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CAMERA DEI DEPUTATI - SENATO DELLA REPUBBLICA

XIII LEGISLATURA

COMMISSIONE PARLAMENTARE

PER L'INDIRIZZO GENERALE E LA VIGILANZA

DEI SERVIZI RADIOTELEVISIVI

4.

SEDUTA DI MARTEDI' 15 OTTOBRE 1996

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE FRANCESCO STORACE

INDICE

Audizione del direttore generale della RAI sul tema della pubblicità occulta

La seduta comincia alle 13,40.

(La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Essendo pervenuta la richiesta da parte del prescritto numero di componenti la Commissione, dispongo, ai sensi dell'articolo 13, comma 4, del regolamento della Commissione, che la pubblicità dei lavori della seduta sia assicurata anche mediante l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso.

Se non vi sono obiezioni, rimane così stabilito.

(Così rimane stabilito).

Dell'esame di questo punto all'ordine del giorno della seduta odierna sarà altresì redatto il resoconto stenografico.

Audizione del direttore generale della RAI sul tema della pubblicità occulta.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione del direttore generale della RAI, dottor Franco Iseppi, sul tema della pubblicità occulta.

Il dottor Iseppi è accompagnato dai funzionari della RAI dottor Mengozzi, dottor Sagna, dottor Esposito, dottor Leone e dottor De Palma.

Devo preliminarmente dare alla Commissione una comunicazione di carattere procedurale. Come i colleghi ricorderanno - in particolare quelli che fanno parte dell'ufficio di presidenza - il 30 settembre ho inviato una lettera al direttore generale per chiedere quali contratti siano stati conclusi tra la RAI e le Ferrovie dello Stato nell'ambito della vicenda Efeso, se su tali contratti siano state previste forme di pubblicizzazione nel corso di notiziari o trasmissioni giornalistiche, quali contratti analoghi con altre amministrazioni dello Stato siano stati stipulati dalla RAI ed in particolare se sia stato applicato l'articolo 20 della legge n. 103 del 1975 che prevede il parere obbligatorio della nostra Commissione. Nella sua risposta, il direttore generale (che ha comunque risposto alla richiesta della Commissione, fornendo la documentazione che è a disposizione dei commissari dalla scorsa settimana) ha affermato - lo riferisco per correttezza - di dover esprimere perplessità sull'attuale competenza della Commissione in materia di pubblicità, perché - scrive il direttore generale - "sembra da ritenere ormai abrogato per nuova disciplina della materia l'articolo 4, primo comma, sesta disposizione, della legge n. 103".

Ella, direttore, è stato indotto in errore nello scrivere questa lettera, perché quell'articolo, quel comma e quella disposizione sono talmente vigenti che l'intero articolo 4, e non sue parti, della legge n. 103 è citato nella convenzione fra RAI e Stato: le ricordo l'articolo 1, comma 4, lettera b) di quella convenzione. Le sue perplessità, quindi, non hanno motivo di sussistere: questa Commissione esiste ed ha il diritto-dovere di esercitare i suoi poteri; prendiamo comunque atto della volontà di collaborazione con la Commissione ed auspichiamo che per il futuro non si ingenerino più pericolose confusioni.

FRANCO ISEPPI, Direttore generale della RAI. Signor presidente, semmai torneremo su tale questione, poiché vi era anche una seconda parte della lettera che faceva riferimento al Garante, non soltanto la prima parte ...

PRESIDENTE. E' mio dovere ricordare le prerogative della nostra Commissione.

FRANCO ISEPPI, Direttore generale della RAI. Nella documentazione che vi abbiamo consegnato sono già contenute in parte alcune delle osservazioni che svolgerò, mentre altre saranno aggiuntive.

La struttura dei ricavi della RAI è articolata su tre fonti di risorse finanziarie: il canone (per oltre 2.300 miliardi), la pubblicità (per oltre 1.300 miliardi) e gli altri ricavi (per oltre 300 miliardi). La voce "altri ricavi" è costituita essenzialmente da: convenzioni a rimborso con lo Stato (per circa 135 miliardi); ricavi da attività istituzionali (per oltre 90 miliardi, di cui circa 50 per convenzioni istituzionali); commercializzazione programmi, ovvero coproduzioni e gestioni diritti (per circa 80 miliardi).

Per quanto riguarda le convenzioni a rimborso con lo Stato, si tratta di attività obbligatorie previste dalla legge di riforma della RAI n. 103 del 1975, articoli 19 e 20. Si tratta in particolare di: trasmissioni radiotelevisive in lingua tedesca e ladina per le minoranze linguistiche della provincia autonoma di Bolzano; trasmissioni radiotelevisive in francese per la popolazione bilingue della Valle d'Aosta; trasmissioni radiotelevisive in lingua slovena per la minoranza linguistica del Friuli Venezia Giulia; trasmissioni speciali radiofoniche in onde corte per l'estero; trasmissioni radiotelevisive destinate a stazioni estere per gli italiani all'estero; ritrasmissione di programmi in lingua francese originati all'estero sul territorio della Valle d'Aosta.

A queste voci si aggiunge la convenzione stipulata con il Ministero delle finanze per il rimborso delle spese sostenute per conto dello Stato per la riscossione coattiva del canone di abbonamento televisivo.

Per quanto riguarda le convenzioni istituzionali, si tratta di attività disciplinate dall'articolo 2 del regolamento del Garante in esecuzione della legge Mammì, della convenzione RAI-Stato e dell'articolo 4 del contratto di servizio. Con questa attività la RAI si qualifica come "voce" della pubblica amministrazione, inserendo nella propria programmazione temi di rilevante interesse pubblico portati all'attenzione degli utenti. Gli enti promotori (ministeri, regioni, province, comuni, enti pubblici, associazioni e fondazioni senza fini di lucro) rimborsano alla RAI i maggiori costi sostenuti per un totale annuo di circa 50 miliardi (compresa la voce "lotterie") sulla base di convenzioni approvate dagli organi di controllo dello Stato (Consiglio di Stato, Corte dei conti).

I programmi promossi dalle amministrazioni pubbliche e dagli enti pubblici non economici presentano la seguenti caratteristiche: sono di tipo informativo e non promozionale; sono integrati all'interno delle trasmissioni che le ospitano e non relegati negli spazi riservati alla comunicazione commerciale. Tali iniziative si configurano come un'opportunità per le amministrazioni pubbliche, espressamente prevista dalla normativa vigente, di attivare un canale di informazione e formazione di rilevante e comprovato interesse generale per il cittadino e integrativo dei servizi già resi dalla concessionaria pubblica. Non rivestendo tali iniziative obiettivi di carattere commerciale, ma anzi esaltando il ruolo di servizio alla pubblica amministrazione e all'utente, la loro valorizzazione prevede un semplice contributo forfettario a parziale copertura dei costi diretti e indiretti di ideazione, produzione e trasmissione.

Esistono poi le attività commerciali, che riguardano una numerosa serie di attività collaterali consentite dall'articolo 5 della convenzione RAI-Stato, dall'articolo 2 del regolamento del Garante e dallo statuto sociale che tendono a valorizzare le diversificate risorse aziendali tra le quali la commercializzazione degli archivi attraverso home video e CD-Rom, servizi di data broadcasting, editoria libraria, ospitalità di apparecchiature radio elettriche di terzi presso i propri impianti, merchandising, eccetera (per un complesso di circa 45 miliardi).

Su tutte le voci che ho appena menzionato (convenzioni a rimborso con lo Stato, convenzioni istituzionali, attività commerciali) non sono previsti interventi consultivi o di altra natura da parte della Commissione parlamentare di vigilanza. E' soltanto sulle convenzioni previste dal comma 10 dell'articolo 20 (legge n. 103 del 1975) che si esercita il potere consultivo della Commissione, riguardo al quale l'onere e la competenza ad attivare il parere obbligatorio appare a carico delle amministrazioni statali richiedenti: ciò sia per la formulazione testuale della normativa sia per considerazioni di natura sostanziale; infatti il parere in questione si pone come uno dei momenti procedimentali interni di formazione della volontà delle amministrazioni richiedenti; la RAI non potrebbe sostituirsi ad esse nell'esercizio di un atto di impulso che costituisce obbligo per le amministrazioni stesse e non per soggetti terzi.

PRESIDENTE. Può chiarire questo aspetto?

FRANCO ISEPPI, Direttore generale della RAI. Non ci sono convenzioni di questo tipo; ce n'è stata una, credo nel 1974 ma non ricordo bene l'anno, richiesta dal Ministero degli affari esteri su un programma per la Tunisia. Non esistono esempi di questo tipo che facciano riferimento al comma 10 dell'articolo 20.

Ne consegue che mentre è indiscutibile il titolo della Commissione di vigilanza a chiedere alla RAI di prendere visione dei documenti inerenti alle convenzioni per i servizi speciali non sembra che lo stesso possa dirsi per le altre operazioni negoziali, poste in essere dalla RAI nella sua autonomia privata, entrando in questo caso in gioco il diritto imprenditoriale alla riservatezza ed alla tutela del segreto industriale e ciò con particolare riguardo a quello dei soggetti terzi.

Nonostante le considerazioni sopra espresse, la vicenda in questione assume un rilievo eccezionale in base al quale si ritiene di contribuire ad un chiarimento necessario fornendo la più ampia disponibilità. Per quanto riguarda, appunto, l'operazione Efeso, mi preme subito dire che rispetto alla tipologia delle convenzioni descritte essa presenta tali elementi di atipicità che avvicinano l'operazione ad una pura attività commerciale (di cui ho appena descritto le caratteristiche): ciò sia per la natura della controparte (società di diritto privato ancorché controllata indirettamente al 100 per cento dallo Stato) e soprattutto per i contenuti contrattuali aventi ad oggetto la cessione dei diritti su materiale prodotto dalla RAI nell'ambito della sua programmazione. La storia aziendale di questo contratto è pertanto discutibile anche per quanto riguarda la sua originaria allocazione nella voce convenzioni.

Prima di entrare nel merito delle considerazioni sul contratto, mi preme sottolineare che la RAI non intende nascondere o coprire alcun elemento e che sull'intera vicenda è ancora in sospeso la valutazione sul comportamento delle competenti strutture aziendali fino a quando non si sarà concluso l' internal audit.

L'operazione RAI-Efeso non comincia bene, poiché trae origine da alcuni contratti avviati tra la RAI e le Ferrovie dello Stato nel 1995 per un "progetto di comunicazione per le Ferrovie dello Stato" volto a configurare una forma di comunicazione di pubblica utilità destinata a informare l'opinione pubblica su tutto ciò che attiene al settore dei servizi ferroviari: il progetto è restato inattuato e nessuna convenzione a riguardo è stata definita con le Ferrovie dello Stato.

Con l'avvenuta costituzione da parte delle Ferrovie dello Stato della società Efeso (controllata dalle Ferrovie dello Stato al 100 per cento e statutariamente destinata ad operare nel settore della comunicazione) il progetto ha subìto un'importante evoluzione avendo tale società deciso di dotarsi di una serie di materiali multimediali (programmi televisivi, sceneggiati, programmi su CD Rom eccetera) da utilizzare a propria cura sia nell'ambito delle stazioni ferroviarie (sale denominate "Disco Verde", mega-schermi) sia per fini didattici e divulgativi in mostre e fiere, sia per diffusione televisiva in ambito prevalentemente locale.

