Commissione parlamentare d'inchiesta sul terrorismo in Italia e sulle cause della mancata individuazione dei responsabili delle stragi

4ª SEDUTA

VENERDI' 29 NOVEMBRE 1996

Presidenza del Presidente PELLEGRINO

Indice interventi

PRESIDENTE
NAPOLITANO
MASONE
CORSINI (Sin. Dem.-IUlivo), deputato
DE LUCA Athos (Verdi-I'Ulivo), senatore
FRAGALA’ (AN), deputato
GNAGA (Lega Nord-Padania indip.), deputato
GRIMALDI (Rifond. Com.-Progr.), deputato
GUALTIERI (Sin.Dem.-l'Ulivo), senatore 1 - 2
LOIERO (CCD), senatore
MANCA (Forza Italia), senatore
MAROTTA (Forza Italia), deputato
MIRAGLIA DEL GIUDICE (AN), deputato
PELLICINI (AN), senatore
RUSSO SPENA (Rifond. Com.-Progr.), deputato
SARACENI (Sin. Dem.-PUlivo), deputato 1 - 2

 

La seduta ha inizio alle ore 15,30.

COMUNICAZIONI DEL PRESIDENTE

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la seduta. Invito il senatore Manca a dare lettura del processo verbale della seduta precedente.

MANCA, segretario f.f., dà lettura del processo verbale della seduta del 19 novembre 1996.

PRESIDENTE. Se non ci sono osservazioni, il processo verbale si intende approvato.

Prima di iniziare l'audizione del ministro dell'interno, onorevole Napolitano, informo i colleghi che ho dato seguito ai deliberati della Commissione della seduta il cui verbale è stato appena approvato. In data 20 novembre ho scritto infatti ai Presidenti del Senato e della Camera dei deputati spiegando che, conformemente al mandato che avevo ricevuto, avevo immediatamente cercato di giungere ad una possibile sintesi, o conclusione almeno parziale, dei lavori della Commissione entro il termine del 31 dicembre. La Commissione ha preso atto di questa mia intenzione, ma mi ha fatto presente che, dato il breve tempo che intercorre fino al 31 dicembre, vista altresì la concomitanza con la sessione di bilancio, per molti commissari era praticamente impossibile l'approfondimento necessario rispetto alla mole documentale che quella ipotesi di relazione conclusiva presuppone.

Per questo motivo ho formulato voti al Presidente del Senato affinché il disegno di legge, presentato in quel ramo del Parlamento, abbia un iter rapido e al Presidente della Camera perché, in esito, l'approvazione definitiva del testo di legge intervenga entro il 31 dicembre. Ho poi scritto una lettera al procuratore della Repubblica di Milano per comunicargli che la Commissione aspetta di essere informata sugli esiti dell'esame della documentazione acquisita per poterla a sua volta conoscere, nei limiti di competenza della Commissione stessa. Abbiamo avuto anche un incontro informale fra Ufficio di Presidenza della Commissione e Ufficio di Presidenza del Comitato dei servizi perché, essendo anche quest'ultimo interessato, si possano assumere nei confronti dell'autorità giudiziaria di Milano iniziative non discordanti, affinché vi sia un atteggiamento coerente da parte dei due organi del Parlamento.

Ho poi preso contatto con il Ministro - che è con noi e lo ringrazio - per questa audizione insieme al Capo della polizia, che ringrazio ugualmente per la sua presenza. Fino a ieri il Ministro era impegnato a Bruxelles e quindi non è stato possibile fissare una data diversa da quella in cui ci stiamo ora riunendo. Sottolineo questo perché ho ricevuto una lettera garbata di protesta da parte del collega Leone, che lamenta il giorno e l'ora della seduta in quanto, per precedenti impegni, non potrà essere presente. Mi scuso ancora una volta con voi e con il collega Leone, ma non si poteva fare diversamente. Il Ministro fino a ieri era a Bruxelles e, d'altra parte, data l'evoluzione dell'intera vicenda, non mi è sembrato giusto prorogare l’incontro.

E’ necessario sentire il Ministro e il Capo della polizia anche perché la vicenda sta avendo una evoluzione di cui il Ministro ci parlerà ed è opportuno che la Commissione sia ben informata nel suo plenum e non soltanto con contatti tra il Ministro, il Capo della polizia e il Presidente della Commissione.

Quindi, se siete d'accordo, darci subito la parola al Ministro, anche perché dalla lettura dei verbali e dai contatti avuti, il Ministro conosce l'oggetto specifico dell'audizione. Signor Ministro, noi avremmo voluto incontrarla per stabilire un nuovo rapporto istituzionale con il nuovo vertice dell'amministrazione dell'interno; non lo affrettavamo in attesa dì conoscere il destino di questo organo parlamentare. Tuttavia, il rinvenimento del materiale ci è sembrato non giustificare una inerzia da parte nostra.

Credo che la lettura del verbale abbia dato risposta al comunicato di protesta del collega Fragalà. Effettivamente io avrei sbagliato se avessi parlato al pubblico della notizia del rinvenimento senza averne prima informato la Commissione; ma io non ho parlato con nessuno, se non alla Commissione. Se ho poi assunto posizioni pubbliche l'ho fatto perché avevo ricevuto delle critiche per aver informato la Commissione. Il problema in discussione è se avessi sbagliato o fatto bene nell'informare la Commissione su queste vicende.

 

AUDIZIONE DEL MINISTRO DELL’INTERNO, ONOREV0LE GIORGIO NAPOLITANO E DEL CAPO DELLA POLIZIA, PREFETTO FERDINANDO MASONE

PRESIDENTE. Do quindi la parola al ministro dell'interno, onorevole Napolitano.

NAPOLITANO. Ringrazio lei, Presidente, e desidero rivolgere il mio, saluto a tutti i membri della Commissione. Posso scusarmi anch'io per le difficoltà di data e di ora di questo incontro, però bisogna tener conto del fatto che, tra il martedì e il giovedì, l'attività parlamentare coinvolge intensamente anche il Governo. Prima di recarmi ieri a Bruxelles per il Consiglio dei ministri degli affari interni, nei due giorni precedenti ho trascorso molte ore nella 1ª Commissione permanente della Camera dei deputati per l'esame di un provvedimento di legge che è stato poi rimesso all'Assemblea. In ogni caso dico fin da ora che, se la Commissione sarà pronta, quando vorrà - in vista di un suo nuovo futuro - stabilire questo incontro per ridefinire i rapporti istituzionali e di lavoro tra il Ministero dell'interno e la Commissione stessa, si concorderà, spero, anche una data di maggiore convenienza per tutti i membri della Commissione.

Parto da una premessa molto semplice e anche precisa e netta: il Governo che rappresento è determinato ed è pienamente impegnato a contribuire, in ogni modo, agli sviluppi dell'attività tanto di questa Commissione quanto dell'autorità giudiziaria per l'accertamento della verità sulle trame eversive, sulle violazioni della legalità, sugli attentati e sulle stragi, sui comportamenti devianti che già da lunghi anni, e in parte senza che si sia potuto giungere a conclusioni, hanno interessato tanto organi parlamentari, come questo, quanto diverse rappresentanze della magistratura. Il Governo sta favorendo e favorirà la conoscenza e l'acquisizione di documenti che, pure a distanza di notevole tempo, si potranno rinvenire e rivelare utili per le indagini, a cominciare da quella sulla strage di piazza Fontana. Nessun malinteso senso di continuità dello Stato e di tutela di interessi nelle amministrazioni dello Stato ci impedirà di fornire tutti gli elementi a nostra disposizione, seguendo gli stimoli e i suggerimenti che voi vorrete fornirci a partire da oggi.

La collaborazione è già piena con il giudice istruttore del tribunale di Milano, dottor Guido Salvini e con i sostituiti procuratori della Repubblica di Milano, dottoressa Grazia Pradella e dottor Massimo Meroni e ciò si evincerà anche da quello che ora dirò.

In modo anche rapido vorrei articolare in tre punti questa mia esposizione: innanzi tutto come si è verificato il rinvenimento di materiale di interesse, in particolare, per l'autorità giudiziaria; in secondo luogo, come si è conseguentemente proceduto; infine, gli aspetti sconcertanti che presenta e i problemi che solleva la vicenda di questo materiale, così come la si è potuta ad oggi ricostruire.

Come si è verificato il rinvenimento? Dalla fine degli anni '80 il giudice istruttore, dottor Guido Salvini, è impegnato in una articolata attività di indagine concernente l'operatività di associazioni sovversive di estrema destra riferibile al periodo intercorrente tra il 1965 ed i primi anni '80. Nel corso di questa attività inquirente, il magistrato si è diffusamente avvalso della collaborazione della Polizia di Stato, con particolare riferimento oltre che a numerose DIGOS, alla Direzione centrale della Polizia di prevenzione. La prosecuzione di uno stralcio dell'inchiesta (secondo il vecchio rito processuale) impegna il magistrato nell'acquisizione di una imponente mole di informazioni e stimola l'approfondimento di sempre più specifici temi di ricerca. A questo ultimo proposito è stato tempo addietro nominato dall'ufficio istruzione di Milano un perito che in base alla sua competenza, alla sua applicazione a studi su fenomeni della natura di quelli indagati dal giudice istruttore Salvini, veniva ritenuto idoneo: il professor Aldo Sabino Giannuli dell'università di Bari.

PRESIDENTE. E’ stato anche consulente di questa Commissione.

NAPOLITANO. Il professor Giannuli veniva ritenuto particolarmente indicato per collaborare con il magistrato. Il professor Giannuli all'inizio dell'anno in corso ha presentato a vari enti, tra cui il Ministero degli affari esteri, lo Stato maggiore della difesa, il Comando generale della Guardia di finanza e altri ancora, e nel febbraio alla Direzione centrale della polizia di prevenzione, delle richieste contenenti filoni di ricerca da riscontrare nel carteggio archiviato negli anni passati presso la Direzione centrale della polizia di prevenzione. In effetti, collaborando pienamente con il professor Giannuli, la Direzione centrale della polizia di prevenzione è stata in grado di dare numerosi riscontri positivi, attraverso la consultazione attenta dell'archivio informatizzato. Il professor Giannuli ha acquisito documenti ed elementi di analisi di rilevante importanza, riferendoli via via al giudice istruttore.

Nell'estate scorsa il professor Giannuli ha riscontrato delle incongruenze tra quanto avrebbe dovuto, a suo giudizio, essere ritrovato negli atti della Direzione centrale della polizia di prevenzione e quanto risultava individuabile e veniva individuato nella consultazione dell'archivio informatizzato. Tenendo conto di questi rilievi, di questa indicazione di possibili - e in sostanza attendibili - incongruenze, essendo state ritenute fondate queste preoccupazioni e richieste del perito, si è dato impulso ad una ricerca manuale e visiva per quello che non si riscontrava nell'archivio informatizzato. Questa ricerca è stata estesa a tutte le giacenze di archivio della Direzione centrale della Polizia di prevenzione, compreso il materiale fuori trattazione corrente contenuto nell'archivio di deposito di via della circonvallazione Appia in Roma. Questa ricerca, che è stata portata avanti per iniziativa dello stesso personale della Direzione centrale della Polizia dì prevenzione è stata orientata da tale personale secondo le richieste del perito, professor Giannuli, e ha condotto alla individuazione, l'8 ottobre scorso, di materiale fuori classificazione in quell'archivio di deposito (poi tornerò su questo concetto del materiale fuori classificazione, uno degli aspetti su cui soffermare l'attenzione). Più specificamente è stato rinvenuto un fascicolo concernente l'attentato esplosivo ad un treno in Pescara la notte dell'8-9 agosto 1969, fascicolo all'interno del quale sono stati anche rinvenuti frammenti di reperti. Si è constatata l'assenza di criteri di catalogazione che potessero condurre all’individuazione del fascicolo attraverso lo schedario informatizzato (quella che era stata indicata come incongruenza e come problema da risolvere) per cui questo fascicolo - su ciò tornerò tra breve - è stato trasmesso in originale al dottor Salvini e in riproduzione fotografica alla procura della Repubblica di Milano. Quindi si è immediatamente continuato a procedere da parte della Direzione centrale della Polizia di prevenzione nella individuazione del materiale giacente, ed è stato così individuato, partendo da quel fascicolo, un primo lotto di faldoni e fascicoli non classificati ma ad un primo ed esteriore esame pertinenti alla ricerca del professor Giannuli e perciò, in definitiva, del giudice istruttore, dottor Guido Salvini.

Come si è proceduto a seguito di questo ritrovamento? Teniamo conto che sono stati un ufficiale e due agenti di polizia giudiziaria, appartenenti alla divisione cosiddetta destra eversiva della Direzione centrale della Polizia di prevenzione, a recarsi e a ritrovare quel fascicolo nei locali dell'archivio di deposito in via della circonvallazione Appia n. 132. Senza necessità di ulteriori approfondimenti, considerato l'interesse che i materiali potevano rappresentare non solo per l'indagine condotta dal dottor Salvini ma anche per quella condotta dai sostituti Pradella e Meroni della procura della Repubblica di Milano relativamente alla strage di piazza Fontana, sono state avviate le procedure di riproduzione fotografica e si è elaborata una informativa che è stata consegnata a mano ad ambedue le autorità giudiziarie, già immediatamente informate telefonicamente. Nel caso della dottoressa Pradella, che si trovava in Roma per una riunione operativa riguardante altra materia le veniva assicurata la più rapida evasione delle operazioni di ricerca e classificazione del materiale documentale custodito in via della circonvallazione Appia.

In effetti, data la mole del materiale documentale non classificato, si è ritenuto di dover compiere un sopralluogo presso i locali di via della circonvallazione Appia ad opera di qualificati funzionari che hanno relazionato dettagliatamente all'autorità giudiziaria. Sono state adottate iniziative a fini cautelativi e conservativi non soltanto nel senso di affiancare al corpo di guardia già presente, personale della Direzione centrale della polizia di prevenzione e di rafforzare la vigilanza (che sempre c'era stata e in forma fissa durante le 24 ore) ma anche di ritenere indispensabile, per le condizioni in cui si è trovata la sede di via della circonvallazione Appia (una sede fatiscente con infiltrazioni dovute ad agenti atmosferici, priva di adeguato impianto di illuminazione; lo stato in cui era una parte o una gran parte di fascicoli, impolverati, inumiditi, poggiati sul pavimento, lo dimostra) un rapido trasferimento almeno di una prima parte dei documenti, quelli che potevano risultare di maggiore interesse per le indagini a cui ho fatto cenno, in locali più idonei e precisamente nei locali del commissariato della Polizia di Stato Prenestino, ubicati in via Lepetit n. 99/c, per un totale di centoundici scatoloni contenenti vari faldoni.

E questo è avvenuto tra il 6 e il 7 novembre.

