Ritorno alla Home page Commissione sul ciclo dei rifiuti

CAMERA DEI DEPUTATI - SENATO DELLA REPUBBLICA

COMMISSIONE PARLAMENTARE D'INCHIESTA

SUL CICLO DEI RIFIUTI E SULLE ATTIVITA'

ILLECITE AD ESSO CONNESSE

3.

SEDUTA DI MARTEDI' 15 LUGLIO 1997

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE MASSIMO SCALIA

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori. *

Audizione del ministro dell'ambiente, Edo Ronchi. *

Seguito dell'esame del regolamento interno. *

 

La seduta comincia alle 11.

(La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).

 

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Se non vi sono obiezioni, rimane stabilito che la pubblicità della seduta sia assicurata anche attraverso l'attivazione dell'impianto audiovisivo a circuito chiuso.

(Così rimane stabilito).

 

Audizione del ministro dell'ambiente, Edo Ronchi.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione del ministro dell'ambiente, Edo Ronchi, che ascolteremo con il massimo interesse soprattutto per quanto riguarda gli aspetti istituzionali connessi al decreto legislativo n. 22 del 1997. Alla Commissione, infatti, preme sapere quale sia lo stato dell'arte nell'iter di attuazione di questo provvedimento avente valore di legge, che dovrebbe ricondurre in qualche modo a una normalità di livello europeo la situazione italiana. Oltre a questo, il ministro ci potrà fornire informazioni su eventuali aspetti di illegalità connessi al ciclo dei rifiuti. A tale proposito, egli potrà illustrare alla Commissione parlamentare le linee guida da lui impartite alla commissione insediata presso il Ministero dell'ambiente per la definizione del delitto ambientale, partendo proprio dalla spinosa questione del ciclo dei rifiuti e delle attività illecite ad esso connesse.

Do quindi la parola al ministro Ronchi.

EDO RONCHI, Ministro dell'ambiente. Lo sviluppo del fenomeno delle attività illegali nel campo dello smaltimento dei rifiuti - in particolare di quelli pericolosi, ma anche dei rifiuti in generale - trova le sue radici in una situazione anomala di gestione dello smaltimento dei rifiuti sia urbani sia speciali, industriali. Com'è noto a questa Commissione, infatti, la gran parte dei rifiuti urbani, pari a circa l'87 per cento, è destinata allo smaltimento in discarica. Sui rifiuti industriali è più difficile compiere una quantificazione esatta, ma si stima che circa la metà di tali rifiuti prenda la via della discarica. Quindi, le attività di smaltimento incontrano forti difficoltà per lo scarso numero di discariche disponibili e per le loro caratteristiche. Questa situazione ha determinato un potenziale sviluppo dei traffici illeciti nello smaltimento, e quindi grandi quantità di rifiuti, alto costo di smaltimento, carenza di siti di discarica.

Alla luce di questa analisi, che vi ho riportato per sommi capi, il decreto legislativo n. 22 del 1997 potenzia le attività di riutilizzo e di riciclaggio dei rifiuti, in primo luogo, e di recupero energetico in secondo luogo. L'attività di prevenzione fondamentale dello smaltimento illecito si fonda sulla cosiddetta gestione integrata dei rifiuti, valorizzandone il riutilizzo, il riciclaggio e il recupero energetico. E' questa l'impostazione che il decreto legislativo n. 22 del 1997 ha sposato con grande energia; una volta entrata a regime tale riforma, dovrebbe essere possibile un cambiamento del sistema di gestione dei rifiuti che lasci una quota sostanzialmente residuale di rifiuti destinati a finire in discarica.

Mi è stato chiesto quale sia lo stato di attuazione del decreto legislativo n. 22. Posso annunciare che è iniziata proprio ieri pomeriggio l'attività di un tavolo no stop degli uffici tecnici che seguono direttamente tale questione: ne fanno parte, oltre ai rappresentanti del Ministero dell'ambiente, quelli dei Ministeri della sanità, dell'industria, dei trasporti e dell'agricoltura.

Una delle difficoltà connesse all'applicazione di queste norme tecniche risiede proprio nel concerto tra i vari dicasteri. Ieri, in un pomeriggio e in una serata di lavoro, abbiamo definitivamente chiuso le procedure relative ai primi quattro decreti attuativi, siglati dai rappresentanti di tutti i ministeri interessati. Nel pomeriggio di oggi e nella giornata di domani proseguiremo l'esame dei due più "critici", cioè quelli riguardanti, rispettivamente, il recupero dei rifiuti non pericolosi e quello dei rifiuti pericolosi. Contiamo di chiudere il primo pacchetto di otto decreti attuativi - nove, compreso quello sull'albo nazionale - entro il mese di luglio, quindi con qualche mese di ritardo per alcuni decreti, ritardo che deriva, ripeto, dalle complicazioni dovute al concerto con altri dicasteri. Il concerto, infatti, comporta la partecipazione attiva di altre amministrazioni, e si rivela complesso quando avviene con lo scambio epistolare: un ministero fa un'osservazione, rimanda le carte indietro, e questo rimbalzo ha impedito di concludere una parte di un decreto di attuazione. Ieri sera, come ho detto, ne abbiamo chiusi quattro, mentre abbiamo quasi terminato l'esame di un quinto; comunque l'impegno assunto con i ministri di cui occorre il concerto è di chiudere entro la settimana, quindi prima della prossima riunione del Consiglio dei ministri, almeno i primi nove decreti - cioè quelli "portanti" - di attuazione del decreto legislativo n. 22 del 1997.

Per quanto attiene agli strumenti pratico-operativi sotto il profilo della repressione del trasporto e del traffico illecito dei rifiuti nonché delle discariche abusive, nel decreto legislativo n. 22 è stato introdotto quello che ritengo uno strumento molto efficace di intervento repressivo di deterrenza per tutti coloro che operano illecitamente nel settore dello smaltimento illecito, con la confisca obbligatoria in sede dibattimentale dei mezzi utilizzati per il trasporto o per il traffico illecito dei rifiuti, anche in caso di patteggiamento della pena. La soluzione è di particolare rilievo sotto il profilo sanzionatorio, soprattutto perché non si può confiscare in dibattimento penale un bene che non giunge a tale fase processuale in stato di sequestro. Di conseguenza, è di fatto resa obbligatoria la procedura di sequestro dei veicoli utilizzati per il trasporto e per il traffico illecito sia in fase di accertamento del reato da parte della polizia giudiziaria sia in fase preprocessuale da parte del pubblico ministero.

