DISEGNO DI LEGGE
presentato dal Ministro di grazia e giustizia
(DILIBERTO)
di concerto col Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione
economica
(AMATO)
col Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato
(BERSANI)
e col Ministro del lavoro e della previdenza sociale
(BASSOLINO)
COMUNICATO ALLA PRESIDENZA L'11 GIUGNO 1999
Nuova disciplina in tema di danno alla persona
ONOREVOLI SENATORI. - La valutazione e la quantificazione del danno alla
persona, con particolare riferimento alle componenti del danno biologico e
del danno morale, presentano, nella realtà italiana, aspetti
problematici sempre piú preoccupanti, data l'assenza di criteri certi
ed uniformi sull'intero territorio nazionale.
La questione é avvertita in primo luogo a livello di opinione
pubblica, per palesi ragioni di certezza giuridica e di perequazione
risarcitoria.
Il mercato assicurativo, d'altra parte, collega alla incertezza dei
criteri di quantificazione del danno l'impossibilità di pervenire
alla appostazione di riserve congrue con gravi conseguenze per l'equilibrio
tecnico del ramo responsabilità civile auto.
L'opera innovatrice della giurisprudenza ha via via ampliato la
tradizionale nozione codicistica di danno risarcibile, attribuendo ai valori
della vita e dell'integrità personale quel peculiare riconoscimento
che pone senz'altro l'Italia tra i paesi europei piú evoluti sul
fronte della tutela dei diritti fondamentali.
All'opera creatrice degli anni ottanta, caratterizzati dall'affermarsi di
nuove figure di danno risarcibile, ha poi fatto seguito una fase di
elaborazione dei criteri e metodologie liquidatorie da parte degli stessi
organi giudicanti. In particolare, numerose sedi giudiziarie, alla ricerca
di una qualche forma di autoregolamentazione, sono anche recentemente
pervenute alla predisposizione di tabelle per la quantificazione del danno
alla integrità psicofisica.
Il sistema tabellare, basato sul valore del punto variabile in funzione
dell'età e del grado di invalidità accertata in sede medica,
di per sé apprezzabile se inserito in un contesto di maggiore
omogeneità sul territorio nazionale, presenta allo stato limiti
preoccupanti.
Ciascun organo giudiziario tende infatti ad adottare la propria tabella,
costruita sulla base dei precedenti giurisprudenziali dello stesso organo ed
ispirata a diverse scelte di fondo, con la conseguenza che danni della
medesima entità vengono risarciti in modo anche molto differenziato
sul territorio.
La stessa tabella inoltre puó subire, anche a breve distanza dalla
sua elaborazione, aggiustamenti, spesso consistenti, non solo dei valori del
punto di invalidità ma anche dei criteri evolutivi che regolano i
diversi passaggi della scala tabellare.
Né puó dimenticarsi che la vicenda giurisprudenziale si
ripercuote necessariamente sulla prassi liquidativa extragiudiziale.
La situazione sopra descritta induce a ritenere che é giunto il
momento di un intervento del legislatore in materia, ai fini di pervenire a
quella uniformità risarcitoria di base divenuta ormai irrinunciabile,
anche in quanto idonea ad assumere una valenza deflattiva del contenzioso
giudiziario.
Il disegno di legge intende disciplinare il danno alla persona,
limitatamente alle voci del cosiddetto "danno biologico" e del "danno
morale", in termini generali, qualunque sia, cioé, il fatto ingiusto
che ha causato il danno.
Va infatti evitato il rischio di circoscrivere la regolamentazione ad
ambiti settoriali, quale quello dell'infortunistica da circolazione di
autoveicoli, in modo da evitare vistose disparità di trattamento
rispetto ai danni aventi origine diversa e purtuttavia ricompresi nel campo
generale della responsabilità aquiliana.
Ad esempio, l'esperienza spagnola della "Ley de Ordenación Y
Supervisión des los Seguros Privados" dell'8 novembre 1995, che
regola il risarcimento dei danni alla persona limitatamente al settore della
circolazione stradale, conferma in vero la bontà di una scelta non
settoriale. La detta legge spagnola ha infatti suscitato in dottrina
critiche di incostituzionalità, e gli stessi giudici di merito hanno
investito il giudice costituzionale di quel paese di numerose questioni di
ritenuta non aderenza della legge ai princípi costituzionali.
La regolamentazione di una disciplina generale inserita nel codice civile
non esclude, invero, ma anzi intrinsecamente ammette la possibilità
di eventuali discipline speciali di settore derogatorie. Al fine di evitare
la possibile vanificazione dell'esigenza di certezza giuridica e
perequazione risarcitoria che fonda, come detto, l'intervento legislativo in
esame, non sfugge come siffatta eventualità dovrà tuttavia
essere circoscritta ad ipotesi veramente eccezionali, in quanto tali
assolutamente insuscettibili di essere ricondotte all'ipotesi generale
disciplinata nella presente sede (si pensi, ad esempio, alla invero diversa
fattispecie della valutazione indennitaria del danno biologico di cui
all'articolo 55, comma 1, lettera s),
disciplinata dalla legge 17 maggio 1999, n. 144, recante "Misure in materia
di investimenti, delega al Governo per il riordino degli incentivi
all'occupazione e della normativa che disciplina l'INAIL e l'ENPALS,
nonché disposizioni per il riordino degli enti previdenziali").
