Commissione parlamentare d'inchiesta sul terrorismo in Italia e sulle cause della mancata individuazione dei responsabili delle stragi

26ª SEDUTA

MARTEDI' 22 LUGLIO 1997

Presidenza del Presidente PELLEGRINO

Indice degli interventi

PRESIDENTE
DELLE CHIAIE
CO' (Rif.Com.-Progr.) senatore
CORSINI (Sin.Dem.-l'Ulivo), deputato
DE LUCA Athos (Verdi-l'Ulivo), senatore
DETOMAS (Misto-Min.linguistiche), deputato
FRAGALA' (AN), deputato
GUALTIERI (Sin.Dem.-l'Ulivo), senatore
MANCA (Forza Italia), senatore

La seduta ha inizio alle ore 20,15.

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la seduta.

Invito l'onorevole Mantica a dare lettura del processo verbale della seduta precedente.

MANTICA, segretario f.f., dà lettura del processo verbale della seduta del 16 luglio 1997.

PRESIDENTE. Se non vi sono osservazioni, il processo verbale si intende approvato.

 

COMUNICAZIONI DEL PRESIDENTE

PRESIDENTE. Comunico che, dopo l'ultima seduta, sono pervenuti alcuni documenti, il cui elenco è in distribuzione, che la Commissione acquisisce formalmente agli atti dell'inchiesta.

Comunico inoltre che - in ottemperanza delle decisioni assunte dall'Ufficio di Presidenza nella scorsa riunione di giovedì 17 luglio 1997 - ho attivato la segreteria affinché raccogliesse la disponibilità e fissasse le modalità ed i tempi per l'audizione dei brigatisti Lauro Azzolini e Franco Bonisoli, nonché dell'onorevole Piccoli. Azzolini e Bonisoli sono detenuti in regime di semilibertà a Milano-Opera ed a Monza. Azzolini ha comunicato per iscritto di declinare l'invito. Bonisoli si è dichiarato indisponibile per l'immediato, ed in via di principio contrario; peraltro si è riservato una risposta definitiva per il prossimo autunno. L'onorevole Piccoli ritiene intempestiva una sua audizione in questo periodo, ritenendo anche di non avere nulla di importante o di utile da dichiarare, e si riserva di prendere contatto con la Commissione fra qualche mese. Ho poco da aggiungere a queste comunicazioni. L'atteggiamento di Azzolini o Bonisoli mi sembra che rientri nei loro diritti perché noi dovremmo acquisire le loro dichiarazioni in ordine a fatti che indubbiamente potrebbero implicare una loro responsabilità. Devo dire che capisco meno la risposta dell'onorevole Piccoli. Non spetta all'audiendo giudicare la tempestività della decisione della Commissione di procedere all'audizione o l'utilità della stessa. Queste sono valutazioni che deve assumere la Commissione. Se il Parlamento recentemente ci ha prorogato per l'intera legislatura, evidentemente, si ritiene che non tutto sia stato chiarito e che ci siano ancora punti di queste vicende del passato che meritano un chiarimento. Mi riservo comunque di sottoporre il problema al prossimo Ufficio di Presidenza e sin da adesso preannuncio quello che è il mio punto di vista. Anche il rifiuto di essere audito può essere un elemento che entra a far parte della valutazione della Commissione.

Se non vi sono osservazioni diamo per approvato il processo verbale e riprendiamo l'audizione del signor Stefano Delle Chiaie.

GUALTIERI. Signor Presidente, come lei sa non faccio parte dell'Ufficio di Presidenza e quindi non ho potuto partecipare alla programmazione dei lavori della Commissione. Trovo che vi siano state, rispetto alle convocazioni, numerose rinunce e defezioni. A parte le ultime due audizioni - in precedenza abbiamo avuto quella di Morucci e poi anche di altri - avevamo anche predisposto una nuova audizione del Ministro dell'interno e del presidente Cossiga. La mia preoccupazione principale è che non riusciamo a stringere. Ritengo d'altra parte che con l'arrivo delle nuove carte dalle procure di Milano e di Roma relative alle stragi principali come piazza Fontana - non voglio parlare ora dell'affare Moro e dei brigatisti che rifiutano di venire - si debba iniziare a trarre delle conclusioni in ordine alle responsabilità della pubblica amministrazione. Abbiamo accertato, attraverso la via giudiziaria, i depistaggi, le deviazioni, le complicità di tutto il sistema o di una grossa parte del sistema istituzionale della sicurezza italiana e le responsabilità dei governi dell'epoca. Ritengo, pertanto, che oggi siamo in grado di contestare questi fatti a chi allora aveva responsabilità istituzionali e a quelli che ricoprono ancora oggi incarichi pubblici. Avevo indicato i nomi di alcuni ufficiali dell'Arma dei carabinieri, compreso il generale Ferrara, per dieci anni capo di stato maggiore dell'Arma, proprio nei momenti più importanti, anche quest'ultimo per ragioni di salute o altro non è intervenuto e l'audizione ci è stata negata. Queste istituzioni (ad esempio, l'ufficio Affari riservati, anche se non c'è più Federico Umberto D'Amato) i ministri di allora o coloro che li hanno seguiti, i responsabili dell'Arma dei carabinieri negli anni delle stragi, devono rispondere - anche con la memoria storica - e devono fornire alla Commissione documenti e carte. Dobbiamo - a mio giudizio - smettere di sentire i personaggi minori, già ascoltati o già condannati, e contestare invece ai corpi dello Stato le risultanze delle nostre inchieste, altrimenti continueremo a girare attorno ai problemi, perché avremo a disposizione solo audizioni separate le une dalle altre, senza un programma di domande di contestazione dei fatti. Oggi vi sono personaggi ancora attivi, con responsabilità precise che non possono rifiutarsi di venire. Sono venuti qui alcuni Ministri dell'interno: sono grato al ministro Taviani per essere venuto, così come sono grato al senatore Andreotti, ma dobbiamo continuare con quei corpi dello Stato le cui responsabilità devono essere accertate anche per via burocratica. Esiste una continuità nell'Arma, nella Polizia, nei Servizi. Mentre la magistratura insegue il singolo caso giudiziario noi inseguiamo la responsabilità istituzionale di un settore. Proporrei, quindi, di riesaminare l'elenco di coloro che vogliamo ascoltare, per giungere a delle conclusioni. Dal momento che abbiamo prorogato la Commissione direi di stringere in un rapporto di approfondimento molto serrato, con obiettivi mirati. Ripeto, non faccio parte dell'Ufficio di Presidenza e lascerei a quest'ultimo l'approfondimento di quella che per me è una esigenza da portare avanti in questo momento.

PRESIDENTE. La ringrazio senatore Gualtieri. Lei non ha partecipato all'inizio della seduta precedente dove sicuramente ho detto qualcosa in proposito; certamente ne abbiamo discusso nell'Ufficio di Presidenza. E’ evidente che dopo la pausa estiva dovremo fare una pausa di riflessione per capire quale dovrà essere l'ulteriore cammino che la Commissione dovrà percorrere e quale la strada da imboccare. Lei sa che io personalmente ritengo che almeno sulle vicende più lontane nel tempo eravamo già in condizione di esprimere un giudizio politico-parlamentare nel quale doveva essere contenuto anche un accertamento di responsabilità. Lei aveva suggerito l'audizione del generale Ferrara. L'Ufficio di Presidenza aveva deliberato in questo senso, ma poi il generale Ferrara ci ha fatto sapere di non essere in condizioni fisiche tali da sopportare una audizione. Per quanto riguarda i Ministri dell'epoca, li stiamo ascoltando un po' tutti. Oggi ho commentato, mi sembra negativamente, la risposta - la prima che abbiamo avuto - di rifiuto dell'onorevole Piccoli. Abbiamo in programma anche l'audizione dell'onorevole Craxi. In questo caso potrebbero sorgere complicazioni di tipo diplomatico con il Governo tunisino, almeno stando alle notizie di oggi. Se ciò non accadrà, svolgeremo l'audizione. Vorrei chiederle di formulare richieste specifiche di audizioni che io poi presenterò all'Ufficio di Presidenza. Aggiungo che certamente dovremo sentire il Ministero dell'interno per quanto riguarda la vicenda recente relativa al ritrovamento dell'archivio alla circonvallazione Appia e gli altri documenti sequestrati al Viminale dal giudice Mastelloni. Presenterò senz'altro all'Ufficio di Presidenza la proposta di ascoltare gli attuali responsabili dei corpi istituzionali. Però, avrebbe senso contestare al generale Siracusa eventuali responsabilità degli uomini che dirigevano la divisione Pastrengo all'epoca dei fatti? Cosa ci potrebbe rispondere? Comunque - ripeto - sottoporrò questa proposta all'Ufficio di Presidenza. Personalmente vorrei fare un altro atto istruttorio. Abbiamo a disposizione validi consulenti e durante la pausa estiva vorrei redigere un capitolato di quesiti da sottoporre loro affinché ci indichino se una serie di fatti sono certi - come io ritengo che siano - e così dicendo in qualche modo introduciamo l'argomento all'ordine del giorno cioè il seguito dell'audizione del signor Delle Chiaie. Durante l'ultima seduta avevo avuto l'impressione che l'audizione si svolgesse in maniera disordinata e che il risultato sarebbe stato difficilmente valutabile. Ho invece riletto il verbale e sono giunto ad una valutazione parzialmente differente. Mi sembra infatti che l'audizione abbia una sua unitarietà. Naturalmente il vaglio critico di quello che Delle Chiaie ci ha detto nell'ultima riunione e di quello che dirà stasera, sarà compiuto dalla Commissione nel momento e nella sede opportuna. Voglio ringraziare in conclusione il senatore Gualtieri per il suo costante contributo alla conduzione dei lavori della Commissione.

