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Commissione parlamentare d'inchiesta sul ciclo dei rifiuti

MISSIONE IN LIGURIA

15 LUGLIO 1997 - GENOVA

INDICE

Incontro con il prefetto di Genova. *

Incontro con l'assessore all'ambiente della regione Liguria. *

Incontro con il comandante della regione Liguria dell'Arma dei carabinieri. *

Incontro con i rappresentanti della Legambiente e del WWF. *

Incontro con il dottor Alberto Landolfi, sostituto procuratore presso il tribunale di Savona. *

 

Gli incontri cominciano alle 18.50.

Incontro con il prefetto di Genova.

PRESIDENTE. Ringrazio, a nome mio personale e della Commissione, il prefetto di Genova per l'ospitalità veramente accogliente in questo stupendo palazzo.

Passando immediatamente in medias res, com'è abitudine della Commissione, pregherei il prefetto di fare una relazione sui temi che egli ritiene di interesse di questa Commissione d'inchiesta sul ciclo dei rifiuti e sugli aspetti illeciti ad esso connessi. Mi riferisco quindi ai problemi riguardanti il ciclo in Liguria, e in particolare a Genova, e agli aspetti illeciti, alle situazioni illegali, di cui egli sia a conoscenza.

ANTONIO DI GIOVINE, Prefetto di Genova. Signor presidente, non credo di meritare più di tanto un ringraziamento così caloroso e confermo il piacere, più che il dovere, di ospitarvi per questo incontro di lavoro. Per stile, educazione ed età appartengo ad una generazione che crede che i lavori di una Commissione parlamentare si devono svolgere nella sede istituzionale del Governo.

La mia stima e la mia considerazione per le realtà locali, non solo istituzionali ma anche partecipate, mi fa sentire un estraneo a Genova, un estraneo che ha completato pochi giorni fa un biennio di permanenza in questa regione, e che quindi ha conosciuto e ha vissuto non solo le esperienze di quest'ultimo periodo ma anche quelle precedenti. Pertanto la mia vuole essere una testimonianza e nello stesso tempo anche una raccomandazione a coloro che hanno grandi responsabilità nella tutela del patrimonio naturale, dell'ambiente, di questa regione. Essa si caratterizza per un entroterra articolato su spazi brevi e un litorale molto sviluppato, e basti pensare alle caratteristiche di Genova, una città lunga 38 chilometri e molto stretta, ove qualunque intromissione sostanzia una violenza. Poiché stiamo parlando di una materia che è prodotta dall'uomo e che per l'uomo rappresenta un business, sottolineo che i due aspetti della violenza e della criminalità qui si sposano in maniera egregia.

I miei trascorsi mi hanno fatto convivere, nell'ultimo periodo, con il problema dei rifiuti, del loro smaltimento ed anche della loro raccolta in province che, come quelle di Pavia e di Brescia, nella Lombardia orientale, hanno un "prodotto" notevole. Pertanto, quando due anni fa ho iniziato la mia esperienza genovese, ligure, ho mostrato una particolarissima attenzione ai lavori che un'altra Commissione parlamentare d'inchiesta, l'antimafia, svolse nella precedente legislatura, quando si recò a Genova nell'aprile del 1995. Essa prestò attenzione ai rapporti che definirei abbastanza interessanti tra la raccolta e lo smaltimento dei rifiuti e organizzazioni di tipo mafioso o simile. Negli atti di quella Commissione, di cui venni a conoscenza in coincidenza con la mia venuta a Genova, si leggeva di una connessione tra una famiglia calabrese, quella dei Nucera, e gli appalti di quasi tutti i comuni del Tigullio, quindi della zona più florida anche dal punto di vista turistico di questa regione. Avvalendomi delle facoltà, anzi dei doveri, impostimi dall'ordinamento (mi riferisco all'articolo 14, comma 3, della legge 12 luglio 1991 n. 203, cioè la legge di conversione del pacchetto anticrimine contenuto in una serie di decreti-legge), ho completato l'opera del mio predecessore nominando ben sei commissioni d'indagine. Tali commissioni hanno composizione mista, perché ne fanno parte un magistrato amministrativo, un funzionario del Ministero dell'interno e uno di altra amministrazione pubblica, con l'incarico di verificare se i presupposti d'indagine trovassero riscontri. I comuni interessati del Tigullio erano quelli di Lavagna, Casarza ligure, Rezzoaglio, Rapallo, Sestri Levante e Zoagli.

Le ripetute indagini commissariali non si sono concluse in termini positivi dal punto di vista della prevenzione e della repressione, perché non sono emersi particolari irregolarità, se non nel caso di Lavagna, dove l'appalto fu revocato ma, una volta reiterato, fu nuovamente vinto dalla famiglia Nucera. L'autorità giudiziaria inquirente e le forze di polizia giudiziaria che supportarono l'inchiesta conclusero per una situazione di omonimia, anche se l'omonimia è una cosa e la contiguità un'altra.

Ciò è accaduto nel periodo a cavallo tra il 1994, il 1995 ed i primi mesi del 1996. Successivamente, in provincia di La Spezia si è verificato un fenomeno che oggi potremmo definire tranquillamente di ecomafia. Nelle altre province liguri si sono avuti altrettanti fenomeni preoccupanti dal punto di vista del rapporto esistente tra la materia su cui la vostra Commissione indaga ed il business che ne deriva. Avvalendomi della doppia facoltà dovuta al prefetto in quanto tale e al prefetto del capoluogo di regione per la delega all'uopo conferita dal ministro dell'interno, di vigilare sulle altre province liguri, mi assicuro che la vigilanza sia costante; tant'è vero che le forze di polizia hanno identificato (come potrete leggere nella relazione scritta che vi consegnerò) un notevole numero di discariche abusive, ovviamente riguardanti i rifiuti ordinari, che perciò non influiscono più di tanto sulla sicurezza collettiva, ma che incidono notevolmente sulla sicurezza civile, sul rispetto delle regole ordinamentali. Questa azione è continua e rientra tra gli obiettivi più interessanti dell'attività che io coordino.

Per quanto concerne l'attività della regione, impegnatissima in questo settore, e quella delle quattro province, che la regione ha ritenuto di delegare alla trattazione della materia specifica, e dei comuni, quindi dei sindaci, non solo avrete occasione di sentire il mio apprezzamento, ma sentirete anche le cose che vi diranno loro stessi nel corso delle audizioni.

E' noto a tutti che nella programmazione di carattere generale Genova ha una parte non secondaria, perché oltre ad avere spazi ristretti e rischi da inquinamento ambientale derivanti, storicamente, dalla massiccia presenza della siderurgia a caldo o di altre realtà che influiscono non poco sulla qualità della vita della città, pur essendo una città aperta e che vive un rapporto con il mare, ha problemi di inquinamento legati a tanti fattori, non ultimo dei quali il traffico, su cui è aperto un grosso dibattito. Si profilano comunque interessanti prospettive dal punto di vista tecnologico, oggetto di dibattito sotto il profilo politico-amministrativo. Poiché ci troviamo in un contesto impregnato dalla campagna elettorale in atto, vorrei rimanere su una linea di totale imparzialità.

L'attenzione è rivolta a tre argomenti principali. Il primo è costituito dal piano traffico, di cui ci si occupa sulle pagine dei giornali locali: esso serve non solo a garantire una migliore vivibilità degli spazi percorribili, ma anche ad eliminare alcuni rischi di inquinamento che questa città, come tutte le grandi città, subisce a causa dell'eccesso di motorizzazione. Il secondo problema, assai delicato, riguarda la convertibilità dell'area di Cornigliano, oggi destinata, coerentemente con la tradizione, alla siderurgia a caldo, e che potremmo definire la Bagnoli di Genova. Come saprete, questo problema è all'attenzione diretta del Governo al fine di studiare soluzioni utili per sostituirla con altre lavorazioni meno inquinanti ma con altrettanta valenza produttiva. Credo di dover ricordare, essendo il rappresentante del Governo, l'impegno primario che il ministro Burlando sta esercitando su questo aspetto, che è di interesse generale dell'area del ponente.

Il terzo argomento, di cui sottolineo l'importanza, è quella della convivenza di una centrale termoelettrica e di un'ipotesi di inceneritore o termoconvertitore con il simbolo genovese, cioè la Lanterna. Qui il dibattito è aperto, perché a fronte della convenienza (vi sarebbe anche un recupero non indifferente di chilowattora) si solleva un'obiezione legata in parte all'inquinamento e in parte all'importanza del simbolo. Nella mia relazione scritta troverete un riferimento all'orgoglio legato alla Lanterna come simbolo di Genova: può sembrare un aspetto marginale, ma nel caso di specie la Lanterna identifica l'antica nobiltà di questa città che, essendo nata intorno al suo antico porto, vive anche della Lanterna. Tutto questo accade in uno spazio temporale molto ristretto, con prospettive decisionali quasi immediate, in quanto le soluzioni devono essere individuate in tempi rapidi, e in un momento non molto utile per la serenità del dibattito.

Genova è una città che merita molto: ha avuto tanto in passato, ha avuto qualcosa di meno nel periodo più recente. In questo momento soffre di alcune evenienze. Se voi, onorevoli senatori e deputati, vorrete rivolgere un'attenzione in più ai problemi riguardanti questa città, vi sarebbero meno preoccupazioni dal punto di vista delle infiltrazioni criminali e un po' più di attenzione dal punto di vista delle soluzioni ambientali. Genova e la Liguria hanno bisogno di salvaguardare il loro patrimonio, ma anche di non declinare in rapporto con l'Europa e con le altre parti del mondo. Uno dei rischi maggiori in questo momento è che la gelosia delle città portuali delle nazioni confinanti (Nizza, Marsiglia, Barcellona ed altre) penalizzi, nell'Europa in cui stiamo entrando, il favore che caratterizza Genova. Paradossalmente, rischiamo di entrare nel circuito dei traffici commerciali e culturali europei e mondiali e di penalizzare Genova, che ha il diritto di essere considerata tra le prime realtà portuali d'Europa, semplicemente per ostacolare il treno ad alta velocità o un percorso più rapido. Le merci che partono da ed arrivano a Genova lo fanno via mare, ma non si potrà progredire se da qui non potranno raggiungere le altre destinazioni, o da esse venire a Genova, in tempi non rapidi ma con i costi che oggi il mercato richiede. Allora, occupiamoci del sacchetto di spazzatura in più, ma pensiamo che questa città ha bisogno dell'uno e dell'altro.

PRESIDENTE. La ringraziamo per aver voluto accennare anche a tutto lo scenario dei problemi di Genova. Questo, ovviamente, non riguarda direttamente i poteri della Commissione d'inchiesta, ma poiché essa è composta da parlamentari della Repubblica, penso che le cose che ci ha detto saranno senz'altro tenute in considerazione.

Nel ringraziarla per la relazione scritta che ci lascerà, do la parola ai colleghi che desiderano porle quesiti.

GIUSEPPE SPECCHIA. Rivolgo al prefetto una domanda per i rapporti che egli ha con gli enti locali. Sono mai stati riscontrati comportamenti delle istituzioni locali della Liguria interessati da aspetti di illegalità nel settore dell'ambiente, e dei rifiuti in particolare?

GIOVANNI LORENZO FORCIERI. Chiedo al prefetto un approfondimento di alcune delle sue osservazioni. Il prefetto ha parlato di una connessione tra la famiglia calabrese dei Nucera e gli appalti in quasi tutti i comuni. Si tratta degli appalti relativi al trasporto e allo smaltimento dei rifiuti? E come si è realizzata questa connessione?

Non so se ho capito male, ma mi sembra che sia stata riscontrata la presenza di un'ecomafia in provincia di La Spezia. Prego il prefetto di essere più preciso anche su questo aspetto.

Ho apprezzato lo spirito con cui il prefetto ha fatto le sue considerazioni finali, ma vorrei ricordargli che le merci non viaggiano sulle linee ad alta velocità, ma sui normali binari ferroviari, che probabilmente, e giustamente, devono essere incrementati per il sistema dei porti liguri e dell'alto Tirreno, magari anche rinunciando ad un pezzetto di alta velocità pur di potenziare la linea tradizionale, dove una fetta ancora grande di passeggeri e soprattutto il totale delle merci trasportate su ferro continuano a viaggiare.

ANGELO STANISCIA. Le province ed i comuni stanno applicando il decreto legislativo n. 22 del 1997?

AUGUSTO CORTELLONI. Signor prefetto, lei ha riferito poc'anzi di sei commissioni d'indagine. I risultati conseguiti sono noti e si possono conoscere?

ANTONIO DI GIOVINE, Prefetto di Genova. Sì, sono pubblici.

AUGUSTO CORTELLONI. Sono stati avviati procedimenti penali? Vorrei inoltre sapere se vi siano progetti di risanamento dell'area di Cornigliano e quali tipi di lavorazioni possano essere in essa avviati.

ANTONIO DI GIOVINE, Prefetto di Genova. Comincio dalle commissioni d'indagine. Il quadro normativo contenuto nel pacchetto di norme anticrimine convertite con la legge di cui ho parlato in precedenza dà ai prefetti un potere-dovere abbastanza limitato, cioè quello di nominare i collegi e di deferire loro gli accertamenti volti a verificare se gli appalti siano inficiati da comportamenti illeciti o semplicemente irregolari dal punto di vista amministrativo. Dico questo con un po' di rammarico, come ho fatto anche in altre sedi: la diffidenza che negli ultimi anni ci ha spesso circondato ci ha anche impedito di svolgere un'attività più incisiva nella lotta alla criminalità organizzata. Chiusa questa parentesi (che non vuole essere altro che uno sfogo e come tale spero che lo vorrete interpretare), specifico che le risultanze dei collegi ispettivi sono pubbliche,sono state trasmesse all'autorità giudiziaria e non sono state seguite da iniziative istruttorie perché le commissioni hanno ritenuto regolari - salvo il caso di Lavagna cui ho accennato, in cui la procedura è stata reiterata - le procedure seguite. Non sono né un estimatore né un oppositore della società di cui ho parlato in precedenza, quella della famiglia Nucera, ma il business relativo alla raccolta dei rifiuti solidi urbani rimane un argomento di primaria importanza. Come ho ricordato, mi trovai di fronte ad una sorta di contraddizione, perché la Commissione parlamentare antimafia citava questa famiglia come espressione di un clan, mentre le attività di polizia giudiziaria lo hanno escluso. Quindi, dirvi, a rischio di prendermi una querela dai signori Nucera, che ho ancora qualche perplessità costituisce già di per sé un atto di coraggio, che io compio molto volentieri.

PRESIDENTE. Signor prefetto, a parte il fatto che i resoconti di questa Commissione non hanno un'ampia pubblicità, le ricordo che se ritiene di voler fare affermazioni in libertà di spirito, questa parte del dibattito può essere classificata come riservata.

ANTONIO DI GIOVINE, Prefetto di Genova. Allora, possiamo considerare questa parte classificata come riservata.

PRESIDENTE. Non essendovi obiezioni, proseguiamo i nostri lavori in seduta segreta.

(La Commissione procede in seduta segreta).

Riprendiamo i nostri lavori in seduta pubblica.

Ringrazio nuovamente il prefetto di Genova, che ha sottolineato in modo molto chiaro il suo punto di vista nella materia di interesse della Commissione.

 

Incontro con l'assessore all'ambiente della regione Liguria.

PRESIDENTE. Nel ringraziare l'assessore Alonzo- insieme ai suoi collaboratori - per la sua presenza, gli chiedo di dare alla Commissione informazioni relativamente ai due aspetti emersi nell'incontro testé conclusosi con il prefetto di Genova. Mi riferisco in primo luogo agli appalti aggiudicati all'impresa Nucera, che fu oggetto di attenzione della Commissione antimafia nella XII legislatura, che in una relazione avvalorò il sospetto che questa impresa come minimo non agisse in regime di concorrenza, visto che ha vinto moltissimi appalti nell'intera area del Tigullio (avanzando anche sospetti più pesanti). Il prefetto ci ha comunicato che le sei commissioni d'inchiesta da lui attivate sono pervenute a conclusioni nulle dal punto di vista della rilevanza penale di tale attività; dello stesso tenore è stato il parere della magistratura.

