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CAMERA DEI DEPUTATI - SENATO DELLA REPUBBLICA
XIII LEGISLATURA
COMMISSIONE PARLAMENTARE
PER L'INDIRIZZO GENERALE E LA VIGILANZA
DEI SERVIZI RADIOTELEVISIVI
5.
SEDUTA DI MERCOLEDI' 16 OTTOBRE 1996
PRESIDENZA DEL PRESIDENTE FRANCESCO STORACE
INDI
DEL VICEPRESIDENTE MASSIMO BALDINI
INDICE
Seguito dell'audizione del direttore generale della RAI sul tema della pubblicità occulta
La seduta comincia alle 13.
(La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).
Sulla pubblicità dei lavori.
PRESIDENTE. Essendo pervenuta la richiesta da parte del prescritto numero di componenti la Commissione, dispongo, ai sensi dell'articolo 13, comma 4, del regolamento della Commissione, che la pubblicità dei lavori della seduta sia assicurata anche mediante l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso.
Se non vi sono obiezioni, rimane così stabilito.
(Così rimane stabilito).
Dell'esame di questo punto all'ordine del giorno della seduta odierna sarà altresì redatto e pubblicato il resoconto stenografico.
Seguito dell'audizione del direttore generale della RAI sul tema della pubblicità occulta.
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito dell'audizione del direttore generale della RAI sul tema della pubblicità occulta.
Prima di procedere al seguito dell'audizione iniziata nella seduta di ieri, do la parola all'onorevole Landolfi, il quale ha chiesto di intervenire sull'ordine dei lavori.
MARIO LANDOLFI. I giornali di questa mattina riportano con grande evidenza la notizia delle dimissioni di Renzo Arbore da direttore artistico di Radio RAI. La decisione di Arbore segue di qualche settimana le dimissioni di Michele Santoro, il quale è addirittura passato alla concorrenza. Credo, quindi, che esistano tutti gli elementi perché si proceda ad una nuova audizione dei membri del consiglio di amministrazione della RAI. La Commissione di vigilanza deve infatti essere posta nella condizione di conoscere gli intendimenti ed i propositi del consiglio di amministrazione in merito ad una situazione che, giorno dopo giorno, risulta sempre più difficile da gestire. Costituisce quindi un diritto-dovere della Commissione assumere opportune iniziative finalizzate a garantire la necessaria informazione, da acquisire dalla viva voce dei protagonisti (il presidente Siciliano e gli altri membri del consiglio di amministrazione della RAI), su quanto sta accadendo all'interno dell'azienda radiotelevisiva di Stato.
ANTONIO FALOMI. Credo che la richiesta del collega Landolfi debba essere esaminata dall'ufficio di presidenza della Commissione.
PRESIDENTE. Senatore Falomi, stavo per dire proprio questo. Sarà l'ufficio di presidenza a valutare la richiesta del collega Landolfi. Tra l'altro, l'ufficio di presidenza dovrà occuparsi anche di altre questioni; penso, in particolare, al problema dei vicedirettori ed a quello connesso alle dichiarazioni di Brancoli.
Passiamo ora al seguito dell'audizione del direttore generale della RAI sul tema della pubblicità occulta.
Seguendo l'ordine degli iscritti, darò la parola, nell'ordine, ai colleghi Grignaffini, Landolfi e Romani. Cercherò di evitare che i commissari momentaneamente assenti decadano dal loro diritto ad intervenire e, quindi, procederò - per così dire - alla formazione di gruppi costituiti da tre commissari dopo aver verificato chi sia presente al momento, anche derogando all'ordine di iscrizione, sempre che non vi sia nulla in contrario.
ANTONIO FALOMI. Presidente, poiché alle 14,20 dovrò necessariamente assentarmi, la pregherei di inserirmi nel primo gruppo di colleghi iscritti a parlare.
PRESIDENTE. Sta bene, senatore Falomi. I primi quattro interventi saranno quindi svolti dai colleghi Grignaffini, Landolfi, Falomi e Romani.
GIOVANNA GRIGNAFFINI. Presidente, vorrei anzitutto chiedere se siano stati previsti limiti temporali per gli interventi.
PRESIDENTE. Onorevole Grignaffini, l'invito è ad autoregolamentarsi.
GIOVANNA GRIGNAFFINI. Sta bene, presidente.
Anche sulla base di alcuni elementi che erano stati anticipati nella seduta di ieri, vorrei provare, anzitutto per mia utilità prima ancora che per quella dei colleghi e dei nostri ospiti, a fare il punto sull'oggetto della discussione. Anzitutto si tratta di stabilire, sotto il profilo della definizione della natura dei contratti RAI, se vi sia violazione della legge o delle modalità attraverso le quali i contratti stessi sono stati stipulati, sotto il profilo del rapporto tra le finalità istituzionali dell'ente e la possibilità di realizzare forme contrattuali non attinenti al settore della pubblicità ma riferite all'acquisto di servizi.
In secondo luogo, prendo positivamente atto (ieri il presidente mi ha definito l'"avvocato della RAI", ma il mio intento è soltanto quello di capire dove vi sia consenso, per verificare l'ambito nel quale si pongono i problemi) della decisione del consiglio di amministrazione della RAI che, nonostante la congruità di questi contratti, si è comunque orientato nel senso di sospenderne l'effettività, avendo ravvisato, in parte nei contratti ed in altra parte nei programmi realizzati, un'ambiguità (è questo l'oggetto della nostra discussione) nel rapporto tra informazione, promozione e pubblicità. In qualche modo, ci troviamo di fronte ad un "non illecito" dal punto di vista della strategia istituzionale seguita dall'azienda, ma che nel corso del processo, in itinere, nella stipulazione vera e propria dei singoli contratti e nella loro gestione, ha dato vita ad una possibile ambiguità che configura due ordini di questioni, a mio avviso particolarmente rilevanti.
Il primo ordine di questioni attiene alla verifica, che credo possa da noi essere realizzata soltanto analizzando puntualmente i programmi, tesa a stabilire se in un contratto relativo al settore dell'informazione ed all'acquisto di servizi da parte di Efeso si sia realizzato una sorta di passaggio dall'informazione al messaggio pubblicitario. In pratica, va verificato se, nell'ambito della realizzazione del servizio, la finalità istituzionale dell'ente, l'informazione su un servizio di pubblica utilità, come quello delle Ferrovie dello Stato, abbia finito per configurare una promozione dell'ente: in questo caso, infatti, in considerazione della situazione di monopolio che caratterizza lo specifico ambito, non può parlarsi di violazione delle regole di concorrenza, ma può configurarsi, appunto, un'attività di promozione. In pratica, la verifica dovrebbe riguardare l'eventuale passaggio da una tipologia di contratto relativa ad un certo tipo di servizi ad altro tipo di contratto.
Questa analisi può essere condotta - ripeto - soltanto a partire dalla visione materiale e concreta dei programmi. A fronte del parere propostoci dalla RAI per il tramite dell'avvocato Fusi, chiedo che la Commissione parlamentare di vigilanza acquisisca la registrazione dei programmi già realizzati, sì da poterli visionare ed eventualmente contestare puntualmente laddove il passaggio e lo slittamento al quale accennavo si siano concretamente verificati.
PRESIDENTE. Si riferisce ad Efeso?
GIOVANNA GRIGNAFFINI. Mi riferisco ai programmi previsti nel contratto Efeso già realizzati dalla RAI, di cui alcuni già andati in onda ed altri no.
PRESIDENTE. La RAI li ha già messi a disposizione, come ha letto nella lettera...
GIOVANNA GRIGNAFFINI. Presidente, leggo sempre molto attentamente le lettere...
La seconda questione riguarda quello che probabilmente è il passaggio più delicato di tutta la vicenda (anche qui - ripeto - ci troviamo di fronte ad una disponibilità dell'azienda a rivedere le norme); mi riferisco ai programmi in corso, Un posto al sole e Solletico, due tipologie di programmi che, per le loro finalità di intrattenimento e di narrazione, creano un rapporto più delicato; è molto più difficile, infatti, definire, nell'ambito di tipologie narrative di intrattenimento, uno slittamento da finalità di informazione a finalità di promozione e di pubblicità.
Vorrei invitare tutti ad una riflessione molto serena su questo punto. Credo sia molto difficile, da un punto di vista dei programmi narrativi legati alla contemporaneità, far vedere qualcuno che vive nel contemporaneo senza mai prendere un treno o un aereo. Vi invito tutti a riflettere sul fatto che il mondo delle ferrovie, nella sua complessità, costituisce - diciamo così - l'attore principale della vita contemporanea, ne rappresenta uno degli elementi costitutivi. Le trasmissioni narrative, in definitiva, non possono censurare la realtà.
Sotto questo profilo, rivolgo alla Commissione un invito ad analizzare con attenzione questo tipo di programmi, a partire dal presupposto che ho indicato, ed anche tenendo conto che la definizione di messaggio subliminale ha una casistica ed una normativa molto ristrette e chiaramente definite dal punto di vista della psicologia della percezione. Se dovessimo andare a configurare un reato con riferimento a questo passaggio, sarebbe necessario acquisire il parere di esperti in grado di definire questo tipo di modalità. Invito quindi il presidente della Commissione, nel caso in cui l'analisi delle situazioni narrative dei programmi fosse considerato un elemento decisivo, ad acquisire questo tipo di competenza in capo alla Commissione.
L'ultimo elemento di riflessione che sottopongo alla vostra attenzione è il seguente: il passaggio dall'informazione alla promozione o alla pubblicità configura un altro tipo di discorso, quello sui tetti pubblicitari. Si tratta di un ulteriore aspetto che dobbiamo prendere seriamente in considerazione. Abbiamo posto in essere un giusto e positivo iter e, da questo punto di vista, ringrazio il presidente per il ruolo che la Commissione ha potuto svolgere. In tale contesto si pone, però, la questione molto delicata della ridefinizione del complesso dei tetti pubblicitari, a partire dalla presenza, che credo sarà sempre più diffusa nel mercato della comunicazione globale, di forme non direttamente ascrivibili alle tipologie conosciute fino ad oggi. Si tratta quindi di un problema che va posto in relazione anche al dibattito che si sta svolgendo in Senato sul disegno di legge recante norme per il riordino del settore radiotelevisivo.
MARIO LANDOLFI. Vorrei riprendere alcuni temi affrontati nella discussione svoltasi in questa Commissione nella precedente seduta. Lei, direttore, ha parlato ieri, a proposito della convenzione RAI-Efeso, di contratto atipico, ne ha denunciato un'ambiguità di partenza e ne ha annunciato la risoluzione. Considero singolare e strana questa vicenda, anche perché non è stato sempre questo l'atteggiamento che l'azienda ha assunto nei confronti della convenzione. Il 28 settembre di quest'anno, in un comunicato, la RAI ha definito ingiustificati i giudizi preventivi rispetto alla convenzione. Addirittura, è stato querelato Enrico Mentana. Da un'agenzia dell'ADN Kronos del 9 ottobre scorso abbiamo inoltre appreso: "Non appena la Commissione di vigilanza, ma anche i neodirettori, avranno letto le norme su cui si basano le convenzioni tra RAI ed enti pubblici, la bagarre scatenata dal caso Efeso si sgonfierà come una bolla di sapone". Si tratta di una dichiarazione dello staff della direzione commerciale della RAI.
PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE MASSIMO BALDINI
MARIO LANDOLFI. Ancora: "Il capitolo Efeso è un accordo diverso: si tratta della prevendita alle ferrovie di diritti su programmi (...)". In un primo momento si parla di "bolla di sapone" e, dopo una settimana, di contratto atipico. Si riscontra, di fatto, un'ambiguità di partenza, tanto che si annuncia la risoluzione della convenzione.
Chiedo anzitutto al direttore Iseppi di conoscere i motivi per i quali la RAI, nel giro di così breve tempo, abbia mutato opinione. A cosa è dovuto il passaggio dalla minimizzazione della vicenda Efeso a questo inaspettato ed inatteso esito - viste le dichiarazioni della vigilia - che sfocia addirittura nella risoluzione della convenzione? La risposta a questa domanda, direttore, è forse l'unica strada per capire chi dentro la RAI, e per conto di chi, fuori e dentro la RAI, abbia creato questa "marchettopoli" (chiamiamo le cose con il loro nome!).
Penso - e naturalmente me ne assumo tutta la responsabilità - che all'interno della RAI si sia creata un'azienda nell'azienda, che vi sia una certa opacità di gestione, che spesso non nasce per finalità malvagie: a volte le posizioni dominanti derivano dall'esperienza, dal prestigio personale, dal curriculum professionale.
Non posso non segnalare alcune singolari coincidenze presenti nella convenzione RAI-Efeso.
PRESIDENZA DEL PRESIDENTE FRANCESCO STORACE
MARIO LANDOLFI. Lei stesso ieri ha ricordato le quattro fasi in cui questa convenzione si articolava: due speciali Mixer, uno sul Giubileo ed uno sulla città del futuro, una soap opera dal titolo Un posto al sole. Anche in quest'ultima è coinvolta la struttura Format, quindi nella vicenda c'è una posizione dominante dell'attuale direttore della terza rete, dottor Giovanni Minoli.
Il senatore De Corato al Senato ed io alla Camera abbiamo rivolto un'interrogazione - che lei conoscerà perché ci sono stati lanci di agenzie e l'annuncio di una querela nei nostri confronti - che riguarda l'appalto di questa produzione ad una società australiana, la Grundy. Ho chiesto se sia vero che si è in presenza di un subappalto ad una società italiana che, secondo le notizie riportate da alcuni giornali nel 1992 e nel 1993, si troverebbe sotto inchiesta da parte della magistratura di Milano.
Quello che le chiedo riprende anche domande che le sono state rivolte ieri da altri colleghi: cosa sta facendo la RAI - soprattutto il direttore generale - per assicurare trasparenza nei rapporti, per fare in modo che la RAI sia uno specchio del paese, qualcosa in cui il cittadino, l'utente, l'abbonato (visto che si paga un canone) si possa veramente specchiare senza trovare scheletri, fantasmi del passato che abilmente sono riusciti a riciclarsi?
Riassumendo, le chiedo per quale motivo i vertici RAI abbiano prima minimizzato la vicenda Efeso, per poi denunciarne le ambiguità e le atipicità fino ad annunciare la risoluzione del contratto. Le chiedo inoltre se sia vero che la soap opera che era uno dei prodotti in cui si articolava la convenzione RAI-Efeso sia stata subappaltata dalla società australiana ad una italiana e se sia vero, allo stato delle sue conoscenze, che questa società sia indagata da parte della procura milanese.
ANTONELLO FALOMI. Credo si debba dare atto al direttore Iseppi della sensibilità istituzionale con la quale ha prontamente fornito alla Commissione una documentazione molto ampia sulla vicenda RAI-Efeso.
PRESIDENTE. Ella sa che è stata richiesta dal presidente con un atto che ella ha contestato?
ANTONELLO FALOMI. Vorrei che il presidente facesse il presidente, perché non è possibile continuare in questo modo!
PRESIDENTE. Avevo il dovere di farle notare questa cosa.
ANTONELLO FALOMI. Non sto ricostruendo la verità: se il presidente mi avesse consentito di completare il ragionamento, forse avrebbe evitato questa interruzione.
PRESIDENTE. E' l'intemperanza.
ANTONELLO FALOMI. Effettivamente il presidente si deve guardare dall'intemperanza.
Parlavo della sensibilità istituzionale con la quale sono stati forniti alla Commissione materiali di documentazione molto ampi e dettagliati, andando al di là degli stessi limiti che la legge fissa ai poteri conoscitivi della Commissione stessa. Una sensibilità che non abbiamo avuto dal precedente consiglio di amministrazione, che si è sempre guardato dal fornire le documentazioni richieste, accampando anche argomenti di natura formale e normativa che hanno un loro fondamento.
In questo caso, invece, pur non rientrando nei poteri della Commissione questo tipo di potere conoscitivo, la RAI si è sforzata di produrre una documentazione. Evidentemente, come ha rilevato il direttore Iseppi, anche perché siamo di fronte ad una atipicità e unicità di questo contratto, che in qualche modo sfugge ai canoni più tradizionali.
La questione dei nostri poteri conoscitivi è un problema ancora aperto, ritengo anzi che la certezza con la quale il presidente li ha definiti sia da discutere; stiamo dibattendo dei poteri e delle competenze della Commissione e questo è uno degli aspetti che dovranno essere valutati. La mia opinione, per esempio, è che sia del tutto corretta la lettura delle norme di legge che ci ha proposto la RAI circa i limiti dei poteri conoscitivi e consultivi della Commissione di vigilanza.
Direi che è corretta anche rispetto all'indirizzo generale che dovrebbe sempre essere affermato non solo nei rapporti tra potere politico, Parlamento, istituzioni, pubblica amministrazione e aziende che hanno una loro autonomia giuridica e gestionale: un indirizzo che sottolinea la necessità di una netta distinzione tra le funzioni di indirizzo e di vigilanza proprie di questa Commissione e le funzioni di gestione. Ho l'impressione che la richiesta di documentazione che viene qui proposta in realtà non corrisponda tanto ad un'esigenza di controllo e vigilanza della Commissione parlamentare quanto ad una volontà di interferenza nella gestione e nell'autonomia dell'azienda.
Su questo non siamo assolutamente d'accordo; è materia che stiamo esaminando e dovremo dare seguito al lavoro appena iniziato, non ritengo però si debba ricostruire la consociazione gestionale che per troppi anni ha caratterizzato i rapporti tra politica e servizio pubblico radiotelevisivo: attraverso questo tipo di richieste, invece, vedo il riproporsi di quella logica che spinge alla spartizione, alla lottizzazione, alla consociazione.
