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CAMERA DEI DEPUTATI - SENATO DELLA REPUBBLICA

COMMISSIONE PARLAMENTARE D'INCHIESTA

SUL CICLO DEI RIFIUTI E SULLE ATTIVITA'

ILLECITE AD ESSO CONNESSE

26.

SEDUTA DI MARTEDI' 27 GENNAIO 1998

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE MASSIMO SCALIA

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori. *

Audizione del presidente dell'Osservatorio nazionale sui rifiuti, degli assessori all'ambiente della regione Lombardia, della provincia e del comune di Milano, nonché del presidente dell'AMSA di Milano . *

Comunicazioni del presidente. *

 

La seduta comincia alle 13,30.

(La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).

 

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Se non vi sono obiezioni, rimane stabilito che la pubblicità della seduta sia assicurata anche attraverso gli impianti audiovisivi a circuito chiuso.

(Così rimane stabilito).

 

Audizione del presidente dell'Osservatorio nazionale sui rifiuti, degli assessori all'ambiente della regione Lombardia, della provincia e del comune di Milano, nonché del presidente dell'AMSA di Milano .

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione del presidente dell'Osservatorio nazionale sui rifiuti, Gianni Squitieri, dell'assessore all'ambiente della regione Lombardia, Franco Nicoli Cristiani, dell'assessore all'ambiente della provincia di Milano, Giulio Facchi, dell'assessore all'ambiente del comune di Milano, Domenico Zampaglione e del presidente dell'AMSA di Milano, Claudio Roveda.

Cominciamo con l'audizione del presidente dell'Osservatorio nazionale sui rifiuti, una sorta di authority per quel che riguarda la tematica dei rifiuti solidi urbani, al quale do la parola affinché riferisca alla Commissione su una questione specifica. Nelle scorse settimane a Milano è sorto un problema che ha provocato polemiche anche sulla stampa e tra le forze politiche, e il presidente Squitieri è andato a verificare direttamente la situazione; lo invitiamo pertanto a fornire alla Commissione un quadro sulla situazione e sulle prospettive del sistema di smaltimento di rifiuti nell'area milanese.

GIANNI SQUITIERI, Presidente dell'Osservatorio nazionale sui rifiuti. Sono andato a Milano, incaricato dal ministro Ronchi, per effettuare una verifica della situazione a seguito di una richiesta dell'assessore provinciale all'ambiente. L'esperienza di Milano, infatti, avendo anticipato alcuni risultati poi delineati dal decreto legislativo n. 22 per quanto riguarda la raccolta differenziata dei rifiuti, aveva rilevanza nazionale e la messa in discussione di questa esperienza avrebbe potuto avere effetti sull'attuazione dello stesso decreto legislativo. Il 19 dicembre scorso, quindi, mi sono recato a Milano (se lo ritenete opportuno, posso lasciare a disposizione della Commissione i verbali delle riunioni) ed ho incontrato gli assessori all'ambiente del comune e della provincia, i vertici dell'AMSA, i consulenti del corpo forestale e del prefetto.

Il risultato a cui sono giunto è stato innanzitutto quello di ridimensionare l'allarme che si era diffuso ed il successivo sviluppo della situazione ha poi dimostrato che c'era stato un eccesso di allarmismo. Sostanzialmente, infatti, le iniziative dei tre anni precedenti sono state gestite in maniera positiva; bisogna però tener conto di due elementi che le hanno inevitabilmente condizionate. L'accelerazione data alla raccolta differenziata ed a tutto quello che ne consegue è stata avviata sull'onda dell'emergenza, a seguito della chiusura della discarica di Cerro; quindi la tempistica degli investimenti e della progressiva attivazione del sistema ha dovuto tener conto che Milano non aveva più una discarica e che, per via dei sacchi di immondizia sparsi per la città, si stava determinando un'emergenza sanitaria.

Il secondo elemento è invece di carattere più nazionale. Proprio perché Milano ha anticipato gli obiettivi ed ha prefigurato un quadro poi confermato dal decreto sui rifiuti, l'esperienza milanese ha scontato i limiti generali del sistema dei rifiuti italiano, non ultimo quello dell'inesistenza di impianti sufficienti per gestire adeguatamente i rifiuti raccolti. Dalle verifiche compiute pertanto risulta che i limiti e gli errori che ci sono stati rientrano in questo quadro: da un lato l'emergenza, dall'altro l'esperienza anticipatrice di problemi che probabilmente nei prossimi mesi, quando il decreto Ronchi andrà a regime, si troveranno di fronte molte altre città.

PRESIDENTE. Mi sembra di capire che il principale di questi problemi sia l'insufficienza di impianti adeguati al trattamento dei rifiuti separati come da raccolta.

GIANNI SQUITIERI, Presidente dell'Osservatorio nazionale sui rifiuti. Faccio un esempio: un punto fondamentale per la riuscita del sistema di raccolta differenziata è il trattamento del compost; a Milano, però, non c'era un impianto adeguato, quindi una parte dei rifiuti raccolti in maniera differenziata alla fine sono andati in discarica (per la mancanza di impianti adeguati al loro trattamento o per la inadeguata qualità del prodotto ottenuto). Si tratta però di un sistema da sviluppare, che quindi ha bisogno di tempi di sperimentazione e di adeguamento.

Mi permetto di aggiungere altri due elementi. Il giorno in cui sono arrivato si parlava di un aumento della tassa dei rifiuti a Milano e questo veniva addotto come prova della crisi; in realtà, a seguito di una attenta verifica del quadro economico, è emerso che la situazione non era poi così critica, come del resto gli stessi dirigenti dell'AMSA avevano precisato in una conferenza stampa. L'AMSA aveva chiesto un adeguamento del contributo comunale, evidenziando una perdita di 26 miliardi nell'ultima gestione derivante - come ci è stato poi spiegato - da una serie di elementi concomitanti: non vi erano più stati adeguamenti dal 1992 a fronte di un significativo incremento dei costi derivanti dall'aumento del costo della vita, da rinnovi contrattuali, da situazioni specifiche come l'emergenza neve nell'anno precedente e da un rilevante aumento della spesa per i trasporti. Sostanzialmente, però, non c'erano elementi di evidenti disfunzioni o disorganizzazioni. Secondo il calcolo fatto dal direttore dell'AMSA, la somma di tutte queste voci avrebbe dovuto portare ad un deficit di 76 miliardi, ed il fatto che il disavanzo sia stato di soli 26 miliardi in teoria testimonia addirittura di un forte recupero realizzato negli ultimi anni rispetto all'aumento di costi derivanti da elementi oggettivi più che dalla gestione. Ad un'analisi più attenta dei singoli bilanci emergevano chiaramente spese nettamente superiori rispetto a quelle preventivate, nell'ambito di un bilancio però - lo ripeto - adeguato alla situazione.

Desidero infine sottolineare che ero andato a Milano - ovviamente senza alcun intento persecutorio - anche per dare, per conto del ministero, un segnale di supporto all'amministrazione a proseguire sulla strada intrapresa. L'importante quindi era verificare se ci fossero problemi, ma anche capire quale potesse essere il contributo dell'amministrazione centrale per favorire il proseguimento dell'esperienza milanese. Da questo punto di vista c'è stata piena assonanza con gli amministratori incontrati, i quali hanno confermato l'intenzione di proseguire sulla strada avviata negli anni precedenti, naturalmente con i correttivi necessari, primo fra tutti la ridefinizione della struttura e delle responsabilità dell'azienda municipale; essi hanno altresì ribadito l'importanza del supporto dell'amministrazione centrale per quanto riguarda la ricerca del consenso per la costruzione dei nuovi impianti di cui la città ha bisogno, tanto che oggi l'assessore comunale all'ambiente incontrerà il ministro Ronchi proprio per proseguire questo tipo di collaborazione.

PRESIDENTE. A proposito dell'insufficienza di impianti di smaltimento, mi risulta che a Milano ve ne sia uno, noto come "ex Maserati", che dovrebbe produrre compost di qualità tale da poter essere commercializzato. Su questo impianto giungono le informazioni più disparate: da alcuni viene additato come non ancora in grado di produrre compost di qualità, mentre altri ne vantano una sorta di supremazia tecnologica e lo indicano come impianto modello di riferimento per molti altri paesi. Lei forse non ha specifiche competenze tecniche, ma vorrei sapere quale sia la sua valutazione.

