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CAMERA DEI DEPUTATI - SENATO DELLA REPUBBLICA

COMMISSIONE PARLAMENTARE D'INCHIESTA

SUL CICLO DEI RIFIUTI E SULLE ATTIVITA'

ILLECITE AD ESSO CONNESSE

4.

SEDUTA DI VENERDI' 18 LUGLIO 1997

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE MASSIMO SCALIA

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori. *

Audizione del presidente dell'ANFIA, ingegner Piero Fusaro, e del vicepresidente dell'ADA, dottor Anselmo Calò. *

La seduta comincia alle 10,5.

(La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).

 

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Se non vi sono obiezioni, rimane stabilito che la pubblicità della seduta sia assicurata anche attraverso l'attivazione dell'impianto audiovisivo a circuito chiuso.

(Così rimane stabilito).

 

Audizione del presidente dell'ANFIA, ingegner Piero Fusaro, e del vicepresidente dell'ADA, dottor Anselmo Calò.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione del presidente dell'ANFIA, ingegner Piero Fusaro, e del vicepresidente dell'ADA, dottor Anselmo Calò.

Non a caso le audizioni degli esponenti delle due associazioni vengono svolte congiuntamente, perché esiste un tema comune sul quale la Commissione intende acquisire informazioni: quello relativo agli incentivi per la rottamazione. Vorremmo sapere se siate in possesso dei primi dati e dei primi risultati sulla gestione della rottamazione in rapporto ai provvedimenti presi dal Governo. La domanda, quasi da uomo della strada, è la seguente: desideriamo sapere che fine fanno i veicoli che devono essere avviati alla rottamazione, come sono gestiti, quali sono i dati di cui siete in possesso, ovviamente con il maggior livello analitico possibile.

In particolare, poiché l'Associazione nazionale costruttori automobili, per la situazione italiana, tende, al di là degli aspetti societari, a coincidere con la Fiat, prego segnatamente la Fiat di informarci sulla situazione di eventuali industrie a rischio di incidente rilevante che sono in possesso totale o parziale della società, con riferimento sia al problema della sicurezza generale di queste industrie, sia soprattutto alla gestione di materiali e rifiuti pericolosi connessi all'attività delle industrie medesime.

Ovviamente nelle vostre relazioni esporrete quello che riterrete opportuno far conoscere alla Commissione, tuttavia vi preghiamo di tenere conto in particolare degli aspetti che ho segnalato.

Do la parola al dottor Fusaro, presidente dell'ANFIA.

PIERO FUSARO, Presidente dell'Associazione costruttori automobili (ANFIA). Sono presenti anche l'ingegner Di Carlo, esperto di materiali, l'ingegner Rowinschi, esperto di ecologia ed ambiente, la dottoressa Franci, della Fiat di Roma, ed il dottor Briccarello, responsabile dell'ANFIA di Roma.

Vorrei preliminarmente spendere alcune parole per descrivere l'associazione. La nostra è l'associazione italiana fra le industrie automobilistiche; svolgiamo questa funzione dal 1912 nei settori della costruzione, trasformazione ed equipaggiamento dei veicoli per il trasporto individuale e collettivo di persone e merci. Siamo portavoce delle aziende e industrie associate per le problematiche tecniche, economiche, fiscali, legislative e statistiche inerenti alla mobilità ed al trasporto di persone. Abbiamo 215 associate (la principale, la più grande è la Fiat auto-Iveco), con circa 130 mila dipendenti e 60 mila miliardi di fatturato. Siamo strutturati in nove gruppi, ognuno dei quali ha un suo statuto, è disciplinato secondo un regolamento di gruppo; i gruppi sono i seguenti: autoveicoli - il cui socio principale è la Fiat -, autovetture sportive speciali, carrozzerie autovetture promiscui, autobus, carrozzerie di veicoli industriali, componentisti (parti per autoveicoli), pneumatici, rimorchi e veicoli da campeggio.

Immaginando che il tema dell'audizione fosse la rottamazione delle vetture, abbiamo ritenuto utile per voi fornirvi alcune informazioni sulla composizione del parco delle vetture, sulla sua anzianità, sulle radiazioni che ogni anno vengono operate da questo parco, confrontando questi dati con quelli di alcuni paesi europei. Da quanto vi esporrò noterete come il nostro parco presenti alcune caratteristiche peculiari. Innanzitutto, esso ha avuto negli ultimi venti anni una crescita accelerata non indifferente. Inoltre ha una vita media che è la più elevata tra i paesi europei con i quali ci confrontiamo e, quindi, un'incidenza di vetture anziane più alta rispetto a quella degli altri paesi e un basso tasso di rottamazione.

Ho predisposto delle tabelle e delle slides. Non so se per voi sia più funzionale utilizzare le tabelle o le slides, per cui proietterò le diapositive e nel contempo illustrerò le tabelle.

PRESIDENTE. Risulterà senz'altro utile un'illustrazione delle tabelle, che potranno essere pubblicate in allegato al resoconto stenografico della seduta.

PIERO FUSARO, Presidente dell'Associazione costruttori automobili. La prima tabella indica, nella prima colonna, l'evoluzione del parco dal 1970 al 1996: il parco è praticamente triplicato in questi 26 anni. La colonna a fianco è relativa alle immatricolazioni delle vetture immesse nel parco, mentre la terza rappresenta le radiazioni dal parco.

PRESIDENTE. Per vetture intende solo le autovetture?

PIERO FUSARO, Presidente dell'Associazione costruttori automobili. Sì, solo le autovetture.

Le radiazioni non necessariamente coincidono con le rottamazioni, perché come sapete ci sono anche le esportazioni e le perdite di possesso. Pertanto il dato relativo alle radiazioni, depurato dalle perdite di possesso e dalle esportazioni, è quello delle rottamazioni. L'ultima colonna della tabella indica la percentuale di vetture che ogni anno vengono radiate dal parco. Per esempio, nel 1996 il parco delle vetture era di 30 milioni 400 mila, furono immatricolate 1 milione 729 mila vetture, vennero radiate dal parco - quindi eliminate dal PRA - 1 milione 329 mila vetture, corrispondenti al 4,4 per cento dei 30 milioni 400 mila veicoli.

La seconda tabella contiene i dati relativi al parco vetture per classi di anzianità. Si può subito notare (lo vedremo meglio nelle tabelle successive) come questo parco sia estremamente anziano e sicuramente più anziano di tutti i parchi autoveicolistici d'Europa, o perlomeno dei più importanti paesi europei; credo che anzianità equivalenti si possano ritrovare in Grecia, in Portogallo e in Spagna. Risulta evidente che quasi il 10 per cento del parco ha un'anzianità superiore ai 20 anni e che più del 37 per cento ha un'anzianità superiore ai 10 anni.

Nella successiva tabella è indicata la vita media delle vetture italiane raffrontata con la Germania, la Francia e il Regno Unito. In Italia la vita media è di 14,2 anni, quindi superiore a quella degli altri paesi. Per vita media si intende quanto ha di vita una vettura prima di essere alienata o radiata dal parco; non è l'anzianità media del parco, è l'attesa di vita, quasi la speranza di vita...!

La tabella seguente mette a confronto il parco circolante per anzianità di Italia, Francia, Germania e Regno Unito. Qui risulta evidente quanto dicevo in precedenza: in Italia le vetture che hanno oltre 10 anni di anzianità sono quasi il doppio di quelle degli altri paesi indicati, mentre le vetture che hanno oltre 15 anni di età sono in numero quattro volte superiore.

PRESIDENTE. Mi scusi, dottor Fusaro, ma dati analoghi erano già stati forniti alla precedente Commissione. Le cifre che ci state illustrando sono senz'altro utili, ma noi abbiamo ritenuto opportuno ascoltarvi in particolare in merito ad un aspetto nuovo, cioè per sapere se voi abbiate aggiornato questi dati alla luce della campagna di incentivi, che ha prodotto un ritiro dal mercato di auto con più di 10 anni decisamente superiore alle aspettative. I dati che ci fornite sono aggiornati al 1996 e quindi non possono tener conto della campagna di rottamazione. Non mi aspetto grandi variazioni rispetto alle cifre già note, però sicuramente ci deve essere un coefficiente di rinormalizzazione.

PIERO FUSARO, Presidente dell'Associazione costruttori automobili. L'ultima tabella è relativa al mercato a giugno 1997: è l'unico dato del quale sono in possesso fino a questo momento. Sappiamo che, per effetto dell'incentivazione, al 30 giugno sono state rottamate 444 mila autovetture.

PRESIDENTE. Questa cifra, rappresentando grosso modo l'1,5 per cento del parco di vetture circolanti, ha un certo influsso, anche se non rilevantissimo, sui dati relativi alla speranza di vita delle vetture. La vostra esposizione potrà essere eventualmente integrata da una memoria scritta che ci invierete successivamente. Vi preghiamo quindi di rinormalizzare (uso nuovamente questo termine un po' per deformazione professionale) i dati tenendo conto dell'effetto di questi 444 mila veicoli rottamati.

PIERO FUSARO, Presidente dell'Associazione costruttori automobili. Immaginando quale sarebbe stato il tema oggetto dell'audizione, avevo anche pensato (peraltro si tratta di informazioni che conoscete benissimo) di tracciare il quadro nel quale si muove in questo momento il sistema delle rottamazioni in termini legislativi e di spiegare che cosa fa il costruttore a questo riguardo, accennando successivamente alla direttiva europea emanata recentemente, nel luglio di quest'anno.

Innanzitutto, credo che le previsioni di sviluppo delle rottamazioni in futuro saranno superiori a quelle attuali, non solo per effetto degli incentivi, come lei diceva, signor presidente, ma anche perché dal 1° gennaio 1997 è stato dato il via alle revisioni delle automobili. E' chiaro che queste revisioni, previste dall'articolo 80 del codice della strada, non sono ancora pienamente in esercizio; lo saranno però nel corso del tempo. A mio avviso sarebbe stato interessante esaminare la penultima delle tabelle fornite, dalla quale risulta che noi abbiamo una percentuale di radiazioni dal parco inferiore alla media europea di un punto e mezzo (la nostra media è del 4,4 per cento, quella europea è del 5,9) e addirittura di due o tre punti inferiore rispetto ad altri paesi come Germania e Regno Unito. Nel corso del tempo - evidentemente non nell'immediato -, quando il sistema delle revisioni sarà avviato, le officine delle revisioni saranno superiori a quelle attuali e la motorizzazione civile avrà dato corso a tutto il progetto, credo che le radiazioni dal parco per effetto delle revisioni aumenteranno.