Sotto il profilo delle varie voci di danno risarcibile, il disegno di
legge, nel disciplinare espressamente la figura del danno biologico,
mantiene la distinzione tra tale danno, il danno morale ed il danno
patrimoniale, in linea con i dati dell'esperienza giurisprudenziale ed alla
stregua dei princípi del sistema giuridico interno, oltreché
in armonia con le indicazioni comunitarie.
Con riferimento specifico a queste ultime é dato infatti
individuare diverse fonti (si veda in proposito l'articolo 12 della
Risoluzione del Comitato dei ministri del Consiglio d'Europa 75/7 del 15
marzo 1975, l'articolo 9 della Direttiva CEE n. 374/85 nonché
l'articolo 4 della Proposta di direttiva del Consiglio sulla
responsabilità del prestatore di servizi (COM) 90/482 DEF) che
indirizzano verso l'affermazione della autonomia concettuale e risarcitoria
del danno alla salute, sempre risarcibile indipendentemente dalla incidenza
della menomazione sul reddito e sul patrimonio del danneggiato; del danno
morale, la cui risarcibilità puó incontrare limitazioni nei
singoli sistemi normativi nazionali; del danno patrimoniale o reddituale,
risarcibile nei limiti della prova fornita dal danneggiato circa l'esistenza
e l'entità.
Si é pertanto ritenuto, in tale ottica, di attribuire al danno
biologico, quale voce di danno prioritaria ed autonomamente risarcibile,
rilevanza normativa specifica attraverso l'introduzione, nel
corpus
del codice civile, di una norma ad hoc , in tal modo recependo le
indicazioni che, da tempo, provengono dal diritto vivente.
É stata conservata, come già accennato, la distinzione tra
danno biologico e danno morale, ontologicamente differenziati, attraverso il
mantenimento dell'articolo 2050 del codice civile, sia pure modificato al
fine di eliminare l'anacronistica limitazione della sua risarcibilità
alla sussistenza di un reato.
Non si é ritenuto, infine, di intervenire rispetto alla figura del
danno patrimoniale. I pregiudizi economici derivati alla persona a seguito
del fatto illecito, nella duplice componente del danno emergente e del lucro
cessante, sono infatti già adeguatamente disciplinati dalle norme
positive vigenti sulla base dell'ordinario criterio dell'onere probatorio.
Coerentemente con gli assunti sopra esposti, il disegno di legge prevede
una prima parte (articoli 1 e 2) a carattere generale, che introduce
modifiche al codice civile, e una seconda parte che introduce i criteri di
valutazione del danno biologico (articolo 3) nonché (articolo 4) la
delega al Governo per la emanazione di uno o piú decreti legislativi
che diano attuazione al disposto dell'articolo 3, comma 1, in tema di
determinazione di valori monetari uniformi.
L'articolo 1 prevede l'inserimento, nel titolo IX del Libro quarto del
codice civile, degli articoli 2056- bis (Danno biologico)
e 2056- ter (Danno biologico dei prossimi congiunti del danneggiato).
L'articolo 2056- bis
definisce il danno biologico come la les ione all'integrità
psico-fisica della persona. Come tale essa deve ovviamente presentare
caratteri obiettivi suscettibili di accertamento medico-legale.
Una definizione normativa chiara ed esaustiva del danno de quo
risponde all'esigenza di precisarne la portata e l'ambito di applicazione.
Le diverse figure di danno elaborate nel corso del tempo dalla
giurisprudenza per garantire un risarcimento anche in assenza di un
pregiudizio suscettibile di apprezzamento patrimoniale (danno alla vita di
relazione, danno estetico, danno alla capacità sessuale) sono
pertanto da ritenersi ricondotte ad unità nell'ambito del danno
biologico, e non piú suscettibili di autonoma valutazione.
Il secondo comma dell'articolo 2056 stabilisce che il danno biologico
é risarcibile indipendentemente dalla sua incidenza sulla
capacità di produzione di reddito del danneggiato, al fine, anche in
questo caso, di evitare ipotesi di duplicazioni risarcitorie (danno alla
capacità lavorativa generica). La risarcibilità attiene
dunque, nel caso, alla (obiettiva) lesione dell'integrità psicofisica
della persona in sè e per sè considerata.
Qualora l'evento lesivo abbia determinato riflessi negativi sulla
capacità di guadagno del danneggiato, il risarcimento delle
conseguenze economiche negative trova la sua sede appropriata nell'ambito
della disciplina del danno patrimoniale.
L'ultimo comma dell'articolo 2056- bis
stabilisce che, in caso di morte del danneggiato, il danno biologico dallo
stesso subito é risarcibile limitatamente al periodo di tempo
intercorrente tra l'evento dannoso e la morte.
In ordine al danno biologico da morte, come tale trasmissibile agli eredi
della vittima iure successionis,
é data constatare nella giurisprudenza di merito l'alternanza tra
decisioni secondo cui la valutazione del danno medesimo viene effettuata con
riferimento al solo periodo di sopravvivenza della vittima, cioé allo
spazio temporale intercorrente tra l'evento dannoso ed il decesso, e altre
decisioni ove il danno biologico é riconosciuto e quantificato come
se l'evento "morte" non si fosse verificato.
