconosciuto (commenti del senatore Mantica). In ogni caso, se non l’ha riconosciuto, continuo a ritenere che sia stato un errore.

Da questo punto di vista, ritengo che un’attenzione nei confronti di codesta Commissione sarebbe stato un fatto positivo e, quindi, mi rammarico di come sono andate le cose.

Nel merito delle lettere, do una lettura un po’ diversa rispetto a quella dei due colleghi che mi hanno preceduto, innanzi tutto perché quella a firma di Chirac, in modo molto chiaro e netto, afferma che bisogna andare avanti con le rogatorie internazionali. Anch’io dico di insistere con le rogatorie.

La lettera di Clinton è diversa, perché c’è una premessa di un certo tipo in cui fa alcune affermazioni e poi c’è un passaggio, che va letto fino in fondo, in cui dice: «La tua lettera segnala che molti punti concernenti la vicenda Ustica necessitano di chiarimenti». Se necessitano di chiarimenti, quanto detto in precedenza deve essere considerato come qualcosa su cui bisogna ancora indagare; dice, poi, che per quanto riguarda i chiarimenti si può agire sulla base delle norme del trattato di mutua assistenza legale che regola i rapporti tra i due Stati. Allora, andiamo avanti per avere il massimo di informazione, avendo la consapevolezza che le lettere, per quanto mi riguarda (non voglio chiamare in causa altri) ci richiamano la necessità di insistere per ottenere ulteriori informazioni, senza le quali credo che anche sulla vicenda di Ustica non riusciremo a compiere passi in avanti.

GRIMALDI. Signor Presidente, vorrei innanzi tutto cercare di sdrammatizzare questo ulteriore proseguimento della vicenda, partendo dalla lettera di Clinton e dalla posizione di Amato.

Se vogliamo contestare al Presidente del Consiglio di non aver informato la Commissione stragi, possiamo anche farlo, però penso che se avesse voluto tenere nascoste tali lettere non ne avrebbe parlato al Senato; se lo ha fatto, evidentemente ha pensato che rivolgendosi alla 3a Commissione del Senato avrebbe esaurito la questione. Non mi sembra un fatto grave. La realtà è che i comandi NATO avrebbero dovuto fornire più notizie. Molte volte ciò sfugge anche alla conoscenza dei Presidenti; d’altra parte immaginare che il Presidente degli Stati Uniti, il Presidente della Repubblica francese, diano in una lettera informazioni su quello che può essere a loro conoscenza (ammesso che conoscano la verità) è molto ingenuo.

Ecco perché anche quelle lettere sono evasive ed io le leggo in questo senso.

MANCA. Lei sta dimostrando di non conoscere il caso. Anzi, hanno dimostrato anche troppa diligenza, rispondendo alle rogatorie così come andava fatto. Se lei vuole una risposta x e ne riceve una y, poi non gli dà retta!

GRIMALDI. Io non devo conoscere il caso: sono 5000 pagine! In questo momento faccio un altro mestiere e non il giudice istruttore. Ora sto facendo una valutazione politica e non voglio scendere nel dettaglio della questione; se dovessi farlo, mi dovrei studiare tutto il caso.

Sono abituato, proprio per formazione e per il lavoro che ho svolto fino a poco tempo fa, a non parlare mai delle questioni che non conosco nel dettaglio. Sto dando solo una valutazione politica.

MANCA. Che c’entra la NATO? Lei dimostra di non conoscere i fatti!

GRIMALDI. Lei, allora, afferma che Clinton è stato esauriente su tale questione?

MANCA. Sì.

GRIMALDI. Se lei ritiene questo, se si contenta di questo, per lei va bene! Mi sembra, però, che tutti gli atti diano una indicazione diversa in questo senso.

Per quanto riguarda Priore e la Corte d'assise, mi sembra che bisognerebbe leggere l’ordinanza: io non l’ho letta e non mi posso pronunciare nel merito, però questo è un vizio di forma. Le cronache giudiziarie sono pienissime di questi fatti e lo si può chiedere all’onorevole Fragalà, che è un ottimo avvocato.

MANTICA. Nessun giudice si è permesso di insegnare il diritto agli altri!

GRIMALDI. Lasci stare la lettera di Priore. Se mi seguite con calma, forse riusciamo ad intenderci, perché stiamo dicendo le stesse cose. Convengo sul fatto che Priore abbia risposto in modo pedagogico; poteva rispondere in modo più semplice dicendo che come giudice istruttore non poteva rendere testimonianza perché la legge glielo vieta. Questa cosa, d’altra parte, l’avevo preannunciata io stesso, che come giudice istruttore non poteva rendere testimonianza, perché la legge lo vieta.

MANCA. Non è vero, ci sono testimonianze diverse.

GRIMALDI. Senatore Manca, un qualsiasi giudice istruttore avrebbe risposto in questo modo. Potrebbe chiederlo all’onorevole Fragalà, senatore Manca, semmai un giudice istruttore avrebbe potuto rispondere e testimoniare in qualsiasi altra Commissione. Non è ammissibile. Ma il punto è adesso un altro. Che cosa possiamo fare in questo momento? Il procedimento va comunque avanti, sia pure con alcuni vizi di forma, con imputazioni riguardanti generali dell’Aeronautica. È questa la vera essenza del processo: le cause vere della tragedia di Ustica sono rimaste ancora nella nebbia, la requisitoria dei pubblici ministeri e la sentenza-ordinanza del giudice Priore non hanno fatto chiarezza, ma contengono solo un rinvio per quanto riguarda il depistaggio dell’Aeronautica. La Commissione stragi si era proposta di verificare se c’erano stati questi depistaggi, quindi responsabilità non di carattere giudiziario, poiché di queste se ne occupa la magistratura, ma di carattere politico, se non c’erano stati i necessari appoggi per scoprire la verità. Tutto questo non è emerso dalle lettere di Clinton e di Chirac, nonostante tutti gli sforzi della nostra Commissione. E’ inutile che mettiamo sotto accusa una Corte d’assise o tutta l’attività di un giudice istruttore. Proprio parlando con il senatore Manca, affermai che tutte le perizie sarebbero state poi fatte a pezzi una volta sottoposte al vaglio della Corte, come infatti sta avvenendo. Drammatizzare su quello che è avvenuto e porre il caso di Ustica al centro solo perché c’è stato un annullamento di una parte dell’ordinanza del giudice Priore e perché sono pervenute le due lettere di Clinton e Chirac, rappresenta ben poca cosa per immaginare che ci sia stata una svolta per avvicinarsi alla verità. L’unica verità è che c’è un mistero enorme, che alcuni aerei in quel momento si muovevano nel cielo di Ustica e che quegli aerei non sono stati identificati.

MANCA. Lei non conosce il caso e sta compiendo lo stesso errore di altri.