FRAGALA’. Signor Presidente, vorrei esprimere a nome personale e del Gruppo alleanza nazionale il concorde intento rispetto all'esigenza rappresentata dal senatore Gualtieri. Non vi è dubbio che la proroga della Commissione ci pone non soltanto nelle condizioni, ma nella opportunità e nella necessità di rappresentare a questo punto un quadro completo di atti istruttori, di indagini, di audizioni, di acquisizione di documenti per settori di conoscenza dei vari problemi e credo che il senatore Gualtieri abbia ragione ponendo un problema che io sento dal momento in cui ho iniziato a far parte di questa Commissione: non è assolutamente possibile che uomini delle istituzioni, del passato recente o meno recente, o che attualmente detengono cariche pubbliche, si sottraggano al dovere istituzionale di apportare un contributo di conoscenza alla Commissione. Signor Presidente, lei sa benissimo che ho presentato a nome di tutti i Gruppi della minoranza una richiesta di audizione del professor Prodi rispetto alla questione della seduta spiritica. Mi sono anche rivolto al Presidente della Repubblica, ma fino a questo momento il professor Prodi non ha sentito il dovere istituzionale di apportare, rispetto ad una vicenda cosi importante e drammatica della vita nazionale, il suo contributo di conoscenze, nonostante che esponenti istituzionali e politici come il senatore Andreotti, l'onorevole Piccoli e altri, oltre i protagonisti della lotta armata che sono stati uditi in Commissione su quella vicenda, abbiano espresso valutazioni certamente significative. Allora ha ragione il senatore Gualtieri: dobbiamo porre non in posizione di scelta, ma in posizione di obbligo istituzionale una serie di personaggi affinché vengano in Commissione per dare il loro contributo. Valuteremo poi se è positivo, se è ultroneo, se è contraddittorio o se è significativo, ma non è possibile né per quanto riguarda l'onorevole Piccoli con il suo rifiuto, né per quanto riguarda il professor Prodi con la sua latitanza, che la Commissione non abbia da parte degli esponenti istituzionali un contributo in questo senso. In altri Paesi del mondo occidentale, se si fosse aperto un dibattito su una storia come quella della seduta spiritica, anche il Presidente degli Stati Uniti avrebbe avvertito l'esigenza istituzionale di presentarsi ad una Commissione, senza neppure essere convocato o essere protetto rispetto ad una opportunità e ad una esigenza da tutti avvertita.

PRESIDENTE. Per quanto riguarda l'onorevole Piccoli, sono d'accordo con lei. Telefonerò a Piccoli in questi giorni o subito dopo la pausa estiva per significargli che se un organo decide di sentire qualcuno, non spetta a quest'ultimo stabilire se l'audizione è utile, tempestiva oppure no. Per quanto riguarda il presidente Prodi, non abbiamo deliberato la sua audizione, ma in sede di Ufficio di Presidenza avevamo deciso di preparare questo intervento in Commissione attraverso le preventive audizioni di Morucci e della Faranda e poi aggiungendo quelle di Azzolini e di Bonisoli. Poiché queste audizioni preparatorie non stanno dando i frutti che speravamo, proporrò all'Ufficio di Presidenza l'audizione del presidente Prodi. Dopo questo passaggio lei potrà parlare di latitanza, non prima perché così facendo non saremo istituzionalmente corretti nei confronti del Presidente del Consiglio. Anche se poi quella vicenda è stata chiarita dal Presidente della Camera: l'onorevole Prodi, come Presidente del Consiglio, può essere sentito dalla Camera e dal Senato, dalle singole Commissioni parlamentari; noi possiamo sentirlo come cittadino, perché all'epoca di quei fatti non rivestiva cariche istituzionali.

 

INCHIESTA SU STRAGI E DEPISTAGGI: SEGUITO DELL’AUDIZIONE DEL SIGNOR STEFANO DELLE CHIAIE

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della audizione del signor Stefano Delle Chiaie.

DELLE CHIAIE. Signor Presidente, l'altra volta mi ero impegnato a portare dei documenti. Vi ho raccontato inoltre come riuscii ad entrare in possesso del numero telefonico.

PRESIDENTE. Signor Delle Chiaie, vorrei dare prima la parola all'onorevole Fragalà. Alla fine lei potrà liberamente indicare quello che ritiene sarebbe giusto che le venisse ancora chiesto.

FRAGALA’. Signor Delle Chiaie, lei sa che si è parlato e si parla nella pubblicistica e anche in documenti di questa Commissione di un "doppio Stato", di uno Stato parallelo, lei cosa ne pensa?

DELLE CHIAIE. Ho letto più volte riferimenti a questo "doppio Stato" che rappresenterebbe, in fondo, due livelli in contrasto ed in contraddizione fra di loro. La mia analisi, la mia impressione - perché è chiaro che solo di questo posso parlare - è che non sia mai esistito un "doppio Stato", ma sia esistita una doppiezza politica. Vale a dire che lo stesso potere ha agito a due livelli, uno decisionale, e quindi ufficiale, ed un altro occulto, quello dei Servizi. Mi permetto qui di aprire una parentesi: nel 1987, quando fui ascoltato dalla Commissione Bianco, chiesi di essere messo a confronto con i soggetti che avevano deviato perché ritenevo che soltanto comprendendo le deviazioni si potesse comprendere chi era stato protetto e chi colpito ingiustamente. Tornando al tema del "doppio Stato", ritengo che questo non sia esistito così come, nella situazione italiana, viene descritto da alcuni osservatori, o politologi, soprattutto da coloro che probabilmente non l'hanno vissuta. Ritengo - ripeto - che fosse lo stesso potere ad agire a due livelli: uno era quello decisionale, l'altro quello coperto, che serviva a raggiungere gli obiettivi che di volta in volta il complesso del potere, o i singoli gruppi di potere che all'interno del sistema lottavano, voleva realizzare. Realizzare attraverso questo secondo livello che appunto viene chiamato il "doppio Stato" e che non sempre ha risposto allo Stato proprio perché più gruppi di potere lottavano all'interno del sistema stesso. Tanto che spesso abbiamo notato (credo che tutti noi lo sappiamo) che le alte cariche nei Servizi non sempre venivano nominate e caldeggiate soltanto dal partito al potere, ad esempio dalla Democrazia cristiana, ma scaturivano spesso dagli accordi tra correnti interne al medesimo partito, ciascuna delle quali sovente in alleanza con partiti diversi dalla Democrazia cristiana. Per questo riteniamo che il "doppio Stato" sia un'altra delle suggestioni che servono ad allontanare la verità.

FRAGALA’. Signor Delle Chiaie, lei ha parlato di deviazioni, secondo lei queste chi danneggiarono?

DELLE CHIAIE. Io so soltanto questo: tutte le deviazioni, dal 1969 in poi, non so chi dovevano coprire; una cosa però è certa, hanno deviato contro un settore dell'area che ancora oggi io chiamo nazional-rivoluzionario. Questo emerge se consideriamo la velina del 16 dicembre su piazza Fontana ed ancora, ad esempio, il caso Esposti, trovato morto ed indicato come responsabile della strage, per arrivare poi alla strage di Bologna dove si assiste ad una pioggia di veline. Mi è stato più volte detto di non parlare in prima persona, ed io comprendo bene che chi non ha vissuto il nostro dramma difficilmente possa capire che non si può prescindere da quello che personalmente si è sofferto e sperimentato; ebbene, non vi è una sola velina sulla strage di Bologna che non contenga i nostri nomi. E’ stranissimo, come ho detto anche nella scorsa seduta, che alcuni di quei nomi come Pierluigi Pagliai, Maurizio Giorgi, Palladino, il sottoscritto e Giorgio Vale che vengono indicati nelle veline, alcuni per la strage e tutti per quanto riguardava la famosa valigia sul treno, tutti e cinque, erano destinati a sparire dalla vita terrena. Vi è ancora il caso Bragaglia; vi fu un attentato nel quale venne uccisa una donna sotto casa di Bragaglia in una macchina - non so se ciò sia noto alla Commissione - identica a quella che questi possedeva. Bragaglia sarebbe stato quello che era venuto da me per propormi la strage di Bologna mentre, badate bene, ancora oggi io non lo conosco, vi do la mia parola d'onore, non l'ho mai visto e conosciuto. Per non parlare poi del caso di Ciolini sul quale credo sia inutile soffermarsi perché tutti ormai lo conoscete; vi sono comunque nomi ripetuti da Ciolini ed erano proprio quelli della deviazione. Badate bene che ci stiamo riferendo ai Servizi cosiddetti ripuliti, post-piduisti, a dimostrazione invece della continuità istituzionale della deviazione. Non si capisce: i Servizi erano stati ripuliti, gli appartenenti alla P2 non c'erano più, eppure Ciolini viene utilizzato e manovrato riprendendo i temi e le piste cui si era già ricorso con le false veline. Si può ancora fare l'esempio del gruppo Hoffman.