Quanto al tema della pubblicità occulta, ho esaminato diligentemente tutto il materiale che ci è stato messo a disposizione. Il presidente mi consentirà una garbata lamentela nei suoi confronti perché nella sua lettera ha giustamente sottolineato che questa documentazione era a disposizione dei soli membri di questa Commissione, volendo implicitamente richiamare un'esigenza di riservatezza, alla quale poi si è sottratto "sparando" sui giornali e anticipando giudizi nel merito della vicenda.
PRESIDENTE. Mi può chiarire questo aspetto?
Non riesco a capire dove avrei violato questa riservatezza: se si riferisce alla documentazione pubblicata dall'Espresso, lei sa che non posso averlo fatto io.
ANTONELLO FALOMI. Mi riferisco ai suoi giudizi e alle sue valutazioni. Lei ci ha inviato una lettera nella quale sottolineava che questo materiale era a disposizione dei soli commissari, sottolineando in tal modo implicitamente che si trattava di materiale riservato. Dopo di che ho letto sue dichiarazioni sulla stampa che entravano già nel merito...
PRESIDENTE. Le mie dichiarazioni non riguardavano il materiale che ci ha inviato la RAI: i miei giudizi, se permette, sono miei!
ANTONELLO FALOMI. Il presidente può replicare alla fine, se vuole, ma non mi può interrompere...
PRESIDENTE. Vorrei evitare che restassero a verbale cose che non sono vere.
ANTONELLO FALOMI. Ha il potere di replicare, non di interrompere gli interventi.
PRESIDENTE. Lo userò.
ANTONELLO FALOMI. Ho letto con attenzione tutto il materiale che la RAI ci ha inviato e che peraltro risponde a molte delle domande poste dai commissari; ho letto con attenzione anche il parere pro veritate dell'avvocato Fusi di Milano, secondo il quale né nel contenuto del contratto, né nelle tematiche affrontate, né nella sua concreta attuazione si è dato luogo a pubblicità occulta. Mi ritrovo però molto di più nel parere espresso in questa sede dal direttore Iseppi.
Ho visto anche la cassetta che ci è stata inviata ed effettivamente la sensazione di contiguità tra informazione e pubblicità occulta cui si riferiva il direttore Iseppi l'ho avuta anch'io. Per questo non posso non apprezzare (e sono colpito dal fatto che sembra di assistere ad una sorta di tribunale speciale nei confronti della RAI) il fatto che la RAI, di fronte all'ambiguità di questo contratto, abbia assunto decisioni che ritengo di grande rilevanza: ha deciso di inviare tutta la documentazione al Garante dell'editoria, per verificare fino in fondo se vi sia stata una violazione (anche perché è quella, non siamo certo noi, l'unica autorità deputata a chiarire questi aspetti); ha deciso di sospendere e arrivare alla risoluzione del contratto RAI-Efeso; ha deciso di attivare una sorta di indagine interna per valutare tutti i comportamenti della struttura.
Mi sembra che la RAI abbia compiuto una grande operazione di pulizia e di trasparenza e francamente non capisco per quale ragione si voglia rovesciare il quadro e dipingere un gruppo dirigente della RAI arroccato a difendere non si sa bene cosa. Credo si sia operato correttamente, anche se, naturalmente, si tratta poi di vedere quali saranno le conseguenze di questa decisione. Sono convinto - e lo spero - che, se ci saranno conseguenze di natura finanziaria, la RAI si possa rivalere su tutti gli amministratori che sono stati responsabili di quelle decisioni: non può essere la RAI in quanto azienda a pagare per responsabilità proprie degli amministratori. Su tutta questa materia abbiamo l'esigenza di un chiarimento, ma mi pare che le decisioni prese in sostanza vadano nella direzione di mettere un punto fermo.
Ho l'impressione che, nell'ansia pur legittima di aumentare i propri ricavi, l'azienda abbia messo in piedi operazioni discutibili; sono quindi necessarie la massima chiarezza e trasparenza e mi pare che il consiglio si stia muovendo in questa direzione. Al di là del modo in cui è stata realizzata, l'idea che la RAI vendendo i diritti televisivi valorizzi le proprie trasmissioni e il proprio magazzino mi pare risponda ad un suo dovere, perché è un'azienda pagata con i soldi dei cittadini. Il punto su cui ci deve essere una piena garanzia riguarda il fatto che i programmi siano realizzati dall'azienda in piena e totale autonomia e non siano confezionati in funzione di qualcun'altro. Questo sì che configurerebbe quella pubblicità occulta di cui giustamente stiamo discutendo.
Voglio sottolineare tutti questi elementi per incoraggiare il gruppo dirigente della RAI ad andare nella direzione della pulizia e della trasparenza.
Su tutta la materia delle convenzioni con enti e amministrazioni dello Stato, che è diversa anche se può essere assimilata, ritengo corretto quanto ci è stato detto dalla RAI circa l'interpretazione delle norme. Naturalmente è importante avere chiaro quali siano le finalità e i compiti di queste convenzioni; noi siamo competenti, sempre che le amministrazioni pubbliche attivino questo rapporto, su tutta la materia delle convenzioni istituzionali, sarebbe allora necessario un maggiore chiarimento.
Vedo, per esempio, nel capitolo attività istituzionali proventi per 90 miliardi, mentre le convenzioni sono per 50 miliardi: gli altri 40 miliardi cosa riguardano?
PRESIDENTE. Devo fare una precisazione riferita alle affermazioni del senatore Falomi, che desidero contestare. Per quanto mi riguarda, non sono uscite notizie sul materiale che ho ricevuto dalla RAI (forse è uscita da altri colleghi, me ne dispiace, ma fa parte del gioco); le uniche informazioni che ho reso note sono quelle che ho ricevuto come privato cittadino.
Nella seconda parte dell'audizione erano iscritti a parlare dieci colleghi: al primo blocco, dopo l'onorevole Romani, si aggiungerà il collega Iacchia, così divideremo gli interventi in due gruppi di cinque.
PAOLO ROMANI. Credo che in questa audizione sia venuto alla luce sostanzialmente un problema del quale non avrei voluto parlare se non fosse stato menzionato nella lettera di accompagnamento che il direttore generale della RAI ci ha mandato in allegato al parere ed alla decisione assunta riguardo al contratto Efeso.
Il direttore generale ritiene di dover esprimere perplessità sull'attuale competenza della Commissione in materia di pubblicità e, conseguentemente, sulla spettanza dei poteri conoscitivi. Il direttore Iseppi fa riferimento all'articolo 4, comma 1, VI disposizione, della legge n. 103 e aggiunge che questo articolo sembra da ritenersi ormai abrogato per le competenze attribuite al Garante dalla successiva legge Mammì. Questa argomentazione è stata ripresa anche dall'intervento precedente e francamente in questo senso, a mio avviso, è necessario fare chiarezza. Il citato articolo 4, comma 1, disposizione 6, della legge n. 103 prevede che la Commissione formula "indirizzi generali relativamente ai messaggi pubblicitari, allo scopo di assicurare la tutela del consumatore e la compatibilità delle esigenze delle attività produttive con la finalità di pubblico interesse e le responsabilità del servizio pubblico radiotelevisivo". E' una dizione tutto sommato abbastanza generica, che però mi sembra faccia rientrare nell'ambito delle competenze della Commissione tutta la materia che concerne i messaggi pubblicitari, richiamando - vorrei sottolineare questo passaggio - la responsabilità del servizio pubblico radiotelevisivo. Non mi sembra, direttore generale, che quel comma sia contraddetto dall'articolo 31 - se non ricordo male - della legge n. 223, che attribuisce al Garante la competenza in materia di pubblicità. In quell'articolo si fa riferimento alla norma che regolamenta la pubblicità, che in effetti attribuisce al Garante l'obbligatorietà del controllo sui limiti di affollamento e il tipo di pubblicità che viene inserita sia nel servizio pubblico sia in quello privato. Non mi sembra di poter essere così categorico, come è stato il direttore generale, nel ritenere ormai abrogate tra le competenze della Commissione quelle che sembrano invece esplicitate nella legge n. 103.
Pertanto, direi che oggi stiamo parlando di un argomento che ci compete, presidente, e sul quale possiamo tranquillamente dare valutazioni. Ci tenevo a dirlo, perché anche l'intervento precedente ha fatto riferimento a questo punto, sul quale dobbiamo fare chiarezza, perché altrimenti ci troveremo sempre nella condizione di non sapere se possiamo o non possiamo parlare di determinate materie. Ovviamente, penso siano ben chiare le competenze del Garante; forse non sono altrettanto chiare le competenze della Commissione. Ma in questo senso e verificando puntualmente le eventuali contraddizioni e interferenze che ci possono essere tra i due provvedimenti, non mi sembra di poter condividere l'affermazione del direttore generale secondo il quale è da intendersi ormai abrogato l'articolo 4 della legge n. 103.
PRESIDENTE. Anche perché fa parte della convenzione tra Stato e RAI.
PAOLO ROMANI. Esatto.
Entrando nel merito dell'argomento della nostra audizione, devo dare atto al direttore generale della fatica che ha fatto ad inserire tra le voci del parere che ci ha dato il contratto Efeso. In effetti, è un contratto che esce dal qualsiasi tipologia prevista. Devo dire che mi è sembrato molto faticoso anche il parere pro veritate dell'avvocato Fusi. Leggendo il materiale che ci è stato consegnato, a pagina 1 trovo la voce ricavi da altre attività per 95 miliardi; a pagina 2 i ricavi da altre attività diventano ricavi da attività istituzionali, sempre per un totale di 95 miliardi, all'interno dei quali c'è la distinzione tra convenzioni istituzionali e lotteria, per un totale di 50 miliardi. Dopo di che trovo la voce delle convenzioni istituzionali - che non so se facciano parte, ma sicuramente è così, dei ricavi istituzionali - e quindi quella delle attività commerciali.
Ora, le attività commerciali - qui ha ragione Iseppi - non fanno parte della nostra competenza, perché nella convenzione Stato-RAI è previsto, all'articolo 5, che queste siano competenza esclusiva dell'attività economica e di produzione dell'Ente di Stato radiotelevisivo. Ma il contratto Efeso purtroppo esce da questa collocazione, perché non è previsto un contratto di questo tipo, che consenta alla RAI di vendere in maniera camuffata - diciamo le cose come stanno - un contratto pubblicitario sotto forma di vendite di servizi. A mio avviso, la maniera più virtuosa di mettere in piedi un contratto di questo tipo sarebbe stata, visto che le Ferrovie hanno bisogno di mettere in onda dei filmati nelle stazioni o in altri sistemi multimediali, che la RAI producesse dei filmati con inserita la pubblicità dichiarata - questa sì - delle Ferrovie dello Stato, le quali avrebbero potuto garantirsene l'utilizzazione. Sostanzialmente, non c'era bisogno di metterli in onda o di dare la conferma che fossero stati messi in onda, anche perché, nell'ultimo allegato, si parla di produzione radiofonica e vorrei sapere come quest'ultima può andare in onda nelle stazioni o in un sistema multimediale, che - guarda caso - nel contratto è sempre definito come mezzo televisivo.
Pertanto, ci sono sicuramente grandi contraddizioni in questo contratto e bene ha fatto l'attuale consiglio di amministrazione e l'attuale direttore generale a chiudere una partita che andava chiusa.
Ma rimangono due problemi fondamentali sul tappeto. Il primo, caro direttore e presidente, è che dobbiamo una volta per tutte chiarire le competenze della Commissione, soprattutto in materia di pubblicità. Per la premessa che ho fatto, non ritengo che questa Commissione non possa occuparsi di pubblicità al di là dei casi esplicitamente e con grande precisione descritti nella legge n. 223. Il secondo punto è che penso sia importante - proprio perché si tratta di pubblicità e di responsabilità del servizio pubblico - garantire agli utenti, a quelli che pagano il canone, ai cittadini che non ci sia mai nulla di camuffato. Devo dire che, tutto sommato, è talmente ambiguo e - per usare una parola grossa - subdolo questo contratto che non mi spaventa, perché una volta esplicitato è chiaramente da buttare via. Ma mi spaventa molto di più la pubblicità camuffata (poco, a dire la verità) che ogni tanto vediamo in certi servizi, per esempio sulla Fiat, che non sono - spero - pagati, ma che sicuramente sono in contraddizione con la legge sulla libera concorrenza; non vorrei richiamare la legge n. 287, ma sicuramente si pone un problema da quel punto di vista.
Da un lato, la RAI deve fare un'analisi delle sue responsabilità di servizio pubblico - insisto su questo concetto, non sul mezzo radiotelevisivo - rispetto a tutte le problematiche che un moderno paese industriale può porre ed anche sulla liceità o legittimità che può avere un servizio pubblico nel momento in cui si esprime attraverso servizi riguardo alle attività più moderne, tecnologicamente più avanzate, che il sistema produttivo può proporre. Ma tutto ciò deve essere fatto in maniera chiara, riconoscibile e soprattutto equilibrata: non si può privilegiare un soggetto imprenditoriale rispetto ad un altro.
Dall'altro lato, penso che questo episodio possa chiudere una volta per tutte il problema delle attività commerciali in quanto tali. Se si tratta delle attività commerciali descritte dall'articolo 5 del contratto di servizio, vanno tutte bene, perché si tratta di privilegiare i CD-Rom, le cassette e le altre attività commerciali che sono di competenza specifica del mezzo radiotelevisivo. Se si tratta di altre attività commerciali, non avendo noi teoricamente la possibilità di intervenire, perché ci sarebbe preclusa dalla dizione "attività commerciale", in quel caso nascerebbe un problema di responsabilità del servizio pubblico nell'adeguare se stesso al ruolo che svolge nel paese.
ENRICO JACCHIA. Cercherò di essere molto breve, perché vedo che, grazie alla sua cortesia, è difficile dar seguito alla mia ambizione di limitare a cinque minuti gli interventi.
Prima di tutto vorrei dire che ogni volta che ci riuniamo torniamo a questa manfrina sui poteri e le competenze della Commissione. Certo, è un tema importante, ma ne discutiamo anche in ufficio di presidenza. Quindi, mi auguro che la Commissione nel suo complesso possa andare oltre e finalmente aggredire i problemi chiave.
Vorrei anche soffermarmi sul problema delle esternazioni dei membri della Commissione. Francamente, presidente, non mi pare che la si possa accusare di aver divulgato il contenuto di documenti interni riservati. Lei ha reso delle dichiarazioni, ma lo fanno tutti; ad un certo momento mi metterò a farle anch'io. Insomma, non ci si può chiudere la bocca. Stiamo attenti nel giudicare le esternazioni, che vanno considerate per quello che sono, ben diverse dalla divulgazione di documenti riservati o segreti.
Per entrare nel concreto di quest'audizione, a me pare che il direttore generale Iseppi abbia mostrato una buona volontà. Mi dispiace di non aver potuto partecipare alla seduta di ieri, ma ho letto il testo che egli ha consegnato, nel quale dice chiaramente che l'operazione RAI-Efeso non comincia bene, perché trae origine da alcuni contatti avviati, eccetera... Non comincia bene! Più avanti dice che più in generale la RAI ha avviato una profonda riconsiderazione delle strategie, finalizzata a non riprodurre l'isolata e criticabile esperienza del contratto Efeso. Da parte di una nuova amministrazione mi sembra che non sia un atteggiamento di chiusura. E' certo che, come dice Falomi, bisogna andare a fondo sulle attività di indagine interna per accertare come sono andate le cose e mi sembra che la direzione generale voglia farlo. Se poi si accerteranno responsabilità di passati amministratori - e forse se ne troveranno - la RAI potrebbe rivalersi nei loro confronti; mi parrebbe una procedura sacrosanta e tutti i contribuenti italiani saranno felici se potrà succedere una cosa del genere.
Sul fondo la posizione della lega è che la Commissione di vigilanza possa fare degli approfondimenti per chiarire tutto ciò che è ambiguo. Anche nei confronti dell'opinione pubblica non bisogna dare l'impressione che si voglia mettere la museruola ad una Commissione parlamentare che su questa materia rappresenta la nazione. D'altra parte, il direttore generale si è incamminato su questa strada; il suo è un inizio di collaborazione verso la quale dobbiamo spingere il più possibile.
FRANCO ISEPPI, Direttore generale della RAI. Lascerei per ultime le risposte all'onorevole Romani, che ha affrontato un tema di fondo.
Per quanto riguarda il caso Efeso, potrei in due minuti ribadire fino in fondo la nostra posizione. Nella mia relazione di ieri mi era parso di essere stato fin troppo chiaro circa la posizione del nuovo vertice, insediatosi tre mesi fa, su un contratto aziendale stipulato nove mesi fa: in altre parole, nessuna copertura, massima trasparenza, rigore assoluto, interesse a riconsiderare le strategie future. Questo è stato il ragionamento.
Il contratto Efeso sarà risolto. I presupposti operativi e la struttura dell'operazione non richiedevano una misura così drastica, ma alcuni suoi profili applicativi hanno destato preoccupazione per la pericolosa contiguità con possibili future forme di pubblicità occulta. Si è perciò ritenuto di chiudere un contratto atipico nella storia dei contratti RAI, per allontanare possibili indesiderate contaminazioni pubblicitarie in spazi non propri. Secondo alcuni è stata una misura eccessiva, ma ritengo che sia un segnale di trasparenza del nuovo vertice.