La circostanza, poi, che la confisca sia prevista obbligatoriamente anche in caso di patteggiamento e non solo in caso di condanna ordinaria valorizza ulteriormente la scelta del legislatore delegante, in quanto impedisce che la sanzione teorica sia di fatto resa assolutamente inefficace sotto il profilo deterrente e repressivo dal pagamento in via alternativa di una modesta somma. Né si può parimenti sottovalutare il fatto che la confisca consente di colpire in modo profondo e definitivo il patrimonio dei responsabili di trasporti e traffici illeciti, privando gli stessi della fruibilità dei veicoli e dei beni utilizzati per delinquere, e quindi incidendo sulla stessa possibilità di reiterazione del reato. La possibilità di infliggere colpi pesanti alle organizzazioni criminali risulta poi ampliata anche nella fase dello smaltimento finale con particolare riferimento alla discarica. Accanto ad un generale rinnovo dei criteri sanzionatori penali cui è sottoposta tale ultima fattispecie, il decreto legislativo n. 22 del 1997 prevede infatti la confisca obbligatoria dell'area interessata dal fenomeno di discarica, con effetti repressivi e deterrenti analoghi a quelli descritti per il trasporto o traffico illecito. In particolare, anche in tal caso si hanno pesanti conseguenze economiche per i responsabili dell'illecito. Il meccanismo della confisca è obbligatorio anche nel patteggiamento; il sequestro costituisce un atto dovuto già in sede di prima indagine.

E' opportuno, forse, un maggiore approfondimento per rappresentare meglio l'efficacia della riforma su tale aspetto. Sotto la previgente disciplina, il titolare della discarica sfuggiva alla verifica giurisdizionale in quanto riusciva ad escludere la sua responsabilità soggettiva con abili trucchi documentali o testimonianze che tendevano ad escludere la sua partecipazione all'attività di realizzazione o gestione della discarica. Oggi, invece, il decreto legislativo n. 22 prevede la responsabilità del fatto e che la conseguente confisca sia obbligatoria non solo a carico del soggetto direttamente responsabile del reato di discarica abusiva, ma anche a carico di tutti coloro che sono chiamati a rispondere dello stesso reato come compartecipi in senso doloso o colposo. L'area dov'è realizzata una discarica abusiva viene cioè sequestrata e confiscata non solo se è di proprietà dell'autore o gestore della discarica stessa, ma anche se è di chi concorra nel medesimo reato. Né deve essere trascurato che, sotto il profilo specifico, il regime sanzionatorio trova un ulteriore rafforzamento nell'organica disciplina delle confische dei siti inquinati, che impone al responsabile di un inquinamento di procedere obbligatoriamente alla bonifica e al ripristino dello stato dei luoghi, come precisato nell'articolo 17 del medesimo decreto legislativo.

Il decreto legislativo n. 22 cerca inoltre di rendere più efficaci gli strumenti di controllo del trasporto su strada, prevedendo un apposito formulario di identificazione dei rifiuti trasportati, il cui numero identificativo deve essere riportato nei registri di carico e scarico e stabilendo espressamente che la falsificazione dei documenti di trasporto è sanzionata come delitto ai sensi dell'articolo 483 del codice penale. Sotto il profilo sanzionatorio, la riforma non si può ritenere certamente esaustiva rispetto ai gravi problemi connessi alle attività illecite svolte nel settore dalla criminalità organizzata, e soprattutto dalle cosiddette ecomafie. Oggettivi limiti della legge-delega, infatti, non hanno reso possibile un intervento di maggiore spettro, nonostante che in sede di elaborazione del testo si sia cercato di dilatare al massimo l'incisività del nuovo sistema sanzionatorio.

Per approfondire questi aspetti, ho istituito una commissione composta da magistrati, esperti e alti esponenti delle forze dell'ordine specializzati in questo settore, con lo specifico compito di elaborare nuovi strumenti normativi e procedurali da proporre come iniziativa di intervento legislativo di settore, nonché predisporre proposte di iniziative operative concrete per una più efficace gestione della normativa vigente. La commissione ministeriale è stata cioè istituita con un duplice obiettivo: completare l'adeguamento dell'attuale sistema normativo di settore alla luce della sempre più emergente e crescente realtà del fenomeno dell'infiltrazione della criminalità organizzata nel traffico dei rifiuti, in particolare pericolosi, nonché individuare prassi e strumenti di intervento che rendano più efficace l'applicazione della normativa vigente.

PRESIDENTE. Ringrazio il ministro. Passiamo alle domande dei colleghi.

GIOVANNI LUBRANO DI RICCO. Poiché il ministro Ronchi si è soffermato a lungo sul sistema sanzionatorio, vorrei ribadire quanto ho già detto in sede di Commissione ambiente in occasione della discussione del decreto legislativo.

Il ministro ha posto in evidenza come sia stato opportunamente introdotto l'istituto della confisca anche in sede dibattimentale di primo grado. Si tratta certamente di un passo avanti. Ciò che non condivido è che in questa materia esista ancora il patteggiamento: in sostanza, autorizziamo questi personaggi a presentarsi in dibattimento con il portafoglio pronto a sborsare le somme necessarie, pur restando loro gli inquinatori e i dispensatori di rifiuti dappertutto. I pretori devono sottostare al fatto che puntualmente questi personaggi che si arricchiscono con lo smaltimento illegale di rifiuti si presentano in aula pronti a pagare e a patteggiare.

Se vogliamo veramente reprimere, non è sufficiente la sola confisca dei mezzi di trasporto: occorre che costoro non siano autorizzati dalla legge a smaltire rifiuti pagando una specie di tassa - perché di questo si tratta - come in altri settori dell'ambiente (per esempio in materia di inquinamento delle acque, di cui alla legge Merli). E' stato purtroppo mantenuto il carattere contravvenzionale per questi reati. Prendo atto che in alcune fattispecie si può applicare il concetto di delitto, ma resta il fatto che il reato è di natura contravvenzionale per fatti di minore rilevanza. Quando, con il progresso e lo sviluppo della società, alcuni fatti in un primo momento poco rilevanti - e quindi puniti dal legislatore con la semplice sanzione dell'ammenda o al massimo dell'arresto - assumono maggiore rilievo, bisogna avere il coraggio di trasformarli in delitti. Invece, in materia ambientale rimaniamo ancorati ai reati contravvenzionali, molti dei quali oblabili, cioè estinguibili con una semplice oblazione: con il pagamento di una somma di denaro si è autorizzati, in sostanza, a reiterare il fatto illecito.