PRESIDENTE. Il mio pensiero è opposto a quello del senatore Mantica. Il guaio del nostro paese non è che nessuno ha interesse alla verità, ma che troppi hanno interesse a verità precostituite. Nel momento in cui i risultati della ricerca della verità non corrispondono alle aspettative o si chiudono gli occhi o si assumono atteggiamenti polemici. Nei confronti della ricerca della verità, bisognerebbe invece muoversi con un atteggiamento di rispetto, sapendo che spesso non si ha successo, che spesso rimangono irrisolti alcuni problemi, che non si raggiungono talune verità. Quando si ritiene di aver raggiunto la verità, questa è sempre relativa perché con il tempo è possibile che nuovi elementi portino a riconsiderare le vicende e a darne spiegazioni diverse. Come tutti i colleghi apprezzammo, sotto questo profilo, la requisitoria dei pubblici ministeri che, dopo un'indagine che aveva languito a lungo e che era stata ripresa, per merito o demerito, a seconda dei punti di vista, di questa Commissione – secondo me, per merito –, dopo un enorme sforzo indagativo, dopo notevolissime spese per ripescare il relitto, con una prima e con una seconda campagna di recupero, con moltissime perizie, alla fine i pubblici ministeri affermarono con onestà che non sapevano dire che cosa era successo, nè se l’aereo si era collassato per effetto di un’esplosione interna, nè se era caduto per un fatto aeronautico. I pubblici ministeri escludevano che l’aereo fosse stato attinto da un missile, ma lasciavano in piedi la possibilità che si fosse collassato per effetto di una esplosione ravvicinata o per la turbolenza determinata da aerei che lo sfioravano. Questa è l’impressione che io ho avuto leggendo la requisitoria. Ciò malgrado, formularono le accuse di attentato contro organi costituzionali, che lasciavano in piedi l’ipotesi se l’aver taciuto al Governo informazioni importanti fosse stato dettato, per i vertici dell’Aeronautica, dal desiderio di coprire ciò che era successo o soltanto di coprire ciò che si supponeva fosse successo, ma che invece successo non era. A questo punto, ci muovemmo e per una nostra iniziativa – ha ragione il senatore Manca – arrivarono i codici NATO che consentirono una lettura ulteriore dei tracciati radar; i periti vengono richiamati per chiarimenti e arriva l’ordinanza del giudice Priore. L’errore che in parecchi, in parte anch’io, abbiamo commesso è il seguente. Prima di aver letto con attenzione le cinquemila pagine dell’ordinanza del giudice Priore, abbiamo proclamato urbi et orbi che la verità era stata raggiunta. Bastava invece leggere con attenzione, anche se era necessario molto tempo, le cinquemila pagine per sapere che non era affatto vero. Infatti, l’ordinanza di Priore, quanto allo scenario del duello aereo, ragiona sulla base degli ultimi rapporti dei consulenti radaristici in funzione del cosiddetto albero della probabilità. Non dice affatto che è certo che ci sia stato il duello aereo; ma che, date tutte quelle tracce, diventava improbabile che nell’aereo fosse esplosa una bomba, mentre c’era un aereo che lo seguiva da sotto e due aerei che lo intercettavano di lato, salvo non voler ritenere che quello fosse l’aereo più sfortunato dell’universo mondo. Nell’ordinanza del giudice Priore (utilissima per il lavoro della Commissione, per molti elementi, per la descrizione dello scenario di quegli anni, per i problemi dei rapporti con la Libia) c’è un aspetto che riflette la confusione esistente nel paese; e quando non si raggiunge un risultato sperato, si dura fatica a riconoscere che non ce l’abbiamo fatta; e deve essere sempre colpa di qualcun altro. In quella ordinanza ci sono richiami di collaborazioni pienamente non ottenute, che potevano anche lasciar presupporre che queste collaborazioni non fossero venute da parte degli Stati Uniti o della Francia o di altri paesi, ma, soprattutto, c’era uno stranissimo rilancio alla Commissione, che ho sempre reputato singolare, perché non riuscivo a capire che cosa potesse fare la Commissione per arrivare laddove non erano arrivati i magistrati, con tutto l’impegno che era stato messo in quell’indagine. Per questi motivi, dissi di attendere il dibattimento e continuo a pensare che se attendessimo con pazienza gli esiti del dibattimento faremmo la cosa migliore. Come era fin troppo facilmente prevedibile, quella sentenza-ordinanza è stata bombardata da un fuoco incrociato di eccezioni di nullità che hanno cercato di demolirla per intero. Addirittura, si è posto il problema se Priore potesse fare il giudice istruttore, vuoi perché aveva fatto il consulente della Commissione, vuoi perché si era messo in dubbio che lui fosse nelle tabelle che lo assegnavano all’ufficio istruzione. Gli avvocati hanno fatto il loro mestiere, sia quelli degli imputati, sia quelli della parte civile; i pubblici ministeri hanno fatto il loro ed alla fine la Corte ha deciso. Ha respinto buona parte delle eccezioni di nullità e ne ha accolte poche. Ha espunto dal processo la posizione di quattro imputati che avrebbero commesso la falsa testimonianza quando già il nuovo rito era stato introdotto; e per quello che riguarda il supplemento di perizia a chiarimenti, ha detto che vi sono motivi processuali per cui quel pezzo d’istruttoria non è utilizzabile.

Questo però per noi significa innanzitutto che potremmo continuare ad utilizzarla. Se io fossi convinto che quel supplemento di perizia dimostra per certo che c'è stato un duello aereo, affermerei che dovremmo fare il nostro mestiere e direi che non ce ne importa nulla dell'esito giudiziario, perché per noi quel duello c'è stato. Se poi fossi convinto di quel duello, poiché mi sembrerebbe molto improbabile che in quel punto del Mediterraneo un simile duello non impegnasse forze NATO, sospetterei di reticenza i presidenti Clinton e Chirac. Ma siccome quel supplemento di perizia apre uno scenario probabilistico e non di certezza, non mi sento di dirlo, né mi sento di dire che la Commissione debba fare proprio il supplemento di consulenza ai fini delle proprie conclusioni anche perché prevedo che i periti saranno chiamati dalla Corte al chiarimento, potranno dire le stesse cose, ma questa volta sotto il fuoco incrociato, della difesa di parte civile, del pubblico ministero, delle difese e dei consulenti di parte.

Attendiamo l'esito del dibattimento. Sarà molto interessante sapere cosa faranno le difese degli imputati quando agli inizi del 2002 scatterà la prescrizione anche per il reato di attentato contro organi costituzionali. La accetteranno? Chiederanno che il dibattimento vada avanti lo stesso? Non lo possiamo sapere. Nel momento in cui tenessero un atteggiamento di questo genere, forse il mio giudizio sul comportamento dell'Aeronautica cambierebbe, spingendomi a pensare che non c'è stato attentato contro organi costituzionali, magari manchevolezze varie, conti che non tornavano, documenti che per altri motivi amministrativi era il caso di non esibire. Però noi siamo un Paese in cui continuiamo a fare confusione. Perché se c'è un organo parlamentare che è dotato del potere d'inchiesta, la vicenda di Ustica viene esaminata da un'ordinaria Commissione parlamentare che ha soli poteri d'indagine conoscitiva? Quello non è stato un momento di disordine dell'attività parlamentare?

Viste le lettere di Chirac e le risposte che il Presidente del Consiglio ha dato alla Commissione, se la Commissione decidesse di sentire lo stesso Presidente, non mi opporrei, perché secondo me i chiarimenti devono essere forniti in questa sede e non in Commissione esteri. Questo innanzitutto sia perché la nostra è una Commissione i cui membri sono più preparati o meno impreparati ad affrontare un problema così complesso, sia perché noi oggi abbiamo, grazie alla Presidenza del Consiglio, un dato documentale - quelle lettere - di cui la Commissione esteri non disponeva. Quelle lettere però sbarrano un'altra volta la strada ad iniziative della Commissione, perché su un punto sono fermi sia Clinton sia Chirac. Clinton dice che per ciò che pensa lui, non crede che gli Stati Uniti siano stati coinvolti. Non lo dice, però, in termini di certezza assoluta. D'altronde secondo me è un po' ingenuo pensare che il Presidente del Consiglio o il Presidente degli Stati Uniti sappiano tutto quello che i loro Paesi hanno fatto nel corso della loro storia. Chissà di quante cose che vengono fatte oggi da parte dell'amministrazione americana il Presidente di quel Paese non sa nulla.

Ripeto, su un punto i due Presidenti sono fermi, ossia che sono disponibili a collaborare, nei limiti della cooperazione giudiziaria. Quindi, ancora una volta deve essere la Corte di assise a decidere quali chiarimenti ulteriori si potrebbero avere. Per ciò che ci riguarda, l’ordinanza di Priore non dà indicazioni precise; l’ho letta diverse volte e non sono riuscito a capire cosa, come Commissione, potremmo concretamente fare.

A questo punto, se c'è accordo nella Commissione, potremmo trasmettere il verbale di questa riunione al Presidente del Consiglio e comunicargli che la Commissione avrebbe interesse a sentirlo, visto che questa è una Commissione d'inchiesta che si occupa di Ustica, una vicenda su cui la Commissione esteri ha esercitato soltanto il normale potere di indagine conoscitiva.

Senatore Mantica, come faccio ad impedire al cittadino Rosario Priore di accedere alla Commissione…

MANTICA. Non è un cittadino, ma un giudice!

PRESIDENTE. E' anche cittadino ed è vanto della nostra Commissione aver reso conoscibile al paese tutta la documentazione di cui disponiamo, salvo quella coperta da segreto.

Priore ha interessi intellettuali, si occupa di Moro, di Mitrokhin. E' fermamente convinto che se i suoi colleghi della Procura romana utilizzassero meglio le carte di Mitrokhin moltissimi misteri d'Italia potrebbero essere chiariti; ha sue idee su piazza Fontana, che non collimano con le ipotesi accusatorie in corso a Milano; è convinto di sapere chi era il proprietario del palazzo di piazza Cavour nel quale Piperno e Moretti si incontrarono dopo l'omicidio Moro; è convinto che se potesse avere le carte di alcuni partiti politici, allora di area di Governo e non di opposizione e non di centro, per chiarirci, molti aspetti dell'area della contiguità con le BR potrebbero essere chiariti. Sono delle idee, delle quali non condivido l'80 per cento. Non escludo però, che quelle idee siano per l'80 per cento fondate e che siano invece per l'80 per cento sbagliate le mie.

Il tono della lettera di Priore era forse un po’ saccente, ma nel merito egli aveva ragione. A parte che esercitava una sua facoltà, perché noi possiamo audire magistrati solo in sede di libera audizione, non possiamo costringere un magistrato a venire. Lui poi precedentemente era venuto da noi, proprio per una cooperazione con la Commissione. In più ci aveva costantemente aggiornato durante lo svolgimento delle indagini che stava conducendo. Egli ci ha detto che oramai aveva concluso e che il suo lavoro era in quel momento al giudizio di un altro giudice e cioè del giudice del dibattimento. Abbiamo visto che non ha superato a pieni voti il giudizio, perché almeno per due profili il giudice del dibattimento lo ha contestato. In quella fase egli non si sentiva di venire e di spiegare, affermando che una volta che il dibattimento si fosse concluso, sarebbe stato disponibile.