Tali materiali (come meglio descritti negli allegati al contratto) sono essenzialmente costituiti da: 1) un primo Speciale Mixer , dedicato, in particolare, al Giubileo del 2000 (nell'ambito del quale è stato ritenuto fondamentale il ruolo che le Ferrovie avranno nella riprogettazione del territorio, con la costruzione di nuove linee urbane ed extra-urbane, con l'utilizzazione delle stazioni, anche sulla base dell'esperienza già attuata in grandi capitali mondiali quali Londra, Parigi, Washington); 2) un secondo Speciale Mixer dedicato alla città del futuro ed alla scommessa di una nuova concezione del trasporto urbano (non ancora realizzato); 3) una soap opera coprodotta dalla RAI dal titolo Un posto al sole (non ancora realizzata), le cui possibili ambientazioni (piazze, stazioni, treni, parchi e giardini, località turistiche, agenzie di viaggio e così via), i cui personaggi e dialoghi (situazioni della vita quotidiana, qualità della vita, svaghi, hobby e sport, servizi e disservizi, mezzi di trasporto, attività lavorativa, famiglia e così via) ed il cui livello narrativo (viaggi, avventure, conoscenze di luoghi e culture diverse, amicizie nate e consolidate in treno o in aereo, eccetera) sono state ritenute possibile parte di un progetto di comunicazione interessante; 4) alcuni stralci da servizi informativi di vario tipo, solo in parte realizzati (Linea verde, In viaggio con sereno variabile, Sereno variabile, Uno mattina, TG1: tre minuti di, TG1 economia, TV7, Speciale TG1, TG2 dossier, Speciali regionali, GR1 Istruzioni per l'uso), aventi ad oggetto l'impatto dell'alta velocità sul territorio, l'uso corretto del treno, il mondo dei viaggi, il rapporto cittadino-utente, le novità del trasporto su rotaia, i cambiamenti di orario dei treni, il sistema attuale dei trasporti su rotaia, l'introduzione di nuove tecnologie e così via; 5) un programma - Solletico - di giochi interattivi, cartoni e fiction per ragazzi (non ancora realizzato).

Per tutti i materiali in questione elencati ai punti 1, 2, 4 e 5, è contrattualmente prevista la piena autonomia produttiva, organizzativa e ideativa della RAI. Per quello sub 3 è prevista la possibilità di cooperare con gli sceneggiatori della soap opera, ma i diritti ceduti concernono solo l'utilizzo in circuito chiuso (nelle stazioni ferroviarie) e per fini didattici e divulgativi, nonché in mostre e fiere.

Per i materiali sub 4 e 5 è anche previsto che la RAI possa non realizzare uno o più segmenti di programmi-rubriche, con il solo obbligo per la RAI di proporre segmenti di programmi-rubriche di analoghe caratteristiche.

Il corrispettivo pattuito per la cessione del diritto di sfruttamento per otto anni del materiale in questione è di 2.600 milioni di lire più IVA.

DIEGO MASI. Mi sembra un po' poco.

FRANCO ISEPPI, Direttore generale della RAI. Ad oggi sono state emesse tre fatture per complessivi 1.300 milioni e sono stati acquisiti da Efeso i diritti sulle trasmissioni che risultano dall'allegato.

Per concludere, nonostante appaiano saldi i presupposti operativi e la struttura dell'operazione (mi riferisco in particolare al parere legale che è stato inviato alla Commissione), alcuni suoi profili applicativi destano particolare preoccupazione per la pericolosa contiguità dei suoi contenuti con forme di pubblicità occulta. Formalmente tali preoccupazioni potrebbero riferirsi unicamente alla soap opera e alla trasmissione Solletico, entrambe non ancora andate in onda, mentre apparirebbe non formulabile a carico delle altre trasmissioni un analogo rilievo critico.

I meccanismi conoscitivi posti in essere dall'attuale direttore generale sull'intera operazione e la difficoltà nell'ottenere un'interpretazione unitaria dell'applicazione del contratto rendono necessaria e prudente la riconsiderazione totale dell'accordo RAI-Efeso, ovvero la sua risoluzione, poiché si ritiene questa misura, per un contratto così atipico, la più adatta a garantire in futuro un comportamento ineccepibile da parte dell'azienda per ciò che attiene al divieto di qualsiasi forma di pubblicità occulta: è quanto ho proposto ieri al consiglio di amministrazione, che ha dato ampio mandato in tal senso.

D'altronde, preoccupazione destava anche il possibile collegamento (non di fatto) fra l'originario progetto di comunicazione delle Ferrovie dello Stato (mai realizzato) e la concretizzazione del contratto RAI-Efeso avente ad oggetto obbligazioni e contenuti tutt'affatto diversi (acquisto di diritti di sfruttamento multimediale di prodotti RAI in gran parte realizzati in piena autonomia ideativa e produttiva).

Più in generale, la RAI ha avviato una profonda riconsiderazione delle sue strategie, finalizzata a non riprodurre l'isolata e criticabile esperienza del contratto Efeso e a conservare la linea operativa delle sue attività commerciali soltanto nell'ambito dei rapporti con istituzioni pubbliche centrali e locali e dello sfruttamento del suo magazzino attraverso poche e qualificate operazioni.

Al fine di accentuare la disponibilità della RAI al comportamento più trasparente possibile - ed anche per ottenere preziose indicazioni sul futuro - si ritiene opportuno sottoporre anche al Garante per l'editoria e la radiodiffusione la documentazione inerente al contratto e le relative registrazioni, nello spirito di fugare per il futuro dubbi sulla commistione impropria tra informazione, promozione e pubblicità.

PRESIDENTE. Ringrazio il direttore generale della RAI per le sue dichiarazioni ed avverto che sono iscritti a parlare, per il primo giro di quattro interventi, gli onorevoli Giulietti, Masi e Bosco, nonché il presidente della Commissione.

GIUSEPPE GIULIETTI. Ascoltando quale fosse l'ampiezza del piano Efeso, esprimevo l'auspicio che almeno la Santa Messa si fosse salvata e che non si prevedesse una sua ripresa sui convogli ferroviari!

GIAN GUIDO FOLLONI. Non c'è la Santa Messa!

GIUSEPPE GIULIETTI. Stavo dicendo che temevo vi fosse anche la Santa Messa ripresa su un vagone ferroviario!

Sono molto lieto della decisione assunta, ma il punto che mi preoccupa, sul quale mi soffermerò, è l'elemento della distinzione tra pubblicità e comunicazione in quanto tale, non solo in questo contratto ma nel complesso delle convenzioni: oltre ad Efeso, vi è la convenzione con le regioni nonché eventuali convenzioni di altra natura in ambito pubblico e privato. Poiché la questione è stata sollevata da parlamentari appartenenti ad ogni schieramento, se qualcuno pensasse di trasformarla in una questione di parte, sbaglierebbe; il punto centrale è in che modo venga distinta la pubblicità, ossia quanto è pagato da un committente, da ciò che è libera scelta delle imprese.

Il mio non è un attacco alle convenzioni (spero che sia chiaro): il problema, infatti, non riguarda le stesse convenzioni o la pubblicità, ma la separazione netta tra le due funzioni. Temo comunque che le regole siano state alterate nell'intero sistema delle telecomunicazioni e quindi, come prima domanda, chiedo al dottor Iseppi se esista la disponibilità della RAI non solo a consegnare la documentazione al Garante per l'editoria e la radiodiffusione, com'è stato affermato, ma anche a sollecitare lo stesso Garante affinché assuma un'iniziativa nei confronti delle imprese pubbliche e private per una verifica dell'intera partita delle promozioni, degli spot e della pubblicità occulta. Credo, infatti, sia necessario mettere un punto fermo sulla questione e, se vi è un'adesione spontanea delle imprese, questo è il momento per farlo. Mi chiedo pertanto se vi sia una disponibilità dell'impresa pubblica ad andare oltre rispetto alla questione Efeso.

Vorrei peraltro sapere quante siano, a parte Efeso, le convenzioni stipulate; al riguardo, ho letto interpellanze ed interrogazioni presentate da vari deputati e senatori che fanno riferimento ad una convenzione a suo tempo stipulata con il ministro Frattini, nonché ad un'altra conclusa con le regioni, oltre al piano Efeso. Inoltre, in un articolo apparso su Il Sole - 24 ore del 15 novembre 1995 si parla di una convenzione con Confcommercio e Confartigianato; ad un certo punto dell'articolo viene riportata anche la seguente battuta: "Abbiamo speso 2 miliardi solo per qualche passaggio nel TG della Lombardia!". Questo non è attribuibile alla RAI, ma voglio sapere, nel caso in cui esistano altre convenzioni, che cosa prevedano, nonché se sussista il rischio che si vada in qualche modo a "battere" sulle trasmissioni di informazione e di comunicazione.

Vorrei in sostanza sapere se esistano altre convenzioni.

PRESIDENTE. Onorevole Giulietti, devo precisare che abbiamo posto questa domanda nella lettera che abbiamo inviato, ma la RAI ha deciso di non rispondere.

GIUSEPPE GIULIETTI. Riformulo la domanda perché esistono, a mio avviso, elementi che denotano l'esistenza di altre convenzioni ed il problema per me centrale non è rappresentato dal piano Efeso, bensì dalla distinzione tra i due momenti. Vorrei quindi sapere se non sia il caso, nell'ambito dell'autonomia dell'azienda, di affrontare complessivamente la questione delle convenzioni: se la stessa azienda lo ritiene, può farlo nell'ambito del consiglio di amministrazione, ovvero aprendo un'inchiesta o rivolgendosi al Garante.

Chiedo inoltre se tali convenzioni (non ho sentito accennare a quest'aspetto, probabilmente per mia disattenzione) passassero o passino per il consiglio di amministrazione, ovvero se siano preventivamente sottoposte - come immagino - all'ufficio legale. Vorrei pertanto sapere se si tratti della libera iniziativa di un funzionario (non vorrei che tutto si concludesse con un funzionario "cattivo") oppure se le politiche delle convenzioni venissero discusse in consiglio di amministrazione, nonché se vi sia stato, per così dire, un via libera.

Intendo ora soffermarmi su un'ultima questione, che segnalo anche se non so in quale sede potrà essere affrontata, perché mi hanno impressionato alcuni articoli apparsi su Il Mondo, in cui i dirigenti delle Ferrovie dello Stato sostengono di non essere stati loro a scrivere il piano Efeso ed affermano che in sostanza la parte riferita all'informazione è quella proposta loro dalla controparte. Si tratta di un fatto dirompente.

Comunque, siccome sono un garantista integrale, non sospetto di nessuno ma ricordo che l'altra parte ha affermato addirittura: "Sul piano Efeso abbiamo preso delle cartelle già scritte ed anzi il nostro ufficio legale voleva limitare ulteriormente". Questo non è un problema di secondaria importanza, considerato che addirittura uno degli enti contraenti sostiene di aver "limitato": è possibile che si tratti di una finzione e che questo non sia vero, ma pongo la questione perché ritengo sia di non secondaria importanza.

Considerato che mi interessa la parte finale del ragionamento del dottor Iseppi, esprimo personalmente un giudizio positivo sul fatto che il consiglio di amministrazione, nell'ambito della sua autonomia (come è giusto), abbia già assunto delle iniziative; ritengo peraltro che questa materia richieda gesti molto forti, perché mina la credibilità del servizio pubblico, per cui la questione - lo ripeto - non è di poco conto. Oltre a questo, se si intende rivedere l'intera materia, vorrei sapere in che modo ciò dovrebbe avvenire e con quali garanzie per la comunità. Questo è, a mio avviso, il punto chiave: le prossime convenzioni saranno sottoposte al consiglio di amministrazione? Si procederà ad una revisione della norma? Questa sarà materia consiliare? Tali questioni saranno affrontate collegialmente e formeranno materia di discussione? Sarà posto al centro il tema dell'interesse generale?

