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CAMERA DEI DEPUTATI - SENATO DELLA REPUBBLICA

COMMISSIONE PARLAMENTARE D'INCHIESTA

SUL CICLO DEI RIFIUTI E SULLE ATTIVITA'

ILLECITE AD ESSO CONNESSE

25.

SEDUTA DI GIOVEDI' 22 GENNAIO 1998

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE MASSIMO SCALIA

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori. *

Esame di un documento sui delitti contro l'ambiente. *

Comunicazioni del presidente. *

A L L E G A T O *

 

La seduta comincia alle 13,45.

(La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).

 

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Se non vi sono obiezioni, rimane stabilito che la pubblicità della seduta sia assicurata anche attraverso gli impianti audiovisivi a circuito chiuso.

(Così rimane stabilito).

 

Esame di un documento sui delitti contro l'ambiente.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione di un documento sui delitti contro l'ambiente.

Nella seduta odierna ascolteremo la relazione predisposta dal gruppo di lavoro coordinato dal relatore, senatore Lubrano Di Ricco, in ordine all'ipotesi di introdurre nel codice penale il delitto ambientale.

Nel corso delle audizioni ed in genere in tutta l'attività della Commissione, è stata sottolineata l'esigenza di pervenire ad un passo di questo tipo. Tutti, ed in particolare i magistrati e i rappresentanti delle forze addette al contrasto, hanno rilevato che in presenza di reati dalle conseguenze gravissime dal punto di vista dell'ambiente e della salute dei cittadini la sanzione amministrativa vigente è un deterrente del tutto inefficace, che tra l'altro non consente di attivare gli strumenti di indagine utilizzabili solo nel caso in cui il reato venga punito con una pena prevista dal codice penale.

Questi sono, in estrema sintesi, i motivi che hanno indotto la Commissione ad istituire un gruppo di lavoro ad hoc. Tutti sapete che un analogo gruppo di lavoro insediato presso il Ministero dell'ambiente ha da tempo concluso i suoi lavori elaborando una bozza di disegno di legge che è attualmente in attesa del parere del Ministero di grazia e giustizia, prima di essere presentata in Parlamento.

Il nostro lavoro è ad adiuvandum, nel senso che il riconoscimento non solo da parte del Ministero dell'ambiente ma anche di questa Commissione di inchiesta dell'esigenza di inserire nel codice penale il delitto ambientale - come, tra l'altro, è stato sottolineato in conferenze a livello mondiale (penso alla conferenza dell'ONU del 1995) - sollecita il Parlamento, nei suoi due rami, ad attivarsi in materia.

La procedura di esame del testo proposto dal gruppo di lavoro coordinato dal senatore Lubrano inizia oggi con una sua relazione sull'articolato. Non credo si possa procedere a modifiche, a meno che non vi sia un accordo complessivo. Probabilmente, perciò, sarà utile accompagnare il testo con un documento che sottolinei gli aspetti condivisi da tutti i commissari. Vi sarà inoltre la possibilità di integrare l'articolato con le osservazioni che il gruppo di lavoro condividerà. I commissari avranno poi ovviamente la libertà di presentare alle rispettive Camere di appartenenza proposte di legge ispirate a questo lavoro.

Il senatore Lubrano Di Ricco ha facoltà di svolgere la relazione.

GIOVANNI LUBRANO DI RICCO, Relatore. Desidero partire da una proposizione inserita nel lavoro della Bicamerale, in cui si afferma che dovrebbero essere evitate le proposte di legge settoriali che introducono modifiche parziali, soprattutto ai codici. In altre parole, secondo l'avviso della Bicamerale, non si dovrebbero introdurre sanzioni penali nelle piccole leggi di settore che il Parlamento emana. E' infatti spesso accaduto che in leggi settoriali siano state inserite sanzioni penali: la Bicamerale auspica che ciò non avvenga più, perché in questo modo si crea una frammentazione di sanzioni penali che è difficile riportare ad una unicità di visione. L'idea del presidente Scalia e del gruppo di lavoro da me coordinato è stata perciò quella di intervenire con una riforma organica di questo tipo di reati nel codice penale, invece di modificare le varie leggi finora emanate in materia di ambiente.