Era superfluo ricordarmi l'aneddoto del mugnaio di Potsdam o di Sans Souci, perché esso è scritto in molte prefazioni di manuali sulla giustizia amministrativa.

A me è sembrata una lettera corretta, quindi cosa dovevo rispondergli? A voce gli ho detto che non c'era certo bisogno che mi citasse il mugnaio di Potsdam, ma gli ho riconosciuto che in quella fase si stava avvalendo della facoltà di non essere sentito dalla Commissione.

L'unica cosa che mi sembra utile è la richiesta al Presidente del Consiglio di venire qui in Commissione a chiarire questi aspetti, sia sugli Stati Uniti sia più in generale. Quando l'andammo a trovare a Palazzo Chigi ci disse che era convinto che l'Aeronautica l'avesse imbrogliato. Forse ci potrebbe spiegare meglio perché.

Se voi, colleghi del Polo, volete discutere la vostra relazione, non posso oppormi, è un diritto. La metto all'ordine del giorno e ne discutiamo nella prima seduta di gennaio, ma visto che abbiamo detto ai consulenti di realizzare questo abstract non potremmo, nel tentativo di arrivare ad una relazione condivisa, scrivere venti, trenta o quaranta cartelle, più o meno nella logica, sempre che io vi abbia convinto, di ciò che sto dicendo? Ossia, che è una questione nella quale bisogna dare atto che, malgrado lo sforzo che si è fatto, c'è ancora un punto interrogativo affidato al giudice del dibattimento il quale, nella migliore delle ipotesi, non ci saprà dire cosa è successo quella sera su Ustica.

D'altronde, questa è la verità, peraltro negativa. Anche se i giudici del dibattimento ci diranno che è estremamente probabile che c'è stato un duello aereo e i generali che se ne sono accorti non l'hanno detto e hanno commesso per questo attentato contro organi costituzionali, di chi erano gli aerei? A leggere le carte di Priore, non si riesce nemmeno a capire quanti fossero gli aerei che portano l'attacco. Ho letto la documentazione e non sono riuscito a farmi un'idea precisa. Di quale nazionalità erano? Per chi attaccavano? Di quale nazionalità era l'aereo che stava sotto il DC9? Ho visto che i difensori di un generale hanno rilanciato l'ipotesi dell'uranio trasportato dal DC9, che però avrebbe implicato più la bomba, secondo quel difensore, che l'ipotesi del duello aereo. Ma se trasportava un carico preziosissimo, che doveva finire in Iraq, potrebbe diventare credibile che lo volevano abbattere. Oppure, l'uranio lo poteva trasportare l'aereo che stava sotto il DC9. Navighiamo in terreni di assoluta incertezza. Il rispetto dovuto per la verità ci dovrebbe portare a riconoscere questo, ma ciò a molti non piace. Voglio ricordare anche l’importanza delle carte di Cogliandro. In realtà noi non abbiamo la certezza che vi sia stato un duello aereo, ma abbiamo la certezza che subito dopo il disastro, questo convincimento rapidamente si diffonde. Voi, colleghi del Polo, lo avete detto anche nella vostra relazione e vi siete chiesti perché questo succede. Però, mentre oggi non riusciamo ad essere certi che quello sia stato lo scenario, è certo, dalle carte che abbiamo, che questo "tam tam" del duello parte proprio nell’immediatezza del disastro e i rapporti Cogliandro sono di pochissimi giorni dopo il disastro. Possiamo provare a fare un abstract della vostra relazione e vedere se ci troviamo d’accordo nella direzione che ho indicato oppure se vogliamo ascoltare Amato e poi decidere. Non vedo altre strade.

MANTICA. Vorrei replicare: non sono entrato nel merito e non voglio farlo. Ho posto all’attenzione della Commissione il problema dei rapporti della Commissione stessa con gli organi istituzionali con i quali di volta in volta viene in contatto. Se vogliamo ascoltare il presidente Amato, non ho nulla in contrario, però credo che dovremmo fargli sapere che questa Commissione non è offesa – se si può usare questa espressione – solo per il fatto che ha risposto alla Commissione esteri. Mi dispiace che i colleghi Belli e Grimaldi non abbiano sottolineato che io in realtà chiedo al Presidente del Consiglio che, quando in un’Aula parlamentare, per rispondere a determinati quesiti, cita documenti, è tenuto a farlo per quello che valgono; il Presidente del Consiglio alla Commissione esteri ha comunicato solo le ultime quattro righe delle due lettere dando così una informazione errata. Nemmeno quando, rispetto a questo missile, ci troviamo di fronte ad organi istituzionali che dovrebbero rispondere in maniera completa, qualunque sia il tipo di risposta, ci troviamo di fronte a simili forme di reticenza. Se la lettera di Clinton sia scorretta o giusta non mi interessa, quello che mi interessa è che il Presidente del Consiglio, quando va in un’Aula parlamentare, riferisce tutta la lettera di Clinton, dopodiché ognuno può esprimere il suo giudizio.

Vuol venire in Commissione? Se viene a leggere la lettera di Clinton, dobbiamo informarlo che l’abbiamo già letta. O ha qualche altro argomento, oppure con una lettera la Presidenza manifesti questo stato di disagio. Se poi vuole venire qui a parlare, saremo lieti di ascoltarlo.

Per quanto riguarda il giudice Priore, capisco la risposta del Presidente. Anche in questo caso, sulla lettera di Priore e sul tono della stessa, non entro nel merito. Mi pare che il collega Grimaldi abbia detto una cosa correttissima: bastava dire in maniera burocratica e formale che non poteva rispondere in quanto era in corso il dibattimento. Non avrei sollevato in quel caso il problema Priore. Lo faccio per il modo in cui ha risposto a questa Commissione e, approfittando di questa circostanza, anche per dirgli che sostanzialmente proprio lui nella sua sentenza-ordinanza in qualche modo ha coinvolto la nostra Commissione, tanto che in un Ufficio di Presidenza abbiamo anche discusso sul suo appello, se la Commissione doveva accoglierlo, se aveva un senso. Priore a mio parere non si è comportato istituzionalmente come credo debba fare, cioè come giudice istruttore ed è questo che ho censurato. Ho aggiunto – e continuerò a dirlo – che ho delineato un quadro politico e non ho affatto inteso sminuire una necessità politica di togliere, come dire, dal fuoco la vicenda di Ustica. Quando mi sono riferito alla nomina del generale Arpino a Capo di Stato Maggiore della difesa come azione di sanatoria di una frattura con l’Aeronautica, ho detto che era stata abilmente chiusa una situazione dal punto di vista politico. La sentenza-ordinanza di Priore risente a mio parere di questo clima di sanatoria politica, ho la sensazione che non si vada a cercare la verità sulla bomba o sul missile o su un aereo che passava vicino. Torno a dire che in questo contesto condanno il comportamento del giudice Priore.

Per quanto riguarda i consulenti vorrei far presente un’esigenza che sto avvertendo anche rispetto ad altri casi. Abbiamo consulenti che svolgono molte attività, che fanno i giornalisti, oppure i consulenti della procura di Brescia, che frequentano i nostri archivi, che operano sulla stampa intervenendo per dire questo è vero, questo no. Allora anche in questo caso, se ci sarà mai una Commissione analoga alla nostra nella prossima legislatura, possiamo lasciar detto qualcosa. Così come procediamo noi, tutti si presentano come liberi cittadini e, secondo questo ragionamento del Presidente, tutti possono venire qui per consultare i nostri archivi; c’è chi studia, chi è appassionato del caso Moro, qualcuno che ha da dire qualcosa al giudice Salvini. Inoltre, signor Presidente, lei ha descritto la figura di un Priore vicino all’estrema destra: non mi interessa questo discorso, non gliel’ho mai chiesto, non mi interessa quello che pensa, faccia il giudice istruttore su Ustica. Per i liberi cittadini ci sono tante biblioteche, ci sono gli archivi delle procure, non capisco perché si debbano usare, al di là dei consulenti, gli archivi della Commissione per diletto personale. Penso inoltre che non si tratti completamente di diletto personale, visto che poi qualcuno svolge rapporti di altro tipo. Penso che il regolamento della nostra Commissione non dovrebbe consentire a chiunque di accedere agli archivi.

FRAGALA’. Sono completamente d’accordo con l’orientamento che mi pare si stia affermando in Commissione sulla audizione del presidente del Consiglio Amato e non soltanto per i motivi ricordati, cioè per galateo istituzionale o per opportunità di una informativa data alla Commissione affari esteri del Senato e non alla Commissione stragi, ma perché Amato è stato per l’inchiesta sul caso Ustica uno snodo nevralgico quando tale inchiesta era affidata al precedente giudice istruttore Bucarelli. Amato e Bucarelli hanno avuto uno scontro, sfociato addirittura in querele. Se ne può leggere negli atti della Commissione della X legislatura, a proposito della audizione di Amato e del successivo scontro con Bucarelli anche in riferimento alla campagna per il recupero del DC-9 Itavia. Chi ha letto quegli atti ricorderà il problema delle fotografie del fondo marino con le tracce di cingolati.