DIEGO MASI. Dopo aver ascoltato la relazione del direttore generale, devo constatare che la RAI ha trasgredito alla legge, perché quanto è stato fatto è contrario a tutti gli articoli della normativa europea oltre che a quelli già recepiti nella nostra legislazione o in fase di recepimento nei provvedimenti che il Senato sta varando. Si tratta di un punto centrale, che è sempre stato sottolineato (lo dico anche come esperto di comunicazione), in quanto la pubblicità cosiddetta occulta è quella che incide maggiormente, soprattutto con riferimento al capitolo delle sponsorizzazioni, tanto che su questo aspetto si sono scritti addirittura dei libri. La disinvoltura che ha contraddistinto l'approccio, in termini commerciali, della RAI a tale questione mi sembra sostanzialmente una trasgressione fondamentale delle norme scritte ed anche della legge, per così dire, etica che regola i rapporti tra pubblicità e comunicazione, mentre su questo aspetto, per esempio, i privati sono estremamente attenti: comportamenti del genere venivano seguiti (lo dico soltanto come ricordo personale) in maniera surrettizia e con grande attenzione negli anni settanta, ma dagli anni ottanta tutto ciò è stato superato dalle stesse aziende, le quali non hanno più voluto ricorrere a strumenti del genere; sono quasi cessate anche le immagini che ogni tanto comparivano nei film, allorché qualcuno versava il contenuto di una bottiglia in modo anomalo per far vedere l'etichetta oppure mostrava nello stesso modo un pacchetto di sigarette. Si tratta di situazioni ormai superate dalla prassi commerciale, in quanto da un certo punto di vista erano controproducenti anche dal punto di vista commerciale; fatti del genere erano peraltro contrari alla legge e, secondo la mia esperienza, le aziende serie non vi hanno mai fatto ricorso. La circostanza che impressiona è che invece comparti pubblici si siano attenuti ancora oggi a questa tipologia di comportamenti e soprattutto che un'istituzione di servizio pubblico vi abbia convenuto e li abbia seguiti: si tratta di un fatto gravissimo.

Senza soffermarmi a lungo sulla gravità della questione, che ritengo sia evidente per tutti, desidero sottolineare ciò che si può fare; l'onorevole Giulietti si è già soffermato su qualche aspetto, che condivido, per cui lo riprenderò soltanto ad ulteriore sostegno delle sue tesi, aggiungendo qualcos'altro.

Prima di avanzare delle richieste, mi domando se, nell'ambito dei ricavi della RAI, esista una voce diversa da quella imputabile alla concessionaria di pubblicità: normalmente, infatti, queste parti dovrebbero rientrare nella competenza della stessa concessionaria di pubblicità, non in quella della società di distribuzione. Quindi, considerata la composizione dei ricavi della RAI (costituiti, se ricordo bene, dal canone per circa 2.200 miliardi e dalle entrate derivanti dalla SIPRA per 1.700 miliardi: questa è la parte lecita), occorre comprendere quale parte dei ricavi diversi derivi da situazioni non trasparenti, che entrano in una sorta di commistione con la comunicazione, ma non si capisce perché non fossero trattate dalla SIPRA bensì curate direttamente dalla RAI.

E' certamente grave il fatto che si sia trasgredita la legge, e per di più che a trasgredirla sia la RAI e non - come, in un certo senso, avrebbe dovuto - la concessionaria di pubblicità. Occorre quindi comprendere i motivi di tale situazione e conoscere più in profondità una parte dei ricavi.

Riprendendo le argomentazioni dell'onorevole Giulietti, ritengo opportuna un'analisi di tutte le convenzioni che la RAI ha stipulato negli anni scorsi con enti pubblici o privati per fini di pubblicità di qualsivoglia natura. Infatti, se si trattasse di spot, telepromozioni o sponsorizzazioni, la competenza dovrebbe essere della SIPRA, per cui ci si deve chiedere quale tipo di pubblicità sia quella che la RAI commerciava direttamente. Quindi, l'analisi va condotta in profondità: con riferimento alla questione Efeso, ho già detto, nel corso di un'interruzione, che in termini commerciali la cifra richiesta mi sembra molto bassa; lo dico perché 2.600 milioni per tutto ciò che è stato offerto...

PRESIDENTE. La sua è una candidatura alla direzione commerciale della RAI!

DIEGO MASI. Non sto chiedendo questo, ma se si stipulano contratti, occorre farlo bene! Quella richiesta mi sembra - lo ripeto - una cifra ridicola, e questo è un altro dato da analizzare, poiché di fatto si chiedevano cifre di comodo, non commerciali.

Fermo restando che si è in presenza di una trasgressione della legge e che la RAI non avrebbe mai dovuto farlo, una volta che l'azienda ha deciso di ricorrervi, vorrei sapere perché l'abbia fatto così male. Chiedo inoltre quante altre convenzioni vi siano in essere e quali siano i prezzi. Infatti, anche se non sono un giurista, posso rilevare che la situazione evidenziata implica che all'interno della trasgressione vi sia anche un dolo commerciale, o forse altro, ovvero connivenze.

Il terzo punto su cui intendo soffermarmi è quello relativo all'individuazione della responsabilità: non mi interessa se quest'ultima sia da attribuire ad un funzionario ovvero se questi abbia agito in accordo con il consiglio di amministrazione, nonché se lo stesso consiglio fosse al corrente della situazione. Voglio semplicemente sapere chi siano i responsabili, il che mi sembra del tutto legittimo: poiché questa commissione ha il compito di vigilare sulla RAI e di impartirle indirizzi, se non fa questo, non so che cosa debba fare. Se cerchiamo soltanto di tenere la RAI sotto tutela, questo non è il nostro compito: siamo di fronte ad una grande azienda, con un grande fatturato, formato da soldi degli italiani; voglio capire chi abbia speso questi soldi e chi abbia - per così dire - "commerciato" con essi. Voglio conoscere nomi, cognomi (Commenti)... Sì, anche gli indirizzi! Ritengo si tratti di un fatto dovuto.

Concludo, sottolineando la necessità - che, tra l'altro, mi sembra sia stata richiamata dallo stesso direttore generale - di conoscere quale politica futura la RAI intenda realizzare sulla base di questo tipo di convenzioni, se queste ultime debbano essere concluse dalla RAI o dalla SIPRA e, infine, se le convenzioni stesse debbano o meno essere realizzate. Credo di avere capito - il direttore generale eventualmente lo confermerà - che vi siano poche, qualificate operazioni con qualche ambito istituzionale. Si tratta di uno spazio riconducibile al controllo della Commissione. Voglio quindi capire quali e dove sono gli ambiti individuabili, quale sia la politica che la RAI intende seguire a tale riguardo e se il tutto non rischi di sconfinare in situazioni analoghe a quelle alle quali è stato fatto riferimento.

Il problema di cui ci stiamo occupando, emerso all'improvviso e del quale non può essere attribuita una colpa a chi in questo momento ci sta di fronte (fermo restando, comunque, che si tratta dei nostri referenti), esige una chiarezza sostanziale che deve essere raggiunta in modo tempestivo, trattandosi di una tipologia di inchiesta che, a mio avviso, va condotta a "tamburo battente".

RINALDO BOSCO. Vorrei partire da lontano, perché credo non si possa parlare soltanto di pubblicità occulta ma si debba far riferimento, più in generale, all'informazione occulta. Ancora una volta, vorrei sapere perché la RAI abbia dato informazioni errate sul numero delle persone presenti alla manifestazione di Venezia...

PRESIDENTE. Collega Bosco, la invito ad attenersi al tema della discussione e ad evitare di fare pubblicità "palese" al suo partito.

RINALDO BOSCO. Sto parlando del cattivo servizio reso dalla RAI in una certa occasione, ma anche del cattivo servizio che l'azienda continua ad offrire nel momento in cui intervista soltanto i rappresentanti del Polo e dell'Ulivo, senza tenere conto dell'altro 10 per cento dei cittadini che paga il canone!

Entrando nel merito delle voci di bilancio della RAI, con riferimento ai servizi speciali da convenzione, risultano entrate per circa 133 miliardi nel 1995. Chiedo al direttore generale di dirci chi controlli queste quote di pubblicità e se queste possano essere considerate come rientranti nel panorama dell'affollamento pubblicitario. A mio avviso, infatti, si tratta di quote individuabili al di là delle regole stabilite; mi chiedo quindi chi gestisca questa pubblicità occulta. In particolare, vorrei sapere dal direttore generale della RAI in che modo possiamo considerare la pubblicità occulta che le Ferrovie dello Stato hanno pagato in passato a RAIDUE, per ammissione impropria dello stesso Minoli, e, alla stessa stregua della Lambertucci, della Venier, di Baudo e di altri, come possa essere considerata l'attuale posizione del Presidente del Consiglio Romano Prodi il quale, in un servizio trasmesso da RAIDUE il 12 maggio di quest'anno, sul pendolino Roma-Bologna, insieme alla moglie, faceva pubblicità alle Ferrovie, che nello stesso tempo erano sue clienti, tramite la Nomisma. Chiedo anzitutto al presidente della Commissione se sia possibile visionare il relativo filmato e, in secondo luogo, se si ritiene che in questo caso siano riscontrabili interessi privati in atti di ufficio posti in essere dal Presidente Prodi. Si tratta di aspetti da chiarire, così come lo sono gli intrallazzi all'interno delle società legate all'IRI. E' necessario capire chi si intenda portare avanti in questa situazione e sottolineare come i cittadini siano stanchi di pagare il canone per una RAI che non gli appartiene e che fa gli affari e gli interessi soltanto di qualcuno.

PRESIDENTE. Prima di dare la parola al dottor Iseppi, porrò io stesso una serie di domande. Ho ascoltato la relazione del direttore generale della RAI e, francamente, non sono soddisfatto, anche perché quest'ultima ricalca, più o meno, il contenuto delle informazioni scritte trasmesse alla Commissione, che già lasciavano intuire la volontà di non fare chiarezza. Prego quindi il direttore generale di fare chiarezza e ribadisco quanto ho già accennato in precedenza (mi è molto dispiaciuto che dal direttore generale della RAI non sia stata assunta una posizione chiara su questo tema), con riferimento ai poteri di questa Commissione. Come ha detto l'onorevole Masi, noi abbiamo il potere di sapere tutto quello che avviene alla RAI su queste questioni. Cercherò di chiarire questo aspetto.

Nella documentazione trasmessa alla Commissione, la parte dei ricavi (budget 1996) contiene un riferimento ai 133 miliardi che sono stati ricordati, ma questa somma riguarda le convenzioni a rimborso con lo Stato. Il problema attiene invece ad altri 95 miliardi, sotto la voce ricavi da attività istituzionali. Di questi 95 miliardi, la quota Efeso è pari a 27 miliardi delle convenzioni istituzionali. Tanto per cominciare, direttore, noi (uso il plurale maiestatis, così nessuno si offende..!) vorremmo sapere in dettaglio quali sono queste convenzioni e con chi siano state stipulate.