Come sapete è molto più facile irrogare e applicare le sanzioni del codice penale piuttosto che quelle contenute in leggi particolari che spesso sono di difficile interpretazione. Pensate, ad esempio, alla legge Merli e alle numerose elaborazioni giurisprudenziali che ha avuto nei vari anni della sua applicazione. Tanto è vero che in materia di ambiente i giudici sono stati costretti, soprattutto all'inizio, quando mancava ancora una legislazione in materia ambientale, a ricorrere a figure del codice penale come il danneggiamento o altre. Ricordo che ai tempi dei cosiddetti pretori d'assalto il danneggiamento fu usato nel caso in cui, per esempio, un lago fosse stato inquinato, perdendo così le sue caratteristiche originarie. Naturalmente si trattava di un adattamento del delitto di danneggiamento aggravato all'ipotesi di cui stiamo parlando; non c'era ancora la legge Merli e si ricorreva a queste figure per supplire alla carenza di legislazione.

Emanate le varie normative specifiche, dalla legge Merli in poi, fino alle ultime, si è però verificato - sottolineato nelle varie audizioni che abbiamo effettuato - che spesso la prevenzione e la repressione di queste ipotesi di reato fossero difficili da attuare perché mancavano, e mancano tuttora, figure di delitto specifiche. Sono quasi tutte ipotesi contravvenzionalie, come sapete, in materia contravvenzionale molte facoltà che la giustizia possiede non possono essere esercitate.

Nel documento che abbiamo predisposto, sono state previste sanzioni di una certa entità non per un sadico piacere di erogare sanzioni gravi (anche perché il giudice potrà spaziare in una gamma di gravità) ma soprattutto per consentire le intercettazioni telefoniche, non consentite se l'entità della pena non supera la soglia prevista dal nostro codice di procedura penale.

Il progetto che presentiamo si divide in due parti. Se avessimo proposto l'inserimento di figure di reato nel solo codice penale avremmo omesso di coordinare la normativa con le norme processuali. Quindi, il progetto si compone di due parti, la seconda delle quali reca l'intestazione "norme processuali", perché esse dovrebbero inserirsi nel codice di rito. Coordinare le due normative era necessario; altrimenti al diritto sostanziale sarebbe mancato l'ausilio delle corrispondenti norme di carattere processuale da adeguare a queste nuove figure di delitto.

Finora, nel nostro ordinamento, è mancata la nozione di "ambiente". Ho anche l'impressione che si confonda il concetto di "beni ambientali" con quello di "ambiente". Secondo una mia personale opinione, c'è differenza tra i due concetti: l'ambiente è qualcosa di unitario, da distinguere dai singoli beni che lo compongono. Con questo documento, finalmente, introduciamo questa nozione. Ricordo che la legge Galasso usava la dizione "bosco" e che c'è stata una faticosissima elaborazione giurisprudenziale per chiarire che cosa s'intenda per bosco nel nostro ordinamento proprio perché mancava una definizione della nozione. Ricordo sentenze elaboratissime di colleghi magistrati che cercavano di definire che cosa si dovesse intendere per "bosco".

Dobbiamo perciò evitare, colleghi, ciò di cui parliamo sempre, vale a dire la supplenza del giudice, che si attua proprio perché certe nozioni nella nostra legislazione mancano. Naturalmente, non intendo discutere oggi della bontà delle soluzioni che abbiamo adottato in questo progetto; vi sto semplicemente illustrando l'intendimento che abbiamo voluto perseguire nell'elaborarlo.

Tutto prende le mosse dalla nozione di ambiente, e ve ne ho spiegato il motivo: c'era bisogno che nel nostro ordinamento giuridico si sapesse finalmente che cosa s'intende per ambiente. E' una nozione unitaria e generale, comprensiva delle risorse naturali e culturali, ed è inteso come il complesso delle risorse, sia come singoli elementi sia come cicli naturali, e delle opere dell'uomo protette dall'ordinamento.