In quale quadro legislativo si sta muovendo il sistema in questo momento? Innanzitutto nell'ambito del codice della strada, che all'articolo 103 detta le procedure di radiazione. In secondo luogo, il recente decreto Ronchi sullo smaltimento dei rifiuti ha rappresentato un passo avanti notevole rispetto al precedente dettato legislativo. Mi soffermo solo su due o tre elementi, secondo noi importanti, del decreto Ronchi. Il primo è rappresentato dall'articolo 46, laddove sono dettate le procedure per la messa in sicurezza del veicolo, la sua demolizione ed il recupero dei materiali di rottamazione; il secondo, sempre dall'articolo 46, laddove stabilisce che il veicolo deve essere conferito ad un centro autorizzato (aspetto molto importante). Il decreto definisce - negli articoli 27 e 28 - quali sono le caratteristiche e gli adempimenti propri di un centro autorizzato.

Il provvedimento individua come unico deputato a radiare o per lo meno a permettere la radiazione dal PRA delle vetture il centro di demolizione autorizzato, il quale consegna i documenti al PRA dopo aver rilasciato la liberatoria al possessore. Il decreto prevede poi una serie di procedure specifiche per l'utilizzo di parti di ricambio.

Tale provvedimento recepisce molti aspetti della direttiva europea, approvata dalla Commissione e che deve essere ancora sottoposta al Consiglio dei ministri e al Parlamento europeo per la definitiva approvazione. Essa si riferisce ai veicoli di categoria M1 e N1, vale a dire al trasporto persone e merci fino a 3,5 tonnellate; impone che dal 31 dicembre 1999 tutti i veicoli a fine vita dovranno essere trasferiti presso i centri autorizzati e che gli Stati dovranno predisporre un sistema di certificazione dell'avvenuta rottamazione del veicolo.

Sono inoltre previste disposizioni specifiche riguardanti la messa in sicurezza dei veicoli a fine vita e gli aspetti relativi al riciclaggio.

Il punto importante della direttiva prevede che dal 1° gennaio 2005 per tutti i veicoli dovrà essere realizzato un recupero ed un riciclaggio di almeno l'85 per cento in peso del veicolo (80 per cento come riciclaggio ed il resto come energy recovering) e che dal 1° gennaio 2015 il recupero dovrà essere portato al 95 per cento. Essa stabilisce inoltre - un altro aspetto estremamente importante - come dovrà essere emendata la direttiva sull'omologazione degli autoveicoli in modo che dal 1° gennaio 2005 le vetture siano progettate per far sì che i componenti in esse utilizzati siano recuperabili all'85 per cento in termini di peso.

Cosa hanno fatto nel frattempo le industrie costruttrici? Intanto, bisogna dire che da molto tempo esse sono sensibili ai problemi ambientali e concordano pienamente con le regolamentazioni che il Governo italiani si sta dando, al punto che la FIAT, nel luglio del 1996, ha sottoscritto con il medesimo Governo un accordo di programma nel quale, oltre a favorire lo sviluppo dei veicoli a minimo impatto ambientale, ad applicare la telematica al traffico, si prevedono anche i criteri di demolizione ecologica e di riciclaggio dell'auto a fine vita.

E' soprattutto importante il protocollo d'intesa dell'aprile 1997, sottoscritto dall'amministratore delegato della FIAT e dal ministro Ronchi, per la riduzione dei consumi e lo sviluppo di nuovi mezzi di trasporto e per il riciclaggio delle auto. In questo accordo si anticipano i tempi della direttiva europea: mentre quest'ultima imponeva un recupero dell'85 per cento entro il 2005, l'accordo anticipa il termine al 2002; inoltre, mentre la direttiva fissava al 2015 il termine per un riciclaggio del 95 per cento, l'accordo anticipa i tempi al 2010.

Dal 1992 FIAT ha dato il via al sistema integrato di rottamazione e riciclaggio denominato FARE (FIAT Auto recyching), che successivamente vi illustreremo perché sicuramente rappresenta il sistema più avanzato di questo genere nel settore veicolistico ed un grosso passo avanti nel recupero dei materiali e nella messa a punto di un terreno fertile per consentire che la direttiva abbia poi un riscontro pratico.

PRESIDENTE. Prima di dare la parola a chi riterrà di intervenire per illustrare le caratteristiche essenziali del FARE, le vorrei rivolgere una domanda puntuale. Lei ci ha ricordato il quadro normativo e le intese che esistono con il Governo; il decreto legislativo n. 22 del 1997 doveva ancora avere efficacia, perché è stato promulgato nel febbraio scorso e quindi la situazione normativa era fluttuante. Le chiedo allora che cosa sia successo degli oltre 444 mila veicoli che secondo le schede che avete predisposto sono stati avviati alla rottamazione.

Se vuole, presidente Fusaro, può concludere il suo intervento dicendoci qualcosa sul progetto Fenice, per poi magari fornire qualche indicazione - anche l'ADA ci darà qualche contributo - sulle conseguenze per il settore che ci interessa del provvedimento riguardante gli incentivi alla rottamazione.

PIERO FUSARO, Presidente dell'Associazione costruttori automobili. Darei la parola all'ingegner Di Carlo, che le risponderà per quanto riguarda il sistema FARE e quindi su che cosa si fa e si farà delle 444 mila macchine di cui lei ha parlato.

SALVATORE DI CARLO, Rappresentante dell'Associazione costruttori automobili. Sono il responsabile dei laboratori centrali della FIAT Auto e del progetto FARE per la rottamazione ed il riciclaggio dei veicoli a fine vita.

Rispondo subito alla sua domanda. Per fortuna avevamo già avviato questo progetto nel 1992 per cui, quando è intervenuta l'incentivazione all'inizio di quest'anno e quindi si è verificato un maggiore afflusso di vetture, ci è stato abbastanza facile - anche in un quadro normativo fluttuante - cercare di indirizzare tutte le vetture portate ai nostri punti vendita per essere demolite e rottamate in questa struttura che, per fortuna, già funzionava.

PRESIDENTE. Quali sono gli obiettivi del FARE? Quale connessione ci può essere con il problema della rottamazione?

SALVATORE DI CARLO, Rappresentante dell'Associazione costruttori automobili. Il progetto FARE è nato nel 1991 come risposta all'esigenza di riciclaggio delle vetture alla fine della loro vita. Dal 1990-1991 abbiamo acquisito piena consapevolezza del fatto che il problema ecologico era inteso dai cittadini - e quindi dai nostri potenziali clienti - come uno di quelli maggiormente avvertiti. Per la prima volta abbiamo cominciato a studiare da un punto di vista industriale una soluzione al problema del riciclaggio delle vetture.

Come lei sa, il mondo industriale da sempre è stato attento a costruire le vetture, a progettarle, a venderle, ad assisterle; ma non faceva parte della cultura industriale la preoccupazione di cosa succedesse alla fine: era il cittadino che doveva liberarsi in qualche modo della vettura.

Dopo le sollecitazioni di tipo ecologico, il nostro problema è stato quello di progettare le macchine, per fare un esempio, senza usare materiali critici: si sono quindi eliminati l'amianto, il cromo, il cadmio, eccetera. Quando finalmente nella consapevolezza generale si è acquisito il problema ecologico come globale, il cittadino ha cominciato a riflettere sul fatto che, anche se l'autovettura era costruita con materiali buoni, al momento di buttarla via diventava un problema, se non altro dal punto di vista dell'occupazione del territorio; ci sono quindi pervenuti stimoli per risolvere la questione. Abbiamo cominciato a studiare il tema nel 1990 proprio per rispondere ad un'esigenza dei cittadini. Ricordo che allora non esisteva alcuna legislazione in nessun paese del mondo a questo riguardo; ora si stanno muovendo i primi passi e devo dire che l'Italia si trova tutto sommato all'avanguardia. A noi l'esigenza era stata sottolineata dai clienti e quindi siamo stati sollecitati a trovare una soluzione.

La nostra risposta al problema del fine vita delle vetture si basava su due pilastri: il primo di carattere organizzativo, il secondo di carattere tecnico. Il termine interessante è "riciclaggio": se butto una vettura alla fine della sua vita, non esiste un problema di tossicità perché i materiali usati - come ho detto - sono buoni, ma di occupazione dello spazio, problema che si può risolvere riciclando.

Dal punto di vista tecnico qualsiasi cosa è riciclabile; ma in Italia - come ci ha detto il presidente Fusaro - si buttano via 1 milione e 300 mila vetture l'anno, per cui il problema è di quantità. In Europa la cifra è pari a 10 milioni circa di autovetture. La questione quindi è: si può fare in modo che, dal punto di vista industriale, questo bene sia riciclabile?

Il problema organizzativo diventa quindi il principale, insieme a quello tecnico. Esso si risolve in due modi, a nostro avviso: anzitutto, realizzando una distribuzione capillare sul territorio di centri che possano rappresentare un riferimento per i cittadini; in secondo luogo, coinvolgendo le aziende che già operano in questo settore. Si tratta dell'aspetto fondamentale e sottolineo che la FIAT è stata la prima - tra le case costruttrici che si sono mosse in questo settore - a cercare di sfruttare quello che di buono già questo tipo di industria forniva.

L'auto non è un bene di largo consumo qualsiasi, dal punto di vista del riciclaggio. Essa ha un valore ed esiste già una catena di operatori (demolitori, rottamatori, frantumatori che ottengono metallo, fonderie) che agisce nel settore. Esiste già, insomma, una filiera per il fine vita dell'auto; tuttavia essa si occupa solo di ciò che fino ad oggi dava business, vale a dire le parti di ricambio ed il metallo. Tutti gli altri componenti (le parti di plastica, di gomma e di vetro) che non avevano un mercato venivano buttati via.

