COMITATO PARLAMENTARE
PER I PROCEDIMENTI D'ACCUSA
MERCOLEDI' 14 MAGGIO 2003

2a Seduta


Presidenza del Presidente
CREMA


Il Comitato apre i lavori in seduta segreta, indi delibera all'unanimità di proseguirli in seduta pubblica.

La seduta inizia alle ore 14,15.

ESAME DELLA SEGUENTE DENUNCIA

Denuncia sporta dal signor Domenico Ricucci

Il presidente CREMA comunica che i deputati Kessler, Leone e Ghedini sono sostituiti rispettivamente, a norma dell'articolo 3 del Regolamento parlamentare per i procedimenti d'accusa, dai deputati Lucidi, Bertolini e Saponara.

Il PRESIDENTE illustra quindi la denuncia sporta nei confronti del Presidente della Repubblica. A firma Domenico Ricucci è pervenuto ai Presidenti delle Camere uno scritto in cui si chiede la messa in stato di accusa del Capo dello Stato. I fatti all'origine della richiesta non sono decifrabili, essendo definiti "orbamento illegale e reiterato" di norme di legge non individuate: ciò sarebbe avvenuto "mediante associazione a delinquere finalizzata all'occultamento e fabbricazione di prove" e testimonianze false. Parrebbe logico inferire che si tratti di una lamentela collegata ad un episodio di amministrazione della giustizia vissuto come ingiusto dallo scrivente, che parla anche di sentenze non aderenti ai fatti e processi formatisi illegalmente: è infatti chiamata in causa la Procura di Brescia, mediante il rinvio a denunzie che sarebbero state proposte dinanzi alla Procura di Milano.
Naturalmente, la posizione apicale del Capo dello Stato e la sua veste di Presidente del Consiglio Superiore della Magistratura non gli ascrivono necessariamente responsabilità personali - né tanto meno della gravità contemplata dall'articolo 90 della Costituzione - per i presunti disservizi dell'amministrazione della giustizia. Ne pare conscio lo stesso autore dello scritto, che da un lato ipotizza che il Presidente sia "forse inconsapevole" degli eventi occorsigli, e dall'altro lato lascia indeterminata la stessa persona del destinatario dell'accusa limitandosi a riferirla all'"attuale Presidenza o Ufficio di Presidenza della Repubblica italiana".
Alla luce di tutto ciò, nel proporre l'archiviazione dell'atto pervenuto per assoluta e manifesta infondatezza, sente il dovere di reiterare la richiesta dell'esercizio di un potere di "filtro", da parte del Presidente della Camera, nei confronti degli atti che sembrano palesemente difettare anche di quei requisiti minimi che dovrebbero essere propri di una denuncia concernente i reati indicati dall'articolo 90 della Costituzione.
A questo proposito dà lettura della seguente lettera, che ha trasmesso ieri al Presidente della Camera:
"Onorevole Presidente,
ho ricevuto la Sua lettera l’8 maggio scorso (prot. n. 2003/0013817/GEN/PI), con la quale mi ha trasmesso, ai sensi dell’articolo 5 della legge n. 219 del 1989, una denuncia concernente i reati indicati dall’articolo 90 della Costituzione. Di conseguenza, ho immediatamente provveduto a convocare il Comitato parlamentare per i procedimenti di accusa, che mi onoro di presiedere, per le ore 14 del prossimo 14 maggio.
Non posso peraltro esimermi dal rilevare che tale organismo si è già riunito, in questa legislatura, per l’esame di un documento che difettava dei requisiti minimi che dovrebbero essere propri di una denuncia concernente i reati indicati dall’articolo 90 della Costituzione. In quella circostanza (seduta del 2 ottobre 2002) l’unanimità raggiunta nel Comitato per l’archiviazione dell’atto deferito si accompagnò alla richiesta – emersa da numerose parti politiche rappresentate in ambedue i rami del Parlamento e di cui Le diedi conto nella lettera di trasmissione dell’ordinanza di archiviazione (prot. n. 33/C.P.A.) – di sottolineare non solo la manifesta infondatezza dell’atto trasmesso, ma addirittura la palese insussistenza anche dei presupposti minimi che dovrebbero giustificarne l’esame. Gli atti parlamentari di quella seduta potrebbero essere di ausilio per giustificare da parte della Presidenza della Camera l’esercizio di un “filtro” preliminare nei confronti di atti che ben difficilmente si possono ricondurre al nomen di “denuncia”: lo è già, peraltro, la stessa giurisprudenza di legittimità che ritiene necessari - per l’iscrizione nell’apposito registro delle notizie di reato – “specifici elementi indizianti” (Corte di cassazione, sentenza n. 2087 del 23 giugno 1999).
Alla casistica del Comitato l’atto deferito l’8 maggio scorso aggiunge soltanto ulteriori argomenti a conforto della richiesta pervenuta il 26 settembre scorso: non solo c’è la formulazione in incertam personam, ma non vi si allega alcun fatto specifico, non è riferibile chiaramente ad alcuna norma giuridica che sarebbe stata violata dal Capo dello Stato ed è formulato in modo confuso anche il nesso che la sua responsabilità può avere con gli altri eventi, che peraltro non si possono neppure definire adombrati perché sono semplicemente irriconoscibili.
In spirito di doverosa collaborazione, pur comprendendo le ragioni che L'hanno indotta a deferire comunque il predetto atto, sono certo che anche in occasione della seduta del 14 maggio prossimo il Comitato avrà modo di ribadire l'auspicio - anche e soprattutto al fine di evitare possibili strumentalizzazioni politiche, evidentemente estranee alla ragion d'essere dei procedimenti d'accusa - a che in futuro la Presidenza della Camera possa esercitare appieno la cosiddetta facoltà di "cestinazione" degli atti sprovvisti dei requisiti minimi di una notizia di reato.
Voglia gradire, onorevole Presidente, i miei migliori saluti.
Giovanni Crema".