L'altra questione riguarda l'utilizzo di un ex centrale dell'ENEL a Genova, se non ricordo male a carbone, come luogo per l'installazione di un termodistruttore di rifiuti. Questa proposta ha generato un dibattito che ha avuto vasta eco sui giornali genovesi.

La prego pertanto di esaminare anche questi due aspetti oltre alle considerazioni generali che riterrà di fare tenendo conto delle competenze di questa Commissione d'inchiesta.

NICOLO' ALONZO, Assessore all'ambiente della regione Liguria. Grazie, presidente; saluto la Commissione anche a nome della dottoressa Bersani e del dottor Schiena, che mi accompagnano. Probabilmente, però, abbiamo interpretato male l'argomento dell'audizione, nel senso che abbiamo ritenuto che si dovesse parlare dei rifiuti nella provincia di Genova. In ogni caso, potremo integrare la nota scritta già predisposta.

Il quadro della situazione, nella regione Liguria, contempla la definizione di un piano regionale per il trattamento dei rifiuti solidi urbani entrato in vigore nel 1993 ed aggiornato nel 1995 per la provincia di La Spezia, e che suddivide il territorio regionale in vari ambiti ai fini dell'organizzazione del sistema di smaltimento dei rifiuti. In tali ambiti sono definiti i siti dove realizzare, o dove erano già state realizzate, le discariche. Esso definisce la nuova normativa riguardante il carattere pubblico delle discariche, mirando a portare a conclusione le discariche private ancora esistenti; secondo la nuova normativa, infatti, le discariche devono essere realizzate e gestite in base a progetti presentati dai comuni, o meglio realizzate dai comuni, da consorzi di comuni o da società proposte dai comuni e gestite secondo quanto previsto dalla legge n. 142.

E' stata inoltre definita più precisamente la situazione delle discariche di rifiuti speciali. In Liguria ve ne sono due, una nei pressi di La Spezia, in località Pitelli, l'altra in provincia di Savona, in località Boscaccio di Vado Ligure. Qualche anno fa si è anche avviato un procedimento per l'individuazione nella regione di un impianto per la cosiddetta piattaforma per rifiuti tossico-nocivi, in base a quanto previsto da un apposito provvedimento del Governo. Questa parte non è andata a compimento, anche perché il decreto-legge è decaduto; inoltre, avevamo verificato che nella regione Liguria non sussistevano gli elementi economici che giustificassero la realizzazione di un impianto di smaltimento dei rifiuti tossico-nocivi, anche in considerazione delle difficoltà incontrate nell'individuazione di un sito apposito, data la configurazione morfologica della regione. Questo non significa che non esistano impianti che trattano i rifiuti tossico-nocivi.

In questa fase, anche data l'entrata in vigore del decreto legislativo n. 22 del 1997, il cosiddetto decreto Ronchi, dovremo valutare come adeguare il piano. Siamo già in parte intervenuti per quanto attiene alle discariche dei rifiuti speciali, con una legge regionale che dichiara che le discariche di questi rifiuti o gli impianti che vedono decadere le autorizzazioni non sono rinnovati in attesa dell'adeguamento dei piani regionali al decreto Ronchi. So che la Commissione ha in programma di visitare la discarica di Pitelli. Noi non abbiamo approvato una legge per Pitelli, ma abbiamo varato un primo provvedimento di adeguamento al decreto Ronchi, all'interno del quale rientra tale questione. Poiché a marzo è decaduta l'autorizzazione alla gestione della Sistemi ambientali della discarica di Pitelli, con questo provvedimento, anche alla luce delle situazioni intervenute, abbiamo stabilito che, prima di dare nuove concessioni, è necessario adeguare la legge regionale al decreto Ronchi. Abbiamo introdotto previsioni che riguardano anche gli autodemolitori e che dovrebbero consentire di cominciare ad affrontare progressivamente l'adeguamento al decreto, in modo che entro i primi mesi del prossimo anno il piano regionale sia ridefinito per quanto riguarda il trattamento dei rifiuti.

Sulla questione della ditta Nucera potrà dilungarsi maggiormente la dottoressa Bersani. Per il periodo in cui ho rivestito la qualifica di assessore non mi risulta nulla di specifico.

Per quanto concerne l'inceneritore, l'impianto di termovalorizzazione dei rifiuti, la regione, la provincia, il comune e l'autorità portuale circa un anno fa hanno definito un protocollo d'intesa con l'ENEL basato sul seguente presupposto: l'ENEL possiede in ambito portuale una centrale a carbone con una potenza di 300 megawatt; il progetto è di far cessare l'attività per 150 megawatt realizzando, in adiacenza alla centrale ed utilizzando in parte impianti contenuti nella centrale, un inceneritore, un termoutilizzatore, con recupero energetico. Tale proposta, dal punto di vista del bilancio ambientale, non ha paragoni, nel senso che chiudere 150 megawatt a carbone - l'onorevole Scalia è esperto in materia - e realizzare un impianto tecnicamente avanzato, dopo la raccolta differenziata e il pretrattamento, vuol dire realizzare una soluzione certamente positiva dal punto di vista ambientale. Abbiamo calcolato che, tra la chiusura dell'impianto e gli interventi da realizzare sugli altri 150 megawatt, oltre che con la costruzione dell'inceneritore, avremo un abbattimento del 50 per cento delle emissioni rispetto all'attuale situazione.

Ci si potrebbe domandare perché si deve realizzare l'impianto proprio lì. L'ambito metropolitano genovese produce 1.200 tonnellate di rifiuti al giorno, che sono smaltite nella discarica di Scarpino. Tale discarica, come tutte le discariche, è nata storicamente perché in quel sito si andavano a buttare i rifiuti. Poi quella nota come Scarpino 1 è stata chiusa e si è realizzata Scarpino 2, perché i rifiuti bisogna pur metterli da qualche parte.

GIOVANNI LORENZO FORCIERI. Dove si trova?

NICOLO' ALONZO, Assessore all'ambiente della regione Liguria. Alle spalle di Sestri Ponente, nell'entroterra, a qualche chilometro dalla costa. E' comune di Genova. Ma la situazione è già precaria, al punto che abbiamo concordato con il Ministero dell'ambiente di realizzare degli interventi per la risoluzione di problemi storici di trattamento del percolato e dell'eluato e di risistemazione della discarica in modo da poter continuare a smaltire a Scarpino ancora per qualche tempo. Ma ribadisco che la situazione è precaria, in primo luogo perché sono necessari consistenti interventi di risanamento ed in secondo luogo perché si tratta di una discarica che non può avere lunga vita: è necessario trovare una soluzione per lo smaltimento dei rifiuti della città di Genova. Ci è sembrato pertanto utile cogliere l'opportunità offerta da quell'area, tenendo presente che è un'area industriale portuale. E' vero che lì si trova la Lanterna, simbolo di cui abbiamo tutti il massimo rispetto, ma è una centrale ENEL, vi sono i terminal carboniferi e centinaia di contenitori. Si tratta di un'area industriale portuale, e il decreto Ronchi afferma che gli impianti di questa natura devono essere collocati in questo tipo di aree. Questo non significa che non vi siano opposizioni, anzi, vi sono stati esposti e denunce.

ANGELO STANISCIA. Qual è il motivo di queste opposizioni?

NICOLO' ALONZO, Assessore all'ambiente della regione Liguria. Si afferma che non si dovrebbe agire in adiacenza alla Lanterna, che è il simbolo di Genova. Nelle fotografie che ho portato si può vedere la posizione della Lanterna e della centrale dell'ENEL. Intendiamo realizzare l'inceneritore in adiacenza a questo impianto.

PRESIDENTE. Pertanto, metà dell'impianto termoelettrico è destinato ad essere chiuso.

NICOLO' ALONZO, Assessore all'ambiente della regione Liguria. Sì, il gruppo termoelettrico a carbone si riduce da 300 a 150 megawatt, sempre a carbone, anche se avevamo pensato al metano, ma i problemi da risolvere, dal punto di vista tecnico oltre che politico, sarebbero troppo grandi. Comunque, si farà una serie di interventi sull'elettrofiltro ed altro in modo che, con l'impianto di incenerimento, si avrà un abbattimento del 50 per cento rispetto alle emissioni attuali. E' inoltre in corso la predisposizione dello studio di valutazione di impatto ambientale e sono in corso incontri con il Ministero dell'ambiente per definire il procedimento che dovrebbe portare ad un accordo di programma per tutte le questioni con questo procedimento. Il procedimento di valutazione di impatto ambientale non è ancora iniziato, ma deve far parte della procedura. Il sito individuato non corrisponde al piano. Il piano, infatti, fotografando la situazione esistente, aveva stabilito che l'inceneritore potesse essere collocato nell'area di Scarpino. Ma la situazione di quest'area è piuttosto problematica, anche perché i calcoli eseguiti sul dispendio energetico e sui costi di trasporto dei rifiuti a Scarpino sono tali da consigliare di non creare l'impianto lì. La strada per Scarpino, infatti, è di montagna e un camion impiegherebbe alcune ore a percorrerla, implicando notevoli costi per i comuni e per la stessa azienda municipalizzata che gestisce il trattamento dei rifiuti.

Chiederei alla dottoressa Bersani di intervenire sulla questione dei Nucera.

MARIA TERESA BERSANI, Dirigente dell'ufficio raccolta differenziata della regione Liguria. La ditta Nucera era la ditta individuale da noi autorizzata alla raccolta e al trasporto dei rifiuti urbani. Durante la vigenza dell'autorizzazione regionale, abbiamo appreso dalla procura di Verbania che era stata sottoposta ad un procedimento penale che si era concluso con un patteggiamento per avere utilizzato un'autorizzazione falsa che serviva per continuare a smaltire rifiuti provenienti dalla Liguria in provincia di Novara. Ciò aveva determinato un avvio di procedimento da parte nostra per la revoca della autorizzazione per approfondimenti. La ditta ha risposto con controdeduzioni tramite i suoi legali.

PRESIDENTE. Può fornirci le date, anche approssimative?

MARIA TERESA BERSANI, Dirigente dell'ufficio raccolta differenziata della regione Liguria. Questo è accaduto tra la fine del 1994 e l'inizio del 1995. Abbiamo proseguito l'approfondimento dei motivi del procedimento penale, anche se il patteggiamento non è una vera condanna. Il nostro ufficio legale ha approfondito la questione. Ad un certo punto, il titolare della ditta Nucera ha ceduto la titolarità della ditta al figlio: pertanto, è venuto meno il presupposto, dato che il procedimento penale era personale, per intervenire nei confronti del figlio. Decaduto il motivo del contendere, la nuova società, di Nucera Francesco, è stata autorizzata a continuare. La cosa è stata portata all'albo degli smaltitori, ma non so se la nuova società sia stata iscritta all'albo.

L'ufficio legale della regione, inoltre, è stato rappresentato in una commissione d'inchiesta istituita dalla prefettura nel 1995. Credo che non abbia portato ad esiti di alcun tipo, non essendoci pervenuta alcuna segnalazione. Ricordo che, prima del rilascio dell'autorizzazione, abbiamo chiesto tutti i certificati necessari (antimafia, penale) oltre alle garanzie finanziarie, alle fideiussioni da parte delle banche, che sono state regolarmente versate.

PRESIDENTE. Riguardo all'iscrizione all'albo degli smaltitori dovrebbe esservi la massima certezza, trattandosi di uno dei segmenti più delicati del ciclo dei rifiuti. Anche in base all'esperienza della precedente Commissione monocamerale d'inchiesta, emerge che talvolta vi si possono annidare degli illeciti. Lei ha affermato che non sa se la ditta è stata iscritta all'albo, ma questo è un requisito fondamentale, la cui sussistenza ogni amministrazione dovrebbe valutare a priori prima di concedere l'assicurazione.

MARIA TERESA BERSANI, Dirigente dell'ufficio raccolta differenziata della regione Liguria. Sì, ma era già autorizzata. Ho detto che la pratica si trovava anche presso l'albo degli smaltitori. La regione non ha rinnovato l'autorizzazione: i decreti-legge in materia di recupero prevedevano che le amministrazioni, in attesa dell'avvenuta iscrizione all'albo degli smaltitori, potevano modificare l'autorizzazione già concessa, ovvero sospenderla o revocarla. Pertanto, non abbiamo dato alcuna nuova autorizzazione, in quanto la competenza, dal giugno 1994 è stata attribuita all'albo degli smaltitori. Abbiamo provveduto ad una modifica dell'autorizzazione, comunicata all'albo affinché ne tenesse conto. Non sono in grado di dire se l'iscrizione sia avvenuta: dovrei recarmi in ufficio per controllare.

PRESIDENTE. Prego allora l'assessore Alonzo di far pervenire alla Commissione una memoria contenente anche le osservazioni dell'ufficio legale della regione che si è interessato della questione.

NICOLO' ALONZO, Assessore all'ambiente della regione Liguria. Sì. Dobbiamo anche recuperare il parere del nostro ufficio legale.

PRESIDENTE. Sì, vorremmo tutti gli elementi a disposizione della regione riguardanti questa vicenda.

ANGELO STANISCIA. Vorremmo sapere se la ditta Nucera smaltisca in discariche autorizzate o meno. Sembra che i prezzi che pratica siano bassi e che gli altri non possano competere. Sorge quindi il dubbio che lo smaltimento avvenga in maniera non legale.

In base al decreto Ronchi, la regione ha organizzato la raccolta differenziata dei rifiuti? A che punto si trova l'attuazione di questo decreto? Poco fa l'assessore ha detto che la gestione dello smaltimento dei rifiuti prevista nel piano regionale è pubblica.

NICOLO' ALONZO, Assessore all'ambiente della regione Liguria. Le discariche. La realizzazione delle discariche deve avvenire su un'area pubblica e ad opera dei comuni.

ANGELO STANISCIA. Invece la gestione della discarica avviene secondo la legge n. 142.

NICOLO' ALONZO, Assessore all'ambiente della regione Liguria. Sì, in base alla legge n. 142 il comune può affidare...

ANGELO STANISCIA. E vi sono esempi di gestioni affidate a privati? Quanto costa e come avviene lo smaltimento? Vengono smaltiti, in tali discariche, anche rifiuti non urbani?

GIUSEPPE SPECCHIA. L'assessore ha parlato delle discariche liguri e del futuro impianto termodistruttore. Esistono in Liguria, oltre alle discariche, impianti diversi di smaltimento?

Vorrei inoltre sapere se, nello smaltimento di altri tipi di rifiuti, la Liguria sia autosufficiente. Inoltre, domando se arrivino in Liguria i rifiuti di altre regioni. Lo chiedo anche perché il trasporto dei rifiuti può essere collegato ad attività illegali.

A proposito della questione della ditta Nucera, non ho compreso se, nella fase di passaggio della titolarità dal padre al figlio, vi sia stato un momento di sospensione. Questo è importante per capire se per un breve periodo la ditta abbia operato senza autorizzazione: infatti, se ciò fosse accaduto, vi sarebbero responsabilità dei soggetti che avessero consentito questo comportamento.

ORESTE ROSSI. Vorrei dei chiarimenti sulla situazione della discarica di Magliolo e della discarica della Mazzucca. Mi risulta infatti che siano state aperte inchieste - ad opera del dottor Acquarone - sia sulla Magliolo sia sulla Mazzucca. Vorrei inoltre sapere se l'analisi del percolato della discarica di Bossarino sia compiuta, anziché dalla regione, che comunque ha speso più di un miliardo per i rilevatori, direttamente dalla ditta proprietaria della discarica, mediante un proprio rilevatore. Se questo è vero, vorrei sapere se uno dei titolari di questa discarica sia attualmente indagato per ecomafia.

NICOLO' ALONZO, Assessore all'ambiente della regione Liguria. Per quanto riguarda la ditta Nucera, ci riserviamo di presentare alla Commissione una nota scritta, anche per essere più precisi. Abbiamo preso atto che vi è stata una condanna, anzi una non condanna, perché il processo si è concluso con un patteggiamento, per attivare un procedimento per la revoca dell'autorizzazione. Ma ad un certo punto, il soggetto interessato si è ritirato, e la titolarità è passata al figlio. Pertanto, dal punto di vista giuridico ed amministrativo le cose sono cambiate (anche se non so se sono cambiate nel concreto), perché la società si è ricostituita in altro modo. Comunque saremo più precisi nella nota che vi faremo pervenire.

