Commissione parlamentare d'inchiesta sul terrorismo in Italia e sulle cause della mancata individuazione dei responsabili delle stragi

25ª SEDUTA

MERCOLEDI’ 16 LUGLIO 1997

Presidenza del Presidente PELLEGRINO

Indice degli interventi

PRESIDENTE
DELLE CHIAIE
CORSINI (Sin.Dem.-l'Ulivo), deputato
DE LUCA Athos (Verdi-l'Ulivo), senatore
FRAGALA' (AN), deputato
MANCA (Forza Italia), senatore
MANTICA (AN), senatore
PALOMBO (AN), senatore
SARACENI (Sin.Dem.-l'Ulivo), deputato
ZANI (Sin.Dem.-l'Ulivo), deputato

 

La seduta ha inizio alle ore 20,15.

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la seduta.

Invito il senatore Palombo a dare lettura del processo verbale della seduta precedente.

PALOMBO, segretario, dà lettura del processo verbale della seduta del 1° luglio 1997.

PRESIDENTE. Se non vi sono osservazioni, il processo verbale si intende approvato.

 

COMUNICAZIONI DEL PRESIDENTE

PRESIDENTE. Voglio comunicare al colleghi, innanzi tutto, che oggi pomeriggio la Commissione affari costituzionali del Senato in sede deliberante ha approvato la legge di proroga della Commissione. Voglio dare atto a tutte le forze politiche della piena lealtà nella occasione dimostrata, sulla base della decisione che la maggioranza della Commissione ha assunto. Voglio ringraziare per questo atto di fiducia che ovviamente riguarda il plenum della Commissione, ma riguarda anche la sua Presidenza.Un collega della Lega, Tirelli, aveva avanzato per la verità il problema del carattere indefinito del termine di finalizzazione dell'inchiesta, fino alla fine della XIII legislatura. Io mi sono sentito di assicurare alla Commissione affari costituzionali per lo meno il mio impegno, per fare in modo che abbastanza presto la nostra Commissione possa cominciare a discutere ed eventualmente approvare testi di relazioni conclusive sia pure limitati ad alcuni degli aspetti delle varie inchieste che ci sono state affidate: per lo meno per quelle vicende più lontane nel tempo per le quali continuo a pensare che abbiamo già sufficienti elementi per poter consegnare al Parlamento il nostro giudizio. Anche recenti audizioni, recenti atti di inchiesta e recenti acquisizioni ogni giorno di più mi confermano della confluenza di una serie di indicatori che ci consentono di ricostruire per lo meno per larghe linee il disegno della storia di quegli anni.

Comunico inoltre che, dopo l'ultima seduta, sono pervenuti alcuni documenti, il cui elenco è in distribuzione, che la Commissione acquisisce formalmente agli atti dell'inchiesta.

Comunico altresì che il senatore Taviani ed il signor Morucci hanno provveduto a restituire, debitamente sottoscritti, ai sensi dell'articolo 18 del regolamento interno, i resoconti stenografici delle loro audizioni svoltesi rispettivamente il 1° luglio ed il 18 giugno scorso, dopo avervi apportato correzioni di carattere meramente formale.

Per quanto riguarda l'inchiesta su Ustica, nel corso dei contatti recentemente avuti con il giudice istruttore Priore, questi non ha mancato di sottolineare l'importanza che, ai fini della sua indagine, potrebbero rivestire i dati tecnici necessari alla lettura completa dei tracciati radar acquisiti all'inchiesta giudiziaria, dati tecnici in possesso delle autorità Nato e tuttora coperti da vincolo di segretezza. In relazione a ciò e su suggerimento dell'apposito gruppo di lavoro sul caso Ustica, ho ritenuto opportuno redigere, d'intesa con i Vice Presidenti della Commissione, una lettera diretta al Presidente del Consiglio, nella quale auspico un suo intervento presso gli organi Nato e della quale, prima di indirizzarla all'onorevole Romano Prodi, vi do ora lettura:

"Signor Presidente,

l'inchiesta giudiziaria sul disastro aereo di Ustica, giunta alla sua fase conclusiva, ha potuto avvalersi di importanti acquisizioni tecnico-processuali. Fra queste ultime mancano peraltro alcuni dati essenziali ai fini della ricostruzione e della interpretazione degli avvenimenti: ciò mentre la procedura istruttoria, ancora in corso, è destinata ad esaurirsi entro pochi mesi alla data non più rinviabile del 31 dicembre 1997. La Commissione parlamentare di inchiesta che ho l'onore di presiedere, pur restando nell'ambito dei suoi compiti istituzionali, già da diversi anni ed in ossequio al mandato ricevuto ha portato il suo esame sulla vicenda, seguendo con attenzione le fasi della istruttoria e, alla occorrenza, facendosi interprete delle esigenze di verità e di giustizia avvertite dalla opinione pubblica. La Commissione ha constatato che - affinché l'indagine istruttoria possa concludersi con la maggiore chiarezza e completezza possibile - restano ancora da acquisire presso le competenti autorità della Nato i dati dei codici di identificazione dei Sif relativi al velivoli dei quali è stata registrata la presenza alla data del 27 giugno 1980, nelle ore precedenti ed in quelle successive alla scomparsa del DC9 Itavia. Se tali codici - per i vincoli discendenti dalla loro particolare riservatezza - non potessero essere consegnati all'autorità giudiziaria italiana, sarebbe necessario almeno acquisire la loro interpretazione, in modo da rendere possibile la identificazione dei velivoli. La Commissione Le rivolge, mio tramite, signor Presidente, l'invito a far valere in via ufficiale, presso il Comando Nato di Bruxelles, le ineludibili e pressanti esigenze di giustizia sopra dette, sì da poter favorire l'utile conclusione dei lavori della magistratura. E’ inoltre necessario, sempre ai fini della completezza dell'indagine giudiziaria, che gli Stati Uniti, la Francia e la Libia forniscano una risposta positiva alle richieste di rogatoria rimaste a tutt'oggi inevase. Sono certo che Ella vorrà rendersi interprete, nella maniera più efficace, delle istanze che Le ho segnalato e, a nome della Commissione e mio personale, Le manifesto la mia gratitudine per quanto Ella vorrà compiere nell'interesse del nostro Paese. Molti distinti saluti. Giovanni Pellegrino"

Se non ci sono osservazioni, proseguirà nell'inoltro di questa lettera.

 

SU ALCUNE NOTIZIE APPARSE SUI GIORNALI CON RIFERIMENTO ALL’ATTIVITA’ RISERVATA DELLA COMMISSIONE.

PALOMBO. Signor Presidente, forse non è questo il momento di intervenire, visto che dobbiamo affrontare un'audizione, ma sono estremamente preoccupato per il comportamento di alcuni colleghi della Commissione. L'agenzia Ansa ha pubblicato notizie relative all'audizione del generale dei carabinieri Francesco Delfino, che sono state pubblicate su "II Giornale" malgrado alcuni passaggi fossero avvenuti in seduta segreta. Questo non è il primo caso di sconfinamento che si verifica da parte di alcuni colleghi che, non mantenendo l'impegno assunto in Commissione, vuoi per motivi politici di partito, vuoi per motivi personali, continuano a non rispettare quelle che sono le regole. E’ già accaduto quando ci siamo recati a Johannesburg; ci siamo ritrovati la sera, si è parlato, si è discusso, si è deciso di attendere il rientro a Roma. Arrivati la mattina alle ore 6 all'aeroporto di Fiumicino abbiamo trovato i giornalisti che erano già stati informati da Johannesburg di quanto era avvenuto ed erano stati forniti elementi che distorcevano completamente la verità. Lo stesso è avvenuto con il caso Ustica. La mattina alle ore 8 il giornale radio ha dato notizia che il giudice Priore aveva ricevuto la perizia, che aveva custodito gelosamente nella sua cassaforte. Dopo pochi secondi è stata resa la dichiarazione, rilasciata da una nostra collega, che era pienamente al corrente dei fatti. Lei, signor Presidente. concorderà con me che questo non è un modo serio di procedere. Questa è una Commissione seria e si devono rispettare le regole: chi non le rispetta è fuori da questa Commissione. Infatti, rilasciare queste dichiarazioni e presentare un'interrogazione, come quella presentata da un nostro collega, con delle imperfezioni e delle inesattezze (un membro della Commissione arriva a chiamare un reparto dell'Arma dei carabinieri, quale il Ros, reparto eversione dei Carabinieri) questo la dice lunga. Un parlamentare quanto meno dovrebbe capire che non esiste un reparto eversione dei Carabinieri; questo è grave anche per il danno che si è arrecato al generale Delfino sul piano morale, sul piano professionale e sul piano umano. La prego, signor Presidente, conoscendo il grande equilibrio con il quale lei conduce questa Commissione, di intervenire severamente perché episodi del genere non abbiano più a verificarsi e perché chi ha causato questi episodi, che non sono assolutamente accettabili, venga ridimensionato e gli si faccia capire che per scopi personali non può assolutamente gettare discredito su questa Commissione che sta svolgendo un lavoro veramente buono. Con questi atteggiamenti non si fa altro che creare ancora altre incertezze. Non si fa altro che creare nella gente stupore. Non si può andare avanti così, signor Presidente; quindi, la prego fermamente e caldamente di intervenire perché queste cose non si verifichino più. Se ognuno di noi si mette a fare il protagonista, allora ve ne sarebbero molte altre di interrogazioni da presentare; potremmo presentarne decine al giorno. Ma questo non è conveniente perché la Commissione deve portare avanti il suo compito e risolvere i problemi gravi che ha di fronte.

PRESIDENTE. Ringrazio il senatore Palombo per l'apprezzamento mostrato per la Commissione e per me. Per quanto riguarda il problema della violazione del segreto già altre volte avevo richiamato i colleghi alla necessità che questa norma vincolante la nostra attività fosse rispettata, ma vedo che i richiami non servono. Ho ricevuto le proteste telefoniche del generale Delfino. Ho detto che avrei sottoposto il problema ad un Ufficio di Presidenza. Questo avverrà nella giornata di domani. Esporrò i fatti all'Ufficio di Presidenza e tutti insieme dovremo prendere le decisioni adeguate. Il giudizio sui fatti spetterà quindi all'Ufficio di Presidenza nel suo insieme. Anch'io resto sconcertato di comportamenti che colpiscono per il loro carattere gratuito: posso anche capire che un membro della Commissione, anche da passaggi che avvengono in seduta segreta, possa ricavare determinati giudizi e valutazioni e che li ponga a base di un atto di sindacato parlamentare, ma non c'è bisogno di distribuire ai giornalisti copie del verbale né di trascrivere nelle interrogazioni frasi della parte segretata del verbale. E' il carattere anche gratuito di certe violazioni che mi colpisce, però di tutto questo parleremo domani. Per quanto riguarda Ustica, vorrei svolgere una valutazione diversa: dagli accertamenti che ho fatto, non provengono dal documento pervenuto in Commissione le informazioni di cui la collega si avvalse in quelle dichiarazioni alla stampa. Quindi, questo rimane fuori dalla nostra giurisdizione perché non ho il potere di sindacare il comportamento dei membri della Commissione se non in quanto tali e con riferimento alle notizie che apprendono all'interno di questa. Cerco di limitare il più possibile la seduta segreta proprio perché mi sono tante volte reso conto che si tratta di un segreto strano: una persona parla in seduta segreta, poi i colleghi scendono e già in sala stampa cominciano a raccontare tutto ai giornalisti. E’ una di quelle caratteristiche del mondo di oggi alla quale personalmente non mi so rassegnare però, proprio per questo, dobbiamo trovare un'intesa, un patto tra noi affinché le cose vadano meglio. Spero che lei almeno interlocutoriamente sia soddisfatto delle mie dichiarazioni, però ne riparleremo domani.

 

INCHIESTA SU STRAGI E DEPISTAGGI AUDIZIONE DEL SIGNOR STEFANO DELLE CHIAIE

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione del signor Stefano Delle Chiaie, il quale ha più volte chiesto di essere audito dalla Commissione, anche con lettere a me indirizzate; richiesta che poi ha ribadito attraverso interviste ad organi di informazione. Personalmente non ero favorevole a questa audizione non perché non la ritenessi utile in se, ma perché il signor Stefano delle Chiaie era già stato sentito a lungo dalla Commissione Bianco, la madre di questa Commissione; fu sentito in una lunghissima audizione del 9 aprile 1987 durata circa sette ore e mezza. Inoltre il suo punto di vista è acquisito anche da altre fonti alla Commissione, sia per quanto riguarda gli atti giudiziari sia per quel recente volume che lei ha pubblicato insieme a Tilgher che personalmente ho letto almeno un paio di volte. Quindi non ero favorevole all'audizione, ma spero di essere smentito. Da un lato vorrei che lei non ripetesse tutto quanto detto alla Commissione Bianco o tutto quanto ha scritto sul libro o quanto già dichiarato in altre sedi perché lo può dare per noto alla Commissione. Esiste un archivio a nostra disposizione di milioni di pagine, fatto da attività di inchiesta di altre Commissioni. Se dovessimo ripetere tutti gli atti di inchiesta ad ogni legislatura non riusciremmo a concludere alcunché. Quindi mi auguro che questa sera lei, signor Delle Chiaie, voglia aggiungere fatti nuovi, superare reticenze che dichiaratamente caratterizzano la sua audizione del 1987. In quella audizione vi è innanzitutto un grosso riserbo per tutto quello che attiene la sua attività fuori dell'Italia. Ad una domanda specifica posta da un deputato, lei dichiarò quanto segue: "Non le sto a raccontare come ho vissuto da latitante perché è un fatto mio personale". Sulla sua attività da latitante esiste una bibliografia cospicua, italiana ed estera, anche questa nota alla Commissione. Quindi la inviterei semmai a correggere questi giudizi, che sicuramente le sono noti, da parte di studiosi italiani e stranieri. Inoltre possiamo dare per noto ed acquisito alla Commissione quella lunga ed appassionata autodifesa sia della sua persona, sia del movimento di Avanguardia nazionale. Lei non contraddice, anzi sottolinea, la natura nazional-rivoluzionaria nella sua figura del movimento di Avanguardia nazionale, l'ha rivendicata. Quando parla di autodifesa, lo fa soprattutto in riferimento ad una accusa ricorrente di rapporti fra lei, Avanguardia nazionale ed apparati istituzionali; in particolare con l'ufficio Affari riservati del Ministero dell'interno. Gli atti acquisiti dalla Commissione ridondano di questa valutazione di una sua contiguità con l'ufficio Affari riservati del Ministero dell'interno sia con riferimento ad atti remoti (penso all'inchiesta sulla P2), sia in riferimento ad atti recentissimi ricevuti dal dottor Mastelloni all'interno dell'inchiesta Argo 16. Però ha sempre rivendicato come calunniosa questa valutazione e nell'audizione del 1987 individua diverse fonti della calunnia: ambienti dei Servizi, in particolare li identifica nel Labruna, in Maletti, sia nello stesso onorevole Almirante perché dice che in uno dei suoi incontri con Almirante, durante uno dei suoi ritorni in Italia da latitante, gli avrebbe detto che il Movimento sociale italiano non poteva permettere un movimento alla propria destra e quindi per questo insinuava il sospetto che lei ed Avanguardia nazionale fossero in realtà emanazioni dell'ufficio Affari riservati. Voglio però dire che la riservatezza sul ruolo da lei svolto all'estero, nei vari paesi dove è stato (Spagna, Cile, Bolivia e Argentina), rientra nel beneficio d'inventario con il quale qualsiasi organo d'inchiesta deve sempre acquisire atti di autodifesa. Per tutto il resto, la ricostruzione che lei fa del periodo che va dal 1969 al 1982 (ed il primo chiarimento che vorrei chiederle è perché si ferma al 1982 e non giunge fino al 1984) a me sembra abbastanza verosimile e credibile. Nel 1987 - tre anni prima che si conoscesse l'esistenza di Gladio - lei parla già di una struttura costituita in ambito Nato che, pensata con funzioni di contrasto al comunismo, sarebbe stata poi utilizzata a fini di stabilizzazione da parte del potere politico centrale, di governo. Lei accomuna a questa un'azione omogenea ed analoga da parte dei Servizi ed afferma più volte che frange del movimento nazional-rivoluzionario sarebbero state infiltrate, utilizzate e strumentalizzate e che quindi la strategia della tensione ebbe questa regia e questo tipo di operatori mirando ad un fine stabilizzante. Devo dire che questa versione dei fatti è verosimile e credibile; viene fatta con copiosità di fonti e personalmente la condivido. Però vorrei che tutto questo noi lo dessimo per acquisito, scontato: è il suo punto di vista che noi già conosciamo. Oggi ci interesserebbe sapere qualcosa di più, conoscere più nomi, sentirci raccontare più episodi. Su cosa fonda lei questa valutazione? In quali casi persone, giovani soprattutto, giovani della Destra radicale - uso questa terminologia e non quella di movimento nazional-rivoluzionario - sarebbero stati utilizzati e strumentalizzati da apparati italiani o esteri? Infatti dalle sue stesse dichiarazioni si evincono tentativi di strumentalizzazione, subiti anche da Avanguardia nazionale: lei parla di espulsioni di persone da Avanguardia nazionale perché in contatto con il Mar di Fumagalli, parla della chiusura di sedi perché ancora una volta sospettate di rapporti con i Servizi.

DELLE CHIAIE. No, infiltrate dal Mar.

PRESIDENTE. Poi dice che Guido Paglia che fu strumento di contatto per il noto incontro tra lei e Labruna in Spagna e che era presidente di Avanguardia nazionale...

DELLE CHIAIE. No, nel 1972 non lo era più; lo era stato.

PRESIDENTE. …per il semplice fatto di aver messo in atto due contatti, automaticamente usciva da Avanguardia nazionale.

DELLE CHIAIE. Non credo di aver detto questo. Comunque possiamo rivedere quegli episodi. Vorrei aver modo di chiarire, dato che non vado per deduzioni ma riferisco fatti vissuti da me.

PRESIDENTE. Le darò la parola per questi chiarimenti e poi la affiderò alle domande dei colleghi. Mi auguro comunque che lei ci dica qualcosa di nuovo. Tutte queste cose verranno valutate dalla Commissione: una mia valutazione l'ho già espressa, ma quella che conta è la valutazione collegiale della Commissione. Al quadro d'insieme che allora lei delineò, aggiungerei come oggetto della sua autodifesa non solo Avanguardia nazionale, ma anche il Fronte nazionale. Lei nega non solo di aver partecipato al golpe Borghese, ma addirittura che questo golpe ci sia stato e sostiene si sia trattato di una montatura di Labruna e Maletti. Dimostra ancora una fedeltà nel ricordo della figura di Borghese: in uno dei suoi incontri con Almirante aveva ottenuto da quest'ultimo la promessa di una candidatura al Senato per Borghese.

DELLE CHIAIE. Sì, a Reggio Calabria.

PRESIDENTE. Il collegio non lo disse nell'audizione del 1987, che ho descritto per grandi linee anche per i colleghi, perché forse non tutti hanno letto a lungo questa sua deposizione alla Commissione Bianco. Rispetto a questo quadro d'insieme, a questa autodifesa, lei oggi cosa ritiene di dover aggiungere? Sono passati dieci anni, molte cose sono note e dai giornali avrà saputo quali avanzamenti stanno facendo diverse indagini. Per esempio, alcune cose che lei diceva nel 1987 anticipavano le indagini di Salvini: infatti allora lei lanciò chiare indicazioni su possibili collegamenti di ambienti della Destra radicale del Veneto con apparati dei Servizi, anche se manifestò un giudizio comprensivo ed umano su Pozzan, mentre su Ventura dette giudizi nettamente negativi. In qualche modo diverse persone vicine a Ordine nuovo vengono da lei sospettate di essere nelle mani dei Servizi: ci sono riferimenti al gruppo toscano di Cauchi. Tutto questo però diamolo per acquisito; non ripetiamo le cose dette nel 1987, anche perché da quello che ho detto fino ad ora mi sembra di aver dimostrato che le ritengo interessanti. Però le conosciamo già ed oggi vorremmo sapere qualcosa di nuovo. Se lei potrà dirci qualcosa di nuovo e di importante il mio iniziale sfavore a questa audizione potrà essere corretto. Avrei piacere di dover constatare di essermi sbagliato.

DELLE CHIAIE. Signor Presidente, innanzi tutto devo comunicarle che, scontando io attualmente una pena alternativa, un affidamento sociale, a causa di un incidente stradale avvenuto nel 1990 nel quale morì la mia compagna, devo rientrare a casa alle ore 21. Ho chiesto un permesso illimitato e mi è stato concesso solo fino all'una di questa notte. Comunque questa situazione avrà termine sabato e quindi potremo eventualmente rivederci. Prima di tutto devo dire che è vero quanto lei ha detto circa le dichiarazioni da me fatte nel 1987, però allora fui ascoltato a pochi giorni dal mio rientro dall'estero, dopo diciassette anni di assenza. E’ anche vero però che ho letto la sua relazione e che questa non tiene in alcun conto quanto da me detto nel 1987. Allora, se dopo le cose dette nel 1987, se dopo il libro che lei ha letto due volte, la relazione ricalca fedelmente quanto viene detto dal giudice Salvini e quanto una storiografia assolutamente disinformata ha ripetuto per anni massacrandomi (perché mi hanno massacrato, senza darmi la possibilità di far udire le mie proteste, se non attraverso lo strumento della querela, che peraltro nessuno sa se ho vinto o perso e quindi il massacro continua) allora lei non può dirmi che sono benvenuto a meno che non mi difenda e non ripeta la mia autodifesa. Non potete dirmi che a voi interessa poco perché già la conoscete, in quanto evidentemente non tutti la conoscono e se la conoscono non è stata tenuta assolutamente in conto.

PRESIDENTE. Mi faccia dire una cosa. Lei ha letto una proposta di relazione, che quindi impegna me e non la Commissione. Il libro scritto da lei e Tilgher l'avevo letto prima di scrivere la relazione; il suo interrogatorio l'avevo letto prima di scrivere la relazione. Può darsi che la Commissione faccia una valutazione diversa e si convinca della sua autodifesa, ma per me, per il compito istituzionale affidato alla Commissione, non è importante - anche se capisco che per lei è molto importante - sapere se gli apparati si siano serviti di Avanguardia nazionale o di Ordine nuovo, se questo è vero per Delle Chiaie o è vero per Cauchi. Per il nostro compito istituzionale tutto ciò ha importanza relativa, perché noi non siamo giudici, noi non pronunciamo sentenze; ma se noi potessimo dire al popolo italiano, con un giudizio condiviso, che vi è stata una strategia della tensione, che essa ha avuto come protagonisti anche pezzi di apparati dello Stato, che vi sono responsabilità politiche, che quegli apparati dello Stato si sono avvalsi di frange del movimento nazional-rivoluzionario - ripeto le sue parole - penso che ciò sarebbe sufficiente ai fini del lavoro che dobbiamo svolgere: questo indipendentemente dal fatto se la frangia di cui i Servizi si sono avvalsi sia stata Avanguardia nazionale o sia stata Ordine nuovo.