Noi siamo partiti da questa constatazione: c'è già una filiera che funziona; se il cittadino che deve disfarsi dell'auto sa già a chi darla (tutti noi ci rivolgiamo al demolitore più vicino) il problema si semplifica. Abbiamo deciso di partire da questo: da ciò è nato il FARE, che è un'organizzazione industriale. Abbiamo cercato un'alleanza con chi per primo riceve l'auto da demolire, tentando di capire perché egli tratta certe parti e non altre, che finiscono in discarica, e cercato di dare una risposta al problema.

Nel circuito FARE la FIAT ha stretto una serie di accordi, innanzitutto con l'ADA, che è l'associazione maggiore, presente in tutta Italia, di demolitori (vedremo poi le cifre sulla sua consistenza). All'ADA abbiamo affidato la gestione dei demolitori. Poi abbiamo verificato quali aziende potevano essere interessate a prendere il materiale che riuscivamo a recuperare dalle vetture e che non aveva uno sbocco di mercato (si tratta - ripeto - del vetro, della plastica, della gomma) ed abbiamo concluso contratti con esse. Siamo riusciti ad ottenere risultati.

Una serie di demolitori associati all'ADA - che quindi hanno varie caratteristiche, prima fra tutti quella di essere in regola con la legge - hanno manifestato la loro volontà di fare qualcosa di più rispetto al passato: per esempio, staccare le parti in plastica più grosse (come i paraurti), i vetri, la schiuma dei sedili dalle autovetture ed accantonarle in un certo spazio. Noi poi - sulla base dei contratti firmati - inviamo altre aziende a recuperare queste parti pagandole il costo minimo che il demolitore deve sopportare in termini di manodopera per svolgere quel lavoro, e le indirizziamo verso un altro mercato.

Questo è il sistema FARE: la ricerca di una destinazione per questo materiale, che era comunque destinato alla discarica, in maniera autosostenibile; il valore finale del prodotto sul mercato riesce a ripagare il lavoro di tutti quelli che hanno partecipato alla catena.

PRESIDENTE. Lei ci ha illustrato, in linea di massima, lo schema organizzativo ed il processo di recupero e rottamazione del materiale. Ricordo - se non è così, la prego di correggermi - che nel 1995 la FIAT aveva stipulato con i centri di demolizione ADA un accordo per lo smaltimento corretto, per il recupero cioè di tutto il materiale recuperabile, che riguardava il 7 per cento del parco radiato, grosso modo 100 mila vetture. Le chiederei di precisare se quella convenzione con ADA abbia avuto una promozione, dal punto di vista del numero delle autovetture trattate nell'ambito della convenzione stessa, per effetto degli incentivi e dei 444 mila veicoli avviati alla rottamazione di cui prima si è detto, illustrandoci magari - ma questo lo potranno fare subito dopo anche i rappresentanti degli autodemolitori - le caratteristiche di tale convenzione.

SALVATORE DI CARLO, Rappresentante dell'Associazione costruttori automobili. La convenzione stipulata con ADA parte dal settembre 1992, quando i centri aderenti al nostro sistema erano sei. Avevamo comunque programmato una crescita progressiva; ribadisco che si trattava di un'esperienza assolutamente nuova; in tutto il mondo finora siamo stati solo noi ad avere l'idea di approfittare di una catena già esistente per verificare cosa si doveva modificare per ottenere determinati risultati in termini di riciclaggio.

L'impennata si verifica a partire dal primo gennaio 1997 con l'introduzione degli incentivi da parte del Governo. Abbiamo allora dovuto assicurare un incremento del numero dei centri: al 31 dicembre 1996 i centri erano 104 ed ora sono 287. Abbiamo rivolto una forte raccomandazione a tutti i nostri punti vendita perché inviassero le auto da demolire ai centri di demolizione FARE perché si potesse realmente fare riciclaggio ecologico. Il fatto che il numero delle autovetture da demolire sia aumentato così come indicato dall'ingegner Fusaro ha costretto ADA a correre molto nell'aumento dei centri disponibili. Siamo - ripeto - a 287, ma fra poco raggiungeremo i 300.

PRESIDENTE. Ascoltiamo ora l'esperienza di ADA. La domanda che anticipo è la seguente: cosa è realmente accaduto in questi 287 centri di demolizione? Vi è un monitoraggio dei materiali effettivamente riciclati ed una quantificazione distinta per tipologia?

ANSELMO CALO', Vicepresidente dell'Associazione nazionale demolitori autoveicoli. Inizio dall'ultima domanda posta perché il grande risultato degli incentivi - forse neanche immaginato dal Governo nel momento in cui li ha introdotti - è quello di aver portato la maggior parte delle vetture da demolire nei centri autorizzati. Il risultato può sembrare scontato, ma non lo era affatto. I concessionari, non soltanto quelli delle case automobilistiche italiane ma anche europee e straniere, non sempre si sono serviti di impianti autorizzati per lo smaltimento dei veicoli ritirati. Potrò fornire dei dati specifici in proposito; il fatto è che la normativa esistente, e le difficoltà connesse, non costringeva i venditori di veicoli nuovi ad utilizzare gli impianti autorizzati per lo smaltimento dei veicoli ritirati. Invece, il fatto che il pagamento dell'incentivo fosse condizionato allo smaltimento dei veicoli ritirati da parte di impianti autorizzati, ha costretto tutti o quasi tutti i concessionari a convogliare verso tali impianti i veicoli.

PRESIDENTE. Può spiegare meglio questa catena, che è molto delicata? Nel momento in cui il proprietario di un veicolo con più di dieci anni lo consegna al concessionario in cambio di un veicolo nuovo, il concessionario è obbligato a portarlo in un centro autorizzato. I concessionari non convenzionati con ADA, ce ne saranno suppongo...

ANSELMO CALO', Vicepresidente dell'Associazione nazionale demolitori autoveicoli. Tutti quelli stranieri. Il progetto FARE copre FIAT Rover e Renault; altre grandi case automobilistiche, come Ford, Opel e Wolkswagen non vi rientrano e in gran parte non utilizzavano centri autorizzati.

PRESIDENTE. Ho capito. Non essendovi una convenzione analoga al FARE... anzi questo sarà un problema che sottolineeremo all'attenzione del Governo. Quello che mi interessa capire è se, all'interno delle convenzioni con i demolitori, abbiate un monitoraggio che garantisca comportamenti leciti e corretti da parte dei concessionari.

ANSELMO CALO', Vicepresidente dell'Associazione nazionale demolitori autoveicoli. Ritengo assolutamente di sì. Vi è in proposito un dato, che non è nostro ma della FIAT e non so perché l'ingegner Di Carlo non lo abbia citato: al 14 luglio scorso le vetture ritirate dalla FIAT sono state 152.821; di queste l'86 per cento, cioè circa 131 mila, sono state demolite all'interno dei nostri impianti. Immagino che il 14 per cento residuo sia stato anch'esso demolito da impianti autorizzati, anche se non aderenti ad ADA. Nel nostro paese gli operatori vanno costretti con il soldi e il rischio che l'incentivo non fosse pagato nel caso in cui la macchina non fosse stata smaltita in un impianto autorizzato ha costretto tutti ad utilizzare impianti autorizzati. In questo senso anche i veicoli FIAT non consegnati ai nostri impianti sono stati probabilmente demoliti in impianti autorizzati.

PRESIDENTE. In pochi mesi si è passati da 104 a 287 centri convenzionati per la demolizione. Se i 104 centri lavoravano circa 100 mila veicoli all'anno, gli attuali 287 si trovano a lavorare probabilmente 150 mila veicoli circa, il che significa dalle 3 alle 5 vetture al giorno. Deve trattarsi di centri di una certa rilevanza, dal momento che ognuno di essi tratta dai 1.000 veicoli, quali erano prima della "cura", ai 1.500 veicoli, dopo il provvedimento di incentivazione. Vorrei approfondire un attimo la qualità e la tipologia di questi centri.

ANSELMO CALO', Vicepresidente dell'Associazione nazionale demolitori autoveicoli. I nostri aderenti sono 630 circa; di questi il 75 per cento è autorizzato. Si tratta quindi di circa 500 impianti a norma; di questi ne abbiamo autorizzati solo 287; ciò significa che abbiamo fatto un screening; siamo partiti da 104 e siamo arrivati a 287, ma la crescita dei centri era stata già predisposta. Vi è stata un'accelerazione, grazie agli incentivi, ma abbiamo comunque cercato di muoverci, come si dice, con i piedi di piombo; non inseriamo tutti o chiunque lo chieda, facciamo un minino controllo di qualità, per quanto sia possibile utilizzare questo termine all'interno dei nostri settori.

Il grosso aumento è stato determinato dalla congiuntura ma è stato reso possibile anche dalla preparazione svolta in precedenza. Con la FIAT avevamo infatti concordato un aumento dei centri per il 1997, con o senza gli incentivi, per cui eravamo già abbastanza pronti.

Nel 1996 nei 630 impianti associati sono state trattate 440 mila vetture. Non abbiamo dati precisi per il 1997, anche perché i nostri impianti sono molto impegnati nelle demolizioni e meno nel fornirci i dati. Valutiamo però che già nei primi mesi del 1997 si siano superate le 200 mila vetture. Probabilmente alla fine dell'anno avremo superato abbondantemente il dato del 1996 di 440 mila vetture.

Come ho già detto, dei nostri 630 impianti solo il 75 per cento risulta autorizzato, ma vorrei far notare che gli altri impianti, rientranti nel restante 25 per cento, non sono privi di autorizzazione per loro colpa ma per problemi di carattere normativo che si presentano in varie zone d'Italia; innanzitutto in Sicilia e nelle Marche; hanno scelto la strada dei residui, hanno fatto decadere le autorizzazioni esistenti quando uscì la normativa sui residui, ed oggi, dopo la promulgazione del decreto Ronchi, stanno correndo ai ripari ma i dati non ci confortano. La regione Marche è quella più disastrata da questo punto di vista, ma la situazione è difficile anche in Sicilia, in una parte del Veneto e così via. Ecco perché un certo numero dei nostri impianti non sono autorizzati; non si tratta di persone che non vogliano mettersi in regola, ma di situazioni conseguenti a disfunzioni normative esistenti in determinate regioni d'Italia.