Signor ministro, la commissione di esperti da lei insediata deve anche valutare come alcune fattispecie più gravi possano essere trasformate in delitti punibili severamente con l'esclusione del patteggiamento, in materia ambientale. E' necessario evitare che l'inquinamento diventi un fatto a pagamento con l'autorizzazione dello Stato. Mi auguro che presto assisteremo ad una repressione più efficace e dissuasiva di quella attualmente esistente.

PRESIDENTE. Ringrazio il collega Lubrano e colgo l'occasione per ricordare a tutta la Commissione che, appena saremo entrati nel pieno dei nostri lavori e in ogni caso non oltre il mese di settembre, daremo vita ai gruppi di lavoro previsti dalla legge istitutiva della Commissione di inchiesta. Sicuramente uno di essi si occuperà delle ipotesi di delitto ambientale, con particolare attenzione alla questione rifiuti.

AUGUSTO CORTELLONI. Condivido l'ipotesi del senatore Lubrano di eliminare il patteggiamento per questo tipo di reato; se però non si eliminasse, difficilmente riuscirei a comprendere come si potrebbero applicare sanzioni a presunti innocenti. Noi li vediamo come personaggi che si arricchiscono, ma sono ancora presunti innocenti e non riesco a comprendere come sia possibile in sede di patteggiamento, che non definisce il processo, adottare un provvedimento di carattere penale che contenga sanzioni accessorie quali la confisca e il sequestro di mezzi. Mi chiedo se non sia possibile introdurre corsie preferenziali, sezioni specializzate, procedimenti accelerati per eliminare il patteggiamento per questi tipi di reati ed arrivare ad una sentenza certa. A questo punto si introducano sanzioni pesanti, si trasformino le contravvenzioni in delitti e quant'altro.

PRESIDENTE. Ribadisco il mio auspicio a che su tutti questi temi la Commissione possa avere una sede formale di riflessione e proposta.

FAUSTO GIOVANNELLI. Signor Presidente, signor ministro, sono anch'io convinto che sia necessario rafforzare la capacità preventiva e repressiva nei confronti degli illeciti ambientali, in particolare in materia di rifiuti; non condivido però l'impostazione tendente ad espandere genericamente l'area di copertura penale del sistema repressivo e preventivo. Vorrei argomentare brevemente il mio convincimento ed avanzare una proposta-richiesta al ministro.

Già la Corte costituzionale si è pronunciata dichiarando l'illegittimità dell'applicazione ai reati ambientali di determinate procedure; sostanzialmente il processo penale non può essere diverso se si tratta di ambiente o se si tratta di un'altra materia perché, quando entriamo nella sfera dei delitti, non possiamo più fare amministrazione, entriamo in un altro genere di esercizio dell'autorità dello Stato nei confronti dei cittadini. Faccio presente che non sono un appassionato del patteggiamento, ma non si può uscire ed entrare da esso come se si andasse in un bar a prendere il caffè: la gravità dei reati è determinata dall'entità della pena, la legislazione penale non può diventare eccezionale o eccessivamente frastagliata.

Credo che in materia ambientale vada definita una tipicità a vasto raggio di alcuni reati perché i comportamenti dolosi e gravi siano sempre coperti da repressione penale. Non credo che ad ogni norma debba essere riferita, come garanzia dell'effettività, una sanzione penale: il reato non deve essere creato dalla sanzione per l'inosservanza di una norma amministrativa, il reato deve essere disegnato con una fattispecie ed una sanzione.

Per rafforzare la capacità repressiva e preventiva del sistema sanzionatorio esistente si deve utilizzare l'azione di risarcimento del danno ambientale pubblico. Un conto è un'ammenda di 1, 2 o 200 milioni, altro è la confisca e il sequestro del mezzo, altro ancora è il risarcimento del danno ambientale pubblico per una discarica abusiva, per esempio, che sostanzialmente significa una sanzione pecuniaria elevatissima ed un recupero di risorse dello Stato. Chiedo allora al ministro in che misura questo strumento, già previsto dall'articolo 18 della legge n. 349, venga utilizzato accanto alla sanzione penale ed a quella che diventa amministrativa, perché è prevista come contravvenzione, e si stempera nel patteggiamento.

L'efficacia dissuasiva della sanzione amministrativa pecuniaria è tale se si accompagna al principio generale del risarcimento del danno, altrimenti finisce per determinare una riduzione dei doveri civilistici che dovrebbe riguardare chi ha prodotto un danno in base ad un comportamento illecito. Il punto essenziale, quindi, è di attivare, accanto alla sanzione amministrativa, che non deve diventare penale per forza, il meccanismo del risarcimento del danno ambientale pubblico. Casomai si tratta di estendere questa titolarità ai comuni, alle province e alle regioni, anche in coerenza con l'idea che lo Stato non è solo quello centrale e con il fatto che il danno ambientale si distribuisce alle comunità anche in modo diffuso.

Perché possa funzionare questo meccanismo, credo si debba riformare l'articolo 18; vorrei comunque chiedere al ministro se su questo punto vi sia un'iniziativa anche in relazione all'applicazione del nuovo decreto. Mi pare che l'obbligo del risarcimento civile sarebbe anche più gestibile, non in termini di flessibilità per reprimere l'illecito, ma proprio in termini di efficacia e di prevenzione; infatti, data l'entità dei danni che producono queste attività, tale prospettiva è molto più consistente di quella prevista nelle sanzioni ed a mio giudizio scoraggia molto di più che non la previsione di una repressione penale, che è sempre eventuale e comporta una serie complessa di procedure. Al delinquente, infatti, di quest'ultima non importa nulla e magari si lasciano intatti patrimoni e risorse accumulati con questa attività illecita che, come è stato dimostrato dai lavori della precedente Commissione di inchiesta, è un vero business che va aggredito anche sul piano patrimoniale. Gli strumenti ci sono e credo sia compito di questa Commissione attivarli e farli funzionare.