Per quanto concerne invece il comportamento delle competenti strutture aziendali in tutta la vicenda, mi è sembrato anche qui di essere stato chiaro. Ogni valutazione è sospesa fino a quando non sarà completato l'internal audit. Quindi, non ci saranno iniziative fino a quando non si sarà chiusa questa fase conoscitiva.
Più in generale, si è deciso di avviare una profonda riconsiderazione delle strategie del settore delle convenzioni, per giungere ad una linea operativa che definisca le attività commerciali nell'ambito dei rapporti con le istituzioni pubbliche, centrali e locali, e dello sfruttamento del magazzino, attraverso poche e qualificate operazioni. Tutto ciò grazie anche al contributo che sarà dato dalla riflessione e dal lavoro che si fa sia in Commissione sia in RAI.
Infine, sempre sul caso Efeso e in questo senso cominciando a rispondere ad alcune delle domande dell'onorevole Grignaffini, ho annunciato l'intenzione della RAI di sottoporre al Garante per l'editoria e la radiodiffusione la documentazione relativa al contratto e le relative registrazioni, con l'intento di ottenere preziose indicazioni per superare le problematiche della commistione impropria fra informazione, promozione e pubblicità. Questo mi sembra il tema di fondo su cui avere degli indirizzi.
Vengo ora alle singole risposte. Mi sembra di aver risposto sul discorso informazione e pubblicità, sollevato dall'onorevole Grignaffini.
Non ci sono programmi in corso; i programmi sono tutti sospesi. In pratica, si è chiusa la vicenda con quei programmi che sono stati mandati in cassetta per conoscenza alla Commissione. Quindi, non esistono programmi sospesi di nessun tipo. Così come si è chiusa sia l'operazione Solletico sia l'operazione soap opera, nel senso che non si è avviata.
Sul problema sollevato dall'onorevole Landolfi relativamente a Grundy, la situazione è questa: al riguardo non è in essere un solo rapporto con la società australiana Grundy. Si tratta di un contratto di preacquisto di diritti, i cui contenuti normativi ed economici, su proposta del direttore generale, sono stati approvati dal consiglio di amministrazione e sottoscritti dal presidente. Non esiste pertanto un qualsiasi rapporto negoziale tra la RAI e la società Aran per la produzione di Un posto al sole. Quindi, non esiste questo tipo di contratto. Con la Grundy production è in corso un contratto per 230 puntate di 25 minuti ciascuna dal titolo Un posto al sole. Mi riferisco non a Grundy, ma ad Aran.
MARIO LANDOLFI. Il rapporto dovrebbe essere tra Grundy ed Aran, non tra RAI ed Aran.
FRANCO ISEPPI, Direttore generale della RAI. Difatti non esiste una rapporto con Aran.
MARIO LANDOLFI. Lo so, altrimenti avrei chiesto un'altra cosa. Ma tra Grundy ed Aran?
FRANCO ISEPPI, Direttore generale della RAI. Questo non lo so. Dico solo che non c'è un rapporto tra RAI ed Aran, mentre c'è un rapporto tra RAI e Grundy.
Per quanto riguarda le dichiarazioni su una nostra denuncia del TG5, si era valutato che vi era contesto complessivo diffamatorio e c'era soprattutto l'idea di estendere a tutte le convenzioni i sospetti relativi ad Efeso, per cui si è chiesto al professor Coppi di studiare la possibilità di una denuncia.
PRESIDENTE. E' stata depositata una denuncia?
FRANCO ISEPPI, Direttore generale della RAI. No, non è stata depositata nessuna denuncia.
Per quanto riguarda invece quel passaggio di comunicati cui lei fa riferimento, il primo comunicato risale a quando è scoppiato il caso e quindi ad un momento in cui non c'era un livello di conoscenza sufficiente per prendere delle decisioni. Il secondo comunicato cui lei fa riferimento non è un comunicato dell'azienda intesa nei suoi vertici, ma della direzione commerciale e in realtà viene dopo la trasmissione dei documenti alla Commissione. Quindi, sostanzialmente non esiste un'incoerenza tra queste cose, perché nel documento presentato in Commissione il 10 ottobre era già anticipata una posizione di questo tipo. Sostanzialmente, il comunicato della direzione commerciale è a difesa di un settore ed è indipendente dalla posizione aziendale espressa anticipatamente la settimana precedente.
PRESIDENTE. Può chiarire questo aspetto?
FRANCO ISEPPI, Direttore generale della RAI. La sequenza è questa. C'è stato un comunicato, cui fa riferimento lei, che è nato il giorno in cui è scoppiato il caso Efeso, dove la RAI sostanzialmente dice: "prima di prendere una posizione voglio capire come sono andate le cose". Poi c'è una posizione ufficiale della RAI, che è quella del documento presentato alla Commissione parlamentare in vista della riunione del giorno 10 ottobre, che non si è tenuta e che è stata rinviata. Quella è la posizione a quella data. Poi, c'è stata una discussione in consiglio di amministrazione sul livello di informazione cui si era pervenuti nel frattempo e il consiglio, su mia proposta, ha deciso di sospendere il contratto Efeso. Poi, c'è stato il comunicato (cui lei fa riferimento) emesso dalla direzione commerciale, che in questo modo intendeva sostanzialmente difendersi rispetto alle posizioni che erano state ufficialmente assunte da parte del consiglio. Questa è la sequenza dei fatti, a seguito della quale non è facile parlare di contraddizioni, in quanto la stessa sequenza denota una certa logica di comportamento e coinvolge soggetti diversi.
Per quanto concerne il discorso dell'atipicità, credo si sia detto sostanzialmente tutto, mentre con riferimento alle responsabilità amministrative ritengo si debba attendere la conclusione del processo conoscitivo. Vi forniremo inoltre alcuni dati di tipo economico in ordine ai 90 miliardi di cui si è parlato.
Soffermandomi ora sulla questione sollevata dall'onorevole Romani in ordine alla mia lettera, devo rilevare che in quest'ultima non vi è nulla di categorico, in quanto il verbo usato è "sembra", per cui è difficile - lo ripeto - ritenere che si esprima una posizione di tipo categorico: si tratta in realtà di una posizione di carattere problematico che pone degli interrogativi. Quindi, nella lettura che ne è stata data vi era una forzatura, che peraltro comprendo ma che non corrisponde al testo della mia lettera, ispirata in realtà ad un carattere di problematicità e al massimo dell'apertura. Se poi si vuole entrare nel merito specifico della questione, potrà farlo l'avvocato Esposito.
Per quanto concerne, invece, i dati circa il modo in cui si determinano i 90 miliardi ai quali si è fatto riferimento, siamo in grado di fornirvi tutte le informazioni che volete e possiamo farlo anche subito.
ANTONIO FALOMI. Avevo avanzato una richiesta in ordine alla documentazione.
FRANCO ISEPPI, Direttore generale della RAI. Ve la possiamo fornire immediatamente.
A questo punto, considerato che si è fatto un riferimento esplicito alle lotterie, se lo ritenete, posso darvi informazioni su tale questione.
PRESIDENTE. Sempre se non travalichiamo le vostre competenze!
FRANCO ISEPPI, Direttore generale della RAI. E' difficile rispondere alle battute simpatiche!
Per quanto riguarda il nostro accordo con il Ministero delle finanze per la promozione delle lotterie, la situazione è la seguente: per il terzo anno consecutivo il Ministero delle finanze (Monopoli di Stato) ha chiesto a RAI e Mediaset, cui si è aggiunto nel 1996 il gruppo Cecchi Gori, di realizzare congiuntamente la promozione delle lotterie nazionali tradizionali e "gratta e vinci". La promozione, per la parte della RAI, prevede inserimenti promozionali in programmi di rete televisivi e radiofonici (Carramba, Uno Mattina, Giochi senza frontiere, Luna Park, I fatti vostri e, per la radio, Il ruggito del coniglio e Radiodue time), spot televisivi e radiofonici collocati fuori dai break pubblicitari, pagine di Televideo con informazioni sui biglietti estratti e sulle lotterie in programma, nonché pianificazione di spazi pubblicitari sulla stampa quotidiana e periodica (solo per la lotteria Italia).
Nel 1995 la remunerazione della promozione è stata di 41 miliardi complessivi (20,5 per la RAI e 20,5 per la Mediaset); per il 1996 il ministero ha stanziato circa 50 miliardi (24 per la RAI, 24 per la Mediaset e 2 per il gruppo Cecchi Gori).
A questo punto, il dottor Mengozzi potrà fornirvi una serie di informazioni sugli altri dati di tipo economico.
FRANCESCO MENGOZZI, Vicedirettore generale della RAI. Farò riferimento alla voce dei problematici 95 miliardi, in ordine ai quali proverò a fornirvi un'analisi del dato. La prima voce, il cui importo è di 3,5 miliardi, è rappresentata da una convenzione con il Ministero della pubblica istruzione mirante a realizzare un programma afferente alla formazione dei docenti; una voce da 23 miliardi è quella relativa alla lotteria Italia, alla quale ha fatto riferimento poco fa il dottor Iseppi; vi sono poi ricavi afferenti alla ritrasmissione via satellite di RAI1 in Europa (questa voce vale 4,5 miliardi), proventi legati all'attività dell'orchestra sinfonica (4,1 miliardi), ricavi per home video e vendite diverse (11 miliardi), contratti relativi a Televideo e Telesoftware (12,6 miliardi), nonché 8,7 miliardi di ospitalità impianti; infine, vi è la voce dei 27,5 miliardi relativi alle cosiddette convenzioni istituzionali.
Dopo aver analizzato i 95 miliardi nel loro complesso, possiamo ora soffermarci analiticamente su questi 27,5 miliardi, composti da 12 miliardi per convenzioni con amministrazioni pubbliche centrali (illustrerò poi la loro tipologia), 8 miliardi per convenzioni con pubbliche amministrazioni periferiche, 6 miliardi per cessione di marchi, loghi e diritti, nonché altri ricavi minori per 1,5 miliardi.
PAOLO ROMANI. C'è anche Efeso?
FRANCESCO MENGOZZI, Vicedirettore generale della RAI. Sì, in questi 27,5 miliardi figura anche la contestata partita Efeso. Se lo ritenete utile, posso darvi qualche indicazione sulla composizione di questa tipologia.
ENRICO JACCHIA. In che cosa consistono le convenzioni con pubbliche amministrazioni periferiche?
FRANCESCO MENGOZZI, Vicedirettore generale della RAI. Rispondo subito al senatore Jacchia che si tratta di convenzioni con regioni, province, comuni ed enti locali aventi ad oggetto prevalentemente la promozione del territorio oltre che di prodotti tipici e manifestazioni locali. Giova segnalare, al riguardo, che la previsione di budget di 8 miliardi alla quale ho fatto riferimento si ridurrà, a consuntivo, a 5 miliardi.
Per quanto riguarda, invece, l'amministrazione pubblica centrale, si tratta di convenzioni con il Ministero delle risorse agricole, il Ministero del lavoro, il dipartimento della funzione pubblica, aventi ad oggetto la realizzazione di programmi e/o segmenti di programmi volti ad approfondire tematiche di preminente interesse pubblico, nell'ambito dei compiti istituzionali affidati a ciascuna amministrazione (sicurezza stradale, formazione professionale, uso corretto dei farmaci, diritti del cittadino).
La voce relativa alla cessione di marchi, loghi e diritti si spiega, per così dire da sola, mentre nell'ultima voce rientrano importi minori relativi soprattutto al finanziamento di specifiche attività di ricerca svolte dalla RAI per conto di organismi internazionali.
PRESIDENTE. A questo punto, se lo ritiene, può intervenire l'avvocato Esposito, che era stato chiamato in causa dal dottor Iseppi.
RUBENS ESPOSITO, Direttore degli affari legali della RAI. Il problema in questione è talmente complesso che il condizionale usato dal dottor Iseppi non è semplicemente una cautela espressiva, ma risponde ad una situazione sostanziale di difficoltà. Tra l'altro, poiché il problema è molto serio, anche la Commissione se l'è posto e mi pare che lo stia dibattendo.
La nostra opinione, espressa - appunto - al condizionale, trae origine innanzitutto dal fatto che la richiesta era motivata dalla constatazione che la pubblicità ravvisata in Efeso era qualificata come occulta, per cui il riferimento immediato era al decreto legislativo n. 74 del 1992, che attribuisce la competenza esclusiva in tema di pubblicità occulta ed ingannevole al garante della concorrenza e del mercato. Trattandosi di norma speciale successiva a quella del 1975, è parso che un'ipotesi abrogativa non fosse del tutto irragionevole.
D'altro canto, occorre considerare che la legge n. 103 del 1975, nel ricostituire le funzioni della Commissione parlamentare di vigilanza, non trovava in questo corpo normativo altra disciplina della pubblicità che non fosse quella da essa recata, né individuava altro organo di controllo e garanzia al di fuori della Commissione parlamentare di vigilanza. Successivamente, nel 1990, è entrata in vigore la legge Mammì, che ha disciplinato specificamente la pubblicità ed ha assegnato al garante per l'editoria e la radiodiffusione la competenza a verificare e sanzionare le eventuali violazioni della normativa sulla pubblicità, tra cui la pubblicità occulta, non trasparente.
Successivamente è entrato in vigore il già citato decreto legislativo n. 74 del 1992, emanato in attuazione di una direttiva comunitaria di qualche anno prima, che non solo ha disciplinato la pubblicità ingannevole, ma ha attratto nel proprio ambito anche quella occulta, sottraendola, sotto questo aspetto, alla competenza del garante per l'editoria e la radiodiffusione ed affidandola alla competenza esclusiva del garante della concorrenza e del mercato.
Considerata questa sequenza normativa, che si qualifica per successione temporale delle norme e per specificità di contenuti, era parso non irragionevole prospettare un dubbio sulla sopravvivenza attuale dell'articolo 4 della legge n. 103 del 1975, sotto due ordini di profili: intanto, ci si chiedeva se sussistesse totalmente questa competenza o se essa si presentasse invece erosa, o comunque ridotta e residuale, rispetto a quella del garante per l'editoria e del garante della concorrenza e del mercato. Quindi, l'ipotesi prospettata era un'abrogazione tout court della norma a seguito dell'introduzione di una disciplina ex novo dell'intera materia, oppure una combinazione di norme che facessero salve le competenze specifiche delle due autorità indipendenti e de residuo lasciassero intatta quella spettante alla Commissione parlamentare, probabilmente in tema di messaggi pubblicitari qualificati come tali (la pubblicità tabellare) e per quanto riguarda funzionalmente il rapporto tra questo tipo di pubblicità e le esigenze del servizio pubblico.
Entro questi limiti il dubbio si pone e va risolto.
PRESIDENTE. Può chiarire se vada considerata errata o comunque non condivisibile la mia interpretazione circa il fatto che l'articolo 4 entra per intero nella convenzione tra Stato e RAI, che è successiva a tutta questa normativa?
RUBENS ESPOSITO, Direttore degli affari legali della RAI. Il problema riguarda le fonti: lei parla di convenzione, ma occorre considerare che nella gerarchia delle fonti viene prima la legge e poi gli atti amministrativi.
PRESIDENTE. Questo lo sapevo. Si pone comunque un problema.
RUBENS ESPOSITO, Direttore degli affari legali della RAI. A nostro avviso, il problema si pone in questi termini: l'articolo 4 richiamato dalla convenzione RAI-Stato è lo stesso articolo come si presenta dopo gli effetti abrogativi o riduttivi dispiegati dalle altre norme che ho richiamato.
PRESIDENTE. E' un'interpretazione che ha una sua logica.
Diamo ora inizio al secondo turno di interventi, in cui prenderanno la parola i colleghi Follini, Passigli, De Corato, Nappi, Fumagalli Carulli e Semenzato.
MARCO FOLLINI. Mi sembra che il principale punto di accordo della discussione svoltasi tra ieri ed oggi riguardi il giudizio sull'accordo tra RAI ed Efeso e la considerazione, fatta all'unisono dalla Commissione parlamentare e dall'azienda, che si sia trattato di una sorta di rapporto incestuoso tra pubblicità, promozione e informazione, tra pubblicità promozione e programmazione.
La denuncia del contratto da parte della RAI mi appare come un esito abbastanza obbligato di questa considerazione ed apprezzo il fatto che vi sia stata tale denuncia; spetta ovviamente alla RAI, nella sua autonomia e all'interno della sua competenza, individuare i passi successivi da muovere e le garanzie da introdurre affinché non si ripetano situazioni del genere. Su questo piano, credo che il ruolo della Commissione sia importante ma intervenga, per così dire, in seconda battuta.
L'argomento potrebbe esaurirsi qui, ma mi sembra di capire che così non sia, nel senso che la vicenda Efeso è stata l'occasione per una riflessione più ampia che ha riguardato, da un lato, i rapporti tra la Commissione parlamentare di vigilanza e l'azienda e, dall'altro, le garanzie di un'informazione e di una programmazione fortemente indipendenti da una serie di condizionamenti che abbiamo visto all'opera in maniera piuttosto massiccia in quest'occasione.