DELLE CHIAIE. Signor Presidente, ritengo che prima di giudicare dovrebbe farmi finire di parlare; credo anche di poter dire molte delle stesse cose cercando di incastonarle nei tempi giusti, facendo comprendere quello che è avvenuto, almeno dal nostro punto di vista. Spesso leggo infatti di episodi mai accaduti, di nomi mai conosciuti, di fatti che non ci riguardano e che, mi permetta signor Presidente, vengono collegati con noi. Lei dice che si tratti di Delle Chiaie o di un altro è la stessa cosa; è chiaro, ma lei non è Delle Chiaie; è un po' come la barzelletta di quello che dice: "tanto io non mi chiamo Antonio, però mi menano". Mi permetta allora, per quanto riguarda la mia storia e la storia dei militanti che hanno combattuto per anni in questo paese, di avere il diritto di difendere il mio ed il loro onore. Lei ripete un mio dire circa una struttura in funzione Nato utilizzata per la stabilizzazione. E’ vero, ma le dirò di più: noi abbiamo iniziato a parlare di stabilizzazione quando tutti i nostri accusatori, politici e magistrati, parlavano di destabilizzazione in funzione di un progetto rivoluzionario. Vi sono documenti che dimostrano questo. E quando noi nei processi cominciammo a parlare di stabilizzazione ci fu detto che cercavamo di deviare il discorso, di confondere le acque. Mi spiace che non sia qui presente stasera un magistrato che è stato mio pubblico ministero, perché potrebbe testimoniare - sembra strano - che ad esempio io non sono mai stato molto cauto nel riferire i miei movimenti all'estero, assolutamente. Ho risposto in quel modo alla Commissione perché anche con quelli si tentava di massacrare la mia persona, perché nelle aule spesso gli avvocati di parte civile ed i pubblici ministeri insinuavano che io fossi stato foraggiato dai Servizi per sopravvivere e quindi non riconoscevo il diritto di farmi una domanda già offensiva nel suo stesso contenuto; i motivi erano questi e non altri. lo ho parlato nel processo di Bologna (e ci sono i miei verbali) del Costa Rica, dell'Elp, di tutte le cose che Salvini poi riprende; ne ho parlato io, non me l'aveva chiesto nessuno, perché non ho da vergognarmi di nulla di quello che ho fatto. Lei poi mi dice che lo ho negato il golpe Borghese. No, sempre a Bologna ho parlato di pseudo golpe Borghese perché vi è stata una assoluzione, e non entro nel merito di questa. Ho detto che il processo Borghese, e ne parleremo dopo, è stata una costruzione a tavolino perché, lo diciamo subito, sotto le piste nere sparissero le piste bianche dei complotti del '73 e del '74 che nulla avevano a che vedere con il golpe Borghese. Questo io ho detto. E’ strano che nel 1974, quando emerge una informativa del colonnello Condò che indica un complotto in atto, di cui facevano parte non certo fascisti ma uomini che erano del sistema e che venivano dalla Resistenza, come Pacciardi, come Sogno, come Spiazzi, ambiguo personaggio che è su tutti i versanti e su tutti i fronti, ed altri soggetti che ripeto nulla avevano a che vedere con il nostro mondo, immediatamente scattò un meccanismo sincronico: la dichiarazione di Andreotti che indicava in Giannettini il collaboratore dei Servizi, fino ad allora tenuto segretissimo (uno dei tanti segreti di Stato di questo Paese) ed il golpe trappola del generale Maletti che a Johannesburg vi ha mentito, come ha sempre fatto. Infatti egli riferisce (ho qui i documenti che comunque lascio insieme agli allegati a questa Commissione affinché ogni mia affermazione sia sorretta per lo meno, da un documento, a differenza di chi costruisce la storia sulle ipotesi e sulle probabilità) che qualcuno mi informò di una certa riunione preparata per il 1974, facendo intendere, se non sbaglio, che erano stati i carabinieri e che quindi io mi ero salvato. I fatti andarono diversamente. Nel 1974, immediatamente dopo le esequie del comandante Borghese - e questo è un fatto nuovo, signor Presidente - mi trovavo in Italia, rientrato clandestinamente. Non ero entrato con protezioni, nei processi è più che documentato; entravo attraverso un rio, un fiume che divideva il confine tra l'Italia e la Svizzera e che era il mio passaggio clandestino, non sono mai passato per le frontiere. Ebbene, ero in questo appartamento quando venne un camerata del Fronte nazionale, Giacomo Micalizzi, e mi disse che alcuni dirigenti del Fronte erano preoccupati perché giravano strane voci, vi erano strani contatti di alcuni personaggi del Fronte nazionale con gente che non si sapeva chi era...

PRESIDENTE. Può focalizzare l'anno?

DELLE CHIAIE. Era il 1974, precisamente il mese di settembre, immediatamente dopo i funerali del comandante Borghese. Ebbene, tra questi vi era Orlandini, del quale avevo chiesto l'espulsione nel 1971 al Comandante e l'avevo ottenuta; egli era stato esplulso nel 1971 dal Fronte nazionale. Micalizzi mi chiese di partecipare ad una riunione che in quel momento era stata convocata affinché si considerasse la situazione e si analizzasse l'atteggiamento di alcuni di questi personaggi ed anche per vedere il da farsi dopo la morte del Comandante.Io chiesi chi sarebbe stato presente alla riunione; tra i nomi mi fu indicato quello di Torquato Nicoli che nel 1969 era stato esplulso dal Fronte nazionale perché aveva rubato dei soldi, per motivi finanziari. Risposi allora al Micalizzi che non intendevo assolutamente partecipare ad una riunione ove era presente un soggetto espulso per motivi etici, tra l'altro dal comandante Borghese che era morto, quindi mi sembrava irriverente nei confronti del comandante Borghese partecipare ad una riunione insieme ad un soggetto da lui espulso. Non seppi più nulla di quella riunione; non vi andai, ma agli atti del processo del golpe Borghese (quindi documenti non nascosti, che si possono leggere ma che evidentemente non sono stati letti) Nicoli fa una dettagliata relazione di quella riunione, alla quale non partecipai assolutamente. Agli atti del processo vi è un verbale di Nicoli dove egli si stupisce del fatto che non sia andato alla riunione non conoscendo questo mio colloquio con Micalizzi. Va detto che contemporaneamente un altro collaboratore dei Servizi, del Sid, Degli Innocenti, cercava nel pistoiese delle cascine da affittare (anche questo dissi nel 1987, Presidente); in esse dovevano essere fatti confluire alcuni giovani dell'area, che il Presidente definisce Destra radicale, che sarebbero stati tutti arrestati e quindi si sarebbe accertata la volontà golpista della Destra radicale: e si sarebbe salvato chi? Coloro che erano emersi da quella velina del colonnello Condò. Fallita questa operazione - ecco la parte che definivo il montaggio del processo del golpe Borghese - voi tutti ricorderete i tre "malloppini" portati ad Andreotti: l'inchiesta sulla Rosa dei Venti, l'inchiesta sul complotto Pacciardi-Sogno e fu rispolverata l'inchiesta del comandante Borghese che era ferma dal 1971. I tre fascicoli diventano un solo fascicolo ed uno sarà il processo: il processo del golpe Borghese, affidato ad un amico dell'onorevole Andreotti, il magistrato Vitalone, il quale chiederà per noi ventidue anni, ventitre anni; si dirà che fu dato a Vitalone per salvarci, ma il dottor Vitalone in quel processo, se salva qualcuno, salva i Sogno, i Pacciardi, gli uomini del regime, non certo noi. Questa è la verità del 1974 che Maletti non vi ha detto. Quindi vi fu un'articolazione di atti e si lanciò il processo Borghese: tutto diventò processo Borghese e non si parlò più degli altri processi o delle altre inchieste che nulla avevano a che vedere con il comandante Borghese. Il golpe bianco del 1974...

PRESIDENTE. Mi faccia dire, questa è una risposta a quello che ci ha detto il senatore Andreotti: in qualche modo salva pure voi perché nel momento in cui scolla gli operatori di base, la truppa, dai comandanti rende tutto il disegno del golpe scarsamente credibile e pone i presupposti per la sentenza che poi è stata assolutoria.

DELLE CHIAIE. Mi scusi, Presidente, non ho capito. Ho vissuto... ma non riesco a capire...

PRESIDENTE. La sentenza di Abate, dal mio punto di vista, è in qualche modo figlia della requisitoria di Vitalone. In altre parole, Vitalone conclude con la richiesta di pene severe ma, proprio perché ha tenuto fuori dalla requisitoria una serie di cose, probabilmente determina la sentenza assolutoria.

DELLE CHIAIE. Signor Presidente, io ancora non conosco quali sono le cose che ha tenuto fuori...

PRESIDENTE. Ce le sta dicendo lei.

DELLE CHIAIE. ... perché anche le cancellazioni di cui parla il capitano Labruna riguardano gli altri due fatti, non riguardano il golpe Borghese. Anche la menzogna che Gelli fosse nel golpe Borghese, sapete come nasce? Io credo di sì. Nasce da una dichiarazione di Aleandri alla Commissione P2. Aleandri testualmente dice: "De Felice mi disse, mentre distribuiva una rivista, "Politica e strategia", che incontrò Gelli, il quale si fece carico dei contatti con i militari". "Politica e strategia" è uscita nel 1972! Il golpe Borghese è del dicembre 1970! Se i fatti non si collocano storicamente nelle date certe, si fa di tutte le cose lo stesso fascio, e non è vero! Lo stesso Maletti vi ha risposto e vi ha detto che il golpe Borghese nulla aveva a che vedere con le altre due inchieste. Vi sono riunioni di Pacciardi, di Sogno e degli altri che dicono: fuori, i fascisti non ci devono essere! E mai noi, mai noi ci saremmo accodati a Pacciardi o a Sogno! Quindi il golpe Borghese, comunque lo si voglia giudicare, se c'è stato, fu un tentativo, si, di destabilizzazione del sistema. Diversi sono la Rosa dei venti e il complotto Ricci, eccetera, che nulla hanno a che vedere - ripeto - con il golpe Borghese! Lo dico con fatti, non con parole.

PRESIDENTE. Le do atto che lei sta dicendo sul golpe Borghese cose parzialmente diverse da quelle che disse alla Commissione Bianco nel 1987. Le voglio fare una domanda: lei conferma che era a Barcellona allora?

DELLE CHIAIE. Certo, certo. Non solo ero a Barcellona ma anche lì vi fu una deviazione contro di me perché il capitano Labruna disse che io ero entrato. La storia del mio ingresso nel Ministero dell'interno ancora oggi regge perché, membri della Commissione, leggo i libri di "esperti" della storia d'Italia e dei misteri dell'Italia che ancora dicono che Stefano Delle Chiaie è entrato al Ministero dell'interno e ha rubato le armi! Io non ero a Roma! E non mi difesi...

PRESIDENTE. Non gridi, non c'è bisogno.

DELLE CHIAIE. Mi scusi. Mi scusi, è il mio tono.

PRESIDENTE. Anche perché quello che resterà sarà il verbale.

DELLE CHIAIE. Signor Presidente, io non ho mai detto cose diverse, perché, dato che non mento...

PRESIDENTE. Dicevo "cose diverse" perché mi sembrava che stasera volesse dire che qualcosa c'era stato.

DELLE CHIAIE. ... quando non voglio dire una cosa non la dico, ma non mento. A Bologna ho detto: se il golpe Borghese c'è stato, io ne sono responsabile morale e politico e se non intervenni nel primo processo Borghese portando le prove della mia presenza a Barcellona, e non a Roma, è perché ritenevo vile da parte mia prendere le distanze da chi era nell'aula giudiziaria con le catene. Solo e solamente per questo. E solo e solamente per questo in appello io feci dire dai miei avvocati - e feci dimostrare - che ero a Barcellona. Malgrado questo ancora oggi si dice che io ero al Ministero dell'interno. E malgrado questo si parla di miei rapporti con i Servizi, quando il Labruna fu colui che inserì la falsa velina, o la falsa informazione, dicendo che si trattava di Delle Chiaie. Spesso sento parlare di strategia della tensione. Non so che cosa sia la strategia della tensione intesa così come la intendono i politologi della ricostruzione storica di questo paese. Io so quello che comunque dice Salvini e quello che ha detto lei nella sua relazione: che, cioè, esisteva in Italia una specie di Spectre della quale facevano parte tutti i movimenti radicali della destra, più il Mar del partigiano Fumagalli, più Sogno, più tutti quegli schieramenti più o meno anticomunisti, tutto sotto la regia della Cia. Dimenticavo. Nasce un nuovo tassello: Serac e Aginter Press. Anche noi evidentemente ci siamo chiesti che cosa è avvenuto in Italia e ci sembra che questa ricostruzione sia fantasiosa, prima di tutto perché conosciamo la nostra storia e i nostri atti; in secondo luogo perché ci sembra un metodo o un modo...

SARACENI. Una mozione d'ordine: quando dice "noi" parla per sé o per tutti? Per capire la ricostruzione dei fatti.

DELLE CHIAIE. Mi scusi, sono presuntuoso e spesso uso il nos maiestatis. Altre volte il "noi" si riferisce a me e ad altri camerati con cui ci siamo consultati.

SARACENI. Per noi è importante capire se il soggetto è plurale.

DELLE CHIAIE. Certo, ci siamo consultati per cercare di capire quello che era accaduto. E’ quanto avviene con Vinciguerra.

PRESIDENTE. Questo lo ha chiarito a lungo alla Commissione Bianco: quando dice "noi" parla per sé e per quelli di Avanguardia nazionale, se ho capito bene, e del Fronte nazionale.

DELLE CHIAIE. Voglio aggiungere una cosa: anche per le analisi con Vinciguerra - di cui parleremo - uso "noi" perché gran parte di quello che dice Vinciguerra è ripreso dalle analisi teoriche che si facevano in Spagna. Ebbene, ho visto che è diventato fatto scientifico, verità scientifica. Questo mi terrorizza. Ma torniamo indietro. Si parla di questa Spectre, di questa struttura stranissima che agisce, tra l'altro, massacrando innocenti per fermare il comunismo. Innanzi tutto questo mi sembra un modo per allontanare le responsabilità, che sono qui in Italia, di coloro che nei Servizi e fra i politici furono comunque corresponsabili di quei fatti. Noi non abbiamo mai creduto al "Vecchio". Non sappiamo chi sia stato materialmente l'assassino nelle stragi, però sappiamo una cosa con estrema certezza: che dopo ogni strage - dico dopo ogni strage - un poderoso apparato fatto di uomini dei Servizi, di politici, di giornalisti e qualche volta di inchieste giudiziarie ha allontanato le verità dai responsabili e ha deviato verso coloro che responsabili non erano. E questo apparato potente non poteva essere un apparato...

PRESIDENTE. Questa è una dichiarazione che lei ha già fatto altre volte e che io riporto nella relazione: lei ha detto recentemente, tornato in Italia, che ci sono state le stragi è un fatto, che i Servizi hanno depistato è un altro fatto. Quindi lei ci vuole far capire che le ragioni dello stragismo e le ragioni dei depistaggi almeno in gran parte coincidono.

DELLE CHIAIE. No, se mi permette, io voglio dire questo: almeno per quanto mi riguarda (me senza gli altri) e per quanto riguarda noi (me con gli altri), non sappiamo chi è l'assassino delle stragi e - lo ripeto tranquillamente qui come l'ho detto sempre - noi reputiamo questi i nostri peggiori nemici oltreché assassini. Ma vi è stato dopo le stragi, dopo ogni strage, un apparato incredibile che ha contribuito ad allontanare la verità. Allora, prescindendo dalla responsabilità materiale di chi ha messo la bomba, ci siamo posti il problema: chi ha gestito lo stragismo? E a che fine è stato gestito lo stragismo? Noi rifiutiamo l'idea che sia stato gestito in funzione anticomunista. Ma, scusate, mi dovete dimostrare come fu colpito il Partito comunista dallo stragismo! Io ho letto le fasi della storia d'Italia: per noi le fasi sono diverse. Fino al 1945 la Resistenza è unita; nel 1945 la Resistenza va al potere e evidentemente obbedisce a Yalta: quindi, tutti d'accordo su quello che Yalta aveva deciso. Poi il 1948: fuori il Partito comunista, inizia la guerra fredda fuori e all'interno del paese. Ma questa guerra fredda termina nel 1956 con la distensione. Noi abbiamo elementi precisi nazionali e internazionali - e mi sono permesso di fare una cronologia con fatti precisi - che portano la prova di questo riavvicinamento indubbio sul piano internazionale che ha dei momenti di crisi, soprattutto dopo la destituzione di Kruscev e il timore che potesse risalire il livello della guerra fredda. Ma è indubbio che nasce già un avvicinamento che si riflette nel paese, e noi collochiamo la delega del potere all'Italia, da parte della capitale dell'Occidente, al 1949, quando cioè si autorizza l'Italia ad avere un proprio servizio di informazioni, il Sifar. Signor Presidente, è lì che io dico che, non essendoci il Sifar, vi era un'area anticomunista che poi rimane in contatto anche dopo la costituzione del Sifar, perché non tutti entrano nel Sifar, rimangono anche fuori e nasce quella struttura in funzione Nato. Me lo ricordo quello che ho detto, perché sono le cose che noi riteniamo che siano vere. Ma nel 1956 inizia la distensione e nel 1960 c'è il centro-sinistra: ma scusate, quale pericolo più era il Partito comunista in Italia per il Governo? Ma l'isolamento del Partito comunista, con la frattura del Fronte popolare, quale pericolo era? Quali erano i risultati elettorali che potevano far presagire una ascesa del Partito comunista sul piano elettorale in Italia? Meno che mai sul piano rivoluzionario, dato che c'era un accordo di carattere internazionale che era assolutamente rigido, e alcuni di noi lo hanno vissuto, poi ne parleremo, per esempio in Costa Rica, o in Bolivia, o in altri paesi. Abbiamo visto quale era questa grande lotta fra i due blocchi! Quindi noi abbiamo quest'altra fase, la fase del centro-sinistra, cioè del distacco del Partito socialista dal Partito comunista. Kennedy accelera questo processo, abbiamo le prove di questa operazione - anche qui ci sono degli allegati - e arriviamo ad un'altra operazione che nessuno cita; io non riesco a capire, ma noi ne parlammo nel 1987 a Bologna, cioè l'operazione di socialdemocratizzazione del Partito comunista che nasce nel 1970 parallelamente alla costituzione ufficiale della Trilateral commission, che associa al suo interno la grande finanza internazionale e l'Internazionale socialista. Noi abbiamo Brandt accanto ad Agnelli, abbiamo Benvenuto e La Malfa nella Trilateral commission, insieme a Kissinger, insieme ad altri; ma questi sono i fatti...

PRESIDENTE. Scusi, Delle Chiaie, lei ha scritto un libro, ne può scrivere un altro, ma la Commissione è interessata ai fatti; poi farà dei fatti oggetto della sua valutazione. Se lei ci dà una sua ricostruzione della storia del mondo, l'accettiamo, sarà una delle tante...

DELLE CHIAIE. Noi leggiamo le vostre ricostruzioni su di noi!

PRESIDENTE. Scusi, Delle Chiaie, questa alterità non l'accetto; noi siamo un organo parlamentare, c'è una proposta di relazione, è allo studio da parte della Commissione. Però io andrei più ai fatti. Per esempio, le faccio una domanda...

DELLE CHIAIE. Scusi, vorrei finire soltanto una parte perché ci tengo.

PRESIDENTE. Arriviamo alle stragi, arriviamo al 1969.

DELLE CHIAIE. Poi si può scrivere che lo stragismo fu in funzione anticomunista, però non si può dire che non è vero, perché si fece il compromesso storico, che facilitò l'eurocomunismo. E' tutto il contrario di quel che si vuol dire: dopo le stragi non c'è un'elezione in cui il Partito comunista perde, ma avanza sempre. Ma in che cosa le stragi fecero danno al Partito comunista? Ma come si può dire che fu una strategia inventata da questa Spectre, della quale noi avremmo fatto parte in funzione anticomunista, al di là dell'offesa di ritenerci stragisti.

PRESIDENTE. Questo l'ha detto lei. Lei ha detto nel 1987 alla Commissione Bianco che i Servizi si muovevano a favore di una stabilizzazione. Adesso aggiorna che la stabilizzazione era il centro-sinistra in prospettiva di un'ulteriore apertura. Per la verità nel 1987 lei parla di un contrasto interno al potere.

DELLE CHIAIE. Se lei mi fa finire ne parlo. Io ne ho parlato e dico qui che quando la delega fu data all'Italia, all'interno iniziò la guerra per bande. Uno dei primi motivi della guerra per bande fu lo scontro tra il centro-sinistra bloccato, Rumor, e il centro-sinistra in movimento, aperto ai comunisti, che poi inaugurerà la famosa strategia della attenzione di Moro. Ma ve lo ricordate sì o no? Io ho sempre detto che tutto è avvenuto all'interno del sistema per maggiori quote di potere fra gruppi interni al sistema, perché ne siamo convinti. Noi eravamo fuori da questo gioco e dall'apparato di cui parlo prima, quell'apparato stranissimo e possente che agisce dopo ogni strage. Vorrei chiudere questa parte. Io ritenevo che fosse anche necessario dire quelle che sono le nostre analisi rispetto alle analisi altrui: che tutta l'area radicale fu permeata di antiamericanismo. Per noi il nemico era l'americano, era il nord America. Nella nostra mentalità, nella nostra psicologia di lotta non esisteva lontanamente la possibilità di avere coincidenze con il blocco occidentale. Noi ci ponemmo il problema con chi schierarci in caso di terza guerra mondiale; e concludemmo che dovevamo andare in guerriglia contro entrambe le parti: era il nostro sogno, era il nostro romanticismo, ma questa è la nostra autentica posizione. Noi non fummo mai in nessun momento, in nessuna maniera, né attratti, né minimamente complici di uno dei due fronti. Quindi non è possibile assolutamente, non è consentito condannarci per cose diverse da quelle che abbiamo fatto. Vorremmo essere giudicati per quello che fummo, per quello che siamo, non per quello che gli altri vorrebbero che fossimo!

PRESIDENTE. Lei dice pure che il 1974 fu per voi un anno infausto. E’ una cosa che mi ha colpito.

DELLE CHIAIE. Ho detto infausto anche perché morì il comandante Borghese, per me importante, morì anche il generale Skorzeny, che io ammiravo, Radu Ghenea che era uno dei capi della guardia di ferro, Leo Negrelli e Julius Evola.

PRESIDENTE. Quindi il mutamento di politica statunitense non conta, non concorre a rendere infausto il 1974. La domanda che le sto facendo è questa: se il mutamento della politica estera statunitense del 1974 concorre o non concorre a rendere infausto per voi quell'anno.

DELLE CHIAIE. Ma io ho già detto che nel 1970 è iniziata questa strategia.

PRESIDENTE. Perché il 1974 è infausto? Lei mi ha spiegato perché, quindi il mutamento di politica statunitense non c'entra.

DELLE CHIAIE. C'è la strage dell'Italicus, c'è la strage di Brescia, c'è una repressione contro di noi. A questo proposito voglio dire una cosa, prendendo in considerazione questo 1973-74. Nel 1973...

PRESIDENTE. Nel 1974 cambia tutto; noi lo sappiamo e ne abbiamo avuto in questa legislatura una serie di riscontri. Il generale Maletti ci ha detto che nel 1974 il potere politico spiegò ai Servizi che dovevano difendere la Costituzione. Il senatore Andreotti ci ha detto che tornando al Ministero della difesa nel 1974 fece esattamente l'opposto di quello che aveva fatto nel 1956, quando per la prima volta era andato al Ministero della difesa.

DELLE CHIAIE. Avranno evidentemente elementi più certi; noi siamo più terra terra anche se, me lo permetta, quello che dice Maletti non è che faccia molto testo.

PRESIDENTE. Ma io noto queste coincidenze: il 1974 sembra da punti di vista diversi l'anno decisivo per tutti.

DELLE CHIAIE. Io l'ho detto con estrema semplicità e spontaneità, perché questo era quello che sentivo in quel momento. Non ricordo la domanda, ma io risposi praticamente per questo motivo.

PRESIDENTE. No, lei lo dice quasi incidentalmente.

DELLE CHIAIE. Sì, perché il 1974 fu un momento per noi triste, nel senso che perdemmo molti dei nostri camerati e nello stesso tempo in Italia avevamo una forte repressione, alla quale reagimmo. Reagimmo con una conferenza stampa - poi vi lascerò il testo - dove noi dicevamo le cose che oggi dicono molti. Era una conferenza stampa pubblica, ripresa dall'Ansa. Nessun magistrato all'epoca si preoccupò. Noi indicammo il tentativo di una provocazione che prevedeva il lancio di bombe a mano su un corteo di metalmeccanici; indicammo altre situazioni: nessuno, dico nessuno, le prese in considerazione. Questo è del 15 ottobre 1974, la conferenza stampa è del 14. Badate bene, questo testo è parte della nostra conferenza stampa, ripreso dall'Ansa. Io vi posso far pervenire le altre parti. Inchiesta per le trame nere: le trame sono bianche e non sono nere. Nessuno, nessuno fece caso, nessuno ci chiamò per dirci: ma fateci capire una cosa, come sapete voi che vogliono buttare le bombe. Facevamo nomi e cognomi di chi era stato chiamato per tirare le bombe, avevamo le dichiarazioni scritte. Nell'aprile 1973 inviammo questa circolare interna: "Siamo a conoscenza di un vasto piano provocatorio che tende a far ricadere sulla nostra organizzazione la responsabilità di una serie di ignobili fatti delittuosi. Questo piano viene attuato da uomini del regime specializzati al riguardo. Allontanare elementi sospetti, facendo pubblici nomi; chiudere nel modo più assoluto l'adesione ai gruppi: imporre più che mai una rigida disciplina; segnalare al centro qualunque discorso o proposta sospetta, da qualunque parte provenga".