PRESIDENTE. Elemento ripreso poi da quell’avvocato di cui parlavo prima che ha detto che quel cingolato sottomarino era lì perché doveva recuperare l’uranio dal fondo del mare.

FRAGALA’. Era l’avvocato Taormina. È molto utile sentire Amato, perché secondo me lo snodo processuale più importante, a cui non è stata mai data una risposta, è legato proprio alle campagne di recupero del relitto del DC-9. Voi ricordate che nella requisitoria dei pubblici ministeri si sosteneva che se il DC-9 fosse stato recuperato per intero o in percentuale altissima, il relitto avrebbe parlato da sé e avremmo avuto risposte sia sulla causa del disastro aereo sia sulle eventuali responsabilità che quella causa avevano determinato.

Come ricorderete, quando i pubblici ministeri sono stati auditi in Commissione, ho contestato loro il fatto che, dopo che il nostro Paese si era impegnato a sostenere spese miliardarie per il recupero del relitto, ricostruito in un hangar al 93 per cento, ossia quasi interamente, alla fine della requisitoria lo stesso relitto quasi non parlava più: era diventato muto!

A questo punto, concordo con quello che, in termini probabilistici, ha precisato il presidente Pellegrino: il relitto era diventato muto perché non esaudiva l’ipotesi di lavoro, il pregiudizio che durante l’istruttoria era maturato in alcuni ambienti giudiziari della procura di Roma. Il problema è proprio su questo punto.

Poiché il relitto non conteneva più la traccia del missile, non essendovi nella carlinga, accanto alla cabina di pilotaggio, il famoso foro che era stato ipotizzato quando era a 3.000 metri di profondità nel mar Tirreno, a quel punto non era più possibile sostenere quello che sino ad allora si era sostenuto nei libri, nei film e sui giornali: la battaglia aerea non aveva più il riscontro che avrebbe dovuto avere attraverso il recupero del relitto!

A quel punto…

PRESIDENTE. Onorevole Fragalà, in occasioni precedenti lei ha, però, sostenuto che vi era stata la battaglia aerea!

FRAGALA’. Sì, stavo proprio per ribadirlo. All’inizio ero fra coloro che, non conoscendo gli atti processuali e soprattutto i lavori della Commissione, si erano lasciati convincere dall’immaginario collettivo allora diffuso. Si parlava dello svolgimento di una battaglia aerea e della caduta in Calabria di uno degli aerei coinvolti proprio perché salvatosi da tale battaglia. Si diceva che Gheddafi, trovandosi su un aereo diretto a Varsavia, era sfuggito per miracolo alla battaglia aerea.

E io, come cittadino che leggeva i giornali e i libri, avevo ritenuto come possibile l’ipotesi di tutti gli scenari montati attorno a quella famosa battaglia. Successivamente mi sono dovuto ricredere in presenza di atti che, a mio avviso, sono assolutamente insuperabili.

L’atto più importante sul quale il presidente Amato potrebbe fornire un contributo importante alla Commissione concerne proprio il recupero del relitto e quindi la traccia della causa dell’incidente che lo ha portato in fondo al Tirreno, tutti elementi che non sono emersi.

Il problema che, a mio avviso dobbiamo affrontare, come ora si suol dire, con spirito laico è il seguente: una cosa è il piano giudiziario per il quale è necessario raggiungere delle conclusioni attraverso il contraddittorio delle parti e secondo certe forme che sono sostanza; altra cosa è invece l’inchiesta politica. In questo senso una parte della sentenza-ordinanza, che dovrebbe essere fondamentale per il prosieguo dei nostri lavori sul caso Ustica è quella nella quale il giudice Priore precisa che esistono scenari che riguardano le cause che avrebbero potuto determinare il disastro e che non possono essere sondate, sindacate o investigate dall’autorità giudiziaria, che deve svolgere il suo lavoro sul piano della ricerca delle prove certe.

Questi scenari invece possono essere sindacati ed investigati da una Commissione d’inchiesta come la nostra. I colleghi devono infatti apprezzare alcuni aspetti di una indagine che ha fornito una serie di elementi utili al nostro lavoro ma non utili al processo, all’istruttoria e alla Corte d’assise.

Ad esempio, l’indagine istruttoria ha scoperto un documento importantissimo che era stato occultato dal Governo e dai servizi segreti per sedici anni; mi riferisco al famoso documento del CIIS del 5 agosto 1980, cioè un mese e mezzo dopo la strage di Ustica e tre giorni dopo la strage di Bologna.

In tale documento il presidente del Consiglio Francesco Cossiga, presenti tutti i ministri fra i quali Bisaglia e Formica, il sottosegretario Zamberletti, i capi dei Servizi, il Comandante generale dei carabinieri, il capo della polizia Parisi e tutti coloro che erano presenti in quella seduta rivelano un punto che è stato occultato per sedici anni e che si è scoperto a Forte Braschi nell’archivio del SISMI, grazie proprio all’istruttoria sul caso Ustica.

Si conoscono tutti i Ministri che avevano avuto incarichi dai servizi segreti francesi e dal Ministro dell’interno socialdemocratico Baun; si scopre che l’aereo di Ustica era stato abbattuto con una bomba dai servizi segreti libici, dai terroristi libici per ripagare – come preciserà Zamberletti nel suo libro: "La minaccia e la vendetta" – dopo avere…

PRESIDENTE. Onorevole Fragalà, questi aspetti sono noti, vediamo invece cosa possiamo fare da adesso a gennaio.

FRAGALA’. Se si distingue il piano giudiziario da quello dell’attività di inchiesta della Commissione, si evince che grazie all’istruttoria di Ustica si è entrati in possesso di un altro documento importantissimo: la relazione del generale Roberto Jucci all’allora presidente del Consiglio Francesco Cossiga.

In tale relazione è descritto lo scenario che porterà prima al disastro aereo di Ustica, poi alla strage alla stazione di Bologna, a seguito dell’opera dei libici. E’ tutto scritto. Il giudice Priore ha scritto chiaramente che…

GRIMALDI. Jucci è anche del SISMI?

FRAGALA’. In questo momento Jucci è nominato dal Governo Amato - come lo era stato prima dal Governo D’Alema - presidente del Comitato organizzatore del vertice dell’ONU a Palermo ed è il personaggio…

PRESIDENTE. Visto che è una persona seria e molto riservata, secondo lei, se lo convochiamo, riferirà qualcosa? So che si è detto preoccupatissimo di un accenno da me fatto in un’intervista circa un suo ruolo nell’ascesa al potere di Gheddafi.

FRAGALA’. Abbiamo la possibilità di interloquire con una persona seria – come lei ha ben precisato -, con un ufficiale di altissimo livello, che ha goduto la massima stima di vari Governi, ivi inclusi quelli di centro-sinistra (Prodi, D’Alema e Amato), che ha ricoperto incarichi di primissimo piano, che ha predisposto un rapporto nell’aprile 1980 nel quale prefigurava un’aggressione della Libia attraverso gravissimi atti di terrorismo in Italia.

A tutto ciò fanno poi seguito le ben note vicende di Ustica e Bologna, sino a giungere poi all’anno successivo in cui Gheddafi spara un missile che raggiunge l’isola di Lampedusa.

Cosa potremmo fare noi? A noi non devono assolutamente interessare gli aspetti giudiziari del caso Ustica. Personalmente ero assolutamente contrario a convocare il giudice Priore subito dopo il deposito della sentenza-ordinanza perché era ovvio che Priore non soltanto non si sarebbe presentato ma, secondo me, se lo avesse fatto avrebbe commesso un grave errore dal punto di vista deontologico e – aggiungo – professionale dal momento che un giudice, nel corso della celebrazione di un processo del quale ha fornito la base con una sentenza-ordinanza, non può presentarsi da nessuno, tantomeno essere intervistato.

PRESIDENTE. Secondo lei, noi avremmo il tempo da qui a gennaio per affrontare i difficilissimi anni ’80?

FRAGALA’. Potremmo svolgere due audizioni che a mio avviso non sono fortemente onerose per il nostro impegno lavorativo. Potremmo ascoltare il generale Jucci e il presidente Amato; si tratta di due audizioni semplicissime che possono essere svolte in due sedute, se si ha la volontà politica di farlo.

PRESIDENTE. E dopo cosa facciamo? Non potremmo concludere l’inchiesta. Non è possibile sentire il generale Jucci, il quale racconterebbe alla Commissione determinati fatti, e decidere quindi che quella è la verità. L’inchiesta sugli anni ’80 resterebbe sempre non conclusa.

FRAGALA’. In quel caso avremmo acquisito un contributo importantissimo, molto più importante di contributi estemporanei acquisiti negli ultimi mesi.