Perché abbiamo parlato di cicli naturali? Perché anche questi ultimi hanno la loro importanza nella nozione di ambiente. Anche a livello mondiale, come sapete, si parla di forme di inquinamento transfrontaliere. E' di recente svolgimento l'incontro di Kyoto sul tema. E' quindi necessario che anche la nostra legislazione contempli finalmente il concetto di ciclo naturale inteso in senso ampio e non più solo in senso restrittivo, come le singole leggi specifiche oggi prevedono.

Abbiamo poi previsto, all'articolo 452-ter da inserire nel codice penale, il delitto di alterazione dello stato dell'ambiente. Era quindi a maggior ragione necessario premettere a tutto la nozione di ambiente, perché altrimenti non si sarebbe capito che cosa si dovrebbe intendere per alterazione dello stesso. L'alterazione dello stato dell'ambiente avviene contaminandolo illegittimamente con sostanze o energie, o in qualsiasi altro modo. La pena è della reclusione da uno a cinque anni e della multa da 25 a 50 milioni di lire (vi ho già spiegato il motivo di questa entità della sanzione). Preciso che ho cercato sempre di definire che cosa intendiamo quando usiamo un certo concetto, per evitare che su una stessa nozione si verifichino disparità di giurisprudenza e quindi di trattamento per casi simili o uguali.

Ho quindi specificato che cosa il giudice debba intendere per grave alterazione: si tratta anche del superamento dei limiti di accettabilità di contaminazione dei suoli e delle acque stabiliti con decreto del ministro dell'ambiente. Ritengo che quando siano superati tali limiti, qualora la violazione di questa disposizione dia luogo a sanzione contravvenzionale, possa concorrere anche il delitto di alterazione dello stato dell'ambiente.

Abbiamo previsto un raddoppio della pena nel caso in cui l'alterazione effettivamente si verifichi, oppure se dal fatto deriva pericolo per lo stato dell'ambiente di un'area naturale protetta o per la salute pubblica. Questo aggravamento della pena deriva dal fatto che riteniamo che sia l'area naturale protetta (sapete che, grazie alla legge quadro sulle aree protette, ormai si dispone di una nozione precisa: se non si tratta dei parchi nazionali o regionali, non si può parlare di area naturale protetta) sia la salute pubblica - diritto fondamentale riconosciuto dalla nostra Costituzione - siano meritevoli di una tutela specifica.

Domenica scorsa, ad esempio, ho partecipato ad una marcia di svariati chilometri nella zona di Villa Literno, i cui abitanti ritengono che i casi di tumore si siano moltiplicati negli ultimi tempi a causa soprattutto dell'inquinamento del suolo ivi esistente. Mi si faceva presente che erano morti giovani colpiti da tumore recentemente, attribuito a forme gravi di inquinamento della zona.

Tornando al delitto di alterazione dello stato dell'ambiente, se il fatto è commesso con colpa (tutti sappiamo che cosa si intenda con questo concetto) la pena è ridotta della metà. Ritengo poi che si debba introdurre la possibilità di ordinare il ripristino dello stato dell'ambiente anche in caso di patteggiamento. Poiché la decisione emessa ai sensi dell'articolo 444 del codice di procedura penale (quella che segue al patteggiamento) non è una sentenza di condanna vera e propria, almeno per come la si è interpretata finora da parte della dottrina e della giurdisprudenza) ho ritenuto opportuno fare riferimento, oltre che alla sentenza di condanna, anche alla decisione emessa ai sensi di tale articolo. L'ho chiamata "decisione" proprio perché non può qualificarsi come una vera e propria sentenza di condanna. Il giudice, in questo caso, può ordinare il ripristino dello stato dell'ambiente con procedura da eseguirsi, in caso di inosservanza, a cura del pubblico ministero tramite l'ausilio della forza pubblica a spese dell'esecutato e può subordinare la concessione della sospensione condizionale della pena all'eliminazione del danno o del pericolo dell'ambiente.