Per quanto riguarda la raccolta differenziata, alla fine del 1996 abbiamo provveduto alla predisposizione del piano regionale per la raccolta differenziata. Questo piano dovrà essere adeguato al decreto Ronchi, in quanto costruiva le linee per la realizzazione di un sistema per la raccolta differenziata indicando i siti e come doveva essere organizzata la raccolta. Stiamo stipulando degli accordi con gli utilizzatori del vetro, della plastica e della carta sulla base di intese nazionali, per favorire questo processo. Il nostro piano prevede di raccogliere, in due anni, almeno il 15 per cento dei rifiuti in termini differenziati. Ora lo dovremo adeguare alle previsioni del decreto Ronchi, che dice altre cose. Ma l'importante è che il sistema sia avviato, perché se non ci sono i siti e non si provvede alla raccolta è tutto inutile. Siamo partiti in anticipo e ora le province hanno il compito di realizzare il sistema. Abbiamo agito anche in direzione dell'attuazione degli obiettivi comunitari 5B e 2, che riguardano buona parte della nostra regione, in modo da avere misure a sostegno della realizzazione dei siti, della loro predisposizione e della loro organizzazione, per favorire questo processo. Per cui, piano, indicazione di siti, finanziamenti comunitari; ora, con le province, vediamo di far decollare il sistema.

ANGELO STANISCIA. Anche per realizzare gli impianti.

NICOLO' ALONZO, Assessore all'ambiente della regione Liguria. Sì, per realizzare il sistema, per realizzare il sito e comprare le attrezzature.

PRESIDENTE. Bisognerebbe capire, nella programmazione regionale, che poi dovrà collimare con il decreto legislativo n. 22 del 1997, quanti impianti siano previsti e di quale tipo.

NICOLO' ALONZO, Assessore all'ambiente della regione Liguria. Lo schema di provvedimento individua in ogni realtà territoriale dei centri di conferimento ed individua anche dei centri di lavorazione. Si danno indicazioni su quanti possano essere, grosso modo (ma lasciamo alle province ed ai comuni l'organizzazione), i centri di conferimento, che devono essere ben collocati nel territorio, e su come lavorare sul centro che ha la funzione di trovare il giusto livello economico; ve ne possono essere solo alcuni in ogni provincia, perché altrimenti vengono meno le condizioni economiche che permettono di realizzare questi impianti. L'organizzazione prevede che sia la provincia, con i comuni, ad individuare con precisione i siti per il conferimento della raccolta differenziata e quelli dove realizzare la fabbrica per la lavorazione dei rifiuti stessi.

Per quanto riguarda i rifiuti ingombranti, sono i demolitori i soggetti ai quali rapportarci per risolvere il problema. Questo progetto è in fase (non facile) di definizione, con le province, per farlo decollare anche avendo presente che forniamo questi finanziamenti che valgono per le aree sia dell'obiettivo 2 sia dell'obiettivo 5B. Rientra nei criteri dell'obiettivo 2 una parte delle aree delle province di Genova, di La Spezia e di Savona, mentre nel 5B rientrano tutti i comuni liguri non sul mare. Pertanto dal punto di vista della realizzazione e dei finanziamenti per procedere in questo senso, le condizioni esistono.

Ho detto che tutte le discariche devono essere realizzate su aree acquisite dagli enti locali in base ad un progetto da loro predisposto. La gestione avviene sulla base della legge n. 142. L'area metropolitana di Genova affiderà all'azienda municipalizzata, che sta per evolversi, il servizio.

GIOVANNI LORENZO FORCIERI. In che senso sta per evolversi?

NICOLO' ALONZO, Assessore all'ambiente della regione Liguria. Nel senso che ormai si va verso la costituzione di società miste. L'AMGA da municipalizzata si è trasformata in una società mista. Vi sono anche stati contrasti con il TAR e la sospensione da parte del Consiglio di Stato. Voglio dire che l'evoluzione delle aziende municipalizzate in società miste e la loro possibilità di operare fuori dall'ambito comunale per cui erano nate è oggetto di qualche contraddizione. Il Consiglio di Stato ha sospeso il provvedimento del TAR che aveva negato la possibilità di operare a Ventimiglia all'AMGA, ma il quadro è in evoluzione. L'AMGA è una municipalizzata; sappiamo che il comune di Genova sta procedendo analogamente per fare in modo che l'AMIU (azienda municipalizzata igiene urbana) diventi una società mista, privatizzandola in parte. Ricordo che il 51 per cento dell'AMGA è rimasto in mano al comune mentre il 49 per cento è stato dato in offerta. E' un processo che si realizza ormai in maniera abbastanza diffusa.

In provincia di La Spezia si è realizzato un consorzio di comuni, che coprono la parte più consistente del territorio spezzino. A Savona opera una municipalizzata del comune. Quindi, vi sono gestioni dirette da parte dei comuni e gestioni date in appalto a società che eseguono la raccolta e poi conferiscono i rifiuti nelle discariche. Riguardo alle discariche presenti nel Savonese, quella di Cima Montà è del comune e fa capo all'azienda municipalizzata; la discarica del Boscaccio è del comune di Vado Ligure in società mista con privati, ma a maggioranza pubblica; la discarica di Magliolo è del comune di Magliolo, ma è gestita da privati.

Per quanto riguarda la provincia di Imperia, vi è una grossa discarica, quella di Ponticelli, che è l'unica privata. L'autorizzazione all'abbancamento di rifiuti sta per concludersi; quando questa fase sarà terminata, non saranno possibili nuove concessioni, in quanto la legge regionale prevede che le discariche si debbano realizzare in un sito pubblico.

Mi è stato chiesto se in Liguria siano presenti altri tipi di impianti. Al momento tutti i rifiuti vanno in discarica e avvengono trasporti da provincia a provincia, non essendovi ancora l'autosufficienza di ogni provincia. In funzione della realizzazione del piano che prevede discariche o impianti di trattamento con recupero energetico, abbiamo avuto la disponibilità da parte delle province a ricevere alcune quantità di rifiuti. E' qualche anno che rifiuti della provincia di La Spezia sono portati nelle province di Genova e di Savona; dal Tigullio i rifiuti vanno in provincia di Savona; quest'ultima è autosufficiente, con un programma per i prossimi cinque anni. La provincia di Imperia è invece in una situazione di precarietà, dato che la discarica di Ponticelli è in fase di esaurimento. Ricordo la situazione particolare del comune di Ventimiglia, che ha un accordo con la Francia.

Vi sono stati, di fronte a determinate situazioni, anche alcuni provvedimenti che i comuni hanno attuato in base all'articolo 12. Ora, con l'entrata in vigore del decreto Ronchi, questa procedura ha una sua regolamentazione.

GIUSEPPE SPECCHIA. E per gli altri tipi di rifiuti?

NICOLO' ALONZO, Assessore all'ambiente della regione Liguria. Ho detto che abbiamo, o meglio avevamo, due discariche per rifiuti speciali, una a Pitelli e l'altra a Bossarino di Vado ligure. La discarica di Pitelli accoglieva non solo rifiuti dal territorio ligure ma anche, sulla base di alcune intese, rifiuti speciali provenienti da fuori. Per alcuni versi, ciò è valso anche per Bossarino. Quindi, sulla base di convenienze, di valutazioni economiche, e anche perché la Liguria non è autosufficiente, i rifiuti di questo tipo non vanno solo nella discarica di Bossarino e non andavano solo in quella di Pitelli ma anche altrove. Per quanto riguarda i rifiuti tossico-nocivi siamo completamente dipendenti da aree fuori della regione, perché non abbiamo impianti per questo trattamento, a parte il piccolo forno di Pitelli che però ha subito la sorte di tutta la discarica.

Per quanto riguarda Magliolo, vi sono due discariche. La vecchia è chiusa, l'altra è in attività. Sulla discarica chiusa vi sono state e sono in corso azioni; ma io sono sempre portato a distinguere le azioni della magistratura che mirano alla ricerca di reati e quelle della pubblica amministrazione, che devono cercare di essere corrette rispetto ai procedimenti. La situazione esiste da tanto tempo, ma non ha determinato alcun atto concreto. Voglio dire che ci sono delle indagini, nel senso che il magistrato indaga, al punto che in accordo con la provincia...

PRESIDENTE. Quale provincia?

NICOLO' ALONZO, Assessore all'ambiente della regione Liguria. La provincia di Savona. La discarica di Magliolo si trova in provincia di Savona, alle spalle di Pietra Ligure. In accordo con la provincia, in relazione alla presentazione di un progetto per l'estrazione del biogas nella discarica tramite 11 buchi, abbiamo concordato di essere presenti durante l'esecuzione degli 11 carotaggi per vedere come fossero composte le carote. La provincia di Savona ha esteso l'indagine con altri 10-12 carotaggi anche ad altre parti della discarica. Questo perché vi sono voci ricorrenti secondo le quali sono stati buttati dei fusti; uno scaricatore lo avrebbe dichiarato a un magistrato. La verità è che di fatti concreti e precisi non ce ne sono, e in ogni caso ciò che si sta facendo è in relazione ad un progetto per l'estrazione del biogas. Non solo si controllano gli 11 fori per la captazione, ma ne sono stati fatti altri 10 o 12 in modo da operare una sorta di groviera nella discarica per far emergere eventuali spiacevoli sorprese, ma speriamo proprio che non accada.

Il terreno della discarica Mazzucca è in adiacenza ad un fiume dove sono stati smaltiti e rinvenuti rifiuti tossico-nocivi. Noi abbiamo registrato la presenza di tali rifiuti ed è in atto un'azione della magistratura. Abbiamo istituito una commissione, un gruppo di lavoro, che ha sottoposto a monitoraggio la situazione della discarica e del fiume e ha registrato che, fortunatamente, non vi sono movimenti, nel senso che il rifiuto è stabile. Nonostante questo, abbiamo già fatto un primo finanziamento, che completeremo nei prossimi mesi, per realizzare un diaframma plastico che isoli la discarica rispetto a quella parte di fiume. I rifiuti rimarranno lì, perché credo che sarà difficile portarli via.

Su Bossarino non mi risulta quanto ha affermato l'onorevole Rossi, nel senso che la provincia è titolare dell'esecuzione dei controlli. So che tali controlli vengono eseguiti e non mi risulta che nella discarica di Bossarino siano emersi problemi: nessuno ce li ha segnalati.

ORESTE ROSSI. Ma io avevo chiesto se sia vero che i controlli siano compiuti dal privato anziché dall'ente pubblico.

NICOLO' ALONZO, Assessore all'ambiente della regione Liguria. I controlli vengono fatti dall'ente pubblico. Può darsi, però, anzi credo che lo stesso titolare della discarica, che da questo punto di vista è molto rigoroso, compia tutti i suoi controlli. Anzi, egli rifiuta di accogliere rifiuti speciali se rientrano in determinate classificazioni. Mi risulta che sia tutto in regola dal punto di vista della persona e della società, che credo sia di sua proprietà. Non risulta niente di negativo al riguardo, non ci sono mai state segnalazioni su eventuali problemi prodotti dalla discarica.

PRESIDENTE. Lei ha accennato più volte al fatto che la regione non ha capienza sufficiente per accogliere rifiuti pericolosi, e in particolare tossico-nocivi. Ci può delineare schematicamente qual è il flusso che parte dalla regione Liguria di questi rifiuti e dov'è diretto? Ci interessano in particolare le ceneri pesanti delle centrali ENEL di Vado Ligure, Savona, La Spezia e Genova. La prego di integrare la risposta sintetica che darà con una memoria scritta ad hoc sulla questione dei rifiuti pericolosi, ed in particolare dei tossico-nocivi.

NICOLO' ALONZO, Assessore all'ambiente della regione Liguria. Chiedo di rispondere alla dottoressa Bersani.

MARIA TERESA BERSANI, Dirigente dell'ufficio raccolta differenziata della regione Liguria. Preciso che nel piano abbiamo previsto una discarica dedicata alle ceneri ENEL della centrale di La Spezia, nel comune di La Spezia. Però non abbiamo avuto da parte dell'ENEL nessuna intenzione di conferire tali ceneri, tant'è che questa discarica, la cui istituzione è stata approvata nel 1992, è rimasta completamente inattiva. L'ENEL considera le proprie ceneri come residui destinati al riutilizzo.

PRESIDENTE. Ho parlato non casualmente di ceneri pesanti, perché le ceneri leggere trovano ancora mercato. Invece, proprio per ammissione dell'ENEL, le ceneri pesanti trovano mercato soltanto nel senso che chi compra le leggere può essere disposto ad accollarsi una frazione di ceneri pesanti. Credo che con il superamento del concetto di residuo, e soprattutto della quotazione attraverso la camera di commercio di determinati tipi di rifiuti, che da rifiuto si trasformano miracolosamente in merce, cosa che non è più possibile fare essendo entrato in vigore il decreto legislativo n. 22, il problema delle ceneri pesanti sia tutto aperto.

Ritengo che possiamo fermarci qui in attesa di una vostra memoria scritta, con una risposta più meditata, sui temi che abbiamo sollevato.

NICOLO' ALONZO, Assessore all'ambiente della regione Liguria. Abbiamo chiesto una risposta all'ENEL che ce la invierà.

PRESIDENTE. Vi ringraziamo.

 

Incontro con il comandante della regione Liguria dell'Arma dei carabinieri.

PRESIDENTE. Saluto a nome della Commissione parlamentare d'inchiesta il colonnello Scandone e gli altri ufficiali dei carabinieri presenti.

GIULIANO SCANDONE, Comandante della regione Liguria dell'Arma dei carabinieri. Signor presidente, sono accompagnato dal colonnello Marturano, comandante della provincia di Genova, dal capitano Bernardi, comandante del nucleo operativo di La Spezia e dai colleghi del NOE di Torino, perché la regione Liguria in questo campo fa capo al capoluogo piemontese. Sono qui per rispondere a eventuali questioni di carattere specifico.

PRESIDENTE. La ringrazio. Vorremmo che lei e i suoi collaboratori ci deste un quadro sintetico sulla situazione dei rifiuti in Liguria. Tenete conto che le vostre considerazioni in questo incontro potranno essere integrate con memorie scritte che vi potremo richiedere. Vorremmo sapere dall'Arma quali sono i flussi all'interno del ciclo dei rifiuti che abbiano natura sospetta, sia nel settore del trasporto sia in quello del conferimento e dello smaltimento. Vorremmo quindi notizie su eventuali attività illecite. Domani la Commissione si recherà presso il tribunale di La Spezia per ascoltare i magistrati titolari di un'inchiesta in materia e compirà un sopralluogo nella discarica di Pitelli.

GIULIANO SCANDONE, Comandante della regione Liguria dell'Arma dei carabinieri. Se mi consente una brevissima premessa, vorrei dire che i nostri organi territoriali eseguono anche servizi mirati al controllo delle discariche. La normale attività di controllo in questo settore è svolta dai comandi di stazione e dai comandi operativi. Il colonnello Marturano ha portato un brevissimo riepilogo dei principali motivi di intervento dei carabinieri, che tra poco illustrerà rapidamente.

Una delle questioni di nostro interesse è quella di La Spezia, sia per la discarica di Pitelli, che visiterete domani, sia per la nuova e ipotizzata discarica di materiali di piombo. E' in corso di definizione l'ipotesi di effettuare un monitoraggio nella vecchia fabbrica dell'Italpiombo. A questo proposito, però, non mi sento di dire nulla di specifico, dato che è discutibile, dal punto di vista tecnico, se fare o meno il monitoraggio. Non sono in condizione di dire altro.

Nulla di specifico ritengo di dire sull'ACNA di Cengio, che in passato ha creato parecchi problemi dal punto vista dell'ordine pubblico; dal punto di vista tecnico non sono in condizione di dire nulla.

Un altro grandissimo fattore inquinante che ci ha coinvolto è stato il naufragio della nave Haven; tuttora, periodicamente, i nostri sommozzatori eseguono un monitoraggio su questo bastimento affondato per controllare eventuali fuoriuscite di petrolio, che a distanza di anni continuano ogni tanto a verificarsi. Questo è uno dei compiti primari dei nostri sommozzatori di Genova.

PRESIDENTE. Colonnello Marturano, visto che i carabinieri si occupano di monitorare la Haven, è risultata dall'attività dei sommozzatori l'ipotesi affacciata da qualcuno che esista una qualche forma di conferimento di parti di questa nave affondata in discariche?

