per l’indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi
MERCOLEDÌ 14 Maggio 2003
89ª Seduta
Presidenza del Presidente
PETRUCCIOLI
Intervengono il presidente della RAI, dottoressa Lucia Annunziata, i consiglieri di amministrazione, professor Francesco Alberoni, professor Angelo Maria Petroni, professor Giorgio Rumi, professor Marcello Veneziani e il direttore generale, dottor Flavio Cattaneo.
La seduta inizia alle ore 14,10.
SULLA PUBBLICITÀ DEI LAVORI
Il presidente, senatore PETRUCCIOLI, avverte che, ai sensi dell’articolo 13, comma 4, del Regolamento della Commissione, la pubblicità della seduta sarà assicurata per mezzo della trasmissione con il sistema audiovisivo a circuito chiuso. Avverte altresì che sarà redatto e pubblicato il resoconto stenografico.
Seguito dell’audizione del Presidente, del Direttore Generale e del Consiglio di Amministrazione della RAI
Riprende l’audizione sospesa nella seduta di ieri.
Il deputato STERPA si sofferma in primo luogo sulla questione, da più parti sollevata, dello speciale ruolo di garanzia che sarebbe da attribuire alla Presidente del Consiglio di amministrazione in quanto esponente di un’area culturale di minoranza.
In proposito egli ritiene che il risalto che si è inteso dare alla provenienza culturale del Presidente del Consiglio di amministrazione, riequilibrata dall’affinità ad altre correnti culturali che caratterizza gli altri quattro Consiglieri, abbia rappresentato una formula attraverso la quale si sia inteso costruire un Consiglio di amministrazione che rappresenti nel suo insieme una garanzia per tutti i cittadini. Ovviamente l’elemento qualificante di tale funzione di garanzia è rappresentato dalla professionalità e dal livello culturale dei Consiglieri stessi. L’oratore si sofferma poi sulla questione del trasferimento di RAIDUE a Milano, una operazione che egli, che ha trascorso gran parte della sua vita nel capoluogo lombardo di cui è anche parlamentare, non può non condividere proprio nel ricordo di quello che ha rappresentato la sede di Milano negli anni pionieristici della televisione italiana. Tuttavia non bisogna a suo parere nascondersi il rischio oggettivo che tale operazione, anziché arricchire l’offerta della RAI rendendola più europea, possa finire per favorire una chiusura provinciale della nuova RAIDUE. Deve essere quindi compito del nuovo Consiglio di amministrazione e del Direttore Generale vigilare affinché questo trasferimento si inquadri in un progetto industriale e culturale di ampio respiro. Il deputato Sterpa si sofferma quindi sulle due questioni, sollevate in molti degli interventi di ieri, relative rispettivamente all’allontanamento dal video di Enzo Biagi e Michele Santoro e alla trasmissione dell’intervista di Antonio Socci al Presidente del Consiglio in occasione dell’ultima puntata di «Excalibur». Per quanto riguarda la prima questione il deputato Sterpa ricorda di aver sempre sostenuto che fosse un grave errore per la RAI privarsi dell’apporto di un grande professionista come Enzo Biagi, e ciò indipendentemente dal fatto, a suo parere incontrovertibile, che, specialmente negli ultimi tempi, egli avesse spesso dimostrato un atteggiamento fazioso. Anche per quanto riguarda Santoro egli ha avuto occasione di affermare, anche in questa sede, la sua contrarietà ad ogni atteggiamento che potesse venire ispirato da volontà di epurazione. Michele Santoro dovrebbe peraltro dimostrare anch’egli nelle sue esternazioni un maggior rispetto per l’azienda e per i suoi interessi. Quanto alla questione dell’intervista di Antonio Socci a Berlusconi il deputato Sterpa si meraviglia dell’asprezza delle critiche per il modo in cui tale intervista è stata condotta, critiche che arrivano a metterne in dubbio la correttezza deontologica; in proposito egli segnala un articolo de «Il Foglio» nel quale si ricorda una intervista di qualche anno fa di Enzo Biagi a Romano Prodi nella quale l’allora Presidente del Consiglio leggeva visibilmente risposte già preparate.
La deputata BUFFO si associa alle domande formulate da numerosi colleghi dell’opposizione in particolare con riferimento alla vicende delle ispezioni al TG3 e dei trasferimenti dei corrispondenti dall’estero.