La norma fornisce pertanto una significativa indicazione all'operatore.
In primo luogo esclude implicitamente la configurabilità di un danno
biologico qualora il decesso sia istantaneo ovvero segua immediatamente
l'evento lesivo: in tale ipotesi, come ha avuto modo di precisare la Corte
costituzionale, il vulnus
concerne il bene della vita, giuridicamente diverso dal bene salute.
Qualora invece la morte abbia luogo dopo un lasso temporale suscettibile di
apprezzamento, il risarcimento del danno biologico maturato dal de
cuius
durante il periodo di sopravvivenza, alla cui durata deve essere
rapportato, spetta agli eredi.
L'articolo 2056- ter
individua la categoria dei soggetti danneggiati legittimati iure
proprio
al risarcimento in caso di morte del danneggiato, restringendo l'ambito ai
parenti piú stretti, quali il coniuge ed i parenti entro il secondo
grado (genitori, fratelli e sorelle, ascendenti e discendenti). Non si
richiede altresí per costoro il requisito della convivenza con il
danneggiato, che non sembra poter essere nel caso considerato un idoneo ed
indefettibile indice di sussistenza e rilevanza del danno biologico dai
medesimi sofferto. Non si comprenderebbe infatti la ragione di una
disciplina normativa che, ad esempio nell'ipotesi di morte del figlio,
venisse a riconoscere la risarcibilità del danno biologico in
conseguenza di tale evento sofferto dal genitore affidatario ma non anche di
quello del pari eventualmente subito dall'altro genitore separato non
affidatario; o ancora, in caso di morte del genitore, ammettesse la
risarcibilità del danno biologico sofferto da un figlio ancora
convivente e negasse viceversa la risarcibilità di analogo danno
subíto dal figlio non piú convivente perché sposatosi
ovvero in dipendenza di contingenti esigenze di studio o di lavoro.
La realtà e l'esperienza concreta dei rapporti interpersonali
familiari e di coniugio denotano, invero, che i componenti della vissuta o
attuale famiglia nucleare (il coniuge e i parenti entro il secondo grado),
nella normalità dei casi, oltre a turbamenti, sofferenze psichiche o
patimenti d'animo (danno morale: vedi oltre), possono venire a subire delle
vere e proprie lesioni psicofisiche in conseguenza della morte dello stretto
congiunto o del coniuge danneggiato, anche qualora la convivenza con il
medesimo sia venuta per qualsivoglia motivo a cessare.
Altra e diversa questione é viceversa quella concernente la
determinazione dell' an
e del quantum
del risarcimento da riconoscersi all'istante nel caso concreto, e
cioé se la pretesa, astrattamente ammissibile, al risarcimento del
danno biologico lamentato da parte del coniuge o dello stretto congiunto in
conseguenza della morte del danneggiato nel caso concreto possa essere
riconosciuta, ed in quale misura, ovvero debba essere disattesa.
Il quarto comma dello stesso articolo 2056- ter
equipara espressamente, codificando una tendenza peraltro ormai consolidata
in giurisprudenza, il convivente more uxorio
al coniuge, purché venga fornita la prova della esistenza di un
vincolo di comunione spirituale e materiale con il danneggiato nonché
della stabilità della convivenza, il cui apprezzamento si é
preferito affidare al giudice e non regolamentare, nemmeno a livello di
presunzione, per legge, essendo in tema la riflessione ancora "aperta", e
non sembrando opportuna l'adozione, nell'ambito di un intervento pur sempre
settoriale, di soluzioni richiedenti viceversa un piú ampio raccordo
sistematico.
L'articolo 2 prevede che l'attuale testo dell'articolo 2059 del codice
civile venga sostituito dagli articoli 2059 ( Danno morale ) e
2059- bis (Danno morale dei prossimi congiunti del danneggiato).
Il nuovo testo dell'articolo 2059 del codice civile, contiene una
definizione di danno morale, ritenuta superflua se si considera che in
dottrina ed in giurisprudenza sussiste accordo sostanziale in ordine al
concetto di pretium doloris.
Scelta fondamentale é stata quella di svincolare la
risarcibilità del danno morale dall'esistenza del reato, costituente
un limite avvertito come eccessivamente rigido.
L'inadeguatezza del disposto del vigente articolo 2059 del codice civile
é del resto confermata dagli sforzi interpretativi della
giurisprudenza in ordine al significato da attribuire, ai fini del
riconoscimento del danno morale, alle norme di cui all'articolo 185 del
codice penale, avuto riguardo alla locuzione "ogni fatto che integra gli
estremi di un reato".
La giurisprudenza della Suprema corte, in un primo tempo orientata a
ritenere che il risarcimento del danno morale dovesse essere subordinato
alla concreta esistenza di un reato ha, in un secondo tempo, ritenuto, con
notevole sforzo ermeneutico, che la sussistenza del danno morale e la sua
risarcibilità non richiedono che il fatto integri in concreto un
reato punibile, essendo sufficiente che il fatto medesimo sia astrattamente
preveduto come reato, e sia di conseguenza idoneo a ledere l'interesse
tutelato dalla norma penale.
Il testo del disegno di legge opta viceversa per una soluzione volta a
consentire un efficace apprezzamento del singolo caso concreto, da
effettuarsi dal giudice rapportando il risarcimento della voce di danno in
questione alla gravità della lesione e alla verifica della effettiva
incidenza della medesima sul danneggiato.