PRESIDENTE. Signor Delle Chiaie, mi permetta di svolgere un'osservazione: a parte la strage di Bologna, che è del 1980, prima non è stato sempre così come lei ha detto. Per la strage di piazza Fontana se vi è stato depistaggio, quello originario venne compiuto nei confronti del gruppo "22 marzo". Lei ci ha spiegato che nel magma iniziale del 1968, prima della strage di piazza Fontana, la differenza fra voi e gli anarchici non era così netta, come dimostra la stessa figura di Merlino, però dopo vi è stata ad esempio la strage di Peteano, con la sua pista rossa o la gialla, mentre poi alla fine è stato Vinciguerra, un uomo di Avanguardia nazionale, il reo confesso di quella strage. Procedo a memoria; anche uomini della Destra radicale non sembrano estranei a questa logica del depistaggio. Nico Azzi, quando sul treno Milano-Roma gli scoppia il detonatore fra le mani, aveva in tasca un numero de "L'Unità". Sono d'accordo con lei sul fatto che la ragione del depistaggio è molto importante e conduce alla ragione dello stragismo, ma non credo si possa affermare che fin dall'inizio si sia avuto depistaggio nei confronti della Destra radicale o soltanto nei suoi confronti.

DELLE CHIAIE. Qui sorge il problema del fatto, che mi viene rimproverato, di parlare in prima persona; ad un certo punto, infatti, il discorso si amplia e uno non riesce più ad orientarsi. Incomincio da Vinciguerra, mi scusi signor Presidente, ma lei ha detto un'inesattezza: Vinciguerra entra in Avanguardia nazionale dopo l'attentato di Peteano, nel 1974, e vi è un verbale contenente sue affermazioni dove si legge chiaramente: "Io rinunciai al terrorismo quando entrai in Avanguardia nazionale" e tale documento si trova negli allegati che, signor Presidente, le lascio. Non è quindi vero che Vinciguerra appartenesse ad Avanguardia nazionale al momento della strage di Peteano. Per quanto riguarda la velina del 16 sono veramente...

PRESIDENTE. Lasci stare quella velina.

DELLE CHIAIE. No signor Presidente, lei l'ha citata... e afferma che è una deviazione contro gli anarchici; in quella velina si parla di Mario Merlino, di Stefano Delle Chiale, di Guerin Serac e di Leroy, e non si parla né di Valpreda né di altri.

PRESIDENTE. Ma li si qualifica anarchici.

DELLE CHIAIE. Mi scusi Presidente, se prendiamo un argomento non possiamo lasciarlo indietro, perché noi quella situazione l'abbiamo sofferta. Quella velina, a quattro giorni di distanza - come ho detto già nella scorsa seduta - serviva evidentemente a preparare un orientamento diverso da parte dei giudici.

PRESIDENTE. Abbiamo riempito pagine di verbale sulla velina, la mia domanda precisa allora è questa: per quanto riguarda la vicenda di Peteano il depistaggio in quale direzione andava?

DELLE CHIAIE. Questo lo domandi a Vinciguerra, io non lo so, so solo quello che lui ha detto a me. Sostengo che le deviazioni complessivamente hanno colpito una parte del nostro mondo, per capire chi volevano proteggere bisogna approfondire quel tema. A mio avviso, invece di fare una costruzione astratta, bisogna seguire le tracce, le piste - come abbiamo scritto più volte - che vi sono, sono chiare, ci sono i nomi e cognomi, ed infatti nel 1987 chiesi alla Commissione il confronto con D'Amato, con Labruna, con Tedeschi, con tutti, quando erano vivi, non quando erano morti. Desidero concludere sul tema della velina: questa fu trasmessa ai carabinieri e alla polizia che erano gli unici, secondo la legge dell'epoca, a poter indagare. Quindi i Servizi diedero l'input della deviazione e quella velina arrivò ai giudici, come risulta dal documenti e dagli allegati che ho con me; furono Cudillo ed Occorsio che decisero...

PRESIDENTE. Che era un depistaggio.

DELLE CHIAIE. No, signor Presidente, decisero che non vi erano elementi sufficienti e si fermarono sul gruppo "22 marzo"; ma questa è storia e non la si può modellare secondo un disegno astratto.

PRESIDENTE. Sì, ma sono storia anche gli episodi che le ho ricordato, ai quali va aggiunto anche l'attentato alla scuola slovena.

DELLE CHIAIE. Non discuto, ma sottolineo la complessità di quelle situazioni. Insomma, devo parlare in prima persona, ma il mio nome, l'hanno forse indicato perché erano miei amici? O vogliamo che avvenga come a Bologna dove, malgrado io avessi sedici veline contro, l'accusa sosteneva: "Sì, questo poteva anche essere, perché tanto Delle Chiaie era lontano"? Infatti i mandati di cattura erano su tutti questi fatti. Delle Chiaie era lontano, ma era un capro espiatorio utile per le deviazioni.

PRESIDENTE. Noi stiamo solo registrando un fatto, i depistaggi non furono soltanto in una direzione.

DELLE CHIAIE. Allora diciamo che il maggior numero di volte furono rivolti contro la destra, o meglio contro il suo settore nazional-rivoluzionario.

FRAGALA’. Signor Delle Chiaie, il Presidente, nella scorsa audizione, ha citato una sua frase sul 1974. Può chiarire perché quell'anno fu negativo?

DELLE CHIAIE. L'ho già detto; il Presidente ha affermato che era una mia affermazione fatta nel 1987 alla precedente Commissione parlamentare. Vorrei spiegare che tornavo dopo diciassette anni di latitanza. Fui interrogato, credo, a un mese di distanza dal mio rientro in Italia, anche con una grande confusione vi assicuro - perché mi trovai un numero di mandati di cattura maggiore di quelli che supponevo mi avessero spiccato contro. Avevo quindi una gran voglia di battermi, di confrontarmi con chi mi accusava. In quell'anno erano morti alcuni miei camerati, dal comandante Borghese a Radu Ghenea, a Leo Negrelli...

CORSINI. Anche Julius Evola.

DELLE CHIAIE. Certo, Julius Evola, la ringrazio di avermelo ricordato. La situazione per me si era appesantita dal 1973, con lo scioglimento di Ordine nuovo e il tentativo di sciogliere, per decreto, Avanguardia nazionale, e continuò nel 1974 con una forte repressione: i mandati di cattura per il golpe Borghese. Se poi vogliamo parlare del 1974 (è chiaro che questa è una mia tesi, dico mia e non nostra) ebbene, a cosa serve la richiesta, ad esempio, di procedere contro il Movimento sociale italiano? A mio avviso serve a porre una spada di Damocle sul Movimento sociale italiano, per immobilizzarlo. L'azione antifascista dal 1973 al 1974, che prelude all'accordo, nel 1977, sui Servizi puliti fra il Partito comunista e la Democrazia cristiana è il costo per quel collante di cui parlavo la volta scorsa, per l'avvicinamento fra la Democrazia cristiana e il Partito comunista. Indubbiamente ciò si scaricò anche su di noi: ci fu l'Italicus, ci fu Brescia. Nella scorsa audizione vi ho letto le nostre circolari del 1973 e del 1974, cioè quale allarme avevamo nell'area perché ci pervenivano notizie di provocazioni. Ricordo, ad esempio, un episodio: Bumbacca, un elemento che era in Toscana, venne a dirci che giravano strani individui all'interno dell'area offrendo bombe ed armi. Chi erano questi? Che cosa ne sapevamo? Se lo avessimo saputo... Come ho detto l'altra volta, e ripeto qui, quando ne abbiamo individuato uno lo abbiamo preso...

PRESIDENTE. Se ho ben capito il suo punto di vista, su questo cumulo di fatti, lei ha detto di ritenere, sulla base di una serie di analisi, che la tensione che nasce intorno al 1969 fosse dovuta ad una strategia degli apparati istituzionali con un preciso input politico; che questa strategia ha portato probabilmente ad un coinvolgimento di frange nazional-rivoluzionarie, e che nel 1973-74 è quasi come se questi legami volessero essere recisi attraverso un'attività complessa che colpisce in particolare voi di Avanguardia nazionale, che invece eravate rimasti estranei a quel coinvolgimento. Se ho ben capito è questa la sintesi del suo pensiero.