Mi riconosco in alcune delle considerazioni formulate dal collega Giulietti, con particolare riferimento al suo rilievo con il quale ha inteso sottolineare come le questioni alla nostra attenzione non siano di parte: noi intendiamo semplicemente far chiarezza su quanto accaduto per evitare che ciò possa ripetersi in futuro.

Ella, direttore, a proposito delle convenzioni istituzionali, ha scritto alla Commissione precisando che "la RAI ha definito convenzioni aventi ad oggetto campagne di comunicazione di pubblica utilità, oltre che con il Ministero del lavoro, con altre amministrazioni centrali dello Stato, quali Presidenza del Consiglio dei ministri-dipartimento della funzione pubblica, Ministero della pubblica istruzione, Ministero dei lavori pubblici, Ministero per le risorse agricole, alimentari e forestali, Ministero della sanità, Ministero degli affari esteri, eccetera, eccetera...". L'"eccetera, eccetera" non è una mia aggiunta ma risulta nella documentazione trasmessaci dalla RAI. Vorrei capire cosa c'è dietro questa espressione e vorremmo anche capire, per ciascuna di queste convenzioni, quali siano stati i costi sostenuti, che cosa prevedevano in termini di direzione giornalistica, in sostanza cosa ci sia dietro la firma delle convenzioni.

Quanto al capitolo Efeso, sarebbe opportuno sapere chi sia stato informato delle intese economiche fra coloro che dovevano realizzare i prodotti. Il dottor Minoli, per esempio, ha sostenuto, in dichiarazioni rilasciate alle agenzie, non in quelle attribuitegli da Il Mondo, di sapere tutto. Mi chiedo come facesse a saperlo, visto che altri direttori hanno negato. Forse vuol dire che i giornalisti sono stati contattati singolarmente? E da chi? Dal direttore della struttura commerciale o da qualche altro dirigente della direzione generale o della direzione marketing? Perché, allora, la direzione commerciale afferma invece in varie note di agenzia (ma su questo punto mi soffermerò più avanti) che si trattava di preacquisti dei diritti sui programmi realizzati? Quali erano le garanzie di autonomia, che voi ribadite, ma che comunque bisogna provare?

Ricordo che il contratto con Efeso viene siglato il 26 gennaio e già il 31 di gennaio ci fu la famosa intervista a Necci! In soli cinque giorni è stato fatto tutto...! Il punto di fondo è il seguente: le trasmissioni sui servizi di pubblica utilità si fanno soltanto se sono utili o soltanto se sono pagate? Si tratta di una questione in merito alla quale credo che il Parlamento abbia il diritto di sapere qualcosa e debba potersi esprimere, nelle libere determinazioni di questa Commissione.

La presidenza della RAI, il 9 ottobre scorso, ha fatto riferimento alla precedente gestione. Il dottor Brancoli, nell'assemblea di redazione del TG1, ha fatto affermazioni che immagino non siano riferite alla precedente gestione. Vorrei allora sapere se si tratta di gestioni "precedenti", cioè se si tratti di un andazzo che va avanti da anni o da decenni alla RAI, come lascia intuire la polemica di questi giorni tra il sindacato dei giornalisti RAI USIGRAI ed altri giornalisti; mi riferisco alle dichiarazioni, rilasciate ieri dal dottor Grandinetti, vicedirettore della testata giornalistica regionale, il quale ha parlato di un andazzo precedente all'arrivo dei professori, del consiglio di amministrazione Demattè.

E' noto ciò che ha dichiarato il dottor Brancoli: "Prima che scoppiasse lo scandalo Efeso, è venuto a trovarmi il direttore commerciale della RAI e mi ha sottoposto un elenco di servizi previsti dalle rubriche

TG1 Economia ed altre (...). Non avrei fatto nulla senza chiedere un parere al garante (...)". Per il direttore del TG1 o per i direttori generali era un obbligo o una facoltà aderire alla convenzione fra la RAI e le Ferrovie o altri enti? Brancoli, insomma, ha fatto bene oppure no a dire quelle cose o - meglio - a pensare quelle cose visto che avete sostenuto che non si possono dire? Ci sono, insomma, criteri validi per tutti i direttori, oppure no? (Commenti del deputato Masi).

Ancora: siete a conoscenza di collaborazioni di giornalisti della RAI con testate edite dalle Ferrovie dello Stato? Queste eventuali relazioni - non mi riferisco a quelle coniugali... - erano autorizzate dalla RAI, oppure no?

Per quanto riguarda l'atteggiamento della RAI su questa vicenda, Striscia la notizia ha trasmesso un servizio specifico. La RAI ha querelato l'accostamento dei servizi Efeso alle intercettazioni telefoniche nelle quali noti personaggi inquisiti parlavano dell'intervista a Necci in termini elogiativi (insomma, erano soddisfatti...). A parte il dato curioso rappresentato dal fatto che la RAI critica le intercettazioni telefoniche diffuse da altri telegiornali e non guarda a quello che accade al TG3 (ma questa questione l'affronteremo in altra sede), vorrei conoscere i motivi per i quali si è arrivati addirittura a querelare un telegiornale per avere dato notizia di un fatto che voi stessi, ieri sera, avete riconosciuto essere probabilmente fondato, tanto che risolverete il contratto con Efeso.

Ieri avete anche annunciato, nella nota successiva alla riunione del consiglio di amministrazione, che la RAI ha deliberato di effettuare una revisione di tutte le convenzioni. E' vero che questa decisione era già frutto di una delibera del precedente consiglio di amministrazione, che aveva avvertito la necessità di procedere ad una revisione delle convenzioni? In questo caso, saremmo di fronte ad un colpevole ritardo.

Vorrei anche sapere se nelle proposte che la RAI rivolge alle aziende trovano ospitalità le seguenti espressioni (cito testualmente, a beneficio della Commissione): "Per quanto concerne gli strumenti di comunicazione individuati, elemento centrale del contributo RAI, le tematiche di volta in volta prescelte saranno inserite in modo assolutamente naturale all'interno della normale programmazione radiotelevisiva, o attraverso trasmissioni totalmente dedicate, o mediante appositi spazi in programmi di provato interesse per il pubblico. La peculiarità - continua la presunta proposta RAI - risiede perciò nel fatto che i messaggi non sono né confezionati secondo i ristretti formati della comunicazione commerciale, né costretti a condividere l'attenzione dei telespettatori con comunicati aventi finalità strettamente pubblicitarie". Nella nota, si legge inoltre: "Il telespettatore quindi, non ravvisando fini promozionali negli interventi effettuati, non si pone in modo diffidente nei confronti del messaggio, ma si lascia invece informare dalla trasmissione e dal giornalista o presentatore di turno cui riconosca autorevolezza ed obiettività". Infine, la nota così conclude: "Essendo poi gli argomenti oggetto della campagna di comunicazione affrontati attraverso il contributo di volti noti al grande pubblico e all'interno di programmi largamente apprezzati per la loro capacità di coinvolgere il pubblico anche su argomenti non facili, essi verranno presentati con il risalto, l'autorevolezza e il grado di 'istituzionalità' di cui le finalità di pubblico interesse necessitano".

Spero che questa nota sia smentita con grande decisione...

ANTONIO FALOMI. Da chi e a chi è stata trasmessa la nota? Che data reca?

MAURO PAISSAN. E' una nota anonima?

PRESIDENTE. Si tratta di un'informazione ricevuta dal presidente della Commissione e dai commissari. Chiedo ai rappresentanti della RAI se la nota sia vera oppure no (Commenti). L'informazione mi è stata trasmessa da una società, che mi ha riferito di aver ricevuto una proposta di offerta commerciale dalla RAI. Poiché non posso prendere per oro colato ciò che mi è stato segnalato da questa società, ho chiesto conferma al direttore generale della RAI. Tutto qui! Così come capita a ciascuno di voi, anche il presidente ha la possibilità di acquisire informazioni. Comunque, colleghi, avrete la possibilità di intervenire in seguito. Consentitemi, per ora, di concludere con le mie domande, che non sono poche.

Un altro capitolo sul quale ella, direttore generale, ha ritenuto che la Commissione non dovesse intervenire, visto che non ci ha inviato alcuna documentazione, riguarda il rapporto RAI-regioni-Cinsedo. Dal 14 ottobre, sulla terza rete, dal lunedì al venerdì, sta andando in onda questa trasmissione... Ora abbiamo saputo che sono state abolite - immagino parzialmente - le trasmissioni a carattere regionale. A tale riguardo, è necessario un chiarimento, per sapere la ragione per la quale vadano in onda le trasmissioni a carattere nazionale e non quelle regionali. E' vero che l'accordo prevede che la RAI metta a disposizione del Cinsedo tutti i mezzi tecnici per le relative trasmissioni? E' vero che, secondo l'accordo, le trasmissioni sono gestite autonomamente dalle giunte? In quale misura? Come mai in questo caso è la RAI che paga per convenzioni, visto che si parla di una cifra di 3.300 milioni per le nazionali ed 1 miliardo per quelle regionali? In altri casi la RAI incassa, in questo addirittura paga. Concordo sulla necessità di potenziare l'informazione regionale ma spererei che la RAI agisse in questa direzione potenziando le sedi, senza dover ricorrere a convenzioni con terzi.

L'accordo RAI-Cinsedo precisa che la RAI deve "in ottemperanza agli obblighi posti dalla convenzione con lo Stato e dal contratto di servizio, valorizzare le diverse realtà culturali e sociali esistenti a livello locale, attraverso la stipulazione di apposite convenzioni". Come si conciliano i concetti di obiettività, imparzialità e completezza, propri del servizio pubblico, di cui al comma 3 dell'articolo 1 della convenzione, con l'affidamento del servizio alle regioni, tra l'altro in violazione del vigente contratto di servizio che, all'articolo 4, comma 3, parla di "oneri, in tutto o in parte, a carico degli enti interessati" (mentre in questo caso è la RAI che paga)?

L'articolo 5, lettera b), dell'accordo RAI-Cinsedo prevede che il Cinsedo (non, quindi, i giornalisti RAI) debba provvedere alla redazione di testi originali nel modo più appropriato alla natura ed alle finalità del programma. Inoltre, è il Cinsedo a dover provvedere, in base all'accordo, alla scelta e alla convocazione dei partecipanti alle trasmissioni realizzate in studio. Su queste previsioni attendo una risposta dei responsabili della RAI.

Quanto alla convenzione con l'Alitalia, abbiamo chiesto notizie al direttore generale ma non ne abbiamo ricevute. Vorremmo sapere qualcosa di più in questa sede. Volare informati, come è noto, è il bollettino sulla situazione degli aeroporti italiani, trasmesso su RADIOUNO e realizzato dalla RAI in collaborazione con l'Alitalia. E' vero che "in collaborazione" significa "spazio autogestito da"? E' vero che la fonte delle notizie è solo ed esclusivamente la stessa Alitalia, che pubblicizza in modo occulto la sua promozione e i suoi servizi? Quali conseguenze ha questo modo di procedere rispetto ad eventuali disagi per l'utenza? Ad esempio, quando si dice che il traffico aereo è paralizzato, non si tiene conto che, oltre all'Alitalia, vi sono altre compagnie. Sull'atteggiamento della RAI rispetto all'Alitalia ricordo la condanna già pronunciata dal garante antitrust in merito alla trasmissione Numero uno, con riferimento alla quale il garante ravvisò elementi di pubblicità occulta, ingannevole, il 19 luglio 1996. Vorremmo sapere se sia stato posto rimedio a questa situazione.