Con lo stesso spirito con cui do atto al direttore generale della RAI di aver denunciato per tempo il contratto con Efeso, debbo dirgli che mi ha convinto meno la parte della sua introduzione relativa alle informazioni che l'azienda sente di dover fornire per corrispondere alle esigenze più che alle curiosità della nostra Commissione parlamentare. Ritengo comunque che l'ultima cosa che possiamo e vogliamo fare sia immaginare una sorta di conflitto di competenze tra la Commissione e l'azienda, in quanto i rispettivi ruoli sono chiari a tutti: questo non è né un tribunale speciale né una Commissione anti RAI e non mi pare che l'esercizio dei nostri poteri di vigilanza venga interpretato con animo particolarmente malevolo, indiscreto, o comunque tale da limitare le prerogative dell'azienda ed i suoi diritti nell'ambito di un mercato fortemente competitivo come è diventato quello della televisione. Ritengo, tuttavia, che alcune informazioni non costituiscano, per così dire, un optional e non vorrei che ci trovassimo nella curiosa situazione descritta dal collega Falomi, per cui da un lato si ritiene che le informazioni non siano dovute e dall'altro si apprezza il fatto che, pur non essendo dovute, siano state corrisposte tanto generosamente. Credo che in tale ambito la Commissione abbia alcuni diritti che è quasi suo dovere sottolineare e far presenti.
L'altro aspetto che discende da tale vicenda riguarda il rapporto tra l'azienda ed una serie di condizionamenti che attraversano il sistema degli interessi economici e sociali. Vi è un'attenzione ed una letteratura, per alcuni aspetti forse anche caricaturale, sul peso della politica nella RAI e su quanto la politica abbia a che vedere con le persone, ma direi anche con il prodotto. Ritengo che una certa compiacenza verso il potere economico, pubblico o privato che sia, verso il potere sindacale, verso il sistema degli interessi rappresenti un aspetto non meno cruciale di quella che può essere la fisionomia di un servizio pubblico pienamente restituito ai cittadini.
Mi chiedo - e lo chiedo al direttore generale - se su questo non possano essere stabiliti per tempo alcuni criteri e fissati determinati paletti da non superare. Farò un esempio di ciò che ho in mente, ma vi prego di interpretare quanto mi accingo a dire con lo stesso candore con cui lo affermo, in quanto non mi riferisco a situazioni particolari: se un giornalista ha a che vedere con un'azienda e se ne occupa professionalmente, si può chiedere - direi anzi pretendere - che quel giornalista non abbia rapporti di sorta con la stessa azienda al di fuori del suo compito professionale di informare su un'attività, un prodotto, un servizio. Temo invece che da qualche parte vi sia questo tipo di commistione; lo temo non perché lo so, ma perché lo leggo tra le righe di alcuni servizi. Mentre mi rendo conto che sancire tout court un principio di esclusiva che vincoli i giornalisti del servizio pubblico a fare esclusivamente il loro mestiere senza alcuna possibilità di contatto al di fuori del loro contratto di lavoro con l'azienda può essere una misura perfino eccessiva, ritengo che una forma di maggior rigore sia utile alla RAI per evitare che in futuro ci troviamo a discutere di qualche altro caso, che non si chiamerà Efeso (non ho la minima idea di come possa chiamarsi), ma che può nascere da questo tipo di commistione.
Passerò ora ad un'ultima considerazione, che ripropongo in questa sede dopo che mi è capitato di svolgerla parlando fuori dalla Commissione, in quanto credo sia buona norma riportare all'interno di quest'ultima considerazioni che può accadere ad ognuno di noi di svolgere, a volte anche con un eccesso di fantasia. Se la vicenda Efeso è l'estrema propaggine di una logica commerciale che in questo caso è stata spinta perfino al di là dei confini, non dico della legalità, ma sicuramente della moralità del servizio pubblico e se l'obiettivo che ci poniamo è quello di fissare una linea di trasparenza, la mia domanda è se questa linea di trasparenza (naturalmente immagino un processo che si articoli per stadi successivi, per cui ragiono su una prospettiva piuttosto lontana) non consista nel ripensare il sistema delle risorse, tracciando una linea di demarcazione tra quelle provenienti dal canone e quelle derivanti dalla pubblicità, nonché tra i programmi e le attività a cui danno origine le une e le altre.
Nel grande calderone che è oggi la RAI questi due comparti stanno insieme e rappresentano la gran parte del sistema di finanziamento dell'azienda. Usando una battuta, può accadere che il canone serva a rendere particolarmente allettante il contratto di un divo dello spettacolo che tiene un piede nella RAI e l'altro fuori, così come è possibile che le risorse provenienti dalla pubblicità consentano, invece, all'azienda di svolgere un compito tipico del servizio pubblico, che magari è reso possibile proprio dal fatto che quel divo dello spettacolo genera risorse pubblicitarie che vengono messe in circuito e finalizzate all'assolvimento di compiti specifici del servizio pubblico.
Credo che la distinzione tra queste due metà dell'azienda, che oggi stanno insieme in modo inestricabile e sono destinate a restare unite ma che in qualche modo devono essere individuate e tenute distinte l'una dall'altra, sia parte di un processo e di una linea di trasparenza che è, per così dire, l'approdo, seppure lontano, che intravedo per il tragitto avviato in quest'occasione con il confronto che si è svolto tra noi sulla vicenda Efeso.
STEFANO PASSIGLI. Do volentieri atto al direttore generale e ai dirigenti della RAI dello sforzo in atto in queste settimane per fare chiarezza sul contratto Efeso e quindi per sanare una situazione che è stata posta in essere precedentemente all'assunzione delle proprie funzioni da parte dell'attuale consiglio di amministrazione e dell'attuale direttore generale. Proprio per questo, non capisco i residui tentativi non di limitare i poteri inquirenti della nostra Commissione, che non è un corpo di inquisitori, ma di definire in maniera restrittiva (attraverso un'interpretazione che giuridicamente può essere anche corretta) le competenze della stessa Commissione, il concetto di pubblicità occulta e così via.
In realtà, la vera questione sul tappeto è quella relativa ai limiti della politica commerciale dell'azienda: non stiamo cercando di appurare se il contenuto di un certo programma configurasse un'informazione o contenesse forme di pubblicità occulta (tale aspetto sarà verificato da altro organo); in questa sede stiamo invece cercando di fare chiarezza, al di là del canone e della pubblicità, sulla complessiva voce degli altri ricavi ed in particolare su quelli classificati come altri ricavi da attività istituzionali. Presumo per altro che la voce "commercializzazione dei programmi" si riferisca a coedizioni o cessioni di programmi ad altre reti, ma anche in questo caso vorrei capire meglio che cosa si intenda per commercializzazione dei programmi, considerata la tendenza ad utilizzare queste etichette con grande flessibilità, come dimostra il caso Efeso. Mi sembra che quest'ultima vicenda denunci chiaramente che si fa passare sotto l'etichetta di convenzione (vedremo anche che cosa voi stessi definite come contenuto di una convenzione) quello che è in larga misura un messaggio pubblicitario non occulto, nel senso che non si tratta di pubblicità occulta o ingannevole a seguito della quale l'utente non si rende conto che si sta in realtà pubblicizzando qualcosa di un terzo; mi sembra invece che si stia facendo proprio della pubblicità istituzionale al riparo di una convenzione, probabilmente oltrepassando i limiti di affollamento o i tetti complessivi. Questo rientra sicuramente tra gli interessi e le competenze della nostra Commissione la quale, nell'ambito della sua attività di vigilanza, non deve entrare negli aspetti gestionali, ma valutare se il complesso dell'azione commerciale della RAI risponda alla normativa che la regola. Altrimenti, non vedo in che cosa consista il nostro potere di vigilanza.
Dopo aver dato atto che la RAI si sta muovendo per fare il massimo di chiarezza anche a futura memoria, affinché non si ripetano casi del genere, il punto di fondo consiste nel comprendere se si stesse facendo o meno della pubblicità. Su questo, comunque, non ho dubbi; al riguardo, è sufficiente prendere in considerazione la definizione che voi stessi date di convenzione istituzionale: nella comunicazione che avete trasmesso alla Commissione si afferma, infatti, che con questo tipo di attività di comunicazione la RAI si qualifica come voce della pubblica amministrazione e che l'argomento è la trattazione dei temi di rilevante interesse pubblico, che vengono portati all'attenzione del cittadino utente mediati dalla professionalità dei giornalisti e dall'autonomia dei programmisti; inoltre, queste convenzioni sono approvate da organi di controllo dello Stato (Consiglio di Stato e Corte dei conti). Ci si muove, quindi, sostanzialmente nell'ambito di comunicazioni di pubblico interesse.
Da parte mia, nutro seri dubbi circa il fatto che una convenzione stipulata, per esempio, con una regione per la promozione del turismo o dei suoi prodotti tipici non sia pubblicità; si tratta di uno dei quesiti che la nostra Commissione deve risolvere. Ritengo comunque che in quel caso si rientri certamente nell'ambito della pubblicità: se si afferma che le coste della Calabria sono belle, che la Sicilia ha un clima mite o che la neve del Trentino Alto-Adige è migliore di quella della Valle D'Aosta, si pone in essere un atto di promozione turistica, non un messaggio di pubblica utilità. Quindi, credo che si debba guardare anche all'interno di queste convenzioni se si vuole restare nell'ambito dei tetti complessivi.
Comunque, non vi è dubbio che l'alternativa sia molto secca: o si tratta di pubblicità, per cui il quesito da porsi è se siano stati o meno superati i limiti di affollamento, oppure non è pubblicità, ma nel caso specifico, per esempio, il contratto Efeso è stato approvato dal Consiglio di Stato e dalla Corte dei conti? Sicuramente no, perché questo mi sembrerebbe molto strano. In effetti, allora, non si tratta di un caso atipico, ma di un marchingegno attraverso il quale la precedente gestione della RAI si è procurata risorse in maniera non conforme al complesso delle norme che disciplinano la stessa RAI.
Sarebbe interessante sapere, per esempio, se l'ufficio legale si sia posto tale problema e se l'abbia segnalato al precedente consiglio di amministrazione, nonché a quale livello siano state assunte alla RAI queste decisioni, peraltro non particolarmente rilevanti dal punto di vista quantitativo (si tratta di un contratto da circa 2 miliardi) ma molto importanti sul piano dei precedenti e dei principi. Sarebbe inoltre molto interessante che la Commissione si pronunciasse sul modo in cui classificare i rapporti, per esempio, con regioni o enti locali territoriali quando in realtà la comunicazione non è di pubblica utilità ma di carattere sostanzialmente commerciale.
Credo allora che la RAI non dovrebbe difendersi lungo la linea della memoria Fusi, ma probabilmente ammettere che vi è stata qualche violazione della normativa in vigore. Ne deriveranno azioni interne - ma si tratta di un'altra questione - per evitare che ciò si ripeta e per appurare chi eventualmente abbia sbagliato, come e perché.
Vi è però un altro quesito che desidero porre e che mi sembra molto importante: una funzione sicuramente fondamentale l'hanno avuta, o l'avevano in prospettiva, anche i programmisti e i conduttori dei programmi; infatti, allorché si analizza il contratto in questione (mi riferisco ad Efeso), si constata che una parte importante era riservata a due speciali Mixer, ma in realtà dubito che un giornalista o un conduttore decida nella sua autonomia di dedicare uno speciale Mixer a quel fine. Vi è ovviamente una commistione tra la funzione di definizione del prodotto editoriale che viene offerto e la funzione commerciale; qualcuno ha detto che si voleva realizzare quello speciale in un certo modo.
La domanda specifica che pongo è allora la seguente: il giornalista è stato compensato per fare questo? I giornalisti implicati in questi programmi hanno avuto compensi diretti dal terzo committente, cosa che considererei di gravità totale ed assoluta? Tuttavia, mi sorprenderebbe molto che nella loro professionalità giornalisti di grande livello accettassero di fare da portavoce commerciali di strategie e di accordi commerciali della RAI. Su questo credo che qualche rapporto tra la funzione commerciale e quella giornalistica, editoriale della RAI vi sia stato, ed è certamente di competenza di questa Commissione chiedervi di fornire una risposta in proposito.
Mi limiterei a questi due punti che mi sembrano molto importanti: da un lato, quale ruolo e quali eventuali compensi abbiano avuto i giornalisti implicati in queste vicende; dall'altro, se la RAI riconosca che promozioni di questo tipo - ammesso che vi siano state - rientrano a tutti gli effetti negli indici di affollamento. Come ho già avuto modo di dire ieri nel corso di un'interruzione, i casi sono due: o ci muoviamo nell'ambito delle convenzioni, ma queste coprono messaggi di pubblica utilità (e qui non eravamo di sicuro in questa fattispecie), ma soprattutto devono passare attraverso la Corte dei conti ed il Consiglio di Stato; oppure, com'è stato affermato, sono iniziative che la RAI prende nella sua discrezionalità di attore commerciale, ma allora è difficile pensare che questi contratti non siano tali da contenere almeno forme di pubblicità istituzionale, che siano vendite di prodotti: in effetti, sono vendite di prodotti che configurano sostanzialmente forme di pubblicità istituzionale. Su questi due punti chiederei ai nostri ospiti una risposta.
RICCARDO DE CORATO. Come ho già fatto in una precedente audizione, vorrei ricordare al dottor Iseppi che, a prescindere dall'articolo 4 della convenzione, vi è ormai una giurisprudenza della Corte dei conti che ritiene che gli enti a prevalente capitale pubblico siano assimilati a tutti gli effetti di legge ad enti pubblici, tant'è che, guarda caso, il bilancio della RAI viene visto, controllato e relazionato dalla stessa Corte dei conti.
Lo ricordo perché la sua stessa argomentazione, dottor Iseppi, mi viene regolarmente opposta quando chiedo documenti a società per azioni a prevalente capitale comunale (porto l'esempio di Milano e della SEA, la società che gestisce la metropolitana); ma le sue stesse motivazioni sono state da me controdedotte e questo è stato accettato, tant'è vero che qualsiasi documento io chieda mi viene fornito. Sono società per azioni come la RAI: esse evidentemente conoscono quest'ordinanza della Corte dei conti, mentre forse la RAI non la conosce ancora.
PRESIDENTE. Può mettere a disposizione della Commissione tale ordinanza?
RICCARDO DE CORATO. Senz'altro.
Quindi, il fatto che la Corte dei conti controlli il bilancio della RAI la dice lunga su quale sia l'entità di tale controllo. Credo, pertanto, che il direttore generale debba fornirci queste convenzioni, così da permetterci di capire se esistano collaborazioni di giornalisti RAI con enti privati. E' sufficiente leggere la sua relazione per porsi immediatamente la domanda che poco fa le rivolgeva il senatore Passigli in merito al rapporto tra strutture della RAI. Nella relazione lei afferma che tali materiali sono essenzialmente costituiti da un primo Speciale Mixer (che è di un certo direttore), da un secondo Speciale Mixer, dalla soap opera che non è stata realizzata, ma alla conferenza stampa era presente sempre la stessa persona e comunque faceva capo a Format: mi chiedo se lei non ritenga legittimo che noi non solo controlliamo, ma verifichiamo anche che non vi siano collaborazioni di giornalisti RAI con enti privati, come per esempio FIAT o aziende di questo genere. Credo che dobbiamo disporre di questi dati per poter svolgere quell'opera di indirizzo e di controllo che è propria di questa Commissione.
Per quanto riguarda il discorso relativo alla Grundy ed all'Aran, ho ascoltato la risposta da lei fornita all'onorevole Landolfi. Le faccio rilevare che nell'annuario 1996 del cinema italiano, alla voce Aran s.r.l., via Pasubio, Roma, corrispondono tre nomi (poi le farò vedere questa pubblicazione, che evidentemente la RAI non ha): Marco Bassetti, Roberto Sessa e Stefania Craxi, a dimostrazione del fatto che si tratta della stessa società, dottor Iseppi, e che il responsabile della Grundy è corresponsabile dell'Aran.
Per dimostrare quanto sia importante che noi abbiamo determinati documenti, voglio portare un altro esempio di diverso tipo di parentela: sappiamo tutti che in RAI le strutture esterne ed i liberi professionisti che propongono offerte di servizi RAI - su questo abbiamo presentato anche un'interrogazione -, oltre a presentare un foglio informativo sui dati societari, sono tenuti a dichiarare sotto la propria responsabilità su un allegato al foglio informativo che non esistono rapporti di parentela o di affinità entro il quarto grado tra il titolare ed i suoi institori o, nel caso di società, gli amministratori, sindaci, soci e dirigenti dell'azienda suddetta e gli amministratori, sindaci, dipendenti della RAI. Questo vale oltre che per i dipendenti RAI con contratto di lavoro subordinato a tempo indederminato e determinato, anche per i collaboratori con contratto di lavoro autonomo. Ho voluto ricordare questa clausola perché rimanga nel resoconto della seduta odierna di questa Commissione.
Si stabilisce, inoltre, che la società il cui amministratore e socio cessi dalla predetta funzione per iniziare un rapporto di lavoro con la RAI non potrà essere interpellata ai fini dell'attribuzione di commesse per un periodo non inferiore ai sei mesi dalla data di cessazione; infine, non debbono esservi amministratori, sindaci, dipendenti della RAI ovvero loro parenti od affini fino al quarto grado che abbiano partecipazioni o interessi nell'azienda suddetta.
Mi risulta che, per esempio, il programma di prima serata della domenica, Uno di noi, sia prodotto o coprodotto dalla Lux Vide, società il cui amministratore unico è la dottoressa Matilde Bernabei, coniugata con il dottor Giovanni Minoli, direttore della terza rete RAI.
PRESIDENTE. Lei è libero di fare l'intervento che crede, ma la prego di tornare al tema.