DELLE CHIAIE. No, signor Presidente, noi parliamo da due angolazioni diverse e con mentalità differenti, di chi ha vissuto determinati episodi e di chi continua a guardare ad una costruzione, fatta molto spesso dagli esperti, su fatti che non hanno mai vissuto e sentito, e che hanno soltanto supposto, e che si è poi cristallizzata nel tempo. Io, ad esempio, se lei ricorda, nella precedente audizione ho detto -perché se parlassi diversamente dovrei sapere, come dovreste sapere voi per esprimervi così, ma non mi sembra che questa conoscenza sia molto profonda - che noi non sappiamo chi sia stato il criminale che ha compiuto l'atto. Sappiamo però con certezza una cosa, cioè che il potere ha gestito quell'atto. Questo abbiamo detto. Quando noi parliamo di strategia, parliamo di strategia di gestione. Non so se l'atto criminale sia stato comandato da una stanza buia dove c'era un vecchio o dove c'era uno con gli occhiali neri, non lo so, so però con certezza una cosa, perché ne sono stato anche vittima: c'è stato sempre, dopo ogni atto criminale, un apparato incredibile, fortissimo, che andava dai Servizi ed arrivava ai giornalisti, spesso passava anche per magistrati - vi farò poi vedere qualcosa relativa a questo mio contatto con Gelli: è un piccolo esempio, marginale - ; spesso questo è accaduto. Parlo quindi di una gestione di atti criminali, utilizzati dal potere. Per quanto riguarda gli anni 1973 e 1974 ed Avanguardia nazionale, signor Presidente, dal 1963 ero iscritto negli elenchi Zeta, sottoposto a sorveglianza e controllo. Quando veniva un Capo di Stato estero in Italia, venivano a prendermi a casa e mi portavano in questura: all'anima dell'Ovra!

PRESIDENTE. Non vorrei interromperla, ma questo ce lo ha raccontato.

DELLE CHIAIE. Nel 1968 la questura romana offre denaro perché io sia accusato di attentati compiuti a Roma. C'è il processo, ci sono gli atti storici. Quindi la repressione per noi c'è. Il legame? Ma quale legame! Il legame lo abbiamo avuto solo con le nostre idee. Il regime era il nostro nemico, tutto, dal Partito comunista alla Democrazia cristiana e dopo il 1956, al Movimento sociale italiano.

FRAGALA’. Nella scorsa audizione il Presidente ha ricordato che lei aveva parlato di una struttura anticomunista in funzione Nato. Lei è in grado di precisare meglio di cosa si è trattato?

DELLE CHIAIE. Ho parlato di questo, e anche di ciò sono convinto perché vi erano sintomi che avevamo. Non conosciamo la nascita, ma la abbiamo individuata secondo un nostro criterio, evidentemente, e dalla nostra area, senza avere supporti particolari. Noi riteniamo che fino al 1949 i vincitori (quelli che noi ritenevamo tali e lo erano, mentre noi eravamo i perdenti) avessero praticamente un controllo diretto dall'esterno. Non esistevano i Servizi italiani, non esisteva cioè una struttura autonoma nazionale. Esistevano i Servizi americani ed inglesi. Con chi presero contatto gli Alleati? Non solo con i partigiani bianchi, ma anche con alcune fasce di coloro che noi ritenevamo nostri camerati, i quali tornavano dalla Repubblica sociale e per i quali il Partito comunista era un nemico maggiore di quanto, ad esempio, noi ritenessimo l'Occidente (la nostra storia lo testimonia, ma purtroppo viene negata costantemente); noi lo ritenevamo nemico tanto quanto l'altra parte, l'altro fronte, l'altro impero. In quel periodo ci fu questa area anticomunista, della quale fecero parte molti soggetti. Nel 1949 nasce il Sifar; alcuni entrano nel Sifar, altri rimangono fuori, ma quest'area di osmosi resta, rimane questo rapporto. Ricordo, ad esempio, "Lo Specchio". Noi consideravamo inavvicinabile il gruppo de "Lo Specchio"; per noi quel giornale era - ripeto -inavvicinabile e così l'ambiente che gli girava intorno. Poi, nel tempo, altri soggetti; all'epoca, devo essere onesto, non lo sapevamo, come Tedeschi. All'epoca chi sospettava di Tedeschi? Noi assolutamente no. Ma nel tempo siamo andati ricomponendo quello che era il mosaico: queste erano le analisi che facevamo in Spagna, che poi Vinciguerra amplia, probabilmente con le lettere carcerarie.

PRESIDENTE. L'analisi che lei fa la ritengo abbastanza credibile. Non riesco a capire perché ogni volta che gliela ripeto, lei mi contraddice.

DELLE CHIAIE. No, signor Presidente, vede, un'analisi non suppone la verità.

PRESIDENTE. Ho parlato di un sistema.

DELLE CHIAIE. Non implica che nel 1974 ci fosse... perché questa è una costruzione rigida della storia. La storia non è cosi, i fatti non sono così, sono molto più semplici. La verità è molto più banale. La verità non è un'articolazione cerebrale; è una somma di fatti che accadono, che deve tenere conto delle intenzioni, delle emozioni, dei comportamenti di ciascuno. Non può essere schematica.

PRESIDENTE. Lei dice che la repressione di cui foste oggetto nel 1973-74, le attività di infiltrazione di cui eravate costantemente minacciati servivano a coprire queste responsabilità del periodo anteriore. E’ questo il suo pensiero oppure no?

DELLE CHIAIE. No io parlo...

PRESIDENTE. Allora confesso che non riesco a capire quello che dice.

DELLE CHIAIE. Se lei mi fa finire, forse sarò più chiaro. Io ritengo che la repressione - l'ho detto chiaramente - fu un costo dell'alleanza tra Partito comunista e Democrazia cristiana, compromesso storico e arco costituzionale. Questo ho detto e ripeto; per me di questo si tratta.

PRESIDENTE. E quindi i depistaggi coprono le responsabilità.

DELLE CHIAIE. Certo, questo è fuori discussione.

PRESIDENTE. Ma i responsabili chi sono, se non gli uomini di quelle reti clandestine di cui lei parlava?

DELLE CHIAIE. Sull'altro versante c'era Pisetta, non dimentichiamolo. E’ chiaro che il potere ha tentato di infiltrare e di utilizzare gli atti e qualche soggetto; io questo non l'ho mai negato, è complessivamente però che la storia non può essere letta in questo modo. Noi siamo nati con la repressione, ma forse questo voi non lo potete capire. Molti di noi sono stati gli emarginati di questa società e di questa democrazia; noi ci svegliavamo la mattina e non sapevamo se alla porta, quando bussavano, era la polizia che, sulla base dell'articolo 41, ci veniva a perquisire. Questo abbiamo vissuto, altro che dire: "Non hanno dato mai fastidio, non sono andati mai in galera"! Ci sono gli atti che dimostrano la galera che abbiamo scontato e la repressione. Nel 1970, appena risorge Avanguardia nazionale - e a Catanzaro uscì tutta la corrispondenza perché la corte richiamò tutti i documenti del Ministero dell'interno -viene emessa una circolare dal Ministero dell'interno che obbliga ad estendere il modello Zeta a tutti i dirigenti di Avanguardia nazionale, in tutte le città d'Italia. All'anima della democrazia! All'anima della libertà! Ma questa è stata la nostra situazione; noi quindi sentivamo l'accentuazione di una repressione ma non è che passavamo da un momento di legittimità ad un momento di repressione, per cui si poteva dire che c'era qualche cosa che si era rotto. No! Noi dicevamo soltanto che questi ci volevano distruggere; queste erano le nostre considerazioni elementari, pensavamo soltanto che ci volessero togliere di mezzo definitivamente. Posso aggiungere un'altra cosa. Lei ha detto che Andreotti ha parlato di difesa della Costituzione, probabilmente, ci vollero togliere di mezzo - a noi e a quelli di Ordine nuovo - proprio per avere mano libera in un'area che era salvaguardata e sorvegliata proprio da Avanguardia nazionale e da Ordine nuovo, che erano due movimenti legittimi e che quindi avevano un minimo di capacità di bloccare e difendere l'area.

FRAGALA’. Questo lo aveva previsto l'onorevole Moro e ce lo ha confessato il senatore Taviani.