Perché ho previsto questo intervento del pubblico ministero? Perché in certe materie ormai non si può più fare commistione tra l'autorità amministrativa e quella giudiziaria. Già altre volte - anche in aula al Senato - ho avuto occasione di soffermarmi sul punto, per esempio con riferimento all'ipotesi di abusivismo edilizio. Come sapete, una recente sentenza pronunciata a sezioni unite stabilisce che in caso di condanna per abusivismo edilizio l'esecuzione e l'abbattimento dell'opera abusiva spetta al pubblico ministero, mentre prima del giudizio di condanna il suddetto potere è conferito al sindaco. Come ho denunciato più volte, questo è l'unico caso in cui in un reato di carattere penale deve intervenire un' autorità amministrativa, tanto che ho auspicato la depenalizzazione dell'abusivismo edilizio che, diventando omogeneo rispetto ad altri, rientrerebbe nei poteri dell'autorità amministrativa; però, fin quando resta un reato, la competenza deve essere attribuita all'autorità giudiziaria. Se non ritenete opportuno l'intervento del pubblico ministero - una figura che negli ultimi tempi gode di poca buona fama - possiamo affidare tale competenza al GIP. Voglio dire che sono aperto a qualunque soluzione, nel caso la competenza resti attribuita all'autorità giudiziaria. Si avverte peraltro una sorta di ostilità, come se il pubblico ministero fosse geneticamente cattivo, ma se individuiamo un'altra soluzione, sempre escludendo l'autorità amministrativa, sono disponibile a prenderla in considerazione.

Il giudice in caso di condanna, o con la decisione emessa ai sensi dell'articolo 444 del codice penale, può ordinare la confisca delle aree, se di proprietà dell'autore o del compartecipe al reato. Immaginate, in materia di rifiuti tossici, come sarebbe efficace una misura di questo genere che consenta di confiscare tutto ciò che viene utilizzato per trasportare rifiuti, disponendo la confisca del veicolo ove l'ordine di remissione in pristino non sia possibile o non venga eseguito dal condannato nei termini indicati nella sentenza di condanna.

L'articolo 452-quater disciplina i traffici contro l'ambiente. Chiunque acquista, scambia o riceve illegittimamente sostanze o energie dannose o pericolose per l'ambiente è punito con la reclusione da due a cinque anni. La pena è raddoppiata se si tratta di traffici internazionali o di sostanze radioattive; queste ultime sono ricomprese nell'ambito delle sostanze o delle energie dannose, in modo che non possano sfuggire a tale reato.

Per evitare confusioni con il decreto 5 febbraio 1997, n. 92, in materia di rifiuti, sono fatte salve le previsioni normative specifiche in esso previste. La pena è ridotta di due terzi se il soggetto responsabile prima del giudizio elimina il pericolo per l'ambiente ovvero, ove ciò non sia possibile, ripara comunque integralmente il danno patrimoniale e non patrimoniale. Se il fatto è commesso con colpa la pena è ridotta della metà. Il giudice con la sentenza di condanna, o con la decisione emessa ai sensi dell'articolo 444 del codice penale, ordina la confisca dei mezzi utilizzati per commettere il delitto se di proprietà dell'autore o del compartecipe. Abbiamo previsto la responsabilità di un soggetto concorrente, il quale, per esempio, presti il proprio veicolo per trasportare rifiuti tossici nocivi; egli non è l'autore del fatto, ma compartecipe del reato, quindi è giusto che il mezzo venga sequestrato, anche se non è di proprietà dell'autore materiale del reato. Abbiamo previsto inoltre pene accessorie in caso di condanna per delitti ambientali.

Nelle varie audizioni che abbiamo svolto, ci è stato ripetuto più volte che in materia di ambiente è difficile contestare l'ipotesi di cui all'articolo 416-bis o semplicemente all'articolo 416, perché prevedono contravvenzioni. Per porre riparo a ciò, abbiamo introdotto l'articolo 452-sexies, riguardante l'associazione per delinquere contro l'ambiente. In base a tale articolo chiunque faccia parte di un'associazione formata da tre o più persone allo scopo di commettere delitti previsti dal presente titolo è punito, per il solo fatto di partecipare al sodalizio, con la reclusione da due a sei anni. I promotori, gli organizzatori, i capi, coloro che, coscienti dello scopo associativo, forniscono mezzi finanziari o consulenze tecniche all'associazione sono puniti con la reclusione da tre a otto anni. Le pene sono aumentate se il numero degli associati è superiore a sei.