I nostri 630 impianti corrispondono a quasi la metà di tutti gli impianti autorizzati sul territorio nazionale ed hanno trattato quasi il 45 per cento delle auto demolite nel 1996. Ho evitato di presentare la nostra organizzazione all'inizio per rispondere immediatamente alla domanda che era stata posta, ma infilo qui qualche dato perché la Commissione possa meglio conoscerci. Eravamo preparati a rispondere sugli incentivi ma anche sulle attività illecite nel nostro settore e, quindi, se il Presidente consente vorrei fornire alcuni dati in proposito.

PRESIDENTE. Certamente. Questi dati, del resto, si collocano in una sorta di continuità con quelli forniti da ADA alla precedente Commissione d'inchiesta e l'aspetto del mercato illegale in questo settore ha ricevuto sempre da parte vostra - così ricordo - una particolare attenzione e l'elaborazione di dati specifici.

ANSELMO CALO', Vicepresidente dell'Associazione nazionale demolitori autoveicoli. L'ADA è nata nel 1988 come associazione regionale in Lombardia ed ha acquisito poi la consapevolezza di doversi allargare a tutto il territorio nazionale, cosa che è avvenuta nel 1990. Inoltre, ha avuto, nei confronti dei propri associati, la funzione educativa di selezionare gli operatori corretti e di intervenire perché operassero correttamente rispetto non solo alla moralità corrente ma anche alle problematiche ecologiche.

PRESIDENTE. Mi scusi se la interrompo, ma vorrei porle una domanda molto "romana": rispetto ai circa 300 sfasciacarrozze esistenti nella periferia di Roma (anche per capire la distribuzione geografica dei centri ADA), in un'area che vede il proliferare di un'attività in larga misura abusiva quanti vostri impianti autorizzati ci sono?

ANSELMO CALO', Vicepresidente dell'Associazione demolitori autoveicoli. Se permette, la correggo: gli sfasciacarrozze romani erano 300 tempi, addietro, oggi sono 150, e a Roma sono state concesse circa 60 autorizzazioni; quindi, solo 90 sono senza autorizzazione. Dei 60 autorizzati, la metà sono nostri associati. Quindi, pur non volendo entrare nei dettagli, quantitativi probabilmente superiamo il 50 per cento degli autorizzati; dal punto di vista qualitativo, la percentuale aumenta.

Nel Lazio, per esempio, su 203 centri autorizzati, 60 sono nostri associati; la cartellina che vi è stata distribuita contiene tutti i dati che vi sto illustrando (la nostra presenza sul territorio è ripartita per regioni ed è messa in relazione ai centri autorizzati). Mediamente contiamo la metà dei centri autorizzati sul territorio.

PRESIDENTE. Vorrei capire meglio: la vostra presenza è abbastanza omogenea sul territorio nazionale?

ANSELMO CALO', Vicepresidente dell'Associazione demolitori autoveicoli. E' totalmente omogenea. Siamo presenti in tutte le regioni d'Italia, eccetto che nella Val d'Aosta; quindi, praticamente su tutto il territorio nazionale. In alcune regioni, come la Lombardia su 191 autorizzati, 134 sono nostri associati e nel Lazio, su 203 autorizzati, ne contiamo 60. Vi ho citato due casi estremi, vale a dire due grandi regioni in cui siamo fortemente presenti o comunque presenti in numero consistente. Ci sono poi dei casi straordinari, come la Sardegna, dove tutti gli operatori sono nostri associati.

PRESIDENTE. Esamineremo certamente il materiale che ci avete consegnato. C'è un buco nella rete?

ANSELMO CALO', Vicepresidente dell'Associazione demolitori autoveicoli. Un buco, in che senso?

PRESIDENTE. Mi riferisco ad un calo di presenze sia per ADA sia in generale per l'autodemolizione: ci sono regioni che si rivelano particolarmente infelici dal punto di vista della presenza di centri autorizzati per l'autodemolizione?

ANSELMO CALO', Vicepresidente dell'Associazione demolitori autoveicoli. Come dicevo prima, ci sono problemi normativi in alcune regioni, come la Sicilia e le Marche. Si tratta di un problema grave che sottopongo all'attenzione del Parlamento. Speriamo che il decreto Ronchi possa mettere presto le cose in ordine, ma i problemi che ho richiamato esistono anche in alcune province del Veneto, come ho già detto.

Per il resto, la nostra presenza sul territorio è abbastanza omogenea. Abbiamo delle difficoltà in Campania, perché in quella regione gli autorizzati sono pochi, e soltanto recentemente sono state concesse delle autorizzazioni; quindi, con una certa lentezza, ci sono degli operatori che si associano. Però, come ho detto prima, la presenza sul territorio è abbastanza omogenea.

Un'altra regione scoperta è il Molise, ma riusciamo a far fronte a questa carenza con operatori delle zone limitrofe, vale a dire Campania, Abruzzo e Puglie.

Quanto al problema dell'illegalità, vorrei richiamare l'attenzione sul valore del materiale trattato nei nostri impianti e sul valore della parte che invece è costituita dall'illiceità sul sistema della rottamazione. Un milione 300 mila vetture circa, demolite mediamente negli anni novanta, danno per autovettura una resa di circa...

PRESIDENTE. Lei sta parlando di quelle radiate.

ANSELMO CALO', Vicepresidente dell'Associazione demolitori autoveicoli. Secondo noi, tra il 90 e il 99 per cento delle radiazioni significa demolizione.

PRESIDENTE. Svolte in modo più o meno autorizzato.

ANSELMO CALO', Vicepresidente dell'Associazione demolitori autoveicoli. Ecco. Il punto è se la richiesta di demolizione poi, in realtà, si traduca in una demolizione effettiva in centro autorizzato. Ma questo è un altro discorso.

PRESIDENTE. Questo per alcuni aspetti per noi è "il" discorso.

ANSELMO CALO', Vicepresidente dell'Associazione demolitori autoveicoli. Certo. Esiste una certa percentuale di macchine che sono radiate al pubblico registro per demolizione e che poi o non vengono demolite in impianti autorizzati o che addirittura, come l'altra volta già sottolineammo, vengono esportate all'estero. E' questo l'altro aspetto.

Esiste poi una demolizione che potremmo definire virtuale, quella delle macchine oggetto di furto. Secondo i dati del 1995 su 448 mila furti i ritrovamenti sono stati 185 mila; quindi, le auto scomparse sono circa 260 mila. Naturalmente le macchine oggetto di furto sono quelle a più alto valore: si rubano non FIAT Cinquecento ma Mercedes; pertanto, il valore delle 260 mila macchine rubate è il doppio del valore delle macchine che vengono demolite, che sono oltre un milione, per cui l'aspetto illecito, in termini economici, è il doppio di quello legale.

PRESIDENTE. Potrebbe quantificare questo mercato illegale in soldi?

ANSELMO CALO', Vicepresidente dell'Associazione demolitori autoveicoli. Lo faccio immediatamente: circa un milione di vetture demolite, con una resa di 250-300 mila lire a vettura, danno circa 300 miliardi di lire; quelli che in termini assicurativi vengono definiti furti totali, hanno una resa ben maggiore, addirittura pari a dieci volte rispetto a quella delle auto demolite, perché le 250-300 mila lire delle macchine demolite si formano attraverso un certo reimpiego dei ricambi usati, ma soprattutto tramite il valore dei rottami ferrosi e di quelli che ultimamente la FIAT ci ha invitati a recuperare, come le schiume, le plastiche, i vetri e via dicendo. Una cosa è rimettere sul mercato lo sportello di una Cinquecento - torno all'esempio di prima - un'altra è mettere sul mercato illecito lo sportello di una Mercedes, per cui le macchine oggetto di furto valgono 10 volte quelle demolite. Quindi, le 260 mila vetture scomparse, con un valore medio ognuna di 3 milioni, danno 700-800 miliardi di lire, più del doppio rispetto all'attività dei nostri centri.

PRESIDENTE. Ero interessato al valore assoluto di 700-800 miliardi perché si potrebbe supporre, magari maliziosamente, che quei 300 miliardi che lei quota come cifra del mercato legale siano leggermente sottostimati.

ANSELMO CALO', Vicepresidente dell'Associazione demolitori autoveicoli. Sì, ma se anche fossero sottostimati del 20 per cento, si tratterebbe di 360 miliardi contro 700-800, cifra anche questa forse sottostimata.

PRESIDENTE. Mi pare che questo quadro sia abbastanza esauriente. Vorrei ora rivolgere ai rappresentanti dell'ADA un'altra domanda: questi materiali che prima non venivano trattati dai centri di demolizione, vale a dire i vetri, la gommapiuma, la plastica e via dicendo, come vengono trattati? Quale manuale date ai vostri demolitori per indicare cosa debbano fare di queste parti?

ANSELMO CALO', Vicepresidente dell'Associazione demolitori autoveicoli. Il manuale, contenente tutte le indicazioni tecniche, è stato fornito dalla FIAT, che si è preoccupata di indicarci i consumatori finali di questo materiale: per la schiuma la Strapazzini di Pesaro; per il vetro l'Emiliana rottami e ora anche la Rovere, una nuova impresa romana; per la plastica la Montel e la Cobit. La FIAT sta selezionando nostri nuovi partner.

PRESIDENTE. Dispone dei quantitativi per tipologia di materiale?

ANSELMO CALO', Vicepresidente dell'Associazione demolitori autoveicoli. Abbiamo i quantitativi relativi al 1996. La signora Gorni Perini si occupa specificatamente del FARE, e quindi può fornirli lei.