ANTONIO MARTURANO, Comandante provinciale dell'Arma dei carabinieri di Genova. Non ho dati su questo aspetto. I dati che posso comunicare sono riferiti soprattutto all'attività di controllo effettuata dall'Arma. Sono in possesso di dati abbastanza precisi relativamente al periodo compreso fra il 1984 e il 1995, su cui abbiamo ricevuto richieste specifiche.

Abbiamo effettuato controlli su 104 discariche pubbliche e 53 private e sono state elevate 176 contravvenzioni di carattere amministrativo. L'Arma ha effettuato 6 sequestri, di cui 5 su delega dell'autorità giudiziaria e uno di propria iniziativa. Questo per il periodo 1984-1995.

Assai più recente è l'attività di controllo effettuata insieme con il NOE, trattandosi di controlli di natura soprattutto tecnica. Negli ultimi due mesi sono state controllate 11 ditte artigiane e 4 autocarrozzerie ed elettrauto ed è stata rilevata la presenza di 2 discariche abusive, per cui sono stati denunciati il sindaco di Genova e il sindaco di Santo Stefano d'Aveto. Sono stati controllati stabilimenti balneari, depuratori, cantieri navali, depositi di lubrificanti, ambulatori e uffici d'igiene comunali. Sono stati denunciati 10 titolari o legali rappresentanti di ditte o società per varie violazioni connesse con le norme previste dalle leggi vigenti. In particolare, sono stati denunciati 4 sindaci (i due in carica e i due predecessori) per una discarica a Santo Stefano d'Aveto e una discarica presunta tale nel parco di Nervi (si trattava di materiale da taglio accumulato nel parco, costituendo una vera e propria discarica). Oltre al sindaco, è stato denunciato anche il direttore del servizio giardini e foreste del comune.

Per quanto attiene alla domanda specifica rivolta dal presidente, negli ultimi tempi sono stati eseguiti parecchi controlli (non soltanto dai carabinieri), anche per stabilire se vi potesse essere un legame tra la raccolta dei rifiuti e l'eventuale presenza di criminalità organizzata. In provincia di Genova fino ad ora riteniamo che non sussistano elementi tali da far ritenere che vi sia un nesso tra criminalità organizzata e il problema del rifiuti. Questo, ripeto, allo stato delle indagini, non soltanto nostre (perché se ne è parlato nel corso delle riunioni con i magistrati della procura nazionale antimafia).

PRESIDENTE. I rappresentanti del NOE desiderano integrare quanto la Commissione ha appreso finora?

ANGELO D'ALESSIO, Comandante del NOE dei carabinieri di Torino. Per quanto riguarda le domande specifiche, non ci sono elementi che facciano presupporre che vi siano collegamenti con la malavita organizzata. Allo stato degli atti, non risulta nulla su questo fronte.

GIANTELESFORO BERNARDI, Comandante del nucleo operativo dell'Arma dei carabinieri di La Spezia. Per quanto riguarda La Spezia, potrete assumere notizie sicuramente più precise nella giornata di domani. Il fatto più eclatante è stato quello inerente alla discarica di Pitelli, che tra l'altro ha portato all'arresto di Orazio Duvia. E' in corso un'indagine da parte del Corpo forestale dello Stato per incarico dell'autorità giudiziaria di La Spezia. Inoltre, vi è stato il recente ritrovamento di residui di piombo nell'area della CERMET, cioè l'ex Italpiombo, con sospetti interramenti di sostanze nocive nell'area retroportuale di Santo Stefano di Magra e lungo le sponde del Magra. Come diceva il colonnello, si sta valutando se si possono effettuare dei carotaggi o meno.

Posso aggiungere alcune considerazioni sullo smaltimento dei residui a La Spezia. I rifiuti solidi urbani prodotti nel comune e nella provincia vengono smaltiti nelle seguenti discariche pubbliche: Le Gronde di Bonassola per i comuni di Vernazza, Monterosso al mare, Framura, Levanto, Bonassola e Deiva marina; Carro, Maissana e Varese ligure hanno discariche proprie; vi è poi una stazione di pretrattamento sita in località Boscalino di Arcola per i comuni di La Spezia, Follo, Bolano, Lerici, Portovenere e Riomaggiore, nonché i centri della Val di Magra. L'impianto gestito dal Consorzio intercomunale rifiuti provvede a separare la parte secca dalla parte umida. La prima è portata in località Vallescura, che ha ancora una certa capienza, fino ad arrivare al riempimento della quarta vasca (di Vallescura potrà parlare il collega del NOE, perché il NOE se ne è interessato su richiesta di un PM di La Spezia, eseguendo tre inchieste: una su Pitelli e Pagliari, una su Vallescura e l'altra sull'Ocean). Invece la parte umida è smaltita al momento in siti di Genova e Pontedera.

ORESTE ROSSI. Non avete fatto cenno alla questione della discarica della Mazzucca. A me risulta vi siano 40 mila metri cubi di rifiuti tossico-nocivi sul greto della Bormida, presenza confermata anche dall'assessore all'ambiente, che ha detto che è in atto un progetto per impedire che tali rifiuti finiscano nel fiume.

GIANTELESFORO BERNARDI, Comandante del nucleo operativo dell'Arma dei carabinieri di La Spezia. Il fiume Bormida non interessa La Spezia.

PRESIDENTE. Però sono presenti ufficiali competenti sulla Liguria e anche del NOE di Torino.

ANGELO D'ALESSIO, Comandante del NOE dei carabinieri di Torino. Non siamo intervenuti.

ORESTE ROSSI. Quindi rimane a verbale che non avete informazioni sulla discarica Mazzucca. Le avete sulla discarica di Cairo Montenotte, dove è morto un operatore durante le operazioni di sgombero di fusti contenenti tossico-nocivi?

GIULIANO SCANDONE, Comandante della regione Liguria dell'Arma dei carabinieri. Non abbiamo elementi.

ORESTE ROSSI. Vi è poi la questione della Haven. Si dice, infatti, che ogni tanto il greggio continui ad uscire. Vorrei sapere se questo sia vero o meno. Inoltre, vi risulta che siano stati bruciati rifiuti tossico-nocivi nei forni dell'Italiana Coke?

GIULIANO SCANDONE, Comandante della regione Liguria dell'Arma dei carabinieri. Per la Haven posso dire che eseguiamo periodicamente dei monitoraggi. Fino a questo momento non risulta che i subacquei abbiano trovato tracce di petrolio. Sul resto non abbiamo elementi.

GIOVANNI LORENZO FORCIERI. Nel corso dell'audizione del dottor Maritati, della procura nazionale antimafia, è emerso che il nesso tra la criminalità organizzata e lo smaltimento dei rifiuti sembrerebbe essere di un livello più basso rispetto a quello della criminalità organizzata operante in altri settori. Ma nell'incontro di poco fa con il prefetto di Genova è emerso un elemento di sospetto sull'attività di smaltimento di rifiuti che avviene nel Tigullio attraverso l'impresa Nucera. Anche sulla base di una relazione approvata dalla Commissione antimafia nel 1995, si avanzano dei sospetti in materia. Questa sera tale sospetto è stato riproposto con una certa forza, anche se è stato precisato che è stata eseguita una serie di indagini e di accertamenti da sei commissioni che hanno escluso fenomeni di questo tipo o collusioni della famiglia Nucera con fenomeni di criminalità. Sembra tuttavia che il sospetto, almeno a livello del prefetto, permanga. Qual è la vostra posizione in merito?

PRESIDENTE. Tra l'altro abbiamo appreso che vi è stato un passaggio di titolarità della ditta Nucera dal padre al figlio. Poiché il padre era soggetto ad un provvedimento giudiziario che l'ha portato ad un patteggiamento, ha ceduto l'attività al figlio. In genere in cambio di titolarità da padre a figlio non è sinonimo della massima trasparenza.

ANTONIO MARTURANO, Comandante provinciale dell'Arma dei carabinieri di Genova. Come ho detto prima, l'argomento è stato trattato anche in sede di riunioni con il magistrato della direzione nazionale antimafia. Le indagini su questa famiglia sono state fatte un po' da tutti, e infatti prima mi riferivo a loro. Ho saputo oggi pomeriggio che è stata compiuta addirittura un'indagine genealogica per vedere se vi fosse un nesso con i più famosi Nucera, ben noti in Calabria. Finora, in base a quanto abbiamo raccolto non soltanto noi carabinieri, ma anche la Guardia di finanza e la DIA, sembra che non ci siano elementi che riconducano ad un'ipotesi del genere. Do lettura di una lettera: "I numerosi controlli e le accurate indagini compiuti in questi ultimi anni in ordine alle problematiche legate all'argomento in oggetto non hanno permesso di acquisire elementi utili atti ad avvalorare l'ipotesi di connessioni fra le attività indicate e la criminalità organizzata". In provincia di Genova le uniche indagini sono state fatte proprio su questa famiglia, e non soltanto da noi.

GIOVANNI LORENZO FORCIERI. Mi soffermo brevemente sul problema della discarica di Pitelli, che la Commissione visiterà domani, e sul complesso dello smaltimento dei rifiuti, sia urbani sia tossico-nocivi, a La Spezia. Questa sera ci è stato ricordato che anche trasmissioni televisive hanno parlato della presenza di ecomafie. Mi pare invece che quel fenomeno si possa ricondurre a corruzione diffusa e ad altre questioni che stanno emergendo. Ma ripeto che in un incontro di oggi si è parlato di fenomeno di ecomafia legato a questo tipo di smaltimento di rifiuti. E' possibile che vi sia un fenomeno di questo tipo?

PRESIDENTE. Anche se questa Commissione spesso viene chiamata impropriamente Commissione sulle ecomafie, in realtà non teniamo particolarmente a ravvisare ovunque la presenza della criminalità organizzata. Ci interessa però sapere se, al di là di un'eventuale presenza della criminalità organizzata (che però mi sembra sia stata esclusa nell'ultimo intervento del colonnello Marturano, almeno fino a questo momento) esistano in generale illeciti, anche se non necessariamente riconducibili al 416-bis.

GIANTELESFORO BERNARDI, Comandante del nucleo operativo dell'Arma dei carabinieri di La Spezia. Devo essere sincero: non ho elementi da fornire in questa sede, anche perché l'indagine di Pitelli è stata eseguita con molta riservatezza dal Corpo forestale. Non ho elementi per rispondere a questa domanda.

PRESIDENTE. Approfondiremo la questione domani a La Spezia.

Vi ringraziamo.

 

Incontro con i rappresentanti della Legambiente e del WWF.

PRESIDENTE. Nel salutare i rappresentanti delle associazioni ambientaliste, li prego di esporre in modo sintetico i dati in loro possesso sulle materie di interesse di questa Commissione di inchiesta, tenendo conto che la documentazione scritta che hanno predisposto rimarrà agli atti della Commissione stessa.

UGO FIECHTER, Rappresentante della Legambiente di La Spezia. Signor presidente, preciso innanzitutto che la documentazione che consegniamo alla Commissione è stata predisposta congiuntamente dalla Legambiente e dal WWF. Sul dossier che abbiamo preparato chiediamo per il momento riservatezza, anche se parte del materiale in esso contenuto è già a conoscenza dei magistrati che stanno indagando sul problema dei rifiuti in Liguria. Prossimamente i nostri legali consegneranno ai magistrati competenti gli ultimi atti da noi raccolti. Successivamente, quando avremo una conferma da parte della magistratura su quanto possa essere reso pubblico e quanto debba rimanere riservato, è nostra intenzione divulgare i dati tramite un libro bianco.

PRESIDENTE. A questo proposito, le ricordo che se nel corso dell'incontro riterrà che alcune notizie debbano essere sottoposte a regime di riservatezza lo potrà richiedere.

UGO FIECHTER, Rappresentante della Legambiente di La Spezia. Va bene. Il dossier che abbiamo preparato è il risultato di numerosissimi incontri e di una grande mole di materiale che abbiamo avuto dalle associazioni ambientaliste e dai comitati di cittadini che in questi anni hanno seguito il problema dello smaltimento dei rifiuti nelle varie province. Il dossier è ricchissimo di dati e documenti e contiene anche moltissimi fatti non noti alla stampa, parlando anche di collegamenti che secondo noi sono emersi chiaramente in quella che abbiamo chiamato la "rifiuti connection" ligure. Nel dossier è evidente come in Liguria vi siano coinvolgimenti di tutto il sistema di smaltimento rifiuti, dai solidi urbani ai tossico-nocivi, fino al problema delle navi su cui vi parlerà Stefano Lenzi.

E' abbastanza difficile condensare in pochi minuti le miriadi di considerazioni e la documentazione che abbiamo allegato. Pertanto, dichiariamo fin d'ora alla Commissione che siamo disponibilissimi a farci sentire, se lo riterrete opportuno, in qualunque momento e per qualsiasi approfondimento. Sottolineo che la documentazione allegata alla nostra relazione è una piccolissima parte rispetto al materiale che potremmo effettivamente fornire agli organi inquirenti. Il problema dello smaltimento dei rifiuti in Liguria è ormai un fatto di cronaca non solo giudiziaria. E' emerso con violenza, perché è dagli anni ottanta che in Liguria si sono compiuti disastri ambientali ed ecologici di immani proporzioni, ben difficilmente sanabili, anche perché, da parte delle amministrazioni competenti, non vi è assolutamente la volontà di rimediare a quanto è stato fatto. Alcuni episodi che riguardano le discariche dello Spezzino ed altre discariche liguri sono sintomatiche di quest'atteggiamento; tant'è vero che le pochissime azioni condotte dal punto di vista amministrativo per la bonifica o il risanamento si sono ridotte a niente altro che alla reiterazione dell'ulteriore coltivazione.

Ho seguito personalmente dall'inizio tutte le vicende legate alla discarica di Vallescura, che sono sintomatiche di ciò che accade in quasi tutti gli impianti di smaltimento della regione. Ricordo l'iniziale, molto dubbio, sistema con cui sono state a suo tempo date le autorizzazioni per le discariche. Tra l'altro, la regione Liguria si è fatta "aiutare" a stilare i vari piani di smaltimento rifiuti da consulenze pagate profumatamente, come per esempio i 4 miliardi e mezzo versati alla Termomeccanica italiana, che ha redatto in varie fasi il piano smaltimento rifiuti per conto della regione. Come leggerete nella documentazione, la Termomeccanica ha consegnato i suoi atti al consiglio regionale la notte prima dell'approvazione, come risulta dagli atti della commissione regionale sullo smaltimento dei rifiuti appositamente costituita nel 1992. E' stato anche sottolineato che i documenti utilizzati per la redazione del piano non sono stati consegnati alla regione ma sono rimasti in possesso della Termomeccanica. Dal momento dell'autorizzazione all'ultimo piano di smaltimento dei rifiuti, il complesso delle discariche nello Spezzino (che cito solo come esempio, perché nelle altre province si sono verificate le stesse cose quasi in fotocopia) è stato attuato in aree a suo tempo scelte dalla Termomeccanica, fatte acquisire da privati a prezzi agricoli irrisori e poi trasformate in impianti. Credo che questo la dica lunga su come sono stati attuati i piani di smaltimento. Purtroppo questa catena non accenna a spezzarsi, perché le stesse imprese collegate continuano a gestire gli impianti. Vi risparmio tutto ciò che riguarda la collina dei veleni di Pitelli, che ha visto agire la Sistemi ambientali e le ditte collegate, cioè sempre i soliti personaggi e le solite amministrazioni.

Riteniamo inoltre - mi scuso per la terminologia non molto tecnica, ma cerco di essere il più chiaro possibile - che sarebbe il caso che la Commissione acquisisse gli atti della commissione istituita dalla provincia di La Spezia; occorrerebbe anche che fosse acquisita la registrazione della presentazione ufficiale al consiglio provinciale in cui sono sottolineate numerose responsabilità da parte degli enti del comune, della provincia e della regione.

PRESIDENTE. Può essere più preciso? Questa commissione quando è stata insediata e da chi? Se dobbiamo acquisire gli atti, dobbiamo conoscere questi dati.

UGO FIECHTER, Rappresentante della Legambiente di La Spezia. Si tratta di una commissione che circa tre mesi fa - mi dispiace di non poter essere più preciso, ma cito a memoria - è stata incaricata dalla provincia di La Spezia di svolgere indagini soprattutto dal punto di vista delle autorizzazioni amministrative.