All'articolo 452-septies abbiamo introdotto la nuova figura delittuosa, che mi sembra particolarmente importante, dell'ecomafia. Si tratta di una novità assoluta per il nostro ordinamento penale, di cui si è parlato spesso in vari documenti delle associazioni ambientaliste. Il termine di ecomafia è entrato ormai nel linguaggio comune, ma esso sia come concetto sia come delitto è sconosciuto dal nostro ordinamento giuridico. Ho ritenuto quindi fosse arrivato il momento di codificare il termine di ecomafia, ormai diffuso, ripeto, nell'opinione pubblica e nei vari lavori pubblicati negli ultimi tempi, soprattutto quelli della Lega per l'ambiente, che più volte ha presentato documenti in materia.

Tale articolo prevede che l'associazione di tipo mafioso, di cui all'articolo 416-bis, è punita con le pene ivi previste, aumentate di un terzo se le attività economiche delle quali gli associati intendono assumere o mantenere il controllo sono finanziate in tutto o in parte con il prezzo, il prodotto o il profitto di reati contro l'ambiente, l'assetto del territorio e le bellezze naturali protette, ovvero se le attività economiche, le concessioni, le autorizzazioni, gli appalti e i servizi pubblici che l'associazione intende acquisire in modo diretto o indiretto sono destinate alla protezione o al recupero dell'ambiente. Potremo analizzare compiutamente questa ipotesi delittuosa, ma credo che essa finalmente colmi una lacuna del nostro ordinamento, soprattutto in materia di riciclaggio del denaro sporco, il quale apparentemente confluisce in attività formalmente legittime. E' difficile perseguire oggi tale forma di riciclaggio, soprattutto se ben camuffato, ma con la mia proposta potremo perseguire queste forme delittuose che si configurano come una specifica ipotesi di reato.

L'articolo 2 riguarda le norme processuali, mentre l'articolo 216-bis concerne il sequestro conservativo per garantire l'adempimento delle obbligazioni civile nascenti da reati ambientali. Il pubblico ministero chiede in ogni stato e grado del processo di merito per l'accertamento di delitti di cui al titolo VI bis del codice penale il sequestro conservativo, ai sensi dell'articolo 216, al fine di evitare che manchino o si disperdano le garanzie per il risarcimento del danno ambientale di cui all'articolo 18 della legge 8 luglio 1986, n. 349. Come sapete, il danno ambientale è previsto dalla legge istitutiva del Ministero dell'ambiente, una normativa per la verità scarsamente o per nulla attuata.

Per inciso, voglio informare la Commissione che ieri al Senato sono riuscito a far approvare un emendamento al provvedimento di riforma della legge n. 142 il quale prevede che la titolarità dell'azione sia affidata anche alle associazioni ambientaliste. Con questa modifica si ottiene una grande conquista, perché finora questa norma - ripeto - non è stata mai attuata come avrebbe dovuto essere attuata. In previsione del fatto che essa possa avere una maggiore diffusione, è bene che il pubblico ministero si avvalga della facoltà di procedere al sequestro conservativo. Inoltre viene aggiunto l'articolo 321-bis, sequestro per reati contro l'ambiente, secondo cui "in caso di flagranza dei reati previsti dal titolo VI bis del codice penale, ovvero da leggi penali speciali a tutela dell'ambiente, il sequestro dell'area interessata, dei mezzi e dei beni serviti all'esecuzione del reato è obbligatorio da parte dell'organo di polizia giudiziaria accertatore". Come il presidente certamente ricorderà, in Campania si è scoperto che un campo coltivato a cavolfiori celava un deposito di rifiuti tossico-nocivi; ebbene, in casi del genere, secondo la previsione introdotta, interverrebbe il sequestro dell'intera area in cui sono custoditi i rifiuti.