L'8 novembre personale d’archivio, sempre su delega dell'autorità giudiziaria, proseguendo nelle verifiche, ha individuato ulteriore materiale documentale non classificato che è stato immesso in quattro scatoloni e anch'esso trasferito presso il commissariato Prenestino; così un ulteriore scatolone in data 12 novembre. Il 18 novembre i sostituti procuratori della Repubblica di Milano dottoressa Pradella e dottor Meroni si sono recati personalmente a visionare i luoghi e la documentazione in questione, notificando contestuale ordine di immediata consegna di gran parte del carteggio non classificato. In particolare, i magistrati hanno acquisito integralmente i trentadue scatoloni contenenti duecentosessanta faldoni, che avevano rappresentato la prima parte dei centoundici trasferiti nella sede di via Prenestina, nonché altri otto scatoloni di materiale non classificato che hanno individuato essi stessi attraverso il sopralluogo e di cui si sono riservati di valutare l'utilità a fini investigativi.

Nella stessa serata del giorno 18 novembre, tutto questo materiale è stato trasferito, sotto scorta di personale della Direzione centrale della Polizia di prevenzione, a Milano, a disposizione di quella procura, in locali della Polizia di Stato. Contemporaneamente, il dottor Guido Salvini. con atto formale pervenuto alla Direzione centrale della Polizia di prevenzione, nelle prime ore del pomeriggio dello stesso 18 novembre ha ordinato l'acquisizione in copia della medesima documentazione, che a lui era stata segnalata in data 7 novembre. contestualmente al trasferimento della nuova sede. Il magistrato Salvini ha delegato ancora personale della Direzione centrale della Polizia di prevenzione - continuando quindi un rapporto di collaborazione che era stato molto intenso e si era rivelato molto fruttuoso - unitamente a un perito di sua fiducia all'esame del carteggio in argomento, nel luogo dove lo stesso potesse essere più convenientemente conservato.

Sia la dottoressa Pradella che il dottor Salvini sono stati informati del censimento che a suo tempo era stato operato - ma questo fa parte del terzo punto della mia esposizione - nel 1993 dagli Archivi di Stato e, in seguito a specifica richiesta, gli Archivi di Stato hanno fornito in data 23 novembre copia dei tabulati relativi a questo censimento del 1993.

Prescindo da altri passaggi di minore rilievo e di minore importanza. Debbo far cenno soltanto al fatto che in data 20 novembre è stata formalmente informata dell'accaduto anche la procura della Repubblica di Roma, che ne aveva fatto richiesta per le vie brevi, e quindi è stata illustrata anche all'autorità giudiziaria di Roma l'intera vicenda che adesso ho ricapitolato circa il rinvenimento di questo materiale documentale non classificato. Specifico che in data 31 maggio 1995 i sostituti della procura della Repubblica di Roma, dottori Ionta, Salvi e Saviotti, titolari del procedimento penale nei confronti di Maletti Gian Adelio ed altri per delitti di cospirazione politica mediante associazione e per attentato alla Costituzione, avevano notificato al Ministero dell’interno, tramite la Digos di Roma, un ordine di esibizione di ogni documento relativo al predetto procedimento penale.

Tenuto conto di ciò, e potendovi essere della documentazione non. classificata, quindi non consultabile attraverso l'archivio informatizzato e non conosciuta nei suoi contenuti effettivi nel momento attuale dagli attuali dirigenti della stessa Direzione centrale della Polizia di prevenzione, il dirigente, della Digos di Roma ha contattato l'autorità giudiziaria milanese affinché consentisse anche per la procura della Repubblica di Roma ogni necessaria attività di verifica. La procura di Roma è stata informata di questo carteggio ancora nella disponibilità della Direzione centrale della Polizia di prevenzione in quanto a Milano, come ho detto, ne era stata trasferita una parte - che ho anche quantificato in numero di scatoloni - ma non tutta. La procura di Roma di conseguenza ha disposto la formale acquisizione del rimanente carteggio, per un totale di settantanove scatoloni, incombenza alla quale ha provveduto nella serata dello stesso 21 novembre personale della DIGOS di Roma. Il giorno successivo 22 novembre la procura ha richiesto al Ministro dell'interno l'esibizione della documentazione concernente il rinvenimento di materiale documentale e concernente il trasferimento di questo materiale eccetera. Il 21 novembre, peraltro, a seguito di quell'ordine di acquisizione erano stati comunque sigillati i locali di pertinenza della Direzione centrale della Polizia di prevenzione in cui si trovano attualmente conservati i materiali già in circonvallazione Appia.

Questo è il modo in cui abbiamo proceduto. Non posso completare questo punto della mia esposizione senza ricordare, naturalmente, che in data 29 ottobre ho io stesso ritenuto di dover indirizzare una lettera al Presidente della Commissione stragi e ai Presidenti della Camera e del Senato, dando essenziale notizia di questo rinvenimento di materiale che poteva essere anche a prima vista ritenuto di interesse non solo pelle indagini dell'autorità giudiziaria - come abbiamo visto, più ai urla - ma anche per l'attività di quella Commissione parlamentare.

C'è un terzo punto, come ho detto, quello relativo ai problemi che solleva e agli aspetti sconcertanti che presenta la vicenda di questo materiale. Parto da una breve premessa, per intenderci anche sui termini che usiamo.

Per classificazione si intende, in particolare nel linguaggio archivistico della Direzione centrale della Polizia di prevenzione, un documento protocollato e inserito pienamente nel contesto di un archivio che poi, dal 1988, come dirò, è divenuto a pieno titolo un archivio informatizzato. Ove ci sia, come ci deve essere, questa classificazione, è possibile, in qualsiasi momento e a chiunque sia abilitato, verificare se un fascicolo o una nota siano presenti in archivio. Viceversa, una nota solo protocollata e non così classificata (quindi, in questo senso, il termine classificazione non ha nulla a che vedere con la riservatezza, con l'indicazione di materiale riservato, ma è soltanto un termine di archivio, anche se importante perché fa sorgere quegli interrogativi che voi già state cogliendo e che ulteriormente espliciterò) può essere individuata solo da chi personalmente l'abbia trattata, o da chi ne conosca oggetto e collocazione fisica. Sino al settembre 1988 in realtà le operazioni erano ancora manuali; da tale data venne avviato un progetto di informatizzazione dello schedario, con la previsione di inserire all'interno di un minielaboratore elettronico tutti i dati sino allora raccolti negli schedari e di memorizzarli nel sistema fornito dalla società Data point. I lavori si protrassero per un anno e mezzo, effettuati da personale della ditta assegnataria del progetto, sotto il controllo solo visivo di personale d'archivio. Attualmente è in vigore un sistema di protocollazione automatica, che prevede l'assegnazione di un codice di classifica alfanumerico da parte dell'archivista e di un numero progressivo assegnato dal sistema elettronico una volta inseriti tutti i dati necessari.

In realtà, quello che invece è stato accennato in ordine all'origine dì quel materiale documentale ha come connotazione fondamentale che si tratti in larga parte - non si è in grado in questo momento di dire quanta parte di quel che giaceva in quell'archivio di deposito - di fascicoli non classificati, elle a suo tempo erano stati ordinati in faldoni suddivisi per anno. Dal momento che ho usato anche più di una volta il termine "archivio di deposito", desidero precisare che i regolamenti e le direttive vigenti in materia archivistica comportano questa distinzione: documenti di recente formazione e di frequente consultazione, conservati nell'archivio corrente; atti non più in uso, non più oggetto di trattazione ordinaria, trasferiti all'archivio di deposito, normalmente ubicato in locali diversi da quelli dell'archivio corrente. Al principio di ogni anno gli atti del triennio precedente, relativi ad affari che si sono esauriti nel senso della trattazione ordinaria, vengono trasferiti cori l'identico ordine nell'archivio di deposito e successivamente sottoposti, secondo regole che adesso non sto ad indicare (ma su questo tema e su altri si potrà tornare) ad operazioni di scarto. I documenti che rivestono rilevanza anche sotto il profilo storico sono versati all'Archivio di Stato, e voi conoscete meglio di me le norme che regolano l'Archivio di Stato.

Un sistema di ordinazione e di protocollazione molto particolare, che non passava in sostanza per l'archivio centrale per questo tipo di materiale, si ritiene che si sia protratto fino al gennaio 1978. In epoca successiva al 1978 emerge che ad un ispettore, o responsabile di archivio (si tratta di appartenenti al ruolo esecutivo), era stato dato mandato di sistemare i fascicoli non classificati, provvedendo ad una loro eventuale catalogazione. Di fatto questo lavoro non venne svolto, si ritiene - ma queste sono soltanto interpretazioni - per la mole del materiale che si era venuto accumulando e per gli scarsi mezzi a disposizione, e quindi di conseguenza tutti questi faldoni sono stati accatastati in locali dell'archivio centrale, successivamente separandoli per entrare a far parte di un archivio di deposito, in stanze sotterranee dell'edificio del Viminale.

Ci sono stati poi sviluppi nel corso del 1993, un duplice sviluppo che devo indicare perché ci porta assai vicino al cuore delle Questioni. Si tratta del fatto che nella primavera del 1993, per essere più precisi tra il gennaio e il maggio del 1993, personale dell'Archivio di Stato provvide di iniziativa ad effettuare un censimento sul carteggio depositato negli archivi di deposito del Ministero dell'interno, compresi quelli del Dipartimento della pubblica sicurezza. e più precisamente della Direzione centrale della polizia di prevenzione. L'Archivio di Stato decise di procedere a questo censimento in vista di eventuali acquisizioni o versamenti di documentazione avente valore storico. Uno staff di dipendenti dell'Archivio di Stato, coordinato dalla ricercatrice, dottoressa Giovanna Tosatti, accedette dunque anche alle stanze di pertinenza della Direzione centrale della Polizia di prevenzione, in cui era stato accantonato questo materiale. Il personale dell'Archivio di Stato si avvalse della collaborazione della società privata Acta, affidataria del progetto di revisione disposto a quel tempo dall'Archivio di Stato per tutta l'amministrazione centrale. Quello che però qui va messo in evidenza è che la società a cui l'Archivio di Stato diede questo incarico curò solo una sommaria catalogazione, basandosi essenzialmente sulle diciture visibili esternamente ai faldoni ed agli scaffali, diciture di cui sì è poi già avuta notizia. lo cerco di mantenere il massimo di scrupolo e di riservatezza per rispetto dell'autorità giudiziaria, ma posso dire di faldoni con la dicitura "Attentati - anno 19 ... ". Non venne cioè individuato, come sarebbe stato naturale in una vera e propria catalogazione, lo specifico contenuto dei singoli fascicoli oggetto dell'esame.

Nell'ottobre 1993 la Direzione impianti tecnici e telecomunicazioni, come risulta da corrispondenza conservata in atti del Ministero, richiese l'immediata disponibilità di alcune stanze sotterranee, in cui era conservato questo materiale per poter impiantare una nuova centrale telefonica.

Pertanto nell'ottobre del 1993 tutto questo carteggio fu trasferito nel magazzino, diventato poi archivio di deposito, in via circonvallazione Appia n. 132.

Questa è stata dunque la vicenda dei fascicoli. Saltano agli occhi alcune questioni che credo di avere il dovere di mettere in luce e cioè quelli che ho definito aspetti sconcertanti. Intanto che sia rimasta solo sommaria la catalogazione a suo tempo effettuata; che siano stati conservati in deposito, come materia fuori trattazione ordinaria, una massa di fascicoli non classificati come prima ho spiegato e quindi noti individuabili e consultabili attraverso l'archivio informatizzato, al punto che il perito incaricato dal giudice istruttore Salvini ha potuto soltanto trovare traccia di materiale regolarmente archiviato e messo a stia disposizione e, non essendo invece riscontrabile il fascicolo di suo particolare interesse nell'archivio informatizzato, si è dovuto procedere a ricerche manuali e visive. Ovviamente tutto il materiale, anche quello poi collocato nell'archivio di deposito, avrebbe dovuto essere ordinato e classificato e reso sempre consultabile in caso di necessità, per chi fosse abilitato a consultare l'archivio elettronico.

Infine, un altro elemento sconcertante è il trasferimento di questo materiale in una struttura assolutamente non idonea. La descrizione che ho fatto sulla base del sopralluogo dello stesso Capo della polizia indica che non erano locali adatti a custodire in buone condizioni materiale così disordinatamente accatastato, già degradato dal punto di vista della. sistemazione. A ciò si è aggiunto quindi il rischio anche di un degrado materiale.

Tali aspetti sconcertanti e i problemi che ne nascono dobbiamo affrontarli nella misura del ricostruibile, pur essendoci stati avvicendamenti importanti soprattutto due anni fa circa nelle massime responsabilità della Direzione del Dipartimento della pubblica sicurezza e Direzione centrale della Polizia di prevenzione, ma cercando di comprendere come si sono potuti produrre questi fatti e comportamenti non giustificabili.

Voglio qui ribadire una piena volontà di collaborazione e, aggiungo, a qualsivoglia responsabilità si possa risalire. Non è intendimento del Governo e mio personale farmi trattenere da preoccupazioni di questa o consimile natura. Inoltre ribadisco la collaborazione con questa Commissione, oltre a quella già intensamente in atto con l'autorità giudiziaria, e con il Parlamento. Il presidente Pellegrino ha accennato ad un. contatto stabilito con il Comitato per i servizi che si è rivolto anche esso a me personalmente; stiamo esaminando la questione perché, come ho avuto modo di far presente per iscritto, rispetto ai servizi di informazione e sicurezza su cui è impegnato l'attuale Comitato ai sensi della legge n. 801, si tratta di un materiale appartenente ad un'epoca precedente, quando cioè gli stessi servizi non erano stati istituiti, né era stato istituito il Comitato parlamentare di controllo dell'attività dei Servizi SISDE e SISMI. In ogni caso, qualsiasi forma di collaborazione utile e motivata anche con tale Comitato parlamentare sarà avviata e probabilmente tra i diversi organismi parlamentari interessati dovrà intervenire una qualche forma di distinzione e cooperazione. D'altronde non a- caso ho ritenuto di dover indirizzare il 29 ottobre scorso una lettera di informazione ai Presidenti delle due Camere e non solo al Presidente della Commissione stragi affinché valutassero essi stessi se anche altri organismi parlamentari debbano essere associati ad ogni possibile verifica. Ho terminato e mi scuso per l'ampiezza dell'esposizione.

PRESIDENTE. Ringrazio il Ministro per questa ampia esposizione che risponde a molti quesiti che avevo in animo di rivolgere. Prima di dare la parola ai colleghi vorrei un chiarimento. Il fatto che questo materiale fosse protocollato ma non classificato esclude o meno che una parte di esso sia stato nel tempo portato a conoscenza delle varie autorità giudiziarie ordinarie che hanno indagato su diversi episodi a cui quel materiale può far riferimento? E cioè: inviare all'autorità giudiziaria un documento ne importa automaticamente la classificazione? O può darsi che una parte di questi documenti, magari in copia, si trovi in archivi giudiziari?

MASONE. La classificazione è indispensabile per ritrovare un fascicolo, sia per quanto riguarda archivi tradizionali, sia per quanto riguarda quelli informatizzati. Se ad un fascicolo non corrisponde uno schedario in cui si rinvia proprio a quel fascicolo, questo non esiste. La sola protocollazione non consente assolutamente di reperire il fascicolo.