PRESIDENTE. A proposito delle sue ultime osservazioni, basti ricordare che, quando la precedente Commissione monocamerale si recò in missione a Dresano e Lacchiarella, siti dove il mago titolare della ex Omar aveva fissato l'insediamento di silos contenenti rifiuti liquidi tossico-nocivi, al di là della truffa, emerse che l'illecito era stato sanzionato con una multa di 700 mila lire, mentre lo smaltimento di quei rifiuti costa alla regione Lombardia molte decine di miliardi, per non parlare di quanto costerà la bonifica delle aree interessate.

Ho però il sospetto, quanto al risarcimento del danno ambientale pubblico, che l'articolo 18 sia stato reso sostanzialmente inoperante dal fatto che non vi è più il titolare dell'azione; una volta era la Corte dei conti, ma essendole stata sottratta questa competenza, non vi è più un titolare. Questa è una delle questioni sulle quali spero che il ministro ci dia una risposta.

Prego il collega Galdelli di chiudere con il suo intervento il primo ciclo di domande; ovviamente, se vi saranno ulteriori richieste da parte dei colleghi, le stesse saranno sicuramente soddisfatte.

PRIMO GALDELLI. Evitando di soffermarmi sulla questione delle sanzioni, vorrei subito rivolgere al ministro alcune domande sull'applicazione del decreto legislativo n. 22.

Mi pare che sia in atto un andamento delle cose che, se non modificato, porterà ad uno stravolgimento del decreto, ove si consideri che si stanno predisponendo e realizzando programmi per la messa in opera massiccia di inceneritori di termocombustione finalizzati al recupero energetico al di fuori, di fatto, di ogni programmazione. Chiedo se non sia il caso, dal momento che per questi inceneritori vi è bisogno di una autorizzazione a livello nazionale, di frenare questa corsa, per evitare il rischio che nel nuovo sistema dei rifiuti la discarica sia sostituita dalla termocombustione e non si raggiunga il vero obiettivo che è quello del riciclaggio, della raccolta differenziata, della riduzione della produzione di rifiuti.

L'altra domanda riguarda la situazione delle regioni Campania e Lombardia, dove si sta verificando un blocco e sta emergendo un indirizzo profondamente in contrasto con il decreto n. 22. Vorrei conoscere quali siano le intenzioni del Governo per modificare questi atteggiamenti, che ovviamente considero dannosi.

EDO RONCHI, Ministro dell'ambiente. Al senatore Lubrano ricordo che il Governo, con riferimento al decreto legislativo n. 22, ha operato sulla base di una delega che conteneva limiti specifici, i quali escludevano la possibilità di ricorrere al delitto. Si tratta di una questione non semplice da affrontare sul piano normativo, perché il nostro sistema sanzionatorio va verso una progressiva depenalizzazione di una serie di reati considerati minori per concentrare l'azione repressiva di natura penale sui reati più gravi: si tratta di un orientamento che fa parte della riforma generale del sistema della giustizia in Italia.

Sono tuttavia anch'io dell'avviso che taluni gravi reati, connessi a reati associativi, richiedano fattispecie sanzionatorie più puntuali e penetranti. I magistrati che indagano su questi traffici, per esempio, mi dicono che a volte hanno difficoltà anche ad attivare le intercettazioni a causa del sistema vigente in materia di autorizzazioni; altri hanno difficoltà a perseguire l'associazione che si sviluppa con lo specifico scopo di gestire in modo illecito i rifiuti, perché il reato associativo per queste finalità non è previsto specificamente. Se c'è un'associazione criminale di tipo mafioso, per esempio, ci si indirizza verso quella fattispecie, ma non in modo specifico all'organizzazione per traffico illecito.

Approfondimenti e miglioramenti sul piano del sistema sanzionatorio sono possibili ed auspicabili. Per questo in data 16 giugno, con un decreto, ho promosso l'istituzione di una commissione, che dovrebbe consegnarmi un rapporto entro 120 giorni dal suo insediamento. Se la Commissione lo ritiene, vi trasmetterò copia di questo rapporto con le proposte elaborate dai tecnici del settore, perché se ne possa fare una valutazione più approfondita. Preciso che ho chiarito molto bene a questi esperti che si tratta di inserire norme ambientali nella riforma del processo penale nell'ambito di un sistema coerente di normativa, che ovviamente sia in grado di dare risposte adeguate ai problemi specifici di questo settore della criminalità.

Per quanto riguarda le osservazioni del senatore Giovannelli sulla tipicità di alcuni reati, credo di avere già risposto.

Per l'azione di risarcimento del danno ambientale pubblico ex articolo 18 della legge n. 349 del 1986, ho chiesto al servizio competente di predisporre una relazione, dalla quale sembrerebbe che gli ostacoli procedurali siano insormontabili: nessuna azione è stata portata a termine durante la vigenza di questa norma e gli impedimenti citati sono stati numerosissimi.

In buona sostanza, la stessa formulazione di questo articolo è di difficile interpretazione ed applicazione e non ha una possibilità applicativa in riferimento al nostro sistema giuridico per diverse ragioni, non solo per la mancanza del titolare dell'azione. Su questo ho chiesto alla commissione di effettuare un approfondimento tecnico e di formulare una proposta specifica: sono anch'io convinto che sia un'azione importantissima...

AUGUSTO CORTELLONI. Non si riesce ad intervenire ai sensi dell'articolo 2043 del codice civile?

EDO RONCHI, Ministro dell'ambiente. A legislazione vigente, sono state tentate diverse iniziative fin dal 1986, nessuna delle quali però è mai giunta a buon fine. Senza entrare in dettagli tecnici che non rientrano nelle mie competenze, credo quindi che il quadro normativo non sia adeguato, perché altrimenti almeno qualche azione sarebbe giunta a buon fine in più di dieci anni di tempo.

GIOVANNI LUBRANO DI RICCO. Se non si modificano i criteri che presiedono alla titolarità dell'azione, non si risolve il problema!

EDO RONCHI, Ministro dell'ambiente. Occorre un servizio che se ne occupi.

Appena sarà concluso il lavoro di questa commissione, vi sottoporrò le proposte elaborate, se riterrete utile esaminarle.

PRESIDENTE. Certamente, ministro; è anzi una promessa che attendiamo venga adempiuta appena sarà possibile.