Ella osserva quindi quanto sia stretto il rapporto fra il processo di normalizzazione in corso all’interno della RAI e la crisi di mercato dell’azienda, di cui il vero e proprio disastro di RAIDUE è l’esempio più significativo, e che appare tanto più preoccupante in relazione ai mutamenti dell’assetto generale del mercato radiotelevisivo determinati dall’ingresso in Italia del gruppo Murdoch. Una RAI meno plurale e meno libera, infatti, è necessariamente destinata a perdere ampi settori di pubblico, e non a caso Aldo Grasso si chiedeva retoricamente sul Corriere della Sera perché ci siano tanti bravi comici di sinistra che non possono lavorare in televisione se non sulle reti di proprietà di Berlusconi.
Il deputato Giuseppe GIANNI chiede di conoscere se corrisponda al vero che sia in progetto lo scioglimento della redazione di RaiMed di Palermo, una redazione che ha prodotto l’anno scorso seicentonovantuno ore di trasmissione di indiscussa qualità.
Se tale notizia rispondesse a verità, si tratterebbe di una decisione in palese contrasto non solo con l’orientamento favorevole al decentramento dell’azienda che pure è stato ribadito dalla presidente Annunziata nella sua relazione, ma con precisi impegni assunti nello scorso mese di settembre dalla RAI e formalizzati in un accordo fra il presidente Baldassarre e il presidente della Regione siciliana, nonché con gli accordi di collaborazione nel settore delle comunicazioni con i Paesi dell’area mediterranea recentemente siglati dal ministro Gasparri. Il deputato Giuseppe Gianni osserva quindi che sarebbe veramente miope perseguire obiettivi di riduzione dei costi sopprimendo settori di attività di grande pregio, quando si assiste a decisioni discutibili come i vistosi aumenti di retribuzione per i dirigenti e i consiglieri di amministrazione o la duplicazione di redazioni estere nello stesso Paese. L’oratore si sofferma infine sulla qualità dell’offerta televisiva, e in particolare sul fatto che risultano completamente disattesi gli impegni più volte ribaditi dalla RAI negli ultimi due anni per un aumento quantitativo e qualitativo dei programmi per bambini.
Il senatore MONCADA LO GIUDICE ritiene che negli interventi svolti ieri dai colleghi dell’opposizione – interventi nei quali non sono peraltro mancati spunti interessanti come quelli forniti dal deputato Carra – si sia insistito in un approccio discutibile, che ha caratterizzato tutto il dibattito in Commissione dall’inizio della legislatura, che è quello di un’idea del pluralismo come somma e compresenza di diverse faziosità.
Egli fa presente, in particolare con riferimento all’annoso caso di Biagi e Santoro che in anni ormai lontani, caratterizzati da una fase di fortissima tensione politica, Sergio Zavoli produsse degli splendidi reportages su argomenti delicati quali la Resistenza o la nascita del fascismo, senza essere oggetto di critiche né da destra né da sinistra. Quest’esempio dimostra, seppur ce ne fosse bisogno, che le vere garanzie dell’indipendenza del giornalista da un lato e del pluralismo dall’altro risiedono nella professionalità e nell’autorevolezza. Il senatore Moncada Lo Giudice invita la Commissione a concentrarsi sui suoi veri compiti istituzionali, che sono quelli di favorire un reale miglioramento dell’offerta della RAI che è in questo momento storico veramente scadente. Il problema vero a suo parere è quello dell’elaborazione di un linguaggio radiotelevisivo che sia in grado di connotare la specificità del servizio pubblico e di attribuire alla RAI un ruolo di promozione nella cultura del Paese e di educazione dei cittadini alla riflessione, alla discussione, all’ascolto e alla reciproca tolleranza.
Il deputato BUTTI si sofferma in primo luogo sulle critiche sollevate in particolare dai colleghi della sinistra in ordine alla vicenda delle ispezioni al TG3.