NAPOLITANO. Mi sembra che il quesito fosse se la sola protocollazione può avere a suo tempo consentito la trasmissione all'autorità giudiziaria.

MASONE. Più che di trasmissione del fascicolo protocollato, sono sicuro che in questi fascicoli troveremo della corrispondenza con l'autorità giudiziaria, di tipo informale. Esiste dunque un fascicolo formale e cioè classificato, rintracciabile e così via; il resto viene conservato in questi fascicoli per il lavoro giornaliero, di routine, specialmente in determinate occasioni, quando esiste, ad esempio, un caso particolarmente grave.

NAPOLITANO. In sostanza quindi non si è in grado di dire se una parte di questo materiale era stato già precedentemente visionato dall'autorità giudiziaria in fasi precedenti.

MASONE. Non lo so, ma non credo che sia un materiale già visto dall'autorità giudiziaria. Il reperto trovato che ha fatto scattare l'allarme e cioè i frammenti di un sistema di orologio, non si sa se sia stato visionato dall'autorità giudiziaria competente e poi sia stato trasmesso. Ciò deve essere accertato. Certamente non è stato più restituito, creando un doppio disservizio.

PRESIDENTE. Volevo porre un'altra domanda. Ho apprezzato l'impegno dell'amministrazione a dare una piena collaborazione non solo all'autorità giudiziaria ma anche alla Commissione. Nella scorsa legislatura - il prefetto Masone lo ricorderà - ebbi lunghi contatti che avviai dapprima con il ministro Maroni e poi con il ministro Brancaccio, che portarono ad una serie di richieste di documentazione mirata da parte nostra.

Basterebbe scorrere l'indice di quella richiesta per rendersi conto del fondamento oggettivo di una cosa che spesso ho avuto occasione di dire anche a questa Commissione, cioè che il quadro di insieme di quello che e avvenuto nel Paese in quegli anni è già abbastanza chiaro e il lavoro che stiamo svolgendo è quello di ricercare tessere in un mosaico complessivo.

Tuttavia, nel luglio 1995 abbiamo avuto una risposta del ministro Coronas sostanzialmente interlocutoria in cui si faceva presente la difficoltà che l'amministrazione incontrava nel ritrovare una parte almeno della documentazione che noi avevamo richiesto. Può dipendere questo anche dal fatto che i tratta di documentazione non classificata e che una parte di quelle carte che cercavamo stia in questo archivio-deposito?

MASONE. Può darsi. Non credo comunque che sia stato detto che c'era difficoltà a rintracciare i fascicoli in quella occasione, perché il fascicolo o è classificato o no.

PRESIDENTE. Si diceva che non erano stati rintracciati presso l'archivio del Ministero e si erano diramate una serie di ricerche presso le prefetture, i comandi dei vigili del fuoco e altre autorità periferiche.

MASONE. Ed è questo che stiamo avendo come risposta (perché il lavoro continua): hanno risposto circa sessanta prefetture (non ho il conto esatto perché non rientra fra gli argomenti della trattazione odierna). Ad ogni modo, stiamo lavorando su quel materiale per dare alla Commissione le risposte al più presto. I fascicoli sono stati richiesti integralmente e per ciascuno di essi, anche se c'è una sola lettera che ha il carattere della riservatezza, dobbiamo chiedere all'ente originatore se si può declassificare, se sì può esibire.

PRESIDENTE. Questo è un profilo che affrontai a lungo con Brancaccio: alla fine pensavo dì averlo convinto che rispetto a questo organo parlamentare che è dotato dei poteri dell'autorità giudiziaria ordinaria, non esiste uno schermo di riservatezza: salvo problemi interni dell'amministrazione, che dica: "li stiamo dando così come li trasmetteremmo ad un giudice". La preghiera che farei quindi al Ministro e al Capo della polizia è che, sia pure parzialmente, quelle richieste vengano evase. Può essere addirittura utile che il materiale non arrivi tutto insieme, perché nel frattempo cominceremmo a studiarlo.

MASONE. Già da domani, se il Ministro autorizza - ma senz'altro, perché le direttive che ho sono le sue - trasmetterò tutto il materiale che è giunto.

PRESIDENTE. Prima di dare la parola ai colleghi, come ho detto nella prima riunione della Commissione, vi invito a cercare di fare domande, non interventi che nel loro svolgimento già prefigurano una possibile risposta, che ho sempre pensato essere un modo sbagliato di porre domande. La domanda deve essere il più possibile secca.

MANCA, Prima ancora di fare la domanda secca, onestamente vorrei unirmi a quanto detto da lei, Presidente. nei riguardi del signor Ministro per la completa disponibilità mostrata e per la grande attenzione manifestata verso la Commissione e quindi verso noi commissari.

Credo che in definitiva il problema si riduca a due aspetti. Anzitutto conoscere il contenuto di questo materiale e sapere perché, quando e come parte di esso è stata classificata., mentre altra parte non lo è stata. Relativamente a questo aspetto, già in questi giorni, si è provveduto ad elencare i nominativi delle persone che comunque nel tempo sono state protagoniste dell'operazione? Cioè, chi e alla presenza di chi ha deciso: "questo materiale è da classificare e questo no"? Perché, in definitiva, sapendo chi era presente alla operazione sì può risalire ai motivi del perché, del come e del quando.

PELLICINI. Signor Presidente, lei chiede domande: io ringrazio il Ministro e il Capo della polizia per la chiarezza dell'esposizione, ma qui forse domande da porre in argomento non ce ne sono. Nel senso che è chiarissimo quello che è successo. Sono molto meno chiare le ragioni del perché è successo. Quindi una domanda in più al Ministro credo che farebbe torto alla sua relazione assolutamente precisa. A questo punto, non faccio domande, desidero avanzare richieste concernenti la Commissione.

La prima preoccupazione è di ordine sistematico-giudiziario. Siamo, di fronte a due sequestri, uno di Milano e un altro della procura di Roma: io faccio l'avvocato, come molti di voi, e credo che la cosa comincia ad essere preoccupante.

La seconda questione che a mio avviso si deve porre è sistematica: dobbiamo acquisire tutti gli atti, attraverso una richiesta alla magistratura (si parlava di chiedere a Borrelli) oppure attraverso una indagine mirata. Se procediamo attraverso una indagine mirata andremmo a chiedere riscontri di cose che in parte si presume già si sappiano. Secondo me, di fronte a questa situazione, oltre ad individuare le responsabilità e le ragioni per cui tutto è capitato, dobbiamo acquisire il contenuto degli interi fascicoli: altrimenti, fare una indagine mirata sul presupposto - come diceva lei - che il quadro è già chiaro. Per cui chiediamo i riscontri, secondo me significherebbe ridurre l'azione della Commissione. Bisogna vedere invece se i riscontri che si vanno a cercare possono modificare quello che è capitato. Ne ci si venga a dire che sono tanti, perché dal 1968 sono passati ben ventotto anni; se ne passano un altro paio non credo che la Repubblica, prima o seconda che sia, se ne possa dolere.

Un'altra questione. L'altra volta si è trattato, diffusamente, e con una precisione di cui do atto, dei metodo di collaborazione (speriamo) con la magistratura di Milano o di Roma in ordine alla catalogazione, cernita e lettura di questi atti e si è fatto riferimento al Comitato sui servizi di informazione e a questa Commissione come i due organismi che dovrebbero procedere a tale lavoro collaterale a quello della magistratura: a questo punto secondo me è legittima la richiesta dell'opposizione che questi due enti siano composti in un modo paritetico tra maggioranza e minoranza.

PRESIDENTE. Visto che le domande sono rivolte piuttosto al Presidente della Commissione, il Ministro mi consentirà di rispondere. Sul primo profilo, non solo come Presidente della Commissione ma anche come cittadino, mi auguro che fra le varie autorità giudiziarie interessate nasca una intesa su come debba essere studiato ed utilizzato questo materiale. Le vicende di cui noi ci occupiamo fondano un debito di gratitudine del popolo italiano rispetto all’azione di alcuni magistrati.

Non c'è dubbio, però, che il girare come trottole dei processi per tutta l'Italia ed una serie di disfunzioni tra le varie autorità giudiziarie sono tra le cause che hanno reso difficile l'accertamento delle responsabilità quanto alle stragi. Questo sarebbe il momento in cui sarebbero opportuni un maggior coordinamento ed una maggiore intesa tra le diverse autorità giudiziarie e tra queste e gli organi parlamentari.

Per quanto riguarda la sua seconda richiesta, non posso che darle una risposta positiva. Se effettueremo questa visita e prenderemo i contatti con la magistratura, non potrà che accadere quanto da lei richiesto. Già i Presidenti dei due organi parlamentari appartengono a schieramenti diversi, e quindi nello scegliere i due membri della Commissione e del Comitato di controllo sui Servizi cercheremo sicuramente di garantire un equilibrio poiché questo è un tema sul quale l'interesse è oggettivo ed istituzionale. Per tale motivo trovo la sua richiesta giusta e comprensibile. Del resto con il presidente Frattini siamo già d’accordo su questo.

FRAGALA’. Signor Ministro, anche io ritengo di dover rivolgere a lei ed al Capo della polizia un ringraziamento per essere intervenuti qui oggi ad illustrare questi fatti.

Debbo dire sin d'ora che la mia richiesta di ascoltare in Commissione lei ed il Capo della polizia dovrà trovare completamento nell'audizione degli altri Ministri dell'interno che di questi fatti sono stati, almeno sul piano politico, diretti responsabili. Lei infatti ha assunto questa carica solo da pochi mesi ed io credo che i suoi predecessori, quelli nel periodo della cui responsabilità politica le stragi, la strategia della tensione ed i gravissimi avvenimenti sui quali non si è fatta ancora luce si sono potuti verificare, possano essere chiamati dinanzi a questa Commissione ed al Parlamento per rendere informazioni molto più complete in riferimento al periodo dei fatti.

Lei, signor Ministro, è stato alto esponente dell'opposizione per moltissimi anni in questo Paese e quindi condividerà con me, che sono oggi membro dell'opposizione, il giudizio che il tema dei cassetti da svuotare al Ministero dell'interno è da sempre un tema politico. Lei ha sempre propugnato e portato avanti questa tesi, condivisa anche da tutti coloro che hanno sempre ritenuto che quel crocevia di fatti che lei ha definito con un elegante eufemismo "sconcertanti", ma che io definirci devastanti per la democrazia in Italia...

NAPOLITANO. Ho definito sconcertanti soltanto i fatti recenti. Per gli altri posso usare questo e ben altri termini.

FRAGALA’. Quindi lei può comprendere il mio ragionamento. Anche perché, certi fatti sfuggono, alla fine, agli schemi e alle pregiudiziali ideologiche. Debbo dare atto che l'attività del giudice Salvini è stata enormemente efficace e che i fatti da lui accertati a conclusione di alcune indagini non hanno avuto alcun tipo di coloritura ideologica. Lei stesso ha ricordato bene che il giudice Salvini si occupa dal 1980 dell'eversione di destra; ma il suo più grande processo è stata l'istruttoria per il barbaro assassinio di un militante del movimento sociale italiano di Milano, Gìovanni Ramelli, istruttoria nella quale giunse alla scoperta degli assassini, appartenenti alla estrema sinistra: è stato proprio il giudice Salvini a consentire, dopo tantissimi anni, l’accertamento di questa importante verità ed a far sì che la giustizia divenisse un valore condiviso da tutti nei confronti delle vittime.

Le pongo ora alcune domande sintetiche una considerazione generale, perché credo che lei sia e debba essere l'interlocutore utile a superare quello che lei stesso ha definito un "senso di continuità" dello Stato e dell'amministrazione statale, ma che io definirei invece un malcompreso senso di "patriottismo di istituzione" che, in Italia alla fine ha provocato questi quarant'anni di avvenimenti tragici di cui ancora ci affanniamo a conoscere la verità, anche se ormai delle tracce molto chiare sono emerse.

Innanzitutto desidero partire da una sua considerazione. Prima facie, lei ed il Capo della polizia avete notato che una importantissima - al punto dì vita materiale – mole di documenti della Direzione della Polizia di prevenzione era accatastata in modo assolutamente degradante e degradato nell'archivio di deposito della circonvallazione Appia. Le condizioni in cui questa documentazione cartaccia veniva conservata, come lei ha detto, ne rendevano addirittura problematica la sopravvivenza materiale, anche per l'ingresso di agenti atmosferici. Lei ha pure detto che questo materiale e l'intero deposito avevano un servizio di guardia diurna e notturna. Allora la contraddizione e parente ed evidente: come può un Archivio centrale della polizia dì State) spendere denaro del contribuente per un servizio di guardia - è il caso di dire - ad un bidone vuoto di benzina, quando all'interno il materiale guardato a. vista dagli agenti è conservato in un ambiente assolutamente inidoneo? E che la situazione fosse questa è apparso evidente prima facie: non c'è stato bisogno del perito per capirlo; potevano capirlo anche le centinaia di funzionari che in tutti questi anni hanno visitato quel deposito che quel materiale era non soltanto enorme dal punto di vista cartaceo e quantitativo, ma era anche degradato.

Anche se l'Italia è il paese dei paradossi, non penso che questa situazione possa essere sfuggita a chi aveva il dovere (immagino esista un responsabile di questo archivio) di custodire documenti così importanti della Direzione della Polizia di prevenzione. Non possono essersene accorti soltanto perché è intervenuto il perito di un giudice istruttore che, grazie ad un decreto annualmente rinnovato dal Parlamento, continua a fare questo tipo di lavoro. Perché, se non fosse intervenuto il perito del giudice istruttore, non c'è dubbio che questa condizione di degrado, di fatiscenza - anche se guardata a vista da agenti armati - sarebbe continuata per chissà quanto tempo.

Questa è una prima domanda, che credo provochi non soltanto una risposta da parte sua e del Capo della polizia ma anche dei provvedimenti.

Inoltre, se è bastato disporre una perizia per scoprire un archivio di ben centocinquantamila fascicoli, come sostiene la stampa, c'è da chiedersi perché il Ministro ed il Capo della polizia non dispongano subito altre perizie al fine di stabilire quanti altri archivi dimenticati, degradati ed occultati siano ancora recuperabili nell'ambito del Viminale.

Vorrei poi che venissero precisate le circostanze in cui il giudice Salvini dispose la perizia. Mi sembra un aspetto importante, sempre che il Ministro ne sia a conoscenza. Ad ogni modo chiederò una ulteriore audizione del giudice Salvini, che già ci ha fatto la cortesia l'anno scorso di venire in questa Commissione. Infatti credo che il meccanismo investigativo determinato dal giudice Salvini nell'ordinare la perizia, ne dare al perito tutta una serie di quesiti che hanno consentito di pervenire al casuale ritrovamento di un'immensa montagna di documenti, possa essere utilizzato per andare a trovare dei documenti che, signor Ministro, il Presidente della Commissione ha richiesto da tempo, in modo particolare per quanto riguarda la strage di Ustica e quelle di Bologna e di Brescia. La vicenda relativa alla strage di Brescia è più che mai menzionata e, peraltro, in modo assai inquietante. Ebbene, signor Ministro, credo sia utile conoscere quali siano le circostanze in base alle quali è stata disposta la perizia e quali siano stati i sistemi di indagine che hanno portato a questo importante risultato.