RICCARDO DE CORATO. Sono aspetti particolari del problema più generale, sul quale dobbiamo avere il maggior numero possibile di elementi di conoscenza, perché poi si scoprono queste strane ricongiunzioni familiari, di cui dobbiamo avere il quadro complessivo: sono cose che non dobbiamo scoprire noi, ma è la RAI che deve metterci in condizione di capire se cose del genere si siano verificate nel passato (per il futuro mi auguro che il nuovo consiglio d'amministrazione ci pensi molto bene) e come tutto ciò sia potuto accadere. Infatti, quando lo stesso giornalista ricorre in relazione a queste vicende avendo sottoscritto dichiarazioni quanto mai chiare, come quella che ho voluto leggere, ma che lei conosce molto bene, allora è ancor più necessario che abbiamo un quadro preciso della situazione.
Per tornare alla questione del Cinsedo, vorrei far presente che oggi i presidenti delle regioni Lombardia, Piemonte e Veneto giustamente protestano perché nella trasmissione dal titolo Dalle 20 alle 20, andata in onda lunedì sera, si è parlato di federalismo senza però citare neppure per sbaglio una questione di carattere politico che in queste ore è all'ordine del giorno: mi riferisco ai dodici referendum promossi dalla regione Lombardia ed accettati da altre sette regioni, come per esempio la Toscana, quindi con un'adesione del tutto trasversale rispetto al Polo ed all'Ulivo. Lunedì sera, però, nel corso della trasmissione da me citata di tutto questo non si è neppure fatto cenno.
Inoltre, è vero o no che il consiglio d'amministrazione della RAI (lo dico per fugare qualche allusione che è stata fatta a responsabilità di precedenti consigli d'amministrazione) non guarda neppure importi come quello di due miliardi e seicento milioni?
PRESIDENTE. A questo proposito ieri aveva formulato una domanda anche il collega Giulietti.
RICCARDO DE CORATO. Mi chiedo, quindi, a quale struttura commerciale si debba fare riferimento, visto che questi sospetti non riguardano solo la struttura Format, ma anche il TG1 economia, stando almeno a quanto il direttore Iseppi scrive nella sua relazione. Ciò significa che vi è un problema complessivo che riguarda strutture che, guarda caso, godono del privilegio di poter bypassare gli stessi vertici della RAI, avendo un contatto diretto con enti e società di questo tipo.
Come ho già ha detto, le fornirò copia dell'ordinanza della Corte dei conti, ma sinceramente auspico che la RAI non abbia bisogno di altri richiami di questo tipo, tanto più che si tratta di un'azienda che l'IRI ha voluto diventasse una società per azioni, ma che a tutti gli effetti è assimilabile ad un ente pubblico, come d'altronde lo è anche l'Alitalia. Ribadisco di auspicare che la documentazione qui indicata venga fornita: se così non fosse, di casi come quelli da me ricordati potremmo tirarne fuori altri, e non ritengo sia utile che ciò avvenga da parte dei membri della Commissione, i quali potrebbero essere accusati di citarne uno ma non un altro; non credo, insomma, che i commissari debbano compiere indagini alla Tom Ponzi.
PRESIDENTE. Grazie, senatore De Corato, soprattutto per aver chiarito il senso della sua apparente divagazione sul tema.
Do ora la parola all'onorevole Nappi.
GIANFRANCO NAPPI. Nel mio intervento vorrei esprimere un ringraziamento, un rammarico ed una delusione. Il ringraziamento va al presidente anche per gli interrogativi che ha posto nella seduta di ieri. Esprimo il rammarico che forse, se il presidente avesse posto quegli interrogativi insieme a noi negli anni scorsi, oggi non ci troveremmo in questa situazione. Ma tant'è: meglio tardi che mai.
PRESIDENTE. Quindi, non sono stato di parte, mi pare di capire.
GIANFRANCO NAPPI. Lo sei sempre.
Mi permetterò di segnalare tre questioni che, a mio modo di vedere, pongono un urgente problema di trasparenza e di verità e delle quali chiedo formalmente si discuta in ufficio di presidenza, per dar modo e tempo al direttore generale della RAI di tornare con un'informativa quanto più possibile puntuale.
Esprimo, altresì, delusione per le cose che fino ad ora ha sostenuto il dottor Iseppi e per le risposte da lui fornite agli interrogativi posti. Siamo in presenza di un fatto gravissimo, la questione Efeso, gravissimo forse da tutti i punti di vista, ma di sicuro dal punto di vista etico. Dare oggettività informativa ad un'iniziativa promozionale retribuita rappresenta la messa in discussione dell'idea stessa d'informazione e ciò è ancora più grave quando avviene sulle reti o attraverso gli strumenti del servizio pubblico.
Il direttore generale ci ha comunicato i provvedimenti che sono stati assunti dalla RAI: risoluzione del contratto da un lato, remissione di tutti gli atti della vicenda al Garante, e questo va bene. Però, vi sono altri due aspetti: esistono altri casi del genere? Non l'ho ancora capito e ciò senza neppure voler parlare di altre questioni che gridano vendetta (ne cito tre, ed è questa la parte sulla quale mi permetto di chiedere un approfondimento successivo). Mi riferisco, in primo luogo, alla passata gestione di RAI International, per capire se pesi ancora sul presente e sul futuro, affidata ad un certo Al Barakah, in rapporti intimi con il signor Alì Valid, socio di Fininvest Mediaset.
In secondo luogo, vorrei sapere come RAI Corporation sia stata gestita nel passato e se il peso di tale gestione passata sia tuttora presente. In terzo luogo, vorrei occuparmi di una vicenda di questi giorni, sulla quale ho visto che anche il direttore generale ha preso posizione. I giornali Moda e King sono stati venduti - svenduti, potremmo dire - ad una società che dichiarava trenta milioni di capitale, tant'è vero che non è neanche stata capace di far uscire i numeri concordati e che ora sembra siano in procinto di essere ceduti alla società che gestiva la pubblicità per Moda e King; un'altra questione sulla quale credo sia necessario non solo fare chiarezza per il passato, ma anche comprendere se vi siano le condizioni perché, sulla base della violazione di norme che disciplinavano il contratto di cessione ed il pagamento delle quote e delle rate, la RAI possa rientrare in possesso di queste che, quando erano di sua proprietà, venivano considerate testate piuttosto importanti.
Vorrei anche sapere se sia in programma la rimozione di tutta la filiera di responsabilità interna all'azienda che ha portato alla vicenda Efeso. Infatti, delle due l'una: se assumete la decisione di rescindere il contratto prima ancora di qualsiasi verifica interna, che è legittima e che è stato giusto promuovere, vuol dire che già da oggi occorre rimuovere tutti i responsabili dei diversi passaggi. Alcuni di questi hanno resistito al succedersi di tre o quattro consigli d'amministrazione, dimostrando quindi la capacità di passare sotto diverse bandiere. E' accettabile che, essendosi resi responsabili di simili cose, restino ancora al loro posto? Non credo, infatti, che sia necessario attendere ulteriori verifiche interne. Su questi due punti relativi alla domanda se vi siano altri casi analoghi e cosa si faccia per rimuovere i responsabili di una determinata situazione trovo del tutto elusive ed evasive le risposte che sono state fornite e proprio in questo consiste la mia delusione. Voglio dire che in questo caso è esplosa una questione morale che sarà presa a pretesto per rilanciare una campagna contro il pubblico quando, a dire il vero, questa come altre vicende che riguardano altre aziende pubbliche dovrebbero essere utilizzate esattamente per la ragione opposta. A mio avviso, quando il pubblico viene gestito secondo logiche privatistiche, secondo logiche di gruppi ristretti e di potere si arriva a simili conseguenze, si producono situazioni intollerabili.
Ripeto che non mi interessano le vicende giudiziarie; pongo un problema di responsabilità per funzionari che sono pubblici, che prendono soldi dallo Stato, dai cittadini italiani. Sempre dal punto di vista morale, non giudiziario, si è arrivati a situazioni non dissimili da quelle di altre aziende private: Gemina, la gestione dell'Olivetti o i fondi neri della Fininvest. Quindi, bisognerebbe non dare addosso al pubblico, ma riconoscere che, quando il pubblico è gestito come il privato, si arriva a simili situazioni.
Se è così, se questa considerazione non è di parte, evidentemente è in gioco il futuro stesso del servizio pubblico, della sua percezione come tale nell'opinione pubblica. Mi sia consentito in proposito aprire un inciso: abbiamo prese per buone le cose che lei, dottor Iseppi, ed il presidente Siciliano avete detto nella precedente audizione, ma dove sta il segno distintivo del servizio pubblico rispetto al concorrente privato quando si fanno le staffette tra Buona domenica e Domenica in e si consente a Buona domenica di fare pubblicità a Domenica in ma non succede il contrario? Chi ha autorizzato una cosa simile?
Allora, se le cose stanno così, non basta (non per me, ma per la situazione generale) nascondersi dietro il comma, l'articolo, la convenzione, e così via. Qui si chiede in primo luogo una risposta politica, politica quanto a responsabilità. Il rischio concreto è che il vecchio mangi il nuovo e, se il nuovo vuole riuscire, non ce la farà se pensa di farcela sovrapponendosi al vecchio. Il nuovo - ed io continuo a pensare che voi potete essere il nuovo - ce la fa solo se mette in discussione il vecchio. Se è così, mi sarei atteso, avrei sperato ed ingenuamente continuo a sperare che voi in primo luogo faceste piazza pulita di vecchie e nuove consorterie, di gangli di potere, senza guardare in faccia nessuno, rimuovendo i responsabili prima ancora della soluzione del problema giudiziario, anzi, a prescindere da questo, mettendo a disposizione della Commissione tutta la documentazione possibile: certo, non la trattativa con questa o quell'azienda che può mettere in discussione un contratto, ma tutto ciò che può essere messo a disposizione per il bene del servizio pubblico e della chiarezza, a prescindere da leggi e regolamenti. Se lei, se voi faceste questo, non mancherebbe a lei ed a voi il sostegno non dico mio, ma di tutta la Commissione, se sono vere le cose che il presidente ha detto, altrimenti egli, insieme con tutti i colleghi dell'opposizione, entrerebbe in contraddizione.
In secondo luogo, è necessario che effettuiate una selezione delle responsabilità (questione ancora aperta e che verrà definita in un prossimo consiglio d'amministrazione) in base a competenze indiscusse, certo in un quadro di pluralismo, ma un pluralismo che non diventi uso del bilancino, controbilanciamenti, e così via. In terzo luogo, proprio a partire dalla vicenda Efeso, vi invito a lanciare un messaggio interno ed esterno all'azienda sul fatto che questa è la fase in cui la RAI si gioca tutto: innovazione, nuovi mercati, ruolo del pubblico, perfino posti di lavoro.
Sono questi i tre messaggi che mi sarei atteso da voi e che non sono venuti, ma che continuo ingenuamente ad aspettare. Tuttavia, a prescindere dall'ingenuità, politicamente è su questa base che per quanto mi riguarda si esprimerà il nostro giudizio su questo gruppo dirigente.
OMBRETTA FUMAGALLI CARULLI. Cercherò di limitare il mio intervento al tema della pubblicità occulta, anche se negli interventi precedenti sono stati sollevati altri argomenti, che pure richiederebbero riflessioni da parte della Commissione.
Vorrei innanzitutto rilevare che il parere pro veritate per il contratto Efeso è molto discutibile: l'ho letto con grande attenzione, ho anche fatto varie osservazioni e sono convinta che proprio quel parere dimostri il contrario, cioè che il contratto era simulato. Non starò ora a contestare puntigliosamente i vari punti, perché lo stesso contratto è stato rescisso, ma mi auguro che la RAI non utilizzi gli argomenti contenuti in quel parere per questioni anaoghe, perché finirebbe per dover tornare sulle conclusioni, così come ha già fatto per il contratto Efeso, e probabilmente rescindere altri contratti. Vorrei sapere se, nel momento in cui la RAI ha rescisso quel contratto, abbia compiuto delle valutazioni anche in ordine agli argomenti contenuti nel parere pro veritate e se ritenga che quegli argomenti fossero espressi in forma talmente dubitativa - ed in più passaggi lo erano - che non dimostrava l'assunto che si trattasse di contratto simulato.
Vorrei anche sapere quanto costi la risoluzione del contratto Efeso, perché credo che siano stati assunti degli impegni ed ogni risoluzione - l'avvocato Esposito lo sa - ha un suo costo. Inoltre, quali conseguenze ritenete di dover trarre sui responsabili che hanno finora operato per il buon esito del contratto Efeso nel momento in cui avete deciso di rescinderlo.
Il tema Grundy-Aran è stato ampiamente trattato in questa seduta, ed io, per parte mia, vorrei formulare solo una domanda specifica. Poiché è stato detto che Aran era soltanto una società subappaltante, vorrei sapere se la RAI abbia o meno stabilito limiti agli appaltanti in materia di subappalti.
Già in passato l'Autorità garante dell'antitrust ha condannato la RAI (l'ultimo che io ricordi è il caso Alitalia): quali - ammesso che vi siano stati - provvedimenti a carico dei responsabili della pubblicità occulta o di quell'informazione che comunque ha portato alla condanna della RAI sono stati assunti? Se questo riguarda il passato, vorrei sapere se vi sia una nuova strategia, come il direttore generale ha accennato, e di quale strategia si tratti.
Attività commerciali, contratti di pubblicità e convenzioni sono tre settori diversi anche sotto il profilo dei controlli - come diceva poco fa il collega Passigli - che possono essere effettuati dal Consiglio di Stato o dalla Corte dei conti in riferimento alle convenzioni ma non agli altri due settori. Vorrei che il direttore generale o l'avvocato Esposito tornassero su quest'argomento chiarendo bene i confini tra questi settori, poiché le attività commerciali si prestano facilmente a diventare la copertura di contratti di pubblicità occulta.
D'altra parte, le convenzioni possono coprire messaggi di pubblicità e, quindi, provocare lo sfondamento del tetto previsto dalla legge. Vorrei capire bene da voi - in particolare dal direttore degli affari legali - quali siano i confini tra attività commerciali, contratti di pubblicità e convenzioni; vorrei anche conoscere il modo in cui ritenete di poter risolvere le questioni di "confine". Ho già detto che le attività commerciali possono coprire una pubblicità occulta e le convenzioni coprire messaggi di pubblicità.
Quanto al discorso relativo alla pubblicità occulta e alle imprese private, qualcuno - io stessa lo avevo fatto - ha richiamato il caso FIAT: telegiornali che dedicano servizi alle nuove auto ed altro ancora. Si tratta di un fenomeno che riguarda anche altre aziende, oltre alla FIAT. I direttori di testata, almeno in passato, potevano autorizzare contratti di collaborazione con imprese private. Non so se questo sistema viga ancora all'interno della RAI. Se così fosse, vorrei sapere quante autorizzazioni sono intervenute; chiedo anche che siano forniti gli elenchi, non dico nominativi ma, almeno, settoriali, con i riferimenti a quali aziende private siano state interessate dal meccanismo delle collaborazioni. Mi pare che la via più facile perché si insinui, quanto meno, la tentazione del giornalista o del funzionario a fare pubblicità occulta, indipendentemente dall'indicazione fornita dalla RAI, sia propria questa: la strada, cioè, di un contratto di collaborazione, magari autorizzato in buona fede (non intendo certo insinuare che possa esservi stato dolo da parte di chi ha concesso le autorizzazioni).
In definitiva, vorrei sapere quanti contratti di collaborazione con enti pubblici o imprese private siano stati autorizzati e se questa prassi perduri attualmente (potrebbe anche darsi che, nel frattempo, le cose siano cambiate).
Inoltre: la consulta qualità, che dovrebbe fornire pareri al consiglio di amministrazione, si è pronunciata, è intervenuta - e quante volte? - anche in materia di pubblicità occulta?
Il presidente mi consentirà di rivolgere due domande extra ordinem, al di là del problema della pubblicità occulta. In altra seduta ho chiesto delucidazioni in merito al Giubileo; in particolare, avevo richiesto notizie circa l'attività di preparazione della RAI in merito ai progetti legati a questo grande evento. Vorrei sapere se la RAI ci fornirà il materiale disponibile e se la Commissione riuscirà ad avere una risposta su questo punto, anche perché mi pare che i tempi comincino ad essere ristretti.
Quanto all'accordo con Sony, Time Warner e Canal Plus per la creazione di due canali tematici, uno musicale e l'altro per le famiglie, è stato accantonato o è ancora valido? Se è stato accantonato, il consiglio di amministrazione sta lavorando ad altre ipotesi internazionali? A quali, in particolare? Non so, presidente, se questa domanda possa essere propriamente rivolta al direttore generale; se così non fosse, quest'ultimo potrebbe trasmetterla al consiglio di amministrazione. Mi auguro comunque che su questo tema la RAI ci fornisca una risposta tempestiva.
PRESIDENTE. Per quanto riguarda il Giubileo, ho scritto una lettera alla RAI, non appena ella aveva sollevato il problema in una precedente occasione. Il direttore generale mi diceva che sta inviando la relativa documentazione. Quanto all'altra questione, se il direttore generale riterrà di non rispondere in questa sede, solleciterò una risposta con una lettera.
STEFANO SEMENZATO. Vorrei iniziare il mio intervento con una nota di preoccupazione che propongo in quanto verde. La mobilità di persone e di merci su treno o la valorizzazione delle bellezze ambientali (su cui mi soffermerò in seguito) rappresentano valori e riferimenti che valgono molto per il mondo ambientale. Non vorrei - lo dico con una battuta - che, chiudendo Efeso, l'ambientazione della fiction RAI finisse tutta sui grill delle autostrade o nelle fabbriche della Volkswagen e della Fiat...! C'è un evidente elemento di rapporto tra il ruolo del servizio pubblico e il dato generale di organizzazione della cultura all'interno della RAI, che da sempre ha sponsorizzato nei fatti la grande cultura dell'auto e del trasporto privato su gomma. Sottolineo questo aspetto - ripeto - proponendolo come nota di preoccupazione generale.