GIANNI SQUITIERI, Presidente dell'Osservatorio nazionale sui rifiuti. Posso esprimere una mia valutazione personale, che però non è inerente alla mia visita a Milano. L'impianto ex Maserati di Milano è senz'altro un punto di riferimento importante per tutti coloro che si accingono a costruire strutture innovative; al di là di questo, però, ho preso atto che la valutazione dell'assessore Zampaglione è anch'essa estremamente positiva.

PRESIDENTE. Lo chiederemo direttamente a lui.

GIUSEPPE SPECCHIA. Abbiamo avuto una descrizione, sia pure sommaria, della difficile situazione milanese; vorrei sapere qualcosa di più sull'attuale situazione dello smaltimento dei rifiuti nella città e nella provincia di Milano, per sapere se vi siano le condizioni per affrontare i diversi problemi o se vi sia il rischio di ripetere quanto è accaduto in passato con i residui portati a Trinitapoli, in Puglia.

GIANNI SQUITIERI, Presidente dell'Osservatorio nazionale sui rifiuti. Al di là della situazione attuale, sulla quale credo che, meglio di me, potranno rispondere gli amministratori locali che ascolterete direttamente, posso riferire due elementi. Il primo è che, secondo quanto mi è stato detto in tutti gli incontri svolti a Milano, esistono le condizioni perché già dal 1998 si possa andare avanti...

PRESIDENTE. Come lei ha detto prima, Milano è in anticipo rispetto a molti comuni italiani per quanto riguarda la raccolta differenziata; poiché ci sono state molte discussioni su questo tema, questo potrebbe influire negativamente sui comportamenti dei cittadini e delle imprese. Se comprendo bene, a suo giudizio nel 1998 i cittadini milanesi non rimarranno delusi perché l'amministrazione sarà in grado di fare fronte alla raccolta differenziata dei rifiuti.

GIANNI SQUITIERI, Presidente dell'Osservatorio nazionale sui rifiuti. Ci sono le premesse sia dal punto di vista tecnico sia da quello della volontà dell'amministrazione di andare in questa direzione. L'amministrazione comunale di Milano ha infatti chiesto un esplicito supporto al Ministero dell'ambiente per individuare forme e procedure per dotare Milano di un secondo impianto di compostaggio così come per il nuovo impianto di termocombustione di Figino.

PRESIDENTE. Potrebbe farci una rapida rassegna degli impianti previsti nell'area milanese?

GIANNI SQUITIERI, Presidente dell'Osservatorio nazionale sui rifiuti. La mia visita a Milano aveva due obiettivi, e questo giustifica anche la mia propensione a non addentrarmi in questo tema: verificare che nella sostanza il sistema non avesse subito clamorose storture e potesse quindi proseguire e migliorare e che le amministrazioni coinvolte avessero la volontà di dare risposte adeguate. Accertato questo e offerto il supporto, non è nelle mie competenze andare ad un approfondimento specifico.

PRESIDENTE. Il suo era un compito più politico.

GIANNI SQUITIERI, Presidente dell'Osservatorio nazionale sui rifiuti. Era anche tecnico per quanto attiene al passato, nel senso di verificare se il punto di partenza era tale da pregiudicare la possibilità di un proseguimento di quella esperienza. Visto che in relazione alle questioni che lei mi ha posto ci sono state molte polemiche e molte diverse interpretazioni, su di esse rischierei di dare un'interpretazione personale piuttosto che esprimere la posizione dell'Osservatorio e forse ciò non è particolarmente opportuna.

PRESIDENTE. Ringrazio il presidente Squitieri.

Proseguiamo l'audizione odierna ascoltando i rappresentanti del comune e della provincia di Milano nonché della regione Lombardia, che abbiamo convocato per avere un quadro di quella che alcune settimane fa è sembrata un'emergenza rifiuti nell'area milanese e che invece già il presidente dell'Osservatorio nazionale dei rifiuti ha ricondotto in un binario di volontà politiche espresse e di possibilità tecnologiche volte a proseguire e consolidare gli obiettivi significativi già ottenuti da Milano nel settore dello smaltimento dei rifiuti.

Nella precedente legislatura la Commissione monocamerale di inchiesta sul ciclo dei rifiuti incontrò gli amministratori locali milanesi e lombardi e valutò positivamente la loro azione ed il loro programma relativamente al tema rifiuti per gli obiettivi, i tempi e anche alcune scelte operate; sembrava infatti un programma coerente ed omogeneo, con specifiche caratteristiche di tipo industriale. Vorremmo capire se qualcosa si è inceppato, perché nel corso di alcuni sopralluoghi che abbiamo effettuato non in Lombardia, la Commissione è incappata in rifiuti provenienti in gran parte dalla provincia ma anche dalla città di Milano. Vorrei quindi sapere da voi quale sia la situazione attuale.

FRANCO NICOLI CRISTIANI, Assessore all'ambiente della regione Lombardia. Il quadro generale della regione è più che soddisfacente sia nel breve periodo sia nel periodo medio-lungo, fatte salve alcune questioni che devono essere ancora perfezionate ed alcuni impianti che devono ancora essere realizzati. Dal punto di vista della programmazione la situazione è assolutamente soddisfacente, ma come ben sapete fra la fase dell'autorizzazione e quella dell'effettiva attivazione degli impianti trascorre un periodo di tempo che a volte è di 12-18 mesi, altre volte purtroppo è più lungo. Lascerò i dati aggiornati a disposizione della Commissione, comunque, pur avendo punte avanzate di ottimo livello per quanto riguarda la raccolta differenziata, quindi la riduzione di rifiuti all'origine, troviamo qualche difficoltà nel corretto utilizzo di queste frazioni raccolte separatamente perché mancano ancora gli impianti intermedi. Dal punto di vista della programmazione essi sono autorizzati, ma sono in fase di realizzazione, è quindi possibile che alcune frazioni di rifiuti non trovino corretta collocazione e lavorazione negli impianti previsti e programmati da regione e province.

La regione Lombardia, infatti, con la legge 21 ha dato piena delega alle province in questa materia, riservando alla regione la programmazione generale e l'autorizzazione degli impianti di smaltimento di un certo livello. Possono essersi verificati alcuni episodi di irregolarità, ma credo che questi siano dovuti ad una scorrettezza degli operatori più che alla mancanza di programmazione o di possibilità di smaltimento, perché oggi la regione - lo ripeto - è in grado di ricevere correttamente, quindi in siti autorizzati, tutti i rifiuti prodotti e non vi è nessuna provincia in stato emergenziale. Solo in un caso potrebbe forse esservi uno stato pre-emergenziale, che però stiamo lavorando per prevenire.

GIULIO FACCHI, Assessore all'ambiente della provincia di Milano. Mi riesce alquanto difficile rispondere alle questioni che sono state poste, in quanto preferirei interloquire su domande più specifiche, visto che il panorama è molto vasto. Non sono riuscito a comprendere a pieno quale periodo si voglia mettere a fuoco: se dobbiamo ragionare sulla situazione presente e del prossimo futuro, come penso che abbia potuto verificare anche il presidente dell'Osservatorio nazionale sui rifiuti Squitieri negli incontri che abbiamo avuto a Milano, vi sono situazioni abbastanza positive. Se, invece, dovessimo analizzare il periodo precedente, più che un problema dovuto ad incidenti di percorso, si è posta la difficoltà di gestire una fase che probabilmente, vista oggi, era quasi impossibile da gestire, cioè quella successiva alla chiusura della discarica di Cerro Maggiore, quando di fatto nella provincia di Milano sono venuti a mancare tutti i siti di smaltimento. In una situazione in cui ancora oggi non vi sono impianti, salvo quanto è stato fatto nel comune di Milano, all'improvviso si è dovuta dare una sterzata nella gestione dei rifiuti: per un certo tempo, dopo la chiusura della discarica di Cerro, è stata utilizzata quella di Vizzolo Predabissi per il bacino della provincia di Milano, ma anch'essa è stata chiusa da un giorno all'altro e si è dovuta programmare una serie di soluzioni di emergenza. Credo che non si possa negare che in una certa fase vi è stata una forte mancanza di controllo su quanto succedeva.