A mio avviso, il Ministero dell'interno dovrebbe conoscere i criteri seguiti dal perito del dottor Salvini. Infatti, sarebbe utile che il Presidente della Commissione stragi potesse disporre l'acquisizione di tale perizia, onde consentire l'accertamento delle responsabilità nell'ambito del Ministero. Il ministro Napolitano, senza troppi veli, ha naturalmente spiegato che è stato lo stesso meccanismo che ha consentito che alcuni documenti protocollati non venissero catalogati a far sì che, intenzionalmente, soltanto qualcuno detenesse il patrimonio di conoscenza contenuto in questi documenti, mentre tutti gli altri non lo detenevano. Per accertare la responsabilità di questo qualcuno (che immagino sia ancora ignoto, altrimenti il Ministro avrebbe certamente esplicitato in questo una iniziativa obbligatoria nei confronti dell'autorità giudiziaria), credo che l'acquisizione della perizia possa essere utile per individuare il modo con il quale attribuire un'identità a chi ha ritenuto di poter occultare, nel meccanismo del cervello elettronico, la classificazione di questi importanti documenti.

Signor Ministro, se la consistenza dell'archivio è costituita da circa centocinquantamila fascicoli relativi al periodo 1948-1975, è chiaro che questi fascicoli non si riferiscono soltanto al merito dell'indagine della dottoressa Pradella, svolta con il nuovo rito, o a quella del dottor Salvini, effettuata in base al vecchio rito (mi riferisco alla strage di piazza Fontana), ma si riferiscono evidentemente a tutti gli altri avvenimenti che interessano questa Commissione, dal punto di vista delle stragi sulle quali ancora non si è fatta verità, o si è fatta verità in maniera parziale o, addirittura, si è caduti nel depistaggio e sono stati condannati degli innocenti, a mio sommesso avviso, come nel caso della strage di Bologna o, ancora, sono stati assolti dei colpevoli, come è avvenuto invece per altre stragi. Ebbene, signor Ministro, io chiedo se altre autorità giudiziarie, interessate ad altre vicende riguardanti le stragi o la strategia della tensione, abbiano richiesto la disponibilità di quella parte dei faldoni, degli scatoloni, dei documenti o dei fascicoli relativi ad altre questioni o, comunque, se il Ministro abbia ritenuto - per le parli riguardanti inchieste ed investigazioni dell'autorità giudiziaria ancora aperte - di inviare questi atti alla stessa autorità giudiziaria.

Desidero infine sapere quali sono le misure che il ministro Napolitano ha disposto per accertare le ragioni dell'incomprensibile decentramento - avvenuto nei modi sconcertanti da lei indicati - di questa parte importante dell'archivio del Viminale. In secondo luogo, vorrei sapere se lei, onorevole Ministro, ha garantito, con opportuni provvedimenti, che ogni eventuale modifica della consistenza dell'archivio in questione, sia nel periodo recente sia in quello meno recente, sia rilevabile con certezza. A mio avviso, è importante sapere se questi documenti, al di là della guardia armata davanti alla porta...

NAPOLITANO. Onorevole Fragalà, credevo lei facesse riferimento all'archivio informatizzato.

FRAGALA’. No, mi riferisco all'archivio di deposito, in quanto vorrei sapere se è possibile rilevare con esattezza una eventuale modifica della consistenza dell'archivio attraverso una indagine, una perizia ed un accertamento da parte del Ministero, dalla quale si possa evincere se negli anni passati, in quelli più recenti, o negli ultimi mesi, la consistenza dell'archivio ha avuto delle modificazioni.

Vorrei poi sapere, richiamandomi alla domanda precedente, se il Ministro ha assunto opportuni ed efficaci provvedimenti per stabilire se esistano altri depositi di documenti analoghi. Desidero infine sapere se il Ministero dell'interno ha svolto un'opportuna analisi per capire se il componente dell'ordigno ritrovato, di cui ci ha parlato il capo della polizia, prefetto Masone (cioè quella parte di un orologio, che non è un orologio da polso, ma una parte di un ordigno) appartenga o meno ad un reperto giudiziario. Questo è uno dei problemi che intendo sollevare.

Mi riservo poi di rivolgere successivamente alcune domande al Presidente.

GUALTIERI. Considerato il numero elevato di domande rivolte al Ministro dell'interno, sarebbe opportuno, a mio avviso, consentirgli di dare immediatamente queste prime risposte.

PRESIDENTE. Do quindi la parola al ministro dell'interno, onorevole Napolitano.

NAPOLITANO. Signor Presidente, le domande che mi sono state rivolte dovrebbero essere complessivamente sette, includendovi i quesiti posti dall'onorevole Manca. Ad una di queste domande pregherò poi il capo della polizia, Masone, di dare risposta.

Il senatore Manca, in realtà, ha posto delle domande che sono oggetto di indagine anche da parte dei Ministro. Perché, quando e come una parte del materiale, fuori trattazione ordinaria, sia stata collocata in archivio di deposito, ma non sia stata classificata: è questo l'aspetto che ho messo in evidenza, che continuo, per il momento, a definire sconcertante e sul quale conto di poter ricevere io stesso delle risposte, anche se lei, onorevole Manca, si rende conto che non sarà semplice. Infatti. tutto questo materiale, che adesso non è nella disponibilità del Ministero dell'interno, ma in quella dell'autorità giudiziaria, dovrà essere opportunamente selezionato. Si tratterà infatti di vedere dietro le sigle e i titoli che cosa vi era realmente e quale era il vero contenuto di quei fascicoli.

Seconda questione e ulteriore sviluppo del primo oggetto di indagine: chi ha deciso, e quali responsabilità anche personali possono individuarsi per questa decisione di classificare solo una parte e non tutto il materiale che veniva via via fatto affluire nell'archivio di deposito. La questione non sorge infatti nel 1993, quando si trasferisce in 0a della circonvallazione Appia il materiale, ma quando viene trasferito dall'archivio ordinario all'archivio di deposito. Il materiale viene conservato (se avesse formato oggetto di operazioni di scarto non ci sarebbe stato più), tuttavia esso non viene classificato. Tutte le ipotesi sono lecite, dalle più apparentemente banali (disattenzione, sciatteria) alle più inquietanti o devastanti.

Ringrazio il senatore Pellicini per i suoi apprezzamenti, come ringrazio tutti quanti gli altri parlamentari. Mi pare però che le sue domande si rivolgessero al Presidente della Commissione.

Onorevole Fragalà, il tema dei cassetti da svuotare può essere così riassunto: se fosse semplicemente un affare di cassetti non ci sarebbero difficoltà; qui mi pare che siamo di fronte a ben altro che a "cassetti" o "armadi". L'espressione appartiene ad una certa mitologia, se si vuole, delle opposizioni, anche se c'era un nocciolo consistente dietro certe preoccupazioni; qui però si tratta di qualcosa di enormemente complicato e consistente. Grandissima parte della documentazione presso il Ministero si trova nell'archivio informatizzato (e una percentuale schiacciante) e si può consultare. Tuttavia penso che compito essenziale del Ministro non sia compiere ricostruzioni storiche ma fare politica nell'attualità e rendersi pienamente disponibile ed impegnato per ogni ricostruzione di vicende del passato che venga promossa sia dal Parlamento sia dall'autorità giudiziaria per fini di verità e di giustizia. Quindi condivido anche che non ci si debba in alcun modo far condizionare da un malinteso senso di continuità, di tutela, di patriottismo. Penso che possiamo rendere il massimo servizio allo Stato e all'amministrazione dell'interno portando fino in fondo le operazioni di trasparenza: su questo c'è il mio personale e ribadito impegno.

La prima questione che lei giustamente ha presentato come un paradosso riguarda il servizio di guardia: su questo prego anche il Capo della polizia di dire ulteriormente; in realtà questo servizio costituiva anche un costo. In ogni caso non si custodiva un bidone vuoto ma pieno, anche se in condizioni tali da vedere deteriorato il suo contenuto. Chiaro che c'è qualcosa che non funziona.

Non so davvero se fosse visitato: lei ha parlato di centinaia di funzionari che hanno visitato il deposito. Non so se fosse soltanto custodito dall'esterno con regolare chiusura, con un lucchetto. Comunque si tratta di materiale abbandonato e rimosso, non solo non in trattazione ordinaria e normalmente non frequentato, ma totalmente lasciato lì anche con il rischio che una parte di esso marcisse: questo è il punto più grave. Lei mi chiedeva anche quali altri archivi abbandonati ci sono al Viminale: questa è un'indagine che senza dubbio va condotta e sulla quale mi riservo, se interessa alla Commissione (il Presidente giudicherà quali sono i confini dì interesse della Commissione) di dare ogni ragguaglio non appena sarò in grado di farlo con la necessaria serietà.

PRESIDENTE. Quella risposta interlocutoria di Coronas apre effettivamente un orizzonte ulteriore: che materiale di questo tipo possa trovarsi addirittura presso autorità periferiche. Quindi sarebbe opportuno un controllo.

NAPOLITANO. Questo è un discorso ulteriore e non c'è dubbio che sarà fatto. Vedevo l'elenco dei materiali che la Commissione aveva richiesto e che talvolta si riferiva a realtà molto localizzate, organizzate e ubicate in periferia: può anche darsi che quei materiali non siano stati tutti centralizzati nell'archivio del Ministero. Su questo il dottor Masone potrà essere più preciso.

Le circostanze in cui il giudice istruttore dispose la perizia le ho richiamate, per quello che mi consta. L'ufficio istruzione di Milano nomina un perito nel febbraio del 1996, il quale si rivolse a vari enti tra cui il Ministero degli affari esteri, lo Stato maggiore della difesa oltre che la Direzione centrale della polizia di prevenzione, richiedendo documenti riguardanti filoni di ricerca. t stato così che a mano a mano...

PRESIDENTE. In realtà il febbraio del 1996 coincide con la data in cui quel perito smette di operare per la nostra Commissione: quindi egli ha proseguito presso l'autorità giudiziaria, magari con ulteriori precisazioni, un tipo di ricerca che stava già effettuando per noi.

GUALTIERI. Il professor Giannuli faceva per noi il consulente e non il perito.

NAPOLITANO. Mi compiaccio di questa continuità ideale tra le due funzioni.

Come dicevo, a mano a mano che egli acquisiva le risultanze (assai numerose) della ricerca, specificamente dall'archivio informatizzato della Direzione centrale della Polizia di prevenzione, trovava riferimenti ad altri documenti. E fu proprio perché ad uno di questi documenti non trovò riscontro nell'archivio informatizzato che sollecitò qualsiasi ulteriore indagine, che a quel punto non poteva che essere visiva e manuale, dì persona che avesse memoria di quel fascicolo o di quel tipo di documentazione e che andasse a compiere sopralluoghi laddove poteva essere stato abbandonato, custodito, conservato (usiamo il termine che più ci piace) il materiale. In effetti è stato il personale stesso della Direzione centrale della Polizia di prevenzione che ha condotto questa ricerca anche nell'archivio deposito di via della circonvallazione Appia.

In quanto ai fascicoli, la Direzione generale della pubblica sicurezza mi rappresenta la difficoltà di quantificare il materiale proprio per le circostanze che si sono accavallate, e cioè l'acquisizione e la sottrazione ad un tentativo di catalogazione ed enumerazione da parte della Direzione centrale della Polizia di prevenzione e in generale del Ministero del materiale stesso. Il dato di centocinquantamila fascicoli riportato dalla stampa non credo che allo stato attuale possa trovare preciso riscontro. A giudicare dalle diciture apposte all'esterno dei faldoni, da quanto ho potuto comprendere non si andrebbe oltre il 1977-1978 (quindi un po' più in qua della data indicata del 1985). Naturalmente quando si parla dì attentati e poi si indicano gli anni 1972, 1973 e 1969, può darsi che i contenuti di quei fascicoli riguardino anche altre vicende o eventi catastrofici - lei prima citava Ustica, onorevole Fragalà - oppure altri atti delittuosi, ma in questo momento è impossibile dire di più.

Credo che dirà qualcosa di più soltanto l'autorità giudiziaria o chi sarà, d'accordo con l'autorità giudiziaria, in grado di visionare.

La verifica circa eventuali modificazioni nell'archivio fa parte di una indagine da condurre, sapendo quanto ciò possa risultare non facile, ovviamente. infatti, chi ha fatto modifìcazioni arbitrarie, parliamoci chiaro, ha violato la legge e quindi non si tratta solo dì trovare persone che dicano di aver modificato perché gli era sembrato opportuno farlo ma si tratta di ricostruire se ci siano state modificazioni. Ma per far ciò, bisognerebbe che ci fossero delle falle che via via risultassero evidenti. In questo momento, non sono in grado di dire nulla di più. L'analisi, dell'ordigno, dal momento in cui si è ritrovato ed è stata data immediata notizia all'autorità giudiziaria, non appartiene alla nostra responsabilità.

Prego il dottor Masone di integrare la mia esposizione.

MASONE. Signor Ministro, vorrei aggiungere solo due brevi considerazioni. In circonvallazione Appia 132 ci sono anche i magazzini Veca, cioè i magazzini vestiario e casermaggio dell'amministrazione. Il servizio di guardia era quindi finalizzato al complesso nella sua interezza e non finalizzato alla custodia dei documenti. Il servizio è stato rafforzato quando ci siamo resi conto di una cosa che non sapevamo, cioè che c'erano quei documenti.

Quei documenti, comunque, sono stati trasportati, anche se male, da una ditta privata che ha messo gli oggetti in maniera disordinata. Infatti, quando è venuto l'Archivio di Stato - e non dimentichiamo che tutti gli archivi sono censiti dall'Archivio di Stato - ha compiuto un censimento sommario ed ha elencato questi fascicoli che non erano accatastati ma che erano sistemati in un certo ordine - non giurerei sull'ordine preciso, ma comunque un ordine c'era - al Viminale. L'archivio di Stato ci ha consegnato i tabulati riguardanti questi fascicoli, che sono a disposizione dell'autorità giudiziaria, anche se materialmente ancora non le sono stati consegnati.

Su altre considerazioni mi sembra che abbia risposto il signor Ministro e non mi sembra che ci sia altro da aggiungere.

NAPOLITANO. C'erano molti funzionari che visitavano questo deposito, che si recavano lì per visionarlo, che avrebbero potuto constatarne lo stato di degrado e denunciarlo?

MASONE. Questo, signor Ministro, non posso dirlo.

NAPOLITANO. Essendo un archivio di deposito, è poco probabile.

MASONE. Tranne che non ci sia stato qualche archivista che fosse a conoscenza materialmente del fatto, ma in maniera empirica, si tratta di un carteggio che non esiste per l'archivio. Si è pervenuti al rinvenimento soltanto perché il perito Giannuli ha fatto una ricerca.