EDO RONCHI, Ministro dell'ambiente. Per quanto riguarda il quesito posto dall'onorevole Galdelli sul presunto sviluppo del programma riguardante gli inceneritori, una segnalazione relativa a tale problema mi era stata inviata da un'associazione ambientalista, il WWF, per cui ho compiuto questa verifica: ebbene, a me non risulta che sia in atto un programma di incremento degli inceneritori (si parla esclusivamente di vecchi programmi e vi sono invece ridimensionamenti già in atto). Probabilmente, bisognerebbe confrontare i numeri: mi risulta che, in base al decreto legislativo n. 22, per esempio, la stessa Campania, che certamente non ha una gestione molto avanzata dei rifiuti, abbia ridotto il numero degli inceneritori programmati (se ne prevedevano inizialmente sei ed ora si parla soltanto di due, forse di uno); il Piemonte ha fatto lo stesso. La riduzione da sei a due inceneritori in Campania è prevista negli indirizzi relativi all'applicazione dell'ordinanza, definita d'intesa con la regione, per la gestione dei rifiuti: la termocombustione è stata posta in subordine ad una programmazione di recupero, riutilizzo e riciclaggio nonché alla produzione di combustibile da rifiuti, che può essere impiegato anche in impianti industriali. L'incenerimento in impianti dedicati, quindi, è stato molto ridimensionato: dai sei ipotizzati nel piano regionale ai due, di cui peraltro si sta ancora discutendo, perché non sono certi, anche se, in base alla programmazione, è probabile che almeno due servano; questa verifica, comunque, non è conclusa.

BRUNO NAPOLI. I siti sono già individuati?

EDO RONCHI, Ministro dell'ambiente. No, li deciderà successivamente la regione; sto parlando di numeri.

A meno che si producano numeri diversi, devo ovviamente basarmi sui dati che mi forniscono i miei uffici: ripeto quindi che non vi sono inceneritori aggiunti e che parliamo sempre di programmi che hanno qualche anno, anche perché in qualche mese non si definisce un programma regionale di smaltimento dei rifiuti. La revisione di questi programmi ha portato ad una riduzione della previsione del numero degli inceneritori negli ultimi mesi, periodo per il quale vi può essere qualche influenza del decreto legislativo n. 22 appena entrato in vigore.

Non vorrei però che dietro queste valutazioni vi fosse l'idea che sia possibile gestire in maniera integrata i rifiuti escludendo il loro recupero energetico, ritenendosi quindi che ogni inceneritore sia in più, sovradimensionato, fuori posto, non utile in ogni caso; il decreto legislativo n. 22 applica le scelte nella graduatoria europea: prima la prevenzione, poi il riutilizzo e il riciclaggio, quindi il recupero energetico. Non è pensabile smaltire in maniera integrata i rifiuti senza una quota di recupero energetico, perché non lo sta facendo nessuno al mondo. Abbiamo comunque cercato di incentivare il combustibile da rifiuti, cioè di bruciare il meno possibile rifiuti tal quali, perché in questo caso non si controlla il contenuto della combustione, servono forni inceneritori molto costosi e a temperature alte, vi è sempre qualche rischio maggiore. Con il rifiuto tal quale, non essendo certo il suo grado di umidità e quindi anche il suo potere calorico, il rendimento cala: il recupero energetico del rifiuto tal quale non è quindi il modo più adeguato di intervenire, per cui il decreto legislativo n. 22 compie una scelta prioritaria a favore del combustibile da rifiuti.

Il recupero energetico è una modalità di gestione dei rifiuti prevista dalle direttive europee e si fa in tutta Europa: noi abbiamo, questo sì, la necessità di aumentare la quota di recupero energetico. Oggi, facciamo recupero energetico sul 4 per cento dei rifiuti, mentre la Germania - che è citata da tutti come modello di gestione dei rifiuti - fa recupero energetico dei rifiuti urbani per una quota superiore al 30 per cento; è quindi evidente che vi sarà un aumento del recupero energetico dei rifiuti. La Germania è il paese europeo con il riutilizzo e il riciclaggio più alti d'Europa: in alcuni laender i livelli di riutilizzo e riciclaggio arrivano al 40-42 per cento. Ovviamente, ciò nonostante, resta una quota sulla quale bisogna fare recupero energetico, perché la soluzione dello smaltimento in discarica è comunque la peggiore in quanto consiste soltanto nel buttar via creando inquinamento prolungato nel tempo, con rischi per le falde e per le immissioni in aria; è lo smaltimento più irrazionale, non è sullo stesso piano dell'incenerimento con recupero energetico ma è al gradino inferiore. Anche il recupero energetico, infatti, è pur sempre recupero di energia: ci consente di bruciare meno combustibili fossili, meno carbone e petrolio, utilizzando una quota di biomasse contenute nei rifiuti. Anche dal punto di vista del ciclo, siccome si tratta di combustibile sostitutivo di altro combustibile, l'effetto è positivo, se lo facciamo in condizioni di sicurezza e di garanzia per le modalità impiegate e la qualità della combustione.

PRESIDENTE. Do la parola agli altri colleghi che desiderano rivolgere domande al ministro.

FRANCO GERARDINI. Personalmente ritengo che il decreto legislativo n. 22 abbia rappresentato un importante passo in avanti al fine di attribuire un carattere europeo alla gestione dei rifiuti; ritengo altresì che la sfida per il Governo riguardi la sua ulteriore attuazione con i regolamenti e le norme tecniche da definire, che sono tante e complesse. Mi ha fatto quindi piacere apprendere poco fa dal ministro che è iniziato il lavoro su un tavolo no stop, cui partecipano i vari ministeri interessati, al fine di poter arrivare nel più breve tempo possibile a definire la normativa secondaria che è previsto venga emanata entro 30, 60, 90 giorni (essendo quindi già scaduto questo periodo).

Il fatto che quattro decreti abbiano già avuto il concerto definitivo, quindi una sorta di via libera, è dunque positivo. Su questo posso forse aggiungere una mia breve nota personale, non so se pessimistica: rispetto ai decreti da emanare in base agli ex articoli 31 e 33 sui rifiuti recuperabili, ho alcuni dubbi sulla loro effettiva celerità, non per una sorta di sfiducia nei confronti dei ministeri interessati ma soprattutto per la complessità e la delicatezza del lavoro che bisogna portare avanti. Occorre infatti considerare che i vari decreti-legge reiterati in passato su quelli che venivano definiti residui riutilizzabili hanno creato una sedimentazione di comportamenti industriali, all'interno della quale - sono d'accordo - si sono inserite anche attività poco lecite ma che ha comunque attivato un mercato e un'industria intorno ai residui industriali.