In proposito egli ribadisce la ferma critica di Alleanza Nazionale all’impaginazione dei servizi del TG3 sulle dichiarazioni spontanee del presidente Berlusconi al processo SME, e rivendica alla sua parte politica il diritto di valutare ed eventualmente di criticare, ovviamente in condizioni di reciprocità, il contenuto di trasmissioni che non appaiono conformi agli obblighi di imparzialità e di pluralismo che devono caratterizzare l’informazione del servizio pubblico radiotelevisivo. Nel contempo peraltro egli non può non rilevare come la gestione della vicenda da parte della dirigenza della RAI abbia destato qualche perplessità, nel senso che i supremi organi di governo dell’azienda hanno assunto iniziative che sarebbero più propriamente di competenza del direttore di testata. L’oratore si associa quindi alle osservazioni di altri esponenti di Alleanza Nazionale circa le perplessità sulle modalità con cui è avvenuto il trasferimento di RAIDUE a Milano, ed auspica che tale decisione sia ripensata in modo da inserirla in un’azione strategica di più ampio respiro. Il deputato Butti chiede quindi alla presidente Annunziata di chiarire un passaggio della sua relazione, che desta una certa perplessità, nel quale ella sembra rivendicare a RAITRE un ruolo tradizionale di rete della sinistra. Nel condividere i passaggi della relazione relativi alle opportunità offerte da un lato dalla televisione satellitare e dall’altro dal digitale terrestre, egli chiede di conoscere dati più precisi sullo sviluppo di questi settori e in particolare sulle risorse che verranno utilizzate per realizzare il periodo di sperimentazione del digitale terrestre. Nel richiedere poi anche informazioni sul processo di sviluppo del digitale radiofonico, egli coglie l’occasione per segnalare i gravi problemi di ricezione del segnale delle radio RAI, soprattutto nell’Italia del Nord, problema che deve essere sicuramente annoverato fra le cause principali della crisi degli ascolti radiofonici.
Il senatore FALOMI esprime in primo luogo il suo apprezzamento per la disincantata analisi della grave situazione dell’azienda svolta dalla presidente Annunziata, anche se taluni aspetti meriterebbero di essere discussi, come ad esempio l’idea di una funzione preminentemente educativa del servizio pubblico.
L’oratore si sofferma quindi sulla questione degli andamenti della raccolta pubblicitaria, che ha avuto un incremento pari a zero nel corso del 2002, nonostante si trattasse di un anno che offriva la notevole opportunità di incremento degli introiti pubblicitari rappresentata dai mondiali di calcio. Egli in particolare chiede alla Presidente e soprattutto al Direttore generale una loro valutazione sul fatto che questo incremento zero risulta, almeno secondo i dati in suo possesso e di cui egli chiede conferma ai dirigenti della RAI, da un incremento dell’un per cento della raccolta pubblicitaria televisiva che è però compensato da un vero e proprio crollo, pari a meno otto per cento, per quanto riguarda la raccolta radiofonica. Sarebbe il caso di approfondire le ragioni di questo vero e proprio tracollo della radio. Sempre in tema di raccolta pubblicitaria egli chiede poi di conoscere se corrisponda al vero che le previsioni per il 2003 sono particolarmente negative, e se questo non sia anche da attribuire al fatto che non siano stati posti in essere tutti gli strumenti che ha la SIPRA per contrastare più efficacemente il concorrente privato. Al di là poi degli effetti sulla raccolta pubblicitaria della RAI, c’è da chiedersi se gli equilibri finanziari della stessa SIPRA non rischino di essere seriamente compromessi. Le considerazioni della presidente Annunziata sul fatto che la crisi della raccolta pubblicitaria sia in parte determinata anche dagli oggettivi effetti distorsivi prodotti sul mercato e sulle scelte degli inserzionisti dall’assunzione della Presidenza del Consiglio da parte di Silvio Berlusconi sono certamente condivisibili; tuttavia proprio questa circostanza dovrebbe indurre ad una politica più aggressiva nei confronti della concorrenza che è certamente difficile da parte di una RAI che censura gli atteggiamenti critici e la libertà intellettuale e che, con una miope logica di parte, si priva delle proprie migliori professionalità. In realtà ciò che è da mettere in discussione è proprio la logica della appartenenza politica che fa premio sulla professionalità, sull’intelligenza, sull’indipendenza intellettuale. Che questo tipo di logica potesse in qualche modo costituire la specifica strada italiana per garantire il pluralismo nell’informazione poteva essere in qualche misura accettabile, pur se criticabile, nel contesto politico determinato dalla rappresentanza proporzionale. È evidente che questa strada non può funzionare in un’epoca di democrazia maggioritaria, che si rispecchia in qualche modo anche nel criterio che è stato utilizzato per nominare l’attuale Consiglio di amministrazione. In realtà è evidente che se si vuole conferire legittimità morale e costituzionale al sistema maggioritario e, per quanto riguarda specificamente la RAI, uscire dall’alternativa fra un servizio pubblico totalmente asservito al vincitore del momento o l’adozione di strade contorte per ricreare il proporzionalismo di intento, bisogna avere il coraggio di costruire un sistema che garantisca una reale autonomia della RAI dal potere politico e una sua reale capacità di rappresentare tutte le culture e i diversi aspetti della società italiana. Il senatore Falomi richiama quindi il Consiglio di amministrazione ad una riflessione sui rischi di vero e proprio smembramento dell’azienda che possono derivare da una serie di decisioni assunte dal Consiglio di amministrazione uscente e che dovrebbero essere urgentemente ripensate. L’oratore conclude il suo intervento chiedendo una specifica attenzione per i notiziari di informazione parlamentare. Non solo infatti, nonostante essi riescano comunque ad attirare una quota di pubblico consistente e costante, essi risultano schiacciati da collocazioni in palinsesto infelici, con orari notturni che il più delle volte non sono rispettati, ma stanno cominciando a soffrire di una trasformazione, indubbiamente negativa, da strumenti per l’informazione dei cittadini sui lavori parlamentari ad ennesime sedi di riproposizione di dibattiti su argomenti del momento.