PRESIDENTE. Quando lei ha assunto la funzione di Capo della polizia, non le è stato riferito da nessuno, né dal suo predecessore né da altri funzionari, che in questo luogo nella circonvallazione Appia oltre ai vestiti si custodivano carte?

MASONE. Assolutamente non mi è stato riferito, ma comunque non è previsto un passaggio di consegne in questo senso tra i capi della polizia. Non esiste proprio, al massimo c'è la previsione, per quanto riguarda il passaggio di consegne....

GRIMALDI. Sarebbe strano il contrario.

MASONE. Io sto riferendo i fatti. Quando si fanno le consegne, al massimo si riferisce sui lavori in corso, sulle direttive date dal Ministro per determinati casi, su particolari argomenti. Non esiste assolutamente, né è previsto un passaggio di consegne che riguardi l'archivio. D'altra parte, se questa dovesse essere una regola, dovrei fare l'archivista per una vita, dovrei continuare tutta la vita a visionare fascicolo per fascicolo.

Per quanto mi è possibile, vorrei rispondere all'onorevole Fragalà, ricordando che i fascicoli che sono in deposito al Vìminale, come tutti i fascicoli, pesano e sono situati o al piano terreno o al sotterraneo. Signor Ministro, non ho fatto in tempo a dirglielo, ma il presidente della commissione preposta allo scarto mi riferiva oggi che presso l'Archivio di Stato c'è l'elencazione di tutti gli archivi che sono presso di noi, addirittura con il loro metraggio e con la loro ubicazione. à una affermazione che va accertata, così come vanno accertate eventuali altre anomalie del genere, ma una cosa è certa. Neanche per un momento noi abbiamo pensato di omettere o di non denunciare un fatto del genere. Queste cose sono state immediatamente denunciate; che Giannuli fosse al Ministero da sette o otto mesi lo sapevano tutti gli addetti ai lavori della Direzione centrale per la Polizia di prevenzione, sapevano che l'argomento che interessava era quello dell'archivio; se non ci fosse stata questa strettissima collaborazione, con la volontà dì riuscire - questo potrà essere chiarito anche dal dottor Salvini o dai magistrati della procura di Milano - certamente i fascicoli non sarebbero stati trovati perché nel nostro archivio centralizzato non c'erano tracce di ciò.

PRESIDENTE. Desidero darle atto che il dottor Salvini mi ha detto personalmente, ma comunque lo sì ricava dal suo comportamento nell'intera vicenda, che non ha mai per un solo momento dubitato che la collaborazione che voi gli stavate offrendo fosse piena e che i documenti fossero ben custoditi da voi, tanto è vero che egli non aveva ritenuto di andare al di là della richiesta di copia. Desideravo fornire questa informazione alla Commissione.

MASONE. Per completare l'argomento, il dottor Salvini ci aveva invitato a guardare le carte e a segnalare quelle che potevano essere di interesse per lui. Aveva concesso tutta la fiducia possibile proprio perché aveva avuto la massima collaborazione. Ad esempio, il primo a ricevere la telefonata, nel momento in cui è stato trovato il fascicolo su Pescara con quell'aggeggio, è stato proprio il dottor Salvini. La volontà di offrire al magistrato la massima collaborazione è stata immediata, tanto è vero che il dottor Salvini lo ha saputo prima di me perché immediatamente gli hanno telefonato per informarlo di quel pacchetto.

FRAGALA’. Perché è poi cambiato l'atteggiamento da parte dell'autorità giudiziaria di Milano?

PRESIDENTE. Evidentemente perché la procura di Milano non ha condiviso l'atteggiamento del dottor Salvini. Non riesco a dare altre spiegazioni.

MASONE. La procura della Repubblica di Milano ha avuto lo stesso atteggiamento nei nostri confronti, tanto è vero che stiamo collaborando in pieno con l'azione della dottoressa Pradella.

La dottoressa Pradella ha partecipato, come ha accennato poco fa il signor Ministro, il 15 di ottobre ad una riunione e le è stato detto che c'erano queste carte. Ella ha detto: esaminatele, e se c'è qualcosa di interesse fatemelo sapere, dimostrando la più ampia fiducia. Le avevamo trovate noi, non è che era andato Giannuli, è stato personale della Polizia di Stato che le ha trovate. Così la dottoressa Pradella ci ha dato il massimo della fiducia, tanto è vero che il 30 o il 31 ottobre è venuta a Roma ed ha partecipato ad una riunione, continuando in questo atteggiamento. Poi è trascorso del tempo, siamo arrivati al 18 o 19 novembre, ed ha ritenuto di fare questo provvedimento; ma su questo deve chiedere alla dottoressa Pradella, non lo può chiedere a me.

GUALTIERI. Anch'io, signor Ministro, la ringrazio per l'esposizione che ci ha fatto, che ci consente certamente di comprendere molte delle cose che nei giorni scorsi riuscivano a noi, e credo anche all'opinione pubblica, di difficile comprensione nel loro complesso.

Noi oggi siamo di fronte ad alcuni problemi. Uno non riguarda lei e il suo Ministero, perché riguarda il problema della giustizia, la definizione della giurisdizione con cui opera la magistratura e, nel caso particolare, l'eterno conflitto che si trascina tra l'ufficio istruzione, una specie di ufficio sopravvissuto, perché opera con il vecchio rito, della procura di Milano; vi sono poi conflitti con altre procure, difficoltà di rapporto anche con quella di Roma e quindi vi è una situazione anomala in questo campo che mette in difficoltà tutti, voi come noi. Lo dimostra il fatto che dovremo chiarire con il dottor Salvini alcuni problemi anche di rapporto. Ad esempio, che tipo di perito è quello da lui nominato e se poteva svolgere il ruolo di perito; io l'ho sempre conosciuto come uno che si dava da fare per ottenere la pubblicazione di libri. L'allarme è emerso, signor Capo della polizia, quando giornalisti informati del fatto che c'era un sistema in piedi già da settimane hanno rivelato delle amicizie che vi erano fra questo perito e particolari settori giornalistici. Quindi questo è un problema che va chiarito, ma va anche chiarito il fatto che il dottor Salvini si è servito dei ROS dei carabinieri, utilizzandoli come propria polizia giudiziaria. Il capitano Giraudo è stato estromesso dalla squadra di polizia giudiziaria della dottoressa Pradella, cioè della procura di Milano, e sostituito con personale della Polizia di Stato, mentre il capitano Giraudo e i carabinieri hanno continuato a lavorare sulle inchieste in corso per la strage di piazza della Loggia a Brescia. Quindi vi sono delle anomalie che sarà il caso che vengano chiarite, non certo in questa sede...

PRESIDENTE. Forse nemmeno in seduta pubblica.

GUALTIERI. Comunque è un problema che è noto. Per quanto riguarda il suo intervento di oggi, lei ci ha informati che un certo numero di scatoloni, contenenti un certo numero di faldoni, per l'esattezza, se non sbaglio, trentadue scatoloni più altri otto, sono stati spediti e acquisiti dalla procura di Milano, e che settantanove scatoloni, i restanti, sono recentemente stati acquisiti dalla procura di Roma. Quindi di tutto il deposito di via Appia, che poi era stato portato al Prenestino, una parte è a Milano e una parte è a Roma. Per quanto riguarda il deposito di Milano, vi è anche l'interesse del dottor Salvini a chiedere l'acquisizione in copia. Io credo che anche noi come Commissione, visto che abbiamo gli stessi poteri dell'autorità giudiziaria, abbiamo lo stesso interesse di chiedere l'esibizione in copia e vedere che cosa può interessarci; anche noi potremmo avere interesse a mandare dei nostri periti a visionare i documenti. Vorrei poi chiedervi una cosa. Nelle carte da cui risultava, mi sembra attorno al 7 di novembre, che vi era lo spostamento dalla via Appia al Prenestino, vi è anche la lettera di trasmissione, che ha fatto aprire fra di noi una specie di disputa filologica. Vi si dice che tre scatoloni sono rimasti "a questi uffici, perché continuino indagini di polizia urgenti". Non ho capito se questi tre scatoloni sono rimasti nella vostra disponibilità, o sono andati alle procure di Milano o di Roma. Con la dicitura "questi uffici" si dovrebbe intendere quelli della polizia.

MASONE.. Noi abbiamo una serie di indagini delegate e ci è stato detto di continuare quelle indagini. Quindi questi scatoloni li abbiamo noi. Tenga comunque presente che tutto quello che è stato fatto, anche l'informativa del trasferimento, è stato prima concordato con i magistrati. 1 magistrati romani sono venuti a fare un sopralluogo anche al Ministero, dove noi avevamo apposto i sigilli di iniziativa, perché si riservano di controllare anche il materiale che hanno visto in quella stanza, e da parte nostra vi è la massima disponibilità.

GUALTIERI. Sui tre scatoloni rimasti?

MASONE. No, sto parlando degli scatoloni che stavano nella stanza numero 19 del Ministero, che per i magistrati può avere interesse perché era vicina alle altre stanze. Praticamente, al momento del trasporto, sono state liberate le stanze che servivano per la centrale.

GUALTIERI. Quindi non si ha la sicurezza che tutto il materiale è concentrato nella disponibilità di una o due procure giudiziarie, oltre che sotto il vostro controllo.

MASONE. Si tratta di due procure e del giudice istruttore.

GUALTIERI. Il giudice istruttore ha chiesto il materiale in copia. Gli originali sono dunque presso due procure più i tre scatoloni che sono rimasti nella vostra disponibilità.

Il dottor Salvini, pur non avendone più la disponibilità, ha avvertito la procura della Repubblica di Pavia che una parte del materiale potrebbe interessare per l'inchiesta sulla morte di Enrico Mattei.

Quello che intendo mettere in rilievo è che l'acquisizione di carteggi e documenti è sempre stata un problema; il materiale che salta fuori oggi, che è stato selezionato nel 1992-'93, lo abbiamo chiesto molte volte nel corso dei dieci, dodici anni in cui ci siamo dedicati all'inchiesta su piazza Fontana. Non abbiamo mai avuto risposta sull'esistenza di materiale anche prima che uscisse dalla parte attiva per essere trasferito nel settore non attivo dell'archivio.

E’ sempre stato difficile ottenere documenti. Ricordo che, insieme alla magistratura, riuscivamo ad avere i documenti attraverso sequestri, soprattutto nell'archivio del SISMI. Non siamo mai riusciti ad avere materiale dagli archivi degli Uffici degli affari riservati e della polizia di Stato, né dagli archivi dell'Arma dei carabinieri o da quello della Presidenza del Consiglio. Abbiamo avuto un solo documento che riguardava una riunione del Consiglio dei Ministri tre giorni dopo l'abbattimento dell'aereo di Ustica. Osserviamo ora che invece è in corso la pubblicazione da parte della Presidenza del consiglio dei Ministri dei verbali dei Consigli dei Ministri a partire dal 1945 fino agli anni '50 e si tratta di documenti molto consistenti. Ciò significa che esistono verbali che quando sono stati richiesti non sono stati consegnati dagli archivi degli affari riservati. Le garantisco che sono stati chiesti mille volte. Le dirò di più: nel 1983-84 presiedevo il Comitato dei servizi che ha il controllo per legge della banca dati della polizia; ciò nonostante non siamo mai riusciti a visionare la banca dati della polizia: le schede che ci venivano consegnate non erano nominative il che noti rivestiva alcun interesse. Dopo uno scontro durato un anno l'allora Ministro dell'interno, l'attuale Presidente della Repubblica Scalfaro, ci diede il nulla osta per potervi accedere. Rimaneva il fatto che nei quattro livelli di accesso alla banca dati della polizia potevano entrare, nel livello più basso, persino le volanti della polizia, ma un organismo incaricato per legge di controllare la banca dati non poteva accedervi.

NAPOLITANO. Ciò avveniva in un'epoca anteriore. Attualmente il Comitato è collegato in video con la banca dati.

GUALTIERI. Sì, infatti, come ho detto, ciò avveniva nel 1984 e fu l'allora ministro Scalfaro a consentire di superare questo problema. Comunque esiste una difficoltà a penetrare negli archivi. L'archivio dell'ufficio Affari riservati è sempre stato un problema. Ad esempio, quando è morto Federico Umberto D'Amato, due magistrati hanno cercato di fare immediatamente una perquisizione nella casa. Si trattava di un archivio di enorme interesse e oggi si scopre che, in qualche modo, era depositato presso la polizia.

Ringrazio dunque il Ministro per la disponibilità che ci ha assicurato per l’avvenire ma le garantisco che una Commissione d'inchiesta, come questa, è stata per anni in difficoltà estrema nel procurarsi il materiale d'inchiesta, e lo stesso è accaduto ai magistrati. Signor Ministro, mi auguro dunque che non avremo altre sorprese. Non vogliamo documenti sul quel periodo per ragioni particolari, ma perché su alcune inchieste ci sono ancora dei problemi aperti e gli archivi sono la fonte di alimentazione per una Commissione d'inchiesta parlamentare oltre che per la magistratura. Per tali motivi siamo molto interessati a visionare questo materiale.

CORSINI. Voglio associarmi ai ringraziamenti dei colleghi per la disponibilità dimostrata dal Ministro nonché per la completezza della sua esposizione, che mi sembra faccia piazza pulita di dichiarazioni e polemiche pretestuose apparse sulla stampa nazionale.

Voglio anche dichiarare il mio apprezzamento per l'impegno manifestato dal signor Ministro in ordine ad una compiuta volontà di fare chiarezza, per quanto sarà nelle sue forze e possibilità> su una vicenda che continua ad essere molto oscura e annovera tuttora pagine non scritte.

L'importanza di questo ritrovamento è decisamente significativa per quanto riguarda la periodizzazione del materiale e cioè il tempo, l'arco temporale, che copre dal 1948 al 1978, e quindi un'intera stagione della vicenda repubblicana; era questo un interrogativo che volevo porre ma è già stata data la risposta. Il ritrovamento riveste importanza anche per le vicende che possono essere ulteriormente documentate rispetto ad una documentazione già ricca accumulata in precedenza. Leggo da notizie della stampa che materiali per molti versi inquietanti, se non particolarmente strabilianti, vengono alla luce su vicende oscure o non chiarite come quelle di piazza Fontana e di piazza della Loggia e così via.

Vorrei partire da un assunto di fondo per porre alcuni interrogativi. Sono convinto che il controllo del passato e in modo particolare di questo tipo di passato possa costituire per chi ne è stato responsabile uno strumento di perpetuazione del controllo sul presente. La storia dello stragismo e della eversione nel nostro paese è una storia che presenta similitudini e somiglianze persino strabilianti con la storia degli archivi di polizia; è fatta di depistaggi, di coperture, di manomissioni, di intrecci particolarmente perversi e preoccupanti. La storia degli archivi di Polizia lascia supporre, per chi ha avuto una frequentazione o una conoscenza della materia, manipolazioni, manomissioni, esclusioni, fabbricazioni e così via. Mi sembra pertanto urgente che alcuni interrogativi possano trovare risposta ed alcune nebbie possano essere diradate. Mi riallaccio ad alcuni interrogativi, che hanno avuto parziali risposte. Credo che sia importante individuare i responsabili della mancata catalogazione, coloro che materialmente hanno raccolto il materiale e chi ha presieduto a questa operazione. Infatti mi sembra che la possibilità di fare chiarezza su chi ha gestito sostanzialmente l'accumulazione di questi materiali possa in qualche misura contribuire a rivelare anche le finalità che hanno presieduto a questo tipo di operazione.

