ISTRUZIONE (7a)

GIOVEDI' 12 DICEMBRE 2002
154a Seduta

Presidenza del Presidente
ASCIUTTI
indi del Vice Presidente
BEVILACQUA



La seduta inizia alle ore 15,15.


SUI LAVORI DELLA COMMISSIONE

Il senatore MONTICONE interviene in merito ai contenuti della risoluzione n. 7-00163, approvata ieri dalla 7a Commissione della Camera, con la quale si impegna il Governo a vigilare affinché nelle scuole italiane l'insegnamento della storia, in particolare di quella contemporanea, venga impartito secondo criteri oggettivi rispettosi della verità e tramite l'uso di libri di testo che appaiano di assoluto rigore scientifico e che tengano conto in modo obiettivo di tutte le correnti culturali e di pensiero. Al riguardo, egli esprime l'auspicio che il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca voglia al più presto rendere noto, in sede di Commissione istruzione del Senato, il suo orientamento relativamente all'impegno che gli viene richiesto dal predetto atto di indirizzo. Coglie inoltre l'occasione per soffermarsi su alcune questioni inerenti all'insegnamento della storia nelle scuole.
Una prima osservazione attiene ai manuali di storia e alla loro validità scientifica sotto il profilo didattico-pedagogico. Egli ricorda in proposito la fruttuosa ricerca svolta in Germania dall'Istituto Braunschweig, il quale, avvalendosi di un'esperienza ultraquarantennale oltre che dell'apporto dei singoli Paesi europei (l'Italia ha ufficialmente partecipato all'iniziativa), ha condotto un'indagine sui libri di testo di storia pubblicati in Europa, analizzandoli da un punto di vista multilaterale. Ne è emersa pienamente la difficoltà a promuovere la scrittura di nuovi libri di testo, soprattutto laddove l'obiettivo sia quello di contemperare le diverse interpretazioni della storia ispirate a criteri di parte, nel senso cioè di ottenere dei manuali che traggano fondamento da un lato in uno spirito di ricerca volto seriamente all'accertamento dei fatti, dall'altro alla comprensione delle diverse letture, anche documentate, attraverso le quali quegli stessi fatti sono stati di volta in volta interpretati. Si è anzi dovuto registrare lo scarso interesse della comunità scientifica, verso la scrittura di libri di testo scolastici. Tale difficoltà si manifesta vieppiù in sistemi scolastici in continua trasformazione anche dal punto di vista delle metodologie didattiche.
La medesima indagine ha reso chiaro che è possibile intervenire in senso correttivo sul materiale documentativo riportato nei manuali, depurandolo sia da errori formali che da forzature di parte. E tuttavia questo positivo risultato di accertamento e revisione delle fonti documentarie utilizzate è rimasto patrimonio delle biblioteche e degli istituti scientifici, senza che esso sia stato posto a disposizione della manualistica e conseguentemente del sistema scolastico. Si è però dimostrata la realizzabilità del confronto – sempre più indispensabile in previsione della progressiva integrazione anche sociale e culturale degli Stati partner dell'Unione europea – tra gli storici e gli scrittori dei libri di testo. Ed è su questo piano, vale a dire del confronto a livello scientifico, che potrebbero essere riportati compiti di indirizzo relativamente alla compilazione dei manuali di storia e quindi dell'insegnamento di tale disciplina nelle scuole: non certo affidando tale funzione all'organo preposto amministrativamente e politicamente all'ordinamento scolastico.
Il tema del confronto fra storici e insegnanti introduce del resto al secondo aspetto fondamentale che il senatore ritiene di dover sottolineare e cioè la formazione dei professori di storia, la cui valorizzazione, lungi dall'interessare le sole strutture universitarie o le scuole speciali, coinvolge direttamente il sistema dell'autonomia scolastica. Il processo formativo, infatti, dovrebbe consentire ai docenti di rafforzare l'offerta formativa degli istituti scolastici autonomi, esaltandone le capacità di scelta non solo dei manuali, ma anche di altro materiale culturale atto a migliorare la comprensione delle culture di altri Paesi e quindi la loro interpretazione storica dei fatti.
Quanto alle epoche storiche sulle quali concentrare l'attività didattica, egli precisa di non aver condiviso l'orientamento dell'allora ministro Berlinguer di privilegiare l'insegnamento della storia del Novecento, pur comprendendone le motivazioni, che erano volte a rendere più salda la conoscenza della contemporaneità. Ma, dopo aver rilevato come anche la risoluzione approvata dall'altro ramo del Parlamento sia particolarmente rivolta alla storia contemporanea, egli dichiara di non condividere tale impostazione, ritenendo al contrario che l'insegnamento della storia debba evidenziare crocianamente i profili di contemporaneità rilevabili in ogni epoca storica. In proposito, il senatore richiama la propria esperienza di insegnamento universitario, citando il caso di molti studenti capaci di condurre ottimi lavori di ricerca sul Cinquecento e sul Seicento con un approccio però contemporaneista. L'obiettività, infatti, non è a rischio solamente dinanzi all'opera di interpretazione di fatti storici contemporanei, ma lo è forse ancora di più per le vicende dell'era moderna (basti pensare alla valutazione della dominazione spagnola in America Latina, tema oggi assai attuale).
Tornando infine alla formazione universitaria dei futuri docenti di storia, egli afferma l'esigenza che i relativi corsi si svolgano anche attraverso la contaminazione e l'interrelazione con altre discipline. Nel contempo, occorre garantire in tutte le facoltà un maggiore spazio per l'apprendimento della storia. Una formazione generale di base che tenga infatti conto della preparazione individuale dal punto di vista storico favorirà il pieno sviluppo delle capacità umane anche a coloro che abbracceranno in seguito l'attività di ricerca in diversi settori scientifici.
Egli ribadisce conclusivamente l'opportunità di un confronto in materia con il Governo, non per polemizzare con il Ministro o per esprimere valutazioni di merito su un atto di indirizzo liberamente assunto dall'altro ramo del Parlamento, bensì al fine di sviluppare un utile e proficuo dibattito su un tema così rilevante.