DE LUCA Athos. Chi sono questi "uomini del regime"?

DELLE CHIAIE. Per esempio, in Calabria ci fu un attentato, fu preso un signore che si diceva iscritto ad Avanguardia nazionale: disse che era un sottufficiale, Arrigo: vi farò vedere questa velina del Servizio che dice: "Risulta sconosciuto a questo Servizio". Era la formula normale, anche per Osmani che aveva provveduto al passaporto procurato a Labruna per incastrarmi, c'è una velina che dice che i movimenti di Labruna "risultano sconosciuti a questo Servizio". Però su Delle Chiaie si riferisce che ci sono voci che dicono che sia un confidente del Ministero dell'interno. L'8 giugno 1974, dopo Brescia, personalmente inviai una lettera a tutti gli iscritti (si tratta di date certe, perché queste carte sono state sequestrate)...

PRESIDENTE. Quanti erano gli iscritti ad Avanguardia nazionale?

DELLE CHIAIE. Inviai la lettera a tutti i responsabili delle sedi.

PRESIDENTE. Ma quanti iscritti aderivano al movimento?

DELLE CHIAIE. Questo esattamente non lo so, Presidente, sicuramente più di mille. Io ero fuori dall'Italia e molti non hanno mai inquadrato la mia condizione: dal 1970 ero fuori e sono entrato in Italia solo quattro volte, non ho potuto avere un rapporto reale, concreto, con la realtà italiana, per il poco tempo che riuscivo a stare qui. Tuttavia, dicevo, nel 1974 scrivevamo: "Viene dato per scontato un preteso collegamento di Avanguardia nazionale con le misteriose Sam, che farebbero capo a quel signor Fumagalli, ex partigiano, che, a quanto ci è dato di sapere, disponeva ed elargiva ingenti somme di danaro la cui provenienza non è stata ancora rivelata ... ". Quello che noi potevamo fare con gli scarsi mezzi che avevamo lo abbiamo fatto; non lo hanno fatto altri. Ma l'assurdo è che questi avvertimenti, questo nostro impegno di quel momento, nel tempo, si sono rivoltati contro di noi come accusa. Ho avuto un procedimento, per quanto riguarda il sequestro Orlando, in Italia. Io ho sequestrato Orlando per capire quale era la loro funzione di provocazione! E poi me lo trovo insieme a noi nella Spectre in funzione filoatlantica! Non lo so se questo può essere considerato serio. E vorrei risparmiarvi tutte le veline contro di noi: ce n'è una dell'ambasciata americana, contro di noi, dovete leggerla perché è veramente... Gli americani che... ci "proteggevano"! Questo fenomeno nasce nel 1973 quando sempre il generale Maletti...

PRESIDENTE. Scusi, Delle Chiaie, ma i vari paesi in cui lei è stato, Spagna, Argentina, Cile, si caratterizzano per una posizione antiamericana?

DELLE CHIAIE. Certo, la Bolivia non era stata riconosciuta dagli Stati Uniti quando c'ero io. Il Cile non aveva una ambasciata americana: l'ambasciatore era stato ritirato quando era stato revocato il riconoscimento.

PRESIDENTE. Ma i Servizi americani erano attivi in quei paesi. Non ci dica che nel Cile...

DELLE CHIAIE. Mi porti un documento che dice questo. Io sono pronto a fare il mea culpa se si portano delle prove concrete.

PRESIDENTE. La Cia, nel dicembre dell'anno scorso, ha fatto una mostra a Washington dove sono state illustrate tutte le attività di questa centrale dell'intelligence nel Sud America e in particolare nel Cile.

PALOMBO. Servizi occulti, certo, non ufficializzati.

DELLE CHIAIE. Questo non lo so e non lo posso sapere. So solo che l'ambasciata fu assalita, le suppellettili furono sottratte; successivamente vennero ritrovati due agenti della Cia, morti per disgrazia, uno sembra fosse caduto in una scarpata. Gli Stati Uniti fecero pressioni sul Cile che aveva nazionalizzato la Itt. Venne in Cile l'ambasciatore di Carter, Todman, a minacciare e a chiedere - l'ho detto nel processo - quattro cose precise, che non erano certo la libertà politica, bensì la libertà economica, la stessa che chiedevano nei paesi dell'Est: la privatizzazione delle miniere di rame, il ritorno dell'Itt, l'abbassamento e il licenziamento dalle strutture statali (un po' quello che accade adesso in Italia con questo nuovo clima di riforma liberale). Fino al 1976-1977 la Cina di Mao appoggiò il Cile. Dopo l'avvicinamento tra Stati Uniti e Urss, la Cina pose in atto una strategia in America latina e in Africa per rallentare l'espansionismo delle super potenze, ovunque poteva arrivare, in Angola come in Cile, arrivò. Poi entrò la cosiddetta "scuola di Chicago", i "boys di Chicago", e io me ne andai.

ZANI. C'è stato un colpo di Stato in Cile!

DELLE CHIAIE. Certo, lo conosco, nel 1973, è il colpo di Stato di cui parlavo prima, quando venne smantellata l'ambasciata americana, l'ambasciatore viene ritirato e vi furono degli incidenti, fino a quando Pinochet accettò i "boys di Chicago".

PRESIDENTE. E allora sono stati i "compagni"?

DELLE CHIAIE. C'erano anche "compagni" che lottavano contro i "compagni" cinesi, quelli dell'Unione Sovietica.

PRESIDENTE. Lei ha piena legittimità a ricostruire la storia del mondo, però in questo modo non riusciamo ad andare avanti. Torniamo ai problemi italiani, a questo concetto di fondo: lei ha detto che non erano Servizi deviati, dietro ai Servizi c'erano le responsabilità politiche. Frange del movimento nazional-rivoluzionario furono utilizzate: e sottolineo che si trattava spessissimo di giovani. Ci sono lunghissimi pezzi di quella sua audizione del 1987, in cui spiega quale trauma determinò in questi giovani il successivo accertamento di essere stati strumentalizzati. Potrebbe darci indicazioni più precise su questo.

DELLE CHIAIE. Lo abbiamo già detto.

PRESIDENTE. Ma noi vorremmo conoscere i fatti.

DELLE CHIAIE. Ma che significa "i fatti"? Lei prima ha detto: "Non è importante se fosse Delle Chiaie o un altro, l'importante è il fatto". Il fatto è lo scioglimento di Ordine nuovo, del 1973, che indubbiamente determinò una frantumazione dell'ambiente, tanto che nel 1975, Signorelli e lo eravamo preoccupati a tal punto (anche Lello Graziani) che tentammo quella che verrà chiamata la "riunificazione", poi fallita. Infatti - e risulta dagli atti - dopo la riunione in Italia, ce ne fu una a Nizza, dove facemmo un elenco di soggetti da controllare per capire se erano o meno collegati con settori di provocazione. Fra questi c'era Cauchi e c'erano altri. Badate bene che io sono stato vittima di voci e ho sempre il terrore di parlare di altri con sicumera e certezza, così come fanno molti.

CORSINI. Non ha paura di fare il delatore?

DELLE CHIAIE. Non è che ho paura: non sono un delatore e non ho l'animo del delatore. Fra l'altro ho due difetti: quello di essere fascista e quello di essere napoletano, quindi omertoso per nascita e discreto per politica.

PRESIDENTE. Su De Eccher però lei lancia un sospetto.

DELLE CHIAIE. Non mi può far dire cose che non ho mai detto. Non ho mai lanciato dubbi su De Eccher, lei si confonde con Vinciguerra: c'è uno sdoppiamento di persona. Ho sempre detto che De Eccher poteva essere troppo vicino ad un gruppo per cui poteva non obbedire interamente a noi, ma non ho avuto dubbi sul suo comportamento. Capisco che voi spesso parliate di soggetti che non conoscete. Quando si conosce un soggetto, il suo stile, il suo comportamento e si legge una certa cosa su di lui, si capisce che è falsa, a meno che evidentemente non ci sia una prova provata. Di questo mi sono lamentato, cioè che c'erano dei soggetti che purtroppo erano "a cavallo", ma è capitato sia a destra che a sinistra. Praticamente vi erano queste possibilità di osmosi e di vicinanza.

PRESIDENTE. Lei ha già detto altre volte con grande chiarezza che ritiene che anche elementi dell'eversione di sinistra abbiano potuto subire la stessa sorte.

DELLE CHIAIE. Per esempio, sono rimasto stupito quando ho letto Salvini che riporta che un soggetto della sinistra aveva contatti con Improta. Si trattava del figlio del regista Rossellini. Lui spiega questo rapporto, però non avanza sospetti su Rossellini. Se la stessa cosa fosse avvenuta sull'altro versante, praticamente sarebbe diventato un funzionario o un vice-funzionario di Improta. Questi sono i due pesi e le due misure. Anche a sinistra l'infiltrazione, è impossibile pensare che ci sia stata soltanto da un lato.

PRESIDENTE. Anche le Brigate rosse difendono la loro purezza complessiva.

DELLE CHIAIE. Anch'io credo alla purezza complessiva, non credo a queste strane operazioni machiavelliche di utilizzazione dei gruppi. Non avete idea di cosa erano i gruppi: erano a chiusura ermetica.

SARACENI. E allora il gruppo "22 marzo"?

PRESIDENTE. Mi inserisco nello spunto dell'onorevole Saraceni. Lei disse che voi avevate svolto un'inchiesta sul gruppo di Valpreda e in appena sette giorni avevate accertato che non c'entrava nella strage. In quella inchiesta, che il gruppo "22 marzo" fosse composto in parte di poliziotti lo accertaste o no?

DELLE CHIAIE. No. Le spiego pure che ci avevano detto che c'era un certo Andrea che stava in una pensione; arrivammo alla pensione e ci dissero che la polizia lo aveva arrestato. Questo è un documento sequestrato in via Sartori dove sono stampate da loro, non da noi, le cifre 61, 62. Si passa da una pagina dove sono riportate altre informazioni (noi raccoglievamo informazioni anche precedentemente) ad una dove sono riportate le informazioni sulla strage di piazza Fontana: il tassista Rolandi, prima della testimonianza su Valpreda, fece una riunione nella federazione del Pci. Si trattava di tutte le informazioni che noi andavamo raccogliendo per capire da dove veniva la strage di piazza Fontana. Prendemmo Ciccarella. Faccio i nomi, che voi siete in grado di riscontrare, perché i magistrati stranamente non lo hanno fatto. Questo è stato in mano alla Corte di Catanzaro, che, debbo dire la verità, è stata assolutamente puntigliosa e ha svolto un processo serio. Ciccarella era il giornalista che aveva intervistato Valpreda e Merlino. Noi l'abbiamo preso, l'abbiamo portato su via Asmara e in altri luoghi, abbiamo fatto delle domande, abbiamo effettuato delle registrazioni, cercammo di capire, ricostruimmo la giornata di Valpreda e di Mander. Dopo pochissimi giorni eravamo certi dell'estraneità di questo gruppo rispetto alla strage.

PRESIDENTE. Secondo l'onorevole Fragalà, le Brigate rosse avevano svolto un'inchiesta dello stesso tipo ed erano arrivati ad una soluzione diversa.

DELLE CHIAIE. Dovrei avere qui il fascicolo, lo voglio cercare. La tragedia è che queste inchieste sono state riprese più volte. Questa inchiesta delle Brigate rosse è arrivata a Catanzaro durante il mio processo nel 1988.

FRAGALA’. Si tratta dello stesso fascicolo che adesso secondo gli uffici giudiziari di Catanzaro non sarebbe reperibile. Lui ne ha una copia.

DELLE CHIAIE. Questo documento, che chiaramente non è il mio, dato che è evidente che non si tratta della mia grafia, è accompagnato da un foglio che riporta: appunti di Delle Chiaie. Questi sono appunti di Spiazzi che sono stati lasciati sul bancone di un'aula di giustizia, che furono presi da un avvocato e sono stati contrabbandati come miei appunti. Non trovo il fascicolo, comunque posso dirvi che il giudice Mastelloni (vi assicuro che non lo conosco e non credo di avergli fatto nulla di male) mandò a Catanzaro, durante lo svolgimento del mio processo, un fascicolo di un pentito delle Br, che mi impegno sul mio onore di farvi pervenire interamente. Ad un certo punto Mastelloni chiese di me a questo pentito, di cui mi sovverrà anche il nome mentre parliamo, e vi assicuro che dal verbale non si capisce perché chiede di me. Questi dice che le Brigate rosse avevano effettuato un'indagine e avevano accertato che Valpreda era collegato alla vicenda, cioè la vecchia versione che in un certo senso era scaturita grazie alle dichiarazioni di Ventura e che D'Ambrosio già aveva disarticolato e neutralizzato. La parte civile chiede, e io faccio associare la mia difesa, di ascoltare Franco Tomei, che purtroppo è morto, Bonavita e lo stesso interrogato. Arriva un telegramma secondo cui l'interrogato è introvabile, poi viene ritrovato, mentre vengono Tomei e Bonavita, i quali hanno testimoniato (ho anche i verbali e le cassette e se volete ve le farò pervenire). La sentenza di Catanzaro concluderà così dicendo: l'accusa ha tentato all'ultimo momento l'utilizzazione di due testimoni, i quali si sono risolti a difesa di Delle Chiaie. Questa cosa viene fuori di nuovo nell'agosto dell'altro anno, perché una giornalista avendo evidentemente necessità del "golpe estivo" giornalistico pubblica nuovamente questa notizia, non facendo il nome del soggetto delle Brigate rosse perché avrebbe rischiato, quando invece era notissimo. Ho scritto una lettera alla signora Andreoli.

PRESIDENTE. Torniamo a piazza Fontana. Questa vostra inchiesta accerta l'innocenza di Valpreda.

DELLE CHIAIE. Immediatamente ci convinciamo di questo, no che lo accertiamo.

PRESIDENTE. Un uomo di governo dell'epoca recentemente ci ha parlato della probabile responsabilità di un colonnello dei carabinieri che non sapeva però che la banca era chiusa per cui la bomba scoppio quando doveva scoppiare e ammazza della gente. (Commenti del senatore Mantica). Questo ci è stato detto in sede di audizione.

DELLE CHIAIE. Spesso mi son sentito dire: allora ci dica chi è stato. Io non ci cado, perché è assurdo. Io non so, però, se non so, sono colpevole o sono complice o sono in qualche modo coinvolto.

PRESIDENTE. E’ logico che rifiuti.

DELLE CHIAIE. Voglio dimostrare cose che ritengo fondamentali per questa Commissione, anche per il giudizio futuro, perché Salvini rivaluta un pezzo importante delle deviazioni di questo paese, cioè la velina del 16 dicembre. Voglio dimostrarvi con i documenti e non con le chiacchiere, sfidando chiunque a dimostrare il contrario, che si trattò di una deviazione utilizzata contro il sottoscritto e Mario Merlino, che fu articolata in modo diabolico. Da chi non lo so, certo che Maletti non può dire a Johannesburg che non sa chi siano Santoni e Tanzilli, quando in un suo appunto c'è scritto: "Santoni e Tanzilli, si mette male". Ma cosa si metteva male? Si metteva male che non era loro la velina, perché avevano sempre detto che Serpieri aveva parlato solo dell'alibi.

PRESIDENTE. Su queste informative sono stati scritti volumi e sono state avanzate diverse ipotesi, cioè se fosse un depistaggio doppio o addirittura triplo, dato che vi si mischiano i vari Delle Chiaie, Serac e Leroy; perché dicono che siete anarchici. Sono tutte cose note alla Commissione.

DELLE CHIAIE. Saranno pure note, però poi un giudice dice che la velina è vera.

PRESIDENTE. Perché su un fatto di storia ci possono essere impostazioni diverse.

DELLE CHIAIE. Io sono convinto che ci sono documenti che non avete a disposizione su questa velina. Innanzi tutto, conoscete la differenza tra la velina del 16 dicembre e quella del 17. Già quella del 16 era comunque manifestamente disinformata: vi si scrive che ero stato espulso dal Movimento sociale, mentre Merlino era diventato "cinese". Invece io ero andato via spontaneamente dal Movimento sociale nel 1956, non mi aveva espulso nessuno. Ma ci sono altri elementi che dimostrano la disinformazione o quanto meno la poca informazione dell'estensore della velina del 16. Quella del 17 cambia tutto: si parla di anarchici, sparisce il congegno elettrico, Delle Chiaie se ne è andato e non è più espulso: insomma, si corregge. Si è detto che questa velina non è stata trasmessa, è stata occultata.

PRESIDENTE. E' uno dei problemi: è un depistaggio che resta nascosto per moltissimi anni. E’ uno strano modo di depistare.

DELLE CHIAIE. Ho portato qui documenti che dimostrano che la velina fu portata al colonnello Alfarano, il quale infatti su di essa mi interrogò, come dimostra il verbale di interrogatorio. Perché allora si continua a dire delle cose, quando ci sono prove contrarie anche all'ufficio politico della questura?

SARACENI. Può ricordarci le date?

DELLE CHIAIE. Fui interrogato il 19 dicembre del 1969, dopo che Serpieri condusse gli uomini dei Servizi nella casa in cui stavo dormendo. E prima di questa azione c'è stata tutta una preparazione, dimostrata dalla corrispondenza interna al Servizio. Infatti, mentre nelle veline si dice che Delle Chiaie scappa, si nasconde, c'è un telex nel quale è scritto che abitavo in via Tuscolana 572 e che il 19 mattina sarei dovuto andare dall'avvocato Mariani a dire che Mario era a casa mia. C'è un telex dove queste cose vengono dette e quindi i Servizi erano al corrente di tutto. Peraltro la mia casa era sotto controllo dalla questura e Mario Merlino fu visto entrarvi. Quando contestai queste cose al dottor Improta al processo di Catanzaro...

PRESIDENTE. Restò tutto il giorno a casa sua Merlino?

DELLE CHIAIE. No, ma tra l'altro l'alibi non serviva a niente, perché lui arrivò da me alle cinque e quindi quell'alibi era inutilizzabile.

PRESIDENTE. Il problema di piazza Fontana non è soltanto capire chi ha messo la bomba alla Banca dell'agricoltura, ma anche chi le ha messe contemporaneamente a Roma all'Altare della patria e alla Banca romana.

DELLE CHIAIE. Quando parlo di piazza Fontana mi riferisco al complesso degli attentati e quindi a quello che è avvenuto a Roma e a Milano. Si fece di tutto per invalidare l'alibi di Merlino, che alla fine risultò inutile, perché lui arrivò a casa mia alle cinque e tutto quanto era accaduto prima. Per quale motivo allora avremmo dovuto studiare quell'alibi? Per quale motivo avrei dovuto farlo venire a casa mia? E' un'assurdità. Tutto questo era conosciuto anche dalla questura e Improta a Catanzaro alle nostre contestazioni rispose che avevano sbagliato appartamento ed erano andati a via Tor Caldara. Poi ad un sottufficiale, che era venuto per altri motivi, si chiese dove abitavo nel periodo degli attentati e lui rispose subito: "A via Tuscolana". Questo è riportato nella sentenza. Ci sono due rapporti, uno dell'11 giugno 1970 del tenente colonnello Alfarano, ed uno del 17 febbraio 1975 per il capo servizio, dal quali si desume che la velina fu portata a Cudillo ed Occorsio. Quindi non soltanto fu ricevuta, come dimostra la firma sulla copia, da Alfarano e Provenza, che hanno dichiarato di averla ricevuta subito, ma c'è anche una frase di D'Ambrosio il quale dice che il tutto veniva raccolto a verbale dai magistrati. D'Ambrosio esprimeva meraviglia per il fatto che i giudici romani non l'avessero informato di conoscere l'esistenza di questa velina fin dall'aprile 1970.

PRESIDENTE. Recentemente il giudice D'Ambrosio ha confermato a questa Commissione che secondo lui quella velina è un depistaggio.

DELLE CHIAIE. Credo di sapere quale fosse l'opinione di D'Ambrosio, perché grazie a lui fui prosciolto e grazie ad altri nel 1982 ho avuto un mandato di cattura per la strage di piazza Fontana. Se il giudice Salvini dice di essere colui che prosegue il lavoro di D'Ambrosio, queste cose bisogna dirle. Quella velina non solo arrivò ai carabinieri ed alla questura, ma anche ai giudici. Per quale motivo si è creata questa leggenda? A chi serviva far credere che quella velina, che tra l'altro era una chiara deviazione, era stata occultata quando invece non lo fu?

SARACENI. Nello stesso interrogatorio del 19 dicembre le chiesero di Serac. Questa è un'ulteriore dimostrazione che avevano la velina. Ma perché i magistrati romani abboccano a questo depistaggio, secondo lei?

DELLE CHIAIE. Questo non lo so.

SARACENI. Perché abboccano sugli anarchici e non sul depistaggio che riguarda lei e Merlino, che peraltro aveva fornito un alibi falso?

DELLE CHIAIE. Le dico la mia opinione: questa velina nel 1969 ha molteplici obiettivi, il primo dei quali è coprire i responsabili e spostare le indagini.

PRESIDENTE. Sugli anarchici?

DELLE CHIAIE. Non soltanto sugli anarchici: Delle Chiaie è anarchico? Che ci si Indirizzi contro gli anarchici o contro Delle Chiaie, l'obiettivo è quello di coprire qualcuno. Si dovevano spostare le indagini e cioè rallentare una certa azione che probabilmente in quel giorni si stava sviluppando.

PRESIDENTE. Ci sono due livelli di depistaggio, infatti.

SARACENI. In quel momento anche i magistrati romani sapevano che Merlino aveva fornito un alibi falso, dato che all'inizio negò di essere stato a casa sua. Disse che ci doveva venire, ma che poi non c'era più stato.

DELLE CHIAIE. Poi si corresse.

SARACENI. Sta di fatto che Merlino era suo amico e faceva parte del gruppo "22 marzo". Gruppo che viene ritenuto responsabile in quel momento dai magistrati e dalle Forze di polizia. Perché se Merlino che, per così dire, era un suo uomo offri un alibi quanto meno incerto e contradittorio, lei venne "graziato" in quella prima fase delle indagini? Badi, non ho un atteggiamento accusatorio nei suoi confronti, sono solo interessato a capire perché lei fu "graziato" in quella prima fase di avvio delle indagini: per la telefonata di Fabruzzi, di Santillo, del vostro Guido Paglia?

DELLE CHIAIE. Paglia mi chiamò dalla sala stampa in un bar e mi disse: "Vieni subito, qui è un casino". Scappai alla sala stampa e cominciai a vedere i telex che arrivavano e dissi: vedrai che tutto si scaricherà su di noi.

SARACENI. Merlino sì e Delle Chiaie no. Perché? Questa è la mia curiosità.