PRESIDENTE. Ho citato non a caso ciò che abbiamo visto con i nostri occhi; per esempio, sappiamo che Monza ha dato un contributo rilevante di rifiuti al Lazio, evidentemente in modo illegale.

GIULIO FACCHI, Assessore all'ambiente della provincia di Milano. Appena venuti a conoscenza, tra l'altro attraverso i mezzi di stampa, della presenza di questi rifiuti nel Lazio, abbiamo scritto un paio di volte alla procura di Monza ed ho avuto modo personalmente di incontrare l'assessore regionale del Lazio, dal quale ho cercato di avere informazioni più precise perché l'indicazione di Monza, che peraltro ritengo abbastanza probabile, non ci è mai stata ufficialmente comunicata.

PRESIDENTE. Ve lo comunico ufficialmente: nei sopralluoghi che abbiamo fatto abbiamo potuto vedere che tra questi rifiuti vi erano contenitori del latte provenienti da Monza e quindi è fuori di dubbio che ciò sia accaduto.

GIULIO FACCHI, Assessore all'ambiente della provincia di Milano. In quella zona vi sono due impianti che gestiscono l'area della Brianza. A seguito della chiusura della discarica di Cerro, per un certo periodo di tempo specialmente l'area della provincia è stata gestita attraverso impianti di vagliatura, tra l'altro molto snelli quanto a modalità di realizzazione, nel senso che sono stati realizzati con mezzi mobili che fanno un banalissimo lavoro di separazione tra secco e umido a valle. Questa cosa avrebbe avuto una sua logica se fosse stata portata fino in fondo, D'altronde, l'esempio dell'ex Maserati è evidente: si separano i rifiuti secchi da quelli umidi, ma poi in loco si fa il trattamento di almeno una delle due parti di questo rifiuto: si tratta l'umido, che viene stabilizzato, per cui comunque si ha un tipo di rifiuto che non deve essere avviato in discarica.

Negli impianti a disposizione della provincia, fatto salvo quello di Sesto San Giovanni, che è molto più piccolo dell'ex Maserati ma ha le stesse caratteristiche di taglio industriale, in realtà accadeva che i rifiuti più che essere vagliati per creare una effettiva diversa direzione di flussi, per un certo periodo di tempo venivano vagliati per poter essere considerati assimilabili e quindi essere poi avviati non più a discariche di prima categoria, ma verso flussi diversi. Da qui è derivato che la provincia, anzi io personalmente, avevo individuato oltre a quella riguardante il Lazio altre tre situazioni in provincia di Milano di capannoni con rifiuti stoccati.

Ci siamo dati come obiettivo - e credo che ormai esso sia stato realizzato - quello di superare il livello dell'emergenza. Vi è poi un altro aspetto non secondario della questione: infatti, a fronte di questa situazione difficilmente controllabile, i prezzi erano saliti in modo assolutamente vertiginoso; tanto per dare un'idea, in provincia di Milano fino a due mesi fa trattare un chilogrammo di rifiuto poteva costare anche 480 lire.

FRANCO GERARDINI. Lei ha detto di aver individuato tre capannoni dove si stoccavano rifiuti: vorrebbe gentilmente indicarci le località in cui questi erano ubicati e precisare che tipo di rifiuti vi fossero stoccati?

GIULIO FACCHI, Assessore all'ambiente della provincia di Milano. Credo che sostanzialmente si tratti di rifiuti come quelli che sono stati trovati nel Lazio, cioè di rifiuti secchi in buona parte provenienti da questi impianti di vagliatura. I capannoni erano localizzati uno a Buccinasco e due ad Agrate; il primo fu individuato direttamente da noi, mentre uno di quelli di Agrate credo che ancora oggi sia posto sotto sequestro dalla USL e dall'autorità competente.

I problemi che ci si ponevano erano sostanzialmente due. In primo luogo la mancata capacità di controllo del flusso, ed anzi direi che per un certo periodo di tempo è stato usato il vaglio proprio per trovare nelle pieghe della legislazione la possibilità di utilizzare flussi che in realtà in provincia di Milano non esistevano. L'altro problema era quello dei costi assolutamente incontrollati.

In questi mesi credo che si sia fatto molto sotto questo profilo, ed infatti il nostro slogan è stato quello di uscire dall'emergenza: se emergenza vuol dire non controllo dei rifiuti e caro prezzi, e l'obiettivo era quello di intervenire a questo proposito entro la fine dell'anno, credo che si siano già ottenuti buoni risultati. Attualmente sono ancora operanti alcuni di questi impianti di vagliatura, anche se con un flusso di rifiuti notevolmente ridotto e con costi in alcuni casi quasi dimezzati, a partire soprattutto dal 1° gennaio, grazie ad un accordo stipulato con l'impianto ex Maserati, che magari spiegherò successivamente, e soprattutto grazie all'avvio della raccolta differenziata: in provincia di Milano sono ormai 126 su 188 i comuni che procedono alla raccolta differenziata dei rifiuti. Tutto questo ci ha posti in condizioni di non dover più utilizzare questo tipo di canali, se non nei casi in cui si pongono motivi oggettivi per non poter procedere con la raccolta differenziata.

Il nostro vero problema ancora oggi consiste nella collocazione soprattutto della frazione umida dei rifiuti. Vorrei far presente che, durante l'intera fase commissariale che vi è stata a Milano, prima da parte del prefetto Rossano e poi da parte del presidente della regione Formigoni, in realtà non era mai stato individuato un impianto che potesse anche in via provvisoria ricevere i rifiuti all'interno della provincia di Milano. Credo, quindi, che la vera fonte dell'emergenza fosse proprio il fatto di non trovare adeguata collocazione dei rifiuti. Da questo punto di vista, per due anni si è proceduto approntando questi impianti di vagliatura, cioè soluzioni intermedie, senza però dare uno sbocco finale. Negli ultimi mesi, grazie ad un lavoro fatto gomito a gomito con il personale della regione, si è riusciti ad autorizzare una discarica per la frazione secca dei rifiuti nella provincia di Milano, che è servita tra l'altro moltissimo a calmierare i prezzi, e si sono meglio razionalizzate le energie che erano a disposizione, per cui si è data una risposta alla prima fase emergenziale. Ripeto che il nostro principale problema oggi è la collocazione dell'umido, un umido che per quanto riguarda la provincia di Milano - escludendo la città di Milano, che ha problemi specifici -, ribadendo che 126 comuni su 188 procedono ormai alla raccolta differenziata dei rifiuti, trova per intero collocazione in impianti di compostaggio distribuiti in varie regioni: in particolare in Veneto, qualcosa in Emilia e qualcos'altro nel mantovano, quindi al di fuori o della regione o della provincia.

Sono invece sorti grossi problemi per quanto riguarda la frazione umida di Milano, innanzitutto perché è difficile - e credo sia facilmente intuibile se si conosce la realtà urbanistica di Milano - raggiungere buoni livelli di qualità finché non si lavora in questo senso; oltre all'ordinaria difficoltà di trovare collocazione al rifiuto umido perché non vi sono impianti in provincia o a Milano che possano trattarlo, per quanto riguarda la frazione umida della città di Milano vi è un'oggettiva difficoltà anche negli impianti situati al di fuori della regione proprio per il discorso di qualità: dopo le ultime vicende di cui si sono occupati i giornali, con un accordo di programma stipulato tra regione, provincia e AMSA abbiamo messo a disposizione uno degli impianti di vagliatura della provincia di Milano di cui ho prima parlato, proprio per trattarvi anche la frazione umida dei rifiuti della città di Milano.

PRESIDENTE. Questi centri di vagliatura che hanno avuto una funzione intermedia, forse un po' discutibile ma, a quanto pare, resa necessaria dall'emergenza, da chi sono gestiti?

GIULIO FACCHI, Assessore all'ambiente della provincia di Milano. Sempre da operatori privati, in due casi attraverso un contratto con consorzi, negli altri casi con rapporti diretti con i comuni che li ospitano. Per la verità, tre di questi impianti esistevano già prima dell'inizio della fase di emergenza ed erano già sorti alcuni problemi; due sono stati realizzati successivamente, mentre quello di Sesto San Giovanni è stato realizzato con ordinanza del commissario, ed è quello che aveva anche un certo livello di taglio industriale. Tra l'altro, per ironia della sorte, l'unico ad aver chiuso è proprio quello di Sesto San Giovanni, che garantiva in ogni aspetto il trattamento dei rifiuti.