L'inciso "in mancanza di specifici criteri previsti dalla legge" consente
di svincolare la regolamentazione del risarcimento del danno morale dalla
regola generale allorquando, per specifici settori, quale quello della
infortunistica da circolazione stradale, la legge detti particolari criteri.
In sostanza, la disposizione dell'articolo 2059 si applica in via
generale, nei limiti della gravità dell'offesa, in tutte le ipotesi
di danni morali subíti dal danneggiato in conseguenza del fatto
illecito altrui, qualunque sia il bene giuridico leso (si pensi in via
esemplificativa ai casi di lesione dei beni dell'onore, del decoro, della
reputazione). L'eccezione ivi prevista ("in mancanza di specifici criteri
previsti dalla legge") trova viceversa applicazione rispetto alle ipotesi di
danno morale derivante al danneggiato da una lesione che abbia menomato la
sua integrità fisica o psichica (danno biologico), attesa la
specifica disciplina oggetto di delega legislativa al Governo.
L'articolo 2059- bis (Danno morale dei prossimi congiunti del
danneggiato)
stabilisce, al primo comma, la risarcibilità del danno morale
subíto dai prossimi congiunti in caso di morte del danneggiato,
recependo un indirizzo ormai consolidato in giurisprudenza secondo il quale,
in caso di morte del danneggiato, sono i prossimi congiunti conviventi
coloro che direttamente ne soffrono.
Al secondo comma, l'articolo 2059 -bis
stabilisce la risarcibilità del danno morale subíto dai
prossimi congiunti anche nel caso in cui il fatto dannoso abbia cagionato
all'integrità psicofisica del danneggiato menomazioni pari o
superiore al 50 per cento di invalidità. In tale ipotesi, in linea
con il piú recente indirizzo della Suprema corte di cassazione, la
sfera dei legittimati ad agire per il risarcimento del danno morale si
estende dal soggetto colpito dalla lesione, che puó ovviamente agire
per il ristoro dei patimenti direttamente subíti, sino ai prossimi
congiunti.
La risarcibilità del danno morale sofferto dai congiunti in caso
di gravi lesioni invalidanti subíte dal danneggiato é stata
invero negata dalla Corte di cassazione, sulla base del ritenuto difetto del
nesso causale, assumendo che costoro, pur soffrendo per i patimenti del
proprio familiare, non sono colpiti in modo diretto ed immediato dalla
condotta lesiva del terzo. Piú recentemente, la Suprema corte,
rimeditando la questione, é peraltro giunta a riconoscere la
risarcibilità del danno de quo
utilizzando la figura del cosiddetto "danno riflesso", ossia la lesione di
un diritto conseguenza del fatto illecito altrui di cui siano portatori
soggetti diversi dall'originario danneggiato ma in significativo rapporto
con lui (nella specie, stretto rapporto di parentela e convivenza).
Nello schema in oggetto, sia in caso di morte sia di lesione
dell'integrità psicofisica del danneggiato pari o superiore al 50 per
cento di invalidità la risarcibilità del danno morale é
riconosciuta in favore dei prossimi congiunti del danneggiato a prescindere
dal requisito della convivenza, in relazione al quale vale sostanzialmente
quanto sopra esposto con riferimento al danno biologico.
Analogamente a quanto previsto per il risarcimento del danno biologico
(articolo 2056- ter ), al coniuge é equiparato il convivente
di fatto, che dia la prova dell'esistenza di un vincolo di comunione
spirituale e materiale con il danneggiato nonché della
stabilità della convivenza, il cui apprezzamento é ovviamente,
anche nel caso, affidato al giudice.
Lo schema regola quindi gli aspetti valutativi del danno biologico e del
danno morale rimettendo al Governo, attraverso lo strumento della delega, la
concreta predisposizione di un sistema di tabellazione nazionale sulla base
di precisi criteri direttivi contenuti nello stesso disegno di legge.
In particolare l'articolo 3 ( Valutazione del danno biologico )
fissa al primo comma il principio della tabellazione legislativa del danno
biologico, stabilendo che il relativo risarcimento deve essere determinato
sulla base dei valori monetari uniformi, ossia unici e comuni a tutto il
territorio del paese, stabiliti dalla Tabella indicativa nazionale (TIN), i
cui criteri di formulazione sono indicati nel successivo articolo 4.
A tale stregua, la valutazione del danno biologico é in vero
sottratta alla valutazione equitativa del giudice, e viene rimessa ad una
parametrazione normativa, idonea a realizzare l'avvertita esigenza di
uniformità, sul territorio nazionale, della determinazione in
concreto dell'ammontare di siffato tipo di danno.
La rigidità della previsione é peraltro temperata, nei
successivi commi del medesimo articolo, al fine di perseguire concretamente
l'esigenza, oggetto di rilievo da parte della stessa Corte costituzionale,
di contemperamento tra l'uniformità di base del ristoro pecuniario
accordato per tale tipo di danno e la necessità di margini di
flessibilità che consentano l'adeguamento del dato normativo al caso
concreto, in ragione delle peculiari circostanze, soggettive ed oggettive,
del medesimo.