DELLE CHIAIE. Ho capito benissimo. Datemi un po' di tempo per spiegare: mi rendo conto che molti passaggi sono ignorati. Quando viene fermato Merlino noi iniziamo le indagini. Questo è confermato anche da Stefano Serpieri. Si spiega l'interesse dei Servizi per Serpieri perché egli promette di riferire loro le nostre indagini e lo dice nel verbale di Catanzaro che non viene preso in considerazione da nessuno e che io ho allegato qui. Egli dice di aver accompagnato Stefano per le indagini; vi era anche un compagno che ci aiutava - perché collaboravamo con un certo settore - che ho rimproverato di non aver testimoniato al momento opportuno. Il Presidente chiede a Serpieri il motivo per cui non avesse detto prima queste cose ed egli risponde dicendo che nessuno glielo aveva chiesto. Immediatamente viene riferito l'alibi di Merlino perché solo quello Serpieri poteva aver sentito da Merlino. Non è vero affatto che Merlino e Serpieri furono in cella insieme; Serpieri e Merlino furono in una rientranza del corridoio insieme ad altri. Quindi, non potevano evidentemente parlare ed articolare un lungo discorso. Quindi, l'unico elemento di cui si viene a conoscenza è l'alibi di Merlino. Se leggete bene le veline che lascerò, la corrispondenza, la preoccupazione principale in quel momento dei Servizi era quella di invalidare l'alibi perché è questo che chiese Occorsio. Occorsio disse: vi è un alibi che deve essere smontato. Badate bene che sia Serpieri che Tanzilli dicono di essersi incontrati il 13 dicembre, non il 16. Anche su questo vi sono i loro verbali. Essi dicono di essersi incontrati il 13 dicembre. Pertanto il 13 dicembre Serpieri avrebbe detto a Tanzilli dell'alibi e gli avrebbe detto che lo avrebbe tenuto informato di quello che sarebbe riuscito a sapere. La velina esce il 16 dicembre. A questo punto deve essere accaduto qualcosa tra il 13 ed il 16 dicembre per cui era necessario tentare di rallentare le indagini. Il discorso è simile a quello della Cia e della Spectre. Quando mai si potrà provare che la Cia era responsabile? E' molto più facile provare che Maletti sia responsabile.

PRESIDENTE. Maletti nel '69 non era in Italia.

DELLE CHIAIE. Ho fatto un esempio, anche se - mi permetta - dopo evidentemente ha ereditato le responsabilità di quell'ufficio e dopo, vedremo, quando fu chiesto da D'Ambrosio di individuare le macchine con le quali erano state scritte quelle veline, perché - come dice Santoni - Maletti non dette nessun contributo tecnico e dall'elenco delle macchine ne mancano soltanto quattro che sembrano - guarda caso - le quattro macchine dell'ufficio D. E vedremo anche Giannettini come è collegabile con la velina. Ho una lettera autografa di Giannettini - una cosa nuova, signor Presidente - che chiede informazioni a Leo Negrelli in Spagna sulla Aginter Press un mese prima di fare quella velina che gli verrà chiesta di informazione sulla Aginter Press. Quindi, non sapeva nulla della Aginter-Press; non solo, quando viene interrogato da Salvini di cui dice: "dal '64 conosco Serac". Dopo vedrete la lettera autografa del 1970 dove, scrivendo a Leo Negrelli, gli chiede che cosa sia questa Aginter Press, gli chiede se ha notizie e Leo Negrelli risponde. Vi allego anche la lettera di Negrelli perché mi furono date proprio da lui dicendomi che un giorno mi sarebbero potute servire a proposito di questo signore.

PRESIDENTE. Di quale signore?

DELLE CHIAIE. Del signor Giannettini.

SARACENI. Ma lei non apparteneva alla Aginter Press?

DELLE CHIAIE. Dopo le spiegherò anche questo.

SARACENI. E Fabruzzi?

DELLE CHIAIE. Allora, lei vuole una risposta. Non mi sottraggo a nessuna risposta. Assolutamente. Ho un capitolo intero sulla Aginter Press dove parlo dei miei rapporti con Serac che rivendico, perché devo avere la prova provata che Serac non era quello che io ho creduto che fosse.

SARACENI. Il 19 dicembre allora ha detto una bugia. Non è vero che lei dice sempre la verità. Lei ha negato di conoscere Serac ai carabinieri.

DELLE CHIAIE. Certo. Aspetti. Ho un verbale di Romano Cantore di Panorama al giudice Migliaccio (non l'ho portato con me perché ritenevo fosse scontato), nel quale spontaneamente dichiaro di conoscere Serac. Badi bene, la nostra cultura di gruppi, da una parte e dall'altra, era quella di non rispondere né alla polizia né ai magistrati; non l'ho fatto nemmeno in tribunale. Non lo farei nemmeno qui.

SARACENI. Allora quando lei dice che è solo reticente deve pur dire che qualche volta racconta bugie.

DELLE CHIAIE. No. lo risposi in questo modo: è possibile che li conosco. Non ricordo di conoscerli ma non associo questo nome a nessun viso. Questo io risposi; questo è pacifico. Il mio verbale lo dice. Ricordo tutto; ricordo benissimo quello che ho detto. Io non sapevo perché me lo domandavano; era un'informazione gratuita, su un soggetto o su soggetti, che non ero tenuto a dare ai carabinieri. Tornando comunque alla velina, tra il 13 ed il 16 dicembre deve essere accaduto qualcosa per cui la situazione è precipitata ed è stata necessaria una informativa che deviasse, che rallentasse le indagini. A chi viene inviata immediatamente? Ai carabinieri ed all'ufficio politico, i primi ad indagare sul fatto e che cosa fa il Sid? Si fa schermo della legge che proibiva ad esso di indagare direttamente: quindi, manda l'informativa ai carabinieri ed all'ufficio politico; cosa che infatti avvenne allora; il magistrato comincia a chiamare perché arriva il documento ai magistrati che dice che Merlino è stato smentito nell'interrogatorio del 19. Da quel momento inizia l'azione tra magistrati e Servizi. Il magistrato vuole la fonte dell'informazione; non poteva utilizzare la velina anonima e lo dice; tra l'altro vi è un fatto; a loro interessava portare avanti il discorso iniziato. Badi bene che io, in quel periodo, vengo interrogato quattro o cinque volte da Cudillo ed Occorsio; non una sola volta. Quando mi allontano (e non mi allontano dalla finestra del bagno) ma normalmente dal tribunale, è perché un deputato mi avverte dicendomi che vi sono quelli della "Estiva", della Traduzione. Era luglio, non c'era nessuno, quindi pensava che fossero là per me. Mi consiglia di andare a piazza Mazzini dicendomi di lasciare fare a loro, gli avvocati. Ecco come io mi allontano. Io ancora non capivo. C'era stato già uno scontro con Occorsio e Cudillo. Queste cose lo le ho dette quando tutti gli attori erano vivi.

SARACENI. Si sta riferendo al favoreggiamento?

DELLE CHIAIE. , certo. Se si voleva stabilire chi diceva la verità allora bisognava farlo. Questo è il discorso; non capisco perché riemergono cose - e dopo parleremo di D'Amato - perché non posso tralasciare questo argomento, quello che veramente mi sconvolge e mi offende insieme allo stragismo e che veramente ha distrutto la mia esistenza interiore. Per voi è facile; non sapete che cosa significa vedersi sbattuti sul giornale con accuse infamanti. E’ terribile. Tutto questo continua da ben trent'anni. Allora, arriviamo al collage.

PRESIDENTE. Sono stati trent'anni di una vita piena però.

DELLE CHIAIE. Sì, Presidente, ma io voglio essere condannato per quello che ho fatto e non per quello che non ho fatto o per infamie che non ho commesso e che non ho mai neppure pensato o immaginato: una strage è fuori della mia cultura.

PRESIDENTE. Ma lei per piazza Fontana è stato assolto, non è stato condannato.

DELLE CHIAIE. Il 20 febbraio 1989, mi scusi se è poco, con una sentenza che dovrei incorniciare, che non so se voi avete, e devo ringraziare quella Corte sia di primo grado che di appello.

PRESIDENTE. Tra tutti i documenti che abbiamo vi sono almeno le sentenze!

DELLE CHIAIE. Per quanto riguarda il collage, si parla di Serac, della Aginter Press e di Leroy. Cosa si dice dei tre? Che avevano contatti con la Cina, di Berna, che avevano l'agenzia, che erano a Lisbona. Si dice che Serac ha 45 anni, che Leroy abita a La Seine sur Mer, Parigi (l'estensore è anche ignorante perché non sa che è una località sulla costa). .Ebbene, vi leggo queste notizie una per una e lascio il testo agli atti. Nota del 23 giugno 1967: si parla dell'agenzia Aginter Press con sede a Lisbona, agenzia diretta da un tale Serac di circa 45 anni. Nota del 14 aprile 1969: Serac si recherebbe spesso in Svizzera (ricordate la notizia? passa per la Svizzera per venire). Nota del 5 dicembre 1967: si avverte dell'imminenza di un viaggio di Serac a Roma e si raccomanda il suo controllo; quindi quando egli viene a Roma è controllato; nella velina si dirà che Serac ha rapporti con me, ma io ho avuto con lui un solo incontro prima del 1969, cioè in quel periodo, ed è chiaro che può essere stato detestato, soprattutto se si pensa che Serac veniva per incontrare (queste cose le ho sapute dopo) l'agenzia Oltremare di quel tale Giorgio Torchia che era in contatto con i Servizi. Nella nota del 21 gennaio 1966 si dice che Leroy è in contatto con l'Ambasciata di Cina a Berna e con quella di Parigi, a Marsiglia e nei dintorni (La Seine sur Mer), c'era tutto. Ma non solo. La falsa velina continua.

PRESIDENTE. L'attività filocinese di Leroy è vera o no?

DELLE CHIAIE. In parte è vera. Il gruppo filocinese di Roma, in contatto con l'analogo gruppo di Carrara. Questa notizia era stata data da Alfredo Sestili nel 1968 quando la questura romana tentò, attraverso promesse di lavoro e di denaro, di farmi accusare da alcuni miei camerati. Qui avete i verbali di Catanzaro dove Sandro Pisanò conferma la circostanza, c'erano altri nomi e li posso fare.

PRESIDENTE. Secondo lei sarebbe l'unico contatto, sia pure indiretto, che lei avrebbe avuto con D'Amato, se ricordo bene.

DELLE CHIAIE. Lei fa un errore con i manifesti cinesi. Le spiego. Nel 1968 scoppiano delle bombe a Roma alle pompe di benzina; ad un certo momento viene fatta la solita retata ed il dottor Improta ed il dottor Noce promettono ad alcuni elementi fermati dei benefici se mi accusano. Alcuni di questi mi faranno delle dichiarazioni che Almirante presenterà in Parlamento e che verranno invece poi contrabbandate come dichiarazioni contro di me. Ad uno vengono offerti dei soldi, il posto alla dogana, ad un altro che aveva un concorso al Ministero del tesoro viene promessa l'assunzione. Tra questi c'era un certo Sestili il quale mi rilascia una dichiarazione a "La pergola", una trattoria, in presenza di testimoni, dicendomi che gli avevano fatto fare un verbale però non lo ripeteva bene ed allora glielo avevano fatto cambiare. Mi dice quello che il verbale diceva e cioè che io avrei insegnato a lui a fare le bombe in una traversa di via dell'Acquasanta. Mi precipito a via dell'Acquasanta e quella traversa, nel periodo cui egli si riferiva, non c'era. Quando mi fermano evidentemente mi salvo dalla situazione: in seguito verrò condannato a tre anni e mezzo e poi assolto quando la Corte, con una sentenza anche in quel caso interessante, indica le falsificazioni effettuate. Quindi nel 1968 questo Sestili dichiara fra l'altro di essere stato infiltrato tra i cinesi e parla di questo gruppo analogo di Carrara che viene inserito nella velina del 16 dicembre. Non so se sono chiaro, so che vi sono delle cose che sembrano incredibili. Ricordate che nella velina si ipotizza che analoghi attentati all'Altare della Patria dovevano essere indirizzati alle banche; sempre nella stessa velina si preannunciano attentati presso i grandi magazzini. Nel corso dell'udienza del 18 novembre 1988 a Catanzaro il colonnello Genovesi dice che Serpieri poteva aver dato notizia sulle pompe di benzina, quindi il gruppo analogo di Carrara. Improta dirà invece che subito dopo gli attentati, tra le varie ipotesi di lavoro che furono fatte vi fu anche quella che gli attentati potessero avere scopo dimostrativo, nel senso che si ipotizzò anche che gli attentatori non volessero fare vittime e che vi fu un errore di valutazione. Fu fatta anche l'ipotesi che gli ordigni esplosi all'Altare della Patria fossero in realtà destinati alle banche. La notizia che attentati sarebbero stati probabilmente commessi presso i grandi magazzini circolava a Roma e Milano già prima del 12 dicembre 1969. Queste sono tutte notizie contenute nella velina. Come si fa a dire che non è stato un collage di notizie già in possesso dei Servizi, tra l'altro un collage fatto male, approssimativo? Non c'è una sola notizia nuova nella velina che non sia di quelle che essi avevano già all'interno degli archivi. Badate bene, questa velina è stata sottoposta a più verifiche anche con una serie di atti interni: non si saprà mai chi ha battuto l'appunto; Tanzilli smentirà; nel 1988, a Catanzaro nel mio processo, Marocco, il superiore del maresciallo Tanzilli, dirà che questi andò da lui e gli disse che lo aveva chiamato Genovesi dicendo che doveva confermare...

PRESIDENTE. Resta il fatto che ha sottolineato l'onorevole Saraceni e cioè che le indagini immediatamente si indirizzano sulla pista anarchica, Merlino viene coinvolto perché anarchico, lei resta fuori e su Aginter Press non si indaga. Deve venire la rivoluzione dei garofani perché si capisca bene cosa facessero questi della Aginter Press. Questi sono fatti.

DELLE CHIAIE. Non sono fatti e le spiego perché. Prima di tutto Merlino viene fermato prima, non dopo la velina. Se la velina è uscita il 16 Valpreda già era stato preso. Badate bene, posso fare solo ipotesi, io il 19 dicembre vengo fermato e sono Cudillo e Occorsio che danno l'ordine di lasciarmi, c'è nella corrispondenza interna. Occorsio e Cudillo dicono che non ci sono elementi sufficienti per trattenermi. Allora sono Cudillo e Occorsio che mi hanno protetto se hanno voluto proteggermi, ma i Servizi indubbiamente mi hanno colpito. Questa velina non appare nel 1974, come dopo alcuni diranno. Io il 19 dicembre 1969 vengo fermato e interrogato e vedrete da questi documenti che Occorsio e Cudillo dicono di rilasciarmi perché non esistono elementi sufficienti. Ci sono le indagini fatte dalla questura che dicono: ma noi di Serac già lo sapevamo, ma non lo dicono immediatamente perché potevano annullare la velina. Perché l'ufficio Affari riservati contribuisce a coprire la deviazione.

PRESIDENTE. Venne fermata mezza Italia, a Milano fecero retate subito dopo piazza Fontana.

SARACENI. Merlino viene fermato perché lei era il suo capo.

DELLE CHIAIE. Lei sta affermando un'imprecisione perché in quel momento io non ero il capo di nessuno.

SARACENI. Agli occhi della polizia, non ai suoi.

DELLE CHIAIE. Non è vero. Per quanto riguarda Merlino, se lei pensa che ci sono informative della polizia che avvertono che nel movimento studentesco c'è un settore che la pensa come me - perché io avevo contatti con Baroni, avevo contatti quotidiani con il movimento studentesco - di che infiltrazioni parliamo? Fino allo scontro nell'università, maledetto scontro, avevo rapporti costanti: facevamo insieme l'occupazione. Valle Giulia: hai voglia a dire che Valle Giulia aveva un significato politico e non quello che qualcuno vuole dare. Scusate, ma a me sembra veramente assurdo. Perdonatemi ma è una questione di logica minima!

SARACENI. Merlino era uno che passava le giornate a casa sua, come lei ci ha detto.

DELLE CHIAIE. No.

SARACENI. Ce lo ha detto un momento fa.

DELLE CHIAIE. L'appuntamento glielo diedi proprio quel giorno. Doveva venire a casa mia ma rimase a casa a suonare il piano. Mi dimenticai proprio. lo me ne andai da un'altra parte. Ero talmente disabituato all'incontro che me ne andai da un'altra parte. Non ci pensavo: stavo con Gianmaria Russo a via Catania a parlare di cinema e di teatro.

SARACENI. Lei era stato sospettato anche delle bombe alla caserma di via Guido Reni.

DELLE CHIAIE. No, ma quando mai! Le pompe di benzina! Lei non può dire questo perché altrimenti mi trovo delle cose che non sapevo nemmeno.

SARACENI. Io non dico che queste accuse sono fondate. I sospetti sui suoi rapporti con Merlino ce li avevano la stessa polizia, gli stessi carabinieri che danno l'input per la pista anarchica.

DELLE CHIAIE. No. Io dico una cosa, scusate, e poi voi mi trascinate in una specie di circuito vizioso. Insomma, c'è una velina con il mio nome: mi chiamano e mi fermano, mi interrogano diecimila volte, e poi questa velina sarebbe stata a mia protezione? Credete veramente che questa sia una logica da portare avanti? Avanzare sospetti, perché Delle Chiaie stava fuori e quello dentro. Io non capisco, domandatelo a loro. So solo una cosa: che ho avuto un processo per la strage di piazza Fontana! Questo so.

SARACENI. Nel 1988. Io dico che lei, nel momento di cui parliamo, cioè il 16, 17, 18, 19 dicembre, stava nella stessa condizione di innocenza di Valpreda. C'è Merlino che fa da trait d'union teoricamente tra lei e Valpreda. Valpreda viene arrestato e lei no. Questo resta da spiegarlo. Sono contento per lei che ha risparmiato degli anni di galera.

DELLE CHIAIE. L'ho detto prima, qui si può andare per intuizione. La velina sicuramente viene fatta per deviare e per creare confusione. Prende forse corpo quella pista e la velina serve a sostegno, non lo so. Una cosa è certa: la velina ha il nome mio. Mi domando: perché è uscita la velina? Questo mi interessa. Allora dico: deve essere accaduto qualcosa che ha messo in agitazione qualcuno che in un laboratorio ha creato quella velina. Al di là di quello che servirà, intanto si prepara, intanto si sposta l'attenzione. Questo io devo pensare, altro non posso pensare.

SARACENI. Ma che ci faceva Merlino nel gruppo "22 marzo"? Era disomogeneo.

DELLE CHIAIE. Non era disomogeneo, lo domandi a Valpreda. La maggior parte era disomogenea perché c'era una tale confusione che non si capiva niente.

SARACENI. E’ quello che rendeva la situazione eccellente.

DELLE CHIAIE. C'era disorientamento in molti giovani, era una cosa terribile. Lasciamo perdere perché poi sennò si raccontano le leggende e si fanno i romanzi, ma in realtà era molto più semplice da capire. Come dicevo, nel processo di Catanzaro sia Marocco che il capitano Santoni, Cacciuttolo, tutti praticamente, contribuiscono a smentire la compilazione di questa velina. Poi avete un'ultima parte che, a mio avviso, denuncia in qualche modo la presenza di Giannettini nella velina. Infatti capitano alcune cose strane. Il capitano Santoni all'udienza del 17 novembre 1988 a Catanzaro dice: "II generale Maletti non diede risposta alla mia richiesta di essere aiutato dai tecnici per la ricerca delle macchine". C'è l'appunto sequestrato a Maletti. Giannettini all'epoca, come dicevo prima, non aveva informazioni e invece le riceve da Leo Negrelli e fa una velina di informazione sull'Aginter Press. Viene pubblicata sul settimanale francese l'Express la dichiarazione fatta il 15 settembre 1974, nella quale si dice che erano "accusati i cittadini francesi Guerin Serac, ex ufficiale dell'Oas, e Robert Leroy, ex capitano delle Waffen SS, di aver mantenuto contatti, secondo le recenti dichiarazioni di Giannettini, con gli estremisti di destra italiani Merlino e Delle Chiaie". Giannettini due mesi prima aveva incontrato il capitano Labruna a Parigi e, dato che lui non conosceva nulla dell'Aginter Press, come da lettera da lui inviata a Leo Negrelli per avere informazioni, evidentemente la cosa gli è stata suggerita perché così doveva essere e così serviva.

PRESIDENTE. Nel periodo in cui Leroy era in ltalia, 1968, quali rapporti aveva con lui?

DELLE CHIAIE. No, le spiego subito. Avrò visto Leroy due o tre volte in riunioni. Una, ad esempio, riguardava quel famoso Nuovo Ordine Europeo di cui tanto si è parlato e che nessuno ha spiegato fosse praticamente un circolo intorno ad un solo uomo. La posizione di Leroy era semplice. Non so se voi siete al corrente di una cosa che era abbastanza nota all'epoca. Molti elementi, o meglio anche molte ex SS o comunque ex nazional-socialisti, ritenevano - badate bene, dico quello che io so, quindi non voglio che si dica che era un'altra questione...

PRESIDENTE. Non devi dal discorso.

DELLE CHIAIE. No, stiamo ai fatti. Molti di questi, dicevo, erano convinti che si dovesse continuare la battaglia contro gli Stati Uniti d'America e che questo era possibile soltanto con Mao. Vi era una formula di giuramento che veniva effettuata in Svizzera, presso l'ambasciata svizzera...

PRESIDENTE. Voglio capire. Lei ci sta dicendo che Leroy era effettivamente filo-cinese.

DELLE CHIAIE. Non era filo-cinese, era nazional-socialista e riteneva di dover continuare a combattere, dopo la fine del nazional-socialismo, accanto alla Cina che era l'unico pilastro contro il Nord America. Per questo vi era un grande conflitto nell'ambiente.

MANTICA. Delle Chiaie, le nostre vite si sono incontrate più volte. Tuttavia, onestamente alle 22,15 vorrei capire il senso di questo colloquio. Lo chiedo anche al Presidente, come una specie di mozione d'ordine. Questa Commissione - almeno così ho capito - non è un insieme di magistrati; noi non facciamo processi. Se ha un senso l'incontro con Delle Chiaie, che è comunque un personaggio di quel tempi - giusto, sbagliato, attaccato - è quello di aiutarci a capire alcuni episodi. Lei sta dicendo alcune cose che io capisco scandalizzino gli altri commissari perché sembrano strane. Avendo vissuto quei tempi dalla sua parte, io le capisco. Però cerchiamo di aiutare la comprensione dei fatti. Tra il volare alto sulla trilateral commission, che è a livello di fantasy, e scivolare nelle piccole cose ormai ripetute e rimasticate, credo che lei potrebbe dare un contributo a questa Commissione se, ovviamente dal suo punto di vista, ci aiutasse a ricostruire un poco quegli anni '60 e il ruolo avuto da Avanguardia nazionale. Riprendo alcune sue affermazioni e vorrei dire ai colleghi commissari che sono molto vere. L'odio antiamericano della Destra radicale, che forse colpisce molti commissari, è un fatto fortemente assodato. E’ talmente forte che forse qualcuno si dimentica che anche un partito ufficiale della Destra, di fronte all'attacco degli americani all'Iraq, ebbe molti problemi a schierarsi dalla parte degli americani. Nel nostro mondo la definizione di occidentale è contestata. Molti di noi non si ritengono appartenenti al mondo occidentale inteso come mondo capitalista americano, anglosassone, calvinista, eccetera. L'episodio di Valle Giulia è importantissimo. Delle Chiaie diceva prima cose importanti per cui non vedo si possa parlare né di infiltrati di destra nella sinistra, né di infiltrati di sinistra nella destra. Le prime occupazioni all'università statale di Milano vengono fatte dalla destra e dalla sinistra congiuntamente.

DELLE CHIAIE. Lo stesso accade a Roma.

MANTICA. Alle prime assemblee presiedute da Capanna partecipa tranquillamente il Fuan e non ci sono problemi. Pertanto queste aree che si sovrappongono devono stupire il meno possibile. Voglio anche ricordare ai commissari - e certamente Delle Chiaie se lo ricorda - che gli anni '60 sono anche gli anni della decolonizzazione. L'Oas, i Katanga, i legionari, la legione straniera, che sono tutto un altro tipo di sfogo di attività politica - diciamolo tra virgolette - di una realtà. Io però vorrei riprendere una frase e vorrei cercare di aiutare a ricostruire questa strana vicenda. Non esiste la spectre, non esiste l'uomo nero, non esiste il grande vecchio: sono affermazioni di Delle Chiaie. Però cerchiamo di spiegare, e lei ci deve aiutare. Lei ha molta esperienza, ha viaggiato molto per il mondo, non condivido molte delle cose che ha fatto, anche se apparteniamo allo stesso schieramento. Lei ha cercato all'inizio - anche se poi secondo me ha perso il filo del ragionamento - di sostenere, se ho capito bene, questa tesi: esistono negli anni ‘60 dei gruppi che fanno capo ai partigiani bianchi, gruppi anticomunisti. Io partecipai alla prima manifestazione in piazza per l'Ungheria nel 1956 - lo seppi molto dopo - organizzata da un circolo che faceva capo a Sogno a Torino. Era un'occasione evidentemente importante: era facile in quel momento mettere in piazza 10, 20 o 30.000 ragazzini delle scuole medie e fargli fare una manifestazione. Ora, questo mondo esiste, sono i Mar di Fumagalli. Io voglio anche immaginare che abbia ragione lei quando dice che questo mondo risponde ad una logica tipica del potere, chiamiamolo democristiano, perché non vedo come chiamarlo in un altro modo.