Quanto ad Isoradio, si tratta, come sanno i colleghi, del canale RAI che trasmette sui 103,300 su metà della rete autostradale in concessione alla Società autostrade. Anche in questo caso, programmi "in collaborazione" significa "spazio autogestito"? In queste trasmissioni - a tale riguardo disponiamo di una copiosa documentazione - le code in autostrada diventano molto spesso rallentamenti. Vorremmo capire quali siano le conseguenze che derivino sui cittadini. Vengono inoltre pubblicizzate iniziative commerciali della Società autostrade (penso alla Viacard e a Telepass), tra l'altro in violazione della convenzione tra Stato e RAI che, all'articolo 8, comma 5, vieta espressamente la trasmissione di messaggi pubblicitari. Riferire sui servizi offerti in pagamento dalla Società autostrade è pubblicità!

Tra l'altro, direttore, nella risposta che ci avete trasmesso non sono contenute previsioni di spesa o di incasso per quanto riguarda Isoradio. Si tratta di un punto sul quale chiedo siano fornite delucidazioni.

Prima di affrontare il problema delle convenzioni in generale, vorrei soffermarmi sulle convenzioni con i ministeri. Anche in questo caso riscontriamo una scarsità di informazioni. Sappiamo di una convenzione con il Ministero della pubblica istruzione, con un budget previsto di 3,5 miliardi. La Commissione ha il diritto di sapere per che cosa sia stata stipulata tale convenzione. Vorremmo sapere se corrisponda al vero l'esistenza di un prezzario; questa notizia è stata pubblicata da un giornale specializzato, il mensile Prima comunicazione, e non è stata smentita. Per i programmi realizzati in esterno si pagherebbero 157 milioni; per gli approfondimenti giornalistici in prima serata, 80 milioni; per i servizi o intrattenimenti radiofonici, 5 milioni (ovviamente, c'è anche dell'altro). Vorremmo sapere se vi sono contratti in essere per 2 miliardi con il Ministero del lavoro e per quale motivo per promuovere le lotterie di Stato si devono stipulare convenzione per 23 miliardi.

Per quanto riguarda il problema generale delle convenzioni, sollevato anche dall'onorevole Giulietti, ricordo ai membri della Commissione ed al direttore generale che erano state poste domande sull'ammontare complessivo delle cosiddette entrate straordinarie, procurate dalla struttura competente e sulle modalità di contabilizzazione. Vorrei sapere se si intende ripetere tali entrate nei prossimi anni e, in caso di risposta affermativa, con quali garanzie per la corretta informazione; in caso contrario, vorrei fosse chiarito come si pensa di sopperire alle mancate eventuali entrate.

Vogliamo inoltre sapere quale indirizzo (sul quale anche la Commissione esprimerà la propria valutazione e l'ufficio di presidenza deciderà se varare indirizzi di settore o meno), la RAI ha deciso di seguire per le proprie attività commerciali. Il responsabile della struttura in questione, dottor Capocase, in una intervista a Prima comunicazione del maggio 1996, alla domanda se la RAI come servizio pubblico non dovrebbe tener conto delle esigenze delle strutture statali senza richiedere esborsi, ha risposto, cito testualmente le sue parole: "Il servizio pubblico deve ottemperare agli obblighi di completezza ed imparzialità. Quando ci viene chiesto di agire in modo coordinato e di approfondire temi, articolandoli con l'informazione sistematica e non occasionale, riteniamo giusto che ci sia riconosciuto un contributo".

Vorrei sapere se questa è la posizione della RAI, che somiglia paurosamente a quella contenuta nella comunicazione che ho letto all'inizio della seduta; tra l'altro la RAI stessa si definisce "voce della pubblica amministrazione". Vorrei sapere - ripeto - a che titolo la RAI si qualifica in questo modo.

Il dottor Minoli ha ammesso che la sola intervista del 31 gennaio scorso al dottor Necci, trasmessa su RAIDUE, ha fruttato alla RAI un compenso di 350 milioni. Questo comportamento, quanto contrasta con la deotologia professionale? E soprattutto non contrasta con la carta dei doveri del giornalista che vieta commistioni tra messaggio pubblicitario e testo giornalistico? In proposito vorrei sapere se è stata avviata una inchiesta interna, perché, insieme a me, anche molti altri cittadini, si chiedono se la RAI, dopo aver ottenuto compensi dall'Ente ferrovie per l'intervista andata in onda cinque giorni dopo la firma del contratto, avvierà mai una inchiesta.

E' vero che nel luglio scorso un accordo tra aziende e sindacato afferma che in nessun caso sono oggetto di convenzioni spazi interni ai telegiornali, giornali-radio e trasmissioni giornalistiche? Anche su questo punto, vorrei una risposta.

Ricordo inoltre al direttore generale che nel corso dell'audizione dei membri del consiglio di amministrazione, il senatore Semenzato ha sollevato il problema di televideo; la senatrice Fumagalli Carulli quello della pubblicità occulta a favore della FIAT e l'onorevole Rossi il problema della pubblicità occulta per film e libri.

Vorrei sapere quali regole secondo voi debbono essere proposte, ferme restando le competenze della Commissione. Infine, vorrei un chiarimento sulla risposta della RAI in merito a cifre e competenze di legge, anche alla luce delle considerazioni dell'onorevole Masi.

Ricordo che esistono tre tipi di rimborsi extrapubblicità e di ricavi. Le convenzioni al rimborso (quelle relative ai 135 miliardi), in particolare quelle a rimborso obbligatorio, sono stabilite dall'articolo 19 della legge n. 103 del 1975. Esso stabilisce che in virtù di tali obblighi deve essere predisposto annualmente un piano da sottoporre al vaglio della Commissione sui programmi per l'estero (sui quali si incamerano 40 miliardi), la diffusione e la conoscenza della lingua e della cultura italiana nel mondo (il relativo capitolo prevede tre miliardo e otto) e lo stesso vale per le trasmissioni radiofoniche per l'estero ad onde corte. Rispetto a questa carenza di rapporti con la Commissione, vorrei sapere come intendete regolarvi per il futuro.

Vi sono inoltre i rimborsi per attività straordinarie che ammontano ad un miliardo e mezzo; la più interessante riguarda i ricavi derivanti da attività istituzionali per 95 miliardi. Ricordo che l'articolo 20, ultimo comma, della legge n. 103 fa riferimento ai servizi speciali radiotelevisivi i quali non possono che riguardare, a mio giudizio (tale mia valutazione può essere oggetto di confronto), questo tipo di convenzione. L'articolo suddetto stabilisce che per i servizi speciali radiotelevisivi non compresi tra le convenzioni a rimborso (quindi, non quelle cui ho fatto riferimento prima), le amministrazioni statali richiedenti concordano, attraverso apposite convenzioni con la società concessionaria, modalità, prestazioni ed entità dei relativi rimborsi, sentito il parere della Commissione. Quindi abbiamo titolo a chiedere tutti i chiarimenti necessari alla RAI, non ai ministeri, i quali hanno usufruito di una facoltà, ma era la RAI che doveva trasmetterci una bozza della convenzione. Abbiamo titolo - ripeto - a chiedere tutto ciò riguardi cifre, modalità ed obblighi, perché si tratta di ricavi derivanti da attività istituzionali. La RAI finora ci ha fornito soltanto i titoli, mentre l'articolo 5 della convenzione tra Stato e RAI fa riferimento alle attività commerciali (la pubblicità).

Nella sua lettera, il direttore cita l'articolo 2 del regolamento del Garante, la convenzione tra Stato e RAI e l'articolo 4, comma 3, del contratto di servizio, ma quest'ultimo si riferisce soltanto alle convenzioni su questioni di ambito regionale e comunale, non ad altro. L'articolo 3 della convenzione tra Stato e RAI, inoltre, non fa riferimento a ministeri, enti pubblici o altri che non siano enti territoriali. Infine l'articolo 19 della convenzione fa riferimento esclusivamente agli articoli 19 e 20 della legge n. 103 del 1975, esattamente quelli che abbiamo richiamato per esercitare il diritto-dovere della Commissione a conoscere cifre, dati, modalità ed obblighi che la RAI assume con terzi.

Come è noto, l'articolo 23 della convenzione stabilisce che, in caso di grave e reiterata inosservanza degli obblighi della convenzione stessa, essa può decadere. Si inventano allora determinati obblighi e si negano quelli del controllo parlamentare.

La RAI, inoltre, si riferisce ad un non meglio precisato articolo 2 del regolamento del Garante, emanato in esecuzione della cosiddetta legge Mammì. In realtà si tratta - lo preciso a favore di chi ha redatto la lettera - del decreto del Ministero delle poste n. 581 del 1993 che regolamenta le sponsorizzazioni. L'articolo 2, comma 4, del suddetto decreto, stabilisce che i limiti previsti per le sponsorizzazioni non valgono per i programmi promossi dalle amministrazioni dello Stato, enti pubblici non economici, nonché per quelli di utilità sociale generalmente riconosciuta, promossi da fondazioni, associazioni od enti senza scopo di lucro. Tuttavia, a parte il fatto che l'Ente ferrovie non ha nulla in comune con queste caratteristiche, non mi risulta che la RAI sia autorizzata a stipulare convenzioni istituzionali al di fuori di quelle previste dall'articolo 20 della legge n. 103 del 1975 (peraltro mai portate a conoscenza della Commissione). Considero questo un abuso, così come reputo grave che la RAI si qualifichi come "voce della pubblica amministrazione". In proposito, ricordo che l'articolo 9 della cosiddetta legge Mammì stabilisce che dei messaggi di utilità sociale, riconosciuti come tali dalla Presidenza del Consiglio, la RAI è obbligata a dare comunicazione gratis; in caso contrario, infatti, deve seguire un'altra procedura.

Nel materiale documentale che ci avete fornito risulta che "normalmente la RAI, nel quadro delle sue attività di servizio verso la pubblica amministrazione, ed in virtù di una esplicita previsione di legge (decreto ministeriale n. 581) e del contratto di servizio - che, come abbiamo visto, non autorizza alcunché - stipula con le pubbliche amministrazioni centrali e periferiche convenzioni aventi ad oggetto la realizzazione di iniziative di comunicazione di pubblica utilità". Per tali programmi, a mio giudizio - vorrei conoscere il suo parere - l'unica previsione legislativa di riferimento è proprio l'articolo 20 della legge n. 103, citata nella convenzione tra Stato e RAI. Nella sostanza, si tratta di speciali servizi radiotelevisivi che devono "passare" in Commissione.

Ringrazio il direttore generale per la sua attenzione e gli do subito la parola.

ANTONIO FALOMI. Prima di ascoltare la replica del direttore generale vorrei intervenire sulla nota citata dal presidente. Da un articolo pubblicato sul Corriere della sera risulta che l'onorevole Stirace "ieri ha ricevuto da una società (farà il nome al presidente Enzo Siciliano ed al direttore generale Franco Iseppi) la 'proposta di accordo' spedita dall'ufficio commerciale RAI nel primo trimestre di quest'anno".

Poiché il presidente è molto puntuale nel richiedere documentazioni e precisazioni ai responsabili della RAI, vorrei che anche le informazioni in suo possesso fossero rese note ai membri della Commissione. In particolare, vorrei sapere di quale società si tratti, chi abbia spedito quella nota, chi l'abbia firmata e quando.

PRESIDENTE. Senatore Falomi, la invito a sottoporre al prossimo ufficio di presidenza la richiesta di audizione del presidente della Commissione!

Do ora la parola al direttore generale.

