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GIUNTA DELLE ELEZIONI E DELLE IMMUNITA' PARLAMENTARI

MERCOLEDÌ 5 OTTOBRE 2016
111ª Seduta

Presidenza del Presidente
STEFANO

La seduta inizia alle ore 18,40.

IMMUNITA' PARLAMENTARI

Richiesta di deliberazione sull'insindacabilità delle opinioni espresse, avanzata dal senatore Gabriele Albertini, in relazione al procedimento penale n. 7061/13 RG pendente nei suoi confronti dinanzi alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Brescia
(Seguito dell'esame e rinvio)

La Giunta riprende l'esame iniziato nella seduta del 18 febbraio 2015 e proseguito nelle sedute del 24 novembre, del 1° dicembre 2015 e del 3 febbraio 2016.

Il PRESIDENTE ricorda preliminarmente che l'originario relatore, ossia il senatore Pagliari, ha rimesso il proprio mandato con lettera scritta trasmessa alla Presidenza evidenziando che, a seguito di tale rinuncia, ha proceduto alla nomina di una nuova relatrice sul documento in titolo, ossia la senatrice Filippin.

La relatrice FILIPPIN (PD) illustra la propria proposta conclusiva, evidenziando preliminarmente che davanti al Tribunale di Brescia pende un procedimento penale - n. 7061/13 RG - per il delitto di calunnia aggravata, di cui al combinato disposto degli articoli 368 e 61, n. 10, del codice penale. Le indagini relative a tale procedimento si sono concluse il 26 giugno 2014 (come risulta dall'avviso di conclusione delle indagini del 26 giugno 2014, trasmesso dalla Procura di Brescia al Senato con lettera del 13 agosto 2014, pervenuta il 19 agosto 2014). All'origine di questo procedimento, vi è 1'esposto, inviato il 22 ottobre 2012, al Ministro della giustizia dal senatore Gabriele Albertini, all'epoca parlamentare europeo, sull'operato del dottor Alfredo Robledo.
Il 29 luglio 2014 (con lettera in pari data del senatore Albertini al presidente Grasso), il senatore Albertini aveva richiesto, per il suddetto procedimento, l'insindacabilità delle opinioni.
Con riguardo all'esame di tale richiesta di deliberazione sull'insindacabilità delle opinioni espresse, va precisato che essa è avanzata dal senatore Gabriele Albertini, in relazione al procedimento penale n. 7061/13 RG, che lo vede imputato per calunnia aggravata nei riguardi dello stesso Alfredo Robledo. La relatrice sottolinea preliminarmente che la vicenda in questione è assolutamente peculiare.
Sui fatti alla base della richiesta di insindacabilità, in prima battuta, ebbe modo di pronunciarsi il Parlamento europeo, assemblea di cui il senatore Albertini faceva parte al momento in cui divennero conoscibili le sue esternazioni nei confronti dell'allora procuratore aggiunto di Milano, dottor Robledo. Tuttavia, la vicenda merita di essere inquadrata nella sua dimensione esaustiva e per quello che essa sottende: si tratta in particolare di un lungo rapporto conflittuale che origina da attività investigative svolte dallo stesso Robledo e poi esondate in un accanimento inusitato, da parte del magistrato, nei riguardi dell'ex sindaco di Milano.
I peculiari profili della vicenda che lo ha visto protagonista si possono riassumere in tre fasi.
Nella prima fase, appunto, il confronto tra il dottor Alfredo Robledo e il senatore Albertini assume le vesti della controversia in giudizio quando il procuratore aggiunto di Milano querela Gabriele Albertini per le dichiarazioni rese da quest'ultimo. Indi, l'allora onorevole Albertini chiese che la Commissione giuridica del Parlamento europeo si pronunciasse sulla sindacabilità delle sue opinioni quale parlamentare europeo e la Camera continentale, seguendo una giurisprudenza risalente, ritenne di escludere che tali affermazioni potessero essere coperte dall'usbergo dell'insindacabilità.
Tuttavia, risulta che lo stesso Alfredo Robledo si fosse adoperato in modo reiterato ed insistente per incidere sul processo decisionale della Camera di appartenenza di Gabriele Albertini o, quantomeno, per mantenersi informato sull'iter del procedimento medesimo, senza averne minimamente titolo.