PRESIDENTE. Scusi Mantica, democristiano soltanto è ingiusto: social-democratico, pacciardiano.

MANTICA. Chiamiamolo centrista. Che in questo mondo centrista ci siano forze diverse mi pare evidente. Non a caso alla fine degli anni ‘60 il Msi era praticamente entrato in un Governo; Tambroni è l'espressione di un Governo con i voti di maggioranza anche del Msi. Che nell'ambito centrista ci fossero forze che muovevano contro questo tipo di impostazione è altrettanto vero. Mi stupisco che per fare una battaglia politica su due posizioni di linee politiche diverse si usassero anche altri sistemi, ma a quanto pare ne dobbiamo prendere atto. Nella sua impostazione, Avanguardia nazionale e Ordine nuovo escono praticamente dopo il congresso di Milano del 1956, quando Almirante perde per due o tre voti; quindi abbandonano l'ipotesi del Movimento sociale italiano che si inserisce, perché allora sembra che per molti versi era quasi più inserito di adesso; voi rifiutate questo discorso dell'inserimento. Da lì nasce questo radicalismo di destra, che era nato prima a Viareggio, le correnti, i "figli del sole", Imperium, e tanti nomi che lei ha citato anche stasera. Sono nomi che sono stati per molti di noi - diciamolo onestamente - i miti degli anni giovanili, perché non dirlo? Erano gli eroi degli anni ‘50. Quindi voi nascete in una posizione di radicalismo che rifiuta la democrazia e il tentativo di inserimento nella democrazia e siete gli epigoni dell'alternativa al sistema. Non c'era battaglia dei ludi cartacei, che viene rifiutata; altri mezzi, altri strumenti, i militanti, l'organizzazione chiusa, eccetera. Mi pare che lei stia sostenendo davanti alla Commissione che questi due mondi sono due mondi nettamente separati, cioè il mondo delle organizzazioni anticomuniste, inserite nel gioco del sistema, e il mondo di quelli che invece sono alternativi al sistema, anche se hanno lo stesso obiettivo anticomunista. Però c'è una cosa che lei dice, ed è questo che io vorrei capire perché credo che tutti abbiamo qualche responsabilità in quello che è avvenuto. A un certo punto questi due mondi, che nascono separati, con logiche profondamente diverse, con culture profondamente diverse, a un certo punto - ed è qui che vorrei capire che cosa succede - forse ai bassi livelli, forse erano i quadri, forse non i comandanti, ma in realtà le forze bianche, le forze del regime, cominciano ad usare alcuni militanti o uomini di questi altri mondi. Questo io vorrei capire da lei: quando e perché succede questo? Lei dice giustamente: io mando un sacco di circolari. Posso ricordare che l'onorevole Almirante mandava un sacco di circolari che proibivano la frequentazione di San Babila, che proibivano la frequentazione di alcuni nomi, uno è quello che ha citato Corsini, visto che ci accorgemmo dopo che era passato dall'altra parte. E questo io credo che dobbiamo cercare di capire: che cosa succede, che cosa avviene, chi manovra, perché qualcuno manovra evidentemente; anche a voi sfuggono determinate situazioni, anche voi cominciate a dire: chiudete le sedi, quello non è più un camerata, ha tradito, poi si innestano anche processi strani, per cui lì chi è il più puro dei puri, chi è il più duro dei duri è difficile capirlo; allora uno diventa ancora più rivoluzionario. La domanda è questa: se è vero che all'inizio degli anni '60 esistono questi due poli anticomunisti, uno legato al mondo anticomunista espressione della Resistenza e dei partigiani bianchi, l'altro che nasce come purezza ideale di alternativa al sistema, quando, secondo lei, e chi, secondo lei - se esiste questo qualcuno -, mette in contatto questi due mondi? E lì non ci sono più infiltrazioni, ci sono utilizzi di ragazzi e di giovani a fini diversi da quelli per cui questi giovani avevano aderito. Io questo vorrei capire da lei questa sera. Non facciamo fantasia, cerchiamo di capire sui fatti.

PRESIDENTE. La domanda del senatore Mantica mi sembra molto pertinente e gradirei che lei desse una risposta, perché penso che questo è il contributo che lei stasera può dare alla Commissione.

DELLE CHIAIE. Il contributo è anche quello di chiarire la nostra posizione. Innanzitutto, vorrei spiegare la nostra psicologia, di quelli che furono praticamente i gruppi extraparlamentari. Noi ritenevamo che la Resistenza si fosse spaccata e che ci fosse un regolamento di conti tra due componenti della Resistenza, quella comunista e quella anticomunista; e che comunque queste due componenti facevano parte di un regime che noi rigettavamo totalmente. Quindi eravamo l'alternativa a questo, ed ecco la radicalizzazione della nostra lotta. E' chiaro che quasi certamente le infiltrazioni ci sono state sempre, ma non ce ne eravamo mai accorti; noi ce ne accorgiamo nei primi anni ‘70.

MANTICA. Non nel 1969?

DELLE CHIAIE. No, noi in quel momento non ci accorgiamo. Anche perché - badi bene - per quanto riguarda noi, nel 1965 terminiamo di essere un movimento, ci autosciogliamo. Quindi cominciamo, individualmente o insieme, a vivere in un'area che era abbastanza fluida, che era quella che poi girava intorno alla "Caravella"; cioè in quel momento l'area si divide in più anime. C'è il Movimento sociale italiano, che noi riteniamo inserito nel sistema, riteniamo che sia al servizio di un anticomunismo di Stato; poi c'è praticamente una componente nazi-maoista, che sogna di mettere insieme e di far sposare il nazional-socialismo ed il maoismo; poi ce ne è un'altra che invece ritiene praticabile una possibilità con il movimento studentesco, attraverso la contestazione e la nascita di un movimento generazionale che superasse fascismo e antifascismo; ce ne era ancora un'altra che era per conto suo, e che noi praticamente non ritenevamo vicina dal punto di vista dell'impostazione.

MANTICA. Lei mi sta dicendo che dopo il 1965 non c'è più nessuna struttura organizzata, c'è un magma.

DELLE CHIAIE. C'è solo Ordine nuovo, ma in crisi. C'è la crisi anche in Ordine nuovo, tant'è vero che Rauti nel 1965 tenta una famosa riunione al Brancaccio per riunire tutti i gruppi. Però nascono gruppi locali, qui si parla ad esempio del gruppo veneto come gruppo di Ordine nuovo. Ma quello era il gruppo veneto, non era Ordine nuovo; che poi avesse rapporti con elementi di Ordine nuovo, o elementi di Ordine nuovo fossero più spostati verso il gruppo veneto che verso Ordine nuovo, è un'altra cosa. Ma il gruppo veneto non era Ordine nuovo, agli occhi nostri, o comunque dell'area.

MANTICA. Quindi ci sono gruppi non organizzati.

DELLE CHIAIE. No, ci sono gruppi organizzati e praticamente un'area che si muove. Nasce anche un'altra tendenza, questo, Presidente, credo di poterlo dire: nascono orientamenti diversi anche rispetto all'alternativa stessa del sistema. C'è un settore che crede nel golpismo, crede che vi è una possibilità di capovolgere con un atto tecnico la situazione per poi iniziare la rivoluzione: cioè la rivoluzione come atto successivo al fatto tecnico. C'è chi invece, soprattutto l'ambiente di Ordine nuovo, ritiene di respingere questa ipotesi golpista e diceva che la conquista del potere doveva essere la conclusione della rivoluzione. Una differenza non irrilevante, che poi gli studiosi e i magistrati hanno ritenuto superflua.

MANTICA. Allora, fino al 1969 non vi accorgete di queste cose.

DELLE CHIAIE. No: nel 1968, nel movimento studentesco, ci riunivamo, facevamo riunioni di notte, organizzavamo cortei insieme, cercando soltanto di convincere altri elementi che erano più radicali; ma alcuni esponenti, come Capanna che veniva da Milano, cercavano di trascinarli su posizioni antifasciste. La strage di piazza Fontana è l'atto tremendo che sconvolge tutti quanti noi, determina disorientamento e sospetto. Nasce così una situazione preoccupante e a quel punto decidiamo di far risorgere Avanguardia nazionale, nel 1970. La facciamo risorgere subito, perché immediatamente ci poniamo il problema che possa accadere qualche altra cosa, per cui cerchiamo di tamponare, di frenare, o eliminare ipotesi e rischi di questo genere. Nasce Avanguardia nazionale; da quel momento non abbiamo sensazioni di infiltrazioni dirette al centro ma cominciamo a individuare elementi strani che girano. A questo punto lei mi chiede: "Chi erano e chi li muoveva?". E’ una parola! Si possono fare supposizioni, ma non avevamo elementi. Sapevamo che c'era un certo Chiesa, che poi è sparito dalla circolazione siamo andati a cercarlo, contattava i ragazzetti e li sollecitava, per le armi, per le bombe; e poi Spiazzi. Due dirigenti di Avanguardia nazionale si recarono a Milano, da Degli Occhi e lo minacciarono: avevamo saputo che Degli Occhi chiamava dei ragazzini di 17-18 anni e dava loro cose che non doveva dare, ammonendoli: "E non dite niente ai dirigenti di Avanguardia nazionale, che sono spie dei Servizi". Due dirigenti andarono a Milano e minacciarono Degli Occhi, il quale infatti denunziò questi camerati per essere stato da loro aggredito. Cercammo anche Spiazzi con il quale non avevamo avuto rapporti diretti. Come ricevevamo una voce ci muovevamo in questo senso. Anch'io, all'estero, mi mobilitai per intercettare chi usciva da questo paese. Ci facemmo l'idea che si era frantumata un'area e che una serie di gruppi locali era facilmente manovrabile. Faccio un esempio: se si spacca una bottiglia, è responsabilità del gruppo sollecitato a spaccarla o di un altro che fa ricadere la responsabilità sul primo? Non era facile l'individuazione.Posso dire con tutta tranquillità che noi abbiamo tentato e abbiamo fatto in modo che i guasti fossero i minori possibile. Su questo ho la coscienza assolutamente tranquilla. Ecco il significato di quelle circolari, di quell'allertare continuo, dello scioglimento dei gruppi. Spiazzi, per esempio. Noi abbiamo ritenuto che quello di Fumagalli, Mar, fosse un gruppo di provocazione per il nostro mondo (seguivano una loro strategia); e viene considerato uno dei gruppi fascisti. Ma Orlando veniva dalla socialdemocrazia, Fumagalli dalla Resistenza. Dunque notizie che si accavallavano, "Attenzione che succede questo e quello"; e vi ho detto dei fatti in Calabria.

PRESIDENTE. Voglio provare io a dare una risposta all'interrogativo, secondo me intelligente, del senatore Mantica. E’ chiaro dove avviene il coagulo, avviene a livello istituzionale, direi prevalentemente negli apparati militari (ma non soltanto), è lì che avviene questa forma di contatto, è lì che molte persone che venivano dal vostro mondo fanno cadere la pregiudiziale atlantica, Beltrametti, Giannettini, Rauti; e poi i giovani: Esposti... Dove sta il mistero? E’ chiaro dove avviene il coagulo tra i due mondi, avviene attraverso gli apparati istituzionali, i quali erano immersi nella logica atlantista e nello stesso tempo erano vicini alle vostre posizioni. Perché misterioso? So che qualcuno di voi pensa che io abbia enfatizzato il convegno dell'istituto Pollio, ma lì parlano Beltrametti, Giannettini, Rauti; e c'erano dei giovani; Delle Chiaie dice che non era presente, non c'era, ma c'erano altri. Io sto rispondendo all'interrogativo di Mantica. Esposti muore in un campo militare, la Land Rover l'aveva data Fumagalli. Dove sta il mistero?

DELLE CHIAIE. Lei, Presidente, conclude per l'atlantismo di alcuni soggetti, ma mentre alcuni potevano rientrare in quello schema piuttosto per il loro tornaconto...

PRESIDENTE. Ricordo Paglia.

DELLE CHIAIE. Ma quella velina fu fatta da Giannettini, il testo ce l'ho qui.

PRESIDENTE. Lei ha confermato che Labruna cercò il contatto con lei tramite Paglia.

DELLE CHIAIE. Questo è vero. Chi mi conosce non può dire che io sia amico di Rauti, eppure non si può dire che egli abbia rinunciato alla sua posizione nel convegno dell'istituto Pollio. A Trento ci furono provocazioni effettuate contro la sinistra e contro la destra, e sia noi che loro attacchiamo una terza componente, cioè il sistema. Il sistema o amministrava quello che veniva fatto o provocava quanto si faceva. Mi sembra invece troppo articolata questa ricostruzione per cui entravano in uno schema...

ZANI. Insomma tutto il giorno vi difendevate dalle infiltrazioni!

DELLE CHIAIE. No, facevamo quello che faceva la sinistra.

PRESIDENTE. Quale era lo schema organizzativo di Avanguardia nazionale nel 1970?

DELLE CHIAIE. Era molto semplice; tra l'altro non c'ero in quel periodo. I gruppi nascevano spontaneamente nelle città ed entravano in Avanguardia nazionale.

PRESIDENTE. Ma difendersi dalle infiltrazioni presuppone una logica di gerarchizzazione e di compartimentalizzazione.

DELLE CHIAIE. Alcuni elementi venivano dalla vecchia Avanguardia nazionale, ed è vero che le sedi in cui vi erano elementi nuovi vennero chiuse.

PRESIDENTE. Non c'era una divisione per cellule.

DELLE CHIAIE. Noi, prima di Bossi, avevamo una organizzazione federalista: i centri regionali dipendevano dal quadro regionale che aveva piena autonomia di agire e di operare sul territorio; poi verrà quanto dicono Labruna e Giannettini, primo, secondo e quinto livello.

CORSINI. A me interessano sostanzialmente tre o quattro cose. La prima è una curiosità di carattere del tutto personale. Se è possibile rivolgerle questa domanda - conosco i passaggi della sua biografia politica, i suoi spostamenti e le sue presenze soprattutto all'estero - come viveva, come si manteneva, come tirava a campare all'estero?

DELLE CHIAIE. Dovrei risponderle come ho fatto prima con il Presidente, quando all'altra Commissione dissi che era una domanda che non accettavo, forse lei prima era disattento o non c'era. Se mi dà un suo indirizzo, le posso mandare la documentazione di quel che ho fatto nei diversi paesi. Ho sofferto la fame, ho lavorato quando potevo, ho fatto combattimento politico quando potevo. La mia risposta è che non ho mai ottenuto da nessuno aiuti di alcun genere, se non dai miei camerati italiani o dai miei camerati o compagni argentini peronisti. In alcuni paesi ho lavorato, ho fatto anche il guardiano. E’ la prima volta che lo dico, perché mi umilia rispondere a questo. E’ come se chiedessi a lei: come fa a vivere? Se ha una casa: come ha fatto a comprarla? Non mi permetterei mai di farlo.Queste domande nascono dall'immagine che si è costruita su di me.

PRESIDENTE. Proprio questa sera un uomo politico importante, saputo che si teneva questa audizione, mi ha detto di aver saputo da sacerdoti della Bolivia che sono stati interrogati da lei insieme alla polizia boliviana. E’ vero o no?

DELLE CHIAIE. Me lo porti e lo ripeta davanti a me. Ho avuto un sacerdote italiano che è venuto da me e mi ha inguaiato, perché all'ambasciata ha detto - mi scusi se sono presuntuoso - che c'era un angelo italiano in Bolivia. Quindi non ho mai interrogato sacerdoti; ho avuto al contrario sacerdoti, soprattutto nell'altipiano, che hanno fatto battaglia politica con noi.

CORSINI. Non volevo fare alcun processo alle intenzioni, quindi le chiedo di non farlo alle mie.

DELLE CHIAIE. Non ho mai avuto denaro da nessuno. In Bolivia ero il consigliere del Presidente della Repubblica e non ho accettato mai denaro per questo.

PRESIDENTE. Collaborava con apparati istituzionali.

DELLE CHIAIE. Presidente, io non ho collaborato mai con nessuno, perché non sono stato mai al servizio di nessuno. Laddove ho avuto rapporti con organismi che comunque lei può definire, li ho avuti non come subalterno, perché ovunque sono stato ho condotto la mia battaglia politica e gli altri l'hanno seguita, non io quella degli altri. Ripeto, al di là delle parole e delle chiacchiere, così come ho fatto nei miei processi sfido chiunque a dimostrarmi il contrario, con i fatti e non con le parole. Non sono stato mai al servizio di nessuno.

PRESIDENTE. Capisco che la parola collaborazionismo si carica di una valenza negativa, ma volevo dire che lei collaborava, seppure paritariamente.

DELLE CHIAIE. Mai ho avuto assolutamente situazioni di subordinazione o di servizio a qualcuno. Laddove sono stato, ho impostato le mie battaglie politiche, che hanno orientato gli altri, non gli altri le mie. Non ho mai assunto in nessuna parte del mondo, né in Costarica né in Bolivia, posizioni filo-atlantiche e ho avuto sempre dall'altra parte i Servizi americani, come l'ambasciatore Corr, Richard Adles e altri che hanno tentato persino di levarmi la vita. Quindi non accetto assolutamente che mi si metta laddove io non ero. E questi sono fatti, non parole.

CORSINI. Prendo atto della sua risposta.

DELLE CHIAIE. Questo è riportato nei processi: laddove sono stato ho avuto l'appoggio dei miei camerati e ho lavorato. Mi scusi se l'ho interrotta.

CORSINI. Non intendevo suggerire eventuali ipotesi diffamanti verso la interpretazione che lei dà della sua biografia. Si trattava semplicemente di una curiosità personale, perché questa militanza "rivoluzionaria" mi interessa anche come fenomeno di dimensione umana e antropologica. Veniamo ad una domanda più precisa. Nel 1969 Almirante ritorna, dopo una lunga parentesi, alla segreteria del Msi e inaugura una politica, tra la fine degli anni sessanta e gli inizi degli anni settanta, che viene definita del "doppio binario". Da un lato, la parola d'ordine è "doppio petto", dall'altra parte invece, nell'ambito di una forte drammatizzazione del pericolo comunista (poi chiarirò in quale senso), viene condotta una politica di scontro più rude. "Julius Evola è il nostro Marcuse" è una famosissima dichiarazione di Almirante. Quindi c'è una drammatizzazione anche dal punto di vista dei referenti ideologici e della lotta politica. Quando si parla di pericolo comunista, nell'immaginario neofascista dei primi anni settanta non si intende soltanto la presenza del Pci, ma anche quella di un vasto mondo della sinistra che è in ebollizione, che sta conducendo delle lotte abbastanza intense, che eredita quel capitale di lotta che deriva dai movimenti del 1968 e così via. Tempo fa ho letto, ma non sono in grado di dirle né l'anno né l'autore, una lettera molto interessante che è stata pubblicata sul giornale "la Repubblica" da un esponente della sua area politica, Avanguardia nazionale. Forse è possibile reperirla nella nostra documentazione. In questa lettera sostanzialmente si polemizza con l'Msi e con Almirante in prima persona perché da parte del Msi si dà una versione dei rapporti che si tengono nei confronti dell'area del radicalismo di Destra, del mondo cosiddetto nazional-rivoluzionario, in termini di una forte contrapposizione. L'autore di questa lettera, che rende una sorta di testimonianza pubblica, chiama in causa il segretario del Msi imputandogli in qualche misura rapporti di copertura, di tutela, di sostegno e così via. Lei dal 1970 è fuori dall'Italia, ma a quanto pare è notevolmente informato, probabilmente per contatti, per collegamenti che avrà avuto con i suoi commilitoni, di quel che si muove in questo mondo della Destra radicale. Le domando: quali sono i rapporti? Sono solo di contrapposizione e di contrasto sulle strategie, sulle tattiche, sulle interpretazioni ideologiche del momento o per molti versi c'è un rapporto anche di tutela, di osmosi, di coperture da parte del Msi?

DELLE CHIAIE. Rispondo per quel di cui sono a conoscenza. E’ indubbio che l'entrata di Ordine nuovo, che provoca la spaccatura del movimento, per cui parte di Ordine nuovo rimane fuori, fa pensare a un ritorno di Almirante alle posizioni prima del 1963-1964, quando si svolse il congresso di Pescara e ci fu l'accordo con Michelini. Ecco perché dopo lo scioglimento di Avanguardia Nazionale per noi non c'era più nulla da fare. Nel 1972, per esempio, ci fu un rapporto con Almirante da parte nostra, che ho già raccontato.

PRESIDENTE. Lei alla Commissione Bianco ha detto che nel 1971-1972 aveva ricevuto un contributo mensile.

DELLE CHIAIE. Lo ripeto. L'ho detto quando lui era vivo, altrimenti non l'avrei fatto. Nel 1972 ci fu un incontro e si valutò la possibilità di uno schieramento unico. Almirante parlava di alternativa, di presentare un progetto politico alternativo al sistema.

CORSINI. Una alternativa rivoluzionaria al sistema. Usava queste espressioni.

DELLE CHIAIE. Quando lei parla di alternativa rivoluzionaria non si tratta di un atto necessariamente diretto. Nel momento stesso in cui lei parla di alternativa, parla di un atto rivoluzionario: se lei vuole mutare un ordine e sostituirlo con un altro, si tratta di un atto rivoluzionario. Altrimenti non è un'alternativa. Nel 1972 ci fu questo riavvicinamento. In fondo eravamo usciti dal Msi non perché era un partito politico e aveva dei deputati, ma nel 1956 rimproveravamo al Msi come i deputati stavano in Parlamento e quale funzione svolgeva il partito nel quadro politico italiano.

PRESIDENTE. Spesso eleggevano il Presidente della Repubblica.

DELLE CHIAIE. Non spesso, soltanto con Leone. Comunque non erano i soli ad eleggere sotto banco. Quando usciamo dal Msi lo facciamo a causa della sua collocazione politica, non perché fosse un partito. Rimproveravamo l'abbandono di queste posizioni. C'è un particolare che ricordo perfettamente: sono entrato nel Movimento sociale nel 1950, quando avevo quattordici anni (sono cinquant'anni che faccio battaglia politica: da qualche anno mi illudo di farla, perché non faccio più niente) e nel 1952 De Marsanich doveva fare un discorso a piazza del Popolo che doveva iniziare con le parole: "II nostro nemico è il Partito comunista". Noi occupammo le federazioni per protesta e De Marsanich, come si può vedere dagli atti del partito e dalle registrazioni, iniziò dicendo: "II nostro nemico è la Democrazia cristiana": noi ostacolammo un'operazione con la quale si tentava un accordo con Don Sturzo e la Democrazia cristiana. Poi infatti ci fu l'apparentamento con i monarchici. Per questo andai sotto consiglio di disciplina nel 1953, proprio perché al Golden Cine manifestai contro l'apparentamento. Nel 1972 sembrava invece che ci fosse questo desiderio di trasformazione della linea politica, anche se le devo dire che la sensazione durò molto poco. Non vorrei rievocare l'amarezza di atti successivi anche perché questi incontri non furono mai trasferiti ad altri, nessuno sapeva niente, ci furono molte altre situazioni poco gradevoli. Però in quest'arco di tempo l'avvicinamento ci fu. Dopo, come mi sembra abbiate potuto desumere da quel che avete ascoltato. Almirante fece di tutto perché noi fossimo eliminati dalla scena politica.

PRESIDENTE. Sono atti di recente acquisizione da parte della Commissione: Almirante sembrava preoccupato di avere perduto il controllo su una serie di frange. C'è il famoso preavvertimento circa la strage dell'Italicus di cui ci ha parlato l'onorevole Forlani e la frase famosa del comizio di La Spezia.

DELLE CHIAIE. A quel che mi risulta l'informazione era diretta verso la sinistra e non verso frange di destra. Poi ci fu l'episodio successivo di quello che si è suicidato...