ANTONIO FALOMI. Ma lei può porre 40 domande e non vuole dare informazioni? Questo è offensivo per la Commissione!

PRESIDENTE. Cosa è offensivo per la Commissione? Ho il diritto di raccogliere notizie, oppure no? (Commenti del senatore Falomi). Allora, comunico che me le ha date mio fratello!

ANTONIO FALOMI. Lei dà informazioni ai giornali e non alla Commissione: questo è scorretto!

PRESIDENTE. Senatore Falomi, se deve fare una sceneggiata sappia che ciò non mi intimorisce!

ANTONIO FALOMI. Ho diritto di sapere quello che...

PRESIDENTE. Lei non vuole che il direttore generale risponda alle mie osservazioni?

ANTONIO FALOMI. Voglio che risponda!

PRESIDENTE. Senatore Falomi, è il presidente della Commissione che regolamenta i lavori e lei è pregato di ascoltare le risposte del direttore generale!

ANTONIO FALOMI. Sappiamo che non vuole dare alcune notizie, ma soltanto quelle che gli fanno comodo!

PRESIDENTE. Prego il direttore generale di proseguire.

RICCARDO DE CORATO. Facciamoci dare le notizie dalla RAI!

ANTONIO FALOMI. No, ce le deve dare lui le notizie che ha (e che non dà)!

PRESIDENTE. Me le ha date mio fratello, che ha un'azienda alla quale la RAI ha inviato una proposta di comunicazione pubblicitaria: procederemo ad una audizione di mio fratello, ma non so se questo sia importante ai fini dei lavori istituzionali della Commissione!

ANTONIO FALOMI. E' importante!

FRANCO ISEPPI, Direttore generale della RAI. Per quanto riguarda le domande sui problemi di competenza o meno, illustrerò la posizione della RAI.

L'articolo 20 della legge n. 103 del 1975 stabilisce quali sono i corrispettivi dovuti alla concessionaria del servizio pubblico per gli adempimenti cui essa è tenuta, oltre alla gestione di servizi in concessione in base all'articolo 19 della stessa legge. Nell'ultimo comma di tale articolo, con l'integrazione normativa contenuta nel medesimo articolo 19, si prevede altresì che, per i servizi speciali radiotelevisivi non compresi tra quelli suindicati, le amministrazioni dello Stato richiedenti concordano, attraverso apposite convenzioni, con la società concessionaria le modalità delle prestazioni e l'entità dei relativi rimborsi, sentito il parere obbligatorio della Commissione parlamentare di vigilanza. I suddetti servizi speciali, che richiedono un rapporto di committenza con un'amministrazione dello Stato, vanno individuati sempre con riferimento all'ambito delineato dall'articolo 19 della legge n. 103 del 1975 ed hanno ad oggetto prestazioni aggiuntive ma pur sempre di carattere istituzionale. Essi vanno determinati sulla base della concorrenza sia del profilo soggettivo, sia di quello oggettivo. Restano esclusi, quindi, gli accordi commerciali di natura eminentemente privatistica disciplinati dall'articolo 5 della vigente convenzione RAI-Stato e dall'articolo 2, ultimo comma, del regolamento sulle sponsorizzazioni di cui al decreto del ministro delle poste e delle telecomunicazioni n. 581 del 1993.

PRESIDENTE. Questa è la vostra valutazione?

FRANCO ISEPPI, Direttore generale della RAI. Sì, è solo sulle convenzioni previste dall'articolo 20 della legge n. 103 del 1975 che si esercita il potere consultivo della Commissione parlamentare di vigilanza, riguardo al quale l'onere e la competenza ad attivare il parere obbligatorio pare essere a carico dell'amministrazione statale richiedente. Questo sia in virtù della formulazione testuale del comma 10 dell'articolo 20 sia per considerazioni di natura sostanziale. Infatti, il parere in questione si pone come uno dei momenti procedimentali interni di formazione della volontà delle amministrazioni richiedenti e non si vede come la RAI potrebbe sostituirsi ad esse nell'esercizio di un atto di impulso che costituisce obbligo per le amministrazioni medesime e non già per soggetti terzi, come ho evidenziato anche nella relazione. Ne consegue che, mentre è indiscutibile la facoltà della Commissione di chiedere alla società concessionaria di prendere visione dei documenti inerenti alla convenzione per i servizi speciali, quando anche ad essa non preventivamente sottoposti dai soggetti istituzionali a ciò tenuti, non sembra che lo stesso possa dirsi per le altre operazioni negoziali poste in essere dalla RAI nell'esercizio della sua autonomia privata, entrando in questo caso in gioco il diritto imprenditoriale alla riservatezza e alla tutela del segreto industriale, con particolare riguardo ai soggetti con i quali la RAI ha stipulato i contratti stessi. Non vi è dubbio che un diverso comportamento della società concessionaria, pur se ispirato a principi di trasparenza e correttezza nei rapporti con la Commissione, potrebbe esporla a conseguenze pregiudizievoli da parte dei suoi contraenti.

Questa è la nostra posizione rispetto alla questione delle competenze.

OMBRETTA FUMAGALLI CARULLI. Questo è un altro parere pro veritate!

FRANCO ISEPPI, Direttore generale della RAI. Sarà un altro parere pro veritate, però questo è...

PRESIDENTE. Voi non dovete rendere conto...

STEFANO PASSIGLI. E' improprio chiedere di sapere chi ha steso il parere pro veritate?

FRANCO ISEPPI, Direttore generale della RAI. Questa è l'opinione del nostro ufficio legale.

PRESIDENTE. E' un parere di parte.

DIEGO MASI. Vorrei sapere che cosa sia questo parere pro veritate di cui si parla! Intendo capire se corrisponda a quello che ha letto oppure se sia un altro.

PRESIDENTE. L'unico parere pro veritate che ci è stato fornito è quello dell'avvocato Fusi, riguardante il contratto Efeso. Sulle competenze della Commissione è disponibile una scheda... (Commenti).

Onorevole Masi, dopo aver posto una domanda, ascolti la risposta!

I responsabili della RAI hanno or ora dato lettura di una nota, evidentemente predisposta dall'ufficio legale, sulla questione dell'interpretazione dell'articolo 20 della legge n. 103 del 1975.

FRANCO ISEPPI, Direttore generale della RAI. Per quanto riguarda le domande poste dall'onorevole Giulietti, preciso che esiste la più assoluta disponibilità ad un'iniziativa del Garante, affinché essa non esprima soltanto un giudizio sull'operato, ma sia in qualche modo indicativa di comportamenti futuri e successivi. Non mi risulta che vi siano convenzioni analoghe a quella in discussione.

Per quanto riguarda, invece, il problema delle regioni con riferimento all'accordo RAI-Cinsedo - anticipo la risposta ad una domanda posta da molti - la situazione è sostanzialmente la seguente: si tratta di un accordo, della durata di 5 anni, stipulato nel maggio 1996 tra la RAI ed il Centro interregionale studi e documentazione Cinsedo per la realizzazione di una rubrica televisiva su tematiche di interesse regionale per 30 minuti al giorno e per quattro volte alla settimana, da trasmettere sulla terza rete, due volte a diffusione nazionale e due volte su scala regionale. In base all'accordo, la RAI è tenuta a fornire le risorse produttive, contribuendo alle spese di attuazione per circa un miliardo e mezzo l'anno, e la Cinsedo a realizzare l'iniziativa. Tale accordo è stato successivamente modificato, riducendo le quattro mezze ore a cinque quarti d'ora settimanali con la collocazione del programma alle ore 20; la sua diffusione doveva essere tre volte nazionale e due regionale.

A seguito di questo accordo con Cinsedo, la RAI aveva sospeso precedenti rapporti con le regioni e gli altri enti locali, al fine di ricondurli nell'ambito della stessa intesa con Cinsedo. Tali rapporti determinavano introiti in crescita dai 3 miliardi nel 1995 ai previsti 9-10 miliardi nel 1996. Sono rimaste in vita le convenzioni finalizzate alla coproduzione di singole trasmissioni (per esempio, Giochi senza frontiere e serate dedicate alla moda), ovvero quelle già eseguite.

Illustrerò ora i problemi emersi, in ragione dei quali vengono ora messi in onda soltanto i tre programmi nazionali e non anche i due regionali. La gestione della programmazione a cura delle regioni ha denotato tendenze a snaturare la rubrica (da programma dell'accesso a programma informativo), creando sostanzialmente problemi enormi sotto il profilo della responsabilità delle redazioni. Sono nati, quindi, problemi con le redazioni e con gli organi locali, tenendo conto che anche a livello regionale non esistono le stesse posizioni tra presidente di consiglio e presidente di giunta. Siamo nella situazione in cui i tre programmi - ripeto - a livello nazionale vanno in onda, perché sono state onorate tutte le formalità e gli accordi possibili, mentre gli altri due a livello locale necessitano di un approfondimento, che avverrà in questi giorni, tra la RAI e le giunte regionali, oltre che tra la RAI ed il sindacato dei giornalisti.

PRESIDENTE. Lei sa che le giunte regionali stanno protestando?

FRANCO ISEPPI, Direttore generale della RAI. Lo so. Per quanto riguarda, invece, il tipo di iniziativa che la RAI vuole realizzare - rispondo sempre ad una domanda posta dall'onorevole Giulietti - essa è specificata nel comunicato che ieri la RAI ha diramato al termine del consiglio di amministrazione. Quest'ultimo ha deciso di avviare una revisione dei criteri e delle procedure di definizione, esecuzione e controllo delle convenzioni e dei contratti con enti pubblici e privati che abbiano riflessi sui contenuti dei programmi per assicurare la massima trasparenza, il pieno rispetto della correttezza deontologica e le specificità del servizio pubblico. A tal fine, il consiglio di amministrazione ha deciso di istituire una commissione mista, formata da dirigenti RAI e professionisti esterni di chiara fama e comprovata esperienza, con il compito di definire regole certe e rigorose. Tali regole saranno assunte dal consiglio quali linee guida cui dovrà ispirarsi ogni iniziativa dell'azienda riguardante convenzioni e contratti che sono previsti dalla legge e dall'atto di concessione del servizio pubblico.

Il consiglio di amministrazione ha poi esaminato la questione Efeso, e conoscete le relative decisioni. Quanto alla convenzione in discussione, essa non è passata al vaglio del consiglio di amministrazione ma è stata firmata dal direttore generale e dalle direzioni competenti in materia (mi riferisco al contratto Efeso di 2 miliardi 600 milioni di cui stiamo discutendo).

Rispondendo all'onorevole Masi, ritengo che sostanzialmente non vi sia alcuna trasgressione di legge in quanto è stato fatto finora: non è il mio parere personale ma, se volete, quello che si chiama parere pro veritate, visto che è allegato alla documentazione che vi abbiamo consegnato ...

PRESIDENTE. Lei sa che può essere messo in discussione anche un parere pro veritate.

DIEGO MASI. E' quello di Fusi?

FRANCO ISEPPI, Direttore generale della RAI. Fusi, avendo visto la cassetta, sostiene che non esiste pubblicità occulta, se questa è la domanda. Che il parere di Fusi possa contare o meno dipende dalla legittima opinione di tutti; resta il fatto che mi sembra non vi siano gli estremi di una trasgressione. La nostra disponibilità, comunque, è tale che non a caso chiediamo al Garante di vedere questo materiale e di esprimere la sua opinione, visto che può legittimamente farlo.