DELLE CHIAIE. Questa quindi è l'operazione politica. Per quanto riguarda poi Fumagalli - non ho finito prima il discorso perché, quando mi viene rivolta una domanda, tendo a rispondere prima a questa - io ho parlato di questo organismo civile contro il comunismo, che noi ritenevamo fosse al servizio degli americani e quindi della Nato, perché per noi Nato e nordamericani erano la stessa cosa. Noi infatti eravamo molto più semplici e molto più rozzi nella classificazione delle cose e a questo proposito la provocazione era visibile; è chiaro che c'era il Mar, ma per me all'epoca non esisteva soltanto questo movimento, c'era Degli Occhi con la maggioranza silenziosa, che noi ritenevamo un altro caposaldo della provocazione nell'area. Nella precedente audizione mi è stato chiesto quale è stato - secondo me - il momento di congiunzione; ebbene, io ritengo che ci siano stati dei veicoli che sono penetrati nell'area. Visivamente, si può immaginare un'area, la nostra, che era una specie di campo di concentramento, in cui praticamente si aprono dei varchi ed entrano alcuni movimenti più o meno anticomunisti: il Mar, la maggioranza silenziosa ed altre strutture di questo tipo. E’ chiaro che queste diventano teste di ponte per agganciare alcuni elementi, tanto è vero che noi - e lei lo ricordava nella precedente audizione - sciogliamo il gruppo di Milano, quello di Brescia e cacciamo fuori due elementi perché coinvolti nell'attentato alla Federazione del Partito socialista. Ci rendiamo conto, cioè, che vi è una manovra contro di noi, tanto è vero che nel 1974, quando mi reco ad una certa residenza perché mi è stato detto che lì avrei incontrato Giannettini - e noi volevamo interrogarlo - trovo un altro, ossia Orlando. Con questo personaggio ci rivediamo il giorno dopo e costui comincia a dire mezze parole: da ciò comprendiamo che non si sbilancia ed allora lo prendiamo e lo interroghiamo.

FRAGALA’. Cosa le disse Orlando nell'interrogatorio?

DELLE CHIAIE. Debbo confessarle, onorevole, una nostra incapacità nell'interrogare. E’ chiaro che lui ci disse quello che voleva perché noi eravamo molto ingenui negli interrogatori, non eravamo capaci e lui si comportò con molto coraggio pur non sapendo chi eravamo. Cosa ci disse? Ci parlò di una rivolta in Valtellina, coordinata con i carabinieri, con Penna Nera, che credo fosse il colonnello Dogliotti e dei rapporti che avevano con il Ministero dell'interno, attraverso Picone. Noi infatti insistemmo su queste due direttrici; partimmo dall'elemento Giancarlo Esposti per capire quale era il ruolo di questo gruppo, in funzione di chi era, che cosa faceva. Quindi, Orlando ci parlò vagamente di questo Picone, che era in contatto con il Ministero dell'interno, dicendoci che era lui che forniva tutte le informazioni; ci parlò di una copertura promessa per la rivolta in Valtellina (dovevano occupare le caserme dei carabinieri e questi non avrebbero sparato); ci parlò di questo contesto e così capimmo che la nostra intuizione era esatta. Noi infatti lo ritenevamo soltanto un gruppo nemico, in quanto Fumagalli era partigiano, ma in seguito capimmo che era uno dei relais del sistema, che quest'ultimo utilizzava in quelle che noi ritenevamo e riteniamo ancora fossero le sue battaglie interne. Ci parlò inoltre di Spiazzi, di Degli Occhi, eccetera.

CORSINI. Chi faceva parte del gruppo di Brescia che poi fu sciolto?

DELLE CHIAIE. Kim Borromeo, che era con Fumagalli, D'Intino, Danieletti.

PRESIDENTE. Quello che ci sta dicendo somiglia molto a quello che ci ha riferito il dottor Arcai.

DELLE CHIAIE. Questo non lo so, perché è uno dei pochi magistrati che non ho avuto il piacere di conoscere. Ciò, del resto, risulta anche dal processo ad Avanguardia nazionale; noi immediatamente procedemmo all'espulsione dei due elementi colpevoli dell'attentato alla Federazione del Partito socialista di Milano, però ritardandola alla loro uscita dal carcere per una questione di stile.

FRAGALA’. Lei ha più volte accennato a frange della destra e della sinistra utilizzate dagli apparati dello Stato; può indicare qualcuna di queste frange?

DELLE CHIAIE. Una delle frange - mi sembra chiaro - era Tedeschi e il gruppo che ruotava attorno al giornale "Lo Specchio".

FRAGALA’. Ma "Lo Specchio" faceva capo a Nelson Page.

DELLE CHIAIE. Sì, Nelson Page veniva dal Nord America e vi era tutta una sua biografia che ci allarmava e ci allontanava. Per non parlare poi di Giannettini: perché - scusate - Giannettini non era una frangia? E una frangia non erano anche Ventura ed altri?

PRESIDENTE. Ad esempio, Rauti.

DELLE CHIAIE. Signor Presidente, io non so nulla di Rauti e quindi non posso dire nulla al riguardo: certo, conosco anche altri nomi, ma non li farò perché - come ho detto mille volte - io non vado per conclusioni o per voci, ma riferisco soltanto quello che so direttamente. E che dire poi di Pozzan? Perché costui non viene rifugiato a via Sicilia e poi trasferito in Spagna? Era una frangia di dove, della Francia?

FRAGALA’. E cosa può dirci invece sulle frange di sinistra?

DELLE CHIAIE. Mi riferivo, ad esempio, a Pisetta; costui è stato uno degli elementi che ha operato in modo pesante nei confronti della sinistra.

PRESIDENTE. E’ uno degli infiltrati storici nelle Brigate rosse.

DELLE CHIAIE. Sì, ma quando parliamo di un infiltrato a sinistra ci riferiamo ad un estraneo che entra in un certa organizzazione; quando parliamo di uno di destra, parliamo di collaborazione.

FRAGALA’. Questa è una logica che non fa una grinza. Lei ha sostenuto anche che se il gruppo veneto risultasse responsabile, allora bisognerebbe approfondire le indagini anche su alcuni personaggi della sinistra: a chi faceva riferimento?

DELLE CHIAIE. Io questo l'ho detto in occasione della presentazione di un libro di un giornalista sulle stragi. Sono rimasto sempre particolarmente interdetto di fronte ad una inchiesta - a mio avviso condotta con molta correttezza - del giudice D'Ambrosio, dalla quale però rimangono fuori una serie di nomi; per esempio, Comacchio e Marchesini, che sono nell'inchiesta, ma con una posizione molto marginale, perché non erano fascisti, ma non potevano non sapere chi fosse Freda (mi sembra strano!). C'è un altro elemento, che fu indicato dalla sorella di Ventura come uno degli autori degli attentati ai treni: mi sembra che si chiamasse Nino Massari. Io l'ho sentito dire, ma sarebbe interessante sapere che viso avesse all'epoca, come fosse fisicamente.

FRAGALA’. Perché sarebbe interessante?

DELLE CHIAIE. Sarebbe interessante perché si parlava di un sosia di Valpreda; sarebbe quindi interessante verificare se anche lui gli somigliasse o no. C'è sempre posto per i grandi dubbi e per il timore verso quella che viene chiamata comunemente giustizia, che poi è una giustizia preconcetta. Ci sono alcuni che sono "cattivi per forza" ed altri che sono "buoni per forza". Non è vero affatto: buoni e cattivi sono da entrambe le parti. Non c'è una categoria dello spirito: anzi guai ad istituire una categoria dello spirito! Non c'è più giustizia! Questi signori, allora, appaiono intimamente legati al contesto del gruppo veneto. Mi domando, allora: se il gruppo veneto viene indicato come responsabile, come è possibile che questi fossero estranei? E i soldi di cui parla Ventura? Lorendan cos'era, un fascista? E Sartori? Penso allora che bisognerebbe rileggersi un po' l'inchiesta di D'Ambrosio, come ho fatto io.

PRESIDENTE. …ha detto che Lorendan si riferisce a Piero Loredan detto il Conte rosso.

DELLE CHIAIE. Certo, il Conte rosso.

PRESIDENTE. Vi è una notizia di agenzia di oggi, in base alla quale, in una villa che aveva venduto, è stato trovato un grande arsenale.

DELLE CHIAIE. Benissimo: mi fa piacere che non abbia scritto io la notizia di agenzia. Non riesco a capire questo. Non ho mai sentito, dai pochi deputati delle Commissioni che ho conosciuto, parlare di fatti che sembrano lontani miglia, anni luce, né ne ho sentito parlare dai cosiddetti esperti, perché è strano. Mi domando, allora, dov'è che siano andati ad approfondire le tematiche e le storie. In vita mia ho incontrato un solo esperto, che di me non conosceva nulla, pur avendo scritto molte cose sul mio conto confondendo anni, epoche e situazioni. La nostra storia viene scritta da esperti che non ci hanno mai conosciuto e che non sono mai venuti a domandarci nulla; magari avrebbero potuto non credere a quello che gli avremmo potuto dire ma, vivaddio, avrebbero potuto almeno tentare di confrontarsi con la nostra verità per capire se poteva essere creduta.