La seconda fase della vicenda vede, invece, Gabriele Albertini vestire i panni di senatore. Prosegue - senza esclusione di colpi - la polemica tra il magistrato e l'ex sindaco di Milano. Quest'ultimo compie numerosi atti, tutti volti a stigmatizzare la condotta del Robledo, con plurimi interventi in Assemblea, successivi allo stesso esposto al Ministro della giustizia, e numerose, ulteriori dichiarazioni rese extra moenia al fine di spiegare, motivare e meglio argomentare le ragioni del suo dissidio con il Robledo, e soprattutto gli elementi che avrebbero potuto dimostrare la veridicità e la fondatezza delle dichiarazioni rese al "Sole 24 ore", che costituiscono la base per il processo penale nei riguardi dello stesso senatore.
La terza fase è quella in cui intervengono alcuni atti giurisdizionali che riguardano il Robledo e lo stesso senatore Albertini.
Alfredo Robledo viene infatti trasferito dall'ufficio di procuratore aggiunto di Milano al collegio giudicante di Torino in seguito ad una decisione in via cautelare adottata dalla Sezione disciplinare del Consiglio superiore della magistratura. In un secondo momento, pronunciandosi nel merito, la stessa Sezione disciplinare condanna il magistrato e ne dispone il trasferimento a Torino, pur revocando il tramutamento di funzioni e, dunque, attribuendogli le funzioni requirenti in quello stesso distretto di Corte d'Appello.
Nel dispositivo con cui la Sezione disciplinare del Consiglio superiore della magistratura condanna il Robledo risulta chiaramente accolto l'addebito secondo cui il magistrato avrebbe richiesto indebitamente copia degli atti riguardanti proprio la richiesta di immunità di Gabriele Albertini al Parlamento europeo. Un segno, questo, della costante, indebita e insistita intromissione dello stesso Robledo, proprio nel procedimento relativo alla mancata concessione della guarentigia parlamentare ad Albertini a Bruxelles.
Dalla ricostruzione della complessiva storia conseguente alle dichiarazioni rese dal senatore Albertini nel più volte citato esposto, emergono argomenti in forza dei quali vale ritenere - secondo la relatrice - che le opinioni espresse dal senatore in questione possano considerarsi coperte dalla guarentigia dell'insindacabilità.
Innanzitutto, la questione della competenza della Giunta è, in sostanza, quella della sussistenza dei presupposti scriminanti delle presunte condotte calunnatorie del senatore Albertini.
Prima della pronuncia della sezione disciplinare del Consiglio superiore della magistratura, l'originario relatore Giorgio Pagliari aveva svolto la propria esposizione introduttiva, proponendo che la Giunta dichiarasse la propria incompetenza sulla base del rilievo che, al momento delle espressioni manifestate dal senatore, questi era parlamentare europeo, di tal che la guarentigia a questi applicabile sarebbe dovuta essere quella prevista dal Protocollo numero 7 sui privilegi e le immunità dell'Unione europea, e segnatamente il suo Capo III (articoli 7, 8 e 9), circa i membri del Parlamento europeo.
D'altronde, per un'analoga questione riguardante il processo civile avente ad oggetto fatti in parte coincidenti, la Giunta delle elezioni e delle immunità parlamentari, chiamata una prima volta all'esame sulla sindacabilità delle opinioni espresse il 3 settembre 2014, aveva avviato i propri lavori il successivo 7 ottobre 2014 e li aveva conclusi il 29 dello stesso mese, proponendo all'Assemblea del Senato di dichiarare la propria incompetenza, rientrando la questione nelle attribuzioni del Parlamento europeo in quanto il senatore Albertini era, all'epoca, membro di tale assemblea parlamentare. Se del caso - opinava la Giunta - sarebbe dovuto essere investito quest'ultimo del problema anche in sede di eventuale riesame.