PRESIDENTE. Anche per la correttezza dei nostri rapporti, vorrei ricordarle che ho sempre sostenuto che se fossimo riusciti a concludere la nostra inchiesta sul caso Moro un anno fa, avremmo poi avuto un anno di tempo per dedicarci pienamente agli anni ’80, non soltanto ascoltando il presidente Amato ed il generale Jucci, ma compiendo una serie di approfondimenti e cercando anche riscontri di quanto gli audiendi avrebbero potuto dichiarare. Se lo facessimo ora rimarrebbe un conato privo di conclusioni.

FRAGALA’. Signor Presidente, non ho mai condiviso questo approccio ai problemi che sorgono in Commissione e che lei ha sempre mantenuto sin dai tempi della questione relativa a Prodi. Infatti, in merito a quel caso e alla seduta spiritica, lei ha sostenuto che non era possibile sentire Prodi, il quale avrebbe raccontato della seduta spiritica, perché poi la Commissione non avrebbe potuto fare più niente. Questo non è vero perché le Commissioni d’inchiesta servono a far sbattere la faccia di fronte alle contestazioni dei commissari a personaggi che hanno anche la faccia di tolla.

PRESIDENTE. Penso di avere scritto recentemente parole molto dure.

FRAGALA’. Questo lo so. Perché però non abbiamo chiamato il presidente Prodi?

PRESIDENTE. Lo abbiamo chiamato ma non è venuto. Prodi è un parlamentare che ha diritto di presentarsi o meno perché può essere ascoltato solo in libere audizioni. Non è vero che non è stato chiamato. Ci sono le lettere e le sue risposte di rinvio sono negli atti. Il presidente Prodi ha detto alla Commissione di non avere tempo per presentarsi; poi ha cominciato la sua attività di Presidente della Commissione europea.

FRAGALA’. Non possiamo chiamarlo ugualmente?

PRESIDENTE. Può venire solo in sede di libera audizione. Se non si presenta, non posso costringerlo a farlo con i carabinieri, altrimenti lo avrei già fatto.

Potrei costringere il generale Jucci, ma non riterrei utile una sua audizione se non fossimo sicuri della sua volontà di presentarsi.

FRAGALA’. Sono d’accordo. Evidentemente soltanto chi vuole presentarsi intende collaborare. E’ inutile ascoltare chi non vuole essere ascoltato; oltretutto, sarebbe una scortesia alla quale non è il caso di arrivare.

Sono però dell’opinione che se noi potessimo svolgere una concreta attività su Ustica dovremmo rivolgerci allo scenario internazionale perché solo in quello possiamo trovare la chiave di lettura della causa che ha determinato il disastro aereo.

Per tutto il resto non sappiamo dove dirigerci e anche il processo che si sta svolgendo in questo momento – se vuole conoscere la mia opinione – è inutile perché non potrà che concludersi con l’assoluzione degli imputati i quali rifiuteranno la prescrizione. Ne sono convinto; figuriamoci se persone che sono arrivate alla fine della loro vita assumerebbero posizioni differenti.

PRESIDENTE. Questo me lo auguro, anche se la condotta della fase preliminare non è sembrata questa, ma quella di chi non volesse il processo. E’ probabile che sia un’impressione sbagliata.

FRAGALA’. Non è questo il problema. La questione è che non si sta svolgendo il processo sulle cause e sulle responsabilità del disastro di Ustica; si sta svolgendo un processo diverso in cui evidentemente gli imputati e i loro avvocati hanno il diritto intanto di distruggere completamente la sentenza-ordinanza che invece di giungere a dare un’indicazione sulle cause ha assunto una posizione che si poteva leggere nei giornali anche quando io non ero parlamentare, cioè prima del 1994. Prima di quell’anno sui giornali si leggeva che la sentenza-ordinanza di quel processo sarebbe giunta a sostenere la quasi collisione, o la quasi bomba, il quasi duello aereo, il quasi fulmine, cause precedute sempre da un "quasi".

E’ evidente che in una situazione di questo genere do ragione a lei, signor Presidente. Probabilmente in una parte della magistratura romana vi era l’idea che si dovesse andare avanti per confermare un’ipotesi di lavoro. Quando è stato ripescato il relitto l’ipotesi di lavoro è crollata; a quel punto tutti sono andati per la tangente e alla fine il processo si è concluso con il rinvio a giudizio di quattro generali in pensione con un’accusa di ipotetico attentato contro organi costituzionali e con il presupposto, assolutamente impossibile da dimostrare, che il Governo non conoscesse quello che i generali avrebbero dovuto coprire. Infatti, in una situazione di questo genere – e i colleghi lo sanno – se nel Mediterraneo si svolge una battaglia aerea, con navi, flotte, aerei e portaerei, non è possibile mantenere un simile segreto per più di tre giorni perché di esso sono a conoscenza migliaia e migliaia di persone.

PRESIDENTE. Almeno cinquecento secondo una mia personalissima valutazione.

FRAGALA’. Pertanto, non è possibile mantenere il segreto su un evento di questo genere con cinquecento persone che lo conoscono.

In conclusione, se vogliamo ottenere ulteriori contributi rispetto a quelli di cui già disponiamo in merito alla strage di Ustica a mio avviso possiamo svolgere queste due audizioni che non rappresentano un grande impegno.

In ogni caso, ritengo che la relazione firmata dai colleghi del Polo e anche dal sottoscritto possa essere una base di discussione assolutamente utile, tant’è vero che il giudice Priore, quando ha letto quella relazione che noi gli abbiamo inviato, ha compiuto la perizia e questa è la perizia che è caduta e questa sarà la questione che la Corte d’assise porrà ai periti quando saranno chiamati a fornire chiarimenti; in quel caso si verificherà se esisteva il pregiudizio di un’ipotesi di lavoro da confermare comunque, senza arrivare invece a soluzioni diverse.

MANCA. Presidente, vado avanti con le mie convinzioni perché sono in buona fede e perché voglio avere la coscienza tranquilla.

Dico che il caso di Ustica si presta effettivamente ad essere un caso strano. Spesso noi ci liberiamo di questo caso dicendo che non si vuole entrare negli aspetti tecnici, perché dobbiamo esprimere un giudizio politico. Invece io dico che purtroppo questo è un caso anomalo rispetto a tutti gli altri e che è singolare proprio perché – a mio avviso – non si può esprimere un giudizio politico se non si ha una base tecnica. Purtroppo è così. Si deve sapere questo, perché una perizia radaristica, fatta prima o dopo, ha una sua importanza ai fini politici e giudiziari.

Il problema relativo alla presenza di aerei della NATO o americani ha un suo significato, anche ai fini politici. Quando si verifica un incidente aereo, doverosamente tutti debbono porsi una serie infinita di domande, del tipo: è stato un cedimento strutturale? E’ stato un errore del pilota? Vi è stata una collisione non voluta o voluta? Si è trattato di un missile? Giustamente gli organi periferici hanno pensato che forse ci poteva essere un’interferenza degli Usa, perché lì si addestravano gli americani senza avvisare gli altri, e hanno fatto quelle indagini che era doveroso realizzare. Adesso invece, poiché non si capisce l’ambiente tecnico, li si vuole incolpare di aver sospettato lì una presenza degli americani. Una volta accertato che non c’era presenza di questi ultimi è stata chiusa la faccenda.

Devo dire che mi dispiace che colleghi, che stimo davvero, concludano politicamente dando per scontato che è bene non leggere niente e non conoscere gli aspetti tecnici, tanto che ad un certo punto si potrebbe anche sospettare che al limite fosse inutile tutta la tendenza dei giudici o di altri a realizzare approfondimenti tecnici.

PRESIDENTE. Non è che è inutile, ma la documentazione sull’inchiesta di Ustica occupa intere stanze.

MANCA. Non possiamo occuparci di Ustica se non abbiamo un minimo di conoscenze tecniche, perché altrimenti prendiamo in buona fede delle strade che non ci portano a niente.

Ho voluto dire tutto questo perché i fatti non stanno come sono stati riportati dagli amici Bielli e Grimaldi. Bisogna conoscere perfettamente che cosa significa nel contesto la rilettura della perizia radaristica e che cosa significa la presenza di aerei americani o della NATO. E’ tutto diverso. Allo stesso modo nessuno pone in evidenza il fatto che non solo è stata la Commissione stragi a promuovere la decrittazione dei codici SIF e che sono stati gli americani ad aprire le porte. Pensate davvero che, se gli americani fossero coinvolti, avrebbero decifrato tutti i codici SIF? Molti di voi danno per sicura la presenza di altri aerei nella circostanza e questo perché, non avendo le basi tecniche, non viene in mente che si potrebbe trattare di falsi echi e non di tracce di velivoli.

PRESIDENTE. Per ciò che mi riguarda, questo l’ho capito. I tracciati radar non sono una fotografia, ma un insieme di segni che devono essere interpretati.