A questa lettera oggi il Presidente della Camera ha risposto con la seguente missiva, di cui il PRESIDENTE dà lettura:

"Onorevole Presidente,
ho ricevuto la Sua lettera del 13 maggio scorso, nella quale Ella svolge alcune considerazioni in ordine all'eventuale esercizio da parte del Presidente della Camera di un "filtro" preliminare nei confronti delle denunce riferite all'articolo 90 della Costituzione.
Ricordo, in proposito, che l'articolo 5 della legge n. 219 del 1989 prevede per il Presidente della Camera l'obbligo di trasmettere le denuncie in questione al Comitato parlamentare per i procedimenti di accusa, senza conferirgli alcun potere di valutare il contenuto delle denunce medesime ai fini del relativo seguito.
La stessa disposizione fa inoltre obbligo di far pervenire alla Presidenza della Camera - ai fini della successiva trasmissione al Comitato - i documenti che altri soggetti ricevano a titolo di rapporto, referto o denuncia riferiti all'articolo 90 della Costituzione. A ciò correttamente si è attenuto il Presidente del Senato, nel trasmettere a questa Presidenza sia la denuncia cui si riferisce la Sua lettera, sia quella esaminata ed archiviata dal Comitato nella seduta del 2 ottobre 2002.
Rilevo altresì che il successivo articolo 8, comma 2, della citata legge n. 219 attribuisce in via esclusiva al Comitato il compito di apprezzare la manifesta infondatezza delle denunce, disponendone in tal caso l'archiviazione.
Tanto Le rappresento ai fini del seguito di competenza del Comitato da lei presieduto.
Con i migliori saluti.
Pierferdinando Casini"


Dichiara quindi aperta la discussione generale sul documento in esame.

Il deputato COLA si dichiara favorevole alla proposta di archiviazione. Alla luce della risposta del Presidente della Camera, poi, auspica una modifica legislativa che, sulla falsariga di quanto in discussione è in questi giorni per la tipizzazione della manifesta infondatezza del ricorso per Cassazione, introduca un vaglio di ammissibilità sulle denunce ai sensi dell'articolo 90 della Costituzione prive dei requisiti minimi, ponendolo ad esempio in capo all'Ufficio di Presidenza.

Il senatore FASSONE, espresso consenso alla proposta di archiviazione, riconosce che la legge non conferisce potere di filtro alla Presidenza, ma ricorda che - in attesa di modifiche legislative - lo si può sempre operare legittimamente in un unico caso: allorchè la denuncia presentata ai sensi dell'articolo 5 non è attinente a taluno dei reati di cui all'articolo 90 della Costituzione.

Il senatore MANZIONE, avendo concordato sull'archiviazione, passa alla questione della creazione di un "frangiflutti" per il Comitato nei confronti dell'abuso di notizie di reato prive dei requisiti minimi: sebbene l'ipotesi della novella legislativa sia suggestiva, tipicizzare l'inammissibilità della notizia di reato è sempre assai difficoltoso, dovendosi studiare limiti rigorosi per evitare intercettazioni arbitrarie del materiale sul quale soltanto il Comitato è competente a pronunciarsi, anche solo per disporne l'archiviazione.