La possibilità inoltre di far luce sulla storia della composizione di questo archivio, sulla sua costituzione può rivelare alcune verità interessanti.

Credo anche che qualche interrogativo possa scaturire non soltanto da una rivisitazione compiuta delle vicende del passato e in particolare di questa vicenda, ma anche da un impegno particolare di questa Commissione a chiarimento delle prospettive future. In altre parole, domando al presidente Pellegrino: visto che sì tratta sostanzialmente, da quello che ho capito, di circa duecentoventi faldoni, per un complesso di centocinquantamila fascicoli (questo apprendo dalla stampa)...

NAPOLITANO. Se ben ricordo gli scatoloni sono centosedici lo abbiamo già detto, trentadue più settantanove, più i tre; poi mi pare ce ne sia ancora un altro. Il numero dei faldoni non lo conosco: può darsi che qualche giornalista lo abbia calcolato esattamente.

CORSINI. Anch'io mi interrogavo da dove scaturisse questo dato, può darsi che qualcuno abbia fatto una equazione fra scatoloni e faldoni.

Sostanzialmente, sono due i filoni che possono interessarci. La storia della costituzione di questo materiale dice non soltanto dei contenuti di esso ma anche di coloro che lo hanno controllato, organizzato e accumulato. E’ una storia che ha dunque due valenze positive e riscontrabili: il contenuto del materiale (perché esso parla di se stesso) ma anche i suoi attori, i protagonisti dell'operazione di accumulo e - è un interrogativo, non una affermazione - può essere anche di occultamento, per una certa fase.

Riscontro come fatto estremamente positivo che questa fase storica storico-politica del nostro Paese consente di conoscere un materiale preesistente la cui disponibilità in passato o è stata occultata o è stata negletta. E questo credo sia un fatto che va segnato al positivo. Questo materiale dice però anche delle sue possibili utilizzazioni future, solleva interrogativi circa le sue possibili utilizzazioni future, in particolare per questa Commissione. E' una riflessione che propongo in particolare al Presidente della Commissione e ai colleghi.

Io non credo che un semplice colloquio, pur utile, positivo e produttivo, con i magistrati che oggi dispongono dell'utilizzazione di questo materiale o con gli uffici che tale possibilità detengono sia un passaggio sufficiente. E mi domando: è possibile che questa Commissione, la quale alla luce della proposta di legge a questo punto con ogni sicurezza prolungherà i propri lavori, possa procedere alla nomina di un proprio perito o di un collegio di periti che consentano a noi di disporre di una sintesi dei materiali in relazione alle vicende e ai fenomeni più inquietanti e significativi che hanno costellato la storia della strategia eversiva di questo Paese?

PRESIDENTE. Mi sembra che la domanda di Corsini sia rivolta piuttosto a me, per cui rispondo brevemente.

Che cosa faremo? Evidentemente non ci si limiterà ad una presa di contatto: la presa di contatto è strumentale ad una acquisizione diretta almeno in copia di quella documentazione che dovremo esaminare tutta tramite consulenti. Ripeto che non mi sento di nominare consulenti...

CORSINI. Si tratta di centocinquantamila fascicoli.

PRESIDENTE. Evidentemente ci avvarremo della opera di consulenti, che però attualmente non mi sento di impegnare, perché dovrei dare un incarico che scade il 31 dicembre, il che non avrebbe senso. Personalmente dico una cosa: il rinvenimento di questo materiale e le notizie che abbiamo e che ci hanno dato questa sera il Ministro e il Capo della polizia su come si è formato, per me costituiscono già una risposta, anche se non ancora di carattere definitivo. E’ la risposta alla ipotesi - che è più di una ipotesi - che avevo provato a scrivere nella mia proposta di relazione, cioè che non si capisce ciò che è accaduto dal 1969 al 1984, se non si guarda al periodo anteriore in cui vi sono stati rapporti istituzionali con un determinato mondo che a un certo punto è diventato un mondo eversivo. Probabilmente per coprire un rapporto istituzionale anteriore l'accertamento della verità non è avvenuto e mi auguro che la lettura di quel materiale possa smentire, ma non escludo che possa aggravare questo giudizio.

NAPOLITANO. Desidero precisare che a me e al Capo della polizia non risulta che vi sia materiale per il periodo antecedente al 1969. Io ho indicato quello che sembra essere il termine ad quem, ma che vi sia materiale relativo agli anni dal 1948 non sono in grado di assicurarlo in alcun modo. Ho detto 1969, qualche anno precedente, anni precedenti fino al 1968, per quanto riguarda i titoli di una serie di fascicoli in materia di attentati. Se ve ne siano di precedenti non sono in grado di dirlo: non esiste una catalogazione.

PRESIDENTE. Probabilmente la data del 1948 deriva da un riferimento ai documenti che noi avevamo precedentemente chiesto all'amministrazione e di cui parlavamo.

DE LUCA Athos. Sarò molto breve, Presidente.

Intanto, ringrazio il Ministro ed il Capo della polizia. Devo dire che il nostro Presidente bene ha fatto a procedere, perché questa audizione conferma l'importanza della questione. Vi voglio porre la domanda che credo si porrebbe l'uomo della strada avendo appreso questa notizia, e che credo dovremmo porci anche noi. Questi materiali, che non sappiamo cosa contengono, sono stati a disposizione di tutti coloro, magistrati e quant'altro, in questi anni avevano l'obbligo o il dovere di indagare sui responsabili delle stragi e di altre cose? Questa credo che sia la domanda fondamentale: questa non catalogazione (in questo caso una non corretta catalogazione, ma mi riferisco anche al periodo precedente quando i documenti stavano al Viminale) ha impedito che questi materiali siano stati a disposizione di tutte le autorità, che abbiano potuto essere conosciuti per approfondire la verità su tante vicende? Se - come mi si suggerisce - la risposta è no, l'osservazione successiva è: e le attività dì anni nella Commissione stragi, ma anche anni di tribunali, di magistrati, di inchieste? Questo è il punto. Se chi in questi anni ha condotto le indagini ha potuto accedere a questi documenti, allora come deputato, come parlamentare e come cittadino mi tranquillizzo, perché presuppongo che hanno visto gli atti e quindi le loro sentenze sono state emesse avendo conosciuto tutto. La domanda politica preoccupante - e sarebbe davvero scandalosa una risposta negativa - è se quei materiali siano stati presi in visione da quanti, magistrati e pubblici ministeri, hanno svolto queste indagini. Mi pare che in caso contrario la cosa assumerebbe un rilievo diverso.

Tant'è che il Presidente all'inizio aveva posto la questione in altro modo: domandava se il fatto che un giudice o un magistrato avesse preso visione degli atti automaticamente comportasse che essi venissero regolarmente immessi nell'archivio informatico. t stato risposto che non si sa, ancora non abbiamo una risposta chiara se il fatto che il magistrato visionasse questi arti automaticamente comportava il loro inserimento nell'archivio informatizzato o se essi potevano rimanere nel deposito accantonati come sono adesso. Questa è la domanda centrale per la quale è opportuno - se una ragione c'era in passato ora ce n'è ancora dì più - che la Commissione stragi continui ad operare per fare chiarezza.

Mi associo a quanti hanno chiesto ulteriori audizioni - ritengo che il Presidente vorrà assentire - e già mi sono permesso di chiedere anche per iscritto l'audizione dei magistrati. A me questa concorrenza tra i magistrati fa anche piacere, perché c'è attivismo e così via, però non vorrei che questa concorrenza compromettesse gli esiti.

Per cui è un bene che un pezzo stia a Roma e due pezzi a Milano, però facciamo tutti in modo che questa concorrenza sia finalizzata alla giustizia ed alla chiarezza. In tal senso mi chiedo, come ha fatto qualche altro collega, perché c'è stato un sequestro degli atti e non soltanto una loro acquisizione in copia da parte del magistrato. In virtù di quale atto alcuni documenti e corpi di reato sono stati sequestrati anziché richiesti in copia? Anche questa è una domanda cui è bene dare una risposta, perché sarebbe sembrato più logico richiederne copia.

MAROTTA. Bisognerebbe chiederlo al magistrato.

FRAGALA’. Il magistrato deve motivare il suo atto.

NAPOLITANO. Il Ministro dell'intemo non può sindacare le motivazioni dell'ordine del magistrato.

FRAGALA’. Ma qualunque cittadino ed organo dello Stato può ricorrere avverso un sequestro per un riesame.

NAPOLITANO. Figuriamoci cosa sarebbe accaduto se l'avessimo fatto!

PRESIDENTE. Ci tengo a sottolineare che è stato proprio questo fatto istituzionale della sottrazione della disponibilità materiale dell'originale al Ministero che ci è sembrato un fatto di cui il Parlamento dovesse essere informato.

DE LUCA Athos. Mi fa piacere constatare che ci siamo chiesti in tanti il perché del sequestro.

Da ultimo, desidero fare solo una considerazione. Molti cittadini si chiedono perché si vanno ad esaminare questi archivi, che contengono la storia del passato. Penso che avere conoscenza di tutto quanto lo Stato conosce contribuisca in modo determinante a liberare uomini politici, magistrati, ufficiali, capi della polizìa e quant'altro dal pericolo di possibili ricatti, dalla scoperta di scheletri negli armadi o nei cassetti. Questa "ecologia della politica" ci serve non per il gusto di avere informazioni per scrivere libri, visto che io personalmente non ho alcuna intenzione dì scriverne uno, ma proprio per far sì che tutto quanto è a conoscenza dello Stato sia conosciuto anche dai cittadini. Infatti se il contenuto degli archivi è conosciuto solo da qualcuno, questi può usarlo in modo strumentale: e sappiamo che la nostra recente storia è piena di vicende del genere. Portare alla luce, come si dice, significa proprio liberare tanti uomini e tante donne del nostro Paese dal pericolo di ricatti trasversali. Questo è già un motivo importante e dalle parole del Ministro e del Capo della polizia sono convinto che oggi vi siano le condizioni politiche e la volontà per portare alla luce questi fatti.

PRESIDENTE. La domanda del senatore De Luca è sul punto se possiamo fin da ora dire in termini di certezza che questo è materiale mai conosciuto dall'autorità giudiziaria.

NAPOLITANO. Non sono assolutamente in grado di dare questa risposta: questo è evidente. Mi rendo conto che sono state date risposte parziali, ma è chiaro che non poteva che essere così. Prendo nota delle domande per rispondere quando sarò in grado di farlo.

SARACENI. A me pare che l'ultimo intervento abbia messo a fuoco i due problemi centrali della vicenda. Innanzitutto si tratta di capire se questo materiale è stato a conoscenza di coloro che in questi decenni hanno indagato, a cominciare dall'autorità giudiziaria. Credo che la risposta a questa fondamentale domanda - e ad un'altra, forse meno importante - può derivare solo da una delibazione dei contenuti del materiale.

E’ necessario poi rispondere ad un altro quesito, secondario ma non troppo: se cioè questa vicenda, fermo restando l'aspetto sconcertante in punto di metodologia di conservazione, sia da attribuire a dolo, a mera sciatteria o a negligenza. Anche per questa domanda la risposta non può che venire dall'esame del contenuto dei documenti.

Il problema più urgente che si pone allora è come accedere a questi contenuti. Tale problema indica due profili, uno di ordine giuridico ed uno puramente materiale, direi, vista la mole della documentazione. Per quanto riguarda il profilo di ordine giuridico, vorrei che venisse precisato se si è trattato da parte della dottoressa Pradella di un sequestro in senso tecnico o di un ordine di esibizione, come è stato detto. Infatti se si fosse trattato di un ordine di esibizione, per la Commissione non esisterebbero problemi giuridici, in quanto, in assenza di sequestro, non sarebbe mai opponibile il segreto istruttorio. A dire il vero anche in caso di sequestro sarebbe discutibile la possibilità di opporre il segreto a quest'organo parlamentare. Ma se si trattasse di un semplice ordine di esibizione, il fatto che gli atti si trovino materialmente a Milano costituirebbe soltanto un incidente materiale e quindi dovremmo decidere come fare le copie, cosa peraltro non secondaria, vista la mole. Ma in ogni caso la nostra preoccupazione si concentrerebbe sulla soluzione di problemi materiali. Quindi la Commissione, coordinando il suo lavoro anche con quello del Comitato parlamentare di controllo sui Servizi, dovrebbe trovare il modo di accedere almeno ad una prima delibazione del contenuto per poi approfondire la conoscenza del materiale, con i tempi che ciò richiederà.

Chiederci pertanto di essere informato su questo punto, se si è trattato di una richiesta di esibizione o di un vero e proprio sequestro da parte della dottoressa Pradella della procura di Milano. Va ricordato, infatti, che la procura di Roma chiede una esibizione in copia del materiale; se ho capito bene, di materiale non appreso dalla procura di Milano.

PRESIDENTE. Da quello che ho capito io è una richiesta di acquisizione in originale.

SARACENI. Questo è un tertium genus, che non conosco. Anzi, a dire il vero non comprenderei neanche il sequestro perché questo avrebbe dovuto essere ordinato previa escussione di una acquisizione attraverso un ordine di esecuzione. Il sequestro è una sorta di sanzione alla mancata acquisizione. Sarebbe stato scorretto se avessero ordinato immediatamente il sequestro.

PRESIDENTE. Si è trattato di un ordine di esibizione, tanto è vero che io ho scritto a Borrelli che ce ne inviino copia, dopo aver fatto un primo esame in modo da non trovarci di fronte a migliaia di documenti.

SARACENI. Quindi non abbiamo problemi giuridici, ma solo materiali.

NAPOLITANO. Comunque faremo pervenire copia degli atti della magistratura.

SARACENI. E’ di importanza centrale la conoscenza del contenuto del materiale. A questo proposito, dico anch'io che oggi siamo nella condizione migliore per poter giungere alla verità o quanto meno ad una parte di essa. Speriamo che qualcosa emerga dal materiale che abbiamo. Se ho ben compreso, tre scatoloni sono ancora nella disponibilità del Ministero dell'interno: potremmo cominciare a prendere visione di quel materiale, senza i problemi che ci pone tutto il resto.

Vorrei infine rivolgerle un'ultima domanda per capire se è vero (le notizie di stampa vanno sempre prese con beneficio di inventario) che questo materiale era tutto, o in gran parte, di stretta pertinenza di quello che si chiamava ufficio Affari riservati, che è poi stato smantellato.