Credo quindi che occorra essere molto riflessivi ed attenti nell'emanare lo specifico decreto relativo alle norme tecniche che fisseranno i tipi, le classificazioni, le modalità di recupero dei vari rifiuti provenienti dalle attività industriali. Non a caso, come parlamentari ci siamo mobilitati per cercare di evitare un impatto negativo del ritardo nell'emanazione di questo decreto e delle relative norme tecniche sulle attività industriali: comunque, su tale questione vi è da parte del ministro - mi sembra di capire - una rassicurazione sui tempi di emanazione.

Vorrei ora brevemente accennare al titolo V del decreto legislativo n. 22, relativo alle sanzioni, che è stato discusso poco nelle aule parlamentari. E' stato uno dei temi sui quali la riflessione non è stata ampia, anche per la sua specificità e complessità: il fatto che le Commissioni ambiente, sia del Senato sia della Camera, non siano entrate propriamente nel merito è dovuto infatti proprio alla specificità della problematica. So che in materia vi è stato un tavolo di confronto a livello del Ministero di grazia e giustizia coordinato dal sottosegretario Corleone e comunque il risultato è oggi legge, secondo le norme del titolo V.

Mi sembra che a tale riguardo si sia anche in qualche modo sparlato da parte di eminenti esponenti dell'ambientalismo italiano, perché personalmente non credo che le sanzioni previste dal titolo V rappresentino un ulteriore regalo alle ecomafie (come è stato detto da qualcuno). Penso invece che l'aver previsto, per esempio, all'articolo 53 la confisca obbligatoria dei mezzi, o un'altra serie di sanzioni abbia rappresentato certamente una risposta, anche se la definirei non adeguata e non definitiva, per cui su di essa bisognerà tornare. Anche a tale proposito colgo con piacere la notizia fornita dal ministro (che peraltro era già stata diffusa dalle agenzie di stampa) circa l'insediamento di un gruppo di lavoro che sta affrontando questo specifico problema, per colpire in maniera più efficace ed efficiente le attività illecite relative al traffico ed ai trasporti di rifiuti, nonché al loro smaltimento abusivo.

Sono comunque d'accordo con alcune riflessioni di colleghi relativamente allo scopo di questa Commissione di portare alla luce alcune problematiche e proporre soluzioni, come è avvenuto nella precedente legislatura: nella relazione finale della Commissione d'inchiesta monocamerale della XII legislatura, anch'essa presieduta dall'onorevole Scalia, erano infatti contenuti alcuni suggerimenti al Governo, per cui spero che la commissione che sta lavorando presso il Ministero dell'ambiente rilegga quella relazione.

Osservo ancora che il meccanismo previsto dall'articolo 16 del decreto legislativo riguardo al modello uniforme di formulario di identificazione tende proprio a colpire uno degli aspetti deboli nelle attività di controllo dei traffici transfrontalieri e del trasporto di rifiuti; il nuovo modello uniforme, infatti, in base alla particolare procedura prevista, diventa un vero e proprio certificato di smaltimento, migliorando la precedente formulazione ed il meccanismo di controllo delle leggi abrogato con il decreto legislativo n. 22.

Con tale decreto, quindi, a mio avviso, abbiamo compiuto notevoli passi in avanti per quanto riguarda il miglioramento dei controlli nella gestione dei rifiuti. Sono d'accordo sul fatto che bisogna fare di più, ma non concordo con i giudizi sul decreto, anche estremamente demagogici, che ho sentito per sei mesi, in particolare in relazione alle ecomafie.

Voglio trattare ancora due problemi. Il primo riguarda un'affermazione del ministro in linea con le finalità del decreto legislativo: egli infatti dichiara che si privilegia il recupero ed il riciclaggio dei materiali, successivamente il recupero energetico. Questo è, se non sbaglio, in linea con le nuove formulazioni comunitarie relative alla gestione ottimale del ciclo dei rifiuti: a mio avviso, però, un aspetto importante sul quale occorre lavorare è non solo la normativa secondaria (che è comunque necessaria per dare le "gambe" al decreto legislativo) ma anche la creazione di un mercato dei materiali riciclati, definendo le modalità e gli incentivi per il loro impiego.

Non possiamo, cioè, enunciare soltanto a livello di principio che vogliamo recuperare il massimo dei materiali e favorire il riciclaggio dei rifiuti, senza creare un mercato per collocare i materiali riciclati. A questo punto, allora, chiedo al ministro se si stia lavorando, per esempio insieme con il Ministero dei lavori pubblici (è soltanto un esempio fra gli altri che potrei fare), affinché nei capitolati d'appalto per le opere pubbliche, in particolare per le strade, si richieda l'utilizzo, se non totale almeno in buona percentuale, dei materiali provenienti dal riciclaggio dei rifiuti. In tal modo si potrebbe sollecitare un'economia del riciclaggio, oltre che destinare ad un impiego utile materiali che altrimenti tornerebbero, in un modo o nell'altro, in discarica. Considero quindi molto importante lavorare da subito su questo piano e chiedo al ministro se si stiano stipulando particolari accordi con altri ministeri, o se si stiano definendo accordi di programma con soggetti industriali, che potrebbero così collaborare alla piena attuazione delle finalità di riciclaggio dei materiali.