PRESIDENTE. Perché ha chiuso?

GIULIO FACCHI, Assessore all'ambiente della provincia di Milano. Per difficili rapporti con il comune. Vi era un accordo che prevedeva la scadenza del 31 dicembre, stiamo cercando di trovare un accordo col comune per poter avere almeno un anno di proroga.

FRANCO NICOLI CRISTIANI, Assessore all'ambiente della regione Lombardia. A supporto di quanto ha appena detto l'assessore Facchi, vorrei far presente che la regione in questi tre anni ha dato autorizzazioni per 2.077 tonnellate al giorno di frazione umida da raccolta differenziata o da vaglio. Questo sarebbe l'autorizzato, ma in realtà siamo nelle condizioni di dover portare questo tipo di rifiuti ancora per qualche tempo in Veneto. Fortunatamente stanno per diventare operativi i grossi impianti di Bagnolo Mella e Orzinuovi e con questi dovremmo essere a posto, ma come autorizzazione direi che siamo ad un livello ottimale della produzione lombarda, in quanto sono già tutti autorizzati.

GIULIO FACCHI, Assessore all'ambiente della provincia di Milano. Credo che il nodo sia proprio questo: finché non si realizzano gli impianti, saremo sempre in una situazione...

La gestione viene assicurata in questo modo: abbiamo spinto al massimo i comuni ad adottare la raccolta differenziata; essa aveva registrato una partenza forte a ridosso della chiusura della discarica di Cerro Maggiore; poi aveva subito un freno proprio perché era evidente a tutti la difficoltà di trovare collocazione all'umido. Attraverso un lavoro di accordo con vari impianti che abbiamo fatto a questo riguardo, abbiamo dato la disponibilità a tutti i comuni che volevano partire con la raccolta differenziata di trovare collocazione all'umido, per cui attualmente i comuni nei quali tale tipo di raccolta avviene trovano ovunque la collocazione dell'umido, e la frazione secca non recuperabile dalla raccolta differenziata viene conferita per circa 350 tonnellate al giorno nell'impianto di Trezzo sull'Adda, che fa un minimo di trattamento di questa frazione e la mette in giacimento provvisorio in attesa della termodistruzione, mentre l'altra parte va all'impianto di Vizzolo Predabissi, in una discarica che prima era per il tal quale ed oggi viene utilizzata solo per la frazione secca.

Per quanto riguarda invece i comuni che fanno ancora la vagliatura, compreso l'impianto ex Maserati di Milano, è stata messa a disposizione la discarica di Inzago, autorizzata in origine come 2B alla quale, attraverso un lavoro anche abbastanza difficile, si è poi data l'autorizzazione per poter ricevere la frazione secca da vagliatura, che quindi trova per l'80 per cento collocazione all'interno della provincia di Milano. Per la verità ancora oggi vengono utilizzati dalla provincia di Milano alcuni impianti di vagliatura, in particolare quelli di Paderno e di Monza, un flusso che utilizza la discarica di Chianni in provincia di Pisa; di questa avevo personalmente chiesto l'utilizzo al presidente della provincia di Pisa, che ha dato il suo consenso per iscritto, per cui siamo in presenza dell'accordo tra due province. La cosa interessante è che questi flussi costano tutti al di sotto delle 200 lire al chilo, contro le 400 ed anche 480 che si pagavano in precedenza per cui, anche da questo punto di vista, credo che sia stata posta in essere un'azione importante.

DOMENICO ZAMPAGLIONE, Assessore all'ambiente del comune di Milano. Vorrei iniziare dal suo intervento, presidente: lei ha ricordato che questa Commissione si era occupata del problema dei rifiuti, dell'emergenza a Milano e del superamento di questa situazione. Lei accennava al fatto che le soluzioni allora messe in campo sostanzialmente vedevano - e su questo mi è parso di cogliere un giudizio soddisfatto della Commissione - un rilancio delle nuove tecnologie per lo smaltimento dei rifiuti in maniera industriale.

Facendo un passo indietro, cioè al momento in cui ho cominciato ad occuparmi del problema, devo confermare che sostanzialmente le iniziative allora messe in campo avevano una coerenza nel loro complesso ed una giustificazione nella loro organizzazione. Probabilmente è cosa che stiamo verificando di mese in mese, misurandoci con i problemi conseguenti anche alle difficoltà di smaltimento: se l'ossatura era razionale, l'applicazione da parte nostra pone la necessità di perfezionamenti senza sostanziali modifiche, ma piuttosto con una maggior qualificazione dei diversi passi, a cominciare da quello della raccolta differenziata, che era stata lanciata con molta efficacia ed energia a fronte di un'organizzazione dell'AMSA non corrispondente alle attese sia della parte politica sia della cittadinanza, alla quale era stato chiesto, con energia e con enorme capacità di convincimento, un grande impegno in direzione della raccolta differenziata. In effetti, lo smaltimento della frazione umida - lo accennavano sia Facchi sia Nicoli - è uno di quei problemi che gravano sulla cittadinanza milanese in parte come un'incognita, in parte dando la sensazione della presa in giro: si tenta di fare una raccolta differenziata dell'umido ma poi, nonostante l'indirizzo che era stato dettato, ancora si constata che viene conferita in discarica, ma d'altra parte non poteva essere diversamente e non solo per ciò che ha detto Facchi.

PRESIDENTE. Vorrei sapere grosso modo che percentuale occupi la città di Milano rispetto alla provincia, anche tenuto conto che il suo hinterland è molto esteso.

GIULIO FACCHI, Assessore all'ambiente della provincia di Milano. Circa il 50 per cento.

DOMENICO ZAMPAGLIONE, Assessore all'ambiente del comune di Milano. Sì, questo è l'ordine di grandezza. Basti pensare che, durante la fase commissariale, è partita la costruzione del primo impianto di compostaggio degno di tal nome, quello di Muggiano. Attualmente siamo ancora in fase di avviamento sperimentale con una potenzialità di molto inferiore a quella prevista per l'impianto stesso: credo che siamo in questo momento a circa 60 tonnellate al giorno contro le 140 attese quando l'impianto sarà integrato secondo le opportune indicazioni.

PRESIDENTE. L'impianto di Muggiano ha a che vedere con l'ex Maserati?

DOMENICO ZAMPAGLIONE, Assessore all'ambiente del comune di Milano. Assolutamente no, è dal lato opposto della città.

PRESIDENTE. Approfitto per chiederle qualcosa di cui abbiamo parlato anche con il dottor Squitieri: l'impianto ex Maserati è in grado di produrre compost a buon livello commerciale?

DOMENICO ZAMPAGLIONE, Assessore all'ambiente del comune di Milano. No.

PRESIDENTE. Qual è il destino di questo impianto?

DOMENICO ZAMPAGLIONE, Assessore all'ambiente del comune di Milano. Il suo destino sta nei documenti che ne hanno autorizzato la costruzione: avrà una vita limitata e dovrebbe essere smantellato quattro anni dopo l'avviamento; tenete conto che è stato avviato nella primavera dello scorso anno.

PRESIDENTE. Mi dispiace interromperla, ma c'è un altro paradosso. Precedentemente il dottor Squitieri ci confermava che questo impianto è stato assunto come riferimento tecnologico anche da altri paesi. Non sono particolarmente affezionato a quest'impianto, ma vorremmo capire perché un impianto che sembra avere - lei eventualmente ce lo confermerà - caratteristiche tecnologiche così appetibili debba svolgere un ruolo provvisorio. Qual è la strategia e quali le caratteristiche di questo impianto?