Il deputato BERTUCCI ritiene che anche in quest’occasione, come più volte è avvenuto in passato, i colleghi dell’opposizione abbiano riproposto una singolare idea del pluralismo radiotelevisivo come tutela di una serie di rendite di posizione acquisite per meriti politici.
Se infatti si vuole parlare di una RAI allineata alle forze politiche di Governo, questa non può non essere identificata prima di tutto nella RAI che nella campagna elettorale del 2001 intervenne così pesantemente a favore del centro-sinistra, e se si afferma che questo o quel giornalista sarebbe stato epurato o punito per un orientamento politico contrario all’attuale Governo, bisogna ricordare come per un lunghissimo passato sia stato praticamente impossibile per un giornalista di destra essere assunto dalla RAI, e solo negli ultimissimi anni si è cominciata ad avere una qualche apertura verso quella parte politica che era stata tenuta costantemente ai margini dell’azienda pubblica. Del resto se si pone mente ai comportamenti nessuno dei telegiornali cosiddetti filogovernativi si è comportato con l’opposizione come ha fatto il TG3 con il presidente Berlusconi, cui è stato teso un vero e proprio agguato con i servizi sulle sue dichiarazioni spontanee davanti al tribunale di Milano. Il deputato Bertucci rileva poi come alla stessa logica di mera conservazione dell’esistente si ispirino anche le critiche sull’avvicendamento dei corrispondenti esteri. In proposito egli ricorda che Piero Badaloni, corrispondente da Bruxelles e indubbiamente collega di grandissimo valore, era stato nominato a quella sede immediatamente dopo le sue dimissioni dal consiglio regionale del Lazio, rassegnate a seguito della sconfitta elettorale dopo essere stato per quattro anni presidente di quella Regione.
Il consigliere di amministrazione della RAI, professor Marcello VENEZIANI, si sofferma in primo luogo sulla questione del carattere di garanzia che viene da taluni attribuito alla presidenza della dottoressa Annunziata. Egli ritiene in proposito di non poter accettare una definizione che farebbe del ruolo della dottoressa Annunziata una sorta di garante dell’opposizione nei confronti del Governo.