PRESIDENTE. Su che cosa doveva indagare?

UGO FIECHTER, Rappresentante della Legambiente di La Spezia. Inizialmente sull'intero sistema di smaltimento dei rifiuti dello Spezzino. Il presidente era Chiaretta Bramanti e ne facevano parte i consiglieri di tutto l'arco. La commissione ha presentato gli atti due o tre settimane fa al consiglio provinciale. Ho chiesto al presidente Sgorbini la relazione, ma in quel momento non era disponibile, anche se si tratta di un atto pubblico, e quindi acquisibile. Dalla relazione, comunque, emergono chiarissime responsabilità da parte della regione Liguria, che quindi è uno dei più grossi imputati, non escludendo però le responsabilità della provincia. Sebbene siano stati fatti pochi nomi, sono state chiaramente delineate le responsabilità anche da parte di organi amministrativi, nella fattispecie della provincia di La Spezia, ufficio ambiente, per quanto avvenuto a Pitelli, Vallescura, Bosco di Checco e nelle altre discariche per la totale inesistenza o insufficienza dei controlli effettuati, nonostante le continue denunce da parte di associazioni e comitati. Credo che solo in provincia di La Spezia, per la discarica di Vallescura, siano stati presentati una quarantina di esposti a vari magistrati.

Sottolineo un esposto in materia avanzato dal comitato che si occupava della discarica di Vallescura, che a suo tempo fu ascoltato da diversi magistrati qui a Genova e a La Spezia. Siamo stati anche sentiti dal comando del NOE. Abbiamo anche presentato un'interrogazione, purtroppo informale, al tribunale di La Spezia: siamo stati convocati dal signor Malaspina, a suo tempo incaricato dalla magistratura di La Spezia di svolgere le indagini sui rifiuti. Dopo poche settimane, il dottor Malaspina fu arrestato perché compariva nei libri paga di Orazio Duvia. Nonostante questo esposto, incredibilmente non siamo stati contattati dagli organi inquirenti. Ricordo che avevamo detto al signor Malaspina di parecchi collegamenti che avevamo fatto tra i personaggi che agiscono nel business dello smaltimento dei rifiuti. La prova è che alcuni dirigenti di società implicate e di cui noi avevamo parlato al signor Malaspina sono stati spostati dagli incarichi che avevano; mi riferisco in particolare alla Termomeccanica.

Mi auguro che la vostra Commissione possa dedicare uno spazio specifico a questi fatti, perché abbiamo esaminato centinaia di esposti, i principali dei quali abbiamo inserito nella documentazione. Ma siamo in possesso di un materiale molto più voluminoso di quello che vi abbiamo consegnato. Credo che meriti un approfondimento.

STEFANO LENZI, Segretario del WWF della Liguria. Fin dalla prima metà degli anni ottanta la Liguria ha una storia non certo nobile riguardo alla questione dei rifiuti, con una serie di interconnessioni tra i vari gruppi e personaggi i cui nomi ricorrono continuamente in questo periodo. Non a caso la Liguria è stata uno degli snodi principali del traffico delle navi dei veleni, che ha visto tutta una serie di società, tra cui la Trasfemar, la Ecoground, la Jollyvax e altre. Tranne la Jollyvax, avevano sede a Genova e poi sono scomparse come società di brokeraggio internazionale. Avevano costituito un sistema in un primo momento, alla metà degli anni ottanta, artigianale, ma neanche tanto, visto che i traffici erano diretti soprattutto verso i paesi dell'est, l'America latina (in particolare il Venezuela) e il nord Africa. Quel tipo di organizzazioni ha poi lasciato il segno in Liguria e si è consolidato. Abbiamo raccolto documentazione su tutto il periodo storico e l'abbiamo allegata. Si tratta di materiale prodotto da gruppi regionali, politici e da comitati, ma anche di atti parlamentari delle Commissioni di allora.

Ricordo allora il ruolo ricoperto dal porto di Marina di Pisa, ruolo che a questo punto ipotizziamo per il porto di La Spezia. Nella documentazione che vi abbiamo consegnato, oltre a documenti che si rifanno ai lavori della Commissione monocamerale sui rifiuti della scorsa legislatura (alcuni riferimenti sono tratti dalle relazioni trimestrali e dalla relazione conclusiva del 1996), si fa riferimento a un dossier per ora ancora in bozza, ma che siamo stati autorizzati a consegnare in parte - ma vi prego di tenere riservata questa dichiarazione - che ci è stato fornito da Greenpeace internazionale. Insieme ad altri atti, questo dossier descrive il ruolo del porto spezzino rispetto all'entroterra e alle quindici discariche.

PRESIDENTE. Può essere più dettagliato sul ruolo del porto di La Spezia rispetto all'entroterra, quindi suppongo rispetto al flusso di rifiuti?

STEFANO LENZI, Segretario del WWF della Liguria. Non è che lo ipotizziamo noi, abbiamo trovato ... Tra l'altro, l'avvocato Bonifai mi ha sollecitato a dire che noi non vogliamo né possiamo sostituire chi fa le indagini: ci basiamo su documentazione che abbiamo raccolto in questo periodo e traiamo le nostre deduzioni. Queste deduzioni le offriamo agli organismi inquirenti in tutte le sedi. Vi chiediamo, perciò, dati i nostri limiti, di effettuare gli approfondimenti del caso. Di fatto, ciò che noi comprendiamo sia dagli atti pubblici della Commissione sui rifiuti della XII legislatura sia da articoli di stampa e dalla bozza di dossier di cui ho parlato è che il porto di La Spezia, con un intreccio abbastanza stretto fra il traffico di rifiuti e quello di armi (come si ipotizza in alcuni articoli ben documentati), possa aver avuto un ruolo importante, anche visti i paesi a cui si è fatto riferimento, in ambito non solo ligure ma nazionale. Questo lo avvertiamo sia per la struttura territoriale, che fa presupporre che non vi siano stati soltanto stoccaggi definitivi nelle discariche (se ne contano ben 15 conosciute) della zona spezzina sia per l'esistenza di altri presupposti: mi riferisco ad alcuni operatori già attivi negli anni ottanta per quanto riguarda il traffico delle navi dei veleni, che hanno perpetuato la loro attività prima a La Spezia e, più recentemente, a Genova.

Sempre chiedendo riservatezza, anche se queste cose sono citate nelle relazioni della Commissione d'inchiesta sui rifiuti nella scorsa legislatura, aggiungo che nel dossier di Greenpeace emerge abbastanza chiaramente il riferimento all'organizzazione internazionale che fa capo alla sigla ODM. Pare che vi sia qualcosa di consistente.

PRESIDENTE. Vi sono addentellati specifici dell'ODM (Overseas Deposal Management) con la situazione ligure.

STEFANO LENZI, Segretario del WWF della Liguria. Sì, adesso non li cito ma li abbiamo prodotti nella documentazione: fanno riferimento sempre alla stessa galassia di interessi. E' per questo che, tra l'altro, parliamo di sistemi integrati.

Ugo Fiechter ha detto che alcune situazioni meriterebbero degli approfondimenti non perché vogliamo fare il solito allarmismo da ambientalisti né perché vogliamo farvi fare del lavoro inutile, ma perché, se la Liguria è una sorta di interporto per i traffici internazionali vuol dire che il sistema integrato regionale consente una discarica che noi abbiamo definito come la più grande del nord Italia (anche se altre regioni, viste le recenti vicende friulane, magari ci contenderanno il primato). I casi riferiti alla provincia di Genova, ma soprattutto a quelle di Savona e di Imperia, dimostrano che vi sono diverse casistiche e che i problemi sono molto gravi.

I problemi del Savonese non riguardano solo Savona città ma anche casi specifici sulla Bormida, la vicenda dell'ACNA, quella della discarica Mazzucca, i terreni Agrimont di Cairo Montenotte e l'intera situazione di quest'ultimo comune. Nel giugno 1996, nel pieno centro storico di Cairo Montenotte, è stata trovata sugli argini una discarica abusiva di rifiuti solidi urbani, ma si pensa anche di speciali ed industriali, durante l'esecuzione di lavori di consolidamento lungo il fiume Bormida.

PRESIDENTE. Questo è a conoscenza della Commissione.

STEFANO LENZI, Segretario del WWF della Liguria. Penso che sia senz'altro a conoscenza della Commissione anche la situazione dell'Albenganese e del Finalese, legata alla questione dell'associazione tra Casanova, Accame, Fazzari e altri. Anche questa è oggetto di atti giudiziari, di procedimenti penali. Nel Savonese non vi è un livello di attenzione amministrativo e giudiziario tale che ci consenta di essere tranquilli. Le questioni del Finalese e dell'Albenganese erano state oggetto di ripetuti interventi della magistratura già a metà degli anni ottanta. L'inceneritore di Casanova o le discariche di Magliolo e di Tovo San Giacomo erano già oggetto di argomentati interventi della magistratura, nella fattispecie dei pretori di Finale e di Albenga. Il fatto che comunque i soggetti coinvolti ancora operino più o meno tranquillamente ci preoccupa alquanto.

La situazione dell'Imperiese ha una casistica speciale, ma sempre con collegamenti con Accame, e quindi con il clan Casanova, Fazzari e compagnia, per quanto riguarda la gestione e la storia della discarica di Ponticelli. Si tratta di una discarica in contrasto con il combinato disposto degli articoli 3 e 8 del DPR n. 915 del 1982 per quanto riguarda la concessione, nel senso che è sostanzialmente una discarica privata in cui la Ponticelli Srl prima e adesso la cooperativa L'Arciere sta svolgendo un'attività grazie a convenzioni che lasciano dubbi molto grandi. Nello stesso piano di bonifica della discarica si dice che esistono ampie zone non adeguatamente impermeabilizzate rispetto ai rifiuti che contiene. Le condizioni igienico-ambientali del percolato sono piuttosto disastrose e anche le condizioni di sicurezza nel lavoro di carico e scarico, a causa dell'inclinazione delle strade di accesso alla discarica, che sono state concepite malamente. Ma la discarica continua a rimanere in attività e gestisce in regime di monopolio, anche attraverso la Ecoimperia, società collegata, i servizi di smaltimento dei rifiuti. Tale situazione è stata denunciata, nei primi mesi del 1997, per la grave compromissione ambientale.

Anche la situazione di Genova è abbastanza particolare. Uno dei problemi focali è quello del riempimento del porto di Voltri. Si dice che tale porto sia il più grande porto europeo, coprendo un'area di ottocento ettari. E' dai primi anni ottanta che i riempimenti vanno avanti e non sono ancora conclusi: è stato concluso il quinto modulo, mentre il sesto vede un contenzioso con la popolazione. Sono stati segnalati ripetutamente, nel corso del tempo, accessi al porto più o meno peregrini. Mi riferisco, per esempio, allo stoccaggio provvisorio dei fanghi Stoppani, poi divenuto definitivo.

PRESIDENTE. Oltre a questo, potete documentare altri episodi?

STEFANO LENZI, Segretario del WWF della Liguria. Vi è un'inchiesta su una ditta che aveva avuto la concessione complessiva sulla discarica del porto di Voltri, cioè l'Edilpamoter, il cui titolare, Pascucci, è stato inquisito ed anche giudicato. Era stato accusato di aver dato ad uno dei custodi dei varchi 150 milioni affinché chiudesse un occhio su alcuni camion. Quando fu avviata l'inchiesta con le indagini del NOE nel 1983-1984 il direttore tecnico di allora, Grimaldi, disse chiaramente alla stampa - risulta nel dossier che alleghiamo - che alcuni camion erano probabilmente sfuggiti ai controlli.

Lo stoccaggio dei fanghi Stoppani era stato autorizzato in quanto provvisorio. Noi abbiamo denunciato al giudice Ranieri Miniati, sostituto procuratore presso la pretura di Genova, che secondo i nostri rilevamenti si era andati anche al di fuori della stessa discarica autorizzata. Avevamo raccolto la testimonianza del direttore tecnico del CAP predecessore di Grimaldi, ingegner Ballerini (uno dei più affermati professionisti nel settore delle strutture portuali), che aveva già più volte ripetuto alla magistratura che fino al 1987 aveva visto, durante la costruzione del pennello di Voltri, fanghi dal classico colore giallo e rosso di probabile provenienza Stoppani. E' ovvio che vi sono esigenze di rilancio del porto di Genova, che vi sono le esigenze lavorative, ma le nostre rilevazioni anche sul bioaccumulo nello specchio d'acqua del porto ci hanno indotto a segnalare una situazione molto compromessa.

Ricordo che la discarica di Scarpino solo dopo la metà degli anni ottanta ha avuto una pesa, e quindi soltanto da allora si è potuto sapere quali quantità di rifiuti fossero lì conferite.

Segnalo, infine, ma questa è soltanto un'impressione, il problema delle ex aree industriali di Genova. Abbiamo avuto un'esperienza specifica nella questione dell'ex raffineria di San Quirico a San Biagio in Valpolcevera (ex ERG).

PRESIDENTE. Mi sembra che la carne messa al fuoco in questo incontro sia molta. La documentazione che ci avete consegnato sarà attentamente esaminata dalla Commissione, che certo non casualmente ha deciso di recarsi in Liguria.

GIANCARLO BONIFAI, Consulente legale del WWF della Liguria. Un brevissimo intervento sugli aspetti particolari che mi hanno occupato. Premetto che non ritengo assolutamente che possa esservi una soluzione giudiziaria per questi problemi: la situazione ligure è emblematica, è un po' un laboratorio, per tutto ciò che è successo e si è raccontato, come banco di prova giudiziario di questi problemi.

Si è parlato dei problemi del Savonese, della cava Fazzari. Si tratta di fatti risalenti agli anni ottanta, ma soltanto nel 1992 sono cominciati sul serio dei procedimenti, soltanto nel 1993 sono state avviate delle vere indagini, soltanto nel 1994 vi sono state richieste di rinvio a giudizio, soltanto nel 1995 sono cominciate delle udienze preliminari che sono terminate solo nel 1997. Per questi fatti degli anni ottanta si andrà a processo nel 1998. Questa è la situazione. Ovviamente, non è colpa di nessuno, ci mancherebbe altro, perché il lavoro è molto e i magistrati sono pochi, e questi sono problemi che, nella coscienza popolare, sono emersi abbastanza recentemente. Ma la situazione è questa: a Borghetto Santo Spirito sono stati ritrovati 20 mila fusti, più altre 17 mila tonnellate sparse, per non parlare degli altri 40 mila fusti che non si sa dove si trovino. Si tratta di problemi di grande entità, non di piccoli sversamenti. Inoltre, ci troveremo ad affrontare in sede giudiziaria problemi come quello di La Spezia: quando si andrà a fondo si scoprirà che risalgono agli anni ottanta. Sapete perfettamente che o si arriva a contestare il disastro doloso, come si è provato per Borghetto Santo Spirito, con tutte le difficoltà di carattere giuridico che questo comporta, trattandosi di un reato mai contestato, oppure si contesta la violazione del DPR n. 915 del 1982, ma quando si fanno i processi ci si accorge che è tutto prescritto.

ANGELO STANISCIA. Mi sembra che la situazione che ci viene presentata in questa audizione faccia emergere che il sindaco, gli amministratori provinciali e regionali, i carabinieri e le altre forze dell'ordine e i magistrati siano un branco di mascalzoni. Mi pare che nelle precedenti audizioni abbiamo avuto un quadro totalmente diverso, o almeno questa è stata la mia impressione. Non mi pare che nel corso dell'audizione dei carabinieri, che sono usciti poco prima che entraste voi, sia emerso il quadro che voi dite. Spesso avete detto che a voi "sembra", che "avete l'impressione". Io vorrei capire, visto che sono iscritto alla Legambiente da molto tempo, se le discariche esistenti siano idonee a ricevere i rifiuti. Sono gestite da persone che hanno vinto gli appalti secondo le norme esistenti o si tratta di criminali? Leggeremo il vostro dossier, ma vorrei sentire parlare di fatti, non di impressioni.

ORESTE ROSSI. Vi risulta che vi siano rifiuti tossico-nocivi nella discarica di Magliolo? Vi risulta che siano stati bruciati nei forni dell'Italiana Coke rifiuti tossico-nocivi?