DOMENICO ZAMPAGLIONE, Assessore all'ambiente del comune di Milano. Non voglio entrare nell'organizzazione del pensiero razionale che la precedente giunta comunale di Milano ha posto in essere nel definire tutti gli elementi. Sono portato ad interpretare e quindi a rispondere alla sua domanda in questo modo: l'impianto ex Maserati è stato ritenuto essenziale per dare una risposta ad una situazione di emergenza che si era prodotta a seguito della chiusura di Cerro. Non è la soluzione definitiva al problema, perché come ingegnere dico che dal punto di vista tecnologico un impianto realizzato sull'onda dell'emergenza in un capannone abbandonato, con i sistemi che ne hanno consentito il montaggio in alcuni mesi, evidentemente ha dei limiti strutturali, concettuali ed anche operativi. A titolo di esempio, citerò un'assoluta banalità: con un'ordinanza ho chiesto degli interventi a miglioramento della qualità ambientale locale dovuta alle forti emissioni di cattivo odore a ridosso di insediamenti urbani. In alcune parti non siamo riusciti a realizzare una delle soluzioni più banali, cioè la doppia intercettazione degli ingressi dei camion, che naturalmente può garantire che venga evitato lo scambio tra interno ed esterno, tra aria viziata ed aria esterna, ma se non si riesce a fare neanche questo, vuol dire che si hanno già degli elementi delicati. E' solo un esempio che serve a giustificare la mia affermazione relativa al fatto che è giusto che si tratti di un impianto transitorio perché, se così non fosse, esso andrebbe ripensato già nelle strutture esterne, oltre che nell'organizzazione interna. Quest'ultima deriva dall'accostamento di quattro imprese specializzate che hanno macchinari, tecnologie, sistemi di vagliatura sostanzialmente uguali, ma che dal punto di vista della gestione della catena sono notevolmente differenti, tant'è vero che abbiamo rendimenti ed affidabilità diversi tra l'una e l'altra di queste imprese. Quindi, in sostanza, è un impianto che ha servito bene e che presumibilmente, se curato con attenzione, come stiamo cercando di fare, e soprattutto migliorato, nei prossimi quattro anni può dare dei risultati ancora più coerenti, tra l'altro negli stessi termini contrattuali con i quali è stato affidato questo compito alle quattro imprese. Si debbono introdurre miglioramenti dal punto di vista economico e qualitativo, ma sono cose che si possono fare. Non si potrà arrivare, invece, ad un rendimento ottimale proprio per le limitazioni intrinseche dell'impianto.

Quanto a Muggiano, si tratta di un impianto di compostaggio che però prevede una potenzialità massima di 140 tonnellate al giorno; Milano deve trattare almeno 300-350 tonnellate al giorno di umido da raccolta differenziata, il che significa che dobbiamo avere un altro impianto come quello di Muggiano oppure dobbiamo poter utilizzare, nei ragionevoli dintorni di Milano, un impianto con queste potenzialità.

PRESIDENTE. L'impianto di Muggiano è tecnologicamente avanzato?

DOMENICO ZAMPAGLIONE, Assessore all'ambiente del comune di Milano. Direi di sì, è una progettazione di un paio di anni fa e poi viene costruito secondo un progetto coerente studiato nel proprio insieme. Speriamo di avere dei buoni risultati. Anche a Muggiano, peraltro, comincia ad essere rilevante il problema delle molestie olfattive.

PRESIDENTE. La Commissione si è trovata di fronte ad un problema analogo quando ha fatto un sopralluogo qui nel Lazio, a Colfelice, dove c'è un impianto di progettazione molto più vecchio, anche se funzionante in modo abbastanza efficiente e per il quale si è posta, soprattutto per alcuni dei comuni più vicini, proprio la questione degli odori. Essa è stata affrontata con la costruzione fatta ad opera di personale tecnico interno di una prima forma di filtrazione e poi ci è stato detto che a dicembre sarebbe entrato in funzione un filtro biologico fornito da un'azienda di Milano che aveva vinto la relativa gara.

Credo che la domanda sia chiara: il problema degli odori ha attinenza anche con il consenso con cui gli impianti si possono realizzare nel territorio; essendoci a Milano un'azienda specializzata nel produrre questo tipo di filtri, come mai nel vostro comune c'è tanta difficoltà a dominare il problema?

DOMENICO ZAMPAGLIONE, Assessore all'ambiente del comune di Milano. Come faccio a parlare bene o male di un'azienda milanese? Questo mi mette in difficoltà, anche se non conosco il nome di questa azienda. Voglio semplicemente dare una risposta che forse può servire a dare il segno alla Commissione della complessità dei problemi che questi impianti pongono. I biofiltri sono dei filtri che non fanno altro che pulire, sottrarre all'aria che viene aspirata dai luoghi di lavoro, e dopo averla "lavata" la mandano fuori. Lo strato superiore dei biofiltri, che esistono anche a Milano, è fatto di torba, ma purtroppo la torba puzza. Per quello che ho vissuto negli scorsi mesi di luglio e di agosto, sono arrivato al convincimento che in realtà l'aria che veniva rilasciata dall'impianto di Maserati non è che puzzasse tanto di rifiuti, ma sapeva di sottobosco e le persone che abitavano nelle case relativamente vicine davano i numeri, perché sentivano puzza, o almeno quella che loro giudicavano puzza; purtroppo non abbiamo elementi oggettivi per poterla valutare. In proposito potrete rivolgere domande alla dottoressa Cantoni, che ha vissuto in prima persona questo caso come responsabile delle valutazioni ufficiali.

Rispetto allo schema che venne messo in atto quando scoppiò l'emergenza rifiuti a Milano, la nostra amministrazione ne sta seguendo le linee essenziali, non è stato cambiato niente, piuttosto è stato ridiscusso tutto, nel senso che stiamo verificando elemento per elemento, tutti costruiti in emergenza per vedere come renderli più coerenti rispetto al progetto che abbiamo adottato. Continuiamo a considerare quello di Maserati come un impianto provvisorio anche per un motivo urbanistico: esso è inserito in una zona in espansione di Milano, contigua all'abitato di Segrate che tra l'altro è uno dei comuni in cui l'urbanistica esiste e che è caratterizzato da insediamenti abbastanza estesi. Ormai l'espansione di Segrate è quasi conclusa, ma la città di Milano si sta espandendo in quella direzione con un'urbanistica residenziale di buona o di ottima qualità. La presenza di questo impianto rende problematico l'uso del territorio e quindi la realizzazione dei progetti adottati dalle precedenti amministrazioni e che noi stiamo portando avanti.

D'altra parte la costruzione del termodistruttore di via Silla - siamo dall'altra parte della città, nella zona ovest, dalla parte di Muggiano - prevede che questo tipo di lavorazione, che attualmente è esercitata presso l'ex Maserati, possa essere trasferita lì, dove dovrebbe essere realizzato anche un impianto per la produzione di CDR: in sostanza si tratterebbe di effettuare nello stesso sito tutta la lavorazione e di bruciare la parte secca.

Riteniamo questa proposta razionale e ci stiamo soffermando su di essa per valutarne tutti gli elementi tecnologici, in un confronto con la regione da una parte e con la provincia dall'altra per renderci conto di quali altre possibilità possano esserci un domani circa altri impianti di compostaggio. Noi non abbiamo un interesse diretto a realizzare il secondo impianto nel comune di Milano: se esiste la possibilità di allocare la parte umida altrove, lo faremo. Certo, bisogna recuperare l'efficienza nella raccolta differenziata della frazione umida, cosa che in questo momento è discutibile perché, a causa dell'urbanistica di Milano, la cosiddetta cassonettatura è sotto verifica: voglio dire che non è detto che la soluzione dei cassonetti assegnati ai singoli condomini possa essere la migliore per raccogliere l'umido e comunque per fare la raccolta differenziata. Milano, infatti, soprattutto nella zona centrale, non ha spazi esterni per ospitare i cassonetti: spesso mancano spazi anche all'interno dei condomini, visto che i cassonetti sono da circa 150 litri l'uno. L'AMSA sta perfezionando la tecnologia per la raccolta differenziata anche attraverso l'acquisto di mezzi ad hoc; sta cioè facendo tutto ciò che, dopo il bando per l'avvio della raccolta differenziata, dopo le grandi scelte, non era stato fatto, penalizzando in qualche modo la raccolta differenziata stessa. Di qui le polemiche apparse sui giornali che certamente avete letto. La domanda dei milanesi è questa: l'umido si raccoglie male e dove va a finire? Addirittura, qualcuno ha inseguito i camion lungo le autostrade.

Sono molto contento che gli assessori all'ambiente della provincia e della regione, e specialmente quest'ultimo, abbiano confermato che, per quanto riguarda la realizzazione degli impianti di compostaggio, sarà risolto definitivamente assai presto il problema dell'allocazione, perché a quel punto Milano rilancerà, con una seconda campagna, la raccolta differenziata anche della parte umida. Non so quale sarà la percentuale su cui inevitabilmente ci si dovrà fermare, ma nelle grandi città in genere non si arriva a numeri molto elevati: la raccolta differenziata avviene più facilmente nei piccoli centri. Ma abbiamo l'assoluto convincimento di essere sulla strada giusta: si tratta di percorrerla con le scarpe adeguate e seguendo il percorso più efficiente per il soddisfacimento di questi bisogni, che ormai sono dovuti per legge.