ANNA GORNI PERINI, Vicepresidente vicario dell'Associazione demolitori autoveicoli. Come ha detto giustamente il signor Calò, ho seguito specificatamente fin dall'inizio il discorso FARE e, di conseguenza, per quanto riguarda l'educazione impartita ai centri, è un'opera che io e l'ingegner Di Carlo abbiamo particolarmente seguito. Trattandosi infatti di qualcosa di nuovo e di innovativo abbiamo dovuto creare le basi per poterlo far funzionare. Questo proprio in termini di educazione nei confronti di operatori che fino a ieri erano abituati esclusivamente a staccare determinate parti, quelle di ricambio, senza valorizzare assolutamente altre componenti, destinate esclusivamente alle discariche.

Il problema maggiore che abbiamo incontrato è stato proprio nel distinguere i materiali, in modo che il progetto FARE avesse quella valenza positiva dell'impostazione iniziale. Pertanto, era assolutamente impensabile utilizzare energie per lo stacco di determinati materiali che poi, alla fine, non avessero una valorizzazione; così, dopo diverse riunioni durante le quali abbiamo concordato con la FIAT delle strategie specifiche, abbiamo predisposto alcuni memorandum per indicare i materiali da togliere, specificatamente le marche e i modelli di auto su cui possono essere presenti, individuando soprattutto quei modelli che potevano contenere materiali come il polipropilene oppure le spugne ma che hanno comunque una valenza negativa in quanto gli stessi sono applicati in un modo talmente concreto e misto ad altri materiali per cui toglierli darebbe una valenza negativa rendendo assolutamente inaccettabile il discorso dello stacco.

All'inizio la strada era abbastanza in salita, nel senso che l'educazione che andava impartita era molto particolare; i nostri demolitori, abituati ad un lavoro normalissimo, riuscivano a fatica a capire. Devo dire però che attualmente da parte dei riutilizzatori abbiamo avuto degli elogi, in quanto i tipi di materiali che vengono consegnati - mi riferisco in particolare al polipropilene, quindi ai paraurti e a queste plastiche - sono altamente selezionati. Se all'inizio, nel 1992-1993, quando siamo partiti, nonostante i centri fossero pochi, la parte di materiale non esattamente in linea con i requisiti tecnici necessari era percentualmente abbastanza elevata, oggi questa è sempre al di sotto del 10 per cento di quanto viene riciclato, il che significa, in termini proprio pratici, qualcosa di altamente accettabile e che non influisce negativamente sull'andamento della raccolta.

I dati oggi in nostro possesso dimostrano senz'altro un'impennata dovuta proprio al confluire delle auto nei centri autorizzati; come ha detto giustamente il signor Calò, purtroppo, nonostante l'esistenza di normative in materia - mi riferisco alla legge n. 915 del 1982, per arrivare al decreto legislativo n. 22, il cosiddetto decreto Ronchi - se le normative stesse non vengono imposte e non hanno una valenza economica difficilmente vengono applicate. Di conseguenza, nei nostri centri eravamo abituati a trattare determinati numeri di auto che penalizzavano gli investimenti che un centro autorizzato deve comunque fare. Quindi, grazie sicuramente all'incentivo abbiamo avuto modo di togliere dalla circolazione tantissimo materiale che diversamente sarebbe stato portato in discarica; se prima faticosamente abbiamo raggiunto determinati quantitativi, adesso, grazie all'incentivo e grazie soprattutto a quella parolina magica che è stata la consegna a "centri autorizzati", abbiamo potuto raccogliere e quindi reimmettere sul mercato tantissimo materiale riutilizzabile, togliendo di mezzo tutto il materiale che avrebbe avuto come destinazione finale, ripeto, esclusivamente la discarica.

PRESIDENTE. Mi scusi, potrebbe gentilmente configurare i grandi flussi in uscita rispetto ai 450 mila circa autoveicoli che il dottor Calò ci diceva essere trattati nei centri autorizzati di ADA?

ANNA GORNI PERINI, Vicepresidente vicario dell'Associazione nazionale demolitori autoveicoli. Mi pone una domanda specifica, riguardante le spugne che, sono un problema, perché raggiungono grossi volumi per piccoli quantitativi; il loro peso, infatti, è leggerissimo ma, nonostante questo, abbiamo verificato che dal dicembre 1994 (data in cui su tutto il territorio nazionale sono state raccolte circa 700 tonnellate di prodotto), al dicembre 1996, le tonnellate sono state 1.100 circa; poi, dal dicembre 1996 al luglio 1997 le tonnellate sono state 2.100. Quindi, il recupero è altissimo, ma dobbiamo essere molto realistici, nel senso che fare presto e bene non sono due attività che possano procedere insieme. Ci siamo pertanto trovati nei nostri centri a dover affrontare, soprattutto all'inizio, un lavoro al quale sinceramente non eravamo preparati, più psicologicamente che non materialmente, in quanto eravamo abituati a ricevere un limitato afflusso di materiale, nonostante i grandi numeri di radiazioni su carta. Tutto il materiale non veniva convogliato esclusivamente nei centri autorizzati, ma dislocato sul territorio, negli oltre 1.300 centri presenti, non ricompresi nella rete autorizzata e gestita.

A parte le spugne, posso precisare che, per quanto riguarda i paraurti, dal dicembre 1994, le tonnellate sono state 200 circa, per arrivare al dicembre 1996 a mille tonnellate e balzare addirittura a 1.800 tonnellate circa nel luglio 1997.

Il vetro è il materiale che in assoluto, avendo un peso specifico superiore a quello di tutti gli altri, registra numeri molto elevati. Si è partiti già da 1.200 tonnellate nel 1994 per arrivare a 6 mila tonnellate nel luglio 1997. Vorrei precisare che chi partecipa al progetto FARE lo fa volontariamente, nel senso che ADA fornisce indicazioni ed istruzioni ben precise ai propri centri, i quali però sono liberi di partecipare alle iniziative di cui l'associazione si assume determinate responsabilità. Di conseguenza, un operatore può essere benissimo un socio ADA ed un centro autorizzato, con tutti i diritti di operare sul territorio, ma di sua iniziativa può decidere che le regole, per noi ferree, che contraddistinguono il progetto FARE e tutte le altre iniziative in corso, sono troppo strette.

PRESIDENTE. Esiste quindi un sottoinsieme di autodemolitori che fanno riferimento ad ADA, ma non partecipano al progetto FARE.

ANNA GORNI PERINI, Vicepresidente vicario dell'Associazione nazionale demolitori auto. Esatto, i partecipanti sono 287.

PRESIDENTE. Quanti sono quelli che aderiscono al progetto FARE? Solo i 287 registrati, oppure di più?

ANNA GORNI PERINI, Vicepresidente vicario dell'Associazione nazionale demolitori auto. E' necessaria una distinzione molto importante. Attualmente gli operatori 287 e, come giustamente sottolineava l'ingegnere Di Carlo, saranno oltre 300 per la fine di luglio, primi di agosto. Questi peraltro sono i numeri che avevamo confrontato con FIAT come meta per trarre le dovute conclusioni e riuscire a capire se tali centri siano sufficienti per gestire l'attuale attività di rottamazione, derivante anche da incentivi.

Abbiamo tuttavia richieste, giacenti presso i nostri archivi, di altre nostre aziende, che vogliono partecipare al progetto FARE. Gli inserimenti in tale progetto seguono la logica di arrivare al fatidico numero di 300, come meta, per fare poi il punto della situazione.

PRESIDENTE. Quando i partecipanti saranno 300, la loro attività sarà disciplinata dalle regole ferree di cui lei ha parlato prima.

ANNA GORNI PERINI, Vicepresidente vicario dell'Associazione nazionale demolitori auto. Su 630 nostri soci attuali, circa l'80 per cento ha chiesto di poter aderire al progetto FARE. Probabilmente il restanto 20 per cento non può partecipare per carenze strutturali. Vorrei citare il caso di una azienda, che mi viene in mente in questo momento, che, essendo di dimensioni veramente piccole, non ritiene opportuno aderire al progetto FARE, perché gli sarebbe impossibile la gestione dei cassoni per la raccolta del vetro, quelli per i paraurti, eccetera. Il titolare di questa azienda preferisce restare fuori dal progetto non perché non creda al discorso del riciclaggio, ma perché non è attrezzato dal punto di vista tecnico.

PRESIDENTE. E' tutto chiaro. Vorrei soltanto sapere se disponete di dati percentuali riguardanti non soltanto i 300 partecipanti al progetto FARE, ma gli oltre 600 centri consorziati ad ADA. Quando parlo di percentuali, intendo dire se avete elaborato ipotesi generali, ma, al tempo stesso, puntuali, sulle quantità di materiale delle diverse tipologie che viene riciclato e di quanto va in discarica. Suppongo che le spugne, il vetro, la plastica e così via possano essere recuperati come materiali da riutilizzare e che lo stesso discorso valga per le parti di acciaio e di alluminio, perché in astratto può sembrare facile il loro riutilizzo. Vorrei pertanto conoscere, rispetto ai materiali effettivamente riutilizzabili, la percentuale di quelli riciclati e di quelli che vanno in discarica nei centri di demolizione associati ad ADA.

ANNA GORNI PERINI, Vicepresidente vicario dell'Associazione nazionale demolitori auto. Mi riservo di inviarle dati precisi ed aggiornati, di cui ora non disponiamo anche perché la raccolta delle informazioni avviene periodicamente.

PRESIDENTE. Ci interessa avere una visione complessiva della situazione per capire quanto viene effettivamente riutilizzato e quanto va in discarica; queste stime ci consentono di ipotizzare quale potrà essere il destino finale di tali rottami.

Rivolgo la stessa richiesta al dottor Di Carlo, per sapere in particolare quanto viene recuperato, eventualmente distinto per tipologie di materiale, in tutto il sistema delle demolizioni, non solo ADA. Tra l'altro, se avete istituito un vostro osservatorio, sarebbe interessante sapere qual sia l'esito finale di tale processo, cioè quanta parte viene riutilizzata, quanta avviata in discarica e quanta abbandonata sul territorio di quel milione e 300 mila veicoli radiati, di cui il 95 per cento viene demolito. Se disponete di questi dati, potete fornirceli ora, altrimenti vi invito a farlo successivamente.