Il 4 dicembre 2014, l'Assemblea del Senato aveva approvato la proposta della Giunta su questa "vicenda gemella in sede civile", dichiarando la propria incompetenza a deliberare "poiché l'interessato non rivestiva la qualifica di senatore all'epoca dei fatti".
Rileva la relatrice che all'origine di questo procedimento, vi è l'esposto inviato il 22 ottobre 2012 al Ministro della giustizia dal senatore Gabriele Albertini, all'epoca parlamentare europeo, sull'operato dello stesso dottor Robledo.
Tuttavia, questo ha rappresentato soltanto un capitolo di una lunga sequela di atti e di reazioni che ha visto il magistrato e il senatore confrontarsi ripetutamente, con esternazioni, denunce, querele ed esposti. Il senatore Albertini, in particolare, ha svolto interventi o compiuto atti tipici del mandato parlamentare per ben trentotto volte, in seguito all'apertura del procedimento penale nei suoi confronti.
In altre parole, rileva la relatrice, sono intervenute significative sopravvenienze. All'origine vi è stato il tentativo, da parte del senatore Albertini, di sottrarsi a quello che appare - secondo la relatrice - a tutti gli effetti un comportamento improntato ad un animus persecutionis veemente e accanito da parte del magistrato requirente.
Del resto, il senatore Albertini aveva già inoltrato al Parlamento europeo la "richiesta di difesa dei privilegi e delle immunità" nel quadro del procedimento penale dinanzi al Tribunale civile di Brescia (n. 7060/13 RG).
Il 25 marzo 2015 la decisione del Parlamento europeo si era risolta in una conferma delle decisioni del 21 maggio 2013 e del 24 febbraio 2014, in relazione al procedimento civile e di non difesa dei privilegi e delle immunità di Gabriele Albertini in relazione al procedimento penale. Il Parlamento europeo aveva in particolare ritenuto che non fosse stata fornita la prova dell'esistenza di un nesso diretto ed evidente tra le opinioni espresse e le funzioni parlamentari.
Naturalmente, questa circostanza non può fondare una impropria exceptio iudicati in quanto Parlamento europeo e Parlamento italiano non "sono ordinamenti sovrani ed indipendenti". Va poi sottolineato che la giurisprudenza, il procedimento e la latitudine applicativa del nesso funzionale tra espressioni del pensiero e opinioni e mandato parlamentare è declinato in modo del tutto diverso da parte delle due Assemblee legislative, quella nazionale e quelle europea.
Al riguardo, il fatto che sulla stessa questione il senatore Albertini si sia esposto anche durante la XVII legislatura nazionale non può essere - secondo la relatrice - ritenuto irrilevante. Anzi è proprio questo il presupposto per radicare la competenza della Giunta.
Infatti, le opinioni "introdotte" nel procedimento penale n. 7061/13 RG, più volte citato, furono seguite dalle iniziative assunte dal Consiglio superiore della magistratura e dal Ministro della giustizia con riferimento al citato procuratore aggiunto Alfredo Robledo; il che rappresenta l'indice - secondo la relatrice - dell'esistenza di uno spazio oggettivo di critica che non può essere escluso semplicemente ipotizzando che la Giunta e l'Assemblea del Senato siano incompetenti sulla base della formale applicazione del principio tempus regit actum.
Le ulteriori esternazioni contestate al senatore Albertini in pendenza del mandato di parlamentare italiano sono infatti state numerosissime e pienamente coincidenti in termini di oggetto, materia, presupposti, fatti ed addebiti svolti.
Inoltre, non si è trattato - secondo la relatrice - di atti o dichiarazioni rese successivamente al fine di "coprire" le esternazioni per le quali vi è processo penale. Invece, si è in presenza della naturale prosecuzione di quell'attività di manifestazione del pensiero e di critica di politica giudiziaria che è proprio tipica dell'esercizio del mandato parlamentare; essa si pone in diretta connessione teleologica con le prime esternazioni, le quali sono state prese in considerazione da altri organi di rilievo costituzionale (il Consiglio superiore della magistratura) pronunciatisi sulla condotta del dottor Robledo; quest'ultima, infine, è stata direttamente incidente sulla procedura volta a conseguire l'immunità in ambito europeo in un momento in cui Albertini era deputato di quell'Assemblea.