PRESIDENTE. Ricordo che la parte umida a Milano ha un ulteriore interdetto. La Commissione è stata di recente in Puglia ed ha visto che l'impianto di Trinitapoli non è utilizzabile (vi è stata un'ordinanza del commissario di Governo). Questo ha posto all'interno della Commissione il problema di un impianto che sembrava nato per smaltire la parte umida dei rifiuti di Milano, perché laddove è collocato, cioè in provincia di Foggia, dovrà passare parecchio tempo prima che possa ricevere l'umido derivante dalla raccolta differenziata. Forse le imprese non hanno fatto bene i loro conti, non so: è una situazione che terremo sotto osservazione.

Al di là di questo problema, chiederei al presidente dell'AMSA di darci un quadro definitivo della situazione. Vorremmo sapere quali sono gli impianti già in funzione a Milano e quelli che si ritiene ragionevolmente possano entrare in funzione, in quanto autorizzati, entro i prossimi sei mesi. Abbiamo parlato molto di umido ma la domanda che è rimasta in sospeso è: sono sufficienti le due discariche di cui ha parlato l'assessore provinciale per raccogliere il secco?

Infine vorrei che la dottoressa Cantoni, che fa parte dell'osservatorio proviciale di Milano, completasse il quadro sul funzionamento del ciclo rispetto alle tecnologie.

CLAUDIO ROVEDA, Presidente dell'AMSA. Nel quadro della struttura organizzativa e degli impianti di smaltimento e di trattamento che è stato definito in base alle scelte dei livelli politici superiori, il nuovo consiglio di amministrazione dell'AMSA è impegnato nell'operazione di rendere più efficiente l'organizzazione della struttura gestionale dell'azienda.

L'azienda ha subito uno choc traumatico sul piano organizzativo delle procedure e dei modi di operare dall'emergenza del 1996, e questo ha determinato un modo di procedere e di lavorare che, data l'emergenza, non era della migliore qualità e della migliore efficienza di risultati economici. Per tanti motivi che non è il caso di ricordare qui, l'AMSA ha avuto per due anni consecutivi uno squilibrio abbastanza significativo fra le entrate e le uscite.

PRESIDENTE. Su questo aspetto ci ha tranquillizzato il presidente Squitieri. Lei conferma che la cifra di 26 miliardi è inferiore alla somma di alcuni aumenti di costo dovuti in parte all'aumento dei costi di trasporto...?

CLAUDIO ROVEDA, Presidente dell'AMSA. Sì, i prezzi praticati per queste operazioni sono schizzati verso l'alto: è evidente che alcuni degli operatori esterni hanno approfittato dello squilibrio tra domanda e offerta di rifiuti. In più, l'anno successivo, si sono aggiunti altri fattori di carattere organizzativo interno, su cui si sta provvedendo ad intervenire in maniera abbastanza incisiva. Stiamo procedendo, anche con un supporto esterno, alla ridefinizione di tutta la struttura organizzativa e procedurale dell'AMSA, anche per mantenere il controllo dei costi del lavoro, dei costi di smaltimento e dell'efficienza gestionale. Come saprà, si sta verificando un profondo ricambio nell'alta direzione dell'AMSA.

PRESIDENTE. Il management.

CLAUDIO ROVEDA, Presidente dell'AMSA. Il management sta cambiando, perché è opportuno adeguarlo alla nuova situazione, in modo da poter affrontare meglio da una parte la raccolta differenziata, sulla base di strumenti tecnologici come i camion a doppio cassonetto, e dall'altra le sfide del futuro. Mi riferisco all'inceneritore di Figino 2...

PRESIDENTE. La pregherei di fare una sorta di mappa, spiegandoci dove sono collocati gli impianti e qual è la loro funzione.

CLAUDIO ROVEDA, Presidente dell'AMSA. Esistono due forni di incenerimento di proprietà dell'AMSA, situati uno in zona est e uno in zona ovest di Milano. Sono impianti abbastanza vecchi che ci pongono problemi di costi di manutenzione anche a causa degli stress che hanno subito nel periodo dell'emergenza. Ci si pone il problema di mantenerli in funzione o meno. In questi impianti viene conferita una quantità significativa di rifiuto tal quale.

L'altro grande nucleo è l'impianto di vagliatura e in parte di compostaggio dell'ex Maserati, che tratta gran parte di rifiuto tal quale. In più abbiamo percorsi di smaltimento che riguardano le frazioni raccolte a monte, come la carta e il vetro.

PRESIDENTE. Penso che questi percorsi di smaltimento siano configurati da accordi e convenzioni con i consorzi.

CLAUDIO ROVEDA, Presidente dell'AMSA. Sì, con la Replastic per i contenitori in plastica e in polietilene, con la Safapac per la carta e il cartone e così via.

PRESIDENTE. Quindi, la parte secca è recuperata nella maggior parte attraverso gli enti di gestione che ci ha detto.

CLAUDIO ROVEDA, Presidente dell'AMSA. Oppure vi è tutta la frazione che esce dall'ex Maserati e che va alla discarica di Inzago.

Il problema è di rendere più efficiente questo sistema. Stiamo pensando a diverse opzioni per il futuro. Tra queste rientra il discorso di utilizzare la frazione secca per produrre CDR. Ma bisognerebbe completare il ciclo con un pianto ad hoc, specializzato nell'uso di CDR per produrre energia elettrica.

PRESIDENTE. L'assessore ha parlato dell'impianto di via Silla. Credo sia nella parte ovest di Milano, quindi non lontano da Muggiano.

CLAUDIO ROVEDA, Presidente dell'AMSA. Esatto. Per quanto riguarda la frazione secca, c'erano stati dei contatti preliminari con l'ENEL; ma vi è qualche difficoltà di sviluppo.

PRESIDENTE. Ricapitolando, la frazione umida va a Muggiano, ma poiché questo impianto non basta c'è un'ipotesi di accordo con la provincia per fare, ove possibile, un altro impianto per trattare l'umido. Una parte della frazione secca, da sottoporre a trattamento per produrre CDR, va nell'area ovest di Milano, a via Silla, con l'obiettivo del termodistruttore.

CLAUDIO ROVEDA, Presidente dell'AMSA. Sì, questo è il grande impianto che è stato varato dalla precedente amministrazione e che dovrebbe essere realizzato entro i prossimi tre anni per smaltire un quantitativo rilevante della produzione di rifiuti di Milano, intorno alle 800-900 tonnellate al giorno. Questo resterà uno dei capisaldi della struttura tecnologica dell'AMSA nel prossimo futuro.

SONIA CANTONI, Consulente dell'assessorato all'ambiente della provincia di Milano. Preciso innanzitutto che credo di essere stata confusa dall'assessore Zampaglione con la mia omonima Susanna Cantoni, che è responsabile dell'unità operativa dell'USL che si occupa dei controlli dell'ex Maserati. Questo a proposito dell'efficacia dei sistemi di mitigazione degli impatti dell'impianto, che sono sotto il controllo continuo di questa struttura. Nella mia qualità di consulente dell'assessorato provinciale all'ambiente, posso invece dare un contributo alla Commissione relativamente alle caratteristiche tecnologiche dell'impianto detto ex Maserati.

Si tratta di un impianto realizzato in un tempo abbastanza rapido in occasione dell'emergenza per il trattamento di 2 mila tonnellate al giorno di rifiuti residui della raccolta differenziata.

PRESIDENTE. E parzialmente tal quale.

SONIA CANTONI, Consulente dell'assessorato all'ambiente della provincia di Milano. Sì, tal quale, il residuo della raccolta differenziata. L'autorizzazione è posta in capo a un consorzio di imprese del quale fanno parte le quattro aziende che hanno realizzato l'impianto. L'AMSA è convenzionata con il consorzio di imprese, nel senso che conferisce i rifiuti trattati nell'impianto. Attualmente l'impianto tratta circa 1.600 tonnellate al giorno, di cui circa 500, presumibilmente a decrescere, provenienti dalla provincia. Quindi dà un contributo anche al trattamento dei rifiuti della provincia di Milano.