Il PRESIDENTE, nell'esprimere apprezzamento per le riflessioni testé svolte dal senatore Monticone e nel riconoscere appieno la validità dell'esigenza da lui posta, fa presente che, laddove non si voglia percorrere la medesima strada procedurale prescelta dalla Camera dei deputati, vale a dire l'assegnazione di un affare che potrebbe poi concludersi con la presentazione e l'approvazione di una o più risoluzioni, lo strumento più agile per consentire al Ministro di intervenire in tempi rapidi in Commissione è rappresentato dalla presentazione di appositi atti di sindacato ispettivo.

Anche la senatrice Vittoria FRANCO si associa alla richiesta formulata dal senatore Monticone in merito a un dibattito sulla questione dei testi scolastici e dell'insegnamento della storia. Ella dichiara inoltre di avere apprezzato la posizione del ministro Giovanardi sulla risoluzione approvata dalla Commissione cultura della Camera dei deputati, ma ritiene indispensabile acquisire l'orientamento in materia anche del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca.

Condivisione per la richiesta di un dibattito in Commissione sulla medesima questione esprime a sua volta il senatore BEVILACQUA. Volgendosi poi ad altro argomento, egli ritiene di dover criticare la decisione di avvertire solamente i rappresentanti dei Gruppi in Commissione e non anche tutti i membri dell'Ufficio di Presidenza riguardo all'incontro, improvvisamente tenutosi nella giornata odierna senza che fosse previsto nella programmazione dei lavori della Commissione, con esponenti della categoria dei ricercatori. Nella considerazione pertanto che non sia stata prestata la dovuta attenzione alle prerogative dell'Ufficio di Presidenza, manifesta l'intenzione di rassegnare le dimissioni dalla propria carica di vice presidente.

Il PRESIDENTE precisa di aver avuto pochi minuti a disposizione per organizzare l'odierno incontro con i rappresentanti dei ricercatori. Dinanzi all'urgenza di garantire un'adeguata presenza di senatori per una occasione di così rilevante attualità, egli ha optato per un avviso immediato e diretto a tutti i rappresentanti dei Gruppi. Si scusa peraltro per non avuto il tempo di informare anche gli altri membri dell'Ufficio di Presidenza ed anzi apprezza la sensibilità istituzionale del senatore Bevilacqua, che ha voluto sottolineare l'esigenza di un tempestivo coinvolgimento dell'Ufficio medesimo in iniziative politicamente così significative. Egli si dichiara tuttavia certo che il senatore Bevilacqua vorrà tornare sulla sua decisione e continuare ad assicurare il proprio prezioso contributo ai lavori dell'Ufficio di Presidenza e della Commissione tutta in qualità di vice presidente, assicurando nel contempo che in future analoghe occasioni i membri dello stesso Ufficio di Presidenza saranno prontamente avvisati.