In realtà la scelta operata dai Presidenti delle Camere è stata quella di costruire, attraverso l’equilibrio fra un Presidente riconducibile ad un’area culturale di sinistra e quattro consiglieri riconducibili a settori culturali e ideali definibili di centro-destra, un collegio equilibrato e per questo garante dell’indipendenza , dell’imparzialità e del pluralismo della RAI, e comunque composto da persone prive di affiliazione partitica. Un’altra questione che è stata sollevata in numerosi interventi è quella relativa al ritorno in video di Enzo Biagi e Michele Santoro. In proposito egli fa presente di aver personalmente sempre espresso la propria stima per le qualità professionali di Enzo Biagi e Michele Santoro e di averli sempre considerati come una risorsa preziosa per l’azienda, pur senza nascondersi l’innegabile faziosità dei loro atteggiamenti in diverse occasioni. Per quanto riguarda però Enzo Biagi va considerato che egli ha chiuso il proprio rapporto con la RAI, contrattando oltretutto condizioni di uscita estremamente favorevoli. È strano dunque che ora qualcuno ne reclami il ritorno in video come se tale uscita potesse essere liquidata alla stregua di una parentesi senza importanza. Diverso è il caso di Michele Santoro, e il Consiglio di amministrazione è impegnato per favorirne il ritorno in video. Si deve però dire con franchezza che Santoro, coltivando una sorta di immagine di martire e adottando comportamenti polemici e a volte non compatibili con la sua posizione all’interno dell’azienda, non facilita il raggiungimento di un risultato soddisfacente. Il problema di Santoro peraltro è parte di un più generale problema relativo al ruolo del conduttore nei programmi di approfondimento informativo; a suo parere la RAI deve prendere in seria considerazione il suggerimento del modello di doppio conduttore offerto dall’ultimo indirizzo della Commissione in materia del pluralismo. Il professor Veneziani osserva infine di condividere l’osservazione di molti degli oratori intervenuti per cui il pluralismo non deve essere visto tanto come un equilibrio fra posizioni politiche e di partito, quanto come la capacità dell’azienda di descrivere e dare voce e spazio a tutte le componenti del complesso panorama culturale e sociale italiano. Tuttavia egli ritiene che le componenti che fino ad oggi hanno sofferto di una sottorappresentazione e di un vero e proprio atteggiamento snobbistico da parte del servizio pubblico siano state soprattutto quelle il cui orientamento religioso e civile può essere definito moderato o conservatore. In ogni caso, conclude il professor Veneziani, sulla base dell’esperienza di questi primi due mesi egli non può che rigettare l’immagine che alcuni tentano di accreditare di una RAI nella quale non sia garantita a tutti la libertà di parola e di manifestazione di pensiero.
Il senatore MINARDO mentre esprime vivo apprezzamento per la relazione del Direttore generale non può esimersi dal formulare alcune riserve su quella della presidente Annunziata.
In particolare egli ritiene alquanto forzato il teorema secondo cui la crisi di raccolta pubblicitaria del servizio pubblico sia da attribuire al fatto che, divenuto Berlusconi Presidente del Consiglio, gli inserzionisti tendano ad ingraziarselo preferendo le sue televisioni. In realtà la crisi della raccolta pubblicitaria può essere spiegata solo dalla caduta di interesse del pubblico per il prodotto offerto dalla RAI, caduta che secondo quanto affermato dalla dottoressa Annunziata, data dal 1998, ed è quindi da attribuire ad una politica aziendale che ha prodotto un’offerta spesso di bassa qualità approssimativa e non di rado faziosa.
Il senatore PEDRAZZINI, mentre ha apprezzato la sincerità della relazione della dottoressa Annunziata, ha riscontrato in essa alcuni elementi discutibili che non possono essere sottaciuti.
In primo luogo egli dichiara di essere stato sgradevolmente colpito dal passaggio della relazione in cui si sottolinea l’importanza di fornire informazioni sui mondi nuovi che esistono in Italia come quello dei nuovi immigrati e delle diverse religioni, una prospettiva che sembra trascurare l’altra faccia di queste nuove presenze sul territorio nazionale che è quella dei cittadini comuni che si sentono aggrediti da stili di vita diversi e incompatibili con quelli propri del nostro Paese; sarebbe cioè importante che la RAI si ponesse non solo, come peraltro è già avvenuto in passato, come uno strumento per offrire visibilità agli immigrati, da un lato e dall’altro per garantire loro la conoscenza dei diritti e delle opportunità offerte dalla nostra società, ma anche e soprattutto come uno strumento educativo per far conoscere agli stranieri che intendano vivere e lavorare in Italia quali siano i loro doveri e i comportamenti e gli stili di vita a cui ci si aspetta che si adeguino. Il senatore Pedrazzini si sofferma quindi sulla questione del trasferimento di RAIDUE a Milano, osservando come da più parti si sia voluto far passare la manifestazione organizzata per festeggiare il ritorno di questa rete nella città che l’aveva vista nascere come una sorta di sagra strapaesana e provinciale, laddove a questa manifestazione hanno aderito personalità come il sindaco Albertini e numerosi parlamentari di Milano. L’oratore osserva poi che la delibera con cui il precedente Consiglio di amministrazione approvò tale trasferimento, lungi dall’avere come pure è stato detto carattere di approssimazione, si inquadrava in un progetto federalista di ampio respiro, che in questo senso non è dato ritrovare nella relazione della presidente Annunziata che sembra piuttosto ispirata ad una filosofia di mero decentramento.
Il senatore BOCO si associa in primo luogo agli apprezzamenti da più parti rivolti alla spregiudicata relazione della presidente Annunziata.