Qualora la lesione dell'integrità psicofisica sia superiore a
settanta punti di percentuale invalidante, la determinazione dell'ammontare
del risarcimento dovuto a titolo di danno biologico é lasciata alla
valutazione equitativa del giudice, che non potrà peraltro nel caso
liquidare meno di quanto previsto dalla TIN per la lesione massima (70 per
cento). Il pieno ricorso al criterio della liquidazione equitativa del danno
da parte del giudice trova nel caso ragione nella particolare gravità
delle lesioni invalidanti, rispetto alle quali, stante la complessità
dei fattori coinvolti, gli importi normativamente (pre)determinati possono
risultare inidonei a garantire un adeguato e congruo risarcimento.
Se la lesione é inferiore al 70 per cento di percentuale
invalidante, é attribuito al giudice il potere di adeguare
l'applicazione delle tabelle alle concrete circostanze del caso, là
dove questo presenti caratteri di eccezionalità. Al fine di coniugare
le esigenze di flessibilità con quelle dell'uniformità della
liquidazione sopra segnalate, la valutazione equitativa trova precisi
limiti, oltre che nella detta eccezionalità del caso, da
adeguatamente motivarsi da parte del giudice, anche nell'estensione del
margine entro cui questi puó discostarsi, in aumento o in
diminuzione, dalle risultanze della TIN, fissato in una fascia non superiore
al quinto dell'ammontare del danno determinato alla stregua delle medesime.
L'articolo 4 delega al Governo la emanazione, su proposta del Ministro di
grazia e giustizia di concerto con i Ministri del tesoro, del bilancio e
della programmazione economica, dell'industria, del commercio e
dell'artigianato e del lavoro e della previdenza sociale, di uno o
piú decreti legislativi che, in attuazione del disposto dell'articolo
3, comma 1, contengano il sistema di tabellazione nazionale dei valori per
la liquidazione del danno biologico.
Lo stesso articolo 4 prevede in proposito determinati criteri direttivi
rilevanti ai fini della concreta predisposizione della Tabella indicativa
nazionale.
Ai fini della suddetta quantificazione [articolo 4, comma 1, lettera
a)
n.2] si é optato per il metodo tabellare basato sul sistema
cosiddetto "a punto variabile", che tiene conto del fattore età
nonché della percentuale di invalidità accertata in sede
medica.
Il metodo in questione é largamente utilizzato in giurisprudenza,
giacché numerosi giudici di merito hanno con esso sostituito il
criterio del triplo della pensione sociale, di cui all'articolo 4 del
decreto-legge 23 dicembre 1976, n. 857, convertito, con modificazioni, dalla
legge 26 febbraio 1977, n. 39, in precedenza adottato ma piú volte
oggetto di censura da parte della Suprema corte, in quanto si riferisce alla
valutazione di un danno di natura reddituale (lucro cessante) e come tale
pertanto non estensibile ad un danno avente natura squisitamente
areddituale, qual é appunto il danno biologico.
Si é detto che le due variabili che influenzano la scala tabellare
dei valori del punto sono da identificare nella percentuale di
invalidità permanente riportata dal soggetto danneggiato e
nell'età del danneggiato al momento dell'evento.
In particolare, il valore del punto é in funzione crescente della
percentuale di invalidità, ossia aumenta con l'aumentare dei postumi
permanenti accertati [articolo 4, comma 1, lettera a),
n. 2]. É ivi indicato che l'incidenza della menomazione nella
vita del danneggiato cresce in modo piú che proporzionale rispetto
all'aumento percentuale assegnato ai postumi non solo in termini assoluti ma
anche relativi.
Il suddetto criterio di specificazione della crescita del valore del
punto, non solo in termini assoluti ma anche relativi, trova fondamento in
un accreditato indirizzo medico-scientifico secondo il quale, al crescere
della percentuale di invalidità, i postumi che ciascun punto
percentuale aggiuntivo riflette sono di peso crescente poiché vanno
ad incidere su di un quadro clinico maggiormente compromesso. In via
esemplificativa, ció significa che un ulteriore punto percentuale di
invalidità che insista su di una condizione di invalidità
pari, in ipotesi, al 55 per cento produce un peggioramento delle condizioni
del soggetto leso maggiore rispetto ad un analogo incremento su di una
condizione di invalidità meno compromessa, quale quella pari al 15
per cento. Tale criterio vale per tutta la scala tabellare, per cui il
peggioramento delle condizioni prodotto da un ulteriore punto percentuale,
ad esempio il passaggio dal 16 per cento al 17 per cento, sarà
maggiore rispetto al peggioramento prodotto dal punto percentuale
precedente, cioé nel passaggio dal 15 per cento al 16 per cento, e
cosí di seguito.
Da un punto di vista grafico, ció significa che la curva degli
incrementi relativi dovrà essere crescente. La curva degli incrementi
relativi di una tabella di liquidazione che non prevedesse al crescere della
percentuale di invalidità una crescita del valore liquidato anche in
termini relativi, infatti, avrebbe un aumento decrescente.
Dare al valore del punto un incremento che non sia crescente anche in
termini relativi significa ritenere che l'incremento del peggioramento
arrecato da un ulteriore punto percentuale su una condizione di
invalidità del 55 per cento sia inferiore a quello arrecato da un
ulteriore punto percentuale su una condizione di invalidità del 15
per cento. Ció non sarebbe in linea con l'indirizzo scientifico sopra
enunciato.