GIUSEPPE SPECCHIA. Dalle cose che avete detto emerge un quadro di inadempienze ed irregolarità abbastanza diffuse che parte dagli anni ottanta per arrivare fino ad oggi. Si tratta solo di irregolarità di vario tipo o di fatti precisi e documentati che in qualche modo proverebbero un intreccio tra il mondo dei rifiuti e la criminalità organizzata? Avete fatto qualche accenno, ma vorrei che foste più precisi, anche senza fare nomi e cognomi.

PRESIDENTE. Un ampio tessuto di illegalità che ha riguardato amministrazioni, operatori del settore ma anche una forte disattenzione delle istituzioni preposte al contrasto dei fenomeni di illegalità è il quadro che ha caratterizzato tutta l'Italia degli anni ottanta. La precedente Commissioni monocamerale d'inchiesta denunciò una sorta di buco nero relativo al periodo 1988-1993, come minimo, per quanto riguardava il notorio e colossale traffico nord-sud, del tutto illegale, di rifiuti. Come ha testé rilevato l'avvocato Bonifai, l'attenzione della magistratura su queste cose è stata relativamente recente. I primi processi relativi al traffico di rifiuti cominciano infatti nel 1993, proprio in virtù delle denunce di Legambiente. Grazie alla sensibilità particolare del Parlamento, e non casualmente, sono state presentate proposte di legge per l'istituzione di Commissioni parlamentari ed è cominciata l'attività di questa Commissione bicamerale d'inchiesta. Vi è quindi un quadro pregresso cui si riferisce gran parte delle cose che ci avete detto che affonda in una complessità ed in un intreccio di comportamenti che vanno dalla disattenzione, dalla mancanza di cultura e di sensibilità ecologica, alla furbizia italiana (basti pensare alle navi dei veleni), che ha fatto sì che tali navi venissero respinte dai paesi immaginati come smaltitori di ciò che non riuscivamo a smaltire a casa nostra. Non vorrei che si mescolasse tutto un ragionamento in possesso di questa Commissione e che attiene ad una parte significativa delle vostre denunce con quanto vi è di attuale e che trova nella situazione di Pitelli probabilmente il punto più caldo, ma forse non il solo. Vi prego pertanto, anche per ragioni di tempo, di indicare in modo succinto alcuni fatti nuovi che intendete porre all'attenzione della Commissione, ricordando che domani ci recheremo a La Spezia.

GIOVANNI LORENZO FORCIERI. Presidente, ho sentito che il dottor Lenzi ha fatto alcuni nomi (Accame è uno di quelli ricorrenti). Vorrei capire chi siano le persone che sono state citate.

GIANCARLO BONIFAI, Consulente legale del WWF della Liguria. Sono stati citati molti fatti rischiando di mettere tutto nel calderone. Abbiamo predisposto la nostra memoria per cercare di spiegare, dal nostro punto di vista, le connessioni che, anche in base ai procedimenti svolti, esistono nella continuità che probabilmente vi è tra periodi precedenti (navi dei veleni) e problemi successivi.

Specifico che non riteniamo che vi sia una congrega di farabutti che si sono messi tutti d'accordo per fare lo scempio che è stato fatto: esponiamo soltanto dei fatti. Abbiamo detto che dagli anni ottanta esistono situazioni, che sono state denunciate, che non sono mai state prese in considerazione. Questo è un dato di fatto. Poi si è scoperto, e cito il caso di La Spezia, che un magistrato molto lontano da La Spezia si è dovuto occupare di questi problemi affinché emergesse un problema che era denunciato dai comitati di cittadini da almeno dieci anni. Poi vi saranno responsabilità penali, personali, amministrative, ma questa è un'altra questione. Dovranno essere svolte le indagini. Ma quelli che ho detto sono fatti.

Sono stati citati Casanova ed Accame, nomi che ritroverete nella nostra memoria scritta. Accame era il sindaco di Tovo San Giacomo. Borghetto Santo Spirito, la cava Fazzari sono l'emblema di quanto stiamo dicendo. Il sindaco di Tovo San Giacomo ed altri personaggi politici, oltre al Casanova, che era un notissimo faccendiere, sono citati in atti, non in ipotesi nostre: vi sono procedimenti penali in corso, e alcuni si sono conclusi. C'era Fazzari, la famiglia Gallo-Raso-Albanese della piana di Gioia Tauro, che erano poi i gestori della discarica di Borghetto. Questo è il tipo di connubio di cui stiamo parlando.

Vi sono stati anni e anni di controlli da parte delle amministrazioni, perché i camion che procedevano su stradine di montagna - nottetempo e anche di giorno - per portare 20 mila fusti alla cava Fazzari qualcuno li avrà pur visti! A Lavagna per qualche mese sono stati cercati 40 mila fusti, come potrà dirvi meglio di me il sostituto procuratore che ha seguito le indagini: ma poi nessuno li ha più cercati. Ad un certo punto, però, magari verrà fuori qualche strano eluato o qualche strana perdita di fenoli.

GIOVANNI LORENZO FORCIERI. Come si collegano Borghetto Santo Spirito, che è a ponente, con Lavagna, che è a levante?

GIANCARLO BONIFAI, Consulente legale del WWF della Liguria. E' uno dei temi interessanti dell'indagine: magari ci sarà stato qualche scambio.

PRESIDENTE. Può essere più preciso su questo punto?

GIANCARLO BONIFAI, Consulente legale del WWF della Liguria. Parlo solo di ciò che risulta dagli atti processuali, quindi non vi è nulla di ipotetico in quanto dico. Vi sono dichiarazioni delle persone che sono imputate della gestione della cava Fazzari sui 20 mila fusti ritrovati più 17 mila tonnellate di rifiuti sparsi: costoro dicono di sapere dell'esistenza di altri 40 mila fusti tossici di primarie industrie, non dell'officina dell'olio usato! Queste persone hanno fatto i nomi. Ci sono altri 40 mila fusti a Lavagna. Sono stati cercati per un po', ma poi la ricerca è stata abbandonata.

Secondo ciò che gli stessi inquirenti continuano a dire nel corso dei processi - quindi non vi è nulla di segreto - esisteranno per lo meno altre 20 discariche non autorizzate soltanto nella zona di Borghetto sulle quali magari è stata costruita anche una bella piattaforma in cemento

per un deposito o un parcheggio automezzi. La maggior parte di queste discariche all'inizio magari erano pure autorizzate per certi tipi di rifiuti, ma poi sono state riempite da rifiuti diversi. Quindi, non si tratta soltanto del problema clamoroso della cava Fazzari, che pur essendo una cava è stata riempita di rifiuti tossico-nocivi. Cito il caso di Pitelli, dello spezzino, di cave perfettamente autorizzate dove si mettevano altri rifiuti.

Nessuno di noi vuole fare di tutte le erbe un fascio o colpevolizzare venti anni di amministrazioni, ma esponiamo dei fatti. Peraltro, in tutti noi c'è un po' di frustrazione quando questi fatti vengono riconosciuti. Come ho detto prima, per Borghetto Santo Spirito si andrà a giudizio nella primavera del 1998 e già oggi si sa che con molta probabilità nessuno verrà perseguito, perché la violazione del DPR n. 915 è prescritta ed i reati di disastro molto difficilmente potranno essere provati. Infatti, quando si è chiesto ai magistrati di compiere perforazioni in profondità per vedere se c'è stato inquinamento delle falde acquifere si è risposto che non c'erano i fondi necessari. Questo lo dico anche a proposito delle aree dismesse come la raffineria ERG di San Biagio, qui a Genova.

Per quanto riguarda Magliolo, rimando a quanto abbiamo scritto nell'allegato n. 27. Si tratta di dossier presentati dai comitati ambientalisti della Val Bormida. Si calcola che a Magliolo siano seppelliti per lo meno 3 mila bidoni di rifiuti tossico-nocivi. I comitati di cittadini segnalano anche la pericolosità della discarica della Mazzucca. Per quanto riguarda l'Italiana Coke, i comitati ambientalisti della Val Bormida sospettano che siano seppelliti nell'area della Mazzucca, oltre ai fanghi dell'Italiana Coke di Avenza, anche i residui di lavorazioni della Farmoplant di Avenza, gruppo ENI, che conterrebbero il tossicissimo Rogor. I comitati avrebbero le prove di quanto affermato, e cioè che dal 1990 al 1994 nei forni dell'Italiana Coke di Cairo Montenotte siano stati bruciati rifiuti tossico-nocivi della provenienza appena descritta.

PRESIDENTE. Mi pare che l'intervento dell'avvocato Bonifai abbia risposto alle domande precise che erano state rivolte. Peraltro, il nostro lavoro non è soltanto quello di ascoltare, ma anche quello di dare continua all'azione della Commissione. Quindi, non è che ci siamo visti oggi e non ci sentiremo più, perché credo che sia compito della Commissione seguire le diverse situazioni sottoposte alla sua attenzione. Penso che ciò che ci avete detto e la documentazione che ci avete consegnato sia il primo capitolo del rapporto della Commissione con le associazioni ambientaliste e con i comitati di cittadini.

Vi ringraziamo.

 

Incontro con il dottor Alberto Landolfi, sostituto procuratore presso il tribunale di Savona.

PRESIDENTE. Buona sera, dottor Landolfi. La Commissione parlamentare d'inchiesta sul ciclo dei rifiuti e sulle attività illecite ad esso connesse ha deciso di incontrarla per avere un quadro delle indagini in materia, che dovrebbero riguardare soprattutto la situazione di Borghetto Santo Spirito e della cosiddetta cava Fazzari, con le eventuali connessioni ipotizzate circa una partita di 40 mila fusti di rifiuti tossico-nocivi che sarebbero stati interrati a Lavagna. Tra l'altro, esiste il timore che, poiché il dibattimento comincerà nella primavera del 1998, sarà difficile riuscire a perseguire le responsabilità dell'accaduto, che probabilmente cadranno in prescrizione.

Le ricordo che, se nel corso di questo incontro dovrà fare dichiarazioni riservate, potremo procedere in seduta segreta.

ALBERTO LANDOLFI, Sostituto procuratore presso il tribunale di Savona. Grazie, presidente. Ho parlato poco fa dei problemi che lei ha sinteticamente ricordato con l'avvocato Bonifai, che si occupa di un processo che si trova nella fase del giudizio e che io ho seguito in quella delle indagini preliminari.

Gli argomenti sono molto vasti e complessi. Per essere esauriente dovrei parlare per ore, ma penso che né voi né io (che sono dovuto partire per Milano questa mattina presto, per motivi di lavoro, e sono tornato poco fa) avremmo la forza, a quest'ora, di farlo. Cercherò pertanto di essere quanto più sintetico è possibile.

Nel 1992 iniziai un'indagine relativa al traffico di rifiuti tossico-nocivi che erano stati interrati in più località del mio circondario, che è la provincia di Savona. Purtroppo, l'attività scellerata di interrare o di riversare direttamente nel terreno - come a volte si è fatto - rifiuti tossico-nocivi è stata abbastanza usuale ed è stata adottata fino agli inizi degli anni ottanta, anche un po' dopo l'entrata in vigore del DPR n. 915 (quindi fino circa alla metà degli anni ottanta). Nel corso di queste indagini sono emerse strette e indiscutibili connessioni con personaggi legati alla 'ndrangheta, e soprattutto con personaggi riciclatisi dall'ambiente degli ex contrabbandieri di oli minerali. Vi sono state perplessità anche relativamente all'accertata esportazione clandestina di fusti contententi materiale tossico-nocivo in Romania e molto probabilmente in Polonia. Non chiedo di segretare queste dichiarazioni perché ormai gli atti sono pubblici, essendo il processo giunto alla fase dell'udienza preliminare: il giudizio vi sarà, come ha ricordato il presidente, nel 1998.

Un aspetto che mi ha lasciato molto perplesso è che si accertò che tale Casanova Federico, imputato nel processo ed ex contrabbandiere di oli minerali, personaggio dalle mille attività attualmente residente in Francia, aveva avuto modo di legarsi affaristicamente per problemi attinenti allo smaltimento di rifiuti con l'allora ministro del carbone della Repubblica socialista di Polonia. Tale ministro si recò in Italia, a Finale Ligure, senza che nessun organo ufficiale dello Stato lo sapesse. Sapete bene che in quel periodo i rapporti con il blocco orientale erano diversi, e quindi avrebbe dovuto esserci una serie di attività di sorveglianza e di controllo. Ma venne in Italia senza che i servizi di sicurezza e la DIGOS ne fossero a conoscenza.

PRESIDENTE. Questo quando avvenne?

ALBERTO LANDOLFI, Sostituto procuratore presso il tribunale di Savona. Preciso innanzitutto che le indagini risalgono a cinque anni fa. Ritengo che sarà venuto in Italia verso la metà degli anni ottanta, e comunque prima del 1989, prima cioè dello "scongelamento" del blocco dei paesi dell'Europa dell'est. Nel corso delle indagini si ventilò anche la possibilità che 300 mila fusti fossero stati inviati a Katowice, nota cittadina polacca. Fu invece accertato un invio di rifiuti nell'isola di Sulina, molto nota in Romania, presso una fabbrica amministrata dalla moglie di Ceausescu (deceduta in seguito alla rivoluzione degli anni scorsi).

Nel corso delle indagini ritenni di fare una contestazione che qualcuno potrebbe ritenere azzardata e che forse è rimasta unica come tale: contestai il disastro doloso, un reato estremamente grave. Questa contestazione ha subìto un vaglio abbastanza penetrante perché le persone inquisite e sottoposte a custodia cautelare - complessivamente 7 o 8 - fecero ricorso al tribunale per il riesame contestando la sussistenza stessa di questa fattispecie di reato: ma il tribunale per il riesame ritenne invece che vi fossero i presupposti per la sussistenza del disastro doloso. Su quali basi? Queste persone si erano tra loro unite, quindi avevano agito in concorso, previo concerto, e avevano colpito strategicamente il territorio della provincia immettendo in tanti siti quantità abnormi di rifiuti tossico-nocivi. Per fare ciò avevano agito con lo stesso sistema con cui agivano negli anni settanta i contrabbandieri di olii minerali: si costruisce una fabbrica, una cartiera, che con degli inceneritori, con dei forni allora permessi, è in grado di smaltire una certa quantità di materiale tossico, ma che in realtà ne smaltisce 50 volte di più. E' chiaro che, non potendoli smaltire tutti, i rifiuti prendevano un'altra strada, cioè quella dell'interramento.

Il business relativo all'interramento dei rifiuti, soprattutto agli inizi degli anni ottanta, era enorme, dando guadagni altissimi. Se non ricordo male, il PCB si smaltiva regolarmente al costo di 15 mila lire al chilo (e 15 mila lire di allora, non di adesso). Si falsificavano i supporti cartacei, nel senso che la cartiera emetteva supporti cartacei ideologicamente falsi, e si trasportavano e interravano illegalmente i rifiuti. Fazzari Filippo ammise di aver provveduto ad interramenti in concorso con altre persone, tra cui il Casanova, già inquisito per il contrabbando di petroli. Anche tale contrabbando avveniva sostanzialmente come ho detto: c'erano le cartiere, erano emessi modelli H16-ter ideologicamente falsi, il petrolio che era stato in precedenza colorato con rosso d'Arabia (perché una volta le imposizioni erano diverse, e il petrolio per autotrazione era colorato in modo diverso da quello per il riscaldamento) era decolorato dando quindi luogo ad una truffa.

Il Fazzari è il cognato di Gullace Carmelo, persona legata a livello familiare con i Pronestì-Gullace-Raso-Albanese, cioè una delle più potenti famiglie della 'ndrangheta, in perdurante e mortale lotta con la famiglia dei Facchineri. Costui è stato coinvolto in diversi omicidi commessi in Liguria di vari Facchineri, uno dei quali minorenne, ed è stato assolto in vari procedimenti, in uno addirittura in modo paradossale. Uno dei primi collaboratori delle forze di polizia, tale Miano, infatti, nel carcere di Torino fu munito di microspia e registrò le varie conversazioni che aveva con i detenuti. Si parlava di vari sequestri di persona, tra cui quello di Gatta Marco, che fu sequestrato nel 1979 a Nichelino e fu rilasciato dopo pochi mesi a Spotorno, in provincia di Savona. Da quelle registrazioni si travea il convincimento che il Gullace fosse uno dei componenti della banda che procedette al sequestro, anzi che fu colui che tenne con sé l'ostaggio a Ventimiglia. Ma le registrazioni non furono ritenute utilizzabili, d'altra parte con una sentenza ineccepibile sotto l'aspetto processuale della corte d'appello di Torino, e quindi il Gullace fu assolto. Attualmente Gullace è sottoposto a una mia richiesta di misura antimafia: ho ottenuto il sequestro di tutti i suoi beni per circa 15 miliardi (partecipazioni azionarie in società ed altro) e l'applicazione di cinque anni di sorveglianza nei suoi confronti.