L'impianto opera con una prima fase di selezione ed una fase di trattamento aerobico della frazione umida, e poi con fasi di raffinazione dei materiali che risultano. La fase di selezione è un po' più complessa, dal punto di vista tecnologico, della selezione operata negli impianti di vagliatura di cui si è parlato prima, non fosse altro perché questo impianto è posto interamente al coperto in capannone in depressione, quindi presidiato ambientalmente. La fase di selezione opera sostanzialmente una distinzione in tre flussi. Si separa un 50-60 per cento circa di sostanza secca, un 30 per cento circa di sostanza umida, che viene avviata a compostaggio, a trattamento aerobico, e un 10 per cento circa di sostanza inerte, contenente ancora una parte organica che è avviata a processo di stabilizzazione, quindi a processo più rapido, più grossolano di quello di trattamento della frazione umida.

La frazione umida in uscita è sottoposta a un processo di trattamento organico. Ne esce un prodotto che, in base all'analisi che abbiamo effettuato, risulta avere le caratteristiche previste dalla normativa vigente in tema di compost, cioè la deliberazione del Comitato interministeriale del 1984.

PRESIDENTE. Ma si riesce a vendere questo compost?

SONIA CANTONI, Consulente dell'assessorato all'ambiente della provincia di Milano. Risulta che venga ceduto anche ad agricoltori con funzioni di ammendante. Questo viene dichiarato dal consorzio. Invece la frazione organica mista ad inerte, cioè la frazione residua del 10 per cento di cui ho parlato, viene sottoposta ad un trattamento più grossolano, quindi con tempi più ridotti: si ottiene un materiale che può essere destinato soltanto ai recuperi ambientali, e non in agricoltura.

La frazione secca attualmente viene pressata, imballata e avviata temporaneamente a discarica. Ci risulta che esista un accordo...

PRESIDENTE. Mi scusi, ma a questo punto sto quasi diventando un tifoso dell'impianto di Colfelice, in provincia di Frosinone, che invece è abbastanza superato. Lì la frazione secca viene separata sui nastri trasportatori. Vi è una separazione della parte metallica e del vetro, e la parte plastica viene lavorata. Alla fine del processo si ottengono delle pasticche che vengono vendute a 300 lire al chilo. Le domando allora: come mai un impianto più recente non ha una catena di trattamento ad esempio della plastica analoga a quella di un impianto che è sicuramente più vecchio? A Colfelice si parte dal rifiuto tal quale, nel senso che c'è una cavea in cui scende un "polipo" che preleva il rifiuto tal quale.

SONIA CANTONI, Consulente dell'assessorato all'ambiente della provincia di Milano. Ho dimenticato di dire che la parte metallica viene ovviamente separata e recuperata. Al contrario, non viene separata la parte plastica. L'impianto, infatti, è stato realizzato in tempi abbastanza rapidi e queste fasi di ulteriore selezione e di trattamento della frazione plastica sono fasi satellite che potrebbero essere realizzate ma che di solito non costituiscono il cuore dell'impianto di selezione.

La funzione di recupero che si ipotizzava per il materiale secco è quella a fini energetici, tant'è vero che risulta esserci un'intesa firmata tra la fine del 1996 e l'inizio del 1997 tra il comune di Milano, l'AMSA e l'ENEL per il recupero sperimentale di questa frazione nella centrale termoelettrica di Fusine, intesa cui non si è ancora dato corso, ma credo vi sia l'intenzione di farlo.

In questo momento la provincia sta valutando, avendo presenti da una parte il flusso dell'ex Maserati e dall'altra quello del secco residuo della raccolta differenziata che non va a vagliatura e di cui parlava prima l'assessore Facchi, la possibilità di avviarlo da subito al recupero energetico per esempio nella catena dei cementifici.

PRESIDENTE. Posso immediatamente osservare che la parte secca prodotta nell'ex Maserati e quella di cui l'assessore provinciale ci ha detto che va in discarica necessiterebbero di un trattamento per ottenere un CDR con le caratteristiche che l'allegato tecnico al decreto Ronchi che sta per essere emanato prevede.

SONIA CANTONI, Consulente dell'assessorato all'ambiente della provincia di Milano. Questo aspetto va considerato anche in funzione delle esigenze degli utilizzatori finali. Non è detto che l'ENEL e il cementificio abbiano bisogno necessariamente del CDR di cui alla definizione. Bisogna considerare anche il caso specifico.

GIULIO FACCHI, Assessore all'ambiente della provincia di Milano. Faccio presente che a Milano è comunque diffusa la raccolta separata della plastica, o attraverso il monomateriale in alcune zone o attraverso il sacco blu destinato a contenere la parte recuperabile secca. Probabilmente, per ciò, un'ulteriore selezione della plastica sul secco dell'ex Maserati non ha senso, perché la selezione è fatta sempre e comunque a monte.

Presidente, ho visto che lei punta molto l'attenzione sull'impianto ex Maserati. Penso che esso non possa essere visto all'interno del progetto originario. E' fuori discussione che una situazione assai delicata e difficile come quella di Milano può essere gestita attraverso questo impianto solo con una serie di iniziative a sostegno dell'impianto stesso. Ma queste iniziative in un modo o nell'altro si sono tutte bloccate. A noi fu chiesto più di una volta - ma poi non vi è stato alcun seguito - di realizzare un impianto di CDR proprio sul secco dell'ex Maserati.

Ricordo che a giugno, in una conferenza di servizi e con il parere positivo della provincia, della regione e di una parte del comune di Milano, fu autorizzato un impianto di CDR da 350 tonnellate al giorno necessario per lavorare quella parte di secco. Ma poi il settore edilizio del comune di Milano non ha mai rilasciato le concessioni e l'impianto non è mai stato realizzato. L'ex Maserati, perciò, doveva essere una parte di un progetto molto interessate. La famosa frazione umida che viene trattata in realtà potrebbe essere venduta solo in parte; ma è anche vero che quando l'impianto sorse il progetto prevedeva l'utilizzo di quel materiale come recupero ambientale di porto di mare o di altre realtà. Su questo vi sono state difficoltà da una parte per le scelte operate a Milano e dall'altra per le interpretazioni che ancora oggi esistono delle normative vigenti. Non a caso siamo tutti in attesa degli effetti del decreto Ronchi, per capire come dar seguito...

PRESIDENTE. Speriamo che le difficoltà normative possano essere superate, almeno in parte, da un convegno che questa Commissione ha organizzato per il 9 e il 10 marzo prossimi e a cui parteciperanno anche i rappresentanti degli enti locali e delle regioni.

Comunque, ho capito che la questione riguarda il comune e la provincia. E' un problema di programmazione.

GIULIO FACCHI, Assessore all'ambiente della provincia di Milano. La legge n. 21 della regione Lombardia prevede che la provincia è l'organo programmatorio. Il comune di Milano è uno dei comuni della provincia, anche se sicuramente molto importante. Non c'è più il commissario, per cui credo che i compiti di programmazione relativi ad una parte molto importante dei rifiuti della provincia di Milano debbano ritornare all'amministrazione provinciale.

FRANCO NICOLI CRISTIANI, Assessore all'ambiente della regione Lombardia. In effetti è vero che la regione, assieme al Ministero, sta portando avanti un accordo di programma con i cementifici, ma i cementifici lombardi, in base alle stime industriali di cui siamo in possesso, non sono in grado di assorbire più di 25-30 mila tonnellate di CDR all'anno.

E' invece interessante il discorso che è stato riavviato da poco con l'ENEL riguardante la centrale di Porto Marghera. Ma anche lì possono essere assorbite al massimo 200 tonnellate al giorno, per quanto riguarda la quota lombarda, anche perché i cittadini del Veneto vorranno giustamente che in quell'impianto si brucino le tonnellate prodotte nella loro regione. Comunque, la prima linea partirebbe con la sperimentazione riguardante il CDR lombardo.

La programmazione esiste, ma il sistema industriale sarà in grado di dare una grossa mano per lo smaltimento del rifiuto trattato, sostanzialmente del CDR, nei prossimi 4 o 5 anni. Oggi come oggi dobbiamo fare i conti con la realtà, quindi con uno smaltimento di tipo tradizionale.