PRESIDENTE. Forlani ci ha detto che il famoso discorso del '72 fu fatto sulla base di informazioni che aveva ricevuto da Almirante.

CORSINI. A proposito della riunione di Albano laziale del 1975, lei ci ha detto che non era in Italia.

DELLE CHIAIE. Ho sempre rivendicato la mia presenza a quella riunione. L'ho detto anche ai processi.

CORSINI. Studi recenti sullo spontaneismo armato della seconda metà degli anni '70 e della prima metà degli anni '80 sembrano individuare la svolta nelle relazioni tra il mondo del radicalismo di destra e lo Stato proprio nella riunione di Albano laziale. Può farci una ricostruzione delle linee politiche che escono da quella riunione?

DELLE CHIAIE. Non esce alcuna linea politica. Come dicevo prima tentammo una riunificazione con quello che era rimasto di Ordine nuovo dopo lo scioglimento avvenuto nel 1973. Eravamo preoccupati che ci fossero cellule impazzite e così con Signorelli e Graziani cercammo di fare in modo che tutto ritornasse in un alveo legale ad Avanguardia nazionale, cioè legato ad un movimento politico nel quale fosse possibile continuare la nostra battaglia bloccando al contempo eventuali cellule impazzite. Nel 1975 si tenne questa riunione con alcuni elementi di Ordine nuovo per vedere se c'era un accordo tra le due parti. Io ero fermamente deciso a questa riunificazione, ma il tentativo fallì in una successiva riunione a Nizza. Ad Albano si parlò soltanto della possibilità per quelli di Ordine nuovo di entrare in Avanguardia nazionale; c'era una vecchia rivalità e molti non accettavano di entrare, dopo aver avuto per anni come simbolo l'ascia bipenne di Ordine nuovo, in Avanguardia nazionale. Tutto qui: la verità è spesso molto meno complicata, più semplice di come la si vuole far apparire.

CORSINI. Per quanto riguarda i suoi rapporti con Licio Gelli, il giudice istruttore di Bologna nella sentenza-ordinanza del giugno 1986 afferma: "Può considerarsi provato il rapporto certamente esistente negli anni 1976-78 tra Licio Gelli e Delle Chiaie. E’ provato dalla impressionante quantità di riscontri testimoniali (...) dunque Delle Chiaie e Gelli negli anni indicati erano in rapporti telefonici ed anzi il primo chiamava il capo della P2 sulla sua linea riservata all'Hotel Excelsior ( ... ). Infine, nelle liste di Castiglion Fibocchi figura il nome di Mario Tilgher, padre di Adriano ( ... ) responsabile insieme al figlio della serie italiana di Confidentiel di via Alessandria 29 a Roma, nel cui scantinati vennero trovate le armi dei Nar-Terza posizione".

DELLE CHIAIE. E’ strano che quando io tento di affrontare questi episodi parlo di piccole cose che non hanno senso nel contesto generale e poi mi vengono riproposti fatti che sono stati discussi in diecimila processi.

CORSINI. Sotto il profilo politico non è indifferente stabilire queste cose. Può darsi che a me interessi più la parte relativa a Gelli che non quella relativa a lei.

DELLE CHIAIE. Sono convinto che proprio dai fatti si possa partire per giudicare la realtà. Nell'intestazione del mio documento avevo scritto una frase di Emilio Alessandrini: "Non c'è nulla che abbia più forza dei fatti". Dall'analisi dei fatti si può stabilire la scenografia, la coreografia generale. Lei sta leggendo una parte del testo scritto prima del processo dal pubblico ministero Mancuso, oggi presidente di Corte d'Assise. Lei però non legge la parte processuale. Non ho mai conosciuto Gelli e non ho mai avuto rapporti con lui. Sono partito dall'Italia convinto di una vecchia impostazione secondo la quale massoni, mafiosi e antifascisti sono tutti la stessa cosa. Quando sono tornato, mi hanno accusato di essere stato amico dei mafiosi, dei massoni e degli antifascisti.

CORSINI. Di particolari, minoritari settori degli antifascisti.

DELLE CHIAIE. Sono entrato soltanto una volta in una loggia massonica per aggredirla e mi sono portato via la maniglia sulla quale c'era il fascio, che i massoni si erano presa. Per questo sono stato denunciato. Non sono più entrato in una loggia massonica e non ci entrerò mai. Gelli non l'ho mai conosciuto. Come nasce questa storia della telefonata? Lo spiego, perché se fossi rimasto all'estero penso che avrei preso sessantasette ergastoli e non uno solo come mi avevano dato nel primo processo Occorsio. Forse non volevano che rientrassi e forse qualche magistrato non sopporta le mie assoluzioni. Una certa Lazzarini, presentata come segretaria di Gelli anche se non lo era, come si scoprì nel corso del processo, aveva detto che una volta, essendo presente nella stanza di Gelli, aveva intercettato lei una telefonata di Stefano Delle Chiaie dalla Spagna. Questo sarebbe avvenuto nel 1977, ma allora io ero in Argentina. In un secondo verbale, che farò avere al Presidente insieme a tutto il fascicolo relativo a questa vicenda, perché è illustrativo anche dell'atteggiamento di alcuni magistrati, la Lazzarini sposta la data al 1977-78 e dice che non era stata lei ad intercettare la telefonata ma che Gelli le aveva detto che ero io. Al processo di Bologna la Lazzarini venne interrogata dai miei difensori e spostò ancora la data fino al 1979: poi capimmo perché. Non sto qui a raccontare l'interrogatorio, ma la Lazzarini ad un certo punto disse di non voler più rispondere a questi avvocati, forse perché non gli piacevano. Il telefono era quello riservato di Gelli nella stanza dell'Excelsior. Quando sono uscito dal carcere mi sono improvvisato investigatore ed ho indagato su alcune cose, come il telefono di Mestre ed anche quello di Gelli. Sono andato con il mio avvocato all'Excelsior e ho chiesto al direttore il numero telefonico riservato di Gelli. Mi hanno risposto che non potevano darmelo. Abbiamo scritto alla Sip, ma non l'abbiamo avuto. Sono andato a Bologna, in questura e ho chiesto il rapporto nel quale si diceva che avevo telefonato a Gelli: mi hanno risposto che non potevano darmelo e di andare semmai alla cancelleria del tribunale. Sono andato alla cancelleria e, come può testimoniare il cancelliere del tribunale di Bologna, alla fine negli scantinati ho trovato un foglio con il numero di telefono riservato di Gelli. Abbiamo fatto richiesta alla Sip che ha detto che nel 1979 era stato messo il telefono riservato a Gelli quindi, nel 1977 non avrei mai potuto telefonare a Gelli. Questo documento che doveva essere utilizzato già da chi di dovere per discolparmi e non solo per accusarmi fu tenuto in cancelleria e sono stato io a doverlo trovare, non altri. E non è il solo documento.

PRESIDENTE. Nei suoi vari spostamenti nel sud America a livello di contrasto di indagine, ha mai incrociato per esempio Valori?

DELLE CHIAIE. No, signor Presidente. Ho un'agenzia il cui nome è Publicondor in cui abbiamo fatto una campagna contro Valori perché riteniamo che nel contesto dei grandi poteri...

PRESIDENTE. Vorrei solo sapere se lei ha avuto rapporti con lui.

DELLE CHIAIE. No assolutamente. In Argentina siamo intervenuti solo in un certo momento, per questo sono stato rimproverato da un Pubblico Ministero. Conoscevo bene il segretario del Presidente che era un companeros, un camerata peronista che mi disse che una persona voleva un incontro con il Presidente, il generale Viola che ha resistito pochissimo in Argentina, per acquistare giornali perché stava preparando una struttura per il voto degli italiani all'estero. Egli mi disse che si trattava di un massone. Pertanto, agimmo in Argentina per impedire che fossero venduti ai massoni la struttura televisiva - la televisione 1 di Rio della Plata - sia altri giornali su cui scriveva un noto giornalista, Gian Giacomo Foa, che dal Brasile mi attaccò sul Corriere della sera cui seguì una mia querela. Eravamo contro Valori che abbiamo accusato anche di recente, a torto o a ragione, come uno dei pilastri della oligarchia più o meno statalistica; è stato un nemico come tutti gli altri. Abbiamo sempre tentato di bloccare qualsiasi iniziativa là dove avevamo un peso.

PRESIDENTE. L'acquisto di questi giornali doveva essere fatto da Valori?

DELLE CHIAIE. In un secondo momento, effettivamente, abbiamo pensato a Gelli perché avvennero dei fatti strani. Saprà benissimo che Massera tentò il nostro sequestro. Quindi, considerato il rapporto con Massera pensammo ad un'altra persona. Però queste sono conclusioni posteriori e non conoscenze immediate. In un primo momento sapevamo solo che Massera era contro di noi ma non avevamo elementi a disposizione per provarlo. Ciò che voglio dire è che queste sono analisi a posteriori; sapevamo di avere una posizione politica; che eravamo vicini al movimento peronista: che vi era una lotta intestina tra social-cristiani e liberali in Argentina; che eravamo schierati anche con l'ala militare nazionalista combattuta dagli uni e dagli altri. Non mi dilungherò in particolari quali quelli riguardanti il generale Villa arrestato. Si sono create una serie di situazioni poi appiattite nel giudizio esterno per cui si diceva che se queste persone erano in Argentina, allora erano amici di Videla mentre noi eravamo suoi nemici; allora erano al servizio degli americani, mentre quel paese era contro gli americani. Bisogna sapere prima di parlare.

CORSINI. Lei ha sempre sdegnosamente, anche questa sera rifiutato qualsiasi ipotesi o illazione di suoi rapporti subalterni con dipendenti dei Servizi.

DELLE CHIAIE. Assolutamente.

CORSINI. C'è una testimonianza di Gaetano Orlando del 2 agosto 1993 che dice di un incontro avuto tra lei, lui e Umberto Federico D'Amato nel corso di una permanenza in Spagna in cui lei avrebbe incontrato addirittura Cossiga.

DELLE CHIAIE. Ho sequestrato Orlando in Spagna; l'ho interrogato sui rapporti che poteva avere con i Servizi. Negli allegati troverete una scheda dove si parlava dell'inizio delle voci, dopo la sentenza del '76 per lo scioglimento d'Avanguardia Nazioanle; come queste vengono proiettate in girò, la lettera che Almirante scrisse per smentirle. Personalmente, feci carico a lui di questo impegno e, dopo averlo incontrato nel '72, concordammo che avrei fatto scrivere una lettera dal mio avvocato e lui gli avrebbe risposto: le deviazioni contro di me da parte di tutti incessantemente fin al 1986 dal '68: la famosa operazione questura sulle pompe di benzina; il rapporto di D'Amato; il modello zeta al quale vengo iscritto già nei primi anni '60; la deviazione della velina del 16 dicembre; la deviazione sul golpe Borghese falsificando la notizia secondo cui io ero all'interno del Ministero dell'interno; la strage di Bologna; dopodiché nel 1986 esce un rapporto dove dice che vi saranno degli attentati e dove Delle Chiaie certamente sarà presente. Sono stato interrogato addirittura per Olaf Palme.

CORSINI. Non è mai stato in sud Africa?

DELLE CHIAIE. Mai. Ritenevo fosse soggetto ad un certo paese che non mi era simpatico; aggiungo ancora alla lista precedente Perez Revilla; ho una comunicazione giudiziaria per omicidio verso uno spagnolo nel '76 che nell'82 era ancora vivo.Ecco come si costruiscono i mostri anche perché non vi è nessuno che mi difenda perché si potrebbe pensare che siamo d'accordo. E’ un meccanismo che non auguro a nessuno. Non ho mai incontrato D'Amato né mai ho avuto nessun rapporto con D'Amato né con il Ministero dell'interno, né con un funzionario sia esso dei servizi civili, militari o con domineddio. Ho avuto soltanto un incontro con Labruna che io stesso ho rivelato. Faccio appello all'intelligenza di voi tutti e in primo luogo pongo la seguente domanda: è stato chiamato Cossiga? Gli è stato chiesto alcunché? E' stato chiamato D'Amato? Gli fu chiesto?

CORSINI. Orlando non dice che l'incontro avvenne a tre.

DELLE CHIAIE. No. D'Amato dice che c'era lui.

CORSINI. No. Lui dice che in Spagna lei ha incontrato varie persone.

DELLE CHIAIE. No. Lui dice che era presente a questo incontro. Vi è solo uno che viene interrogato: è Vinciguerra che smentisce. Vi è il verbale qui. Dato che Vinciguerra era uno dei costruttori ufficiali e consulenti ufficiali dovrebbe fare testo. Ripeto è stato chiesto a D'Amato quando era vivo? Adesso sono morti e si parla di tutto. Ripeto che io ho parlato quando tutti erano vivi; ho portato i verbali di D'Amato a Bologna ed a Catanzaro; un particolare stranissimo: ma voi credete che questa domanda su supposti rapporti con me sia stata fatta dal pubblico ministero? No. Dalla mia difesa. Mai nessun pubblico ministero ha chiesto ad uno di questi se avesse contatti con Delle Chiaie. No, si è dovuta preoccupare la mia difesa di fare queste domande. Ripeto che i verbali sono qui e che tutti potrete vederli. Allora, io sequestro Orlando e cosa faccio - ripeto che mi appello alla vostra intelligenza - lo prendo e lo porto con me ad una riunione con un D'Amato che ho sempre negato di conoscere. Ma come si fa a travasare questo in una sentenza-ordinanza, come è stato fatto, senza verificare, senza accertare, senza ridere di questa ridicola affermazione? Non solo; avete letto il verbale di Orlando e avete letto anche la registrazione tra Salvini, Orlando e Grassi (che è qui tra gli allegati). Il Presidente nella sua proposta di relazione parla delle due sentenze, l'una conferma dell'altra. No, non è cosi, sono la stessa cosa. Ho allegato anche la corrispondenza tra Salvini e Grassi per cui le stesse cose venivano passate dall'uno all'altro, ma era sempre una, non c'è controprova.

CORSINI. Ebbe occasione di incontrare Cossiga in Spagna?

DELLE CHIAIE. Mai. Sa chi è che disse per primo che la strage di Bologna era stata fatta dal fascisti? Fu Cossiga, rendetevi conto.

FRAGALA’. Poi ha chiesto scusa.

DELLE CHIAIE. Qualcuno dell'area, o di quella che lo ritenevo la mia area, è stato contento di questo: noi abbiamo ribadito che non si possono accettare le scuse se non viene detto perché egli cadde in quello che ha definito un tranello. Ma nessuno glielo chiede ancora oggi, noi non abbiamo voce né potere per farlo ma chi ha voce e potere lo deve fare. Quindi non ho mai incontrato D'Amato, è una menzogna; mi appello alla vostra intelligenza ed alla lettura che farete dei documenti: leggete ciò che dice la sentenza di Catanzaro.

PRESIDENTE. Le faccio ora una domanda che potrà sembrarle ingenua. Almirante, Orlando, lo spontaneismo armato, funzionari del Ministero dell'interno, il servizio segreto militare, magistrati di diversi uffici, di diverse corti e così via. Non le sembra sproporzionato questo sforzo di voler fare di lei l'origine di tutto il male del mondo?

DELLE CHIAIE. Non capisco, pensavo che lei volesse giungere ad un'altra conclusione.

PRESIDENTE. Lei ha detto nell'audizione del 1987 che Almirante le disse che alcune calunnie contro Avanguardia nazionale le aveva messe in giro lui, ecco perché Almirante.

DELLE CHIAIE. C'era un motivo.

PRESIDENTE. Nello spontaneismo armato è noto che voi della generazione precedente, compreso lei, venivate tutti quanti ritenuti più o meno coinvolti con i Servizi. Lei ha nominato Salvini, Grassi, Mancuso, una serie di magistrati che avrebbero indicato lei, la Lazzarini per la vicenda di Gelli, Labruna e Maletti, tutti quelli che hanno testimoniato all'interno dell'ultima indagine di Mastelloni: le fonti di questa calunnia sono quasi innumerevoli. Perché convergono tutti nei suoi confronti, da cosa nasce questo interesse comune?

DELLE CHIAIE. Per farle piacere mi verrebbe voglia di dire che ragione lei.

PRESIDENTE. Sembra una cosa irragionevole.

DELLE CHIAIE. No, è ragionevolissima. A parte il fatto che è irragionevole per me che la subisco, ma la ragione sta già in come lei affronta il problema. Lei in questo momento non si pone il problema di accertare se è vero o no; lei si chiede come è possibile tutto questo. Dopo di lei verrà un altro che dirà la stessa cosa e così via. Si tratta di un meccanismo diabolico che è stato messo in atto e non si è fermato più.

PRESIDENTE. Si sarebbe autogenerato insomma.

DELLE CHIAIE. In parte sì, in parte si è autogenerato ed in parte vi sono stati degli intrecci casuali o delle scelte in un certo momento: questo può diventare un parafulmine e può essere utile anche per altro.

PRESIDENTE. Mi appello ai penalisti presenti. In questo paese si è condannati all'ergastolo per molto meno, perché tre pentiti si riscontrano a vicenda.

DELLE CHIAIE. Lei rischia di confondere le voci con gli indizi. Qui non ci sono indizi, qui ci sono voci. Si dice: lo dicevano tutti. Ho anche portato i verbali dei giornalisti a Bologna e di alcuni elementi che lei chiama dell'area spontaneista. Ce n'è uno, tra l'altro anche pentito, quindi figuriamoci, che dice: noi parlavamo di Stefano Delle Chiaie perché conveniva; un altro dice: si dava per accertato, ma io non so nulla. I verbali sono qui e la prego di leggerli, la prego di leggere quello che dicono Barberi e Fabiani che non sono due giornalisti di periferia; essi di fronte alla Corte d'Assise di Bologna, a domanda precisa dicono: noi non sapevamo niente, erano voci. Ma lei ha mai contato i giornali e le riviste che mi hanno diffamato su questo argomento? Quando incontro una persona per strada dal suo sguardo capisco che si domanda: ma è vero o non è vero? L'opinione pubblica è stata modellata; quando io mi incontro con qualcuno vi è già una prevenzione sull'ipotesi, non c'è obiettività. Lei Presidente ha scritto, ed io qui l'ho citato, della consapevolezza del carattere probabilistico. No, c'è solo la certezza.

PRESIDENTE. Perfino un comitato di solidarietà per Franco Freda l'accusava...

DELLE CHIAIE. Mai. Tra l'altro se fosse così lo rivendicherei. Come dicevo, non incontro un auditorio che dice: vediamo se tutto questo è vero, confrontiamo gli elementi forniti da lui e le prove provate, portate con altre prove. No. Ci si chiede: com'è che tutti hanno detto questo? Com'è che ci sono queste voci? Allora deve essere vero. Impossibile difendersi da questa filosofia e da questa cultura.

MANCA. Desidero porre una domanda su piazza Fontana ed un'altra sulla strage di Bologna. Circa la prima, secondo lei, signor Delle Chiaie, la ricostruzione che è stata operata in questi ultimi anni dal giudice Salvini a proposito della strage di piazza Fontana e che vede una collaborazione a fini eversivi tra emissari di un servizio segreto statunitense ed Ordine nuovo, si può ritenere credibile e completa? Per quali motivi a suo avviso il Sid facilitò l'espatrio illegale di Giannettini, Pozzan e Giorgi? Fu un'iniziativa del solo generale Maletti o una decisione dell'intero Servizio quindi anche del generale Miceli? Per quale ragione a suo avviso Labruna aveva tanti rapporti con l'area dell'estrema destra?

DELLE CHIAIE. Anzitutto, senatore, voglio confessarle una cosa: se sapessi tutto questo avrei già scritto un libro. Tra l'altro dato che sono stato vittima di Pozzan e di Ventura dovrei essere io a pretendere che mi si spiegasse il perché dì quello che lei domanda a me. Siete stati da Maletti potevate domandarlo a lui; dovete chiederlo a lui; non a me. Io so soltanto di essere stato colpito da due personaggi: Pozzan e Ventura, per non parlare di Giannettíni. Non da Giorgi; egli fu oggetto di un'altra delle mascalzonate di Labruna, perché quest'ultimo alla Commissione P2 non disse che Maurizio Giorgi era un elemento che io avevo chiesto venisse. Io dissi a Maurizio Giorgi di farsi dare il passaporto, che fotocopiammo, perché volevo una prova concreta. Maurizio Giorgi è entrato In questa storia per mia responsabilità, non può essere accomunato agli altri nomi. Circa la seconda domanda, ho già esposto la mia opinione. Non ho elementi per poter dire se Salvini dice il giusto o no. A me sembra una cosa lontana dalla realtà più concreta, che è possibile a mio avviso verificare e toccare con mano, che è qui in Italia. Ci sono mille elementi per poter individuare responsabilità concrete, piuttosto che andare dietro a responsabilità che, a mio avviso, non potrebbero mai essere verificate. Si potrebbe definire una deviazione per salvare il vecchio regime o i politici del vecchio regime. Terza domanda. Lei fa riferimento a Labruna: io non posso sapere quanti e quali rapporti aveva. So solo che l'incontro con me fu giustificato da una richiesta precisa che mi venne attraverso Paglia. L'ho detto immediatamente, prima che lo dicesse chiunque altro, Non l'ha detto lui, l'ho detto io. A Bologna ho avuto anche confronti con lui perché l'ho chiesto; l'ho fatto interrogare dai miei avvocati a Catanzaro. Che poi avesse contatti con tutta la destra non lo so. Spesso si dice: Delle Chiaie deve sapere questo perché se non lo dice allora copre qualcosa. No, ci sono cose che non si sanno. Noi conosciamo quello che abbiamo sofferto direttamente e quello che abbiamo conosciuto nel percorso della nostra battaglia.

MANCA. Vengo all'ultima domanda, relativa al processo di Bologna. Il giudice Vito Zincani...

DELLE CHIAIE. Mai conosciuto. Fu quello sospeso, mi sembra.

MANCA. …nella sentenza-ordinanza del giugno 1986 sulla strage del 2 agosto 1980 alla stazione di Bologna dà atto che le prove di un eventuale coinvolgimento dei dirigenti di Avanguardia nazionale nella strage di Bologna sono abbastanza inconsistenti (sono le parole riprese dall'ordinanza). "Non soltanto la principale prova (quella proveniente dalle deposizioni di Ciolini) si è rivelata falsa, ma anche gli altri elementi appaiono di dubbio significato". Sempre lo stesso giudice afferma anche: "Tali perplessità si rafforzano ulteriormente ove si consideri che nelle diverse informative che il Sismi inviò alla magistratura ricorre insistentemente il nome di colui che organizzò la strage".

DELLE CHIAIE. Che ero io!

MANCA. Dunque, un giudice istruttore riconosce l'innocenza del gruppo Avanguardia nazionale e segnala che le perplessità aumentano proprio di fronte all'insistenza del servizio segreto militare sul suo nome. A che cosa attribuisce questa che potremmo chiamare "persecuzione"? Qualcuno ha ipotizzato che tutto potrebbe essere riconducibile - e già ha risposto in pratica a quest'ultima domanda - alla sua appartenenza ad un'altra parrocchia, a quella cioè dell'ufficio Affari riservati.

DELLE CHIAIE. Guardi, i colpi li ho subiti da tutti e due. Lei dimentica che poc'anzi parlavo del 1968 e delle pompe di benzina, dello scioglimento di Avanguardia nazionale fatto con rapporto del Ministero dell'interno e su richiesta del Ministero dell'interno. Basta che lei legga le informative contro di noi nel momento in cui, parallelamente allo scioglimento di Avanguardia nazionale, al Ministero dell'interno si elaboravano veline che sono uscite nel processo di Catanzaro - per questo l'ho ricordato, perché non so se voi siete in possesso di questi documenti - dove si disegnava già un'Avanguardia nazionale clandestina, pronta a fare attentati in tutta Italia. Dovete leggere i documenti: questa è la richiesta di un cittadino, se così volete ritenermi, di leggere e di vedere quali sono gli elementi concreti rispetto alle ipotesi fantastiche. Per quanto riguarda Bologna, lei deve sapere che ci sono sette episodi di deviazione: deviazione per il Libano, deviazione Ciolini, per i treni, per la strage, il tentativo di eliminazione fisica. Lei mi chiede perché: era quello che mi aspettavo dai giudici. Io ho sostenuto che se non si capisce perché si è deviato, chi ha contribuito a deviare, chi sono i componenti di quell'apparato possente che è apparso dopo ogni strage non si potrà mai capire nulla di certo.