Il deputato SINISCALCHI si dichiara favorevole all'archiviazione, notando peraltro che l'evocazione della figura del Capo dello Stato nell'atto pervenuto avviene in forma mista: è doglianza che sembra voler interessare il Presidente della Repubblica alla vicenda personale dell'autore dello scritto, più che definirlo propriamente complice delle nequizie che egli assume aver subito. L'infondatezza della notizia di reato discende perciò anche da questa genericità di intenti, che merita di emergere in motivazione nel decreto di archiviazione.
La provvida ed opportuna iniziativa del Presidente Crema, tesa a semplificare la procedura baroccheggiante dell'esame in Comitato di ciascun atto pervenuto nei confronti del Capo dello Stato, non poteva che produrre la doverosa risposta del Presidente della Camera, conforme alla legge ordinaria vigente in materia. La soluzione prospettata da taluno, di intervenire a livello legislativo per porre rimedio alla questione, omette di considerare che l'automatismo della trasmissione opera a garanzia sia del denunciante che del Capo dello Stato; in una materia così delicata è complesso introdurre fasi valutative intermedie, prima della pronuncia del Comitato, il quale reca in sè un fondamento costituzionale profondamente radicato nell'impianto complessivo della disciplina processuale esistente per i reati presidenziali.
Il senatore D'ONOFRIO si dichiara favorevole all'archiviazione e conviene con il Presidente della Camera sull'impossibilità di prevedere un filtro ad opera di organo diverso dello stesso Comitato, l'unico ad essere investito in questa fase di competenze di tipo giurisdizionale penale. Gli atti preparatori della legge n. 219 del 1989 dimostrano che non si intendeva porre alcun filtro alla funzione di esame del Comitato parlamentare per i procedimenti di accusa; quella voluntas legislativa sembra tuttora attuale e, pertanto, si dichiara contrario a qualsivoglia modifica legislativa che intendesse introdurre un filtro e porlo in capo al Presidente della Camera. Si sofferma infine sulla distinzione tra responsabilità per atti propri del Presidente della Repubblica, nella veste di Presidente del Consiglio superiore della magistratura, e l'insussistenza di responsabilità dello stesso per atti della magistratura in relazione alla sua carica di Presidente del Consiglio superiore della magistratura.

Il senatore ZICCONE esprime apprezzamento per il tentativo del Presidente Crema di risolvere in via preventiva il problema delle notizie di reato prive dei requisiti minimi; se l'argomento giuspositivistico della Presidenza della Camera può apparire insormontabile, occorre però farsi carico in futuro del rischio sempre presente di paralisi di un organo parlamentare come il Comitato, laddove fosse destinatario di denunce seriali o comunque di una proliferazione di tipo pretestuoso degli esposti nei confronti del Capo dello Stato.

Il deputato Filippo MANCUSO si dissocia dall'ipotesi di introdurre un secondo grado di valutazione, preliminare a quello del Comitato, sia per gli argomenti spesi dalla Presidenza della Camera che per questioni ordinamentali di tipo sistematico: l'esercizio del vaglio preventivo su un organo posto a valle della filiera procedimentale comporta, nel sistema processuale, che quest'ultimo abbia sempre un potere di controllo nei confronti dell'organo investito del vaglio. Neppure il richiamo all'inammissibilità del ricorso per Cassazione è pertinentissimo, essendo legato ad attività a formalizzazione necessaria (per cui si può sanzionare l'assenza di forme doverose come la firma), mentre l'esposto è per definizione attività a forma libera, dovendosene valutare anzitutto il contenuto. L'unica fattispecie del tutto negativa, immeritevole anche solo di un'ordinanza di archiviazione, è il cosiddetto "non atto", che rasenta l'istituto dell'inesistenza giuridica ed è quindi immeritevole anche solo del rigetto. Non versandosi in tale caso limite, occorre votare e, nella fattispecie, concorda con la Presidenza per un voto di archiviazione; il riconoscimento delle peculiarità proprie dei procedimenti per reato presidenziale comporta che in motivazione ci si astenga il più possibile da considerazioni che confliggerebbero con il particolare rango di questo tipo di giurisdizione, che come è noto pertiene ad un foro speciale rappresentato dalla Corte costituzionale.

Il Presidente CREMA, nel dichiarare chiusa la discussione, ribadisce che la sua corrispondenza con la Presidenza della Camera fu originata dal dibattito della precedente seduta, quando il Comitato - nel deliberare l'archiviazione dell'atto - invitò a che la conseguente ordinanza tenesse conto delle considerazioni espresse relative alla palese insussistenza degli stessi presupposti necessari per configurare una denuncia ai sensi dell'articolo 90 della Costituzione, auspicando che in casi analoghi potesse essere eventualmente effettuato un vaglio preliminare sulla configurazione stessa delle denunce presentate contro il Presidente della Repubblica. Prende doverosamente atto della risposta del Presidente Casini, ma ritiene che una sensibilità diffusa tra i componenti del Comitato meritasse comunque una sede in cui poter essere espressa e si dichiara soddisfatto di come il dibattito si è svolto.
Passando al contenuto dell'atto in esame, ricorda che esso è sicuramente privo di molti requisiti propri della denuncia, ma si sviluppa sotto un'intestazione recante il nomen iuris di richiesta di "mettere in stato di accusa" il Capo dello Stato. Nel merito, poi, questa denuncia imputa al Presidente della Repubblica un episodio di presunta inefficienza della giustizia, ed è questo - non la qualifica di Presidente del CSM - che comportava il giudizio di mancato riscontro in concreto di elementi di responsabilità personale formulato nell'esposizione introduttiva.

Infine, il Comitato - accogliendo la proposta posta in votazione dal Presidente - delibera all'unanimità l'archiviazione della denuncia.

La seduta termina alle ore 15,00.