MANCA. Alcuni periti dicono che sono falsi echi, mentre altri – adesso non si sa se in buona o in mala fede, perché conviene seguire una certa tesi – affermano il contrario. Nella rilettura specifica non è stato interpellato il perito della parte accusata, ma sono stati interpellati solo i periti della parte civile e del giudice: questo è un fatto grave. Secondo voi, è giusto e corretto rinviare a giudizio delle persone con quella imputazione senza aver ascoltato il parere dei periti della parte accusata?

PRESIDENTE. Non era decisivo per il rinvio a giudizio. Il rinvio a giudizio lo avevano già chiesto i pubblici ministeri senza bisogno di quell’ulteriore chiarimento dei consulenti.

MANCA. Presidente, un fatto è essere rinviati a giudizio per aver mentito e aver sospettato, altro fatto è essere rinviati a giudizio per attentato contro organi costituzionali perché si era a conoscenza della battaglia aerea e si è nascosto il tutto.

Il rinvio a giudizio è previsto in entrambi i casi, ma una cosa è essere rinviati a giudizio per il fatto di avere più prove per reati commessi, mentre altra cosa è essere rinviati perché si vuole escludere l’esplosione interna e si rilancia la tesi della quasi collisione del missile. E’ tutto diverso. (Commenti dell’onorevole Grimaldi). Abbiate rispetto di chi segue il caso da cinque anni. Purtroppo il Presidente ha ragione: il fatto si è tinto troppo di colore politico.

Ho dato ragione ai tre pubblici ministeri avendo visto persone che accettavano il dialogo ed il dubbio e pur sapendo che erano di sinistra. Ciò perché sono spoglio da questi pregiudizi. Io vado in cerca della verità e non dico che sostenere l'ipotesi del missile significa essere a sinistra, sostenere l'ipotesi della bomba significa essere a destra e l'ipotesi della collisione al centro.

Dico tutto questo perché i resoconti di queste sedute vengono letti anche da persone che al riguardo hanno una certa conoscenza ed allora è bene accontentare non solo la pubblica opinione che vuole le frasi fatte, le frasi esplosive, ma anche coloro che conoscono questi fatti, affinché non dicano che la Commissione stragi è andata per la tangente e non ha capito il problema. Quindi, cerco di dare il mio contributo per quanto riguarda l’aspetto tecnico.

Devo affermare che il collega Bielli si sbaglia sull’importanza della questione della rilettura dei codici SIF, mentre il collega Grimaldi si sbaglia per quanto riguarda gli altri aspetti.

GRIMALDI. Il giudice, quando si occupa di una questione tecnica, non ha conoscenza tecnica propria, ci sono perizie; io stesso ho affrontato questioni molto delicate riguardanti colpe professionali di medici.

Sul caso specifico non ho detto di aver espresso l’incertezza, ma ho affermato che c’erano dei riferimenti tecnici rilevati dai periti che dovevano essere presi in considerazione. Che cosa fa poi il giudice? Dà ragione ad un perito o ad un altro a seconda della tesi che lo convince di più, ma non per una sua personale conoscenza. Non mi riferisco al suo caso, senatore Manca, perché evidentemente ha delle conoscenze tecniche e, quindi, le può mettere a disposizione della discussione. Nessuno di noi ha conoscenze tecniche tali da poter affermare che hanno ragione certi periti o altri. Questo è il punto.

Quindi, non mi deve attribuire adesso un’affermazione di verità che non ho mai fatto.

MANCA. Ci sono delle conclusioni di periti inequivocabili ma, poiché non corrispondono a certi teoremi, si mettono da parte. Devo dire che ha ragione l’onorevole Fragalà nel dire che c’è modo e modo di volere una presenza in questa sede. Per Prodi non c’è stata la volontà politica di sentirlo.

PRESIDENTE. Ritengo questo offensivo nei miei confronti, perché non è vero. Non solo volevo sentire Prodi, ma ho valutato negativamente l’episodio che lo riguarda nella proposta di relazione del 1995, quando il professor Prodi era candidato alla Presidenza del Consiglio per l’Ulivo. Per quello che può valere, nel libro-intervista che ho scritto ho citato anche ciò che il senatore Castelli disse al professor Clò; richiamando il primo principio della dinamica, secondo cui nessun corpo può spostarsi se non c’è la forza.

Non so cosa potevo dire di più. Ho scritto che professori universitari si erano messi evidentemente d’accordo per dire bugie.

MANCA. Volevo comunque dire che, a mio avviso, fin dall’inizio non c’è stata la volontà politica di affrontare il problema Ustica.

Mi allaccio a quanto sottolineato poc’anzi dal collega Fragalà: abbiamo ancora pochi mesi a disposizione e qualcosa dobbiamo fare. Innanzi tutto, sono d’accordo sul fatto di audire il presidente Amato su tutto e non solo per sentirci ripetere quanto ha detto male e parzialmente nella 3a Commissione del Senato; poi, se possibile, vorrei ascoltare il generale Jucci e poi, con l’aiuto di Amato, non vorrei lasciare inesplorato lo scenario aereo, perché al di là della Libia (che, purtroppo, è impenetrabile) c’è ancora da accertare in tale ambito; infatti, molti colleghi della Sinistra credono che, nonostante la lettera di Clinton, ci siano ancora prove, sospetti o indizi…

PRESIDENTE. Scusi, se faccio questa battuta, ma anche gli avvocati dei generali. Visto che lo avete nominato, secondo la tesi dell’avvocato Taormina, gli americani sono andati strisciando sul fondo del mare per prendersi l’uranio. Quindi, se fosse vero quanto afferma Taormina, Clinton non sarebbe reticente, ma addirittura un teste mendace.

MANCA. Si dimentica o non si sa che l’avvocato Taormina è il difensore di Bomprezzi.

PRESIDENTE. Che è un colonnello dell’Aeronautica.

MANCA. Sì. Bisogna avere rispetto per chi sta qui da cinque anni e ha partecipato a mille riunioni dalle 8 di sera fino alle 2 di notte! Quindi, posso dire queste cose. Il caso Ustica è molto più grave del caso Moro o di quello di piazza Fontana. Qui c’è stata la latitanza della Commissione stragi: l’ho affermato, lo affermo ancora e lo affermerò sempre. Voglio che rimanga agli atti che c’è una latitanza completa su un fatto che ha distrutto un’istituzione e i familiari di 81 vittime ancora non sanno e non sapranno mai se si continua a non collaborare per arrivare alla verità. Ci sono, inoltre, decine di personaggi coinvolti, magari ingiustamente e noi non consideriamo la situazione con la dovuta serietà, forse anche perché si tratta di un processo tecnico, molto difficile. Inoltre, ad un certo punto, questa Commissione si è accorta che non c’era «monoliticità» per accusare i generali ed esporre certe tesi: per la presenza di Commissari che iniziavano ad aprire gli occhi o per la fuoriuscita di prove diverse, si è cominciato a dire che il caso «scottava», che andava tenuto lontano con arte, intelligenza ed abilità.

Allora, dopo tutte le fatiche sopportate da chi parla, dobbiamo quanto meno accettare le invocazioni dei pubblici ministeri e dei giudici istruttori ad andare nel contesto dello scenario aereo. Poiché Clinton ha risposto in un certo modo, ritengo sia opportuno utilizzare il Presidente del Consiglio per parlare con l’ambasciatore americano a Roma. Si potrebbe ottenere il suo aiuto affinché fosse fatto qualche chiarimento sulla presenza o meno di aerei americani nel cielo di Ustica, perché tutto il problema consiste in questo. Se non riuscissimo ad avere una prova della presenza di aerei americani…

PRESIDENTE. O francesi, visto che c’è anche il problema della Corsica. Non dobbiamo minimizzare.

MANCA. Ho capito, ma sento ripetere queste frasi da due anni e abbiamo sempre rinviato. Adesso, siamo arrivati alla fine della legislatura!

PRESIDENTE. Senatore Manca, la ringrazio per i complimenti, ma li rifiuto. Mi sono assunto anche pubblicamente – e lei c’era – la responsabilità di dire che effettivamente ho ritenuto fosse opportuno da parte nostra un atteggiamento di attesa; rispetto al dibattimento questa sarebbe stata la cosa più utile che la Commissione può fare. Può darsi che io abbia torto, ma non mi nascondo dietro ad un dito.

MANCA. Comunque, ho detto quello che volevo dire, non perché mi illudo che dopo questo intervento qualcosa possa cambiare: figuriamoci! Questa gente è forgiata ad altre tempeste!

PRESIDENTE. Penso di interpretare il pensiero della maggioranza della Commissione dicendo che, dopo aver letto e corretto questo verbale, lo invieremo al Presidente del Consiglio a cui chiederemo la cortesia di venire in Commissione e poi gli uffici saranno incaricati di prendere contatto con Jucci per vedere se è disposto a venire.

MANTICA. E Priore?

PRESIDENTE. Posso rispondere adesso ad una lettera che mi ha inviato un anno fa? Che figura farei! La prego di non mettermi in questa condizione.