Considero le dichiarazioni del direttore generale Iseppi poco soddisfacenti; ho colto una nota di reticenza sia sul passato (credo che fornire una serie di documenti sarebbe stato utile per il lavoro della Commissione) sia, soprattutto, sul futuro, perché non riesco ancora a capire quale sia il quadro della politica commerciale che la RAI vuole realizzare. In tale contesto, parlerò non tanto dei singoli casi di violazione di legge ipotizzabili; su questo punto, tra l'altro, insieme al collega Giulietti, ho trasmesso al garante, al quale spetterà l'identificazione di eventuali reati, alcune note puntuali e una serie di segnalazioni. Credo, piuttosto, che rimangano irrisolti alcuni nodi sul funzionamento del meccanismo. Io non ho fratelli, ma attraverso una struttura denominata "Idea", che raccoglie una serie di produttori e si avvale della legge della pubblicità sugli atti pubblici, ho acquisito una serie di documenti della giunta regionale del Veneto ed altri documenti RAI firmati da Capocasa e da Tomasi di Vignano, responsabili del settore commerciale dell'azienda, che suscitano molte perplessità. La prima perplessità riguarda l'uso delle strutture e dei giornalisti RAI per le sponsorizzazioni. La delibera emanata esattamente un anno fa dalla giunta regionale del Veneto concorda con la RAI una rubrica "che sarà realizzata dalla testata giornalistica regionale del Veneto e verrà messa in onda alla fine del TG regionale delle ore 14, con una durata media di 4-5 minuti". Il tutto è aggravato dal fatto che in un altro passaggio, delle proposte RAI in merito alle convenzioni, si afferma che "la trasmissione al pubblico dei messaggi desiderati in modo coinvolgente, spettacolare ed autorevole, attraverso il conferimento dell'autorevolezza accreditata al programma e al conduttore, il confezionamento dei temi prescelti secondo modalità differenti dalla normale comunicazione commerciale, della quale non subiscono perciò la concorrenza (...)". Risultando evidente da questa dichiarazione una sorta di finalità promozionale e pubblicitaria della vicenda, l'uso della testata giornalistica e dell'autorevolezza raccolta attraverso la forza della testata giornalistica, crea un forte problema di carattere deontologico sul funzionamento del sistema. Mi pare che una delle caratteristiche dei giornalisti RAI, ma anche dei giornalisti in generale, sia il loro rapporto critico con la realtà; appare invece evidente che il meccanismo di filtrare i messaggi di terzi per uso promozionale comporta uno stravolgimento della stessa funzione degli organismi giornalistici.
Questa sorta di eterodirezione di una serie di programmi viene peraltro confermata dal fatto che in altri interventi si dice che sarà la regione o l'assessorato in questione a decidere e a scegliere il tipo di programmazione da considerare; quindi, le informazioni, il palinsesto, gli esperti, gli ospiti, la distribuzione temporale sono individuati da soggetti terzi. Ritengo si tratti di un elemento di forte stravolgimento del senso del funzionamento delle testate giornalistiche. Se poi entriamo nel merito di alcune delle convenzioni stipulate, risulta che esse sono finalizzate non tanto a questioni di interesse pubblico generale, ma specificatamente ad operazioni di sponsorizzazione turistica. Leggo, per esempio, di convenzioni stipulate con i seguenti enti: Calabria (assessorato al turismo); Emilia Romagna (assessorato al turismo); Trentino (dipartimento del turismo); Bolzano (ufficio del commercio); Lazio (assessorato al turismo); Lombardia (assessorato all'artigianato); Veneto (assessorato al turismo).
Si tratta di capire - è questo il secondo problema che pongo - in che modo funzioni la programmazione RAI. Nei documenti si specifica che i programmi televisivi sono stati ampliati in funzione di un'estensione degli spazi dedicati, appunto, al turismo. Si fa un elenco di trasmissioni, più o meno sempre le solite (Linea Verde, Sereno Variabile, Isoradio, Unomattina, eccetera) e poi si parla di grandi show televisivi (è citata, in particolare, La notte della moda), interviste, servizi e collegamenti da diverse località della regione.
In definitiva, dalla lettura della documentazione relativa ai progetti di comunicazione proposti dalla RAI si evince sostanzialmente che vi sono programmi contenitore in espansione, che sono stati potenziati in funzione della necessità di recepire o, comunque, di trovare spazi commerciali per soddisfare le varie convenzioni. Si evince inoltre che una serie di grandi eventi non capitano casualmente a Venezia o a Bologna piuttosto che a Potenza o a Catania, ma sono frutto di accordi pagati con le regioni.
Insomma, in qualche modo si riscontra un dato non riconducibile semplicemente agli introiti, ai tetti pubblicitari o, al limite, alla pubblicità occulta; in particolare, si evince che tutta una serie di palinsesti della RAI sono indirizzati secondo logiche commerciali. In questo senso, credo, si riscontri il venir meno del rapporto tra servizio pubblico e telespettatori e tra il servizio pubblico e le regioni che, per qualche motivo, decidono di non pagare. In sostanza, un grande evento sembra realizzarsi soltanto in funzione della disponibilità della regione o dell'ente preposto ad avere una convenzione pagata con la RAI.
Si tratta di un elemento di sospetto emergente, che considero molto preoccupante se inquadrato nel modo di concepire il servizio pubblico, dal momento che si manifesta come tentativo e rischio di stravolgerne le finalità.
Chiedo ad Iseppi se un'eventuale risoluzione della Commissione, (la cui approvazione io auspico) volta a sancire che tutti gli spazi a pagamento debbano apparire nel messaggio televisivo (ad esempio, con didascalie); a stabilire il divieto di qualsiasi collaborazione extra-aziendale (ho già ricordato in altra occasione come alcuni giornalisti della RAI, ad esempio nel caso delle ferrovie, siano anche editorialisti o commentatori di giornali delle ferrovie); a concretizzare la scelta di evitare commistioni tra giornalisti e servizi a pagamento, cioè a prevedere un divieto netto di utilizzo delle strutture giornalistiche in attività di questo tipo; a prevedere una regolamentazione di quegli sponsor che definirei gratuiti (ricordo che nel corso della serata di beneficenza per la lotta all'AIDS, la Banca di Roma e la Mercedes sono apparse secondo le caratteristiche ieri riferite da Iseppi alla pubblicità occulta, nel senso che ci si è soffermati sul marchio in maniera indebita ed inutile e si è realizzata una sovraesposizione alimentata da una continua benevolenza da parte dei presentatori); insomma - chiedo al dottor Iseppi - una scelta della Commissione che segnasse in maniera rigida alcuni codici per la RAI, come sarebbe valutata dalla dirigenza della RAI?
PRESIDENTE. Mi permetto di osservare, senatore Semenzato, che quello da lei configurato, è già un potere della Commissione, che potrebbe essere esercitato anche attraverso un indirizzo di settore. Non so se su questo punto sia il caso di chiedere un parere alla RAI (fermo restando che se il direttore generale intende fornirlo, può benissimo farlo), ma - ripeto - si tratta di un nostro potere che tenderei a riservare alla nostra sfera. Il percorso più opportuno è quindi quello di valutare la questione in ufficio di presidenza, restando libero il dottor Iseppi di esprimere le sue valutazioni su un documento che, peraltro, non conosce.
Colleghi, nel comunicare che la riunione dell'ufficio di presidenza si svolgerà domani alle 14,30, informo che dei sei colleghi ancora iscritti a parlare (Raffaelli, Servello, Pontone, Folloni, De Carolis e Lombardi) ne sono presenti soltanto due. Propongo pertanto di passare all'intervento di questi ultimi, in modo che il direttore Iseppi possa rispondere anche alle loro domande, e di considerare decaduti i colleghi assenti.
OMBRETTA FUMAGALLI CARULLI. Presidente, tra pochi minuti avranno inizio le sedute di diverse Commissioni del Senato alle quali molti di noi dovranno partecipare. Non ritiene sia il caso di rinviare ad altra seduta il seguito della discussione?
PRESIDENTE. In questo modo, senatrice Fumagalli Carulli, rischieremmo di far tornare nuovamente il dottor Iseppi solo per replicare a due interventi (Commenti). Posso anche chiedere al dottor Iseppi di tornare un altro giorno, ma francamente mi sembrerebbe uno spreco di risorse.
RICCARDO DE CORATO. Alle 15,30 cominciano i lavori in Senato...
PRESIDENTE. Sono sicuro che i colleghi Raffaelli e Pontone svolgeranno interventi molto brevi.
PAOLO RAFFAELLI. Quello svoltosi finora è stato indubbiamente un dibattito importante, anche perché, partendo da un caso specifico, ha consentito la possibilità di far emergere alcuni nodi di fondo. Nonostante ritenga di poter condividere la sostanza delle riflessioni del collega Passigli, ritengo che il problema di cui ci stiamo occupando non attenga soltanto ad aspetti di politica commerciale. A mio avviso, si pongono infatti questioni riconducibili alla politica della cultura e del servizio pubblico. Non credo, collega De Corato, che il problema della deontologia professionale dei giornalisti e quello degli intrecci fra informazione politica ed economia siano questioni che scopriamo solo oggi. Credo invece che si sia individuato un forte punto di verifica su una questione che si trascina ormai da diverse settimane, con riferimento alla disputa sui poteri e sulle funzioni della Commissione: vigilanza ed indirizzo, come poteri certi a noi riconducibili, vigilanza su che cosa è e su cosa è stato il servizio pubblico. Credo che una doverosa parola di riconoscimento al dottor Iseppi, per la scrupolosa difesa dell'autonomia aziendale, vada spesa, nonostante si tratti di un problema suo, rispetto al quale da parte nostra è comunque dovuto rispetto. Va egualmente espresso apprezzamento sulla copiosa documentazione trasmessaci e sul chiaro impegno ad approfondire alcuni punti, ferma restando la verifica degli atti conseguenti. Resta tuttavia aperta una partita tutta nostra; mi riferisco alla funzione di indirizzo, che credo sia prevalente rispetto a quella di vigilanza. Si tratta di stabilire cioè cosa pensiamo debba essere di servizio pubblico, per il quale i cittadini utenti pagano il canone.
E' emersa una delicatissima questione deontologica connessa all'esercizio della professione giornalistica, al corretto funzionamento della concorrenza e del mercato, alla tutela dei consumatori: tre nodi che, a mio avviso, non riguardano specificamente la Commissione ma che pure sono di grande momento rispetto ai lavori parlamentari.
Credo sia stato giusto proporre il ricorso al garante. Su questo punto si è già intrattenuto Iseppi, ma credo che sul terreno degli indirizzi dobbiamo profondere uno sforzo e fare un passo in avanti. Alcuni dei documenti riconosciuti da Iseppi come prodotti da precedenti gestioni sono particolarmente inquietanti; su questo punto ci compete un giudizio politico, che quindi dovremo formulare. In definitiva, abbiamo bisogno di scavare più a fondo.
Nell'ultimo periodo abbiamo riscontrato un avvicinamento della RAI ad un certo tipo di prassi operativa della tivù commerciale. Del resto, anche in dichiarazioni rese pubbliche è stata manifestata la volontà di emulare i metodi di gestione della televisione privata. Tuttavia, a me pare che in alcuni momenti di questo lavoro sia sorto un obiettivo conflitto con la funzione primaria di servizio pubblico della RAI. Efeso, Solletico, soap opera erano parte di una strategia della quale avete trovato tracce riconoscibili dietro il direttore generale della RAI. Insomma, chiedo: li possiamo considerare, laddove i contorni dell'operazione fossero realmente rilevanti e gravi, come incidenti di percorso o dobbiamo invece coglierli come sintomo di una mutazione genetica che stava avvenendo in una determinata fase di vita del servizio pubblico, al suo interno?
Quando mi imbatto in espressioni come: "voce della pubblica amministrazione" e, subito dopo, "funzione di comunicazione di pubblico interesse", e quando - lo ricordava Semenzato - tutti abbiamo la consapevolezza (sia i giornalisti sia tutti gli altri) che spesso è di pubblico interesse una comunicazione critica in contrasto con gli interessi della pubblica amministrazione; quando formulazioni di questo genere vengono utilizzate, dobbiamo supporre che vi fosse un disegno pesante di RAI governativa-esecutiva non più compatibile con un'idea pluralista di servizio pubblico, che si stava realizzando una privatizzazione surrettizia non regolata del servizio pubblico nelle sue funzioni, oppure una valutazione di questo genere sarebbe troppo pesante, eccessiva, e peccherebbe di tentazioni propagandistiche o di riletture di comodo politico del passato?
Credo che a una domanda di questo genere sia giusto e doveroso dare una risposta con le date precise, con l'indicazione precisa della responsabilità delle scelte e, se possibile, anche con gli elementi di teoria che sorreggevano le scelte compiute. Mi chiedo insomma - così sono completamente esplicito e non corro il rischio di passare per uno che dice le cose solo a metà - se la RAI di cui si magnificava la resurrezione manageriale, abbia adottato prassi atipiche o illegittime che, se consolidate, avrebbero messo in discussione sotto ogni profilo il principio stesso del canone.
Se non partiamo da questa domanda e rimaniamo ad alcuni dettagli pure importanti sotto il profilo giuridico, è difficile capire quale RAI ci sia stata proposta come modello, anche con un vasto sforzo propagandistico, fino all'estate scorsa e anche quale tipo di RAI abbiate ereditato. Credo, infatti, che la Commissione abbia bisogno di sapere che tipo di RAI avete ereditato dietro quella spessa cortina fumogena che vendeva l'idea di un'azienda risanata che finalmente faceva i conti col mercato.
Il collega Romani (al quale devo dare atto di essere uno di quelli del suo schieramento che non usa solo da oggi la categoria di servizio pubblico) ha introdotto un'idea di servizio pubblico nella quale sostanzialmente mi ritrovo, al di là delle differenze politiche. Chiedo che a questa impostazione venga dato uno sviluppo conseguente; chiedo, in altri termini che si tracci come condizione dell'informazione, intesa come servizio reso al pubblico, una separazione evidente e riconoscibile tra informazione, intrattenimento e pubblicità. Sono convinto che questo sia un tema che ha un grande spessore etico, prima che politico e amministrativo; credo sia una partita che riguarda le organizzazioni sindacali e professionali dei giornalisti alla quale, però, non possiamo considerarci estranei.
Il direttore Iseppi strappò l'applauso - non in quest'aula ma sulle agenzie - alla sua prima uscita pubblica in Commissione di vigilanza con l'idea di chiedere ai giornalisti conduttori di dibattiti politici di dichiarare la loro targa. Sono convinto che Iseppi avesse tutte le ragioni del mondo se continuiamo ad essere dentro un'idea di informazione politica da circo equestre, quale quella a cui siamo tutti avvezzi nell'ultimo periodo; credo che quella di Iseppi fosse un'utile provocazione importante anche per sviluppare questo discorso. Quella impostazione, invece, non è plausibile se recuperiamo un'idea di informazione rigorosa, non iperspettacolare né gonfiata, perché in questo caso non servono targhe ma pluralismo, completezza e trasparenza. Considero la vicenda di cui ci siamo occupati in queste sedute nociva ma utile come segnale sotto questo profilo.
Nella parte della sua esposizione per la quale esprimo maggiore soddisfazione, anche se ha suscitato alcune contestazioni, Iseppi ha fatto riferimento costante all'individuazione e all'accertamento delle responsabilità. Gli chiedo una conferma per verificare se ho capito male io o gli altri; mi sembra, però, che sul terreno di una precisa attribuzione delle responsabilità un passo avanti vada fatto e mi pare di aver sentito impegni in questo senso.
Se nelle prossime settimane anche la Commissione riuscirà a mettere sotto i riflettori questo blocco di problemi, a mio parere affronteremo con maggiore leggerezza anche alcune questioni che stanno diventando dominanti nel dibattito informativo di questi giorni. Penso, per esempio, alla vicenda del numero dei vicedirettori: a mio parere devono essere tanti quanti sono necessari per fare un buon prodotto e non quanti servono per coprire tutti i lotti. Credo però che su questo terreno il direttore generale della RAI abbia detto molto: non sarebbe male se potessimo fare un ulteriore passaggio a mente fredda, di qui a qualche settimana, su questo blocco di questioni con il complesso dei responsabili aziendali. La Commissione, comunque, senza nascondersi dietro un dito, deve fare tesoro di queste riflessioni e deve svilupparle fino in fondo, anche avendo il coraggio di fare quello che abbiamo chiesto ad Iseppi, cioè individuare con chiarezza le responsabilità e le modalità di quanto è accaduto.
PRESIDENTE. Il direttore generale avrà modo di rispondere, magari allargando lo spettro, per chiarire se si tratta di una o di più gestioni: il problema, in sostanza, è capire se questo era un andazzo o meno.
FRANCESCO PONTONE. Il direttore Iseppi ha affermato che, mentre è indiscutibile il titolo della Commissione di vigilanza a chiedere alla RAI di prendere visione di documenti inerenti alle convenzioni per i servizi speciali, non sembra che lo stesso possa dirsi per le altre operazioni negoziali poste in essere dalla RAI nella sua autonomia privata, entrando in questo caso in gioco il diritto imprenditoriale alla riservatezza ed alla tutela del segreto industriale, con particolare riguardo alla tutela di soggetti terzi.