Per quanto riguarda i ricavi, mi sembrano sufficienti le informazioni contenute nella documentazione consegnata, che forse l'onorevole Masi non ha ancora avuto modo di consultare. Quanto alla responsabilità dei singoli dirigenti, penso che prenderemo delle misure non appena l'auditing interno avrà ultimato la sua analisi e proposto dei risultati.

Sul piano delle vendite, ritengo che la valutazione dei costi abbia connotazioni prettamente commerciali: il lavoro finora svolto è di 180 minuti e le fatture sono per 1 miliardo 300 milioni, cioè per qualcosa come 800 mila lire al minuto, ovvero il costo medio di un materiale d'archivio o andato in onda. Non vi è stata, quindi, alcuna sottovalutazione del costo dei materiali. Per quanto riguarda la chiarezza, si tratta di un obiettivo che intendiamo assolutamente perseguire non solo con i nostri comportamenti, ma anche chiedendo di essere sottoposti al giudizio di altri: non a caso facciamo sempre riferimento al Garante.

Per quanto concerne la citazione dell'onorevole Storace, credo che sia profondamente vera: è di un documento del 1995, allegato a progetti con le Ferrovie dello Stato, che non sono mai stati realizzati e che non fanno parte della documentazione relativa all'attuale convenzione.

PRESIDENTE. Quindi esiste quella proposta?

FRANCO ISEPPI, Direttore generale della RAI. No, esiste un documento che accompagnava un pour parler fra la RAI e le Ferrovie dello Stato datato 1995 e relativo ad un progetto di comunicazione per le Ferrovie che non si è mai realizzato ...

PAOLO RAFFAELLI. Forse ne sa qualcosa donna Letizia!

FRANCO ISEPPI, Direttore generale della RAI. Per quanto riguarda RAI e Cinsedo, ho già dato le spiegazioni...

PRESIDENTE. No, mi sembra che non le abbia date.

FRANCO ISEPPI, Direttore generale della RAI. Ho spiegato qual è la storia ...

PRESIDENTE. Perché è tutto affidato al Cinsedo?

FRANCO ISEPPI, Direttore generale della RAI. La scelta del Cinsedo è non della RAI ma delle regioni.

PRESIDENTE. Chiedo perché debbano essere scelti dal Cinsedo gli ospiti delle trasmissioni della RAI: questo è il problema.

FRANCO ISEPPI, Direttore generale della RAI. E' un problema tra Cinsedo e regioni. Si tratta di un contratto di coproduzione, nell'ambito del quale una parte fornisce le prestazioni previste. L'indicazione del Cinsedo non è nostra; bisogna verificare se i singoli soggetti si siano comportati correttamente rispetto al contratto: tutto qua.

PRESIDENTE. Non c'erano giornalisti della RAI?

FRANCO ISEPPI, Direttore generale della RAI. A volte sì, a volte no: non vi è un atteggiamento comune, al punto che in alcune regioni venivano addirittura consegnate bobine quasi a scatola chiusa, mentre in altre venivano consegnati materiali da elaborare da parte dei giornalisti interni.

Per quanto riguarda il discorso, cui tutti hanno accennato, dei limiti tra informazione e pubblicità occulta, credo si debba fare un ragionamento di fondo. Sul tema, le decisioni più recenti del Garante e del giurì sull'autodisciplina pubblicitaria fanno emergere il principio secondo cui la prova della natura pubblicitaria di un articolo o di un servizio non deve necessariamente vertere su un rapporto di commissione storicamente accertato fra l'utente ed il mezzo di comunicazione, atteso che prova non meno efficace può essere data, per presunzioni, dalla stessa analisi del testo, se questo presenta caratteristiche incompatibili con l'esercizio obiettivo e disinteressato del diritto di informazione. Non basta, quindi, l'accordo fra le parti e si tratta di verificare anche i contenuti di un certo tipo di informazione.

In questa prospettiva, assumono certamente rilievo quali caratteristiche o elementi indiziari quelli che, in assenza della prova dell'esistenza di un accordo pubblicitario, possano portare ad affermare il carattere e/o l'effetto promozionale del messaggio: i toni fortemente enfatici ed elogiativi, o il carattere eccessivamente particolareggiato delle descrizioni, articolate in maniera tale da rappresentare un chiaro ed immediato invito all'acquisto dei beni e servizi indicati. Ulteriori indizi possono desumersi dall'insistenza con la quale un prodotto o un marchio sono inquadrati e citati. L'atteggiamento in materia di pubblicità occulta, quindi, è da verificare anche in relazione al contenuto complessivo di un messaggio, alla sua funzione, e non solo ad un rapporto di commissione.

Per quanto riguarda i 350 milioni della trasmissione di Minoli, la questione si pone nei seguenti termini: non è vero che Format ha incassato 350 milioni. I programmi della RAI vengono realizzati con un budget detto a costi lordi, che finanzia tutti i costi a fronte dell'acquisizione all'esterno dell'azienda di beni e servizi necessari alla produzione. In quanto a costi lordi, detto budget è insensibile agli eventuali ricavi di qualsiasi specie che possano generarsi in connessione con la produzione o la trasmissione. Tale criterio è in atto dal 1994; in precedenza, le strutture produttive erano autorizzate ad aggiungere al budget loro assegnato (ai fini della spesa complessiva loro consentita) i ricavi di cui sopra conseguiti dall'azienda. A partire dal 1994, insieme con il budget a costi lordi, le strutture produttive ricevono invece un obiettivo ricavi: sono cioè tenute a realizzare parte della loro programmazione in modo e con caratteristiche tali da consentire il conseguimento per l'azienda di un determinato livello di ricavi per il tramite degli enti a ciò deputati.

Nel caso in oggetto, pare corretta la dichiarazione fornita dal dottor Minoli, con una necessaria precisazione: la cessione di alcuni diritti di utilizzazione di programmi RAI ad Efeso ha avuto come corrispettivo un introito aggiuntivo rispetto ai due tipi principali di ricavi (canone e pubblicità); si tratta per altro di risorse aggiuntive per la RAI, non per il singolo programma interessato, il cui budget non è stato modificato. Non so se ho dato la risposta, ma questo è il meccanismo.

PRESIDENTE. Era Minoli che aveva dato quella notizia.

FRANCO ISEPPI, Direttore generale della RAI. Sì, però ha fatto poi una rettifica.

Passando ad un'altra domanda, non risulta che le consociate RAI abbiano instaurato rapporti con la società Efeso, ad eccezione del contratto di acquisto di spazi di pubblicità tabellare intercorso con la SIPRA per il periodo 5-25 maggio 1996. Nessun contratto di contenuto analogo a quello intercorso con Efeso è stato stipulato dalla RAI con altre società, a quanto ci risulta. L'elenco delle convenzioni stipulate dalla RAI con amministrazioni statali, enti pubblici non economici, fondazioni e associazioni senza scopo di lucro è stato fornito in allegato alla lettera già inviata al presidente.

Non sussistono rapporti di alcun genere tra le consociate RAI e la società Efeso, fatta eccezione della pubblicità di cui si è parlato...

RINALDO BOSCO. Le avevo chiesto quanto pesi la pubblicità occulta nel panorama delle quote pubblicitarie ...

FRANCO ISEPPI, Direttore generale della RAI. Non esistendo pubblicità occulta, non pesa nelle quote pubblicitarie. Come fa a chiedere quanto pesa?

RINALDO BOSCO. Ma l'ha detto Minoli!

FRANCO ISEPPI, Direttore generale della RAI. Il fatto che si sia presa una misura di quel tipo indica che c'erano gli estremi per un rischio di pubblicità occulta: questa è stata la motivazione che ha portato a quelle decisioni, mentre per quanto riguarda i programmi che sono andati in onda finora non esiste pubblicità occulta ...

RINALDO BOSCO. Ne prendo atto, e ci riserviamo di chiedere la revoca della concessione RAI-Stato!

FRANCO ISEPPI, Direttore generale della RAI. Per quanto riguarda le questioni Alitalia, isoradio e ministeri, risponderanno il dottor Mengozzi e l'avvocato Esposito.

DIEGO MASI. Signor presidente, intervenendo sull'ordine dei lavori, devo osservare che sono venuto in questa sede per discutere sulle ragioni per le quali la RAI ha stipulato una convenzione con le Ferrovie dello Stato, e non sul fatto se quanto è stato prodotto sia occulto o meno, cosa che per esperienza ritengo opinabile. Su questo non intervengo, perché secondo me non c'entra. Dobbiamo invece approfondire le ragioni per le quali è stato stipulato un accordo con una società dello Stato per fare della pubblicità; non trattandosi della SIPRA, non essendovi titolo, perché l'hanno fatto? Questo è il punto centrale.

Ci dicono che potevano farlo, ma io dico di no. Ci dicono che non possono riferire con quali altre società o enti hanno avuto rapporti simili: io dico che voglio saperlo. Il presidente deve chiarire di cosa stiamo discutendo: altrimenti perdiamo il nostro tempo!

STEFANO PASSIGLI. Signor presidente, vorrei chiederle, quando il direttore generale e gli altri dirigenti della RAI rispondono alle domande, di richiamarli ad un principio di non contraddizione. Mi sembra infatti che non si possa rispondere ad alcune domande non dando l'informazione richiesta ed affermando che si rientra nell'ambito non di convenzioni ma - secondo l'espressione usata, se non erro - di "altre operazioni negoziali", cioè di accordi commerciali, coperti quindi dal vincolo di segretezza dell'operazione aziendale, e poi, avendo utilizzato tale argomento, affermare che non si sta facendo pubblicità. La pregherei quindi di intervenire per obbligare la RAI a dirci se le operazioni di cui stiamo discutendo - Efeso per prima - rientrino nell'ambito delle "altre operazioni negoziali" coperte dal segreto, oppure no. Faccio notare che, sulla base dei dati che ci ha fornito il direttore generale della RAI, al 30 settembre, vi sono operazioni già in essere per più di 9 miliardi su un budget di 27 miliardi e mezzo; Efeso pesa per 2 miliardi e qualcosa, per cui ci sono altri 7 miliardi che, se si riferiscono ad operazioni negoziali, configurano pubblicità (occulta o meno), ed allora l'onorevole Masi ha perfettamente ragione; se invece riguardano convenzioni, intendiamo sapere con chi siano state stipulate.

PRESIDENTE. La ringrazio per la chiarezza, senatore Passigli; fra l'altro ricordo a me stesso che, per un vincolo di segretezza su questi aspetti, qualcuno dovrebbe scrivere una legge visto che non è previsto da nessuna parte.

GIOVANNA GRIGNAFFINI. Intervengo sull'ordine dei lavori, anticipando due osservazioni che avrei svolto nel mio intervento. Per rispondere alla domanda che ha posto l'onorevole Masi, mi sembra che stiamo discutendo su una questione che ha formato oggetto di un promemoria di circa 60 pagine che ci è stato consegnato e nel quale sono contenute molte risposte. Si può tuttavia eccepire sulla sostanza, per cui la mia prima osservazione è la seguente: alla domanda circa la congruità sul piano normativo della convenzione stipulata dalla RAI con Efeso ...

PRESIDENTE. Il suo intervento, onorevole Grignaffini, non è propriamente sull'ordine dei lavori.

GIOVANNA GRIGNAFFINI. E' sull'ordine dei lavori posto da Masi: se ha accolto la sua questione, deve accettare anche le mie considerazioni.