SALVATORE DI CARLO, Rappresentante dell'Associazione costruttori automobili. Nelle operazioni normali di demolizione, il 75 per cento di peso di un'auto è costituito da metallo che, sicuramente. nei centri viene recuperato per una questione di business. Quindi su un milione e 300 mila vetture, con il sistema FARE, il 75 per cento del loro peso (circa mille chili a vettura) viene recuperato sicuramente, perché quel metallo alimenta la catena del business. Se parliamo del sistema FARE, cioè di quei 287 centri convenzionati con noi, con il recupero di paraurti, schiume dei sedili, dei vetri e quant'altro raggiungiamo l'85, l'86 per cento del peso totale (il 75 per cento, più un altro 5-6 per cento che è dato dal peso dei due paraurti, dei quattro sedili, dei vetri, eccetera).

PRESIDENTE. Queste stime possono essere effettuate al momento, ma il problema, che ovviamente non vi compete strettamente, ma che vi coinvolge sotto il profilo della sensibilità ecologica che caratterizza il progetto FARE è quello, nel caso abbiate istituito una sorta di osservatorio, di quantificare il fenomeno, peraltro sotto gli occhi di tutti, dell'abbandono delle auto da rottamare presso gli sfasciacarrozze. I dati prima riferiti riguardano il Lazio, la Campania, ma, come è noto, esistono demolitori non autorizzati presso cui vengono smistate una parte di quel milione e 300 mila vetture. Vorrei sapere se disponete di valutazioni e stime e se avete intenzioni eventualmente di istituire un osservatorio, che traduca la vostra sensibilità ecologica in attività di stimolo verso l'azienda, il paese e le varie strutture per fare fronte ad un fenomeno che sembra avere dimensioni abbastanza cospicue.

PIERO FUSARO, Presidente dell'Associazione costruttori automobili. Se ho inteso bene la sua domanda, la soluzione al grave problema che lei pone viene proprio dall'attuazione del decreto Ronchi. Se infatti per riuscire a radiare la macchina dal PRA, bisogna che il demolitore dia garanzia del fatto che demolisce il pezzo, esenti il proprietario dalla responsabilità e soltanto se è autorizzato può andare al PRA a cancellare il veicolo, credo che questo sia già...

PRESIDENTE. Ferma restando la precedente domanda sulle buone intenzioni, vorrei che chiariste se oggi il sistema è adeguato rispetto ai quantitativi, cioè rispetto al milione e 300 mila autovetture all'anno che vengono radiate; se in particolare è adeguato a recepire la normativa del decreto legislativo n. 22. Alla procedura che lei stava descrivendo corrisponde una tecnica adeguata per smaltire correttamente il milione e 300 mila autovetture radiate, al di là del problema dei furti?

ANSELMO CALO', Vicepresidente dell'Associazione nazionale demolitori autoveicoli. Sono in possesso di alcuni dati che rispondono perfettamente al quesito che lei ha posto. Su tutto il territorio sono stati autorizzati 1.300 impianti; se sono un milione e 300 mila le macchine da rottamare, fa mille macchine ad impianto, che è un numero assolutamente compatibile con qualsiasi impianto. Certo, ci sono impianti piccolissimi, ma anche impianti che fanno cinque volte tanto. La presenza sul territorio è quindi assolutamente sufficiente a garantire il rispetto della normativa. Manca però l'attuazione del dispositivo legislativo.

Il problema richiamato prima dalla dal signor Fusaro è quello della cancellazione dal PRA delle macchine. Il sistema individuato dal decreto Ronchi è perfetto: uno porta la macchina ad un impianto autorizzato, si fa certificare che l'impianto provvederà all'intera procedura di demolizione e poi colui che ha ritirato la macchina, cioè il gestore dell'impianto, si presenta al PRA e riconsegna le targhe della macchina.

Questo circuito funziona se tutti fanno il loro dovere, ma i primi a non farlo sono gli enti pubblici, a cominciare dal PRA. Non più tardi di ieri mattina il sottoscritto, che di professione fa l'autodemolitore e non il vicepresidente dell'ADA, si è presentato al PRA di Latina per demolire una macchina ma non gli è stata ritirata la targa. Il funzionario mi ha chiesto se avevo la procura del proprietario"? Gli ho risposto di no ma gli ho eccepito l'applicazione del comma 4 dell'articolo 46 del decreto legislativo n. 22. Mi ha detto che non ne sapeva niente, e quindi il sottoscritto si è ripreso la targa e si è rifatto 75 chilometri per tornare a Roma, senza essere riuscito a vedere applicato, da parte di un ente pubblico, quanto dispone la legge.

PRESIDENTE. La ringrazio per questo esempio che può essere utile alla Commissione per riferirlo al ministro che è stato audito pochi giorni fa.

ANSELMO CALO', Vicepresidente dell'Associazione nazionale demolitori autoveicoli. La notificazione va indirizzata al ministro dei trasporti.

PRESIDENTE. E' venuto il ministro Ronchi e poi verrà il ministro dell'industria. Il mancato rispetto da parte di enti pubblici di norme esistenti va comunque sottolineato al Governo.

ANSELMO CALO', Vicepresidente dell'Associazione nazionale demolitori autoveicoli. Abbiamo cercato di prendere contatto diretto con gli uffici centrali del PRA di Roma ma non abbiamo avuto neanche risposta alla lettera in cui chiedevamo di congetturare insieme come far funzionare la legge. Queste sono le cose che portano al fatto che uno possa consegnare la macchina ad un impianto anche non autorizzato e quindi smaltire in maniera scorretta quello che sarebbe necessario.

PRESIDENTE. E' stato molto chiaro.

Chiedo adesso se altri commissari vogliano porre domande.

GIOVANNI POLIDORO. Dalle ultime battute si deduce che è immaginabile che ci sia ancora un mercato clandestino, indipendentemente dal fatto che si rispetti o non si rispetti la normativa. Qualcuno può essere magari denunciato per questa omissione, e potrebbe farlo anche lei indicando chi è il funzionario che si comporta in questo modo.

Nella prospettiva comunque che qualcuno provveda a far funzionare i funzionari, vorrei sapere qual è stata in questi anni, se c'è stata, l'attività dei demolitori autorizzati nei confronti di un grande mercato gestito da non autorizzati. Si tratta poi di clandestini per modo di dire, perché lo sfasciacarrozze non è che sia proprio un clandestino. Siccome ho fatto l'amministratore e mi sono cimentato per anni con il problema delle autorizzazioni, so che questo diventa un problema cittadino se non regionale e addirittura nazionale.

La prima questione è qual è stata la vostra storia nei confronti di un interesse di autotutela, perché autorizzati e vincolati a progetti più interessanti, se ci riferiamo al FARE e ad altre organizzazioni in prospettiva. Il progetto è di mantenere il livello alto di questo impegno anche nell'ipotesi che gli incentivi decadono come interesse, come esaurimento della spinta di mercato.

La seconda questione è se secondo voi, quando andasse a regime l'impegno di applicazione del decreto Ronchi, ci possa essere ancora... Faccio questa domanda che configura un po' un interesse privato in atti d'ufficio perché mi hanno rubato una macchina un paio di mesi fa, era anche una macchina vecchia...

PRESIDENTE. Mal comune.

GIOVANNI POLIDORO. Vorrei sapere se questo mercato clandestino dei demolitori ci può essere ancora e come si può fare per garantire un'applicazione più tempestiva, più puntuale e progressivamente più efficace delle leggi vigenti, da cui dovrebbe conseguire una diminuzione del fenomeno.

ANSELMO CALO', Vicepresidente dell'Associazione nazionale demolitori autoveicoli. Chiarisco subito che l'ADA è la nostra autotutela. Quando si sono resi conto di qual era la situazione gli autodemolitori onesti di tutta Italia hanno dato vita alla nostra associazione che finalmente ha la possibilità di dialogare con le istituzioni. L'autotutela è anche venire in quest'aula a dire cosa pensiamo.

GIOVANNI POLIDORO. C'è stato un rientro del mercato clandestino oppure no? Sarebbe interessante avere questi dati.

ANSELMO CALO', Vicepresidente dell'Associazione nazionale demolitori autoveicoli. Questo non lo so. Se permette, la signora Lechiancole, che è la nostra segretaria, potrebbe illustrare un aspetto piuttosto interessante riguardo al controllo sul territorio, proprio in relazione al problema dei furti.

ENZA LECHIANCOLE, Segretario dell'Associazione nazionale demolitori autoveicoli. Riguardo a quello che osservava il signor Polidoro, il risultato della presenza dell'ADA, che - come ha precisato il nostro presidente - è nata nel 1988 ma nel 1990 come associazione nazionale ha cominciato a farsi sentire, l'abbiamo potuto riscontrare sotto l'aspetto dei dati statistici, tra l'altro provenienti direttamente dal Ministero dell'interno (nella cartellina ho consegnato questo prospetto), proprio riferiti ai furti. Sono presi a campione cinque anni, dal 1991 al 1995. A partire dal 1991, anno in cui il totale dei furti era di circa 535 mila e il totale dei recuperi era di 196 mila, i dati hanno avuto un andamento sempre decrescente, tant'è che nel 1992 il totale dei furti è stato di 475 mila (la percentuale dei ritrovamenti è costante nel periodo), nel 1993 di 429 mila e nel 1994 di 386 mila. Questo dimostra che l'ADA ha reso pubblica la funzione del demolitore ed ha evidenziato gli illeciti nel contesto che circonda il comparto. Poi è arrivata la norma che ha cambiato il regime autorizzativo e ha dato la possibilità di cominciare a gestire il settore demolizione auto senza più controlli ed autorizzazioni.

PRESIDENTE. Allude al decreto sui residui?

ENZA LECHIANCOLE, Segretario dell'Associazione nazionale demolitori autoveicoli. Esattamente. Il decreto sui residui non ha mai dato problemi di interpretazione, ma l'elenco dei residui nell'allegato 3, punto 3, ha dato a molti la facoltà...

PRESIDENTE. Lei si riferisce allora ai decreti ministeriali del settembre 1994.