Egli ritiene peraltro che l’analisi della crisi giustamente da lei denunciata possa e debba essere ulteriormente approfondita, nel senso di chiedersi se il problema vero della RAI non sia da individuare da una parte nel rapporto simbiotico tra informazione e politica, e dall’altra nel fatto che i linguaggi di entrambe queste dimensioni appaiono invecchiati e non più in sintonia con la società italiana. In questo senso egli confessa una certa indifferenza rispetto alle alchimie con le quali si è inteso garantire l’equilibrio fra maggioranza ed opposizione all’interno del Consiglio di amministrazione; certamente egli è consapevole che per un piccolo partito quali sono i Verdi – rimasti sempre fuori dal gioco della lottizzazione della RAI se non altro perché nessuno ha mai riconosciuto loro titolo a partecipare – può apparire un facile gioco quello di criticare questo sistema. Tuttavia egli ritiene che sia difficile negare il carattere ormai obsoleto del linguaggio dell’informazione e della politica. Uno sguardo retrospettivo alla storia della televisione in Italia non può non mostrare come, in mezzo a tanti cambiamenti di programmi e di linguaggio apparentemente radicali, l’immagine dell’azienda sia rimasta sempre quella stessa, rassicurante e un po’ ufficiale, della RAI di un tempo che parlava per una società così diversa dall’attuale e che in essa si riconosceva. Ciò detto egli ritiene che l’azienda pubblica abbia le potenzialità per tentare strade innovative e per parlare a soggetti nuovi e diversi, potenzialità che sono per forza di cose precluse al suo competitore privato. Proprio per questo egli ritiene di dover esprimere al nuovo Consiglio di amministrazione e al nuovo Direttore generale un messaggio di incoraggiamento e di fiducia, che deve sempre essere riconosciuta a chi si appresta ad un cammino nuovo e difficile.
Il senatore SCALERA esprime in primo luogo apprezzamento per la franchezza con cui la presidente Annunziata ha messo in rilievo la preoccupante perdita di ascolti della RAI.
Purtroppo l’eredità consegnata con le ultime decisioni del precedente Consiglio di amministrazione ed anche alcune scelte che si profilano non consentono di trarre auspici favorevoli per un rilancio industriale e di mercato dell’azienda. In primo luogo il trasferimento di RAIDUE a Milano, per la logica e i presupposti che lo hanno determinato rischia di aggravare in maniera irreversibile la profonda crisi in cui versa questa rete, ormai trasformata in una sorta di grande televisione locale. Si tratta di una crisi che viene da lontano, innescata in primo luogo da una politica di trasferimento alla rete Uno dei migliori programmi di maggior successo lanciati dalla seconda rete; egli chiede pertanto alla Presidente e al Direttore generale se questa politica è destinata a continuare. In più le scelte editoriali del direttore Marano, e per quanto riguarda più specificamente l’informazione del dottor Socci, hanno aggravato ulteriormente l’immagine di questa rete; si pensi che «Excalibur» ha mediamente totalizzato sempre meno di metà degli spettatori che sulla stessa rete faceva «Sciuscià». Il trasferimento a Milano, oltretutto, sembra richiedere una mole complessiva di investimenti infrastrutturali abbastanza considerevole, stanti le dimensioni ridotte della sede di Milano; si tratta di una scelta che non appare in linea con l’esigenza di contenere i costi e massimizzare i prodotti, che richiederebbe invece l’utilizzazione intensiva dei centri di produzione, e in particolare di quelli più apprezzati come Torino e Napoli. Quest’ultima sede invece rischia di essere penalizzata a favore di una realtà tutta da costruire come quella di Bari, laddove sarebbe opportuno valorizzarla, anche per esempio restituendole la produzione di varietà.
Il deputato LA RUSSA prende spunto da taluni passaggi dell’intervento del deputato Giulietti che sembrano disegnare un quadro francamente apocalittico che non trova però riscontro nella realtà.