MANTICA. Va bene.

FRAGALA’. Bisogna dire a Jucci qual è il tema.

PRESIDENTE. Certamente.

Prima che si concluda la riunione, vorrei ricordare che oggi è il 12 dicembre: sono trascorsi, quindi, 31 anni dalla strage di piazza Fontana. Vorrei – faccio quest’ultimo tentativo – pregare, se è possibile, i colleghi della Commissione di abbassare il tono della polemica politica su tutte le vicende del passato, perché ritengo che in tal modo faremmo cosa utile a noi stessi e al Paese. Innanzi tutto, ci metteremmo nelle condizioni di approssimarci più facilmente alla verità, nei limiti in cui è possibile farlo. In secondo luogo, nel Paese sta salendo una pericolosa tensione: gli episodi di Nizza sono allarmanti; l’irruzione fatta oggi da alcuni studenti in un centro culturale di Comunione e Liberazione a Milano è un fatto allarmante ed il riemergere di Forza Nuova è altrettanto allarmante. Penso che si tratti di fenomeni non controllabili dalla politica e ne ho parlato anche con il senatore Manca, al quale do ragione perché non possiamo illuderci di cambiare completamente il corso delle cose dalla postazione della Commissione stragi; però ritengo che, se iniziassimo a polemizzare meno su quel passato, daremmo un aiuto ad abbassare una situazione di crescente tensione che personalmente mi allarma. Ricordiamoci che ancora non sappiamo chi ha ucciso D’Antona, perché, almeno a quanto ne sappiamo, le indagini sono ancora al punto di partenza. Non vorrei, quindi, che tra due o tre anni, per tutto questo, dovesse tornare un’altra volta una estrema tensione nel Paese.

Per quanto riguarda piazza Fontana, vorrei segnalarvi tre punti. Per primo le ultime dichiarazioni rese da Taviani alla polizia giudiziaria, che poi sono state riversate nel processo in corso a Milano. Abbiamo acquisito il libro di Sogno in cui egli ricorda di aver saputo, poco prima di piazza Fontana, da un deputato che molto presto ci sarebbero stati dei botti ed aggiunge che sarebbero stati dei botti che non avrebbero dovuto provocare vittime. Le dichiarazioni di Taviani, quindi, combaciano con quelle di Sogno. Le ultime dichiarazioni di Taviani sembrerebbero confermare una possibile chiave di lettura di tutto quello che avviene dal 1970 in poi, cioè che via Fatebenefratelli, Peteano, Brescia ed anche l’Italicus sarebbero stati tutti atti reattivi. La vecchia idea che dietro ogni strage ci fosse un tentativo di golpe risulta sostanzialmente capovolta; è l’abbandono dei progetti golpistici che determina quel tipo di reazione. Non so se questa sia la verità, ma ogni giorno che passa, ogni volta che c’è una nuova acquisizione, continua a sembrarmi una ragionevole spiegazione di quello che è successo. Ad esempio, onorevole Bielli, per quanto riguarda la relazione del dottor Cipriani, recrimino che, dopo che avevo deciso di tenere le schede allegate chiuse in cassaforte, sia stato reso pubblico sul quotidiano "la Repubblica", addirittura il contenuto di alcune schede oltre che la relazione di Cipriani. Cipriani ha fatto un buon lavoro, ma che cosa ha dimostrato? Ha dimostrato che gli Stati Uniti monitoravano i tentativi di golpe in Italia ma non li hanno mai autorizzati o appoggiati. D’altra parte, questo ce lo dovrebbe far intuire già il fatto che tali tentativi non sono riusciti. Anche il golpe Borghese fu un tentativo velleitario del comandante Borghese. Se pensiamo a quello che ci ha detto l’onorevole Pannella su ciò che gli aveva confidato Romualdi, Borghese, probabilmente, pensava di avere degli appoggi e, quando non li ha avuti, ritornò a casa. Da quel momento in poi, forse, scattano quei comportamenti reattivi cui accennavo prima. Se vogliamo fare questo tentativo di ragionare sugli abstracts per arrivare ad una relazione condivisa su alcuni elementi, salvo poi ognuno, su determinati profili, intervenire eventualmente in dissenso, faremmo un’operazione oggi più che mai utile, perché daremmo un contributo ad abbassare la tensione sociale crescente. Mi ha sorpreso che proprio oggi, anniversario di piazza Fontana, alcuni studenti più vicini probabilmente alle mie posizioni politiche che alle vostre, colleghi del Polo, abbiano fatto irruzione in una sede di Comunione e Liberazione. Chi ha vissuto – e alcuni di voi li hanno vissuti più di me – quegli anni, sa che si cominciò così. Il 1968 si carica di violenza e, caricandosi di violenza, porta non solo a piazza Fontana, ma poi alle Brigate rosse, a Prima linea. Spiegare queste in termini di pura reazione al golpismo che c’era dietro piazza Fontana è un’enfatizzazione. C’erano altri problemi che determinarono l’eruzione di quegli anni, in cui ci furono più di 14.000 attentati politici alle persone. Non voglio fare il profeta di pessimismo ma se tutti provassimo, anche in questo scorcio di legislatura, a fare questo, sarà un buon lavoro. Penso di esprimere la posizione di tutta la Commissione lasciando un ricordo dell’anniversario della strage di piazza Fontana nel resoconto stenografico della seduta odierna.

MANTICA. Colgo l’occasione per comunicare ai colleghi che sabato 16 dicembre a Brescia, con un’iniziativa che ho molto apprezzato, l’Associazione delle famiglie dei caduti di piazza della Loggia ha organizzato un dibattito sul libro-intervista del presidente Pellegrino. Con grande senso di civiltà e di democrazia, l'Associazione ha invitato l’onorevole Martinazzoli ed il sottoscritto a partecipare al dibattito. Tutto ciò rappresenta un grosso passo avanti nel tentativo di confronto che stiamo facendo.

Avevo pregato l’onorevole Bielli, in sede di Ufficio di Presidenza, di non dare anticipazioni alla stampa in merito ai documenti pervenuti. Vorrei pregare con simpatia l’onorevole Bielli di evitarlo, se è possibile. Prendo atto che il consulente Cipriani ha presentato una relazione il 5 dicembre che ancora oggi viene classificata "ad uso interno". Non desidero fare polemiche, ma sono state diffuse alla stampa parti di alcuni telegrammi dell’ambasciatore Martin e del segretario Rogers; forse, per fare un’operazione seria, sarebbe stato opportuno diffondere l’intero telegramma. Ognuno è responsabile di quello che fa, per cui il mio è solo un invito all’onorevole Bielli ad evitare simili diffusioni.

Signor Presidente, il 5 dicembre sono stati trasmessi documenti del SISMI relativi alla persona di Giangiacomo Feltrinelli. Sono otto faldoni, 2188 documenti, alcune raccolte stampa non numerate. In un mio comunicato stampa annunciavo l’arrivo dei documenti, ma non entravo nel merito degli stessi che, per mancanza di tempo, ancora nessuno di noi ha potuto analizzare per intero. Non possiamo dire se siano importanti, se contengano notizie riservate o rivoluzionarie. Mi è dispiaciuto sapere che il giorno dopo un consulente della Commissione, del quale mi riservo di comunicarne il nome al Presidente, ha girato le sette chiese dei giornalisti spiegando che cosa era contenuto nell’archivio di Feltrinelli e dichiarando che si trattava di ritagli di stampa antichi e conosciuti. Nessuno si è permesso di esprimere un giudizio di merito sull’acquisizione e mi dispiace che qualcuno abbia ritenuto opportuno smontare subito l’importanza o meno di questi documenti, che ancora non conosco, classificandoli come ritagli di stampa. Devo dare atto al collega Grimaldi di aver sollevato più volte il problema dei consulenti, del loro doppio o triplo lavoro. Non pensavo che in qualcuno ci fosse meno etica professionale e, ovviamente, il mio non è un giudizio su tutti i consulenti ma su quelli che non hanno una deontologia professionale. Desideravo che restasse nel resoconto stenografico della seduta questa mia considerazione.

PRESIDENTE. Non conoscevo l’episodio e ne condivido la sua valutazione negativa. Neanche io ho studiato tutta la documentazione ma, nel suo complesso, conferma l’analisi fatta dal nostro consulente Pelizzaro. Sotto questo profilo, non ci fa compiere passi ulteriori ma rappresenta solo un riscontro dell’analisi di Pelizzaro, che avevo giudicato positivamente alla ripresa autunnale dei nostri lavori.

FRAGALA’. Signor Presidente, sarebbe opportuno sollecitare l’invio da parte del CESIS e del SISMI dei fascicoli su Pinelli, Beltramini e Del Vajo.

MANTICA. Pare che questi fascicoli debbano ancora essere desecretati.

BIELLI. La ringrazio, signor Presidente, di aver ricordato che oggi ricorre l’anniversario di un fatto così tragico come la strage di piazza Fontana. E’ giusto che rimanga agli atti la nostra attenzione su questo evento.