ENZA LECHIANCOLE, Segretario dell'Associazione nazionale demolitori autoveicoli. Proprio a quei decreti. Il 5 settembre 1994 quell'elenco famoso, che ha dato l'impressione di poter gestire le autodemolizioni senza autorizzazioni, ha comportato il nascere di numerosissimi nuovi impianti, tanto bastava una lettera in cui si dichiarava che l'impianto era adibito alla demolizione delle macchine. Questo ha allargato il settore delle attività illecite. Non essendoci più controlli e necessità di autorizzazioni di polizia, nel 1995 si è risaliti a 448 mila furti.

PRESIDENTE. La ringrazio personalmente di questi dati, perché ricomprovano, anche da un punto di vista che poteva sembrare collaterale e marginale, il carattere negativo che a mio modo di vedere ha sempre avuto quel decreto, con la furbizia di inventarsi le categorie dei residui mentre in tutta Europa si parlava di rifiuti. Furbizie italiane che hanno portato danni anche in settori nei quali non ci si aspettava che li portassero.

ENZA LECHIANCOLE, Segretario dell'Associazione nazionale demolitori autoveicoli. Purtroppo abbiamo subìto le conseguenze di questa situazione e le abbiamo pagate a caro prezzo perché ci siamo visti portar via tutto il lavoro di pulizia - chiamiamolo così - che avevamo svolto fino a quel momento. Infatti, ormai dappertutto si sapeva che il demolitore doveva avere un'autorizzazione rilasciata dalla pubblica amministrazione, e questo è stato risultato di non poco conto. La battaglia maggiore che ha fatto l'ADA è stata quella di imporre all'amministrazione il rilascio di un'autorizzazione, e l'aver fatto emergere la categoria, il che ha portato come conseguenza la sparizione di coloro che volevano lavorare illegalmente. L'autorizzazione è infatti un controllo dell'attività, è soprattutto una verifica della serietà professionale di chi si occupa di questo settore. Ringraziamo il ministro Ronchi per il decreto in cui è stato finalmente chiarito (ribadendo il concetto della legge n. 915) il ruolo del demolitore; l'unica cosa di cui ci rammarichiamo è che in quel decreto è stata eliminata l'iscrizione all'albo per i demolitori, così come per tutti gli altri gestori di impianti in conto proprio. E' stato un altro errore dopo quello del decreto ministeriale: quest'ultimo ha sottratto alcuni soggetti alla normativa autorizzativa; il decreto Ronchi ha sottratto all'iscrizione all'albo i gestori di impianti in conto proprio. Da ciò consegue che si ritorna a non avere il controllo della professionalità, soprattutto sotto il profilo morale, principalmente nel nostro settore dove è altissimo il rischio di illegalità. L'iscrizione all'albo serviva a verificare proprio i requisiti morali del soggetto, non solo la certificazione antimafia, come si suol dire. Sappiamo tutti, peraltro, che un problema antimafia per essere segnalato deve essere un grave problema, mentre chi ha precedenti penali per furto d'auto non sarà mai citato nella documentazione antimafia richiesta dalla pubblica amministrazione.

PRESIDENTE. Per quello che mi riguarda ho solo due domande. La prima è rivolta all'ADA e concerne una questione molto breve a proposito dell'ultima affermazione che faceva la signora Lechiancole, vale a dire: avete informazioni su quanta parte del mercato illegale è controllata dall'attività della criminalità organizzata, cioè mafia, camorra, eccetera?

Erano poi rimasti in sospeso, soprattutto per la FIAT in relazione al progetto Fenice, gli aspetti connessi allo smaltimento di rifiuti pericolosi generati sia dall'attività diretta della FIAT sia dall'attività di industrie associate o in cui la FIAT ha in qualche modo una partecipazione significativa, che sono appunto - penso al Lazio, ma non solo al Lazio - industrie a rischio di incidente rilevante.

ENZA LECHIANCOLE, Segretario dell'Associazione nazionale demolitori autoveicoli. La mia risposta è molto breve. Come ho detto prima, continuiamo a combattere l'illegalità ma non abbiamo dati circa le organizzazioni criminali.

PRESIDENTE. Non parlavo tanto di dati quanto di informazioni, anche di sentore, per così dire.

ENZA LECHIANCOLE, Segretario dell'Associazione nazionale demolitori autoveicoli. Non abbiamo informazioni da fornire, anche perché facciamo già molta fatica a seguire e a capire come lavorano i nostri organizzatori, oltre che a selezionarli, tant'è vero che nella cartellina che ho consegnato alla Commissione sono compresi lo statuto associativo, il regolamento associativo e la scheda di adesione, per dimostrarvi che controlliamo attentamente le aziende prima di associarle. Ci limitiamo a questo.

GIORGIO ROWINSKI, Rappresentante dell'Associazione costruttori automobili. Vi espongo brevemente lo stato del sistema Fenice nella FIAT.

Il sistema Fenice parte dalla concezione del prodotto e quindi dall'utilizzo in produzione di materiali il più possibile non pericolosi, per non incorrere successivamente in problemi in ordine allo smaltimento. Il sistema può essere suddiviso in tre grosse aree di attività.

La prima area riguarda la conoscenza di cosa produciamo nel gruppo FIAT in termini di residui e di rifiuti. In Italia abbiamo un centinaio di stabilimenti, per ciascuno dei quali è stato messo a punto un sistema computerizzato di controllo dei residui che ci offre due possibilità: conoscere effettivamente cosa produciamo dal punto di vista quantitativo e qualitativo; raggruppare tutto questo materiale in famiglie, in funzione del più facile smaltimento finale. Dai nostri stabilimenti possono così uscire residui raggruppati a seconda delle classi di smaltimento.

I residui - ed è questo il secondo step - finiscono in "isole ecologiche" negli stabilimenti: aree attrezzate ed ambientalmente idonee nelle quali realizziamo alcune operazioni di trattamento iniziale (dal compattamento alla selezione e così via). Si tratta di operazioni che vanno incontro non soltanto all'ambiente ma anche all'economicità dell'intera operazione: su questo fronte economia ed ambiente vanno veramente a braccetto. Non è possibile realizzare isole ecologiche in tutti gli stabilimenti: finora ne sono state organizzate in cinque grandi stabilimenti. Ma ciascun stabilimento dispone di aree attrezzate, anche se piccole, per la raccolta dei residui.

Il terzo passo riguarda lo smaltimento finale, il quale può avvenire: attraverso la discarica, dopo la neutralizzazione; mediante incenerimento con recupero di calore (nel nostro caso, infatti, non prevediamo incenerimento senza recupero di calore); attraverso il recupero da parte di altri operatori.

Per quanto concerne le piattaforme di incenerimento, ne abbiamo una in costruzione a Melfi, mentre vi sono problemi autorizzativi con riferimento ad altre due (una in Piemonte, una nell'Italia centrale).

Il sistema Fenice non comprende solo l'incenerimento, ma parte effettivamente dalla generazione dei residui. A pagina 18 del Rendiconto ambientale della FIAT, che ho consegnato alla Commissione, sono contenuti i dati principali relativi al sistema Fenice. Un grafico documenta i risultati finali dei nostri sforzi. Negli ultimi anni siamo riusciti a contenere la quantità dei residui generati (passati da 963 mila tonnellate nel 1991 a 928 mila nel 1997), mentre la percentuale di residui riciclati è passata nello stesso periodo dal 61 al 73 per cento; infine, la percentuale dei residui a discarica è passata dal 37 al 22 per cento.

A livello europeo il dato riguardante i residui riciclati (come ho detto, dal 61 al 73 per cento) è di assoluto rilievo. I valori di residui in discarica potrebbero invece migliorare, con un aumento di recupero dei residui, in base a due condizioni: se riusciremo, con nostri impianti (il sistema Fenice è un sistema chiuso, che FIAT ha creato per se stessa) oppure su impianti altrui, ad avviare all'incenerimento con recupero di calore quella parte di materiale che si dimostri non possibile da recuperare diversamente; se le liste di rifiuti recuperabili previste dal decreto n. 22 saranno pubblicate in tempi brevi e saranno chiare, consentendo così di disporre di filiere di recupero con procedure il più possibile semplificate.

Se le procedure saranno semplificate il recupero di certi residui sarà più facile, sarà canalizzato; in questo senso saremo pronti ad accettare qualunque tipo di controllo.

In definitiva, riteniamo che il completamento del sistema Fenice (favorendo il recupero o, laddove non sia possibile, l'incenerimento) possa incrementare la percentuale dei rifiuti recuperati e diminuire il livello dei rifiuti a discarica, dimezzando, per esempio, il relativo valore percentuale (a parte gli obiettivi del decreto Ronchi, che prevede che la discarica sia comunque utilizzata limitatamente ai casi assolutamente indispensabili).

Nell'ambito del recupero dei residui valgono le stesse considerazioni che sono state ricordate in precedenza per il recupero dei materiali previsti dal sistema FARE, in quanto plastica, vetro ed altri materiali saranno rifiuti recuperabili: come è stato detto, potranno essere canalizzati agli utilizzatori ed ai produttori di materiali analoghi. Quindi, se queste norme usciranno e se sarà chiaramente identificato il percorso autorizzativo ed economico, riteniamo potrà ottenersi un forte beneficio per migliorare i valori che ho richiamato, che comunque sono già abbastanza significativi.

PRESIDENTE. Vorrei porle alcuni brevi quesiti a proposito del progetto Fenice.

Il primo riguarda la vostra interazione con le strutture di controllo che - in virtù della legge costitutiva dell'ANPA e delle leggi regionali istitutive delle associazioni regionali per la protezione ambientale - possono essere attivate. In sostanza mi attendo - e su questo punto vorrei una conferma - che nelle regioni in cui le ARPA (chiamiamole così) sono state costituite sia stata svolta qualche "interferenza", cioè sia intervenuta un'attività di controllo sugli aspetti concreti e sui luoghi nei quali il progetto Fenice si realizza.

Vorrei inoltre avere qualche informazione in più sull'inceneritore di Melfi. Sappiamo che è stato oggetto di attenzione e di qualche contestazione da parte delle popolazioni interessate.

