Commissione parlamentare d'inchiesta sul terrorismo in Italia e sulle cause della mancata individuazione dei responsabili delle stragi

77a SEDUTA

MERCOLEDI' 17 GENNAIO 2001

Presidenza del Presidente PELLEGRINO

Indice degli interventi

PRESIDENTE
MANTICA (AN), senatore

La seduta ha inizio alle ore 20,05.

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la seduta.

Invito il senatore De Luca Athos, segretario f.f. a dare lettura del processo verbale della seduta precedente.

DE LUCA Athos, segretario f.f., dà lettura del processo verbale della seduta del 9 gennaio 2001.

PRESIDENTE. Vorrei fare un'osservazione: vorrei che risultasse dal verbale quell'unanime condanna, venuta da tutta la Commissione, di qualsiasi manifestazione politica che faccia della violenza strumento di confronto o mezzo di propaganda. Mi è sembrata, infatti, un'acquisizione importante registrata alla fine dell'ultima seduta.

TARADASH. Spero non recente come acquisizione.

PRESIDENTE. Se non vi sono altre osservazioni, il processo verbale si intende approvato

 

COMUNICAZIONI DEL PRESIDENTE

PRESIDENTE. Comunico che, dopo l’ultima seduta, sono pervenuti alcuni documenti il cui elenco è in distribuzione e che la Commissione acquisisce formalmente agli atti dell’inchiesta.

 

AUDIZIONE DEL PREFETTO ANSOINO ANDREASSI, DIRETTORE CENTRALE DELLA POLIZIA DI PREVENZIONE DEL DIPARTIMENTO DELLA PUBBLICA SICUREZZA

Viene introdotto il prefetto Ansoino Andreassi, accompagnato dal dottor Roberto Antonio Sgalla dirigente superiore della Polizia di Stato e dal dottor Valerio Benigni, vice questore aggiunto della Polizia di Stato.

PRESIDENTE. In esecuzione del deliberato che abbiamo assunto collegialmente l'ultima volta, l'ordine del giorno reca l'audizione del prefetto Ansoino Andreassi, direttore centrale della Polizia di prevenzione del Dipartimento della pubblica sicurezza che è presente e che ringrazio per la ripresa di contatti con la Commissione. Se non sbaglio è la terza volta che la sentiamo, prefetto Andreassi.

In questi giorni ho inviato al prefetto Andreassi copia del verbale, sia pure ancora in bozza provvisoria, della nostra ultima riunione perché mi è sembrato utile, ai fini di una produttività dell'audizione, che egli fosse aggiornato sul dibattito tenuto; si trovavano, infatti, all'interno di quella riunione le ragioni della sua audizione e quindi di quello che avremmo potuto ascoltare. Lo riassumo brevemente.

Queste audizioni nascono da una preoccupazione di fondo sulla situazione attuale che non vuole sfociare in un allarmismo eccessivo, ma che, certamente, è un'osservazione preoccupata. Tra gli elementi di questa preoccupazione vi è, innanzitutto, il tempo trascorso dall'omicidio di Massimo D'Antona e la circostanza che non ci sembra che si siano ancora raggiunti risultati indicativi importanti. A ciò si aggiungano gli ultimi episodi che si situano all'interno di un clima anch'esso preoccupante, anche se si pongono su un piano distinto. Non voglio, infatti, confondere fenomeni distinti, però anche una crescente tensione sociale che si riscontra è un qualcosa che allarma e fa da cornice a questa ripresa di fuochi di vera e propria eversione politica. Mi riferisco all'aggressione alla sede di Comunione e Liberazione del 12 dicembre, agli scontri verificatisi durante la visita di Haider a Roma ed inoltre, su un diverso piano di gravità, alla bomba al Duomo di Milano (per fortuna inesplosa) e alla sua rivendicazione anarco-insurrezionalista; quindi, a breve distanza di tempo, all'attentato alla sede del "Manifesto" e direi anche all'ultimo documento dei Nuclei territoriali antimperialisti del 13 gennaio che lei ci ha inviato, rintracciato a Mestre; documento che a me è sembrato rozzo nei contenuti giacché il livello di analisi e di elaborazione è sicuramente minore rispetto al documento delle BR-PCC, però anch'esso inquietante. Direi che, in qualche modo, quel documento potrebbe dare corpo ad un allarme specifico che ho sollevato la volta scorsa e che lei avrà letto nell'audizione. In sostanza, quel segnale quasi di neutralità temporanea nei confronti dell'haiderismo potrebbe far pensare che nell'immediato possa, per pulsioni diverse, porsi oggi un obiettivo comune che i Nuclei territoriali antimperialisti continuano ad individuare nella borghesia imperialista, ma che temo possa tradursi nella modernità e nella globalizzazione in sé; un obiettivo contro cui spinte anche diversissime potrebbero convergere.