Il valore del punto é inoltre funzione decrescente dell'età
del soggetto, cioé decresce con l'avanzare dell'età del
danneggiato [articolo 4, comma 1, lettera a) , n. 3],
sulla base delle tavole di mortalità pubblicate dall'ISTAT, con
applicazione di un tasso annuo di rendimento pari all'interesse legale. In
siffatta determinazione si tiene conto del dato di comune esperienza
concernente la maggiore longevità della donna.
La ratio
di tale rapporto di proporzionalità tra età e valore del
punto é da ricercare, anche in questo caso, in considerazioni di
ordine scientifico: l'incidenza della menomazione sulle funzioni vitali e
sociali del danneggiato é tanto piú grave quanto piú
giovane é la sua età, considerato il maggior periodo di tempo
per il quale il danneggiato medesimo deve sopportare l'onere della
menomazione della propria integrità psicofisica.
Per le menomazioni subíte dai soggetti di età superiore ai
settanta anni, il valore monetario di base é indicato nel valore del
punto che verrebbe riconosciuto ad un soggetto settantenne. Per i soggetti
ultrasettantenni l'abbattimento del valore del punto in ragione
dell'avanzare dell'età non opera, cioé, necessariamente, ma
tale valutazione é rimessa al prudente apprezzamento del giudice.
Nel caso di persona di età avanzata, la scienza medica ritiene di
particolare utilità una maggiore personalizzazione del danno,
giacché in tali soggetti il normale decadimento dello stato di
salute, che si realizza in modo assai differenziato da soggetto a soggetto,
nonché la piú elevata probabilità che si siano
verificati eventi incidenti in modo significativo sull'integrità
psicofisica, non consentono di enucleare parametri di normalità ma
implicano al contrario la necessità di un puntuale adeguamento alla
fattispecie concreta.
La necessità di una valutazione casistica risulta rafforzata dalla
considerazione che, oltre i settanta anni, i valori delle tavole di
mortalità attribuirebbero liquidazioni sensibilmente decrescenti
all'aumentare dell'età.
All'articolo 4, comma 1, lettera a),
numeri 5 e 6, é fissato il principio per cui le invalidità
percentualmente di minore e di maggiore gravità necessitano di una
specifica attenzione.
In particolare, per le menomazioni cosiddette "micropermanenti"
[articolo 4, comma 1, lettera a)
n. 5], identificate nelle invalidità comprese nell'intervallo
1-10 per cento, si dovrà prevedere una scala differenziata dei valori
di punto che tenga conto, secondo le indicazioni della scienza medica, della
diversa minore incidenza di tali menomazioni sulla vita futura del soggetto,
nonché delle potenzialità di riassorbimento delle stesse.
Del pari, per le menomazioni cosiddette "macropermanenti" [articolo
4, comma 1, lettera a)
n. 6], identificate con le invalidità permanenti superiore al 70
per cento, il valore monetario di base é dato, per le età fino
a settanta anni, dal valore del punto che verrebbe riconosciuto al soggetto
per una invalidità pari al 70 per cento. Ne consegue che le
menomazioni di maggiore gravità, per la pluralità di
peculiarità oggettive e soggettive che possono presentare, non
trovano una espressa regolamentazione tabellare ma, richiedendo un
piú puntuale adeguamento al caso di specie, restano rimesse alla
valutazione equitativa del giudice.
Coerentemente con tale assunto si prevede [articolo 4, comma 1,
lettera a),
n. 4], che la tabella fissi i valori monetari del punto per
invalidità dall'1 per cento al 70 per cento.
Il giudice ha tuttavia come base di riferimento e di partenza,
nell'adeguamento al caso concreto, il valore del punto che verrebbe
riconosciuto al soggetto leso a seconda della sua età, a fronte di
una lesione pari al 70 per cento.
Alla lettera b)
dell'articolo 4 viene delegata al Governo l'emanazione della disciplina
relativa all'aggiornamento dei valori monetari indicati nella tabellazione
nazionale, nonché di un sistema di monitoraggio delle sentenze
pronunciate dalle sedi giudiziarie in ordine ai valori stessi.
All'articolo 4, comma 1, lettera b) , n. 1, si prevedono, in
particolare, meccanismi di monitoraggio in ordine all'andamento delle
liquidazioni effettuate dai giudici a titolo di danno biologico e di danno
morale, da affidare al Ministero di grazia e giustizia.
La previsione é in linea con l'idea di fondo di assumere i dati
giurisprudenziali nazionali a fondamento della "base uniforme" della
tabellazione.
L'osservazione costante delle liquidazioni effettuate dagli organi
giudicanti sarà utile strumento per verificare, nel corso del tempo,
l'osservanza delle indicazioni tabellari nonché la misura dello
scostamento rispetto ai valori tabellari, ed é volto ad ottenere dei
dati obiettivi idonei ad essere presi in considerazione - seppure in termini
non automatici e matematici -, unitamente a quello della media del tasso di
inflazione registrato nei tre anni precedenti all'ultimo aggiornamento
indicato all'articolo 4, comma 1, lettera b) , n. 2, ai fini
dell'aggiornamento periodico dei valori monetari della tabella secondo i
meccanismi (con cadenza massima triennale) ivi previsti.