NAPOLITANO. Signor Presidente, ho da dire pochissimo: vorrei soltanto precisare che alcune domande, in realtà, dovranno avere risposta dai magistrati più che dal Ministro dell'interno. Soltanto i magistrati, ad esempio, potranno dichiarare. dopo aver visionato il materiale che hanno acquisito in originale o in copia, se parte di quel materiale era stato da loro già richiesto o ottenuto. Io sono del parere che il presupposto - come ha sottolineato l'onorevole Saraceni - è la lettura del materiale, è l'esame dei contenuti, per sapere quanta pane proveniva dall'ufficio riservato e quanta parie invece non veniva trasmessa. Certamente vi era. un carteggio dell'ufficio Affari riservati, ma è dubbio, è assolutamente incerto se fosse esclusivamente quella la provenienza, se fosse più importante il materiale che veniva trasmesso da quella parte e non quello proveniente da altri settori. Insomma, la domanda del senatore De Luca, in merito al fatto che quei materiali fossero stati messi o meno a disposizione dei magistrati e di coloro che indagavano per il Parlamento, è certamente cruciale. E’ possibile che vi siano state richieste specifiche che non siano state soddisfatte dolosamente o che non si sia data una risposta positiva pur potendola materialmente dare. Tuttavia, indipendentemente anche da una richiesta specifica, vi può essere stato un intento complessivo di occultamento di materiale, della cui esistenza l'autorità giudiziaria non era a conoscenza, in quel caso, più che non corrispondere ad una richiesta non si sarebbe offerto un contributo all'accertamento della verità. E’ chiaro che, ciò getterebbe una diversa luce su quelle che, altrimenti, avrebbero potuto essere soltanto manifestazioni dì disordine, di sciatteria, eccetera, eccetera.

Questo comunque emergerà dall'esito di tutti gli accertamenti che verranno effettuati: non è certo una domanda alla quale sia possibile dare una risposta preliminare.

MAROTTA. C'era l'obbligo di trasmettere il materiale all'autorità giudiziaria e a valutarne l'importanza devono essere i giudici e non certamente la polizia.

GRIMALDI. Signor Presidente, ometto per brevità ringraziamenti di rito. Arrivando al nocciolo della questione, credo che le domande si possano risolvere in questo: chi? Perché? Come? Chi aveva questo archivio riservato? Sembra che questo archivio risalga ad un vecchio ufficio Affari riservati dei Ministero dell'interno. Noi sappiamo che cosa rappresentava, all'epoca, nel depistaggio e addirittura nel coinvolgimento di certe operazioni, il vecchio ufficio Affari riservati del Ministero. Quindi, non si tratta di documenti che erano ad uso interno e che non avevano alcuna rilevanza.

La seconda domanda è perché è stato fatto questo. In questo caso la risposta può essere data dal contenuto di questi documenti, dall'uso che degli stessi è stato fatto o del perché sono stati nascosti.

Come? Questo è il punto. Allora, io chiedo al Ministro se il Ministero ha fatto un'inchiesta per acquisire i nomi delle persone che hanno avuto a che fare con questi documenti. Vi è stato certamente qualcuno che ha cominciato a raccogliere questi fascicoli e a tenerli fuori dalla classificazione ufficiale. Tuttavia, questo qualcuno, che aveva a disposizione questi fascicoli, doveva avere probabilmente un suo schedario; altrimenti, come avrebbe potuto disporre e gestire la documentazione in suo possesso? E’ stato rinvenuto qualche schedario riservato al quale qualcuno poteva avere accesso?

In secondo luogo, in tutto questo periodo, sin da quando è stato formato questo archivio e fino a quando non è stato trovato, chi ha avuto l'accesso, la disponibilità e la custodia di questo archivio? Anche in questo caso, è stata fatta una indagine per verificare i nomi, le persone, gli uffici che hanno avuto disposizioni in merito?

Vi è poi un'altra questione. A parte lo spostamento di sede che vi è stato, perché, nel momento in cui il materiale è stato rinvenuto, non si è pensato di sigillare immediatamente il locale, custodendolo appropriatamente, per poter non dico classificare i contenuti e i nomi, ma perlomeno definire la quantità dei documenti in esso contenuti? Mi sembra, infatti, che non si sia ancora sicuri della quantità del materiale contenuto in questo archivio, ovviamente prima che arrivasse l'autorità giudiziaria.

Vi è poi un'altra questione: nel 1993 una ditta di trasporto privato è stata incaricata di effettuare questo spostamento; anche questo aspetto mi sembra molto oscuro. A questo punto, indipendentemente dalla conoscenza del contenuto che sarà difficile da acquisire, in quanto si tratta di migliaia e migliaia di faldoni, un dato, a mio giudizio, è inequivocabile: il Ministero dell'interno, come istituzione, a partire da alcuni anni, ha avuto a disposizione un archivio riservato che riguardava indagini effettuate delle quali non ha dato conoscenza all'autorità giudiziaria; questo è un corpo di reato, questa è una deviazione istituzionale.

Questa Commissione di inchiesta, che ha naturalmente tra i suoi compiti anche quello di accertare la mancata individuazione degli autori delle stragi, tra gli altri compiti potrebbe avere anche quello di accertare perché vi è stata una deviazione nell'ambito del Ministero dell'interno, chi ha compiuto questa deviazione, chi ne ha avuto la responsabilità politica e penale.

Indipendentemente dall'esistenza di autorità giudiziarie che hanno a disposizione questo materiale che stanno verificando e con le quali dovremo certamente avere un contatto, è, a mio avviso, opportuno che questa Commissione, in collaborazione con gli uffici del Ministero dell'interno, effettui questa indagine che potrebbe far emergere tutta la deviazione che vi è stata a partire dagli anni sessanta (forse anche prima) per giungere agli anni ottanta o, addirittura, fino a quando risale lo stesso archivio che, probabilmente, ha contribuito anche al mancato accertamento delle responsabilità delle stragi e di altri fatti criminosi avvenuti nel nostro paese.

NAPOLITANO. Signor Presidente, vorrei precisare qualcosa perché non sono così convinto di alcune qualificazioni dell'accaduto o degli oggetti indicati. Dal punto dì vista formale non si tratta di un archivio riservato ma di un archivio di deposito. L'archivio di deposito appartiene ad una prassi normale regolata (come ho già accennato, ma se ne può anche prendere visione) dalle circolari e dal Regolamento. Io ho spiegato che gli archivi di deposito sono numerosi in quanto nel Ministero dell'interno vi sono diverse direzioni. Nel caso specifico si tratta della direzione centrale della Polizia di prevenzione; vi sono poi altre direzioni con relativi archivi di deposito in cui vengono normalmente trasferiti atti che non sono più di ordinaria consultazione. Quindi non è possibile classificare questo archivio come archivio riservato. Il punto è un altro: in questo archivio di deposito una parte del materiale non era classificata nell'archivio centrale, poi informatizzato, e quindi sfuggiva ad una reperibilità. Cercheremo tutti di capire meglio.

GRIMALDI. Se ci facciamo le domande tra noi, non serve a nulla: cerchiamo di accertare come stanno le cose.

NAPOLITANO. Stia tranquillo che saranno fatte delle indagini, anche se abbiamo un problema delicato di rapporto con l'autorità giudiziaria. Intanto non credo che vi fosse la benché minima possibilità di procedere ad alcunché senza informare l'autorità giudiziaria. L'individuazione di quel fascicolo è avvenuta su indicazione di un perito del giudice istruttore: nel momento in cui la ricerca dava esito positivo, potevamo noi non informare immediatamente l'autorità giudiziaria?

Francamente questa tesi non è sostenibile. Anche per quanto riguarda le indagini, mi pare evidente che anche le procure o i giudici istruttori indagano nel senso non soltanto di visionare il materiale e di verificare quali elementi possono portare alla verità rispetto alle indagini in corso ma anche di verificare la tenuta di questo archivio, come questo materiale era collocato nell'archivio e chi ne aveva avuto negli anni trascorsi notizia. Certamente abbiamo nomi di persone che avevano responsabilità negli anni passati e procederemo a tal riguardo sia per nostro conto, con la necessaria cura e riservatezza, sia d'intesa con l'autorità giudiziaria.

GRIMALDI. Non vorrei essere equivocato: dico che chi aveva la responsabilità di questo archivio non ha collaborato.

NAPOLITANO. Questo è del tutto evidente.

PRESIDENTE. L'onorevole Grimaldi sottolinea un punto importante: su una vicenda di questo genere, in parallelo all'indagine giudiziaria, non sarebbe improprio - credo sia questo il punto - aprire una inchiesta amministrativa, anche se su tutto ciò la sottrazione materiale degli originali incide molto. Ad esempio l'individuazione del trattante, cioè dell'agente che ha trattato il documento, che lo ha protocollato senza classificarlo, è maggiormente possibile se c'è la disponibilità del materiale; una volta che questa disponibilità si è in qualche modo perduta, diventa oggettivamente più difficile fare questa ricerca. Anche il contenuto del documento può enfatizzare o al contrario abbassare il livello della vicenda. Se si tratta di carte non rilevanti, è chiaro che tutta la vicenda perderà importanza.

Siamo tutti ad una fase iniziale, il Ministero, questa Commissione ed anche l'autorità giudiziaria; dovremo - se ci sarà consentito - seguire la vicenda.

NAPOLITANO. In quali forme il Ministero dell'interno debba procedere a suoi accertamenti è questione che ci è ben presente. Ho detto che sarà fatto con cura e riservatezza. anche perchè dobbiamo avere una intesa con l'autorità giudiziaria. Se procedessimo a delle prime contestazioni nei confronti di persone che hanno avuto una responsabilità...

PRESIDENTE. Purché siano ancora in servizio.

NAPOLITANO. Almeno che siano ancora in vita.

FRAGALA’. E’ un'allusione?

NAPOLITANO. No, lo dico in generale: parliamo di vicende a partire dal 1960. Si è citato qui il nome di D'Amato come persona informata sui fatti: questi è scomparso.

Stavo dicendo che se quelle stesse persone che noi andremo ad interrogare dovessero essere, poi interrogate dall'autorità giudiziaria, sarebbe utile sapere come è più opportuno muoversi. Se procediamo prima noi a muovere delle contestazioni, potremmo dar luogo anche a problemi nei rapporti con l'autorità giudiziaria.

PRESIDENTE. Nella storia delle vicende di cui la Commissione si occupa parallelismi di indagini amministrative e di indagini giudiziarie ce ne sono stati moltissimi e non sempre sono stati fecondi.

MIRAGLIA DEL GIUDICE. Ho compreso che l'intervento del Ministro dell'interno e del Capo della polizia ha un carattere interlocutorio: essi ci hanno spiegato quanto è successo con riferimento al rinvenimento di questo materiale non ci hanno potuto dire in realtà che cosa riguarda questo materiale.

La preoccupazione del collega Grimaldi è fondata. Il Ministro ha affermato che bisogna anche vedere se queste persone che hanno avuto una responsabilità sono ancora in vita; io dico che ci potrebbe anche essere il caso, signor Ministro, di persone che ancora rivestono cariche istituzionali importanti nello Stato, per cui un accertamento su quanto è successo in fin dei conti venti anni fa potrebbe risultare importante. Se qualcuno ha cercato all'epoca di depistare ed ha ancora oggi una carica di alto livello, potrebbe ancora intervenire per il depistaggio di alcune attività. La richiesta che rivolgiamo al Ministro dell'interno, cui egli non ha potuto o voluto, per motivi di riservatezza, rispondere è sostanzialmente la seguente: chiediamo che tipo di indagine interna si vuole fare. Il Ministro prima diceva che vuol fare una indagine seria. riservata. Questa Commissione chiede allora quale attività di tipo investigativo o di indagine interna si vuole fare, al di là delle semplici audizioni interne. Chiarire questo punto costituisce una base di partenza.

Il Capo della polizia è stato investigatore così come lo sono stato io da magistrato e quindi mi potrà ben comprendere. Si è detto che il materiale è stato trasferito in locali inadeguati, al punto che poteva subire anche un deterioramento. Chi ha disposto la custodia di quel materiale in quei locali? Il materiale rinvenuto ha una conseguenzialità logica.

Se si fosse trattato di un errore o di una negligenza da parte della amministrazione o della ditta privata che ha provveduto al trasferimento, dovremmo trovarci di fronte ad un materiale conseguenziale nel tempo ma che non ha riguardo a determinati fatti storici. Supponiamo invece che ci si trovi di fronte a materiale diverso, che riguarda una strage o un attentato: in tal caso non si può più parlare dì buona fede; bisognerebbe domandarsi come mai è stato nascosto del materiale che riguarda fatti specifici e delimitati. Questa è l'indagine che il Ministero potrebbe e dovrebbe svolgere, per un duplice motivo: anzitutto su delega dell'autorità giudiziaria la polizia ha l'obbligo di addivenire all'accertamento della verità riguardo all'oggetto dell'indagine, ma va anche considerato che una autonoma attività di indagine della polizia potrebbe avere riguardo a nuovi elementi di reato che potrebbero anche sfuggire all'autorità giudiziaria di Milano che indaga su fatti diversi.

Per questo chiedo al Capo della polizia. delegato dal Ministro dell'interno, ed anche a quest'ultimo se assumerà in prima persona questa attività investigativa, che cosa intendano fare, come pensano di procedere e con quali tempi. Quando si parla di attività investigativa e di indagine interna resto sempre perplesso: tali indagini possono durare due giorni oppure dieci anni. Se ci lasciamo con il Ministro con l'accordo che, a fronte di fatti di rilievo e di enorme gravità, egli condurrà una indagine interna per poi farci sapere, non avremo concluso nulla. Vorrei una presa di posizione da parte del Ministro dell'interno e del Capo della polizia riguardo allo svolgimento di un'attività di accertamento che non può essere ritardata dall'autorità giudiziaria: si tratta di attività parallele che tra loro non possono incrociarsi. Soprattutto chiedo di sapere quali saranno i tempi, in modo che il Presidente della Commissione (che sarà sicuramente prorogato: è questa la volontà di tutte le parti politiche rappresentate in questa Commissione, per cui non vedo come ciò possa non avvenire) possa chiedere al Ministro di indicarci una data entro la quale ci venga a riferire con cognizione di causa su queste indagini.

PRESIDENTE. Prima che il Ministro risponda, vorrei fare un'avvertenza. E' giusto che il collega chieda un'assicurazione su un impegno indagativo, preannunciare le mosse, però, non è mai opportuno, tanto meno in seduta pubblica. Pertanto, rimetto al Ministro l'opportunità di darci un'assicurazione generica o di passare in seduta segreta prima di dare una risposta.