Dell'allarme ha fatto anche parte non "la chiusura" ma mi sembra più giusto dire l'evacuazione della sede dell'ambasciata americana. Un insieme che ci rinvia a due scenari che finiscono per sovrapporsi in parte sul territorio nazionale, ma che nell'analisi dovrebbero essere tenuti distinti. L'episodio dell'ambasciata americana ci richiama a quella situazione di allarme epocale e mondiale che c'è in tutto il mondo di fronte alla possibilità che, soprattutto nelle grandi città, certi obiettivi possano essere colpiti da formazioni terroristiche che vengono da lontano e che mai hanno al di fuori del territorio nazionale la base logistica. O, viceversa, il fatto che il nostro territorio possa essere base logistica per attentati che sempre gruppi che vengono da lontano possono commettere in qualche paese a noi vicino.

Poi c’è uno scenario tutto italiano che allarma, sia pure con attentati per ora non sanguinosi, con l’unica gravissima eccezione dell’omicidio D’Antona. Si tratta di attentati che quasi mai hanno determinato danni alle persone, però stiamo assistendo al riattivarsi e al crescere di questa spirale di violenza, che viene da fronti contrapposti, che sembrano quasi rispondersi e farsi eco.

Noi quindi vorremmo innanzitutto conoscere, del resto lei avrà letto tutti gli interventi dei colleghi, il suo punto di vista e quello del suo ufficio su questa analisi, e sulle correzioni o contraddizioni che sono venute dai colleghi, essendo chiara la nostra preoccupazione di fondo.

Abbiamo avuto in questi anni, sin dall’audizione del prefetto Ferrigno, la netta impressione, poi confermata dalla sua audizione che non ci si trovava di fronte a fenomeni misteriosi, di incerta origine. Ci è sembrato un corredo informativo che nasceva prevalentemente da un’analisi dei fenomeni di notevole spessore, che ci lasciava presagire successi indagativi nell’azione di contrasto di maggiore rilevanza, più ravvicinati di quelli che invece concretamente stiamo verificando. Ci domandiamo quindi quale sia, nella catena che passa dall’analisi all’attività informativa, alla polizia di prevenzione e alla polizia giudiziaria, l’anello che non sta funzionando, perché di fronte a fenomeni così noti ci si aspetterebbe che i successi si conseguano in tempi più rapidi.