E' stato anche previsto l'ampliamento delle sezioni di polizia giudiziaria con l'inserimento del Corpo forestale dello Stato in ordine all'accertamento ed alla repressione dei reati contro l'ambiente. Ciò sia per valorizzare una professionalità operativa spesso sottovalutata, ma diffusa capillarmente sull'intero territorio nazionale e, in particolare, nelle aree naturali protette, sia perché ritengo che il Corpo forestale meriti un riconoscimento ufficiale.

Infine, all'articolo 3 si prevede che in caso di inerzia della pubblica amministrazione, l'azione civile di danno pubblico ambientale sia promossa dal pubblico ministero, quale sostituto processuale ai sensi dell'articolo 81 del codice di procedura civile.

Con il progetto di legge riteniamo di tutelare maggiormente l'ambiente, in controtendenza con la depenalizzazione in atto per quanto riguarda i reati contro l'ambiente stesso. Ho già avuto modo di soffermarmi sull'articolo 11 della legge sulla depenalizzazione - di cui il gruppo verde ha proposto la soppressione, presentando uno specifico emendamento, che non sappiamo se verrà approvato - che introduce la depenalizzazione delle norme recanti obblighi formali, con una strana dicitura che non ricordo esattamente. Poiché si tratta di una delega che conferiamo al Governo, sinceramente non capisco quali norme in materia ambientale prevedano obblighi formali; così facendo si rischia di depenalizzare la concessione edilizia e le autorizzazioni ricadenti sotto la legge Merli. Ripeto, rischiamo di depenalizzare la materia, solo perché celata sotto la strana dizione di obblighi formali. E' una delega sulla quale il parere che dovrà esprimere la competente Commissione è obbligatorio, ma non vincolante, il che mi preoccupa non poco.

PRESIDENTE. La ringrazio, collega Lubrano Di Ricco, e dispongo che il documento sui delitti contro l'ambiente sia allegato al resoconto stenografico della seduta odierna.

FRANCO GERARDINI. Presidente, sarebbe utile avere un dossier riferito al documento di cui abbiamo iniziato l'esame, analogamente a quanto avviene presso le Commissioni permanenti dei due rami del Parlamento.

PRESIDENTE. Credo che la richiesta possa essere accolta tenendo presente che gli uffici studi che seguono le Commissioni permanenti si avvalgono di una serie di mezzi e strumenti che la nostra Commissione non ha a disposizione. Ad ogni modo credo che la relazione del collega Lubrano Di Ricco possa già rappresentare un primo hint.

Ritengo che gli interventi dei commissari potranno essere svolti in una prossima seduta della Commissione, al fine di predisporre un documento comune da inviare eventualmente alle competenti Commissioni di merito e al Governo. In una fase successiva, potrà essere valutata l'ipotesi della predisposizione di distinti progetti di legge, che potranno essere sottoscritti dai commissari.

 

Comunicazioni del presidente.

PRESIDENTE. Comunico che l'ufficio di presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi, nella riunione del 13 gennaio scorso ha deciso di nominare consulente della Commissione l'avvocato Maurizio Balletta.

Faccio presente che il 9 e 10 marzo prossimi, nella sala del Cenacolo di vicolo Valdina, la Commissione organizzerà un convegno sulla politica dei rifiuti del nostro paese e sull'attuazione dei decreti legislativi nn. 22 e 389 del 1997: il programma definitivo è in via di predisposizione; non appena sarà disponibile, verrà inviato a tutti i commissari.

Ricordo che una delegazione della Commissione si recherà in alcune province abruzzesi il 23 e il 24 febbraio prossimi, per effettuare sopralluoghi in impianti di smaltimento dei rifiuti e per svolgere delle audizioni. Invito perciò i commissari a far pervenire agli uffici della segreteria la propria disponibilità.

La prossima riunione della Commissione è fissata per martedì prossimo, 27 gennaio 1997, alle ore 13,30, nell'ambito della quale ascolteremo gli assessori all'ambiente della regione Lombardia, della provincia e del comune di Milano, il presidente dell'AMSA di Milano e il presidente dell'osservatorio nazionale sui rifiuti.

La seduta termina alle 14,45.

A L L E G A T O. Documento sui delitti contro l'ambiente. (Disponibile nell'edizione definitiva in formato PDF).

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