In particolare in tale intervento si è parlato di una serie di epurazioni in tutti i settori della RAI laddove, ad esempio, in tutta la durata del precedente Consiglio non sono stati nominati che quattro nuovi caporedattori regionali su venti sedi complessive. In realtà le critiche del centro-sinistra tradiscono un’idea della RAI statica e conservatrice, dove il rispetto del pluralismo consisterebbe nel riconoscimento di una sorta di inamovibilità per i giornalisti e gli autori graditi alla sinistra. Il deputato La Russa si sofferma quindi sulla relazione della presidente Annunziata, che egli condivide in larga parte ma che su alcuni punti reca dei giudizi non confermati dai dati forniti dalla relazione stessa. Per esempio la presidente Annunziata, nel riconoscere che il calo degli ascolti della RAI data dal 1998, afferma che nell’ultimo biennio vi sia stato un vero e proprio crollo, laddove invece i dati dimostrano che il calo di audience della RAI è stato costante in entrambi i periodi considerati, e pari cioè allo 0,85 per cento ogni due anni. Parimenti non appare suffragata dai dati l’affermazione secondo cui la crescita del mercato della televisione a pagamento avrebbe penalizzato essenzialmente la RAI. Ciò premesso non vi è dubbio che i problemi della RAI sono tanti e di non facile soluzione e che affondano le loro radici soprattutto nei guasti della gestione dei Consigli di amministrazione presieduti da Roberto Zaccaria, che da un lato hanno determinato uno spreco di risorse che è all’origine dei difficili equilibri finanziari dell’azienda e delle difficoltà nel reperimento di risorse per le sperimentazioni tecnologiche, e dall’altro hanno contribuito ad una perdita di immagine sul piano dell’imparzialità e della correttezza che è la vera causa della perdita di leadership giustamente denunziata dalla relazione della dottoressa Annunziata. Peraltro va anche detto che la RAI soffre di un’eccessiva denigrazione da parte dei politici e dei suoi stessi operatori che, in una società dell’immagine, è essa stessa causa di perdita di autorità. Il deputato La Russa esprime poi apprezzamento per gli obiettivi indicati dalla presidente Annunziata di diversificazioni di target e di superamento della natura generalista delle tre reti. In proposito egli dissente dalle perplessità di molti colleghi della maggioranza circa il passaggio in cui la dottoressa Annunziata afferma che RAITRE ha riassunto il suo carattere tradizionale di rete della sinistra, dal momento che a lui è sembrato che la Presidente si sia limitata a fotografare una realtà che lei non condivide, e ad affermare che proprio per questa pretesa di caratterizzarsi in senso ideologico RAITRE ha mantenuto il suo carattere generalista rifiutandosi di differenziarsi sul piano del prodotto a tutto danno dell’azienda. Per quanto infine riguarda la questione del trasferimento di RAIDUE a Milano egli ritiene che da un punto di vista strategico questa decisione potrebbe dimostrarsi anche felice, ma solo se il risultato sarà quello di avere una rete operante a Milano, e che porti in RAI le specifiche capacità produttive e sensibilità culturali di Milano, ma che sia nel contempo fatta per l’Italia e non unicamente per una platea lombarda o settentrionale.
Il consigliere di amministrazione, professor PETRONI, osserva in primo luogo che un’analisi della crisi della RAI e delle strade per superarla deve partire dalla consapevolezza della peculiarità del mercato radiotelevisivo italiano.
Va infatti considerato che in Europa la quota di ascolto delle televisioni di servizio pubblico è mediamente del trenta per cento, molto inferiore dunque a quanto avviene in Italia. È evidente che nel resto d’Europa vi è una situazione in cui il servizio pubblico, proprio perché minoritario, ha una chiara specificità rispetto al mercato dove i privati concorrono fra di loro e non è soggetto alle contrastanti richieste che vengono rivolte alla RAI, che da un lato deve contrastare sul mercato Mediaset, e dall’altro deve mantenere lo standard del servizio pubblico. Un’altra questione che è stata sollevata è quella del pluralismo; in proposito egli si riferisce in particolare alle osservazioni del senatore Falomi, il quale ha posto l’accento sul problema del personale giornalistico e dirigente e sulla necessità di superare tanto una logica spartitoria di tipo proporzionalistico quanto una logica maggioritaria basata sullo spoil sistem. Il consigliere Petroni ritiene che il modo migliore per realizzare un effettivo pluralismo sia quello della neutralità dei criteri di selezione; a tale proposito egli fa l’esempio dei corsi per la formazione dei dirigenti gestiti dalla Scuola Superiore della Pubblica Amministrazione. I criteri di selezione dei giovani ammessi a questi corsi sono esclusivamente culturali e non lasciano spazio a influenze di carattere politico. I giovani dirigenti così assunti, ovviamente, hanno comunque opinioni politiche che presumibilmente sono distribuite secondo una funzione pressappoco simile a quella della popolazione generale. Il pluralismo viene così realizzato a posteriori, laddove se si lasciasse spazio a criteri di selezione non neutrali dovrebbe o realizzarsi a priori tramite accordi e spartizioni, ovvero essere negato sulla base di una selezione conforme agli orientamenti politici in quel momento prevalenti.