Ho letto sulla stampa, parlo a titolo personale senza impegnare la Commissione, della recente indagine della procura di Foggia. Anche in quel caso abbiamo visto porsi ancora oggi alla base di queste ipotesi indagative fenomeni che invece a noi parvero chiari, sin da quando ci misurammo con gli stessi subito dopo l’omicidio D’Antona; cioè il ruolo che nell’organizzazione delle BR-PCC possono aver avuto gli irriducibili del carcerario e poi il ruolo che potevano avere almeno dei "pezzi" del CARC. Da quello che abbiamo capito dai giornali, quel circolo filo-rosso è stato composto da persone che venivano dall’esperienza dei Comitati di appoggio alla resistenza per il comunismo. Così anche sul "Corriere della sera" di oggi, e in parte anche su un articolo di "Libero" ho visto che quelle perquisizioni effettuate nelle sedi dei CARC nell’ottobre del 1999, quindi già ad alcuni mesi di distanza dall’omicidio D’Antona e non nella sua immediatezza - come a mio avviso sarebbe stato possibile dato il tipo di informazioni e di analisi che c’erano - stanno sfociando in un’indagine per associazione sovversiva. Direi che questo un po’ mi consola ma anche mi rafforza nell’allarme. Lei ricorderà questo aspetto perché lo sottolineammo anche nel corso delle sue passate audizioni. Ritengo che puntare il fuoco dell’indagine sul reato-fine, cioè sull’omicidio, sia impresa meritoria ma ardua, perché sul reato-fine, anche quando si utilizzano tecniche investigative estremamente sofisticate, come quelle utilizzate in tutta la vicenda del telefonista, cioè di Geri, di fronte a gruppi piccoli molto compartimentati, soprattutto se di buon livello "professionale", non possa portare ad alcun successo. Ho invece segnalato, per la verità con disaccordi interni alla Commissione, che a mio avviso ci si poteva più utilmente impegnare sulla persecuzione del reato-mezzo, cioè l’associazione sovversiva. Noi abbiamo tante figure di reato in cui non conta tanto ciò che si commette ma ciò che si progetta e si programma, ciò che si dice e si scrive.

Segnalai anche la possibilità che rispetto a reati associativi di questo tipo l’ipotesi del concorso esterno, che è stata ampiamente utilizzata per il reato associativo di tipo mafioso, venisse utilizzata anche in questi casi. Oggi sembrerebbe che questa via non sia stata trascurata, ma mi domando perché non si è ancora arrivati nemmeno alla formulazione di un’imputazione. Cioè, il carattere sovversivo o non sovversivo del CARC non è possibile stabilirlo sulla base dei documenti prodotti da questa organizzazione e della documentazione acquisita? E’ come se ci fosse quasi una timidezza a riutilizzare questi strumenti che invece l’ordinamento ci fornisce. In una situazione allarmante, è una mia valutazione personale che non impegna la Commissione, penso che tali strumenti potrebbero essere utilizzati con maggiore durezza e intensità.

Questo ci riporta poi al problema di Forza Nuova, argomento che ci ha molto impegnato nella scorsa seduta. Anche Forza Nuova è un’associazione visibile, ha dei programmi e cura pubblicazioni. Potrebbe allora farsi una valutazione - al di là di quello che potrebbe esserci dietro, del livello occulto dei collegamenti -, della eventuale rilevanza penale, compito ovviamente della magistratura, sulla base di ciò che Forza Nuova apparentemente è, per vedere se è compatibile con un ordinamento democratico, una associazione politica che avrà fini e programmi dichiarati e che porrà problemi eventualmente di discriminazione razziale, religiosa.

Il fratello di Fiore, l’avvocato, ci ha inviato tutta una documentazione che tenderebbe a contraddire sia le analisi che probabilmente ci farà il prefetto Andreassi, sia la documentazione acquisita per iniziativa dei colleghi Mantica e Fragalà nella scorsa seduta. Però, guardando la storia, noto ad esempio che Fiore e Morsello nel 1980, 1981 ricevono dei provvedimenti restrittivi della libertà personale sulla base di partecipazione ad associazione sovversiva, nemmeno alla banda armata, e poi fuggono. Quindi, in quell’epoca la risposta giudiziaria conosce questo tipo di intensità e durezza.

Mi domando, perché, almeno dopo l’omicidio D’Antona, non si sia applicato lo stesso vigore - capisco che sono "spade che tagliano dai due lati", ci può anche essere la preoccupazione che un eccesso di rigore inasprisca i fenomeni anziché curarli -, dopo un omicidio di dichiarata matrice politica, rivendicato dal carcerario e sostanzialmente criticato, non in sé ma come pericolosa fuga in avanti, da una serie di queste sigle; e dopo che i Nuclei territoriali antimperialisti affermano dichiaratamente, (mi sembra chiarissimo da quell’ultimo documento del 13 gennaio), che sono cosa diversa dalle BR-PCC e che però non disapprovano affatto l’omicidio D’Antona. Tenete presente che io valuto questo omicidio un insuccesso come fatto di propaganda armata per le BR–PCC. Dobbiamo attribuire un senso al silenzio, rispetto ad ulteriori attentati alle persone, che ormai dura da oltre un anno e mezzo?