In tema di quantificazione del danno morale conseguente a lesione della
integrità psicofisica va rilevato che, allo stato, sussistono diversi
indirizzi giurisprudenziali. Si passa dalla adozione del criterio equitativo
puro a criteri intermedi che coniugano l'equità del caso concreto con
forme di percentualizzazione del danno morale al danno biologico fino a
criteri che rapportano automaticamente il danno ad un quantum
dell'importo riconosciuto a titolo di danno alla salute.
Tutte le tabelle attualmente in uso presso i tribunali relative alla
liquidazione del danno biologico indicano al giudice in quale percentuale
(solitamente da un terzo alla metà) dell'importo liquidato a titolo
di danno biologico va risarcito il danno morale subíto dal
danneggiato.
Recentemente la Suprema corte ha avuto modo di pronunciarsi sulla
questione dei rapporti fra la liquidazione del danno morale e quella del
danno biologico affermando che l'orientamento, spesso accolto dai giudici di
merito, di fissare il primo in una frazione del secondo non é di per
sé illegittimo purché il giudice abbia tenuto conto delle
peculiarità del caso concreto ed apportato, di conseguenza, gli
eventuali correttivi in aumento o in diminuzione.
La Corte di cassazione ha altresí rilevato che il criterio in
questione é ispirato alle stesse esigenze che giustificano la
liquidazione del danno alla salute sulla base del sistema del valore del
punto di invalidità, tendenti ad evitare che la valutazione
equitativa del danno da parte del giudice assuma di volta in volta
connotazioni diverse ed imprevedibili fino al punto da poter apparire
arbitrarie.
La lettera c)
dell'articolo 4 disciplina gli aspetti valutativi del danno morale
conseguente ad una menomazione dell'integrità psicofisica del
soggetto danneggiato, nonché del danno morale subito dai prossimi
congiunti ai sensi dell'articolo 2059- bis . Lo schema riproduce
specularmente quello adottato per la valutazione del danno biologico.
Il criterio direttivo al Governo di cui all'articolo 4, comma 1, lettera
c) , n. 1, prevede che, ai fini del risarcimento del danno morale
del soggetto danneggiato conseguente ad una menomazione della sua
integrità psicofisica, dovranno essere individuati quattro livelli di
gravità dell'offesa (lieve, medio, grave, molto grave). Ai diversi
livelli di gravità dovranno corrispondere altrettante percentuali
differenziate, oscillanti fra un minimo ed un massimo, da calcolare in
relazione all'importo liquidato a titolo di danno biologico. La percentuale
massima corrispondente al livello di piú elevata gravità
dell'offesa non potrà comunque essere superiore alla metà del
suddetto importo.
Il livello di gravità dell'offesa che meglio si adatta alle
caratteristiche della fattispecie concreta dovrà pertanto essere
determinato tenuto conto delle effettive sofferenze patite dal danneggiato
in relazione a tutti gli elementi oggettivi e soggettivi del caso.
Successivamente, ai fini della monetizzazione del danno, andrà
operata la percentualizzazione sulla base dell'importo già liquidato
a titolo di danno biologico, a seconda del livello di gravità nel
quale é stato sussunto il caso di specie.
All'articolo 4, comma 1, lettera c) , n. 2, si prevede, per il
risarcimento del danno morale subíto dai prossimi congiunti in caso
di morte o di grave menomazione del familiare, l'individuzione da parte del
Governo di diversi importi liquidabili, oscillanti tra un minimo ed un
massimo, in relazione al rapporto di coniugio o al grado di parentela.
La sopra esposta percentualizzazione del danno morale é peraltro
limitata, come già sopra indicato, alla mera ipotesi del danno morale
subíto in conseguenza di una lesione che abbia menomato
l'integrità psicofisica (danno biologico) del danneggiato, mentre per
le altre ipotesi di danno morale (ad esempio conseguente alla lesione
dell'onere, del decorso e della reputazione) la relativa liquidazione va
informata alla regola generale posta dall'articolo 3 del presente disegno di
legge.
RELAZIONE TECNICO-NORMATIVA
Il disegno di legge introduce modifiche al codice civile e detta una
disciplina integrante legge speciale contenente altresí una delega al
Governo per l'emanazione di disposizioni di attuazione e la previsione di
meccanismi di monitoraggio e seguiti.