PRESIDENTE. Guardi, Delle Chiaie, su questo le do ragione: se si capiscono le ragioni dei depistaggi si capiscono in gran parte le ragioni delle stragi.

DELLE CHIAIE. Certo, si capisce tutto: i soggetti e poi le ragioni.

PRESIDENTE. Perché avviene la strage di Bologna?

DELLE CHIAIE. Non lo so. Intuitivamente noi dicemmo che chiamava Ustica, che poteva essere collegata ad Ustica. E vi spiego anche perché.

MANCA. Questo quando lo ha detto?

DELLE CHIAIE. In aula a Bologna, nel 1987 o 1988. Sono stato aggredito perché ciò venne ritenuto un altro depistaggio che io mettevo in opera. L'imputato deve silenziarsi; avevo veramente un complesso. Vi confesso, quando ho sentito dire "ma questo è un depistaggio", ho pensato: se dico queste cose posso essere sospettato di dire una cosa falsa per coprire una mia responsabilità. E' un elemento di ricatto morale e psicologico terribile.

MANCA. Quale ragionamento ha fatto?

DELLE CHIAIE. Vi erano degli elementi. Innanzi tutto c'era il verbale di Sanapo che diceva: "Mi chiamò Belmonte e mi disse: 'Se ti chiedono chi ha fatto la strage devi dire che è stato Delle Chiaie, insieme a Bragaglia e al gruppo di Hoffman'". Il verbale sta qui e potete leggerlo.

PRESIDENTE. Questo episodio è noto.

DELLE CHIAIE. Spero che sia noto a tutti. Badate bene, che questo meccanismo è identico a quello di Tanzilli e Genovesi perché Tanzilli nel 1969 dirà la stessa cosa: "Mi chiamò Genovesi e mi disse che dovevo confermare la velina". Stesso metodo a distanza di anni. Questo era il primo tassello. Sanapo racconta in aula che Belmonte lo avvicinò prima della strage e gli disse di andare a lavorare per i Servizi.

PRESIDENTE. Questo lo sappiamo perché c'è il libro scritto da lei e da Tilgher.

DELLE CHIAIE. Il senatore Manca mi ha fatto una domanda. Posso spiegare come sono arrivato ad Ustica? Se poi non serve a niente...

PRESIDENTE. Lei può dire tutto, ma lo deve dire brevemente.

DELLE CHIAIE. C'è un passaggio. Belmonte dice a Sanapo: "Mi devi dare cacio cavallo e pesce e ti manderò un elemento, un certo maresciallo Ceci, con una busta con la carta bianca dentro. Tu mi devi mandare un'altra busta con la carta bianca insieme a cacio cavallo e pesce". Questo equivaleva a costituirsi un testimone di una ipotetica fonte che ancora non serviva perché ancora non c'era stata la strage. Poi vi fu un incontro - che emerse durante il processo - tra Musumeci, Pazienza e un sottosegretario. Si è detto che in quella riunione si parlò di aumentare gli stipendi ai militari. Comunque, non si sa più nulla e lì finisce. Vi era poi un soggetto che veniva indicato come uomo dei Servizi incaricato di controllare i libici che arrivavano in Italia per eliminare gli oppositori. Anche questo è noto?

PRESIDENTE. Sì.

DELLE CHIAIE. Si chiamava Renato Era ed era stato amministratore dell'Itavia in seguito passato ad un'altra parte. Nell'accusa generale nel contesto dell'istruttoria viene indicato come un elemento legato ai Servizi, incaricato di controllare i libici, incaricato di custodire Semerari: una storia abbastanza contorta che ricomprende tra l'altro un episodio piuttosto discutibile (una telefonata fatta al capo dei Servizi quando questi non era più a capo dei Servizi, ma questo ve lo risparmio perché è molto più estesa la storia rispetto a quello che alcuni cercano di riassumere nelle sentenze e nelle ordinanze). Da tutto questo ci rendemmo conto che c'era qualcosa di strano. C'era la velina Spiazzi fatta pochi giorni dopo l'attentato di Ustica (adesso speriamo che venga alla luce la verità). E’ chiaro quindi come nasce il teorema e come si piega tutto al teorema prestabilito: la verità, i fatti, le cose. C'è stato un incidente internazionale, c'è stato l'abbattimento dell'aereo e per deviare l'attenzione in un momento in cui sembrava stesse riemergendo l'ipotesi del missile (noi andammo a vedere tutti i documenti), per tentare di confondere le idee e di distogliere l'attenzione fecero un attentato che evidentemente andò oltre le loro intenzioni, vale a dire la strage di Bologna. Così la presentammo come ipotesi, come ipotesi di lavoro. Fra le varie indagini dicemmo: non potete fare sempre un'indagine unidirezionale, ci sono varie alternative.

PRESIDENTE. Lei ritiene verosimile quello che racconta Vinciguerra, che Labruna poco dopo la strage di Peteano vada da Fachini e gli dica: ragazzi, adesso basta fare fesserie?

DELLE CHIAIE.Io non lo so, non posso dire né che sia vero, né che non sia vero. Prendo lo spunto per spiegarvi anche il perché della rottura fra me e Vinciguerra, perché non credo che questo sia noto. Il primo dissapore tra me e Vinciguerra nasce proprio sulla ricostruzione storica dell'area; cioè Vinciguerra sosteneva una serie di verità e in una nostra corrispondenza interna io gli dico prima di tutto che ritenevo che la ricostruzione storica dovesse essere fatta fuori dalle aule giudiziarie. Il secondo motivo era che molte delle sue affermazioni erano il frutto - e io lo sapevo benissimo e lo ricordavo benissimo - delle nostre analisi in Spagna. Ma le nostre analisi, come alcune di quelle che ho letto recentemente, erano praticamente una serie di ipotesi che si facevano sulla conoscenza parziale dei fatti, ma sempre ipotesi rimanevano; cioè non erano certamente realtà o verità conosciute. E io vedo che accanto quindi ad alcuni fatti che lui già mi aveva raccontato, ve ne erano altri, che erano frutto di quel lavoro in Spagna, quando noi cercavamo di capire quello che era successo o che poteva essere successo. Poi nel tempo si salda un terzo troncone, quello che io ho chiamato l'elaborazione carceraria, che chi ha fatto il carcere sa che è quasi una malattia che non lascia nessuno indenne. Cioè, stando in carcere determinati fatti vengono rielaborati, diventano realtà, diventano parto, o parte della nostra verità.

PRESIDENTE. Però del rapporto fra Fachini ed il Sid ha parlato anche lei: c'è una sua intervista a Panorama del 1976.

DELLE CHIAIE. Io parlai e dissi che a noi erano arrivate notizie secondo le quali praticamente Fachini e Labruna avevano rapporti.

PRESIDENTE. Però lei racconta l'episodio specifico dell'arsenale di Camerino.

DELLE CHIAIE. Io non ho raccontato di Fachini, se prende l'originale lo vedrà. Quello di Camerino fu durante l'incontro di Labruna, quindi noi capimmo che erano stati loro. Poi venimmo a sapere da altra persona che adesso non ricordo - e non sappiamo se è vero, lo abbiamo riferito come ipotesi - che chi aveva scritto il libro che doveva essere il codice delle Brigate rosse era stato Giannettini, su un libro di Debrais se ricordo bene. Questo sapevamo e questo avevamo detto.

PRESIDENTE. Perché, secondo lei, Vinciguerra, sia pure all'interno di questa elaborazione carceraria, poi l'ha accusata di aver dato appoggio logistico al tentativo di omicidio dei coniugi Leighton?

DELLE CHIAIE. Queste sono domande specifiche, però quando le pongo io le risposte non vanno bene. Ma comunque, procediamo così. lo ho detto che con Vinciguerra la frattura è iniziata in questo momento...

PRESIDENTE. Sembra quasi una frattura accademica.

DELLE CHIAIE. Lei la chiama accademica, ma non sa che cosa significa, anche perché Vinciguerra si è autoconvinto di un'altra cosa, che lui si è autoaccusato per difendere Avanguardia nazionale ed il sottoscritto. E quindi, nel momento in cui io non accedo a confermare quanto da lui detto, divento un traditore e divento un suo nemico. E chi non conosce la psicologia di Vinciguerra può non capire, ma io la conosco bene, come quelle di tutti quelli che mi sono stati vicino. Quindi Vinciguerra da quel momento vede in me un nemico, perché lui si sente tradito. Vinciguerra confessa anche per altri motivi e per salvare qualcun altro, non solo per difendere noi: è a seguito di quello che poi difende noi. Vi è poi un fatto nel 1991 che fa precipitare la situazione: Vinciguerra mi chiese di essere suo testimone alle nozze. Io accettai, senonché il Ministero di grazia e giustizia, nella persona di Niccolò Amato, proibì la mia funzione di testimone. Io mi mossi, chiesi aiuto all'onorevole Staiti, all'onorevole Franco Piro, tentai di incontrarmi con Niccolò Amato: non ci fu possibilità. A Vinciguerra fu detto che io mi ero assolutamente disinteressato della questione. Da quel momento (voi ne troverete traccia anche nella registrazione di Orlando, per chi l'ha letta - ma sicuramente non è stata letta - che è utile anche per quanto riguarda D'Amato, per vedere come nella registrazione lui ridimensiona, si sbaglia, si imbroglia, non è così perfetto come nel verbale), dal 1991, Vinciguerra inizia la rilettura della situazione di Avanguardia nazionale. Tanto che comincia con i manifesti cinesi, se voi ricordate, dandoli come un fatto nuovo, quando voi avete le prove del fatto che io ne avessi parlato nel 1987, chiedendo tra l'altro in quella seduta un confronto con tutti i soggetti di quell'operazione. Non mi fu mai concesso questo beneficio e a distanza di anni, quando quasi tutti sono morti, io me lo sento ripresentare come un fatto originale e nuovo scoperto da Salvini per bocca di Vinciguerra. Che tra l'altro dice che io mi ero staccato appena mi ero accorto della manovra.

PRESIDENTE. Ma perché, secondo lei, Vinciguerra inventa questa ulteriore calunnia del suo appoggio al servizio segreto cinese in Roma per il tentato omicidio dei coniugi Leighton?

DELLE CHIAIE. Presidente, io ho avuto un processo per questo e sono stato assolto: lo chieda a Vinciguerra.

PRESIDENTE. Quindi Vinciguerra si aggiunge all'elenco dei calunniatori.

DELLE CHIAIE. Ma guardi, i calunniatori sono pochi, qui c'è un errore: i calunniatori sono pochi, i ripetitori sono tanti, è diverso. L'origine della calunnia è facilmente individuabile. Perché non è tutto vero, come, ad esempio, non è affatto vero quello che lui riferisce sull'Algeria e voi avete il verbale di Salvi in Algeria, il famoso "Castor", che vi dice chi furono i responsabili degli attentati.

PRESIDENTE. Però anche nella vicenda Leighton i Servizi depistano, e depistano verso i Nap.

DELLE CHIAIE. Per Leighton depistano verso i Nap? Quando mai? Partendo dalla prima velina che è firmata da De Francisci, che riproduce un passo del Ciolini e mi accusa per Leighton. Ma chi l'ha detto, scusi, che l'inchiesta va verso i Nap? Datemi un solo pezzo di carta che dimostri questo. La prima velina di De Francisci del Ministero dell'interno è contro il sottoscritto. Ma stiamo scherzando?

PRESIDENTE. Ma che c'è di vero, perché lei ad un certo momento sembrava quasi che volesse dire che in parte fosse vero?

DELLE CHIAIE. Quello che è vero sono altri problemi che non riguardano il processo, ne ho già parlato. Ma non si può assolutamente sostenere che ci fu una deviazione verso i Nap quando - ripeto - la prima informativa di De Francisci è rivolta contro il sottoscritto. E noi l'abbiamo presentata a Bologna ed al processo Leighton. Ma che, stiamo scherzando?

PRESIDENTE. Ne parla pure Salvini nell'ordinanza.

DELLE CHIAIE. Ma lei mi dice che Salvini parla dei manifesti cinesi; io ho qui alcuni manifesti cinesi: "Le armi dalla Grecia". Ma, signori miei, voi avete una sentenza-ordinanza di Salvini che - badate bene - non procede per scadenza termini contro Roberto Palotto, afferma che un certo Pecoriello gli avrebbe detto che Palotto ha trasportato le armi dalla Grecia in Italia. Io vi ho portato i due verbali di Pecoriello, il quale non dice assolutamente questo, ma dice: "Roberto Palotto fu uno di quelli che partecipò al noto viaggio nella primavera".

PRESIDENTE. Viaggio di istruzione.

DELLE CHIAIE. Presidente!

PRESIDENTE. Che cos'era, un campeggio?

DELLE CHIAIE. Vorrei avere gli strumenti per trasmettervi la verità! Ma lo sapete che in Grecia hanno fatto addirittura la colletta per mangiare a pranzo e a cena? Addirittura vi fu una spaccatura perché chi aveva meno soldi e dovette fare la colletta si arrabbiò con chi aveva più soldi. Qui c'è la ricostruzione: non sono mai andato in Grecia in quella primavera, così come non partecipai al convegno dell'istituto Pollio. Queste sono le ricerche fatte dal tribunale di Catanzaro.

PRESIDENTE. Mi faccia vedere l'elenco dei partecipanti.

DELLE CHIAIE (Esibendo un elenco al Presidente). Le porterò la lista di imbarco della nave: non andai mai in Grecia in quella primavera e i nomi di quelli che andarono li potete trarre dalla lista di imbarco. Stanno nel processo intentato da Rocchetta, il quale era stato indicato come uno dei viaggiatori: il tribunale arrivò alla lista dell'imbarco. Il viaggio in Grecia durò pochissimi giorni, fu organizzato dall'Organizzazione degli studenti greci, in coincidenza con la Pasqua ortodossa e con l'anniversario del golpe. Soltanto un giorno furono ricevuti in una caserma, per un paio di ore, ci fu un discorso ufficiale; dopo cinque o sei giorni se ne andarono. Perché si vogliono montare storie che non stanno in piedi? Ditemi uno solo che affermi che è accaduta una cosa diversa: non chiedo di essere creduto, chiedo però che si ricostruisca la storia di questo paese sulle verità, non su elementi o fatti non veritieri. Se è troppo chiedere questo...

PRESIDENTE. Ci sono ancora tre colleghi iscritti a parlare. Domando se preferite interrompere e riprendere in un'altra riunione o chiudere l'audizione questa sera.

DELLE CHIAIE. Io vorrei parlare di Serac. Non se ne è parlato, ma è un tassello importante di questa ricostruzione, così come le operazioni filoatlantiche condotte da Serac insieme a me nella "struttura unitaria costituita in Spagna".

FRAGALA’. Parli di Serac.

DELLE CHIAIE. Ho già riferito di avere incontrato Serac due volte prima del 1969. Prima di allora non ho avuto nessun rapporto che non fosse quello dell'incontro in cui si parlò di una agenzia di stampa. So di fare affermazioni che possono non essere credute, ma ripeto: chiedo che contro la verità da me detta vi sia una verità documentata diversa. Quando fui intervistato dissi tranquillamente di conoscere Serac, non vi vedevo nulla di strano. Lo dissi io: potevo negarlo, ma non c'era nulla di strano. Vidi Serac dopo la rivoluzione de los Claveres, in Portogallo. Egli conosceva Leo Negrelli. Leo Negrelli disse: "è arrivato... (il suo nome o un altro non ricordo), è scappato, ha bisogno di ospitalità". Si faceva così all'epoca, con tutti, e io ospitai in casa mia Guerin Serac. Ho visto scritto che ho utilizzato le strutture di Guerin Serac: ebbene, lui è stato ospite mio. Non solo, ma Vinciguerra - ecco un altro che parla di Serac in un determinato modo - infatuato da questo Serac, ex membro dell'Oas, ogni mattina cantava insieme a lui l'inno dei paracadutisti; erano come amanti. Nel 1974 D'Ambrosio aveva già tutte le informazioni sulla Aginter-Press, le informazioni che avete letto nella sentenza istruttoria di Salvini erano già in possesso di D'Ambrosio; quindi si sapeva che era una organizzazione che faceva lotta in Africa, con orientamenti cattolici eccetera. E l'istruttoria di D'Ambrosio, sulla Aginter-Press e su Guerin Serac, non sapeva meno di quanto Salvini rimescolerà nella sua sentenza istruttoria. Ma c'è di più. Voi ricorderete che nel 1976 (o già nello stesso 1974) "L'Europeo" mandò alcuni giornalisti in Portogallo per visionare i documenti della Aginter-Press che era stata occupata dopo la rivoluzione dalla Commissione per lo smantellamento del fascismo. Cito questa sigla perché dopo si dirà che probabilmente io ho goduto della complicità - a proposito di complotti! - di qualche esponente della Commissione per lo smantellamento del fascismo. Se non è follia, poco ci manca. I giornalisti del "L'Europeo" vanno e cercano dei nomi, ne trovano ma non trovano il mio. Le successive indagini che verranno fatte confermeranno: nota del 10 dicembre 1973, della Direzione generale della pubblica sicurezza; altri due rapporti, tutti allegati ai documenti che deposito, fino all'ultimo, del 13 febbraio 1984 che esclude la presenza del mio nome; nella agenzia di stampa non era stato trovato nulla che comprovasse un collegamento con Delle Chiaie e Avanguardia nazionale. Quindi, fino alla rivoluzione de los Claveres il mio rapporto con Guerin Serac è quello che ho detto, un incontro in cui si parla di un'agenzia di stampa, che non ebbe mai la possibilità di realizzarsi per volgari motivi economici. Furono fatte le indagini da D'Ambrosio. Ma non è finita: nel processo di Catanzaro il giudice Le Donne riaprì le indagini, interrogando Costa Correira, capo della Commissione di smantellamento della Pide (questa volta).

PRESIDENTE. Lei ha detto che questo accordo non si realizzò, ma nel 1977 mette in piedi una agenzia di stampa chiamata Agencia international de la prensa.

DELLE CHIAIE. Che c'entra questa?

PRESIDENTE. Come nome somiglia molto.

DELLE CHIAIE. Era il telex che avevano tolto all'ambasciata americana: lo diedero a noi, cadde in mano nostra e facemmo una agenzia di stampa. Queste sono le verità che posso documentare.

FRAGALA’. Ci chiediamo se lei fosse fra gli assaltatori dell'ambasciata americana.

DELLE CHIAIE. Non mi ricordo. Il problema vero è che a Catanzaro, il giudice Le Donne, durante l'istruttoria contro di me, si informa ancora su Guerin Serac e termina la sua ordinanza dichiarando: "Questi lo hanno favorito". Arrivati al processo si ritorna ad indagare su Guerini Serac, ma non risulterà nulla. La sentenza Catanzaro lo dice chiaramente. Arriva Salvini e riprende questo rapporto con Guerin Serac.

PRESIDENTE. Sembra che lei chiuda questo rapporto con Serac in questi due incontri del 1969.

DELLE CHIAIE. No, signor Presidente, né mi sottraggo. Nel 1974 l'ho ospitato e da quel momento inizia un rapporto concreto sul piano politico con Guerin Serac, ma non in un'unica struttura, né l'uno è dipendente dall'altro, bensì di volta in volta, puntualmente d'accordo o meno, su un atto preciso. Come per il Costarica, dove presidente era Calderon della Democrazia cristiana e Oduber socialista dell'opposizione, i quali coprivano i centri di guerriglia sandinisti che avevano fatto del Costarica il santuario della guerriglia. La copertura veniva dagli Stati Uniti, che all'epoca stavano montando l'operazione in Nicaragua. Questo avviene nel 1974. Il primo scontro noi l'abbiamo in Costarica, dove due elementi della Cia sequestrano un nostro elemento per togliergli una valigetta con i documenti. Queste sono verità, che - ripeto - chiedo siano confutate. Poi ci sono altri episodi, finché fallisce il nostro tentativo. Fummo chiamati da Costarica Libre, un movimento nazionalista con il quale avevamo rapporti, che era più vicino al movimento peronista che all'impostazione all'epoca radicale così come si intende in Italia, cioè nazional-rivoluzionaria, come avevamo rapporti con altri movimenti. Praticamente l'operazione fallì dopo un certo periodo di tempo.

PRESIDENTE. Perché sarebbe incredibile che un mondo di questo tipo sia completamente restato estraneo in Italia a tentativi di involuzione autoritaria del nostro ordinamento? E’ un punto che non riesco a capire, che si aggancia alla domanda che le ha rivolto l'onorevole Mantica.

DELLE CHIAIE. Le rispondo subito. Lei vede in questo atteggiamento un desiderio autoritario. Noi sentivamo in questo un desiderio rivoluzionario: andavamo per catapultare un potere che ritenevamo oppressivo per instaurare un ordine nazionale come noi lo intendevamo. Anche i compagni, allora, dall'altra parte erano autoritari. Quando ci fu il golpe in Portogallo tutti inneggiarono. Non era forse un golpe, non si configurava come un potere autoritario?

PRESIDENTE. Tornando alla Grecia, sul colpo di Stato dei colonnelli qual era la vostra valutazione? Era vicino o lontano dalla vostra posizione?

DELLE CHIAIE. Non lo sapevamo. Non riuscivamo a giudicare, perché avevamo anche amici in Turchia, praticamente camerati che attaccavano in quel momento la Grecia per la loro posizione. E' chiaro che ogni azione che rompeva lo schematismo delle democrazie liberali ci faceva pensare all'ipotesi di una terza posizione che andava nascendo. Non avevamo elementi per poter giudicare. Ad esempio, la rivoluzione dei garofani nasce con un gruppo di capitani che ritenevamo fossero amici nostri, che erano nasseriani; praticamente ritenevamo che andasse al potere una linea che era quella nasseriana che ci era più vicina. Invece andò al potere De Espinola che era l'uomo degli americani. Invece sento dire che quando facemmo l'Elp nel 1974 lo facemmo contro De Espinola, che era praticamente la garanzia americana in Portogallo. Quando cadde De Espinola, continuò con De Carvalo, ma questo non significa nulla. Ma l'operazione ELP nasce quando c'è De Espinola, che non è di sinistra: è un liberale messo dagli americani, che garantisce la loro presenza in Portogallo. Per quanto riguarda la resistenza algerina, questa viene definita pseudo-resistenza: un'affermazione della polizia algerina. Mentre questa ha tutto l'interesse a sminuire la resistenza, chi affronta il problema deve sapere che la resistenza algerina degli anni 1975-1976 è organizzata da Boudiaf e da Ben Bella: come si fa a parlare di pseudo-resistenza? Ben Bella è stato cacciato dall'Algeria da Boumedienne, il cui golpe fu appoggiato dagli americani, perché Ben Bella si era avvicinato alla Cina. Si vuole conoscere qual è la storia di questi paesi? Boudiaf, che fu assassinato nel 1992, quando era presidente della commissione del Governo in Algeria, una volta rientrato, che era uno dei fondatori dell'Osa, che nasce prima dell'Oas. Non è vero che Osa è l'anagramma di Oas, è il contrario. L'Osa nasce prima del Fronte di liberazione nazionale, poi l'Oas anagramma l'Osa e quest'ultima ritorna quando Boudiaf, che era uno dei fondatori della prima Osa, organizza nuovamente la resistenza algerina. Come si fa a sostenere cose che non hanno né capo né piedi?

PRESIDENTE. L'argomento Guerin Serac l'abbiamo esaurito, anche se vorrei sapere che fine ha fatto.