La seconda questione che intendo sollevare è collegata all'intervento del collega Galdelli. Credo che, ancora una volta, nel nostro paese si stia realizzando una sorta di caccia alle streghe: ogni volta che si interviene per innovare la legislazione, si attiva una serie di pasdaran i quali prospettano problematiche anche particolarmente strane. In realtà, dobbiamo partire dai fatti e, nel caso specifico, dalla legge. Quest'ultima prevede che, a partire dal 1° gennaio 1999, non si possano realizzare impianti di incenerimento se non collegati ad un processo di recupero energetico. Pertanto, gli impianti di incenerimento collegati ad attività di recupero energetico sono previsti dalla legge. Inoltre, quest'ultima prevede che, a partire dal 1° gennaio 2000, possano essere smaltite in discarica soltanto determinate tipologie di rifiuti, che saranno individuate da uno specifico provvedimento. Se prevediamo che entro sei anni dall'entrata in vigore della legge si debba recuperare, tramite la raccolta differenziata, il 35 per cento del totale dei rifiuti (una percentuale sicuramente minima), vorrei capire dove porteremo il rimanente 65 per cento. Credo si debba auspicare, non solo con il dovuto senso di oggettività imposto dalla situazione di emergenza in cui versa il nostro paese ma anche con grande laicità, che la percentuale di incenerimento con recupero energetico in questo paese possa essere - per così dire - più europea. Ha fatto bene il ministro a ricordare la percentuale del 4 per cento di rifiuti trattati; si tratta ora di elevare tale percentuale, per evitare che si inneschi un circolo vizioso che, ancora una volta, ci porterebbe ad un sistema non dico superato ma comunque idoneo a favorire in questo settore uno smaltimento ed una attività illeciti.

In definitiva, trovo del tutto assurdo pensare ad una moratoria sia di discariche sia di impianti di incenerimento, nel momento in cui si sta avviando una riforma che, ovviamente, impone la taratura dei sistemi di intervento introdotti. Per tali ragioni, mi trovo in assoluto disaccordo con la moratoria proposta da rifondazione comunista e da alcune associazioni ambientaliste (in verità, solo da alcune, visto che molte hanno assunto un orientamento diverso, probabilmente perché guardano in maniera più equilibrata all'evoluzione del sistema).

Giorni fa, su Il Sole-24 Ore, è apparso un articolo dal titolo: "Decreto Ronchi: Italia sotto accusa". In tale articolo si informavano i lettori sul fatto che la Commissione europea sarebbe sul punto di inviare al nostro Governo una o più lettere per la messa in mora del Governo stesso, con riferimento al decreto Ronchi. In particolare, sembra che la procedura di notificazione del testo legislativo all'Unione europea, espressamente prevista dalla legge, non sia stata seguita in maniera corretta. Si sostiene, inoltre, che il testo notificato sarebbe diverso, almeno con riferimento a taluni articoli, dal testo attualmente in vigore. Dal ministro Ronchi vorrei sapere se la situazione descritta da Il Sole-24 Ore corrisponda al vero e, in caso affermativo, se il ministero si stia attivando per predisporre interventi mirati ad evitare la procedura di infrazione.

PRESIDENTE. La ringrazio, collega Gerardini, anche perché, se non l'avesse fatto lei, avrei posto io stesso al ministro l'ultima domanda da lei formulata. Tra l'altro, nell'articolo citato è contenuto un riferimento ad una mancata "inopponibilità da parte di terzi", che francamente non riesco a comprendere.

Osservo che il tema dell'incenerimento appassiona sempre; credo comunque che le priorità indicate dal ministro siano pienamente rispettate dal decreto legislativo n. 22 del 1997. Si tratta di priorità legate a condizioni precise, nel contesto di un tema che, al di là di posizioni talvolta strambe od estremistiche, ha destato giuste preoccupazioni in ordine agli effetti inquinanti connessi alla combustione. La tecnologia sta migliorando e, nel quadro di priorità stabilito a livello europeo e recepito dal decreto legislativo n. 22, occorrerà dedicare particolare attenzione al fine di garantire - come diceva il ministro - migliori livelli tecnologici che possano consentire la massima sicurezza dal punto di vista delle conseguenze sanitarie ed ambientali connesse alla termodistruzione.

GIOVANNI LUBRANO DI RICCO. Vorrei ricordare al collega Giovannelli che l'azione di risarcimento per danno ambientale in tanto può produrre risultati positivi in quanto l'indagato (poi imputato e, infine, condannato) abbia la possibilità di risarcire il danno. Spesso, però, l'organizzazione malavitosa che si muove dietro lo smaltimento dei rifiuti utilizza persone nullatenenti; è evidente come in questo caso l'azione di risarcimento per danno ambientale non abbia alcuna efficacia deterrente e non consenta di conseguire alcun risultato pratico; in definitiva, è del tutto inutile. L'azione di risarcimento per danno ambientale potrebbe avere effetto soltanto quando l'imputato che venga condannato sia un grosso industriale "pescato" a smaltire rifiuti in modi illegali.

Vorrei anche ricordare che titolari dell'azione sono anche gli enti locali, nonostante non l'abbiano mai esercitata: non si può attribuire la titolarità dell'azione di risarcimento del danno ambientale a chi spesso è responsabile del danno stesso, sia per aver tollerato determinati comportamenti sia per aver assunto determinati atteggiamenti. Fino a quando non si estenderà - si tratta di una proposta della quale il ministro dell'ambiente deve farsi carico - la titolarità dell'azione di risarcimento per danno ambientale, quest'ultima avrà sempre un'efficacia limitata e sarà poco esercitata. In Italia, se non sbaglio, solo in due occasioni l'azione è stata esercitata. Del resto, anche all'epoca in cui fu emanata la legge criticammo il limite che si era voluto configurare in ordine ai titolari dell'azione, proprio perché prevedevamo la scarsa efficacia che avrebbe caratterizzato l'esercizio dell'azione stessa.

PRESIDENTE. Do la parola al ministro perché risponda alle domande poste dai colleghi intervenuti.

EDO RONCHI, Ministro dell'ambiente. Per quanto riguarda i decreti relativi ai rifiuti non pericolosi destinati al recupero, la prima scadenza è prevista per il 29 agosto. Sulla base del lavoro svolto ed anche alla luce dell'istruttoria condotta insieme agli altri ministeri interessati, ritengo che saremo in grado di rispettare questa data ai fini dell'emanazione dei decreti. Certo, si tratta di un lavoro complesso, che solo domani pomeriggio entrerà in quello che potremo definire un tavolo no stop.

Ripeto: il lavoro preliminare è giunto ad uno stadio avanzato di elaborazione, per cui credo che il termine sarà rispettato.