Al di là del progetto Fenice, infine, vorrei parlare di un problema più generale. Credo che la SNIA Viscosa faccia ancora parte del gruppo FIAT (non conosco tutto l'assetto societario): si tratta di un'industria a rischio di incidente rilevante. Vorrei capire qual è lo stato dell'arte dal punto di vista della gestione (ho preso questo esempio, ma è possibile che la FIAT sia proprietaria o comproprietaria di altre industrie dello stesso tipo). Queste industrie a rischio di incidente rilevante, al di là della loro "qualifica", hanno anche la caratteristica di produrre rifiuti pericolosi. Quali elementi ci potete offrire intorno a questa problematica?

GIORGIO ROWINSKI, Rappresentante dell'Associazione costruttori automobili. Sul primo problema, relativo alle agenzie regionali, come lei sa questi organismi - laddove sono stati costituiti - sono in fase di avviamento. Vi è quindi un passaggio graduale di competenze, spesso sotto lo stesso cappello (se per "cappello" intendiamo le persone che effettuano i controlli). Abbiamo notato uno sforzo delle ARPA appena costituite a divenire il più presto possibile operative, per continuare i controlli già svolti dall'autorità pubblica.

Per quanto concerne l'inceneritore di Melfi, l'impianto è in costruzione. Vi sono stati problemi, prima autorizzativi e poi di rapporto con il mondo locale. Comunque, poiché oggi è in fase di costruzione, prevediamo che possa entrare in funzione il prossimo anno.

PRESIDENTE. Mi scusi, il progetto di Melfi riguarda soltanto lo smaltimento di rifiuti di produzione FIAT o investe anche la possibilità di distruzione di rifiuti per un bacino di utenza locale o subregionale?

GIORGIO ROWINSKI, Rappresentante dell?Associazione costruttori automobili. L'inceneritore è nato con l'obiettivo di essere utilizzato al 100 per cento per rifiuti FIAT. D'altra parte, la preparazione dei progetti e le trattative con l'autorità locale hanno portato a far emergere l'esigenza di trattare anche rifiuti di provenienza delle zone circostanti. In proposito abbiamo dato la nostra apertura: per tutti gli inceneritori che costruiremo siamo disponibili a discutere ed a offrire spazi di capacità per i rifiuti, assimilabili agli urbani, provenienti dai territori circostanti. Questo vale anche per l'impianto di Melfi.

PRESIDENTE. Suppongo si tratti di RDF...

GIORGIO ROWINSKI, Rappresentante dell'Associazione costruttori automobili. Sì.

PRESIDENTE. Qual è, nel caso di Melfi, la percentuale prevista di lavorazione di rifiuti non FIAT?

GIORGIO ROWINSKI, Rappresentante dell'Associazione costruttori automobili. E' ancora da discutere, ma si potrebbe arrivare ad un livello del 20-30 per cento.

Per quanto riguarda infine la questione dei rischi di incidenti rilevanti, le attività della FIAT sono molteplici in vari settori. Nel comparto chimico effettivamente si è più esposti, mentre il problema diminuisce per il settore metalmeccanico.

Malgrado l'evoluzione recente della normativa, che ha lasciato più spazio al mantenimento di certe giacenze in fabbrica, abbiamo il problema dell'adeguamento della legislazione europea: ci troviamo all'adozione del sesto o settimo aggiornamento della lista europea delle sostanze pericolose; siamo molto in ritardo - in rapporto all'Europa - per quanto riguarda l'adozione della lista delle sostanze pericolose...

PRESIDENTE. Mi scusi, è stato citato in precedenza il decreto ministeriale del 5 settembre 1994, che è in via di superamento. Vorrei capire se nella strategia FIAT - per quanto concerne le aziende chimiche - è previsto un livello di adeguamento legato alla normativa europea (che prevede già diversi tipi di elenchi) oppure ad altri riferimenti. E' chiaro che un'azienda di dimensioni internazionali dovrebbe - per essere sempre aggiornata - adeguarsi alle normative europee (attraverso una disciplina che comunque poi viene recepita nel nostro paese) piuttosto che vivere negli interstizi di una legislazione nazionale che sta evolvendo progressivamente.

GIORGIO ROWINSKI, Rappresentante dell'Associazione costruttori automobili. Noi riteniamo che per quanto concerne la FIAT il riferimento debba essere il catalogo europeo dei rifiuti, con la lista dei rifiuti pericolosi e non pericolosi. Lei sa che in proposito vi sono diverse difficoltà. Per esempio, abbiamo provato - sul 20-25 per cento dei nostri rifiuti - ad approntare una catalogazione: abbiamo avuto difficoltà ad inserirli nella categoria dei rifiuti pericolosi o di quelli non pericolosi, a capire quale fosse la linea di demarcazione. E' un problema fondamentale, che non dà certezza agli operatori; la questione è già stata sollevata nei confronti del Ministero dell'ambiente, anche tramite Confindustria (perché siamo tutti nella stessa situazione). Gli operatori hanno soprattutto bisogno di certezze: devono sapere se il rifiuto è o non è pericoloso, per poi comportarsi di conseguenza.

In tal senso auspichiamo chiarezza. Ci auguriamo, però, che nella lista dei rifiuti recuperabili vi siano anche, anzi soprattutto, quelli pericolosi. Naturalmente siamo pronti a qualsiasi tipo di controllo o anche ad un aumento dei vincoli: ma proprio recuperando i rifiuti pericolosi si offre un servizio all'ambiente.

PRESIDENTE. Potrebbe specificare meglio questo discorso? Si può dire, infatti, che alcuni rifiuti pericolosi possono prestarsi a forme di recupero e di riutilizzo.

GIORGIO ROWINSKI, Rappresentante dell'Associazione costruttori automobili. Senz'altro.

PRESIDENTE. In via generale, però, non è così.

Quali sarebbero, allora, i rifiuti pericolosi sui quali la FIAT richiama l'attenzione circa un loro riutilizzo? Ed attraverso quali processi (noti o non noti)?

GIORGIO ROWINSKI, Rappresentante dell'Associazione costruttori automobili. Citerò l'esempio dei solventi, che sono utilizzati abbondantemente nell'industria chimica, ma anche nel settore metalmeccanico.

Molti solventi sono catalogabili fra i rifiuti pericolosi, ma sono anche idonei ad un recupero, spesso per combustione, in quanto hanno un potere calorifico che spesso rivaleggia con quello dei principali combustibili. Una regolamentazione molto accurata, anche in termini di tipologia degli impianti di recupero e di quantità di emissioni atmosferiche, sarebbe dunque incentivante.

PRESIDENTE. Questa sua indicazione mi obbliga a sottoporle un'ulteriore considerazione.

Lei parla di solventi ed io penso immediatamente alle verniciature. Il problema pone qualche interrogativo dal punto di vista tecnologico ed interessa molte altre case produttrici di autovetture. Un po' in tutta Europa si stanno affermando (ma penso anche, per la FIAT, all'Alfa Lancia di Arese) la verniciatura ad acqua o altre forme di verniciatura per sostituire i solventi organici volatili, con due effetti fondamentali: un eccezionale miglioramento delle condizioni ambientali di lavoro all'interno della fabbrica; un rilevante miglioramento per quanto concerne l'esterno. Ricordo il caso dell'Alfa Lancia di Arese: la FIAT dichiarava che dai 127 comignoli esistenti (non erano neanche camini) fuoriuscivano ogni giorno 8 tonnellate di solventi organici volatili. Questo ha posto alcuni problemi, tanto che - a seguito di una serie di prescrizioni della regione ed anche di una mobilitazione degli abitanti - la FIAT accettò di passare il 60 per cento della produzione alla verniciatura ad acqua.

In sostanza lei ci ha riferito un esempio, quello dei solventi. E' vero che per i solventi organici volatili il modo più corretto di smaltimento - oggi noto - è la combustione (che può avvenire con recupero energetico), ma è anche vero che esistono tecnologie per la produzione di vernici che ci possono far saltare questo livello per passare a vernici sicuramente più sostenibili dal punto di vista ambientale.

GIORGIO ROWINSKI, Rappresentante dell'Associazione costruttori automobili. Nel nostro rendiconto ambientale, al capitolo emissioni, può trovare le attività svolte su impianti di riverniciatura e per la riduzione di composti organici volatili responsabili del buco dell'ozono...

PRESIDENTE. ... Anche del buco dei polmoni!

GIORGIO ROWINSKI, Rappresentante dell'Associazione costruttori automobili. Evidentemente agiamo prima di tutto sul fronte della minore generazione di questi solventi. Nel rendiconto può trovare che negli impianti di verniciatura - in questo siamo tra i primi perché la normativa europea su questo fronte ci "assilla" molto - dal 1991 siamo passati da 144 grammi al metro quadro di emissione di solvente a 93, come media di tutti i nostri trattamenti. Per quanto poi concerne l'utilizzo di solventi alogenati in produzione, che sono corresponsabili della riduzione della fascia dell'ozono, siamo scesi da un impiego totale di 741 tonnellate nel 1991 a 18 nel 1996. Questo dimostra che prima di cercare il reimpiego che è sempre...

PRESIDENTE. Mi tolga una curiosità, forse sarà scritto nel rapporto: con che cosa sono stati sostituiti gli alogenati?

GIORGIO ROWINSKI, Rappresentante dell'Associazione costruttori automobili. Con solventi che non siano a base di cloro o di altro, con composti meno...

PRESIDENTE. ... meno ozono-killer.

GIORGIO ROWINSKI, Rappresentante dell'Associazione costruttori automobili. Quello che ho detto nel campo dei rifiuti, dove economia ed ambiente vanno a braccetto, in questo caso non è vero, nel senso che la sostituzione di questi materiali con altri solventi è costata in termini di modifica impiantistica e di costi di produzione molto di più; comunque l'abbiamo fatto.

PRESIDENTE. Possiamo concludere l'audizione di oggi, ringraziando i rappresentanti dell'ANFIA, della FIAT e dell'ADA per i contributi offerti, ricordando loro di far pervenire alla Commissione le note richieste, ove possano essere prodotte.

La seduta termina alle 11,55.

 

ALLEGATO. Documentazione prodotta dall'ANFIA. (Disponibile nell'edizione definitiva in formato PDF)

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