DELLE CHIAIE, L'ultimo intervento per Guerin Serac credo sia stato nel gennaio 1976. Intervenni, attraverso il capo dei drusi, su Bournedienne perché commutasse la pena di morte di Salvi, che era collegato a Serac. Il che avvenne. Salvi era stato catturato in Algeria, Serac sapeva che io avevo delle amicizie nel mondo arabo e mi chiese che possibilità vi erano per poter intervenire. Allora, arrivai a Jumblatt capo dei drusi, attraverso un amico comune, e riuscii ad intervenire su Boumedienne, tanto è vero che la pena di morte fu commutata in pena carceraria. Da quel momento non ho avuto più rapporti con Serac. Ho saputo di una sua crisi religiosa, ho saputo che era entrato in un convento o non so dove, ma dal 1976 non ho avuto più contatti e tutte le azioni successive in Argentina, in Bolivia, in Angola le ho condotte io, non nella struttura unica che faceva riferimento a Serac e a Delle Chiaie. Non è vero, non c'è stata nessuna struttura unica tra me e Guerin Serac: ci sono state delle azioni condotte insieme, che rivendico, come rivendico la stima che avevo verso Serac - ripeto - fino a prova contraria, perché non ho mai avuto da parte sua una proposta che mi potesse far sospettare dell'uomo.

PRESIDENTE. Sospettare di che cosa'?

DELLE CHIAIE. Di suoi rapporti con la Cia e con altri. Presidente, di che cosa stiamo parlando!

FRAGALA’. Abbiamo effettuato alcuni giorni fa l'audizione dell'ex ministro dell'interno Taviani proprio in relazione al periodo di cui stiamo trattando, cioè fino al 1986, e abbiamo anche ascoltato in precedenza Forlani, che è stato Ministro della difesa in un anno cruciale, il 1975, quando fu licenziato Maletti. Taviani ci ha raccontato un episodio che secondo me ha una grande importanza e che sottopongo alla sua riflessione, perché lei questa sera ha dimostrato di essere un osservatore delle vicende politiche particolarmente attento. Taviani ci ha detto che, ad un certo punto, di sua iniziativa ritenne di portare una proposta di scioglimento di Ordine nuovo in Consiglio dei ministri. Il presidente del Consiglio era Rumor, capo di Gabinetto era Piga e il più qualificato rappresentante della Democrazia cristiana nel Governo era Moro. Taviani ci ha detto che Rumor come al solito non aveva un'idea precisa: Piga era contrarissimo allo scioglimento; Moro era assolutamente contrario e, come ci ha detto Taviani, fu preveggente in questa sua posizione perché temeva che tale atto fungesse da detonatore di una serie di azioni eversive o addirittura di attentati. Taviani non ascoltò Moro, ci ha detto nell'audizione, e se ne è pentito: fece il procedimento di scioglimento di Ordine nuovo. Con lo scioglimento di Ordine nuovo, a quanto pare, si avverò la previsione di Moro e alcune tra quelle che lei ha definito cellule impazzite commisero una serie di delitti e di attentati. Immagino che tra questi lei comprenda anche l'uccisione di Vittorio Occorsio. Le chiedo: ripensando a questi avvenimenti, non ha l'impressione che Taviani fu spinto a questo provvedimento inconsulto (che lui adesso a distanza di molti anni ha ripensato) da qualcuno che voleva provocare la deflagrazione delle cellule impazzite? Non pensa che i cosiddetti militanti della destra extraparlamentare, una volta sciolto Ordine nuovo, caddero nella trappola di chi aveva immaginato questo disegno e si diedero a commettere tutta una serie di attentati e addirittura di delitti che poi rappresentarono la realizzazione del disegno politico di Taviani, che era quello di sostenere che non esistevano gli opposti estremismi ma soltanto un'eversione, quella dell'estrema destra? Anche qui ci ha ripetuto che esisteva soltanto un pericolo per la democrazia, quello di destra.

PRESIDENTE. Non ha detto che non esisteva l'eversione di sinistra. Ha detto che il pericolo per la democrazia veniva dall'eversione di destra.

FRAGALA’. Ma il disegno che stava dietro lo scioglimento di Ordine nuovo era questo. Mi chiedo se la Destra radicale alla fine non sia diventata funzionale ad un disegno politico lucido di Taviani, contrastato da Moro e da Piga, che era quello proprio di creare un mostro di destra.

DELLE CHIAIE. Non so se questa sia stata un'idea o una strategia esclusivamente studiata da Taviani o da qualcun altro. So che è indubbio che lo scioglimento di Ordine nuovo diede inizio alla frantumazione dell'ambiente e alla nascita di cellule impazzite. Il successivo scioglimento di Avanguardia nazionale liberò poi completamente l'area da qualsiasi riferimento politico, lasciando mano libera a chi voleva seminarvi la provocazione. Quel che lei dice è tanto più vero se si pensa che nel 1973, come si evince da una corrispondenza interna che ritroviamo negli appunti di Maletti, si parla dello scioglimento per decreto anche di Avanguardia nazionale. L'organizzazione doveva essere sciolta senza processo e Maletti nel suo appunto scrive: "Da Avanguardia nazionale a Lotta continua: studiare le reazioni al possibile scioglimento e riferire a Taviani".

FRAGALA’. Maletti ci ha detto di non ricordare nulla di quegli appunti.

DELLE CHIAIE. Maletti non ricorda neppure di Santoni e Tanzilli, figuriamoci del resto. Quella deve essere stata una delle vostre peggiori audizioni. Maletti ha detto molto di più in altre occasioni. Ho portato un documento del Ministero dell'interno, ufficio Affari riservati, che sollecita lo scioglimento per decreto di Avanguardia nazionale. Contemporaneamente c'è l'appunto, datato anch'esso 1973, dove Maletti parla della stessa cosa e dice di riferire a Taviani. Andreotti portò alla riunione del Consiglio dei ministri il decreto di scioglimento di Avanguardia nazionale. Nel frattempo però era accaduto che nella segreteria di Taviani c'erano alcuni elementi di sinistra i quali...

PRESIDENTE. Ma lo scioglimento di Avanguardia nazionale avviene nel 1976 e dopo un processo. Nel 1973 non c'è il processo.

FRAGALA’. Come per Ordine nuovo.

DELLE CHIAIE. Lasciatemi concludere. No, per Ordine nuovo nel 1973 c'è un processo.

PRESIDENTE. Nel '73 lo scioglimento si fondò su una sentenza che non era ancora definitiva. Infatti secondo la legge Scelba, grazie ad un emendamento presentato dal Partito comunista, si prevedeva che sarebbe stato necessario attendere il giudicato per fare il decreto di scioglimento. Ora apprendo che nel 1973 si progettava di sciogliere Avanguardia nazionale per decreto.

DELLE CHIAIE. La sinistra venne informata delle intenzioni del Governo da questi elementi extraparlamentari che facevano parte della segreteria di Taviani. Uno di essi era quello che poi fece la trasmissione "II rosso e il nero" con Santoro. Questi avevano modo di conoscere quel che avveniva e così partì una campagna di stampa per contestare lo scioglimento di Avanguardia nazionale per decreto. Era logico che la sinistra si comportasse così, perché i suoi gruppi extraparlamentari temevano che quest'atto potesse essere rivolto anche contro di loro. Ed infatti era l'idea che ritroviamo nell'appunto di Maletti. La campagna di stampa bloccò il decreto ed iniziò il processo giudiziario ad Avanguardia nazionale che si concluse nel 1976. Ritornando a quanto diceva l'onorevole Fragalà, se nel 1973 avessimo avuto lo scioglimento contemporaneo di Ordine nuovo e di Avanguardia nazionale sarebbe aumentata la possibilità di provocazioni. Non c'è dubbio che, anche se lo scioglimento poi fu spostato al 1976, le conseguenze peggiori si sono avute dal momento in cui le nostre organizzazioni non hanno più potuto costituire un riferimento ed una copertura politica per i soggetti dell'area. Senza dubbio la strage di piazza Fontana, che a mio avviso è la causa e l'innesco della lotta armata, e lo scioglimento delle nostre organizzazioni, che permise la libera circolazione della provocazione in un'area che prima era protetta e difesa dal movimenti che esistevano, sono stati due fattori di importanza fondamentale.

FRAGALA’. A proposito di questo, Alberto Franceschini, nel corso della presentazione del suo ultimo libro ha dichiarato che la strage di piazza Fontana e gli attentati accelerarono in modo terribile la scelta nella sinistra extraparlamentare verso la lotta armata. Franceschini ha detto che dopo la strage si preoccuparono moltissimo che quello fosse l'inizio di una operazione autoritaria mirante a creare in Italia una condizione di inagibilità per tutta la sinistra: allora decisero che non si poteva più stare a distribuire volantini davanti alle fabbriche ma che bisognava armarsi e passare immediatamente alla lotta armata.

DELLE CHIAIE. Questo è vero senza ombra di dubbio.

FRAGALA’. Franceschini ha detto anche che tra la fine degli anni ‘70 ed il 1981 un esponente socialista, tal Simeoni, che per un certo tempo fu considerato addirittura il "grande vecchio" delle Brigate rosse, anche se tutti ci hanno negato questa circostanza, propose al primo nucleo fondatore delle Br, composto da Curcio, Franceschini e Moretti, di rispondere alla strage di piazza Fontana con un attentato alla vita di Junio Valerio Borghese durante un comizio che si doveva tenere, sembra, a Treviso. Franceschini ci ha raccontato che il nucleo storico delle Br rifiutò questa operazione avendo capito che si sarebbe trattato di un'ulteriore provocazione. Le chiedo pertanto come mai una situazione di questo genere, addirittura la preparazione di un attentato alla vita di Borghese, non è mai arrivato alla conoscenza di tutti coloro che gli erano vicini? Avete mai saputo che si stava preparando questo attentato come risposta a piazza Fontana?

DELLE CHIAIE. Non ricordo alcunché a parte un fatto che sembrava provenire dall'esterno. Ricordo soltanto che il comandante cambia appartamento per un certo periodo ma non ne ricordo il motivo. Sicuramente non sono a conoscenza di una notizia di questo tipo perché mi sarebbe rimasta impressa. Ricordo solamente di un episodio che proveniva però fuori dall'Italia. Indubbiamente, comunque, non era legato ad una minaccia delle Br perché se così fosse me lo sarei ricordato.

FRAGALA’. La terza domanda è la seguente: personalmente ho osservato durante le audizioni di alcuni esponenti della sinistra extra-parlamentare o addirittura ex terroristi delle Br, la sua o altre audizioni, che nell'ambiente dell'extra parlamentarismo, di destra e di sinistra, un comune denominatore è quello del sospetto nei confronti di coloro che militano nella stessa area. Morucci ha detto cose certamente negative e di grande sospetto nel confronti di Moretti; Franceschini ha detto cose terribili di Moretti e di Morucci; addirittura ci ha raccontato del suo primo arresto avvenuto nel '72 con un carico d'armi da guerra mentre veniva dalla Svizzera...

PRESIDENTE. Un fucile.

FRAGALA’. No signor Presidente. Un fucile mitragliatore e diverse pistole da guerra; addirittura le armi nascoste nel bagno erano sintomo di una condizione di infiltrato nei Servizi. Se si parla con Morucci e Moretti di Franceschini pensano che quest'ultimo sia chissà quale infiltrato dei Servizi. Tutti quanti poi sono concordi a pensare che Senzani sia un infiltrato.

PRESIDENTE. Per chiarezza del verbale, specifichiamo che molti di questi colloqui non sono avvenuti in questa Commissione.

FRAGALA’. No. Sono avvenuti durante convegni, tavole rotonde. Adesso, lei dice di Spiazzi cose incredibilmente negative.

DELLE CHIAIE. Io non ritengo Spiazzi dell'area.

FRAGALA’. Nemmeno Franceschini ritiene Moretti dell'area; anzi lo ritiene un marziano venuto da chissà dove e poi è diventato capo delle Brigate rosse. Per patriottismo ognuno pensa dell'altro che non sia dell'area; lei stesso di Vinciguerra e di altri...

DELLE CHIAIE. Di Vinciguerra faccio considerazioni di tipo diverso.

FRAGALA’. Spiazzi dice altre cose.

DELLE CHIAIE. Spiazzi doveva ammazzarmi.

FRAGALA’. Comunque, il comune denominatore di queste aree dell'extra-parlamentarismo di sinistra e di destra è soprattutto il sospetto o addirittura l'indicazione di delazione e di infiltrazione nei confronti degli altri. Come spiega che gruppi così ideologicamente identificati ed aggregati - che teoricamente si dicevano duri e puri rispetto a chi imborghesito stava nei partiti politici parlamentaristici - hanno segnato tutta la loro storia sul piano del sospetto, addirittura dell'infamia, della diffamazione e della calunnia nei confronti dei propri compagni o, come lei li chiama, camerati di lotta?

DELLE CHIAIE. Innanzitutto, proprio coloro che erano duri e puri erano soggetti ad una maggiore pressione del sistema non soltanto fatta di fermi e di arresti, ma anche di controlli sotto casa, improvvise perquisizioni, secondo quanto stabilito dall'articolo 41. Quando ad esempio veniva un capo di Stato straniero alcuni di noi erano fermati e portati in questura, come atto preventivo. Credo di aver passato la mia prima giovinezza tra la questura e casa. Quindi, la pressione costante, soprattutto in un momento di maggiore durezza della battaglia politica, diversamente dai partiti dove un infiltrato passava inosservato.... è chiaro che nasceva il sospetto, la prudenza, nei confronti dell'atteggiamento di una persona in una piazza; per esempio, avevamo individuato dei poliziotti che incitavano nei cortei. Mi ricordo che uno fu picchiato a piazza Colonna e trascinato per terra. Di conseguenza, quando ad esempio un elemento appariva più esagitato in un'azione di piazza si cominciava a dubitare, a controllarlo, a tentare di capire se proveniva da fuori.

PRESIDENTE. Si trattava di psicosi o di fatti reali?

DELLE CHIAIE. Ho già detto che si trattava di fatti reali; avrete tutti letto di Affatigato: vi sono informative di altri soggetti considerati tra l'altro abbastanza puri. La realtà dell'infiltrazione era reale ma questa veniva accentuata da una vera e propria psicosi d'ambiente, soprattutto nella frantumazione.

PRESIDENTE. Soprattutto perché eravate clandestini.

DELLE CHIAIE. Signor Presidente, non eravamo clandestini; allora era più clandestino l'apparato militare del Partito comunista, comandato prima da Secchia e poi da altri con i suoi quadri paralleli; non certo noi. Il problema è quello della psicosi; del timore, soprattutto quando accadono dei fatti, che comincino a sfuggire alla nostra comprensione logica. Allora c'è il timore che possa esserci accanto qualcuno... Noi abbiamo avuto elementi concreti per quanto ci riguardava. C'è poi a mio avviso anche un altro fattore: c'è l'azione del potere che tende a rendere insicuro l'ambiente che deve attaccare. Qui si sottovaluta quello che è il potere nella sua azione contro gli oppositori. Non c'è solo l'arma dell'infiltrato o della provocazione. Ho letto, non ricordo dove, che Musumeci dice: quando noi dobbiamo distruggere un nostro nemico non abbiamo bisogno di ucciderlo, basta che costruiamo una campagna di diffamazione contro di lui. E’ Sanapo che dice che Belmonte questo gli aveva detto. Questa è un'altra arma micidiale: creare l'insicurezza, creare la psicosi, penetrare, infiltrare e vi era indubbiamente questa presenza di soggetti che per motivi diversi venivano utilizzati.

FRAGALA’. Questa è una faccia della medaglia. Lei ha mai avuto l'esperienza di un'altra faccia della medaglia, a cui mi ha fatto pensare proprio Morucci? Egli ha detto che c'erano i leninisti che non gradivano molto che egli ricordasse loro che Lenin la rivoluzione di ottobre l'aveva fatta con i marchi tedeschi e nel vagone piombato del Kaiser, però ritenevano che si potesse strumentalizzare un rapporto esterno e non farsi strumentalizzare. Nella vostra area è capitato di fare questo ragionamento leninista che dice Morucci, cioè di strumentalizzare un apporto esterno, una iniziativa dei Servizi o degli apparati pensando di non essere strumentalizzati ma di strumentalizzare?

DELLE CHIAIE. Per quanto sia giunto alle nostre orecchie no, anche perché era difficile fare un discorso di questo genere nel nostro ambiente. Che vi sia stato qualcuno ne sono certo, certissimo. Nell'area ristretta del radicalismo di destra un discorso di questo tipo di carattere leninista sarebbe stato assolutamente respinto. Infatti uno degli elementi che provenivano dalla nostra cultura era che il fine non giustificava i mezzi, elemento che molti sottovalutano. Noi avevamo dei principi che erano radicati e che spesso ci hanno impedito di agire politicamente. Ma che qualcuno credendosi probabilmente al di là del bene e del male lo abbia fatto o lo abbia pensato è certo. Ne sono certissimo.

PRESIDENTE. Devo dire di essere d'accordo con lei.

FRAGALA’. Poco fa lei ha parlato di una situazione all'interno del sistema politico di guerra tra bande; vi era cioè in quegli anni, 1972-73-74, comunque a partire dal 1969...

DELLE CHIAIE. Potremmo dire dal 1964, quella di De Lorenzo era una guerra per bande, cosi noi la consideravamo.

FRAGALA’. Lei ha parlato di una guerra tra bande, tra una parte del sistema che voleva il centro-sinistra bloccato, ha parlato dei dorotel, di Rumor e così via, e un'altra parte che voleva il centro-sinistra aperto al Partito comunista, Moro, De Mita e poi Andreotti. Le chiedo: ma lo scontro vero, secondo lei, più che tra queste due bande, non era tra la banda filoaraba e la banda filoisraeliana all'interno del sistema? Il vostro gruppo di Avanguardia nazionale è capitato che si omologasse ad una di queste due bande?

DELLE CHIAIE. Nel 1953 ho fatto domanda di volontariato per andare a combattere sul Canale di Suez accanto agli egiziani. Da allora la mia posizione è stata sempre questa, non è cambiata. Quindi era più che nota la nostra posizione rispetto al problema palestinese, o arabo in generale. Ad esempio in occasione della rivolta in Algeria noi immediatamente ci schierammo con l'Armata di liberazione nazionale algerina.

FRAGALA’. In Italia chi erano i filoarabi?

DELLE CHIAIE. Ad esempio si dice che Moro fosse filoarabo e Miceli anche; Maletti era filoebreo; e Andreotti?

FRAGALA’. Filoarabo.

DELLE CHIAIE. Come si spiega allora il rapporto con Maletti e come si spiega la lotta contro Miceli e come si spiega che Moro scrive la lettera?

FRAGALA’. Infatti poi Maletti fu licenziato proprio per questo, anche se egli lo ha negato.

DELLE CHIAIE. Certo, ma fu arrestato Miceli e poi intervenne in difesa di Miceli. E’ chiaro allora che vi era uno scontro tra i due gruppi. Cosa accade? C'è uno scontro all'interno del sistema tra gruppi di potere che vogliono maggior potere, li chiami correnti o come vuole, non ha importanza. Lo stesso schieramento che vuole l'apertura al Partito comunista, che si confermerà poi con Moro e Andreotti, provoca una guerra tra Moro e Andreotti, credo che questo sia indubbio. Perché? Non erano nella stessa direzione? Sì, ma ciascuno voleva essere il leader, ciascuno voleva interpretare storicamente il processo politico, quindi vi è una lotta di potere. La linea filoaraba e la linea filoisraeliana si incrociano in questo urto. Credo che non siano le linee di demarcazione dell'urto, perché cosi si può non capire più nulla; queste linee si sovrappongono e si intersecano con altre linee, con quella che è l'essenzialità vera dello scontro tra bande: il maggior potere all'interno del Paese. Abbiamo una serie di fatti, di episodi, di scontri, di alleanze, quindi nuovamente di scontri che normalmente non spiegheremmo politicamente: una corrente che prima si allea con un'altra e poi si mette con un'altra ancora.

FRAGALA’. Avanguardia nazionale come interpretava la sua politica filoaraba? Cosa veniva fatto oltre ad essere volontario nel canale di Suez contro gli israeliani?

DELLE CHIAIE. Ad esempio la nostra campagna per il problema palestinese; abbiamo partecipato a manifestazioni in alcune ambasciate arabe che ci invitavano; abbiamo poi agito dopo il 1970; ad esempio in Bolivia ho fatto una grossa campagna in televisione dopo che vi fu il massacro nel campi di Shabra e Chatila. Posso citare questo fatto: nel 1967-68 vi erano sia in Algeria, ai tempi dell'Armata di liberazione nazionale, sia nei campi in Giordania, che poi arriveranno al famoso Settembre nero, alcuni camerati che facevano addestramento ideologico e politico. Citerò un particolare che forse in pochi sapete e vi sono anche delle fotografie: i soggetti dell'armata di liberazione algerina avevano il "Mein Kampf" nel tascapane. Questa è la verità. Fino a quando vi fu la repressione da parte della Francia di due governi socialisti, di Meudes France, poi venne Mollet; fino a Mollet noi appoggiammo l'indipendenza algerina. Vi fu poi il Fln e subentrò dopo l'indipendenza il famoso Manifesto dell'Occidente di Jean Jaqùes Sousini e di Argout che insieme al settore algerino, soprattutto di Orano, volevano una federazione tra l'Algeria e la Francia. Lo Fln si schierò contro, così come gli Stati Uniti, e allora noi ci schierammo con quel settore dell'Oas che voleva la federazione con gli algerini. Questo è il processo.

FRAGALA’. Però non capisco: tutto questo schieramento filoarabo era internazionalmente appoggiato dall'Unione Sovietica e politicamente dalla sinistra. Vorrei capire questo.

DELLE CHIAIE. Non ritengo che sbagliassimo noi ad appoggiare gli arabi. Io ritengo che sbagliasse quella parte della destra che appoggiava Israele. Ho conosciuto molti capi arabi. Mi ricordo un giorno uno che, parlando proprio del problema dell'Unione Sovietica (racconterò poi un piccolo episodio che ho capito da un punto di vista psicologico solo dopo), mi diceva: "Se l'Unione Sovietica ci appoggia dobbiamo dire di no?". Prendiamo ad esempio il canale di Suez.

PRESIDENTE. Questo sembrerebbe un po' il discorso del vagone piombato dei marchi tedeschi.

DELLE CHIAIE. Sarà quello che sarà, comunque riporto la realtà. Come dicevo, prendiamo il canale di Suez. Forse sono più anziano di molti di voi, ma ricorderete tutti l'Inghilterra, la Francia, l'Occidente, questo famoso Occidente che voleva prendere il canale di Suez. Chi si schierò in appoggio a Nasser? La sinistra. L'Unione Sovietica aveva degli interessi? Certo, ma noi che dovevamo fare? Dato che l'Unione Sovietica e la sinistra appoggiavano Nasser, dovevamo prendere posizione insieme a coloro che si schieravano con quelli che noi ritenevamo gli invasori del canale di Suez. Noi chiedemmo il volontariato di un reparto con la nostra divisa e la nostra bandiera. Purtroppo durò pochissimo, pochi giorni e fu finito e quindi non ci fu il tempo per accogliere la nostra richiesta. Comunque ancora conservo il ringraziamento che ci inviò Nasser per questo atto di volontariato. Molti anni dopo mi trovavo in Bolivia dove il potere del colonialismo nordamericano era pesantissimo, si palpava. Un giorno suggerii al presidente Garcia Meza di prendere contatto con l'ambasciatore russo. Badate bene che l'Unione Sovietica era stato il primo paese a riconoscere la Bolivia. Che forse mi ero convertito? No, certo, ma ritenevo che, di fronte alla pressione non soltanto politica ma esercitata attraverso i veri strumenti del potere (il Fondo monetario internazionale, la Banca mondiale), quel potere che minacciava sequestri degli aerei, i blocchi nelle banche per le importazioni e le esportazioni, il vero potere e non quello che ho letto nelle sentenze istruttorie o in altri testi, il potere che strangola veramente un paese, l'unico modo per allentare la stretta fosse quello di allearsi con i nemici lontani.

FRAGALA’. Come fece Castro, ma poi rimase prigioniero.

DELLE CHIAIE. Certo, ma anche Castro non aveva altra possibilità che fare quello che fece.

PRESIDENTE. Onorevole Fragalà, ritengo opportuno interrompere l'audizione. Riprenderemo con le sue domande la prossima volta. Rinvio l'audizione di Stefano Delle Chiaie a martedì prossimo, alle ore 20. Le chiedo, signor Delle Chiaie, di riprendersi quei documenti che ha portato con sé e che ci consegnerà in occasione del seguito dell'audizione.

Se non ci sono osservazioni, così resta stabilito.

La seduta termina alle ore 0,30 di giovedì 17 luglio.

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