PRESIDENTE. Finora abbiamo parlato soltanto di rifiuti solidi urbani. Le rivolgo una domanda sui rifiuti pericolosi, cioè gli ex tossico-nocivi. Ovviamente, potrà integrare la sua risposta odierna con una documentazione che la regione potrà inviare alla Commissione.

I dati del Ministero dell'ambiente in nostro possesso riguardano il biennio 1993-1994: tranne pochissime regioni, e la Lombardia non è fra queste, si registra un disavanzo pericoloso. Ci risulta che almeno il 60 per cento dei rifiuti pericolosi non si sa dove vadano a finire. La Lombardia è una notevole produttrice di rifiuti pericolosi che non trovano smaltimento nel territorio lombardo, per cui si tratta di un aspetto che deve essere chiarito. Abbiamo già avviato indagini in materia in realtà più semplici come quelle della Sicilia e della Sardegna, due regioni produttrici di rifiuti pericolosi. Ebbene, se questi rifiuti non risultano essere smaltiti nel territorio, dovrebbero risultare in transito nei porti delle due isole: ma le capitanerie di porto ci hanno fornito dati che ci fanno dedurre che, su un totale di 350 mila tonnellate prodotte nelle due regioni, i quantitativi da loro certificati sono veramente irrisori. Dobbiamo quindi dedurre che in Sicilia e in Sardegna avvenga uno smaltimento illegale di rifiuti pericolosi. Non ci vuole molto a capire che questa situazione riguarda anche la Lombardia, oltre ad altre regioni.

FRANCO NICOLI CRISTIANI, Assessore all'ambiente della regione Lombardia. Riservandomi di farvi avere dati molto precisi, vi do immediatamente una brevissima panoramica della situazione. Posso affermare con tranquillità che siamo avviati a risolvere la questione. In passato si sono avuti grossi smaltimamenti illegali in Lombardia, ma in un passato non recente. Mi riferisco anche ad un'epoca in cui ciò era consentito, e cioè a prima della legge del 1980. Uno degli impegni primari del mio assessorato consiste nel recupero di tutti i siti che sono stati inquinati. I costi per l'erario purtroppo sono notevoli. Pensi che soltanto lo scorso anno la regione ha impegnato 97 miliardi in recupero di siti inquinati.

PRESIDENTE. Si riferisce anche a Dresano e Lacchiarella?

FRANCO NICOLI CRISTIANI, Assessore all'ambiente della regione Lombardia. Sì, Dresano e Lacchiarella rientrano fra questi siti. Fanno parte del "caso Rossi", se vogliamo dargli un nome, insieme ad un terzo sito. Hanno impegnato la regione Lombardia per un totale di 70 miliardi, mentre gli altri 27 sono serviti per casi come quello dell'ex Flucosit di Asola. Si tratta di una bonifica sperimentale effettuata con un mezzo mobile che, sul posto, provvede a bonificare le terre acide. In questo modo si evita di asportare il materiale, bonificarlo, e poi riportarlo nel luogo di origine, conseguendo notevoli risparmi. I risultati ottenuti sono ottimi e credo che la bonifica sarà conclusa entro la fine dell'anno prossimo. Potrei citare anche altri casi: 7 riguardano la zona del pavese e 2 quella del bresciano.

Ma questa è la fotografia del passato, su cui la regione è intervenuta con fermezza ottenendo notevoli risultati, come a Dresano e Lacchiarella, ovviamente, sempre con soldi pubblici; in alcuni casi, peraltro, siamo riusciti a risalire alla fonte e a costringere il privato a intervenire direttamente. Mi riferisco, per esempio, al caso Sisas, una bonifica del costo di circa 22 miliardi, però a carico dell'azienda. Ma purtroppo di solito l'intervento è pubblico.

Per quanto riguarda i rifiuti pericolosi vi è stato un grosso salto di qualità da parte dell'industria relativamente all'autosmaltimento. La maggior parte delle industrie chimiche ha raggiunto punte del 90-92 per cento di autosmaltimento di questi rifiuti. Lo stesso dicasi per le industrie farmaceutiche o di cosmesi.

PRESIDENTE. Spero che questi dati siano certificati dall'ARPA.

FRANCO NICOLI CRISTIANI, Assessore all'ambiente della regione Lombardia. Spero che lo saranno, quando si decideranno a votarmela! E' all'ordine del giorno del consiglio regionale.

PRESIDENTE. Si tratta di dati di parte, nel senso che vengono forniti direttamente dalle industrie.

FRANCO NICOLI CRISTIANI, Assessore all'ambiente della regione Lombardia. Derivano anche dai nostri controlli e dal catasto dei rifiuti, dal quale risulta una forte riduzione della quantità dei rifiuti a seguito di un maggiore autosmaltimento nel processo produttivo delle aziende.

Per quanto riguarda i rifiuti liquidi pericolosi, la regione Lombardia è autonoma, avendo il forno di Filago; quanto ai rifiuti solidi, invece, siamo in una fase di congiunzione tra la chiusura di alcuni impianti autorizzati di inertizzazione e di smaltimento in fase terminale (Cervesina e Cologno Monzese, uno dei quali ha subito recentemente un intervento della magistratura) e l'entrata in funzione del nuovo impianto Valsecco di Montechiari, che ha una capacità di 1 milione e 600 mila metri cubi di recepimento; si tratta di un impianto sul quale si registra consenso da parte della popolazione e che dovrebbe essere la discarica per i rifiuti pericolosi inertizzati per i prossimi 10 anni. Abbiamo quindi un discreto congiungimento ed un buon sviluppo futuro per i prossimi 10 anni.

Bisogna stare molto più attenti, invece, alla situazione dei rifiuti non pericolosi speciali, per i quali c'è stato per cinque anni, dal 1993 al 1997, un blocco delle autorizzazioni. Tutti gli impianti autorizzati sono stati saturati anche dall'emergenza dei rifiuti urbani che, una volta trattati, venivano considerati speciali (in passato avevo infatti denunciato che in questo modo si sarebbe messa in crisi l'industria). Finora si è lavorato ampliando o tenendo in vitale vecchie discariche, adesso si tratta di individuarne altre due o tre nel territorio lombardo e poi il problema sarà risolto. In questo momento, invece, l'industria lombarda, per quanto riguarda i rifiuti speciali non pericolosi, si serve in gran parte di discariche situate nella regione Veneto, con la quale vi è una buona collaborazione. Riteniamo quindi che non vi siano fenomeni di smaltimento irregolari, salvo piccoli quantitativi che possono sfuggire ai controlli.

PRESIDENTE. La prego di inviare alla Commissione il censimento regionale dei siti bisognosi di bonifica, secondo quanto previsto dal decreto legislativo n. 22 del 1997, con particolare riferimento alle aree nelle quali sono collocate industrie a rischio di incidente rilevante. La Commissione sta conducendo un'indagine su questi aspetti perché tali industrie hanno la caratteristica di produrre rifiuti pericolosi.

In proposito le vorrei segnalare una situazione, che probabilmente lei conosce bene, che la precedente Commissione ha giudicato estremamente preoccupante e sulla quale c'è stata un'indagine della magistratura. Mi riferisco all'area ex ACNA a Cesano Maderno, adesso parzialmente occupata dalla BASF, nella quale si registra un inquinamento del sottosuolo con caratteristiche impressionanti; mi risulta siano stati fatti tentativi per frenare questa diffusione sotterranea che però non hanno avuto grande successo. Il fronte avanza, anche se di pochi metri al giorno, ma la falda acquifera di Milano è a portata; sarebbe quindi opportuno utilizzare gli anni che mancano per intervenire. Voglio richiamare con questo l'attenzione dell'assessore regionale all'ambiente, come abbiamo già fatto con il presidente della regione e con il ministro dell'ambiente, perché ci pare un esempio emblematico di colossali danni all'ambiente che, se non si interviene per tempo, possono diventare danni alla salute.

Ringrazio tutti gli intervenuti per il loro contributi,

 

Comunicazioni del presidente.

PRESIDENTE. Avverto che la Commissione tornerà a riunirsi giovedì prossimo, 29 gennaio 1998, alle ore 13,30, per ascoltare il dottor Marco Marchetti dell'Istituto nazionale di geofisica. Al termine della seduta è prevista una riunione dell'ufficio di presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi.

La seduta termina alle 15,20.

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