Su tutti questi punti vorremmo la sua opinione. Prima di darle la parola vorrei però fare un’ultima considerazione sulle BR-PCC.

Indagando sul caso Moro abbiamo ascoltato, in un’audizione molto interessante, il dottor Chelazzi, il quale ci fece notare che a suo avviso la riassunzione della sigla BR-PCC non poteva essere avvenuta se non con il consenso degli antichi titolari della "ditta" e collegò il carattere temporalmente ravvicinato tra l’omicidio D’Antona e il ritorno in semilibertà di un titolare di quella ditta. Poiché oggi, in un articolo apparso su "Libero", ho visto emergere l’ipotesi che questo soggetto sia nuovamente indagato, vorrei sapere se è questa un’ipotesi indagativa attuale o no. Mi dica lei, prefetto Andreassi, come desidera che si proceda, se in seduta pubblica o segreta.

Intendo inoltre rivolgere un avvertimento ai colleghi: siamo alla conclusione della legislatura, dopo l’audizione del prefetto Andreassi abbiamo programmato l’audizione dei ROS, dei Servizi e poi abbiamo previsto di audire anche il Ministro dell’interno. Ebbene, faccio presente che qualora in questa fase venissero rilasciate dichiarazioni in seduta segreta ed il giorno dopo venissero riportate sui giornali, non farò più audizioni. Se vorranno, presiederanno la Commissione i vice presidenti Grimaldi e Manca. Se ci viene chiesta, ripeto, in una fase così delicata, l’audizione segreta e il segreto non viene mantenuto, comunico che non mi renderò più involontario complice della fuga di notizie la segretezza delle quali è nell’interesse generale per il Paese.

Do quindi la parola al prefetto Andreassi.

ANDREASSI. Signor Presidente, chiedo la secretazione delle mie dichiarazioni sin dall’inizio del mio intervento, giacché questa volta non si tratta di effettuare analisi, bensì un resoconto di quanto abbiamo fatto.

PRESIDENTE. Ne prendo atto. Possiamo quindi procedere in seduta segreta.

I lavori proseguono in seduta segreta dalle ore 20,27.

…omissis…

I lavori riprendono in seduta pubblica alle ore 23,55.

MANTICA. Signor Presidente, non avendolo fatto prima, vorrei mettere a verbale una richiesta. Andando a rileggere alcuni interrogatori è uscita fuori una Commissione Bianco, di cui francamente io non conoscevo l’esistenza. Grazie alla collaborazione della segreteria della nostra Commissione, ho saputo che la Commissione Bianco era composta da soli deputati, e la sua costituzione era stata deliberata il 16 ottobre 1986. Tale Commissione ha interrotto i propri lavori per l’anticipata fine della legislatura con la raccomandazione rivolta alle Camere di proseguire le indagini nella legislatura seguente, mediante una Commissione bicamerale d’inchiesta - che sarebbe quella attuale - e ha trasmesso tutti gli atti formati o acquisiti all’Archivio storico della Camera. Vorrei sapere se è possibile acquisire all’archivio della Commissione stragi anche tutti i documenti relativi alla Commissione Bianco.

PRESIDENTE. Non appena mi "riprenderò" da questa seduta ci penseremo.

Penso di dover ringraziare a nome di tutti il prefetto Andreassi, unendo anche il mio personale apprezzamento per i contenuti di questa audizione.

A tutti i membri e ai consulenti il richiamo all’assoluta necessità che soprattutto ciò che il prefetto ha detto sullo sviluppo delle indagini future non appaia sulla stampa, altrimenti questa volta presenterò una denuncia alla procura della Repubblica, cercando anche di fornire indirizzi sulla possibile fonte di tali notizie.

La seduta termina alle ore 23,58.

 

Home page Commissione stragi