IN SEDE CONSULTIVA

(1745) Delega al Governo in materia di protezione giuridica delle invenzioni biotecnologiche, approvato dalla Camera dei deputati in un testo risultante dallo stralcio, deliberato il 12 febbraio 2002, dell'articolo 6 del disegno di legge d'iniziativa governativa
(Parere alle Commissioni 10a e 12a riunite. Esame e rinvio).


Il presidente relatore BEVILACQUA ricorda che il disegno di legge in titolo, inizialmente sottoposto all'esame della Sottocommissione pareri, è stato poi rimesso alla sede plenaria su iniziativa di alcuni Gruppi parlamentari.
Ne illustra quindi il contenuto, ricordando che esso trae origine dallo stralcio – deliberato dalla Camera dei deputati - di un articolo dell’Atto Camera n. 2031, recante misure per favorire l'iniziativa privata e lo sviluppo della concorrenza ed è volto a recepire nell'ordinamento interno la direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio del 6 luglio 1998, con la quale gli Stati-membri sono stati investiti del compito di tutelare le invenzioni biotecnologiche mediante il diritto nazionale dei brevetti. Assegnato in sede referente alle Commissioni industria e sanità, il disegno di legge (che conferisce una delega legislativa al Governo in materia) ha però un evidente impatto sul settore della ricerca scientifica e sulla brevettabilità delle invenzioni scientifiche, tanto è vero che il decreto legislativo mediante il quale si dovrà recepire la suddetta direttiva dovrà essere adottato anche su proposta del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca. Il concerto dello stesso Ministro è poi richiesto, fra gli altri, per la predisposizione – da parte del collega titolare delle Attività produttive – della relazione annuale da presentare al Parlamento sull’applicazione del medesimo decreto legislativo.
Va tuttavia osservato che il provvedimento, nell’indicare i princìpi ed i criteri direttivi cui il Governo dovrà attenersi, recepisce sì in gran parte la direttiva europea, ma introduce nel contempo anche nuove norme, tutte di carattere restrittivo rispetto alla normativa comunitaria. Ciò è importante alla luce del fatto che la Commissione europea, il 30 dicembre 2000, aveva messo in mora l'Italia per il mancato recepimento della direttiva e che l’allora Governo di centro-sinistra aveva appoggiato un ricorso, presentato dai Paesi Bassi, sulla base del concetto dell'inalienabilità del materiale umano vivente; ricorso che la Corte di giustizia respinse con sentenza del 9 ottobre 2001.
Più esattamente, la delega, precisando e correggendo la direttiva europea, prevede la brevettabilità sia di materiale biologico isolato dal suo ambiente naturale o prodotto attraverso un processo tecnico, sia del processo attraverso il quale può essere prodotto, lavorato o impiegato materiale biologico anche preesistente, specificando, tuttavia, che il materiale biologico possa preesistere soltanto quando oggetto del brevetto è il processo volto a produrre o impiegare tale materiale. Con tale disposizione si stabilisce, quindi, che non sarà brevettabile il corpo umano e neppure la scoperta di uno dei suoi elementi, compresa la sequenza di un gene. Peraltro, la Convenzione di Monaco sulla concessione di brevetti europei, all’articolo 52, come anche l’ordinamento italiano escludono la brevettabilità delle scoperte.
Sarà tuttavia brevettabile un elemento del corpo umano se ottenuto attraverso un procedimento tecnico che ne abbia consentito l'isolamento o la produzione ed anche una sequenza del DNA per la produzione di una proteina, a patto però - in questa parte si inserisce un ulteriore elemento di restrizione rispetto alla direttiva europea - che sia specificata la funzione utile alla valutazione del requisito dell'applicazione industriale. Altre norme restrittive contenute nel provvedimento, rispetto al testo della direttiva comunitaria, sono inerenti alla esclusione di tutti i processi di clonazione umana e di ogni utilizzazione di embrioni umani, ivi comprese le linee di cellule staminali embrionali umane; un'ulteriore tutela consiste nell'obbligo di dichiarare, all'atto della richiesta del brevetto, la provenienza del materiale biologico che sta alla base dell'invenzione, sia in riferimento al paese di origine, sia in relazione all'organismo biologico dal quale è stato isolato.
In definitiva, la direttiva europea che il testo in esame si propone di recepire pone questioni assai complesse e delicate sotto il profilo etico e giuridico, trattandosi di individuare un difficile equilibrio fra l'esigenza di tutela e di incentivo della ricerca, con tutte le ricadute che essa determina dal punto di vista economico e industriale, e la necessità di non annullare i princìpi fondamentali di dignità ed il carattere esclusivo ed irripetibile della persona e quindi del materiale umano vivente.