Avevo anticipato un mese fa che, rispetto a chi nel nostro paese affermava che si trattava di barzellette e non di tentativi di golpe, sarebbero arrivati dagli archivi americani testimonianze sul golpe Borghese. Risultava che quattro mesi prima si sapeva che ci sarebbe stato un golpe in Italia. In altre parole, hanno monitorato prima, durante e dopo il golpe. Qualcuno disse che si trattava di un’anticipazione, in relazione al fatto che avevamo i nostri rapporti e che sapevamo che esisteva quel documento. Quel documento non ha nulla di segreto. Critichiamo i documenti che vengono dagli Stati Uniti e che sono stati da loro desecretati, in quanto sono documenti della CIA accessibili e pubblici. In questo paese, invece, possiamo fare una commissione sull’affare Mitrokhin senza sapere se si tratti di qualcosa di serio o meno. Questo è legittimo, si fanno delle anticipazioni, si cerca di imbastire una polemica politica, e tutto questo va bene. Non si tratta di documenti segreti, ma di atti pubblici che ci sono stati inviati. Dobbiamo essere noi ad occultarli? Non accetto il discorso che mi è stato fatto da Mantica che rinvio al mittente. Mantica non sa come sono arrivati a "la Repubblica" quei documenti. Me lo chiedo anch'io. Ma detto questo, ho letto come altri "la Repubblica" e ho notato che ci sono i contenuti della relazione di Cipriani, che ci sono - perché io i documenti me li guardo, ho guardato un po' anche i faldoni di Feltrinelli - gli allegati che ha portato Cipriani, ma non le schede, che non ho visto, se non quelle che erano già state tradotte - tra l'altro, con alcuni elementi di accortezza - e che erano già state depositate in Commissione. Per cui si tratta di notizie attinte da documenti già presentati in Commissione.

Credo che su questi elementi sarebbe bene avere la consapevolezza che la polemica politica, in questo momento, se portata a livelli estremi, può essere negativa rispetto ad un Paese in cui si muove qualcosa cui bisogna prestare più attenzione rispetto a ciò di cui oggi noi siamo consapevoli. Nelle cose che lei ha detto, Presidente, colgo una questione vera e a cui bisogna fare riferimento. Proprio perché sono d'accordo, sono per accogliere fino in fondo la sua riflessione, tuttavia non accetto delle osservazioni come quelle che in questa sede mi sono state fatte, perché allora si dovrebbe discutere in termini abbastanza diversi rispetto a come abbiamo discusso fino ad oggi.

Non so se proprio in relazione all'esigenza che lei ha posto, quella di prestare attenzione a fenomeni nuovi che vengono avanti, vi sia il gravissimo episodio odierno degli studenti che hanno violato la sede di Comunione e Liberazione. E' un fatto grave che va denunciato. Sono tra coloro che ritengono che questo episodio vada stigmatizzato, perché un conto è la lotta politica ed un altro è assaltare la sede di qualsiasi partito. Peraltro, sono altrettanto gravi degli episodi che fanno riferimento a Forza Nuova. Tuttavia, rispetto a queste questioni e al caso D'Antona, che ormai è scomparso dalla informazione, anche dalla cronaca, le chiedo se non sia il caso, nel poco tempo di cui disponiamo, di fare un'audizione sull’attuale situazione e sulle novità. Credo che in passato noi demmo un contributo e ritengo che prestare attenzione a questi fenomeni sia d'obbligo rispetto ad una Commissione che finirà con la fine della legislatura, ma che su questi temi, fino all'ultimo giorno, non deve abbassare la guardia.

Ho fatto il '68 e non ero nei gruppetti, non ero con Sofri, né con Lotta Continua. Anzi, dovevo fare le battaglie perché alla presidenza dell'assemblea c'erano sempre prima loro, perché usavano la forza. Io facevo parte della FGCI, la Federazione dei giovani comunisti. Allora eravamo considerati i revisionisti, quelli che impedivano che le lotte potessero avere un certo sbocco politico, che era quello della violenza, che loro portavano avanti. Le dico questo perché, signor Presidente, non sono d'accordo che se c'è qualcuno che in qualche modo dice di essere di sinistra e usa la violenza si possa pensare che questo sia un fenomeno che nasce in quell'area politica. Per la mia cultura politica, la violenza è un qualcosa che ho combattuto ieri e che continuerò a combattere oggi, perché non ha colore. Dobbiamo riuscire a far sì che in tutti noi prevalga quel ragionamento cui lei ha fatto riferimento: usciamo dalle appartenenze del passato e diciamo un "no" fermo ad ogni episodio di violenza, al di là della bandiera che le persone interessate portano avanti, perché questo è l'unico modo per riuscire a sconfiggere questi episodi, che considero gravi e pericolosi.

MANTICA. Signor Presidente, siccome l'onorevole Bielli, con grande correttezza, ha qui detto che lui non ha passato alcuna informazione, ne prendo atto e ci credo. Di conseguenza, se è il caso, mi scuso con lui, perché l'ho accusato di un atto che non ha commesso. Tuttavia, pongo allora alla Commissione un problema in senso lato. Non è possibile che documenti che teniamo in Commissione come riservati, ad uso interno, finiscano sui giornali. Non voglio accusare nessuno, ma ciò rappresenta un problema, perché la riservatezza è importante. Faccio anche riferimento alla questione di Brescia e alla perizia Giannuli: tutto segreto, il Presidente mette in cassaforte il documento e tutti i giornalisti, in quel momento, gli chiedono se è vero che la perizia contiene questo, questo e quest'altro.

Ognuno di noi si assuma le sue responsabilità. Però se noi non siamo responsabili, non arriveremo mai a capire come documenti riservati, che possono avere una valenza politica in questi dibattiti, vengano usati da altri. Questo mi sembra estremamente grave. Su quelle schede allegate alla relazione di Cipriani c'erano dei nomi. Non devo difendere nessuno, ma prima di fare apparire dei nomi sui giornali, bisognerebbe pensarci. Per rispondere a Bielli su Mitrokhin, mi venga almeno dato atto che allora avevo suggerito che qualche scheda non venisse consegnata. Il Presidente, con una logica di estrema pulizia, disse che o si dovevano consegnare tutte o nessuna. Ma questo è un problema grave. Il quotidiano "la Repubblica" anticipava la relazione di Cipriani in maniera molto circostanziata e qualcuno gliela avrà passata, perché non credo che quel giornalista si sia inventato tutto.

PRESIDENTE. Sarebbe stato meglio che ciò non fosse avvenuto, ma di tali episodi, se andiamo a ritroso nel tempo, ne troviamo diversi. Abbiamo avuto persino casi di audizioni segrete delle quali alcuni membri della Commissione parlavano ai giornalisti solo cinque minuti dopo la fine della seduta o a volte mentre questa era ancora in corso!

MANCA. Signor Presidente, il tono del discorso dell'ultima parte della seduta è talmente serio e delicato che mi è imposto di intervenire, anche in nome della forza politica che rappresento, per unirmi alle parole del Presidente e degli altri colleghi, che hanno ricordato le responsabilità che incombono su questa Commissione e la necessità di dover prendere coscienza del fatto che in questi giorni stiamo vivendo una pagina non felice. Ognuno di noi si deve sforzare per dare un contributo in modo che si possano rasserenare gli animi, al punto da arrivare ad una convivenza abbastanza accettabile. Lo spunto è buono per dire che una delle pagine migliori di questa Commissione, per chi c’è stato per quattro anni e mezzo, ha riguardato il modo in cui è stato trattato il caso D’Antona. E allora, se questo è vero, è altrettanto vero che bisogna accogliere l’invito di Bielli per dare un contributo perché quel caso non muoia.

Inoltre, a proposito dei consulenti, devo dire che effettivamente è stata una spina nel fianco. Però, aggiungo, se andiamo in cerca di colpe di questo o di quello, non ne usciamo più. Ognuno si assuma la responsabilità di seguire almeno i consulenti che ha indicato. Ogni commissario, indipendentemente dal fatto che abbia agito direttamente o indirettamente, deve sentirsi responsabile di ciò che i consulenti che ha portato in Commissione fanno o tentano di fare. Io so che questi consulenti hanno molte attività, che hanno bisogno di visibilità, però è anche vero che bisogna prima di tutto assicurare i compiti istituzionali della Commissione e che solo dopo, compatibilmente, vengono gli altri. Qualche volta capita che utilizziamo la Commissione per scopi personali e questo non va bene. E allora, siccome se si comincia a parlare male gli uni degli altri, non se ne esce più, ognuno si lavi i panni sporchi in famiglia e si prenda in considerazione il fatto che, una volta assunta la responsabilità di nominare un consulente, si deve seguirlo e incoraggiarlo perché non esca dalle righe.

PRESIDENTE. Dichiaro chiusa la seduta.

La seduta termina alle ore 22,55.

Home page Commissione stragi