Il senatore D’ANDREA ritiene che la crisi di ascolti e di introiti pubblicitari da cui è affetta la RAI debba essere spiegata con un complesso di valutazioni molte delle quali – dalle nuove tecnologie agli effetti distorsivi della presenza al Governo del capo della concorrenza – sono correttamente analizzate dalla relazione della presidente Annunziata.
Peraltro non ci si può nascondere che la crisi della RAI è soprattutto una crisi di prodotto. Da questo punto di vista va detto con forza che – come è evidente a chiunque analizzi spregiudicamente i palinsesti del servizio pubblico – che la diminuzione degli ascolti non può in alcun modo essere attribuita ad una ricaduta negativa in termini di mercato della ricerca della qualità. In passato si è spesso obiettato a chi criticava lo scadimento del prodotto RAI che questo era inevitabile se si voleva andare incontro ai gusti del pubblico ed essere competitivi con il concorrente privato. In altri momenti si è giustificato il calo di audience dell’azienda con l’esigenza di non scendere al di sotto di determinati standard qualitativi. Onestà vuole che si riconosca che l’attuale crisi non è in alcun modo determinata da un prodotto eccessivamente elitario, dal momento che invece la RAI sembra perdere progressivamente la capacità di realizzare prodotti di qualità e sembra allinearsi sempre di più al competitore. Nel condividere la necessità di uno sforzo per un rilancio industriale dei centri di produzione e nel sottolineare i rischi insiti in un processo di smembramento dell’azienda, il senatore D’Andrea chiede se si pensa di affidare a vicedirettori un ruolo di efficace coordinamento. Infine il senatore D’Andrea chiede quali prospettive vi siano per la soluzione dei problemi del precariato.
Il senatore IERVOLINO condivide la necessità di un rilancio industriale dell’azienda ai fini di un significativo miglioramento della qualità del prodotto, rilancio che appare necessario anche per fronteggiare la nuova sfida rappresentata dal gruppo Murdoch e che si configura in questo momento come la questione centrale per la sopravvivenza del servizio pubblico.
Nel condividere le osservazioni di molti colleghi circa il carattere improvvisato di una scelta come il trasferimento di RAIDUE a Milano, che poteva avere invece un valore positivo se inserita in una strategia di più ampio respiro, il senatore Iervolino ribadisce le critiche al progetto di trasferire una serie di produzioni da Napoli a Bari che, mentre appare incoerente con l’esigenza di utilizzare al meglio le strutture produttive esistenti, sembra invece consequenziale con la sottrazione di importanti attività industriali e terziarie subita da Napoli nel corso degli ultimi anni.
Il deputato CAPARINI ritiene ingenerose e ingiustificate le critiche alla delibera sul trasferimento di RAIDUE a Milano, che si inquadrava invece in un’ottica di grande respiro in favore di una federalizzazione della RAI, attraverso anche il trasferimento di un’altra rete al Sud, che rappresenta sicuramente la strada migliore per il rilancio dell’azienda.
Il deputato Caparini segnala quindi la gravissima sottorappresentazione della Lega Nord nei telegiornali e nelle trasmissioni di informazione della RAI, in dispregio di qualsiasi principio del pluralismo: egli fa presente che nel periodo dal 1º gennaio al 25 aprile, in cui i telegiornali e i programmi di approfondimento hanno dedicato ampio spazio alle problematiche del federalismo e della devoluzione, questi dibattiti non hanno mai visto la presenza di alcun esponente della Lega Nord, e in particolare del Ministro per le riforme istituzionali che pure è il Ministro competente in questa materia. I dati dell’Osservatorio di Pavia indicano, che con alcune eccezioni dei dati di Porta a Porta, nel periodo considerato la presenza della Lega su RAIUNO è stata pari a zero, né del resto, per quanto ciò non sia di competenza di questa Commissione, hanno fatto meglio Mediaset e La Sette.
Il seguito dell’audizione è quindi rinviato.
CONVOCAZIONE DELLA COMMISSIONE.
Il presidente PETRUCCIOLI convoca la Commissione per le ore 14 di domani per il seguito dell’audizione della Presidente, del Direttore generale e del Consiglio di amministrazione della RAI.
La seduta termina alle ore 17,15.