La Commissione di vigilanza sarebbe un soggetto terzo?
Qualora la Commissione non dovesse avere il diritto di fare questi accertamenti, credo sarebbe necessario rivedere i suoi poteri.
PRESIDENTE. Oppure la loro interpretazione.
FRANCESCO PONTONE. Nella relazione è scritto che la soap opera Un posto al sole e la trasmissione Solletico non sono state realizzate, più avanti, invece, è scritto che non sono andate in onda. Vorrei capire se non siano andate in onda o se non siano mai state realizzate.
Si afferma poi che deve esserci una riconsiderazione totale dell'accordo RAI-Efeso o, anzi, una risoluzione. La risoluzione c'è stata oppure no? Qualora dovesse esserci, ci saranno danni? Quali danni potrebbero esserci e chi ne sarà responsabile?
Si parla di un costo per la realizzazione di questi programmi di 2.600 milioni, per 1.300 dei quali sono già state emesse delle fatture. Questi 1.300 milioni sono già stati pagati o no?
E' previsto un diritto di sfruttamento di otto anni, poiché si dice che alcune parti potrebbero andare in onda, queste andranno in onda oppure no?
Per quanto riguarda la riconsiderazione delle strategie della RAI, quali si pensa che dovrebbero essere?
Si è pensato di dover interpellare il Garante per l'editoria e la radiodiffusione per evitare che in futuro possa esserci una commistione impropria fra informazione, promozione e pubblicità. Non sarebbe stato più utile fare preventivamente un accertamento interno? E' effettivamente necessario arrivare al Garante?
Chiedo infine di sapere se l'azienda ritenga di dover rientrare nei compiti che le derivano dall'essere un servizio pubblico e quale tipo di RAI intendano realizzare questo consiglio di amministrazione e questa direzione.
PRESIDENTE. Poiché i colleghi Servello, Folloni, De Carolis e Lombardi non sono presenti, si intende che abbiano rinunciato ad intervenire.
Do la parola al Direttore generale della RAI per le risposte.
FRANCO ISEPPI, Direttore generale della RAI. Spiegare a che tipo di RAI pensiamo forse meriterebbe un discorso che va al di là di questa audizione; comunque, se volete, posso affrontarlo, anche perché mi darebbe l'occasione di dilungarmi in modo tale da non affrontare le altre risposte.
L'opinione del Garante è utile per trasformare un fatto specifico in un'occasione per stabilire una serie di principi coinvolgendo un soggetto che possa dare indicazioni di tipo generale che possono essere utilizzate per il futuro. Non si è proceduto ad un accertamento interno perché fino a un certo punto, sulla base delle informazioni che c'erano, si è ritenuto che tutto fosse corretto.
Per quanto riguarda, invece, le conseguenze della rottura di un contratto, naturalmente cercheremo di chiudere questa situazione senza danni, è innegabile però che potrebbero porsi problemi di questo genere. In questo caso, le conseguenze andranno fatte ricadere su coloro che hanno messo in moto il processo.
Le fatture relative ai 1.300 milioni sono state emesse, ma non sono ancora state incassate.
FRANCESCO PONTONE. Quanto è costato quello che è stato realizzato?
FRANCO ISEPPI, Direttore generale della RAI. Il costo di un programma è difficile da stabilire perché ci sono i costi relativi ai programmi: questa è una forma di ricavo in qualche modo legata agli obiettivi che si danno alle singole trasmissioni, le quali si fanno indipendentemente dal fatto che poi ci sia la possibilità di un rientro per le vendite. Nel caso ci fosse pubblicità occulta, questa non costerebbe nulla; nel caso non ci fosse, avrebbero il costo normale di una trasmissione.
Quanto alla soap opera e a Solletico ho fatto riferimento al fatto che non si è realizzata la collaborazione con Efeso, non che non si è realizzata la soap opera, la quale invece andrà in onda a partire dal 21 ottobre. Solletico è un programma che era previsto per la prossima stagione, quindi non è stato realizzato. Si tratta comunque di programmi che esistono indipendentemente da Efeso: quella che non si è realizzata è stata la collaborazione.
Il discorso sui soggetti terzi si riferisce alle controparti, quindi né alla Commissione parlamentare né alla RAI.
PAOLO ROMANI. La soap opera è stata realizzata, ciò vuol dire che all'interno della RAI era stato già deciso di non dare corso a questo contratto per quanto riguarda specificamente questo programma.
FRANCO ISEPPI, Direttore generale della RAI. Questa soap opera è fatta di 280 puntate: prima viene realizzato un blocco di puntate che vengono messe in onda per un mese, quelle successive vengono realizzate tenendo conto delle reazioni e del modo in cui finisce la storia. Le previsioni di rapporto con Efeso riguardavano le puntate dall'ottantesima in poi.
PAOLO ROMANI. Nella descrizione c'è scritto che l'ambientamento doveva essere, per esempio, quello delle stazioni ferroviarie.
FRANCO ISEPPI, Direttore generale della RAI. Era riferito ad un blocco di puntate successivo.
PRESIDENTE. La prego di essere più chiaro. La RAI decide di assolvere ai suoi eventuali impegni con Efeso dall'ottantesima puntata in poi, però la prima intervista a Necci viene fatta cinque giorni dopo la firma del contratto. Vorrei capire la logica secondo la quale questa si fa subito e quella comincia dopo un anno.
FRANCO ISEPPI, Direttore generale della RAI. La logica della soap opera è legata alla produzione di questo particolare tipo di esperimento, realizzato con un meccanismo tipico delle telenovelas. Si fanno diversi blocchi di produzione, quelli successivi al primo sono legati in parte ai risultati, in parte al tipo di osservazione, in parte al tipo di creatività che parte dalla prima esperienza. Per quanto riguarda la possibilità di un accordo con Efeso, questa era legata, nel piano di produzione, ad un certo numero di puntate in rapporto ad una storia che si svolge nell'arco di 230 puntate.
PAOLO ROMANI. Si parla di ambientazione in stazioni ferroviarie, treni, località turistiche, agenzie di viaggio e così via. Mi sembra difficile immaginare che questo possa riguardare solo le puntate successive all'ottantesima.
FRANCO ISEPPI, Direttore generale della RAI. Non è pensabile che, visto che non c'è un contratto con Efeso, non si possa fare un pezzo di sceneggiatura in treno.
PAOLO ROMANI. Allora ci sono!
FRANCO ISEPPI, Direttore generale della RAI. Ma non solo relativi ad una collaborazione con Efeso.
In questo allegato era prevista una collaborazione tra sceneggiatori ed Efeso, che non è avvenuta perché a un certo punto si è deciso di sospendere questo tipo di accordo in quanto, indipendentemente dal parere del professor Fusi, abbiamo ritenuto autonomamente che c'era troppa contiguità tra informazione e pubblicità. Siamo andati al di là dell'opinione del professor Fusi al quale avevamo chiesto un parere pro veritate.
OMBRETTA FUMAGALLI CARULLI. Era un parere pro parte.
FRANCO ISEPPI, Direttore generale della RAI. Se ci fossimo attenuti alla consulenza di Fusi, avremmo realizzato il programma con un certo tipo di attenzione.
Per quanto riguarda il bilancio - anche se questo non c'entra molto con l'argomento della discussione - la situazione è la seguente: l'attivo previsto per quest'anno è di 90 miliardi e i debiti sono inferiori ai mezzi propri. Il problema di un'azienda non è mai valutabile unicamente in termini di bilancio: in realtà, siamo in una situazione buona in termini di bilancio ma preoccupante dal punto di vista del nostro magazzino, sia di acquisti sia di fiction.
Per quanto riguarda il contesto nel quale si è sviluppata l'idea del ricorso alle risorse esterne, lo scorso anno l'azienda ha deciso di rafforzare al massimo le possibilità di recuperare risorse sul mercato, in una logica di tipo imprenditoriale, e ciò indipendentemente dal fatto che questo avvenisse con correttezza o meno. Era il contesto di un'azienda che voleva sfruttare al massimo le sue potenzialità di vendita, di coproduzione, di acquisto; quindi, un contesto di tipo sostanzialmente imprenditoriale. Rispetto a tale contesto, non sono stati messi in atto - questo è il nostro giudizio - meccanismi di controllo complessivi e si è sostanzialmente lasciato il tutto legato alle procure. Invece, la nostra opinione è che rispetto ad un rapporto di tipo strategico con certi soggetti sarebbe indispensabile che il consiglio di amministrazione valutasse, indipendentemente da quella che è la procura, i contenuti, le procedure e la legittimità di certe operazioni. Penso che un argomento di questo genere non possa essere ridotto ad un discorso di procure. In realtà, tutto questo è avvenuto all'interno di un'assoluta legittimazione di procure, che prevedevano per il direttore generale un'autonomia fino a 5 miliardi. Quindi, il consiglio di amministrazione precedente non è entrato nel merito di questo tipo di contratto (e così rispondo ad alcune domande).
L'onorevole Raffaelli ha sollevato un tema nodale, quello del rapporto tra informazione, intrattenimento e pubblicità. Mi pare che questo sia l'oggetto di fondo su cui ruota tutta la nostra discussione. L'idea che si faccia un punto su questo tema e si passi da un discorso legato alle rispettive competenze ad un altro più profondo di indirizzi e di modernizzazione dell'approccio su questa tematica, credo sia il nodo della questione. Certo, si impone una chiarificazione sui confini dei poteri tra Commissione e RAI, ma su questo non esiste altro che estrema disponibilità e apertura da parte nostra. Ovviamente, questo tipo di assicurazione deve essere fatta nell'ambito degli interessi e delle competenze rispettive. Ma certamente il fatto che su questo tema si vada al di là di una dialettica che ci vede divisi sul modo di interpretare le leggi e si affronti in modo fondativo questo problema del rapporto tra informazione e politica, tra informazione e generi di produzione, tra informazione e pubblicità, credo sia un nodo generale della questione, che va anche al di là del discorso sulla RAI o sul servizio pubblico. E' un tema più generale di un settore nel quale anche il privato svolge in parte funzioni pubbliche. Credo che certi tipi di categorie siano da superare: non penso che i soggetti privati non svolgano una funzione pubblica; credo che la svolgano, ma con regole, competenze, obblighi e controlli profondamente diversi. Credo però che questo sia il nodo della questione, il vero tema che è emerso dal dibattito di questi giorni.
Il senatore Semenzato era più interessato al futuro che non al passato. Ebbene, per quanto riguarda il futuro, come si è detto ieri, intendiamo avviare una profonda riconsiderazione delle strategie sulle convenzioni, per giungere ad una linea operativa che ridefinisca le attività commerciali nell'ambito dei rapporti con le istituzioni, locali e centrali, ed anche rispetto allo sfruttamento delle nostre risorse. Ci stiamo muovendo in questa direzione, con la consapevolezza che ci sia tanto da chiarire e tanta strada da fare. Vorremmo farlo in modo immediato, avendo pensato di mettere a punto un progetto di questa natura, però certamente si tratta di un lavoro anche vostro, che potrebbe esserci assolutamente utile per i nostri comportamenti futuri. Credo che questo sia il problema, cioè come definire delle regole per il futuro; di questo abbiamo l'assoluta consapevolezza.
Per quanto riguarda la situazione del Veneto e delle convenzioni, ho un elenco delle convenzioni che sono state sospese e di quelle realizzate. In realtà, questa convenzione con le regioni fatta attraverso Cinsedo ha superato le convenzioni precedenti ed anzi le ha annullate; ha tenuto in piedi solo alcune di queste convenzioni, unicamente perché erano legate a certi avvenimenti o a condizionamenti da cui non si poteva tornare indietro. In realtà, è in atto una profonda revisione delle convezioni con le regioni. C'è questa proposta Cinsedo, che ha dato vita alla polemica cui fanno riferimento oggi i presidenti delle regioni. La polemica è legata agli spazi di diffusione regionale, non agli spazi nazionali, i tre che vanno in onda attualmente.
PRESIDENTE. Non è esatto. Hanno polemizzato anche sugli spazi nazionali, perché sostengono che non c'è spazio per le regioni.
FRANCO ISEPPI, Direttore generale della RAI. Sono due polemiche diverse. Una è quella legata agli spazi regionali, rispetto ai quali sostanzialmente è in corso una dialettica, una posizione conflittuale sull'interpretazione di questo tipo di contratto, con un nuovo soggetto che si è inserito legittimamente in questa polemica, che è rappresentato dai giornalisti, i quali dicono che rispetto ad un'offerta che ha caratteristiche di tipo informativo non si capisce perché la RAI non entri direttamente con la sua responsabilità. Nella sua formulazione precedente questo tipo di contratto faceva riferimento a resoconti sull'attività delle regioni, che non avevano un'immediata valenza di tipo giornalistico. Questo è uno dei nodi della questione. Un altro nodo è quello relativo alle produzioni nazionali. Per le produzioni nazionali non sorge un dubbio di legittimità sulle procedure seguite, perché sono state seguite in modo molto corretto nei rapporti tra regioni, RAI e Cinsedo. Viene mossa, invece, un'obiezione di tipo politico su quali soggetti realmente debbano essere parte, se le giunte o i presidenti. Questo tema sarà affrontato in una riunione che avremo oggi stesso alle 18.
PRESIDENTE. Noi abbiamo visto un segretario di partito; non si tratta né di un presidente né della giunta!
FRANCO ISEPPI, Direttore generale della RAI. Lei si riferisce a chi va in onda, io mi riferivo agli interlocutori di questo rapporto.
PRESIDENTE. Ma c'è anche quel problema!
FRANCO ISEPPI, Direttore generale della RAI. Sì, ho capito, ma desideravo rispondere ad una domanda.
Per quanto riguarda una possibile risoluzione, che tra l'altro fa parte delle tipiche funzioni di indirizzo della Commissione, credo sarebbe un fatto molto positivo dare una serie di indirizzi complessivi sulla tematica di fondo dei rapporti fra informazione e pubblicità.
Circa il rapporto con Sony e Canal Plus, si tratta di un accordo frutto di una strategia di buone relazioni, ma in realtà non è andato più in là di tanto, perché non sappiamo ancora se ci possiamo muovere nel campo delle tematiche o delle pay; sulle tematiche sembra di sì, ma sulle pay non lo sappiamo ancora. Quindi, è una strategia di rapporti che è - come dire - in frigorifero, in attesa di proseguire o di essere chiusa, sulla base delle prospettive che ci saranno o meno riconosciute dalla legge.
Per quanto riguarda il Giubileo, abbiamo inviato alla Commissione una nostra relazione su come ci stiamo muovendo su questi temi.
PRESIDENTE. Preciso che è in viaggio, perché non è ancora arrivata!
FRANCO ISEPPI, Direttore generale della RAI. Per quanto riguarda il tema dei direttori di testata, che mi sembra fondamentale, l'autorizzazione non compete ad essi ma alla direzione del personale, come espressione più alta. Per quanto riguarda la direzione del personale, al momento non risultano avanzate o segnalate richieste di collaborazione con riviste e pubblicazioni delle Ferrovie dello Stato. Invece, sulla base di informazioni che ho chiesto alla direzione del personale, risulta esistere una delibera molto precisa del consiglio di amministrazione del 1994 sulle incompatibilità nel settore giornalistico. Sostanzialmente illustra l'atteggiamento dell'azienda, con le autorizzazioni e le deroghe, senza fare discorsi di esclusiva né bloccando possibilità di crescita di tipo scientifico culturale.
OMBRETTA FUMAGALLI CARULLI. Questa delibera ha avuto applicazione dal 1994 ad oggi?
FRANCO ISEPPI, Direttore generale della RAI. Non ve lo so dire, ma mi riservo di farlo.
ENRICO JACCHIA. Si può avere il testo e le eventuali applicazioni?
PRESIDENTE. Sì, sarà richiesto.
FRANCO ISEPPI, Direttore generale della RAI. Per quanto riguarda i confini tra pubblicità... credo sia il tema di oggi: non saprei rispondere se non recuperando questa tematica di fondo che va in qualche modo affrontata.
PRESIDENTE. In realtà, la richiesta era ben precisa: qual è per voi questa cosa e quale l'altra.
FRANCO ISEPPI, Direttore generale della RAI. Per quanto riguarda le convenzioni di cui all'articolo 20, le distinzioni di cui al comma 19 e le attività commerciali, alla fine potrà dare una spiegazione l'avvocato Esposito.
Ho già risposto sui costi della risoluzione del contratto...
OMBRETTA FUMAGALLI CARULLI. Ci sono contratti simulati altrettanto pericolosi?
FRANCO ISEPPI, Direttore generale della RAI. A noi non risultano...
OMBRETTA FUMAGALLI CARULLI. Anche per altri settori? So che state facendo un'indagine.
FRANCO ISEPPI, Direttore generale della RAI. Stiamo cercando di capire bene fino in fondo come sono avvenute le cose; per ora non ci risulta. Se sono simulati, sono simulati molto bene...!
PRESIDENTE. Comunque siete disponibili a rendere noti alla Commissione i risultati delle vostre indagini?
FRANCO ISEPPI, Direttore generale della RAI. Sì.
Passo alle osservazioni dell'onorevole Nappi. Su RAI-Internationalvale la risposta che ho già dato in Commissione, nel senso che esiste un problema di sofferenza tra la RAI e il nostro partner, ma non ci sono gli estremi per dire che si possa aprire una conflittualità. Comunque, nella precedente audizione è stata fornita una spiegazione più dettagliata. Per quanto riguarda RAI Corporation, è ancora valido quel discorso, nel senso che abbiamo deciso di chiudere quest'esperienza ed abbiamo investito la magistratura americana per i comportamenti dei singoli dirigenti.