Il Fazzari, quindi, è affine del Gullace, essendone il cognato. Si tenga presente che a Canolo, in Calabria, nel corso di un blitz delle forze di polizia fu scoperto un luogo dove probabilmente erano stati tenuti dei sequestrati (fu trovata una sorta di stanza chiusa da una lamiera sopra la quale vi era del terreno, del muschio, all'interno della quale si trovavano un fornello, delle bottiglie, dei vestiti). Le persone che si trovavano sul posto si allontanarono in tutta fretta, e così furono trovate delle carte tra cui uno stato di famiglia della famiglia Fazzari. Era un mero indizio, ma lasciò perplessi: è stato comunque un argomento che ho utilizzato per chiedere l'applicazione delle misure antimafia. La sorella di Filippo Fazzari è la moglie di Carmelo Gullace.

Dicevo che Fazzari ammise che, in concorso con altre persone, aveva proceduto a degli interramenti di rifiuti a metà degli anni ottanta. Ha fatto ritrovare 12.500 fusti da 200 chili l'uno contenenti materiali tossico-nocivi a Borghetto Santo Spirito. Se non ricordo male, furono trovate anche altre 30 mila tonnellate.

GIOVANNI LORENZO FORCIERI. Qual era la provenienza di questo materiale?

ALBERTO LANDOLFI, Sostituto procuratore presso il tribunale di Savona. Lascerò agli atti della Commissione copia dell'ordinanza di custodia cautelare. Comunque furono trovate elevate concentrazioni di benzene, toluene, xilene, cromo esavalente e piombo.

ORESTE ROSSI. Provenienti dalla Stoppani?

ALBERTO LANDOLFI, Sostituto procuratore presso il tribunale di Savona. Non necessariamente dalla Stoppani. Provenivano da diversi luoghi, anche dall'Alitalia. Erano rifiuti regolarmente... L'azienda in questione era incaricata dello smaltimento ufficiale di questi rifiuti, secondo le tecnologie dell'epoca.

PRESIDENTE. Vi erano anche residui di combustibili, come il benzene e il toluene.

ALBERTO LANDOLFI, Sostituto procuratore presso il tribunale di Savona. Sì, anche.

ORESTE ROSSI. Provenivano anche da fabbriche di vernici?

ALBERTO LANDOLFI, Sostituto procuratore presso il tribunale di Savona. Sì, c'era un po' di tutto. Certo è che la ditta, anche lavorando con i forni accesi 24 ore su 24, non avrebbe mai potuto smaltire le quantità che aveva formalizzato. Tenete presente che il Casanova era stato da me inquisito per il contrabbando di petroli. All'epoca fu anche spiccato un mandato di cattura nei suoi confronti. Il Fazzari fu più volte sollecitato a collaborare, per il pericolo immane che aveva creato. Egli indicò perciò anche altri siti, tra cui Tovo San Giacomo, la vecchia discarica di Magliolo e altri, e parlò anche della presenza di circa 40 mila fusti in una località dei pressi di Lavagna. Questi fusti sarebbero stati collocati all'interno di una ex cava, quindi ad una certa profondità.

Qui si innesta un altro problema, quello delle competenze dell'autorità giudiziaria e delle competenze amministrative. All'epoca, in base alle dichiarazioni del Fazzari, feci una tempestiva comunicazione della situazione di pericolo al Presidente del Consiglio dei ministri, al ministro della protezione civile, al prefetto di Savona e al presidente della regione. Non compete all'autorità giudiziaria attivarsi per bonificare le zone. Ho posto sotto sequestro questi siti nel 1992 e dopo cinque anni si trovano ancora in questa situazione.

ANGELO STANISCIA. E' stato individuato il sito dei 40 mila fusti a Lavagna?

ALBERTO LANDOLFI, Sostituto procuratore presso il tribunale di Savona. No. Si sa soltanto che sono in località Lavagna in una cava dismessa. Penso che al giorno d'oggi esistano sistemi talmente sofisticati, anche sistemi d'arma, che dovrebbero consentire di trovare una mole così grande di fusti, ma non si è fatto nulla. Non è corretto pensare che il magistrato, dopo il sequestro, disponga, al fine di recuperare il corpo del reato, le attività di estrazione e di recupero, magari con una spesa tramite modello 12, quindi anticipata dal Ministero di grazia e giustizia. Questo non compete al magistrato, compete all'autorità amministrativa.

PRESIDENTE. Condivido la sua osservazione, anche se può competere all'autorità giudiziaria far effettuare, nel caso in cui i rifiuti tossici siano localizzati, dei campionamenti, per cercare di capire come sono composti. Se il sito fosse identificato, l'autorità giudiziaria potrebbe procedere con il modello 12 per fare dei rilievi e fornire alle autorità amministrative nozioni sul tipo di bonifica da effettuare nel sito.

ALBERTO LANDOLFI, Sostituto procuratore presso il tribunale di Savona. Presidente, però eseguire dei carotaggi non costituisce sempre un'attività positiva, così come bonificare una zona non sempre è una soluzione corretta. In base alla mia esperienza, vi sono situazioni in cui, soprattutto quando si ha a che fare con discariche definite aperte, è meglio aspettare. Fino alla fine degli anni settanta si creavano voragini nel terreno, in cui si immettevano direttamente sostanze come le morchie, che poi venivano coperte; le sostanze si cristallizzano nel terreno e con il passare degli anni perdono la tossicità, e il rifiuto diviene di tipo speciale; per fortuna, infatti, a volte l'ecosistema ha delle difese. In questi casi è più facile intervenire, ma quando vi sono dei fusti può essere pericoloso, perché se si crea una situazione di smottamento e i fusti cominciano a percolare si può verificare un disastro ambientale. I tecnici a volte suggeriscono di non fare nulla, limitandosi a monitorare, per intervenire soltanto quando è necessario. E' un po' come il malato grave, defedato, che ha un'emorragia, e che si preferisce non curare chirurgicamente per evitare pericoli maggiori. Finché si riesce a tamponare con cure non chirurgiche lo si fa, per arrivare all'operazione chirurgica solo quando le condizioni del malato non permettano alternative.

Pertanto, l'autorità giudiziaria può senz'altro verificare il tipo e la quantità dei rifiuti, come abbiamo fatto ma con indagini non di tipo manomissivo, bensì di carattere geognostico, d'intesa con l'università di Genova. Si è andati ad appurare la sussistenza di consistenti masse ferrose, che sono state individuate in Borghetto Santo Spirito; poiché lo stesso Fazzari ci ha detto che vi era la presenza di xilene e toluene, presenza effettivamente riscontrata, non ho ragione di dubitare che, se egli ha parlato di 40 mila fusti a Lavagna, i fusti vi siano. Non vi è alcuna ragione per ritenere che egli menta. Tra l'altro, non accusa terzi, quindi non vi è un interesse ad una chiamata di correità calunniosa, per esempio per rovinare il titolare della cava dismessa. Egli non ha mai accusato alcuno, limitandosi a parlare della presenza di questi fusti.

Ho investito gli organi amministrativi preposti del problema della bonifica del sito, fermo restando che si trova sotto sequestro. A Borghetto ha assistito alla bonifica la polizia giudiziaria, che una volta tirati fuori i rifiuti ha proceduto alle proprie attività di analisi. Questa mi sembra la soluzione migliore, anche perché si tratta di scelte tecniche talmente delicate da non poter essere devolute al magistrato. Se poi si determinasse una situazione di disastro ambientale perché i fusti vengono smossi e cominciano a percolare, si potrebbe dire che la colpa è del magistrato. Ma il magistrato deve limitarsi a svolgere le attività che gli sono proprie, non può invadere le competenze tecniche e discrezionali della pubblica amministrazione. A Borghetto Santo Spirito, quindi, è stata recuperata questa enorme massa di materiale tossico-nocivo; sono emersi anche esplosivi, candelotti e micce, cioè le cose connesse con l'attività di chi ha occupato quel luogo, la famiglia Fazzari e Gullace.

Successivamente, mi sono occupato di altre vicende che hanno causato varie diatribe, anche all'interno della stessa magistratura. Comincio dalla discarica della Mazzucca. Questa discarica è uno dei tristi luoghi - penso che ve ne siano una ventina, che però non sono stati ancora individuati - utilizzati per accumulare materiale tossico-nocivo. Fino al 1982, purtroppo, ognuno era libero di versare, in un terreno di sua proprietà, materiale tossico-nocivo perché non vi era alcuna norma che lo impedisse. Voi sapete bene che le norme del DPR n. 915 erano del tutto inadeguate. Inoltre, secondo me, l'attuale decreto legislativo n. 22 del 1997 non fa altro che creare maggiore confusione alla normativa complessiva.

ANGELO STANISCIA. Perché?

ALBERTO LANDOLFI, Sostituto procuratore presso il tribunale di Savona. Vi sono varie e complesse ragioni, che potremmo discutere sotto il profilo giuridico. Se vuole possiamo affrontare l'argomento, ma sarebbe necessaria una sede deputata soltanto a questo. Vi è tutta una serie di norme che secondo me non sono adeguate. Non la considero una soluzione adeguata al problema.

ANGELO STANISCIA. Potremmo chiedere al dottor Landolfi di inviarci una relazione.

PRESIDENTE. Le dichiarazioni del sostituto procuratore pongono incidentalmente un problema che abbiamo già affrontato in sede di ufficio di presidenza della Commissione, cioè quello della costituzione dei gruppi di lavoro previsti dalla legge istitutiva della Commissione. All'interno di tali gruppi di lavoro, articolati su singole tematiche, riprenderà l'analisi dell'ordinamento vigente in materia di rifiuti; ci potremo senz'altro avvalere della collaborazione del dottor Landolfi.

Chiedo intanto al dottor Landolfi di lasciare agli atti della Commissione le relazioni di carattere giudiziario da cui ha tratto una serie di informazioni. In ufficio di presidenza valuteremo l'opportunità di acquisire gli atti del procedimento.

ALBERTO LANDOLFI, Sostituto procuratore presso il tribunale di Savona. Magari ve le trasmetterò in modo più ordinato ed esauriente, perché le carte che ho in mano adesso mi sembra costituiscano troppo poco.

PRESIDENTE. Le chiediamo di inviare alla Commissione una memoria sintetica in cui si sofferma sui punti in cui ritiene che le norme non siano adeguate ai problemi che la sua esperienza le ha posto di fronte.

ALBERTO LANDOLFI, Sostituto procuratore presso il tribunale di Savona. Sì. Dicevo che la Mazzucca è uno dei tanti siti in cui sono stati immesse sostanze tossico-nocive. Questo è avvenuto nell'arco degli ultimi trent'anni. Nelle indagini su questa discarica abusiva si sono ingeriti una serie di personaggi, di situazioni, di interessi di carattere politico ed economico che hanno sicuramente disturbato il buon andamento delle indagini stesse. Vi è stata anche una sorta di pubblicità esagerata e deleteria: qualcuno ha cercato di sfruttare la situazione per creare panico. Ricordo che all'inizio dell'indagine un consulente fece una relazione che dimostrava che, all'interno della discarica, era stata immessa una quantità enorme di materiale tossico-nocivo. Il problema è di capire con quale concentrazione. Nel corso degli anni, come dicevo prima, infatti, la concentrazione va diluendosi e il materiale può essere classificato come rifiuto speciale, fermo restando che all'origine era tossico-nocivo. All'epoca ritenni opportuno trasmettere copia della perizia al Ministero dell'ambiente e alla regione, e sollecitai anche una condotta non dico scorretta (anche perché non l'avrei mai fatto), ma non so fino a che punto rientrante nella precisa competenza del PM: convocai i sindaci dei due comuni interessati (Cairo Montenotte e, mi pare, Dego) chiedendo loro di valutare l'opportunità di vietare l'uso dell'acqua, anche se i parametri di inquinamento erano tutti negativi. Così fu. Dopo di che, per varie ragioni ho restituito gli atti dell'indagine al capo del mio ufficio (non voglio entrare nel merito della vicenda), non ritenendo di dover più svolgere l'indagine, che quindi è stata affidata ad un altro sostituto. Egli ha ottenuto il rinvio a giudizio del sindaco di Cairo Montenotte in carica prima di quello a cui mi ero rivolto per l'emissione dell'ordinanza di cui ho parlato, che è stato assolto dal tribunale di Savona. Già all'epoca ritenevo che il sindaco fosse innocente e che non fosse corretto contestargli alcun reato.

GIOVANNI LORENZO FORCIERI. E' per questo che non ha più seguito l'indagine?

ALBERTO LANDOLFI, Sostituto procuratore presso il tribunale di Savona. No, per altre ragioni di pressioni varie, in senso inverso, sulle quali vi è poi anche un'indagine di carattere disciplinare. C'è stata un'ispezione del ministro di grazia e giustizia.

Dicevo che su questa vicenda ci sono state delle ingerenze incredibili, come notizie false e tendenziose atte a turbare l'ordine pubblico. La cittadinanza, e soprattutto chi vive nei pressi di una discarica, è molto sensibile. Rendiamoci conto che è una vita dura, impossibile. Perciò, dare notizie scorrette in un verso o nell'altro è sempre deleterio. Non è giusto dire che tutto va bene e che non ci sono pericoli perché la gente deve avere la possibilità di compiere una scelta: se rimanere sul posto, se fidarsi delle strutture locali, se rivolgersi a qualcuno. Ma non è giusto neanche dare notizie allarmistiche per altri interessi, perché significa non far più vivere tranquillamente le persone. Per quanto riguarda la Mazzucca, mi risulta che le analisi relative alla situazione di inquinamento sono sempre state tutte negative. Ma questo non deve meravigliare, perché l'abbondantissimo materiale tossico-nocivo immesso in quel terreno risale probabilmente a tanti anni fa.

PRESIDENTE. Anche la natura del terreno potrebbe essere un ostacolo alla percolazione.

ALBERTO LANDOLFI, Sostituto procuratore presso il tribunale di Savona. Certamente, presidente. La natura carsica o meno e altre situazioni ambientali possono incidere notevolmente. Dicevo prima che, per fortuna, l'ecosistema ha le sue difese, che possono essere maggiori o minori a seconda di tanti fattori, a volte anche contingenti.

PRESIDENTE. Quindi lei ha disposto l'analisi della falda acquifera. Non risultano inquinamenti significativi?

ALBERTO LANDOLFI, Sostituto procuratore presso il tribunale di Savona. Esatto.

PRESIDENTE. Pertanto il valore di concentrazione degli inquinanti-guida è al di sotto dei livelli previsti?

ALBERTO LANDOLFI, Sostituto procuratore presso il tribunale di Savona. Sì. Per quanto mi risulta, fin quando ho seguito l'indagine, sì. Ma credo di poterlo affermare anche per dopo.

PRESIDENTE. Fino a quando le ha seguite?

ALBERTO LANDOLFI, Sostituto procuratore presso il tribunale di Savona. Le ho seguite per qualche mese, alla fine del 1994, se non ricordo male.

GIOVANNI LORENZO FORCIERI. Per quale motivo, di fronte ad analisi del tutto negative, convocò i due sindaci invitandoli ad emettere un'ordinanza di divieto dell'uso dell'acqua?