Quanto alle iniziative in corso con riferimento al mercato dei materiali utilizzati, si tratta di un ambito nel quale si risente dell'assenza di normazione secondaria, necessaria in base agli accordi di programma. Tuttavia, abbiamo predisposto uno schema di accordo di programma con l'ENEL e la FIAT e ne stiamo discutendo con la Pirelli, l'associazione dei cartai e con alcuni produttori di elettrodomestici; ovviamente, stiamo eseguendo una verifica sul settore della plastica alla luce delle note polemiche interne al consorzio, anche relative al mancato versamento dei contributi. Stiamo procedendo comunque in direzione della definizione di un accordo quadro anche nel settore della plastica, in vista della costituzione del CONAI (una riunione di verifica è prevista per il 23 o 24 luglio prossimi). Inoltre, abbiamo incontrato il rappresentante dell'ANCE per valutare l'ipotesi di una piattaforma di recupero degli inerti in ciascuna regione.

In definitiva, sono in atto vari accordi di programma; ad esempio, l'accordo con l'associazione dei produttori di carta prevede l'incremento di un milione di tonnellate per l'utilizzo di carta da macero (il che significa raddoppiare la quantità di carta da macero utilizzata).

La rete degli accordi di programma attraversa quindi una fase di sviluppo. Raccolgo la proposta di utilizzare i rifiuti da inerti ai fini della realizzazione di opere pubbliche: la considero una buona idea e la sottoporrò all'attenzione degli uffici che stanno lavorando agli accordi.

Per quanto riguarda l'articolo pubblicato su Il Sole-24 Ore, è ovvio che il ministro in una sede formale non può che riferirsi a dati formali. Da questo punto di vista, non ho ancora ricevuto alcuna comunicazione da parte dell'Unione europea e non posso certo basarmi su indiscrezioni giornalistiche. Posso dire, in linea generale, che noi seguiamo una procedura per l'attuazione della delega, in base alla quale si prevede il parere delle Commissioni parlamentari, anche se facoltativo. L'esercizio della delega, come sapete, era stato circoscritto entro un termine. Le Commissioni parlamentari ci hanno chiesto di fissare un termine supplementare al fine di approfondire la materia e, quindi, fornire un parere più circostanziato. Nelle more tra questo termine e la scadenza della delega, abbiamo dovuto notificare un testo non ancora definitivo, un testo che doveva ancora essere modificato in alcuni punti, proprio sulla base dei pareri espressi dalle Commissioni parlamentari, anche per evitare di operare - per così dire - al di là della delega. L'Unione europea non prevede questa procedura che noi abbiamo invece adottato a livello nazionale. Se ci saranno rivolte obiezioni con riferimento alla procedura, faremo presente che con il decreto abbiamo recepito tre direttive, rispetto alle quali eravamo in fortissimo ritardo, e che non potevamo dilatare i tempi se non perdendo un altro anno, cosicché la delega avrebbe dovuto essere rinnovata e saremmo dovuti partire da capo. Ripeto: la procedura di approvazione dei decreti legislativi prevede il parere delle Commissioni parlamentari; il Governo ha ritenuto di dover valorizzare tale parere, benché non vincolante, anche ai fini del suo recepimento.

Di questa procedura seguita nel nostro paese e non in altri, l'Unione europea deve tenere conto. Non è detto che eventuali osservazioni che ci fossero rivolte debbano essere tutte fondate; noi faremo presente il nostro punto di vista ed il dato sostanziale. Se poi qualcuno vuole fare il primo della classe...! Il dato sostanziale è che l'Italia ha recepito con questo decreto ben tre direttive europee e lo ha fatto in assoluta sintonia con il contenuto delle direttive, a differenza di quanto hanno fatto altri, non secondari paesi europei, che a questo adeguamento sostanziale, a partire dalla definizione di rifiuti fino a giungere alla loro classificazione, non sono ancora pervenuti.

PRESIDENTE. A nome della Commissione, ringrazio il ministro Ronchi.

 

Seguito dell'esame del regolamento interno.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito dell'esame del regolamento interno, del quale sono relatore io stesso.

Comunico che il senatore Cortelloni ha presentato emendamenti riferiti, rispettivamente, agli articoli 7, 13 e 21 della proposta di regolamento interno della quale ho dato lettura nella seduta di martedì 8 luglio scorso.

L'ufficio di presidenza ha recepito talune proposte emendative del senatore Cortelloni, il quale, da parte sua, ha accolto l'invito a ritirarne altre.

Nella seduta di martedì 22 luglio, alle 18,30, la Commissione procederà pertanto alla votazione degli articoli di cui consta la proposta di regolamento interno, così come modificati a seguito dell'accettazione degli emendamenti presentati dal senatore Cortelloni.

AUGUSTO CORTELLONI. Signor presidente, colgo l'occasione per dichiarare che mi interessava fossero recepite nel nostro regolamento alcune esigenze: il principio in base al quale riconoscere ai commissari la possibilità di fornire un maggior contributo alla formazione del programma e del calendario dei lavori; che i collaboratori della Commissione fossero dotati di comprovata capacità professionale e di indubbia moralità; infine, che nello svolgimento dell'attività istruttoria si tenesse nel dovuto conto la ricognizione delle inchieste giudiziarie in corso, dei procedimenti in fase dibattimentale, delle sentenze già emanate nonché delle interrogazioni e delle interpellanze parlamentari presentate nel corso della XIII legislatura per fatti riconducibili alla legge istitutiva. In questa direzione ho presentato alcuni emendamenti agli articoli 7, 13 e 21. Sono lieto che l'ufficio di presidenza abbia voluto accoglierne una parte e non ho avuto difficoltà ad accettare l'invito a ritirarne alcuni.

PRESIDENTE. La ringrazio, senatore Cortelloni.

Il seguito dell'esame del regolamento interno è rinviato alla seduta di martedì 22 luglio, alle 18,30.

Avverto che la Commissione è convocata per venerdì 18 luglio, alle 10, per l'audizione dei rappresentanti dell'ANFIA e dell'ADA (Associazione demolitori automobili).

Ricordo altresì che la Commissione si riunirà martedì 22 luglio, alle 19, per l'audizione del ministro dell'industria Bersani.

Comunico, infine, che l'ufficio di presidenza esaminerà la possibilità, nell'ambito delle missioni già programmate, segnatamente per quella da svolgere in Campania, di effettuare un primo sopralluogo nel casertano giovedì 31 luglio prossimo. Si tratterebbe di una prima ricognizione, alla quale ne seguiranno altre, sempre in Campania, che svolgeremo alla ripresa dei lavori parlamentari dopo la pausa estiva.

La seduta termina alle 12,30.

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