Per quanto riguarda Moda e King, non sono preparato e quindi mi riservo di rispondere in un momento successivo.
Venendo ai temi più generali, devo dire che prima di prendere posizioni che attengano alla sfera disciplinare o comunque contestazioni di comportamenti, penso si debba andare fino in fondo nelle indagini che stiamo svolgendo sulla vicenda. Ci sembra corretto questo percorso, essendoci di mezzo non solo persone ma anche diritti acquisiti di tipo professionale e sindacale. Ci muoveremo, come abbiamo promesso, con trasparenza ed anche senza guardare in faccia nessuno, ma nel rispetto del livello di informazione che avremo e nel rispetto dei diritti delle persone che lavorano.
Per quanto riguarda la necessità di trasparenza da parte nostra, credo che si tratti di un problema generale di chiarimento delle competenze e su questo vi è la massima disponibilità. Mi pare che non possa essere messa in discussione invece la trasparenza sugli atti. Nel caso delle ultime nomine, vi abbiamo inviato le schede professionali dei nominati.
OMBRETTA FUMAGALLI CARULLI. Chi le ha viste!
PRESIDENTE. Anche qui c'è un difetto delle poste!
FRANCO ISEPPI, Direttore generale della RAI. Io le ho mandate. Lo stesso faremo per le nomine future. Quindi, seguiremo criteri di professionalità e di trasparenza.
Ci rendiamo conto che la nostra sola forza è quella di essere molto corretti, di avere una trasparenza talmente evidente che non possa essere messa in discussione, di fare di una moralità di comportamenti molto esplicita un punto di forza. In tutte queste vicende in cui tale aspetto viene messo in discussione, la RAI sta perdendo molta della sua immagine, sta anche compromettendo le sue possibilità di avere una titolarità e uno spazio in vista del nuovo sistema legislativo. Quello che sta avvenendo ci colpisce molto e credo ci penalizzi anche. Ritengo che tutta questa turbolenza avvenga, oltre che con riferimento alle cose concrete, anche per comprensibili motivi che attengono ad una dialettica politica. Abbiamo solo interesse ad essere talmente trasparenti da rivendicare la titolarità di un ruolo come soggetti di questo cambiamento, con tutte le carte in regola rispetto a quello che ci può riservare il futuro. Non ci possiamo permettere ambiguità, perché saremmo penalizzati completamente nella prospettiva della riforma del sistema. Quindi, c'è interesse per la nostra vitalità, ma anche perché riteniamo di avere ancora un certo ruolo da giocare.
GIANFRANCO NAPPI. Sulla questione di Mara Venier?
FRANCO ISEPPI, Direttore generale della RAI. Il nostro atteggiamento è molto semplice ed è quello di tutelarci come azienda anche con atti formali, perché non possiamo...
PRESIDENTE. Il collega non si riferiva alla vicenda giudiziaria, ma alla staffetta con Buona domenica.
FRANCO ISEPPI, Direttore generale della RAI. Sulla vicenda giudiziaria pensiamo di costituirci parte offesa nei procedimenti in questione e in relazione agli sviluppi processuali valuteremo se costituirci o meno parte civile. Per quanto riguarda questo tipo di comportamento, non possiamo che prenderne atto e stigmatizzarlo. Noi non condividiamo questo tipo di atteggiamento.
Senatore De Corato, su Cinsedo, se crede, possiamo entrare più nel dettaglio delle convenzioni...
RICCARDO DE CORATO. Mi scusi, ma io ho fatto riferimento ad una recente trasmissione che, volutamente o non volutamente, ha censurato il dibattito politico sui dodici referendum proposti dalla regione Lombardia e fatti propri da altre sette regioni. C'è stata una trasmissione su questo tema, sul federalismo, durante la quale mai, nemmeno per sbaglio, è stato fatto riferimento a questo dato rilevante, tanto che tre presidenti di regione hanno elevato una protesta formale. In sostanza, non intendevo far riferimento all'accordo, in merito al quale ho compreso perfettamente le sue spiegazioni, ma piuttosto al fatto che con questa trasmissione, alla luce della sostituzione dell'accordo regioni-Cinsedo, si comincia male...
PRESIDENTE. Sulla questione dei referendum regionali mi è pervenuta una lettera di protesta del presidente della regione Lombardia, promotore dell'iniziativa, con la quale si denunciava che il TG3 aveva intervistato sull'argomento il presidente della regione Toscana, il quale aveva sottoscritto ma non proposto l'iniziativa stessa. Il presidente della RAI mi ha risposto ricordando che sull'argomento era stato sentito prima l'onorevole Fini. Osservo che l'onorevole Fini non è il portavoce delle regioni, ma il presidente di un partito. La protesta dell'onorevole Formigoni si inserisce in questo contesto.
FRANCO ISEPPI, Direttore generale della RAI. Non so rispondere. Prendo atto... (Commenti del senatore De Corato). La ringrazio. Considero molto corretto...
PRESIDENTE. Sarà disponibile a risponderci in seguito?
FRANCO ISEPPI, Direttore generale della RAI. Sempre. Sono molto disponibile. Lei ha fatto una piccola polemica, ha parlato di reticenza e di deposizione, che sono termini non certo da audizione. Comprendo tutto questo perché fa parte di un modo espressivo che condivido, nel senso che fa parte della personalità del presidente...
PRESIDENTE. Se lei mi indica un sinonimo di reticenza, lo userò senz'altro.
FRANCO ISEPPI, Direttore generale della RAI. E' una terminologia più da tribunale che da audizione. Comunque, la capisco benissimo.
PRESIDENTE. Se lei non fosse simpatico, sarebbe offensivo.
FRANCO ISEPPI, Direttore generale della RAI. No, no...
PRESIDENTE. Tenga presente che è in Parlamento.
FRANCO ISEPPI, Direttore generale della RAI. E' anche vero che c'è un'intervista in cui vengo invitato a "deporre". Non è che me lo sia inventato...!
Per quanto riguarda il pacchetto Minoli e la situazione della Lux Vide, le dico quanto so, anche perché mi pare giusto che risulti a verbale. Dagli accertamenti effettuati presso la competente cancelleria commerciale e presso la camera di commercio non risulta che i parenti e gli affini del dottor Ettore Bernabei che lavorano in RAI - Paola Bernabei e Giovanni Minoli - abbiano partecipazioni, interessenze o cariche sociali nella Lux Vide.
RICCARDO DE CORATO. Non ho detto questo!
FRANCO ISEPPI, Direttore generale della RAI. Questa situazione è stata confermata con dichiarazione personale, sotto la propria responsabilità, del dottor Ettore Bernabei e della dottoressa Matilde Bernabei, legali rappresentanti della predetta società. A norma del regolamento aziendale vigente, pertanto, la Lux Vide può avere rapporti contrattuali con la RAI, purché non abbiano attinenza con i settori nei quali operano il dottor Minoli e la dottoressa Bernabei.
PRESIDENTE. Stiamo parlando del direttore di una rete. Credo che sia comunque riscontrabile un'influenza; non le pare, direttore?
FRANCO ISEPPI, Direttore generale della RAI. Sto facendo riferimento ad un regolamento aziendale.
Per quanto riguarda Aran, ho le informazioni...
STEFANO PASSIGLI. Cosa intende per "regolamento"?
FRANCO ISEPPI, Direttore generale della RAI. E' una delibera consigliare, revocabile in qualsiasi momento.
STEFANO PASSIGLI. A quando risale la delibera?
FRANCO ISEPPI, Direttore generale della RAI. Credo al 1975.
MARIO LANDOLFI. L'informativa cui faceva riferimento il senatore De Corato non ha alcun valore rispetto alla delibera da lei citata...
FRANCO ISEPPI, Direttore generale della RAI. Sì, ma non contrasta con tutto questo, nel senso che si tratta di un altro tipo di riferimento.
MARIO LANDOLFI. E' stata annunciata una querela nei nostri confronti!
PRESIDENTE. Avremo modo di approfondire la questione.
FRANCO ISEPPI, Direttore generale della RAI. Certo, la approfondiremo.
Per quanto riguarda Aran, ho già detto che non ci risulta abbia un rapporto con noi... (Commenti).
PRESIDENTE. Colleghi, ho già precisato che avremo la possibilità di approfondire l'argomento!
FRANCO ISEPPI, Direttore generale della RAI. Quanto al discorso sulla Corte dei conti, quest'ultima, tramite un magistrato della sezione controlli, invia al Parlamento una relazione sul bilancio RAI. L'ultima relazione risale al 1993 ed è in corso di redazione la relazione sui bilanci del 1994 e del 1995. In questo ambito si riscontra un'assoluta collaborazione tra RAI e Corte dei conti, la quale richiede i verbali del collegio sindacale.
RICCARDO DE CORATO. Mi riferivo al fatto che alla Corte dei conti compete...
FRANCO ISEPPI, Direttore generale della RAI. Infatti... (Commenti del senatore De Corato).
Al senatore Passigli vorrei dire che alcuni temi sono propri quelli ai quali si è fatto cenno all'inizio, con particolare riferimento al passo in avanti nella chiarificazione tra pubblicità istituzionale e pubblicità.
Sulle due domande - diciamo così - molto pratiche, posso rispondere in questo senso. Sostanzialmente nessuno ha percepito compensi da questo tipo di rapporto tra RAI ed Efeso e tutte le relazioni tra la direzione commerciale e i direttori di rete e di testata sono avvenuti in modo contestuale, nel senso che non c'è stata nessuna imposizione da parte della direzione commerciale ai singoli direttori di rete e di testata.
C'è da registrare una contestazione dell'attuale direttore del TG1, Brancoli, mentre fino a quel momento c'era stata da parte di tutti un'accettazione delle norme previste dal contratto. Nessuno, comunque, ha percepito consensi, aggiuntivi o specifici, rispetto a quello che ha fatto.
Per quanto riguarda il tema di base, cioè se questo tipo di offerta costituisca sostanzialmente un pregiudizio rispetto agli indici di affollamento o rispetto alle quote pubblicitarie, il problema di fondo è di capire... (Commenti del senatore Passigli). Dovrei fare un po' di conti. Si tratta, sostanzialmente, di circa un'ora e quaranta minuti nell'arco di sei mesi. Bisognerebbe fare una valutazione su quanto questo dato possa incidere complessivamente. Non sono in grado...
PRESIDENTE. Queste attività sono obbligatorie!
FRANCO ISEPPI, Direttore generale della RAI. Se si vuole, si potrebbe fare una simulazione...
PRESIDENTE. Si vuole, si vuole!
FRANCO ISEPPI, Direttore generale della RAI. Si potrebbe fare, anche se il nodo della questione è di sapere se si tratti o meno di pubblicità.
Quanto al discorso relativo al professor Fusi, ho già risposto. Siamo andati al di là delle opinioni del nostro consulente rispetto all'atteggiamento da assumere sulla pubblicità occulta. Non credo vi sia altro da dire - rispondo alle domande dell'onorevole Follini - sui temi del rigore. Follini ha reintrodotto un problema di fondo, con riferimento ai criteri, ai "paletti" da porre al comportamento delle singole persone e delle specifiche professionalità. Bisognerebbe estendere il discorso al grande tema della deontologia professionale, un'altra problematica sulla quale, probabilmente, si potrebbe sperimentare una funzione di indirizzo che risulterebbe sicuramente utile.
Su tutte le altre questioni sollevate da Follini ho già fornito una risposta replicando agli altri interlocutori.
PRESIDENTE. La ringrazio molto, direttore.
RUBENS ESPOSITO, Direttore degli affari legali della RAI. Debbo una risposta alla senatrice Fumagalli, la quale sostanzialmente ha posto tre questioni. Per quanto riguarda i rapporti RAI-Grundy-Aran, debbo precisare che il rapporto RAI-Grundy è di preacquisto di diritti su un programma da fare; quindi, è chiaro che non si tratta di un appalto. Pertanto, il rapporto eventuale, a noi sconosciuto, tra Grundy e Aran non sarebbe di subappalto, ma di appalto, rimanendo la RAI un soggetto terzo (Commenti del senatore De Corato). Di fatto, non è la stessa cosa. Aran è un soggetto terzo rispetto alla RAI; il rapporto intercorre tra la RAI e Grundy. Io ho acquistato da Grundy un prodotto, una cosa futura (come si definisce con linguaggio tecnico): se, per realizzare la cosa futura, Grundy si avvale di Aran o di chiunque altro, è fatto che non mi riguarda.
PRESIDENTE. Si potrebbe parlare di una fattispecie di appalto occulto. Comunque, avvocato, approfondiremo la questione.
RUBENS ESPOSITO, Direttore degli affari legali della RAI. Non è questione di occultamento.
PRESIDENTE. Non è una questione che finisce qui (Commenti del senatore De Corato).
RUBENS ESPOSITO, Direttore degli affari legali della RAI. La RAI non è un ente pubblico, checché se ne dica. La sua è un'opinione rispettabilissima... La Corte dei conti ha la possibilità di intervento sulla RAI in base ad una legge specifica; questa possibilità, infatti, non sarebbe consentita dalla legislazione generale e dalla Costituzione.
La senatrice Fumagalli ha posto anche il problema relativo alla differenza tra convenzioni, ai sensi dell'articolo 2 del cosiddetto regolamento del garante, e gli accordi commerciali di cui all'articolo 5 della convenzione Stato-RAI. Tra le fonti di approvvigionamento finanziario consentite alla RAI dalla legge e dalla convenzione si inquadrano le convenzioni obbligatorie previste dagli articoli 19 e 20 della legge n. 103 del 1975, ossia convenzioni che hanno ad oggetto servizi pubblici, dovendosi con questa espressione intendere servizi che implicano o costruzione di reti o di impianti oppure diffusione di programmi specificamente destinati a minoranze o a destinatari predeterminati, o che abbiano contenuti specifici. Vi sono inoltre le convenzioni od accordi che la RAI impropriamente definisce convenzioni istituzionali: si tratta di un'improprietà lessicale che può creare equivoci, così come del resto è accaduto. L'articolo 2, ultimo comma, del regolamento del garante consente non soltanto alla RAI, ma anche alle emittenti private di stipulare accordi o convenzioni che abbiano ad oggetto programmi promossi da amministrazioni statali, enti pubblici non economici ed altri soggetti (fondazioni o associazioni, per esempio) senza scopo di lucro. A noi è parso chiaro che in questa categoria rientrano propriamente soltanto gli accordi intercorrenti con questi soggetti tipicamente individuati, che non abbiano contenuto di comunicazione d'impresa, nel senso che il requisito di impresa deve difettare nei soggetti con i quali si stipula.
PRESIDENTE. Come si esce fuori dall'improprietà di questa voce?
RUBENS ESPOSITO, Direttore degli affari legali della RAI. Si esce cambiando la voce.
PRESIDENTE. Quindi, cosa farà la RAI?
RUBENS ESPOSITO, Direttore degli affari legali della RAI. Credo che la RAI realizzerà una diversa allocazione di queste entrate. Lei avrà notato, presidente, che nell'elenco delle entrate riferibili a convenzioni istituzionali è posto in evidenza come il contratto Efeso sia stato riallocato in modo improprio, mentre avrebbe dovuto più propriamente essere allocato nelle attività commerciali, cioè quelle che traggono titolo dall'articolo 5 della convenzione Stato-RAI, che consente - non a caso - di reperire risorse finanziarie non solo dal canone - che, da solo, sarebbe insufficiente, come tutti sanno - o dalla pubblicità ma anche dal mercato, realizzando questo obiettivo attraverso la commercializzazione di prodotti propri, fatti o da fare. Nel caso Efeso, certamente ricorre la fattispecie prevista dall'articolo 5.
La senatrice Fumagalli Carulli ha sostenuto che il parere Fusi sarebbe di parte e non pro veritate. Credo francamente - per il rispetto dovuto all'avvocato Fusi - che la qualifica di parere pro veritate non possa essere smentita. Che possa essere opinabile... (Commenti). Anche le sentenze sono opinabili, anche quando passano in giudicato: si commentano apposta...! Il parere nasce come parere pro veritate. Ciò è tanto vero che certi profili di dubbio insinuati o posti in evidenza dal parere Fusi sono collegati non tanto alla struttura del contratto così come è stipulato o agli allegati che lo accompagnavano quanto, soprattutto, al pregresso, cioè a quel tentativo di accordo che vi era stato nel 1995 con le ferrovie: proprio quello poteva dare qualche sintomo di volontà simulatoria, o per lo meno un sospetto in questo senso, tale da consigliare comunque di revocare il contratto. Non vi sono sentenze giudiziarie o pronunce di autorità competenti che abbiano riscontrato pubblicità occulta, però la RAI si è rappresentata questa eventualità anche in base al parere Fusi e, forse, a qualche indicazione dell'ufficio legale interno, per ritenere che ci potessero essere quanto meno dei sospetti. Siccome il servizio pubblico deve essere come la moglie di Cesare, cioè al di sopra di ogni sospetto, si è andati al di là di quanto Fusi consigliava ed indicava, e si è proceduto nel senso che ho indicato.
PRESIDENTE. Informo i colleghi che nella riunione dell'ufficio di presidenza prevista per domani alle 14,30 ci si occuperà principalmente della questione delle tribune telematiche. Ascolteremo informalmente il dottor Leone, direttore dei palinsesti della RAI. Nell'ufficio di presidenza, come ho già anticipato, saranno valutate tutte le richieste dei colleghi.
La seduta termina alle 16,20.
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