PRESIDENTE. Noi stiamo tenendo questa audizione!

DELLE CHIAIE. Non credo che lei sia un esperto: lei è il Presidente della Commissione.

PRESIDENTE. Sono una persona che deve farsi una cultura, al riguardo!

DELLE CHIAIE. Certo, signor Presidente, ma spesso voi leggete i libri degli esperti! Frequentemente mi sono sentito ripetere cose che avevo già letto nei libri. Non so mai, quindi, se il risultato storico derivi veramente dalla ricerca autonoma o dalla somma delle acquisizioni librarie dei cosiddetti esperti: spero che non sia così!

FRAGALA’. Delle Chiaie, lei ha parlato poco fa del depistaggio Ciolini. In Commissione abbiamo dibattuto (anche con i magistrati che se ne sono occupati) del problema dell'inchiesta del dottor Salvini, del testimone Siciliano che avrebbe avuto (anzi, che ha avuto) duecento milioni di lire dai servizi segreti militari e dal Sismi attraverso il Ros, eccetera. Vorrei chiederle se sia in grado di fornirci delle maggiori informazioni sul depistaggio Ciolini e se tali informazioni coincidano con l'operazione Siciliano, che è all'ordine del giorno di una inchiesta giudiziaria attuale.

DELLE CHIAIE. Vorrei dire, preliminarmente, che non posso sapere se coincidono. Quello che Ciolini ha fatto l'ho detto ampiamente sia alla Commissione del 1987 sia in tribunale a Bologna, e peraltro è notissimo. Era in carcere in Svizzera e ricevette la visita del console Mor insieme - poi si dirà - a Reitani; Reitani dirà di esserci andato ma di non avergli parlato della questione. Il capitano Pandolfi affermerà di aver detto dal primo momento che non era credibile. Ciolini, comunque, viene fatto uscire con l'autorizzazione del Governo italiano che paga alla Svizzera. Qui avvengono dei fatti incredibili. Pur essendo stato interrogato in Svizzera sul verbale risulterà che è stato interrogato in Italia. A Losanna gli vengono dati dei soldi. C'è una registrazione telefonica di un colloquio intercorso fra il giudice Gentile e Ciolini che è incredibile: non so se l'avete mai letta, ma è veramente terribile. So soltanto una cosa: si tratta del capitano Giraudo, del quale il Presidente mi ha detto di aver letto nel mio libro "II meccanismo diabolico". Potrete notare che in tale libro...

PRESIDENTE. ...nella parte finale...

DELLE CHIAIE. Esatto! In epoca non sospetta, prima di queste cose, noi abbiamo pubblicato il biglietto da visita di Giraudo, che andava in giro per le carceri, ma anche fuori dalle carceri, dicendo "Ci sono i fascisti cattivi e i fascisti buoni", per altro senza farne un fatto personale, aggiungeva "Delle Chiaie è fra i cattivi: mi dite qualcosa su Delle Chiaie?". Questo era il lavoro che faceva Giraudo. Andò in carcere e disse ad un altro: "Ho parlato con Gubbini, il quale mi ha detto di venire da te". Gubbini, peraltro, era in galera per spaccio...

PRESIDENTE. E’ una tecnica investigativa. Si chiamano "colloqui investigativi".

DELLE CHIAIE. Signor Presidente, non discuto dei colloqui investigativi, ma di questo. Se colui che fa il colloquio investigativo si reca da qualcuno che moralmente può essere minimamente debole, ed è in galera, e gli dice: "Mi puoi dire qualcosa di Delle Chiaie o magari qualcosa dell'onorevole "X", figuriamoci se quello non glielo dice, se ha questa fragilità morale! Io discuto questo, e non il metodo di indagine. Qui si tratta della sostanza dell'indagine!

PRESIDENTE. Non ho capito se ci sono riscontri al riguardo.

DELLE CHIAIE. Lei mi chiede se non ci sono riscontri, signor Presidente?

FRAGALA’. Nella tecnica dei colloqui investigativi prevista dalla legislazione attuale l'offerta, ma soprattutto la dazione di denari dei servizi segreti non è contemplata: glielo dico io, che faccio l'avvocato. Vorrei sapere se lei è in grado di dirci chi è il personaggio che aveva tentato l'acquisto di stampa e di televisione in Argentina.

DELLE CHIAIE. Ho detto che a noi pervenne la notizia che c'era questo signor Gelli, che era il capo di una loggia, che era andato lì ed aveva avuto il contatto attraverso Valori. Il segretario del presidente Viola ci disse, cioè, che chi aveva fatto entrare Gelli era Valori, che gli aveva aperto la strada in Argentina; Gelli si era recato lì perché doveva comprare alcuni giornali, una catena di riviste ed una radio di Rio de la Plata e noi facemmo del tutto affinché questo non si verificasse. Cercammo cioè in tutti i modi di impedirlo perché per noi, dalla nostra posizione, i massoni erano nemici come gli antifascisti: erano una stessa cosa per noi.

FRAGALA’. Delle Chiaie, io ho letto che lei ha considerato l'onorevole Andreotti il regista politico del golpe Borghese: in base a quali elementi?

PRESIDENTE. Il regista politico dell'inchiesta sul golpe Borghese!

DELLE CHIAIE. Esatto! Il regista politico del processo Borghese. Tanto è vero che vi dirò anche un particolare. Mentre io ero in carcere Andreotti scrisse un pezzo sulla rubrica "block notes" dopo il mio interrogatorio a Catanzaro, nel quale rispondeva a questo mio attacco in aula e nel quale sosteneva che "Delle Chiaie non lo sa che io ho lottato contro i Servizi, a favore dei Servizi puliti: nel golpe Borghese io non c'entro niente". Inviai immediatamente una lettera all'onorevole Andreotti, che feci mettere agli atti, nella quale sostenevo che non aveva capito niente e che lo accusavo di essere il manovratore del processo del golpe Borghese, che era stato montato con tre inchieste diverse; l'inchiesta del comandante Borghese serviva soltanto a cancellare le piste bianche delle altre due inchieste...

PRESIDENTE. ...che erano la Rosa dei venti e...

DELLE CHIAIE. Esatto! La Rosa dei venti e il complotto Pacciardi, Sogno e quanti altri facevano parte di quel complotto.

FRAGALA’. Il cosiddetto malloppone!

DELLE CHIAIE. Esatto! Il cosiddetto malloppone!

FRAGALA’. Il cosiddetto "maloppone"!

DELLE CHIAIE. ...ma non certo gente nostra.

FRAGALA’. L'altra volta lei ha commentato negativamente l'audizione del generale Maletti a Johannesburg. Ora, alla luce di questa audizione, che - mi sono reso conto - lei ha letto attentamente, sarebbe interessante per la Commissione avere una ricostruzione dei contatti fra lei e Labruna, proprio alla luce delle dichiarazioni rese da Maletti.

PRESIDENTE. Vi sono decine e decine di pagine dell'audizione della Commissione del 1987. Se si racconta tutta la storia stiamo qui fino all'una di notte.

FRAGALA’. Non voglio conoscere la storia, vorrei sapere se vi sono novità rispetto all'audizione del 1987 alla luce di quanto dichiarato da Maletti a Johannesburg.

DELLE CHIAIE. Ho già contestato a Maletti la menzogna su quello che ho definito essere stato il "golpe trappola" del 1974, quando alla vigilia dei mandati lui costruì quella operazione con Nicoli e Dell'Innocenti: quest'ultimo nel pistoiese e Nicoli che doveva realizzare la riunione. Se mi è concesso e mi è permesso, debbo dire che mi sono stupito del comportamento di Maletti, il quale a mio avviso si è agganciato perfettamente alla tesi Salvini, in quanto ha detto "era la Cia", perché con questa affermazione loro ne uscivano fuori tranquilli.

PRESIDENTE. Per la verità, Maletti non ha detto questo.

DELLE CHIAIE. Ha detto che comandavano loro perché "noi non sapevamo niente". Comunque, parlo di una mia impressione, e questa è stata che sia Andreotti che Maletti - ed ecco il 1974 che nasce - hanno preso al volo la tesi Salvini e hanno capito che l'unico modo è tuffarsi nella piscina con l'acqua. Questa è una mia tesi. Ora, il Maletti vi ha risposto, signori miei, che non sapeva chi erano Santoni e Tanzilli, quando nelle sue annotazioni c'è scritto "Santoni e Tanzilli... si mette male". E lui sapeva bene perché si metteva male, e precisamente per la famosa velina del 16 dicembre. E questo Maletti è passato tranquillo perché è un gentiluomo!

FRAGALA’. Senta, Delle Chiaie, Maletti oltre a rispondere negativamente, perché sono stato io a porgli la domanda su Tanzilli, mostrando anche il suo appunto, è caduto ancora dalle nuvole quando gli ho sottoposto un appunto, sempre autografo, in cui vi era scritto "Da Lotta continua ad Avaguardia nazionale". Lei sa dare una spiegazione di questo comportamento?