NAPOLITANO. Signor Presidente, ho aderito all'invito che mi è stato rivolto considerando semplicemente doveroso venire qui a riferire sull'accaduto, a ricostruire una vicenda nei limiti delle mie attuali responsabilità, ad esprimere un indirizzo, cose che ho fatto con un'ampiezza che mi è stata riconosciuta. Non posso assolutamente in questo momento dire di più sull'attività di carattere investigativo che intendo portare avanti all'interno del Ministero, sulla sua natura e sui tempi che richiederà. Siccome sono abituato a dire cose circostanziate, le dirò quando sarò in grado di dirle, tenuto conto anche dì esigenze che ho già indicato. Non si tratta di soprassedere in attesa dell'autorità giudiziaria ma si tratta sicuramente di avere cura e riservatezza e anche di prestare attenzione al rapporto con la stessa autorità giudiziaria, comunque noti rinunciando a compiere una ricerca per mio conto, come titolare del Dicastero, sull'accaduto, ma nemmeno facendo scorrere in parallelo, senza reciproca informazione e senza coordinamento, questa attività indagatoria di carattere interno, sulla quale, ripeto, stasera non sono ìn grado di dire di più.

GNAGA. L'esposizione precisa del Ministro, con il supporto dell'intervento del dottor Masone, e le domande poste in precedenza dagli altri commissari hanno fornito molte risposte ai miei interrogativi. Ma vorrei porre un quesito al dottor Masone. Quanti archivi di deposito sono presenti sul nostro territorio? Nasce il dubbio che all'interno di molti archivi ci sia materiale non classificato.E' un dubbio legittimo e sono certo che l'amministrazione della Polizia di Stato si sia già mossa, soprattutto per la pubblicità data a quest'ultimo evento. Sarebbe a mio avviso necessario ed utile, anche per quanto riguarda il futuro e le varie vicende di cui la nostra Commissione dovrebbe venire a conoscenza nel tempo, dare una risposta precisa al mio quesito. Sottolineo che sono alla prima esperienza parlamentare e mi atterrò sempre alle richieste del Presidente e alle esigenze iniziali che il Presidente stesso ha esposto nella prima seduta di questa Commissione circa le nostre competenze. Non è nostro compito dare un aiuto all'autorità giudiziaria ma possiamo dare un contributo di carattere storico-politico.

Quanti archivi di deposito sono presenti sul nostro territorio? Vorrei sapere se ce ne sono decine, centinaia o migliaia sul nostro territorio nazionale. A seconda del loro numero, la mole di documentazione che potrebbe essere non classificata cambia enormemente.

MASONE. La regola è che la documentazione dovrebbe essere classificata. Se poniamo alla base di tutto che la documentazione non sia classificata, dovremmo verificare tutti gli archivi e tutti i depositi. I depositi sono previsti dai regolamenti d'archivio, dalle leggi istitutive dell'archivio. Verificare tutto questo per poterle dare una risposta è veramente un'impresa improba.

NAPOLITANO. L'onorevole Gnaga chiedeva quanti archivi di deposito ci sono o ci possono essere.

MASONE. Ogni questura ha il suo archivio di deposito e così ogni altro ufficio di polizia giudiziaria.

DE LUCA Athos. Ma questo archivio non è classificato. Gli altri dovrebbero essere tutti classificati?

NAPOLITANO. Possiamo dire che in questo archivio c'è materiale classificato e materiale non classificato. Noti era perciò un archivio considerato riservato nel senso che conteneva solo documenti non classificati che poi ci fosse un intento di occultamento o di deperimento, non siamo in grado di escluderlo con certezza. L'importanza (giustamente alcuni colleghi hanno detto che se ne dovrà vedere bene il valore grande, grandissimo o relativo) del materiale acquisito si valuterà in seguìto e conforterà maggiormente ipotesi più o meno gravi.

LOIERO. Signor Presidente, ringrazio anch'io il Ministro e vorrei porre una domanda che forse è retorica. Per cinquant'anni abbiamo avuto, almeno così risulta dalla lettura dei fatti che sono avvenuti nel nostro paese, una democrazia un po' condizionata, come dice tra l'altro il presidente Pellegrino nella sua egregia relazione. Non si è potuto quindi accedere alla verità e tutta la vita sociale e politica del paese è sembrata infittita dì misteri. Poi ci sono stati avvenimenti internazionali ed anche interni che hanno in parte rivoluzionato il cliché abitudinario dì approccio alle cose dì questo paese. Ritenevamo che oggi vi erano le condizioni per sapere e per penetrare la verità. Ad esempio, ed è un fatto che è stato solo lambito nella seduta odierna, il contrasto che esiste - mi pare sia stato sottolineato anche dal Presidente - all'interno della magistratura circa l'acquisizione degli atti, e le polemiche sono apparse anche sui giornali, potrebbe dare la stura all'impressione che mentre prima la politica non poteva far luce per condizioni obiettive su tanti avvenimenti, adesso il contrasto all'interno della magistratura può condizionare una continuità dei misteri. In democrazia dobbiamo certamente rispettare le sfere dì autonomia delle competenze e delle funzioni delle istituzioni ma non ci dovremmo porre, come organo politico, quindi come strumento supremo, al fine di dipanare interessi contrastanti in un ordinamento democratico, il problema di riportare ad unicità il discorso delle indagini? Un motivo che ha finito per rendere problematiche talune soluzioni è stata anche quella erraticità di certe inchieste che hanno camminato da un capo all'altro dell'Italia, il presidente Pellegrino parlava di trottola. Davvero non abbiamo la possibilità di assumere, come politica, un'iniziativa perché questo dato di mistero non si infittisca sempre di più e non diventi continuo nel nostro paese?

C'è una seconda domanda di tipo particolarissimo che vorrei porre, ma per la quale non pretendo una risposta. Anche questa domanda è retorica e so che nessuno può rispondermi, mi basta il silenzio. E’ totalmente privo dì connessione il fatto che questo archivio viene scoperto lo stesso anno in cui muore D'Amato, tre mesi dopo per l'esattezza?

NAPOLITANO. Apprezzo l'invito al silenzio.

RUSSO SPENA. Sarò brevissimo e starò strettamente al tema dell'audizione, come giustamente ci chiede il Ministro. Questa audizione, dopo l'ampia esposizione del Ministro e del prefetto Masone, che ringrazio, prescinde, per così dire, da considerazioni di contenuto, che pure sono emerse in interviste anche sui maggiori quotidiani del paese. Sto quindi strettamente al tema, precisando anche la domanda che faceva prima il collega Grimaldi. Credo che non sia un fatto solamente nominalistico, quindi sto al tema di questa audizione: la scoperta dell'archivio. Credo che da questo dipenda poi il tipo di indagine, su cui giustamente il signor Ministro non entra nel merito, come veniva chiesto prima dal collega Grìmaldi. Ci troviamo di fronte, ha detto più volte il Ministro, ad un archivio di deposito. Se ho ben capito l'archivio di deposito è un archivio che in base alla legge è composto, come identità e struttura, di fascicoli che vengono ritenuti dal Ministero da porre in archivio, magari non più da consultare, o di lontana consultazione. lo credo che questo debba essere un tema di indagine di questa Commissione e che dobbiamo partire da qui: si tratta veramente di un archivio di deposito? Come è stato rinvenuto, per io meno dalle notizie che sappiamo e da quello che lei ci ha detto? Nel corso della consultazione del materiale di archivio del Viminale un perito dei dottor Salvini ha scoperto alcune anomalie, che non sono soltanto ia catalogazione, cioè ha cercato alcuni fascicoli e ha trovato alcuni fascicoli vuoti; altri fascicoli contenevano rinvii ad altri fascicoli non reperibili. Vi e' stato un apprezzabilissimo - questo è ritenuto da tutti, anche dallo stesso perito - comportamento di massima correttezza da parte dell'autorità di polizia di prevenzione, ed è giusto che noi come Commissione lo riconosciamo, ma qui sorge un problema di fondo relativo a faldoni che non risultavano catalogati, che probabilmente non dovevano essere in un archivio di deposito. Quindi questo non è un archivio di deposito, tanto è vero che vi erano fascicoli di riferimento nel deposito nella stanza 19 del Viminale, che però erano vuoti. Vi è poi un altro dato di fatto, cioè sono stati ritrovati alcuni reperti di un attentato commesso nella stazione di Pescara tra l'8 e il 9 agosto 1969. La cosa grave è che i reperti - qui ha ragione il collega Grimaldi - comunque non avrebbero dovuto trovarsi presso il Ministero dell'interno. Quindi non possono essere presso un archivio di deposito del Ministero dell'interno perché, in quanto tali, questi reperti sono stati automaticamente sottratti all'autorità giudiziaria, perché sono corpi di reato. Quindi dovevano essere presso qualche archivio di Tribunale.

Io credo quindi che non sia tiri fatto nominalistico; ho voluto essere breve e non fare deduzioni, che non devono essere fatte in una audizione, però io credo che questo sia un punto di partenza non nominalistico. Io credo che non sia giusto dire che ci troviamo di fronte ad un archivio di deposito, io spero che non tutti gli archivi di deposito siano così. Spero che gli altri siano archivi di deposito, questo non è un archivio di deposito, probabilmente è un archivio che non doveva essere, per lo meno per certe sue parti, certamente per il reperto, presso il Ministero dell'interno. Questo fa individuare, come diceva il collega Grimaldi, le responsabilità a catena dei precedenti Ministri del’interno, probabilmente è questo il punto di partenza giuridico e politico del problema.

MASONE. Questo era un archivio di deposito, come tutte le stanze che erano e sono occupate. Questa parte è una parte irregolare che è stata conservata lì. Ricordiamoci che nel 1993 l'Archivio di Stato ha fatto un censimento sommario (non so come, comunque ci sono i tabulati) dei fascicoli che c'erano: quindi non vedo tutta questa preoccupazione.

RUSSO SPENA. C'era una duplicazione; c'erano nell'archivio fascicoli vuoti, mentre li ritroviamo dentro l'archivio di deposito.

MASONE. E’ probabile che ci sia una situazione del genere, ma per verificare questo dobbiamo soltanto controllare i faldoni.

RUSSO SPENA. Non è probabile, è già stato accertato da voi.

MASONE. Lei dice per quanto riguarda alcuni fascicoli, pero non e detto che non siano nell'archivio generale. Noi non abbiamo mai detto una cosa di questo genere, assolutamente; forse sarà stato il perito, che ha fatto delle dichiarazioni che poi ha corretto, perché ha parlato di tre milioni di schedature, eccetera. Sono tutte indicate le stanze nelle quali sono stati collocati questi fascicoli, c'è stato un censimento, sono stati portati via in maniera irregolare, non abbiamo dubbi. Intanto non erano regolari in origine, perché ci doveva essere la classificazione; per questo motivo ci siamo mossi, per questo motivo siamo qua per rendere conto e per questo motivo abbiamo informato l'autorità giudiziaria. E’ facile poter anche sentire, interrogare, eccetera, però ricordatevi che l'accusa poteva e può essere diversa.

SARACENI. Ringrazio il Ministro per la disponibilità. lo sono fra quelli che sì riservano di capire alla stregua dei contenuti, però un contenuto già lo abbiamo in termini di certezza, un contenuto improprio: il reperto, il timer. Chiedo quindi se già allo stato il Ministro e il Capo della polizia si siano fatti un'idea delle ragioni per le quali stava lì: dolo, sciatteria, disguido? Può darsi che non abbiate ancora una risposta, me ne rendo conto, sarebbe del tutto serio e responsabile che vi riserviate una risposta, ma se per caso ce l'avete, dato che questo è un punto dolente della questione, datecela.

MASONE. Per quello che ho potuto accertare in relazione a questo caso specifico, questo reperto ci è stato trasmesso dalla Polfer di Ancona, che era competente come Polfer su Pescara, perché l'autorità giudiziaria aveva disposto la trasmissione; dopo di che lo troviamo agli atti nostri non restituito. L'autorità giudiziaria aveva chiesto alla Polfer di trasmetterlo alla direzione centrale della Polizia di prevenzione probabilmente - ho verificato anche questo, ma non ho trovato conferme -per sottoporlo a perizia della polizia scientifica. Fatto sta che lo troviamo nel fascicolo. Allora può darsi che il magistrato abbia chiesto che fosse rinviato e poi non lo abbia richiesto: in tal caso, vi sarebbero eventualmente due negligenze. Non credo che possa trattarsi di altro se non di qualcosa del genere.

SARACENI. All'epoca non erano infrequenti cose di questo genere.

PRESIDENTE. Diamo la parola al Ministro per le conclusioni.

NAPOLITANO. Innanzitutto ringrazio per il contributo fornito. Ho preso nota dei quesiti che sono largamente coincidenti con gli obiettivi che ci poniamo, nonché dei suggerimenti sul da farsi e dei problemi complessi che sono emersi. Concordo sul problema sollevato dall'onorevole Grimaldi e cioè come arrivare ad un giudizio sull'accaduto, non essendo più nella nostra disponibilità tutto il materiale che è stato acquisito dall'autorità giudiziaria. Questo è realmente un problema concreto al quale cercare di dare una risposta.

Sottolineo la contraddittorietà dei dati di cui disponiamo. Se si fosse voluto definitivamente sottrarre una serie di atti alla ricerca della verità su casi scottanti la soluzione idonea era...

CORSINI. Di solito chi fa le stragi non lascia tracce.

DE LUCA Athos. Per ricattare qualcuno le prove ci devono essere da qualche parte.

NAPOLITANO. Le tracce dunque, più o meno significative questo si vedrà, sono state collocate in una grande quantità di documenti. Non sono state fatte, per esempio, operazioni di scarto che sono previste: anche su questo varrà la pena di riflettere e cioè come vengono effettuate. queste operazioni di scarto (ci sono delle direttive degli inizi degli anni ottanta che valgono per tutti gli archivi); a queste decisioni inoltre spesso segue la distruzione attraverso inceneritore,

Quello che voglio dire è che documenti importanti potevano essere eliminati: forse è accaduto e non lo sappiamo. Ci sono invece elementi, in alcuni casi clamorosi, circa l'indifendibilità della collocazione: nessuno può difendere la collocazione del reperto o di frammenti insieme a carteggi di vario genere. Sono inoltre stati messi per alcuni anni in stanze numerate del Viminale cui potevano accedere gli archivisti: addirittura una ditta privata, Acta, è stata incaricata dall'Archivio di Stato di fare questo censimento ma si è fermata - pare - per mancanza di mezzi; aveva il compito di aprire fascicoli, si è invece limitata ad un censimento sommario (tra l'altro questi tabulati sono molto difficili da interpretarsi). L'Archivio di Stato aveva dunque preso in carico questo materiale per censirlo, ma al suo interno c'erano forse elementi che si volevano occultare? Sì tratta dì interrogativi ai quali al momento non so dare una risposta ma bisognerà far luce e saremo facilitati in ciò dalla conoscenza dei contenuti, più o meno rilevanti, reticenti o parziali, o magari devianti.

Vi ringrazio ancora per le questioni sollevate: ho preso nota e ritengo che potranno formare oggetto di successivi sviluppi del nostro dialogo.

PRESIDENTE. Ringrazio il Ministro dell'interno e il Capo della polizia per la loro disponibilità. Ringrazio anche tutti i commissari per il contributo fornito a questa seduta che mi e sembrata sicuramente interessante, ma ovviamente interlocutoria.

La seduta termina alle ore 18,55.

 

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