Anzi, rileva chiarire che in termini di imputazione penale, la calunnia aggravata che si contestava all'allora parlamentare europeo Gabriele Albertini è stata reiterata, ribadita e meglio precisata. Si comprende che tutti gli atti compiuti e le opinioni espresse dal medesimo quando questi rivestiva la carica di senatore, sono stati completamente orientati a svolgere l'exceptio veritatis contro gli addebiti di calunnia che gli si contestavano in prima battuta.
È quindi evidente che la continuità assoluta dell'operato del senatore pretenderebbe - secondo la relatrice - uno scrutinio dei profili di insindacabilità del tutto fondato sulla continuità e la coerenza logica delle sue condotte. In questo senso, peraltro, il fatto che il Parlamento europeo abbia allora declinato di far valere la guarentigia dell'insindacabilità è argomento in più perché la Giunta si pronunci nel merito del fumus persecutionis e riconosca la piena sussistenza del nesso funzionale delle dichiarazioni del senatore rese extra moenia con una condotta da parlamentare perfettamente conseguente.
La relatrice sottolinea inoltre che lo stesso Protocollo per i privilegi e le immunità dell'Unione europea impone che: "Per la durata delle sessioni del Parlamento europeo, i membri di esso beneficiano: a) sul territorio nazionale, delle immunità riconosciute ai membri del parlamento del loro paese".
Nel caso di specie si realizzerebbe proprio l'inverso, e cioè verrebbe trascurato il legame e, dalla prospettiva dell'incriminazione penale, il vincolo di continuazione che congiunge tutte le condotte del senatore. In tal modo - secondo la relatrice - la Giunta e l'Assemblea lo abbandonerebbero sprovvisto di tutela, lasciandolo sostanzialmente in una zona grigia di mancata protezione, derivante dalla teorica estensione del principio restrittivo dell'insindacabilità parlamentare europea. Tutto ciò in danno della latitudine applicativa dell'articolo 68 della Costituzione italiana, il quale, in questa circostanza, agisce invece quale autentico controlimite. Ed è proprio questo - secondo la relatrice - il significato più rilevante della citata pronuncia n. 35523 del 2007 della Corte di Cassazione, la quale è nitida nell'affermare che: "il Protocollo europeo sui privilegi fa rinvio ai sistemi di guarentigia nazionali sia per i contenuti sostanziali che per le relative procedure". E si tratta di un chiaro principio di "non regressione" che costituisce un cardine della cultura giuridica europea e del rapporto tra gli ordinamenti euro-unitario e nazionali.
Inoltre, nell'assicurare continuità di controllo e protezione attraverso la valutazione sistematica degli atti compiuti nel periodo in cui Albertini è appartenuto prima all'una e poi all'altra delle due Assemblee, si rinviene un elementare principio di civiltà giuridica che non può essere trascurato, a maggior ragione se si tiene conto della complessiva storia dei rapporti giudiziari tra lui e il dottor Robledo, che meritano di essere letti nella loro interezza e sistematicità, così come dovrebbero interpretarsi, come parti di un tutto, l'esposto da cui origina l'ipotesi di calunnia aggravata e le altre trentotto dichiarazioni dell'Albertini tutte compiute nell'ambito degli atti tipici ai sensi della legge n. 140 del 2003, parti di un tutto che nel merito e proceduralmente ricadrebbero - secondo la relatrice - in quella "medesimezza del disegno criminoso" che l'articolo 81 del codice penale individua quale elemento decisivo per parlarsi di un reato continuato. E nel caso di specie la continuazione, dal punto di