DELLE CHIAIE. Nell'appunto c'è scritto: "Da Lotta continua ad Avaguardia nazionale"; se lo cerco ve lo posso mostrare, perché ce l'ho tra i miei appunti.

FRAGALA’. Maletti a queste mie due domande non solo non ha risposto ma ha detto di non ricordare nulla di questo appunto. Si trattava di un appunto di sua mano e, tra l'altro, particolarmente significativo.

DELLE CHIAIE. L'ho trovato. Dice: "Forze extraparlamentari", e precisamente "sx" e "dx" per indicare la destra e la sinistra extraparlamentare nel linguaggio fiorito dei Servizi. "Dare una sintesi a Taviani: cosa fa in questo momento Lotta continua? Quale è l'atteggiamento di fronte al pericolo di scioglimento?". Lui dirà che sospettavano che Lotta continua potesse essere nata da Avanguardia nazionale, o comunque in seguito ad una infiltrazione.

PRESIDENTE. Questo non l'ho capito; mi faccia vedere questa pagina.

DELLE CHIAIE. Se arrivo sino in fondo forse riesco a spiegarlo. Si legge: "Avanguardia nazionale, organismo eversivo .. ".

PRESIDENTE. Mi faccia dire, affinché resti a verbale, che nella prima pagina dell'appunto non c'è niente che faccia pensare che vi sia un collegamento genetico tra Lotta continua e Avanguardia nazionale...

DELLE CHIAIE. Esatto.

PRESIDENTE. …se non forse quello a cui lei ha accennato più volte, e cioè che nel magma della contestazione spesso destra e sinistra in qualche modo si univano. E questo lo ha detto lei.

DELLE CHIAIE. Però, nel foglio seguente si dice: "Avanguardia nazionale, organismo eversivo, così come Lotta continua. Da Lotta continua per arrivare ad Avanguardia nazionale".

PRESIDENTE. E questo è l'appunto di cui si parlava.

DELLE CHIAIE. Come può Maletti dire: "Non mi ricordo l'appunto, forse perché intendevo dire che non si sapeva se Lotta continua o Avanguardia nazionale ... ". Cose da pazzi! Questo appunto risale al febbraio 1973, ma cosa accade in quell'anno? Che Andreotti porta in Consiglio dei ministri il decreto di scioglimento di Avanguardia nazionale e soltanto la lotta dei giornalisti della sinistra, i quali preoccupati che il decreto-legge, sciogliendo Avanguardia nazionale, potesse arrivare anche a loro, si impuntano e dicono: No, Avanguardia nazionale non si scioglie per decreto ma per la legge Scelba. Inizia allora il processo e verremo sciolti nel 1976. Signor Presidente, lei ha tutta la documentazione in questa cartellina in ordine progressivo, con gli articoli dei giornali dell'epoca, dove ci si scaglia contro il decreto.

PRESIDENTE. Quindi, come diceva precisamente l'appunto?

DELLE CHIAIE. "Avanguardia nazionale, organismo eversivo, così come Lotta continua. Da Lotta continua per arrivare ad Avanguardia nazionale". Quindi, l'idea era quella di sciogliere prima Lotta continua e poi Avanguardia nazionale.

PRESIDENTE. Mi sembra una spiegazione logica.

DELLE CHIAIE. Esatto. Però, il decreto viene "lanciato" contro Avanguardia nazionale, perché Lotta continua era più difficile attaccarla in quel momento. Intervengono personaggi della sinistra, che avevano - credo - nella segreteria dell'ufficio politico di Taviani alcuni elementi della extra sinistra (lo posso dire perché ho conosciuto una persona che mi ha detto che lavorava in quell'ufficio) che vengono a conoscenza di questo fatto, e scatenano i giornali. Essi avevano ragione perché ritenevano che per decreto successivamente avrebbero sciolto anche loro, mentre invece se si ricorreva alla legge Scelba questo pericolo era scongiurato.

PRESIDENTE. Quello che lei ci sta dicendo coincide con quanto ci ha riferito Taviani. Egli ci ha detto che a stretto rigore di applicazione della legge Scelba non poteva essere sciolto Ordine nuovo.

DELLE CHIAIE. Signor Presidente, non sto dicendo questo, ma che il signor Maletti ha detto che questo appunto significava una cosa completamente diversa da quanto lui stesso ha scritto e che non è possibile che non si ricordasse chi erano Santoni e Tanzilli.

FRAGALA’. Nel bollettino di controinformazione nazional-rivoluzionaria del 30 giugno 1975 c'è scritto: "Chi pensasse ad un indolore provvedimento amministrativo contro Avanguardia nazionale" - mi riferisco a questo appunto di Maletti - "ha sottovalutato la forza e la decisione di questa organizzazione. Se poi si arriverà al processo, Avanguardia nazionale chiamerà sul banco dei testimoni Ministri, uomini politici, segretari di partito, corpi separati e quanti, in un modo o nell'altro, hanno prima cercato l'amicizia di Avanguardia nazionale e poi, visti respinti i tentativi, hanno deciso la fine di un'organizzazione non incasellabile nel giochi di sistema". Qual era questa lista di testimoni che avreste voluto portare al processo?

DELLE CHIAIE. Fino ad ora li abbiamo già detti tutti, comunque ripetiamoli. Innanzitutto, le devo dire una cosa. A proposito di quel famoso bollettino, viene trovato - discuto soltanto la data, mentre sulla sostanza rispondo subito - un foglio e un comunicato a parte che fu pubblicato dai giornali. Quest'ultimo fu attaccato a questo bollettino che aveva la data del 1975 ma non aveva niente a che vedere. Fu trovato nella perquisizione di via Sartorio (tra le tante cose che accaddero ci fu anche questo che tuttavia non cambia la sostanza). Ma cos'era? Era ciò che già avevamo detto nella conferenza stampa del 1974. Allora noi intendevamo l'incontro con Labruna (mi pento solo di avere utilizzato una terminologia impropria perché allora parlavamo di corpi separati perché così venivano definiti dalla stampa), con Tedeschi ed anche Almirante; dopo il 1974 eravamo convinti che anche Almirante preferisse la nostra sparizione.

PRESIDENTE. Già nella Commissione Bianco le hanno contestato questa risposta; nessuno di quelli era ministro, oggi ci vuol dire chi erano?

DELLE CHIAIE. No, signor Presidente, ho parlato anche di Pacciardi. L'ho detto anche nei miei processi che nel 1964 partecipai ad una riunione tenuta da Pacciardi e che finì per merito mio quando lo accusai di essere tra coloro che avevano ucciso, di essere stato commissario in Spagna e quindi che non poteva interferire nell'area - dato che c'erano dei camerati - per impedire questo connubio. Nello stesso anno ci fu una riunione all'hotel Baglioni di Firenze e anche lì - queste cose sono tutte nei miei processi - io intervenni pesantemente perché fummo invitati ad una riunione in cui si parlava della nuova Repubblica e di Pacciardi ed io, che ancora amavo la vecchia Repubblica mentre Pacciardi non l'amavo affatto, mi alzai in piedi mi rivolsi a quei pochi che erano indicati come quelli dell'area dicendo che chi rimaneva era un traditore ed uscii. Con me uscirono altri. Non bisogna poi dimenticare Tanassi. Nella famosa conferenza stampa del 1974 dicemmo che Tanassi aveva fatto chiamare dal suo segretario il comandante Borghese e che quest'ultimo, in mia presenza, aveva detto al segretario Palmiotti di non voler avere nulla a che fare con loro (ovviamente in modo più pesante). Vi erano quindi questi elementi. Scusatemi, credete veramente che ci siano ancora cose nascoste; ci siamo messi a nudo di fronte ai giudici, siamo stati indagati da quando avevamo quattordici anni; se avessimo qualche altro scheletro nell'armadio credete che non l'avremmo detto? Abbiamo parlato di Tedeschi. Non abbiamo nessuno scheletro nell'armadio ed oltre a quello che si è saputo non c'è nulla. Per questa ragione siamo stati schiacciati, perché non avevamo armi di ricatto. Ci hanno menato tutti.

PRESIDENTE. Mi faccia capire, ma queste non erano armi di ricatto? Da quel comunicato sembrerebbe di sì.

DELLE CHIAIE. No, non era un'arma di ricatto ma un attacco politico.

PRESIDENTE. Mi faccia capire, arma di ricatto sarebbe stata invece l'aver compiuto su ordine specifico atti criminali.

DELLE CHIAIE. No, non solo, ma anche aver minacciato il tizio di fare questo o quello. No, non c'era ricatto.

PRESIDENTE. Ma ci possono essere stati altri che quelle offerte di amicizia non le hanno rifiutate avendo quindi armi di ricatto per cui i depistaggi...