Si apre il dibattito.

Il senatore MONTICONE esprime in primo luogo apprezzamento per l'obiettività della relazione del presidente Bevilacqua, concordando peraltro con l'osservazione che il disegno di legge sia più restrittivo della direttiva europea che recepisce o quanto meno specifichi con chiarezza gli aspetti lasciati indefiniti dalla direttiva medesima. Dal punto di vista metodologico poi egli ricorda che la direttiva che ci si accinge a recepire risale al 1998 ed è stata quindi seguita dalla Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, l'articolo 3 della quale sancisce il divieto di fare del corpo umano e delle sue parti in quanto tali una fonte di lucro. Benchè ciò non confligga direttamente con la dizione della lettera e) del disegno di legge in esame, che consente la brevettazione di un'invenzione relativa a un elemento isolato dal corpo umano, vi sono tuttavia evidenti elementi che inducono a considerare assai più favorevolmente l'articolo 3 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea rispetto alla predetta lettera e). L'introduzione della brevettazione è infatti inevitabilmente a scopo di lucro, in un'ottica completamente commerciale. Egli registra pertanto la palese discrasia fra due testi, entrambi di matrice europea, che a suo giudizio può giustificare una moratoria sull'applicazione della direttiva.
Accanto a tale aspetto metodologico, prosegue il senatore Monticone, se ne profila del resto un altro, connesso alla mozione con cui il Parlamento ha qualche tempo fa preso posizione nei confronti dell'Europa in materia di brevetti sulle biotecnologie, con ciò ritardando fra l'altro il recepimento della direttiva 98/44/CE.
Né va dimenticato che altri Paesi, con riferimento alle biotecnologie animali e vegetali, non hanno ancora recepito la direttiva, mettendone anzi in discussione i presupposti.
Il senatore Monticone richiama poi il disegno di legge istitutivo di un'autorità garante sul genoma, già esaminato dalla Commissione nella scorsa legislatura e indi ripresentato nell'attuale ma fermo a causa di una pur comprensibile preoccupazione del Governo sulla proliferazione delle autorità indipendenti, che avrebbe dato vita ad un organismo idoneo a consentire una migliore valutazione sulla direttiva europea.
Passando ai contenuti del provvedimento in esame, il senatore Monticone ne evidenzia gli aspetti che destano a suo giudizio maggiore perplessità, fra cui anzitutto il concetto di brevetto. Esso si riferisce infatti non tanto all'esito di una ricerca di base, quanto alla tutela di un'invenzione a fini di lucro. Anche qualora si vietasse la brevettazione prevista dal provvedimento, la ricerca non sarebbe per questo meno libera, atteso che si escluderebbe soltanto la dimensione commerciale della tutela industriale.
Egli ricorda poi l'appassionato impegno della Commissione in occasione di una precedente discussione parlamentare sulla attribuzione dei proventi derivanti dalla brevettazione, che testimonia come sulla materia occorra svolgere una riflessione più approfondita, con il pieno coinvolgimento della Commissione istruzione, tanto da ipotizzare una questione di competenza. Invita pertanto il relatore a tenere conto di tali considerazioni nella stesura del parere che, a suo giudizio, dovrebbe essere contrario pur nell'apprezzamento dei limiti posti dal provvedimento.
Anche la brevettazione delle biotecnologie animali e vegetali richiede del resto un'analisi più approfondita, investendo quel rapporto con l'ambiente e l'idea di società che non può certo essere affidato solo alla ricerca e alle sue applicazioni industriali.
Conclude citando un passaggio dell'intervento del delegato della Conferenza episcopale italiana per le questioni giuridiche, Monsignor Attilio Nicora, nel corso di un'audizione presso le Commissioni riunite X e XII della Camera dei deputati nell'ambito di un'indagine conoscitiva sulle biotecnologie: in quell'occasione, Monsignor Nicora affermò infatti di considerare moralmente inammissibile la protezione giuridica di un'invenzione biotecnologica che avesse avuto come oggetto un uso strumentale o commerciale del corpo umano e delle sue parti in uno degli stadi dello sviluppo dell'organismo umano; ciò in quanto detta protezione concederebbe ad una persona fisica o giuridica un diritto esclusivo di sfruttamento economico di un'azione a suo giudizio intrinsicamente illecita.

Il seguito dell'esame è quindi rinviato.

La seduta termina alle ore 16,10.