vista dell'esplicarsi della procedura parlamentare, della valutazione del merito delle dichiarazioni del senatore Albertini, è dimostrata - secondo la relatrice - da quanto si diceva in principio e cioè che il medesimo intendeva solamente rendere chiaro e lineare come le indagini a carico suo e dell'amministrazione che rappresentava erano nel momento in cui furono svolte e disposte, appunto, arbitrarie, infondate e pretestuose. Inoltre non deve essere trascurato che proprio da quell'esposto originò l'attività del Ministro che poi avrebbe condotto all'esercizio dell'azione disciplinare nei confronti del dottor Robledo.
A riprova ulteriore della fondatezza di questo iter logico, vi sono proprio gli indirizzi giurisprudenziali di cui alle sentenze della suprema Corte di Cassazione penale, n. 10773 del 9 febbraio 2004 e n. 35523 del 15 giugno 2007.
Con tali sentenze, la Corte di Cassazione sostiene che l'articolo 10 del Protocollo sui privilegi e le immunità delle Comunità europee rinvia proprio alle discipline nazionali in materia di immunità per i comportamenti posti in essere nel Paese di appartenenza, stabilendo quindi una connessione oggettiva tra il predetto articolo 10 del Protocollo e l'articolo 68 della Costituzione; connessione oggettiva che, nel caso di specie, induce a ritenere che l'intera condotta del parlamentare sia da considerare sia per la sua parte precedente all'esposto che per quella successiva. Occorre quindi riconoscere - secondo la relatrice - la coerenza, la continuità di contenuti e la logica volta a sostenere le proprie ragioni storiche e giuridiche su una vicenda di politica giudiziaria generale, ma anche personale in quanto involgeva - e anzi attraversava - tutte e tre le cariche che l'Albertini ha coperto in un periodo in cui ha dovuto sempre far fronte agli attacchi giudiziari del dottor Robledo: come sindaco, come parlamentare europeo e come senatore.
Proprio alla luce di tali conclusioni, la relatrice propone che la Giunta delle elezioni e delle immunità parlamentari si dichiari competente a valutare nel merito il nesso funzionale tra le dichiarazioni del senatore Albertini e l'esercizio del mandato parlamentare, alla luce dell'intera vicenda che lo ha visto opporsi all'agire del magistrato requirente che è parte nel processo penale a suo carico. La relatrice propone inoltre che la Giunta e l'Assemblea considerino le dichiarazioni rese dal senatore Albertini ("indagini arbitrarie"), coperte dalla scriminante di cui all'articolo 68 della Costituzione, con conseguente esclusione dell'antigiuridicità delle dichiarazioni per le quali il senatore Albertini è gravato dell'addebito di calunnia aggravata. Tali dichiarazioni, invece, risultano ictu oculi sostenute nella loro veridicità, a tacer d'altro, dalla pronuncia di condanna della sezione disciplinare del Consiglio superiore della magistratura nei riguardi dell'allora procuratore aggiunto di Milano Alfredo Robledo.

Il senatore ALICATA (FI-PdL XVII) propone di rinviare il seguito dell'esame del documento in titolo, atteso che la proposta conclusiva, formulata dalla relatrice Filippin, risulta diversa rispetto a quella prospettata dall'originario relatore, senatore Pagliari e conseguentemente occorre un lasso di tempo per approfondire le nuove argomentazioni contenute nella stessa.

Il senatore CASSON (PD) pone l'accento sul capo di imputazione, ritenendo che lo stesso costituisca un elemento essenziale per l'istruttoria che la Giunta andrà a compiere.

Il senatore CALIENDO (FI-PdL XVII) esprime apprezzamento per la proposta conclusiva formulata dalla relatrice Filippin, suggerendo esclusivamente una circoscritta modifica formale.

Il PRESIDENTE sottopone alla Giunta la proposta di rinvio del seguito dell'esame, formulata dal senatore Alicata.

La Giunta conviene su tale proposta di rinvio.

Il seguito dell'esame è quindi rinviato.

La seduta termina alle ore 18,40.