PRESIDENTE. Prego, onorevole Grignaffini; non voglio inserirmi in vicende interne alla maggioranza. Vi sono colleghi che hanno chiesto di parlare ed ora stiamo svolgendo un dibattito su una domanda che l'onorevole Masi ha posto ...

PAOLO RAFFAELLI. Questo non è possibile! E' la conduzione del dibattito da parte del presidente che sta introducendo elementi che non c'erano!

PRESIDENTE. Onorevole Raffaelli, vuole negarmi il diritto di fare domande?

PAOLO RAFFAELLI. No, chiedo un minimo di stile nel condurre i lavori della Commissione.

GIOVANNA GRIGNAFFINI. Concludo rapidamente: sulla prima questione posta circa la congruità sul piano normativo della convenzione stipulata vi è un parere legale, che si può anche contestare ma appellandosi ad altre interpretazioni delle norme, e non in astratto.

La seconda questione è la seguente: nonostante questo parere di congruità, i vertici della RAI hanno deciso di sospendere la convenzione, in presenza di ambiguità possibili nella sua definizione. La mia osservazione riguarda quindi l'altro elemento delicato, che credo sia quello su cui dobbiamo discutere: dove si situa la soglia rispetto alla quale l'informazione e la convenzione che riguardi l'informazione diventino promozione e pubblicità. Questo è l'oggetto del nostro intervento, che però riguarda non la stipula della convenzione ma la visione dei programmi.

PRESIDENTE. Ascoltiamo ora le altre risposte dei dirigenti della RAI.

FRANCESCO MENGOZZI, Vicedirettore generale della RAI. Alitalia ed isoradio sono due contratti della stessa specie, perché attengono a specifici spazi coprodotti: sono operazioni chiaramente identificate. L'Alitalia collabora con la RAI alla rubrica Viaggiare informati, destinata all'edizione radiofonica; la società Autostrade collabora con la RAI per la gestione del servizio isoradio. Segnalo peraltro, visto che è stato specificamente chiesto, che a proposito del servizio isoradio è insorta una discussione con la società Autostrade, per cui al momento, pur continuandosi a fornire il servizio, non sono percepiti gli introiti pattuiti per contratto. Si tratta, comunque, di operazioni del tutto specifiche e ben identificate, nelle quali è chiaro il rapporto di collaborazione fra la RAI e gli enti che hanno partecipato alla produzione del programma.

RUBENS ESPOSITO, Direttore degli affari legali della RAI. Poiché con riferimento alla questione dell'Alitalia si è accennato ad una pronuncia dell'autorità antitrust, rilevo che ne abbiamo preso atto ma non l'abbiamo accettata, per cui l'abbiamo impugnata dinanzi al TAR del Lazio; siamo ora in attesa dell'esito della nostra impugnazione.

PRESIDENTE. Poiché i colleghi Masi, Passigli e - per altri versi - Grignaffini hanno posto la questione relativa al diritto di conoscere ciò di cui si sta parlando, prego il direttore generale della RAI di dare una risposta.

FRANCO ISEPPI, Direttore generale della RAI. Per quanto riguarda Efeso, ho già detto una cosa molto precisa: questo contratto presenta un'ambiguità di partenza, da noi riconosciuta, perché è stato inserito tra le convenzioni mentre si tratta di un contratto di natura tipicamente commerciale. Ciò non significa che un contratto commerciale prefiguri automaticamente una situazione di pubblicità occulta, in quanto si tratta di vendere prodotti: non vi è quindi alcuna relazione - lo ripeto - tra un contratto commerciale e la pubblicità occulta. Questa è la mia risposta.

PRESIDENTE. Passiamo ora al secondo giro di interventi sul merito delle questioni: sono iscritti a parlare, nell'ordine, i colleghi Follini, Grignaffini, Landolfi e Fumagalli Carulli.

STELIO DE CAROLIS. Chiedo anch'io di parlare.

PRESIDENTE. Lei ha chiesto la parola dopo altri colleghi, senatore De Carolis.

STELIO DE CAROLIS. La prossima volta chiedo anch'io la parola sull'ordine dei lavori!

ANTONIO FALOMI. Anch'io avevo chiesto la parola molto tempo fa.

PRESIDENTE. Vi sono colleghi che, al contrario di lei, sono arrivati all'inizio dei lavori della Commissione e si sono iscritti a parlare. Non posso decidere chi debba intervenire prima e mi sembra eccessivo pensare che voglia impedirvi di parlare.

Ha chiesto ora di intervenire, sull'ordine dei lavori, l'onorevole Paissan.

MAURO PAISSAN. Chiedo la sospensione dei lavori della Commissione perché alle ore 15 è iniziata la seduta dell'Assemblea della Camera, laddove sono previste votazioni anche in apertura di seduta.

Propongo pertanto che la riunione della Commissione venga aggiornata, per consentire a tutti i deputati di partecipare ai lavori dell'aula e di prendere parte alle votazioni che hanno luogo in quella sede.

PRESIDENTE. Concordo con lei, onorevole Paissan; tuttavia, poiché stiamo svolgendo un'audizione (la nostra non è quindi una seduta con votazioni), chiedo se sia praticabile la soluzione di proseguire nei nostri lavori alla presenza dei senatori.

MAURO PAISSAN. No.

GIAN GUIDO FOLLONI. Pur comprendendo la richiesta proveniente dai colleghi della Camera, se la seduta sarà sospesa, vorrei che venisse almeno chiarito il quesito posto dall'onorevole Masi in ordine a quale sia esattamente l'oggetto della discussione. Infatti, considerati gli elementi finora emersi, credo si possa proseguire ancora con una parte di seduta, alla presenza del direttore generale della RAI, per acquisire altri elementi. Si è però aperto lo spazio per l'approfondimento di alcune questioni che compete alla Commissione; in particolare, quando quest'ultima tornerà a riunirsi, dovremo comprendere di che cosa parliamo, senza navigare in mare aperto su moltissime questioni.

FRANCESCO SERVELLO. Avevo chiesto di parlare sulla prima questione concernente l'ordine - o il disordine - dei lavori posta dall'onorevole Masi, per sottolineare come la vostra meraviglia sia per me veramente stupefacente. Infatti, il direttore generale della RAI ed i suoi collaboratori hanno espresso il loro parere e dato delle risposte: possiamo ora accettarle o discuterne, ma il confronto con loro, a mio avviso, è finito.

ANTONIO FALOMI. Come è finito?

PRESIDENTE. Vi sono altri colleghi che intendono porre domande.

FRANCESCO SERVELLO. Mi riferivo alla prima questione sull'ordine dei lavori. La RAI ha tutto il diritto di interpretare ciò che ha fatto e quanto è avvenuto secondo i propri punti di vista. Quando la Commissione sarà nuovamente convocata, dopo l'audizione, dovremo valutare, non più alla presenza dei nostri interlocutori, ciò che abbiamo acquisito: gli omissis che abbiamo registrato, le interpretazioni date, lo steccato eretto dalla RAI rispetto ai poteri e doveri della nostra Commissione e quant'altro. Non possiamo, però, fare questo nel corso dell'audizione.

Una volta che il quesito è stato posto dal presidente ed è pervenuta la risposta scritta, poi ulteriormente confermata dal direttore generale, sull'intera materia, a meno che non vi siano nuove domande da porre, si dovrebbe prevedere una riunione della Commissione finalizzata a valutare tutto ciò che si sta verificando.

ANTONIO FALOMI. Abbiamo le carte già da una settimana: leggetele! Io sono venuto qui a leggerle!

FRANCESCO SERVELLO. Abbiamo letto le carte. Tuttavia, mi è stato sufficiente constatare la copertura che è stata data alle responsabilità della RAI in ogni suo elemento: ho appreso oggi che vi sono ancora i centri di spesa autonomi, che erano stati denunciati nelle precedenti gestioni, soprattutto dal collegio dei revisori dei conti.

PRESIDENTE. Prima di dare la parola all'onorevole Raffaelli, che ha chiesto di intervenire sull'ordine dei lavori, comunico che la Commissione dovrà convocarsi di nuovo questa sera alle ore 21.

OMBRETTA FUMAGALLI CARULLI. Questa sera abbiamo altri impegni di Commissione.

PAOLO RAFFAELLI. Mi associo alla proposta dell'onorevole Paissan, con un'aggiunta: credo che il presidente, al di là di qualche tono intemperante, ci abbia offerto oggi un contributo, aiutandoci ad iniziare una preziosa ricostruzione, che la Commissione dovrà operare, delle responsabilità di gestione della RAI per le quali ritengo sia estremamente utile un calendario molto preciso su ciò che si è andato accumulando.

Sotto tale profilo, alcune delle domande poste - questo è il senso del mio intervento sull'ordine dei lavori - ci costringono ad effettuare una ricostruzione del passato molto precisa dal punto di vista dei tempi e delle responsabilità. Ritengo pertanto che abbiamo bisogno di proseguire l'audizione, chiedendo al direttore generale della RAI di avere pazienza, soprattutto nel metterci a disposizione documenti che siano riconducibili a precise responsabilità: tra le tante cose che vanno sfatate nel nostro paese vi sono anche alcuni miti di managerialità e forse sotto questo profilo stiamo cominciando a fare un buon lavoro.

PRESIDENTE. La ringrazio di aver preso atto della mia visione non partigiana.

STELIO DE CAROLIS. Poiché mi sembra ovvio che la nostra seduta deve essere aggiornata, mi associo alla richiesta avanzata dal collega Paissan. Tuttavia, tale aggiornamento va concordato, considerato che questa sera ho un impegno molto importante in un'altra Commissione, mentre gradirei poter assistere al seguito della discussione in questa sede, alla quale dovrebbe essere presente anche il direttore generale della RAI; da questo punto di vista, non condivido l'ipotesi del senatore Servello circa un esame delle questioni al nostro interno.

Tra l'altro, non posso che ringraziare il direttore generale della RAI, il quale è intervenuto in questa sede insieme ai rappresentanti dell'ufficio legale dell'azienda (ringrazio anche loro) a dare testimonianza di una serie di atti pregressi per cui, se fossi al suo posto, proverei oggi grande soddisfazione. Devo invece constatare un atteggiamento di aggressività non giustificata, perché non conosco comma della legge n. 103 del 1975 che attribuisca al direttore generale della RAI in carica responsabilità per una serie di procedure attuate in passato.

Siccome anch'io avverto la necessità di porre alcune domande, chiedo al presidente della Commissione e al direttore generale della RAI di concordare, per il seguito dell'audizione, una data in cui possiamo essere tutti presenti per porre quesiti al pari di quanto hanno fatto i colleghi già intervenuti.

Tra l'altro, non ho compreso quale sia la procedura per iscriversi a parlare: forse gli altri colleghi lo hanno fatto per corrispondenza, in quanto, pur essendo arrivato all'inizio della seduta, ho constatato che vi erano già 10 iscritti.

PRESIDENTE. A questo punto, possiamo concludere questa parte della seduta e riunire l'ufficio di presidenza, che deciderà sul seguito dell'audizione.

Al collega De Carolis devo dire che è sempre molto difficile concordare; tra l'altro, non applico volutamente la norma regolamentare che mi dà la possibilità di riconvocare la Commissione al termine della seduta. Sto quindi accedendo alla sua tesi, senatore De Carolis: l'ufficio di presidenza si riunirà immediatamente dopo la conclusione della nostra seduta e i colleghi saranno successivamente informati della decisione assunta, nella consapevolezza che la convocazione della Commissione potrà essere ad horas.

La seduta termina alle 15,20.

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