Come già indicato nella relazione illustrativa, la disciplina
si presenta conforme ai dettami costituzionali, sia là dove presenta
i caratteri non già della specialità e settorialità
bensí della generalità (in modo da evitare disparità di
trattamento rispetto ai danni aventi origine diversa e purtuttavia
ricompresi nel campo generale della responsabilità aquiliana); sia
là dove, nel rimettere in particolare ad una parametrazione normativa
(idonea a realizzare l'avvertita esigenza di certezza giuridica e
perequazione ed uniformità risarcitoria sul territorio nazionale) la
determinazione in concreto dell'ammontare del danno biologico, introduce un
temperamento della rigidità della previsione mediante il riferimento
alla valutazione equitativa del giudice. Risulta a tale stregua
concretamente perseguita l'esigenza, oggetto di rilievo da parte della
stessa Corte costituzionale, di contemperamento tra l'uniformità di
base del ristoro pecuniario accordato per tale tipo di danno e la
necessità di margini di flessibilità che consentano
l'adeguamento del dato normativo al caso concreto, in ragione delle
peculiari circostanze, soggettive ed oggettive, del medesimo. Va al riguardo
debitamente posto in rilievo che, qualora la lesione dell'integrità
psicofisica sia superiore a settanta punti di percenutale invalidante,
integrando ipotesi di cosiddetta macroinvalidità, nella
determinazione dell'ammontare del risarcimento dovuto a titolo di danno
biologico il giudice non potrà in ogni caso liquidare in via
equiparativa meno di quanto previsto dalla Tabella indicativa nazionale
(TIN) per la lesione massima (70 per cento). Il pieno ricorso al criterio
della liquidazione equitativa del danno da parte del giudice trova nel caso
ragione nella particolare gravità delle lesioni invalidanti, rispetto
alle quali, stante la complessità dei fattori coinvolti, gli importi
normativamente (pre)determinati possono risultare inidonei a garantire un
adeguato e congruo risarcimento. Se la lesione é viceversa inferiore
al 70 per cento di percentuale invalidante, é attribuito al giudice
il potere di adeguare l'applicazione delle tabelle alle concrete circostanze
del caso, là dove questo presenti caratteri di eccezionalità.
Si impone infatti la necessità di coniugare le esigenze di
flessibilità con quelle dell'uniformità della liquidazione
sopra segnalate, sicché la valutazione equitativa viene invero a
necessariamente trovare dei precisi limiti, oltre che nella detta
eccezionalità del caso, da adeguatamente motivare da parte del
giudice, anche nell'estensione del margine entro cui questi puó
discostarsi, in aumento o in di minuzione, dalle risultanze della TIN,
congruamente fissato in una fascia non superiore al quinto dell'ammontare
del danno determinato alla stregua delle medesime.
La disciplina non comporta oneri di spesa né di tipo
organizzativo, atteso che l'attività di monitoraggio di cui alla
lettera b)
del comma 1 dell'articolo 4, attribuita al Ministero di grazia e giustizia,
non richiede la costituzione di nuovi uffici né particolari strumenti
di supporto.
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DISEGNO DI LEGGE |
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Art. 1.
(Disciplina in tema di danno biologico)
1. Nel titolo IX del Libro IV del codice civile, dopo l'articolo 2056,
sono aggiunti i seguenti:
"Art. 2056- bis. - (Danno biologico). -
Danno biologico é la lesione all'integrità psicofisica,
suscettibile di accertamento medico-legale, della persona.
Art. 2056- ter. - (Danno biologico dei prossimi congiunti del
danneggiato). -
In caso di morte del danneggiato, é risarcibile il danno biologico
subíto dai prossimi congiunti.
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Art. 2.
(Disciplina in tema di danno morale)
1. L'articolo 2059 del codice civile é sostituito dai seguenti:
"Art. 2059.
- (Danno morale). -
In mancanza di specifici criteri previsti dalla legge, il danno morale
é liquidato dal giudice tenuto conto della gravità della
lesione e di ogni altro elemento idoneo a provarne l'effettiva incidenza sul
danneggiato.
Art. 2059- bis. - (Danno morale dei prossimi congiunti del
danneggiato). -
In caso di morte del danneggiato, é risarcibile il danno morale
subíto dai prossimi congiunti.
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Art. 3.
(Valutazione del danno biologico)
1. Il risarcimento del danno biologico é determinato sulla base
dei valori monetari uniformi fissati nella Tabella indicativa nazionale
(TIN) di cui all'articolo 4.
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Art. 4.
(Criteri per la determinazione della Tabella indicativa nazionale)
1. Il Governo é delegato ad emanare, su proposta del Ministro di
grazia e giustizia, di concerto con il Ministro del tesoro, del bilancio e
della programmazione economica, con il Ministro dell'industria, del
commercio e dell'artigianato e con il Ministro del lavoro e della previdenza
sociale, entro un anno dall'entrata in vigore della presente legge, uno o
piú decreti legislativi recanti:
a) disposizioni di attuazione dell'articolo 3, con l'osservanza dei seguenti princípi e criteri direttivi:
1) la TIN deve basarsi sul sistema cosiddetto "a punto variabile" in
funzione dell'età e del grado di invalidità;
b) la disciplina di meccanismi di aggiornamento dei valori monetari indicativi, con l'osservanza dei seguenti princípi e criteri direttivi:
1) affidamento al Ministero di grazia e giustizia del compito di
monitorare, su base nazionale e con cadenza annuale, gli ammontari
giudizialmente determinati a titolo di risarcimento del danno biologico e
del danno morale;
c) disposizioni di attuazione dell'articolo 2059 del codice civile, cosí come mo dificato dall'articolo 2 della presente legge, con l'osservanza dei seguenti princípi e criteri direttivi:
1) per il risarcimento del danno morale da danno biologico devono
essere individuati quattro livelli di gravità dell'offesa (lieve,
medio, grave, molto grave) cui devono corrispondere altrettante e diverse
percentuali oscillanti da un minimo ad un massimo da calcolare sugli importi
liquidati a titolo di risarcimento del danno biologico. La percentuale
massima corrispondente al livello di maggiore gravità dell'offesa non
puó essere superiore al 50 per cento dei suddetti importi;
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