ALBERTO LANDOLFI, Sostituto procuratore presso il tribunale di Savona. Perché sicuramente all'interno della discarica sono stati immessi, secondo me nell'arco di venti o trent'anni, materiali tossico-nocivi. Secondo me hanno cominciato a metterli negli anni sessanta; con ogni probabilità, la stessa industria che era proprietaria del terreno. Non vi è alcuna situazione di inquinamento, ma un eccesso di prudenza non era sbagliato. E se all'improvviso la situazione cristallizzata di contenimento dell'inquinamento si fosse smossa? Meglio adottare delle precauzioni. Vi sono casi in cui i fusti rimangono interrati per dieci anni senza che succeda nulla. Voi sapete che il fusto si corrode non dall'esterno, ma dall'interno, dato che lo xilene e il toluene creano una situazione fisico-chimica molto particolare. Il fusto si corrode dall'interno e comincia a percolare. Ma questo può avvenire anche dopo dieci anni, quando all'improvviso una situazione stabile può trasformarsi in un gravissimo danno ambientale. Secondo la mia esperienza ed il giudizio dei tanti tecnici che ho sentito, spesso non conviene smuovere alcunché, ma limitarsi a controllare la situazione con dei monitoraggi costanti e ben eseguiti, in modo che al primo indice di allarme si agisce: a quel punto, si interviene con le ruspe e si tira tutto fuori, perché non ci sono alternative.

Il problema è che vi saranno tantissimi altri siti che non abbiamo mai individuato: bisognerebbe trovarli per sottoporli a sorveglianza. Ma anche oggi è difficile indagare in questo ambiente perché ci sono troppi interessi, troppe ingerenze, spesso di carattere che esula dall'attività investigativa (della stampa, e anche politiche, francamente).

GIOVANNI LORENZO FORCIERI. Secondo lei, la situazione che ha descritto riguardo alla provincia di Savona può riguardare le altre province della Liguria? Addirittura, può essere generalizzata nel paese?

ALBERTO LANDOLFI, Sostituto procuratore presso il tribunale di Savona. Essendo napoletano, ho avuto le mie prime esperienze giudiziarie a Napoli. Nel corso di queste indagini ho avuto spesso contatti con i colleghi di Napoli e in particolare col dottor Di Pietro della procura nazionale antimafia, che si interessava dell'enorme smaltimento di rifiuti a Castelvolturno (per la precisione in provincia di Caserta). Credo che la situazione della provincia di Savona sia abbastanza generalizzata, sia comune ad altre zone d'Italia; anzi, sicuramente è secondaria rispetto a quella della provincia di Napoli dove la situazione, in base al mio giudizio personale, deve essere veramente devastante, davvero preoccupante. Ritengo che a Napoli si siano verificate situazioni ben più gravi di inquinamento e di interramento di rifiuti. Mi sono creato il convincimento che tutta l'attività di smaltimento illegale di rifiuti è gestita, direttamente o indirettamente, dalla criminalità organizzata. Di questo sono convintissimo. Penso che la situazione di Savona riguardi la generalità del paese, ma sia leggermente più grave per ragioni di carattere "storico", quali la presenza del Casanova, un uomo dai mille affari, che è stato anche ministro plenipotenziario delle Seychelles quando era latitante. Aveva rapporti con i paesi orientali, era in grado di far venire in Italia il ministro del carbone della Repubblica socialista di Polonia senza che nessuno ne sapesse nulla. Mi si potrebbe chiedere come faccio ad affermarlo: lo affermo perché sono andato nell'albergo e, sul registro, ho trovato il nome del ministro. Ho chiesto alla DIGOS di dirmi perché fosse venuto in Italia e cosa sapessero i servizi di sicurezza: mi hanno risposto che non sapevano niente. Comunque, basta acquisire gli atti dell'indagine, che sono pubblici.

GIUSEPPE SPECCHIA. La Commissione ha svolto anche altre audizioni. Alcuni auditi, anche autorevoli, hanno sostenuto che non emergono prove sul fatto che attualmente vi siano collegamenti tra il problema dei rifiuti e la criminalità organizzata in Liguria, anzi, lo hanno escluso. Lei ci ha detto diverse cose circa fatti già verificatisi. In base a quanto le risulta, attualmente, in provincia di Savona o altrove vi sono elementi che possono far pensare che questo intreccio esista?

ALBERTO LANDOLFI, Sostituto procuratore presso il tribunale di Savona. Io posso parlare della provincia di Savona. Non conosco, se non indirettamente e in modo del tutto impreciso, le realtà degli altri circondari. Tenga presente, senatore, che lavoro alla procura di Savona da dieci anni, e quindi come tempo di funzione sono il magistrato più anziano, nel senso che sono colui che ha svolto le sue funzioni presso quell'ufficio per più tempo. L'opera delle forze di polizia in provincia di Savona volta a sradicare le infiltrazioni della criminalità organizzata è sempre stata molto efficiente.

ANGELO STANISCIA. Si riferisce alla polizia, ai carabinieri e al Corpo forestale dello Stato?

ALBERTO LANDOLFI, Sostituto procuratore presso il tribunale di Savona. Direi la polizia, i carabinieri e la Guardia di finanza, più che altro. Ho applicato varie volte le misure di prevenzione. In due casi, in particolare, ho richiesto misure antimafia. Una volta ho ottenuto un sequestro di beni per circa 50 miliardi, ma successivamente la misura è stata revocata perché la Cassazione annullò il provvedimento e la corte d'appello ha confermato la non applicazione della misura e la restituzione di tutti i beni. Era stata applicata in primo grado dal tribunale di Savona.

Attualmente mi occupo di Gullace Carmelo, i cui beni sono attualmente sotto sequestro. La provincia di Savona ha subito, a partire dai primi anni settanta, una sconsiderata immigrazione di personaggi legati alla criminalità organizzata portati qui in soggiorno obbligato. Quattro cittadine hanno subito, anche perché poi costoro erano raggiunti da familiari e conoscenti, un'immigrazione notevole soprattutto di calabresi. Mi riferisco a Borghetto Santo Spirito, dove circa la metà della popolazione è calabrese, Albenga, Ceriale e Loano.

Negli anni ottanta si è avuta un'attività di repressione molto efficiente da parte delle forze di polizia. Pertanto attualmente è difficile poter pensare che, di fronte ad un traffico illecito oggetto di tante attenzioni sia investigative sia della Commissione parlamentare d'inchiesta, questa condotta venga ancora oggi perpetrata. Ripeto che parlo della provincia di Savona.

ORESTE ROSSI. Esprimo anch'io, come già i colleghi, forti perplessità su quanto ci hanno detto autorevoli personaggi che abbiamo ascoltato oggi, che di fatto non erano nemmeno a conoscenza delle discariche della Mazzucca, di Cairo Montenotte e non sapevano nulla dell'Italiana Coke. E' sembrato che i problemi della Liguria fossero solo i due su cui indagano: Pitelli e l'Italpiombo. A loro non risulta pressoché nient'altro in Liguria. A tutte le altre richieste che ho rivolto hanno risposto di non avere elementi in merito. Pertanto, presidente, chiedo che la Commissione verifichi come mai non siano a conoscenza di questi fatti che invece sono a conoscenza di tutti. Sono stati presentati decine di esposti da comitati di cittadini e da associazioni ambientaliste e la procura ne è perfettamente a conoscenza: coloro che abbiamo sentito prima dovrebbero esserne a conoscenza ma, pur dovendo venire a riferire alla Commissione parlamentare d'inchiesta in materia, non sapevano nulla e non avevano elementi. Mi sembra molto strano, perciò andiamo a verificare.

Per quanto riguarda la discarica della Mazzucca, le informazioni che avevo avuto sono abbastanza particolari. Mi risulta che vi siano state denunce pesanti e che purtroppo il magistrato, il dottor Picozzi, ha archiviato il caso dopo aver compiuto accertamenti. Quindi, è risultato non esservi nulla di illegale nella gestione di questa discarica. Varie persone hanno continuato a fare esposti e denunce e il dottor Acquarone ha assegnato le indagini al dottor Landolfi. Pare che si siano accertate presenze di rifiuti, ma pare anche - lo si è detto pubblicamente - che sia emerso un orientamento del dottor Landolfi ad archiviare il caso. A questo punto, Acquarone riprende il caso e lo assegna ad un altro sostituto procuratore, il dottor Greco, che dopo aver espletato le indagini dichiara, o conferma, un grave stato di pericolo e il rischio di un disastro ambientale. Quindi, vi sono due versioni: una che vede il dottor Landolfi intenzionato ad archiviare l'inchiesta, l'altra che vede il dottor Greco dire che vi è il rischio di disastro ambientale.

Alla Commissione parlamentare d'inchiesta sull'ACNA di Cengio risulta che il dottor Landolfi abbia dichiarato che in quel sito non c'erano rifiuti tossico-nocivi e che la vicenda era solo una speculazione politica, ritenendo perciò opportuno perseguire quanti denunciavano la situazione di pericolo. In particolare, le persone che denunciavano una situazione di pericolo - penso che fossero le prime cui lei ha accennato, dottor Landolfi - erano due periti del tribunale di Savona, l'ingegner Bosio e il geometra Folco, il funzionario dell'USL dottor Coco e il professor Francia. Queste quattro persone, credo competenti in materia, visto l'incarico che ricoprivano, hanno avuto la colpa di firmare degli esposti e di presentare denunce in merito a questa discarica. Tutte e quattro sono state sottoposte a perquisizioni domiciliari, addirittura anche a carico della madre, dei figli, dell'automobile e degli uffici. Quindi, può darsi che vi siano state pressioni su di lei, dottor Landolfi, per risolvere questo problema, ma sicuramente vi sono state pressioni molto pesanti anche su chi ha presentato gli esposti. Vorrei sapere da lei quanto di ciò che hanno dichiarato e sottoscritto queste persone sia vero e quanto - se vuole e lo può dire - sia falso.

PRESIDENTE. Vero nel senso della verità giudiziaria, suppongo, perché la verità la lasciamo a Pirandello.

ORESTE ROSSI. Certo.

ALBERTO LANDOLFI, Sostituto procuratore presso il tribunale di Savona. Onorevole Rossi, ci vorrebbe un'altra mezza giornata. Se vuole, glielo spiego a parte. Se volete rimango qui un'altra mezza giornata.

PRESIDENTE. Confidiamo nei suoi poteri di sintesi.

ALBERTO LANDOLFI, Sostituto procuratore presso il tribunale di Savona. Se vuole, onorevole Rossi, posso dare una mia personale risposta al suo primo interrogativo, che vedo che l'ha abbastanza "urtata", giustamente. Penso che i vertici delle forze di polizia difficilmente siano a conoscenza di fatti risalenti a cinque anni fa, perché si avvicendano con una certa celerità. I fatti della discarica di Borghetto risalgono al 1992 e quelli della Mazzucca alla fine del 1993. Bisognerebbe quindi sentire i dirigenti degli uffici di polizia locali. Pertanto, non ne farei una colpa ai carabinieri. Inoltre, tenga presente che la stragrande maggioranza di queste indagini le ha seguite la polizia di Stato. Lei ha sintetizzato abilmente - è molto più abile di me a fare le sintesi - un'interrogazione parlamentare firmata dall'onorevole Parenti. Aggiungo soltanto che vi è un conflitto pluriennale tra l'ufficio giudiziario di Savona e la dottoressa Parenti: quindi, la pregherei di non considerare come oro colato il contenuto dell'interrogazione, posto che queste persone sono a giudizio per diffamazione. Inoltre, mi risulta che è stato condannato uno dei due di Torino per aver dato notizie false e tendenziose. Mi rendo conto che se io leggessi al posto suo quell'interrogazione salterei dalla sedia. Ma direi che la cosa è abbastanza complessa. Io sono il meno titolato a dare spiegazioni, perché sono di parte. Tenga presente che vi è stata un'ispezione del Ministero di grazia e giustizia: probabilmente la Commissione potrebbe acquisire copia delle risultanze dell'ispezione e rendersi conto del suo contenuto. Le persone che lei ha nominato secondo me non hanno alcuna credibilità, sono già da tempo ampiamente screditate. Ripeto che sono a giudizio per vari fatti, ivi compresa la diffamazione. Sono stati autori di numerosi esposti farneticanti, secondo il mio punto di vista, che sono stati oggetto di puntuali archiviazioni da parte dell'autorità giudiziaria non di Savona, ma di Milano. Se ci si lamenta del comportamento del dottor Landolfi, ritenendo che abbia posto in essere degli illeciti, prescindendo dalle eventuali calunnie, la competenza a valutare ciò spetta all'autorità giudiziaria di Milano, che a me parrebbe essere - lo dico molto sommessamente - molto rigorosa anche nei confronti dei magistrati. Ebbene, tutta questa serie di esposti a cosa ha portato? A una serie di archiviazioni per manifesta infondatezza delle loro lamentele. Le perquisizioni che hanno subito queste persone sono avvenute per altri fatti, completamente disgiunti dalla loro attività, e loro cercano di crearsi una verginità in relazione a responsabilità ben precise che hanno. Questa è secondo me l'interpretazione da dare, ma non la faccia dare a me, perché a questo punto - mi permetta - la mia attendibilità è relativa, essendo io parte in causa.

PRESIDENTE. Il collega Rossi ha esposto il suo punto di vista, il dottor Landolfi ha risposto. Però qui entreremmo all'interno di problemi interni alla magistratura: mi sembra che non sia compito di questa Commissione fare ciò.

E' invece compito di questa Commissione ascoltare tutti, perché ascoltando tutti riusciamo ad avere uno spaccato che va dal prefetto all'assessore all'ambiente e ai carabinieri. A questo proposito, il rilievo fatto dal dottor Landolfi mi sembra assai pregnante. Il colonnello Scandone ci ha detto che è a Genova da due anni. Probabilmente, perciò, è vero che non possiamo sapere dai vertici delle autorità preposte al contrasto quanto invece potremmo sapere da chi segue direttamente determinate vicende.

Ricordo alla Commissione che oggi ci siamo trovati di fronte ad uno scenario estremamente complesso, perché in Liguria, come a Caserta, ha molto peso una attività pregressa, un pregresso dolentissimo per tutto il nostro paese, e che vede sistematicamente intrecciarsi responsabilità di amministratori e di imprese spregiudicate, che talvolta non hanno bisogno della criminalità organizzata per compiere sfasci ambientali e sanitari dello stesso livello, o ancora più gravi, di quelli compiuti nelle aree del nostro paese in cui il controllo del territorio è nelle mani della criminalità organizzata. La Commissione accumula questa quantità di informazioni senza pervenire immediatamente a conclusioni, perché sarebbe poco saggio. Dobbiamo far sedimentare le nostre informazioni, effettuare una comparazione con quanto ascoltiamo nelle audizioni e nel corso delle missioni e, sulla base di un lavoro di riflessione e di studio delle situazioni che incontriamo, pervenire alle conclusioni che trimestralmente, e poi alla fine della legislatura, la Commissione redigerà e trasmetterà al Parlamento.

ALBERTO LANDOLFI, Sostituto procuratore presso il tribunale di Savona. Se posso, vorrei fare una piccola precisazione senza entrare nel merito dell'interrogazione che ho citato, che è un coacervo di inesattezze e di insensatezze.

PRESIDENTE. Mi permetta, questo è un capitolo chiuso. E' stato sollevato ma non attiene...

ALBERTO LANDOLFI, Sostituto procuratore presso il tribunale di Savona. Solo una brevissima precisazione. Come dicevo, ho restituito io gli atti al dottor Acquarone. Io non indagavo sulla sussistenza di un reato ambientale, ma soltanto sulla responsabilità del sindaco di Cairo Montenotte per aver ceduto improvvidamente un'area inquinata. Ritenevo il sindaco non responsabile di questo reato. Il sindaco è stato giudicato ed assolto perché il fatto non sussiste. Con un po' di supponenza potrei dire che allora avevo visto bene io e ha visto male qualcun altro.

PRESIDENTE. Ai posteri l'ardua sentenza.

ALBERTO LANDOLFI, Sostituto procuratore presso il tribunale di Savona. E' stato assolto. Poi ci sarà l'appello, che potrà anche ribaltare la sentenza. Ma ora è stato assolto. PRESIDENTE. La ringrazio molto delle informazioni che ci ha dato. Le ricordo di inviare alla Commissione i documenti che le abbiamo richiesto.

ALBERTO LANDOLFI, Sostituto procuratore presso il tribunale di Savona. Domani mattina farò una cernita più approfondita degli atti e trasmetterò alla Commissione quelli che ritengo più utili ai vostri fini.

PRESIDENTE. Esatto, è proprio questa la richiesta che le rivolgiamo. Ci invii gli atti che ritiene più significativi del procedimento, così potremo acquisire direttamente materiale per le nostre ulteriori riflessioni.

Grazie e arrivederci.

Gli incontri terminano alle 22.50.

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