DELLE CHIAIE. Signor Presidente, voi non mi conoscete ma posso dire sul mio onore che non c'è nulla, in nessun momento, che io abbia nascosto. Non ho mai avuto né io, né la mia gente rapporti con organismi dello Stato o con forze o espressioni del potere tranne quelli di cui ho parlato, come l'incontro con Labruna, la trappola di Mario Tedeschi. Ripeto, questo è stato il motivo per cui siamo stati schiacciati dagli uni e dagli altri, perché non avevamo modo di difenderci. Altri forse avevano armi di ricatto, noi no e per questo siamo stati martellati.

PRESIDENTE. Con la sua domanda l'onorevole Fragalà intendeva capire proprio chi potevano essere questi "altri".

DELLE CHIAIE. Trovate chi copriva i depistaggi e saprete chi erano gli "altri". Più che il doppio Stato, credo che sia questa la cosa importante.

FRAGALA’. Mi scusi, se lei nell'altra audizione ha affermato che secondo la sua analisi lo scontro di potere era fra il gruppo che voleva il centro-sinistra bloccato sulle posizioni dei socialisti e il gruppo che invece voleva il centro-sinistra aperto al partito comunista e quindi tendeva all'accreditamento del partito stesso come partito d'ordine, dello Stato, (che poi si chiamò partito della fermezza) mi chiedo - se fin dall'inizio voi avete fatto questa analisi e avete quindi capito che la cosiddetta strategia della tensione tendeva, da una parte a criminalizzare e demonizzare la destra politica per evitare che la Democrazia cristiana avesse una bottega elettorale concorrente alla sua destra nel momento in cui voleva aprire al Partito comunista e, dall'altra parte, lo stesso Partito comunista, che tentava di accreditarsi come partito dello Stato e della fermezza aveva tutto l'interesse a demonizzare e criminalizzare le frange alla sua sinistra (vedi Lotta armata) - mi chiedo, ripeto, perché in quel momento non avete cercato di capire (come invece hanno tentato a sinistra le Brigate rosse) chi faceva gli attentati, chi metteva le bombe, chi ammazzava Giancarlo Esposti, chi organizzava certe provocazioni che servivano a questa apertura del centro-sinistra sbloccato.

DELLE CHIAIE. Devo chiarire una cosa. La nostra psicologia di lotta era diversa da quella della sinistra, anche da quella extra parlamentare. Quest'ultima sognava la rivoluzione alternativa e aveva dei cordoni ombelicali che la legavano al sistema attraverso il Partito comunista. Non mi si intenda male. Vi era quindi una forma mentis completamente diversa. Per esempio, lottando contro il fascismo essi ritenevano di lottare in difesa di una democrazia che non era altro che il contesto politico nel quale vivevano il Partito comunista e gli altri partiti. Noi avevamo un'altra psicologia e fu questo il nostro più grande errore. Eravamo esclusi dal contesto politico. Noi avevamo un sogno romantico, il sogno di un ordine diverso, ma tutto davanti a noi era un muro; non avevamo dei varchi che ci permettessero di dire che attraverso di essi forse era possibile rivendicare la nostra situazione o modificare qualcosa. Scusate se porto avanti sempre il mio caso personale, ma per anni non mi sono difeso perché lo ritenevo assolutamente inutile e non mi interessava difendermi da chi mi accusava di cose...

FRAGALA’. Quindi non ha mai tentato di capire chi abbia messo le bombe a piazza Fontana, non per difendersi ma per sventare la manovra di potere.

DELLE CHIAIE. Mi scusi onorevole ma ho detto che immediatamente dopo la strage noi ci muovemmo per tentare di capire da quale parte proveniva la strage e facemmo indagini che risultano negli atti.

FRAGALA’. E lo avete capito?

CORSINI. Capirono che Valpreda non c'entrava per niente.

DELLE CHIAIE. Certo, lo capimmo immediatamente. Forse, devo dire la verità, questa fu anche la molla; infatti c'era Merlino e in funzione di quest'ultimo ci muovemmo. Pensammo che l'avevano fatto senza che Merlino sapesse nulla. E’ la verità. Ma badate bene, con noi c'erano alcuni compagni che collaboravano, perché quell'episodio sconvolse...

DE LUCA Athos. Lei si è presentato con un'aria particolare. E’ la prima volta che sentiamo pronunciare da un testimone di quegli anni, sia di Governo sia militante e attivista in movimenti extraparlamentari, il termine romantico, il termine rivoluzionario. Dunque si è presentato con un'aria di eroe romantico, che fa la rivoluzione, che è estraneo con la sua gente - come dice lei - ai giochi di potere, ai politici. Però da un eroe romantico e rivoluzionario mi aspetterei qualcosa che raramente in questa Commissione riscontriamo: il coraggio di indicare responsabilità politiche di quegli anni, precise e circostanziate. Si può ritenere che voi non avevate contatti particolari, referenti particolari? Si può ritenere che una organizzazione come la sua, che operava con certe finalità, non avesse i contatti e le informazioni necessarie? Avete mai goduto di coperture da parte di uomini politici o da parte dei Servizi? Lei ha affermato che non avevate armi di ricatto come gli altri.

DELLE CHIAIE. Ho detto che noi non ne avevamo, gli altri forse sì. Voi stessi dite che le deviazioni sono servite a coprire qualcuno, quindi se io sono stato colpito devo pensare che chi è stato salvato aveva un rapporto diverso.

DE LUCA Athos. Non ha mai potuto fare un nome per difendere la sua innocenza? Non ha mai potuto indicare come arma di ricatto un politico, un uomo della sua gente che potesse offrirle la possibilità di difendersi?

DELLE CHIAIE. Le risulta che qualcuno mi abbia difeso? Lei ha fatto una domanda in un certo senso retorica, perché la risposta sta nei fatti: mi indichi un solo fatto, un solo momento, che non sia una voce, in cui io sono stato difeso e allora potremo approfondire.

DE LUCA Athos. Vorrei fare delle domande circostanziate. Quando avete interrogato a Madrid Gaetano Orlando, gli avete chiesto chi c'era dietro la strage di piazza Fontana e lui rispose: "I socialisti". Lei non ha approfondito questa indicazione? Cosa pensa dell'ipotesi di piazza Fontana come golpe abortito?

DELLE CHIAIE. Io non ricordo che abbia detto: "I socialisti". Ricordo che chiesi a Orlando cosa sapeva di piazza Fontana e che lui disse che quella strage era stata maledetta e che era stata una rovina perché stavano preparando la Valtellina e cominciò a spiegare quest'ultimo riferimento. Le posso assicurare che se avesse risposto nel modo da lei indicato, avrei insistito, malgrado la mia scarsa capacità di interrogare. Fui infatti molto blando.

PRESIDENTE. Lo interrogavate lei e Vinciguerra?

DELLE CHIAIE. Sì.

PRESIDENTE. C'era un'altra persona?

DELLE CHIAIE. Sì, ma non ricordo il nome. Sto cercando di recuperare quel documento ma non ci sono ancora riuscito. Comunque, quasi tutto il discorso era incentrato su Esposti perché da lì volevamo partire. Ci parlò di Picone, dei suoi contatti con il Ministero dell'interno, di Penna nera, di Spiazzi, di Degli Occhi, dell'operazione in Valtellina, della sua attività di contrabbando. Io ero andato lì non per prendere lui, ma per prendere Giannettini e si immagini se mi sarei fatto sfuggire un'occasione del genere.

DE LUCA Athos. Edoardo Bonazzi, esponente storico dell'estremismo di destra, ha confermato che l'autore della strage di piazza Fontana fu Delfo Zorzi, aggiungendo che nell'altra banca depose l'ordigno con Giancarlo Rognoni che lavorava alla Banca Commerciale, dalla quale si licenziò qualche settimana dopo. Invece, i tre attentati romani sarebbero stati curati - così continua - da uomini di Stefano Delle Chiaie e che il progetto iniziale mirava solo ad una concertata serie di attentati, come nell'agosto, che avrebbero contribuito alla strategia e alla forzatura del sistema democratico secondo quanto era in maturazione da diversi mesi. Qualcuno - riferisce Bonazzi - aveva voluto spingere sull'acceleratore e aveva così causato la rottura con Delle Chiaie, secondo il quale la strage aveva inibito il golpe in preparazione. Continua affermando che il gruppo veneto e quello milanese erano coordinati da Rauti. Bonazzi afferma che Giannettini gli riferì che alcuni dirigenti nazionali del Msi erano a conoscenza del progetto golpista del 1969. A tutto ciò si deve aggiungere il fatto che il suo gruppo, tramite Cristiano De Eccher, entrò in possesso, come ha rivelato Vincenzo Vinciguerra, di una parte dei timers in dotazione al fine di controllare Freda e gli altri. Si ha l'impressione di una composita brigata, unita da un progetto gestito politicamente che, davanti all'enormità di quello che accadde, si scompose, si frantumò, ricattò al suo interno per evitare di ricevere il classico cerino. Lei cosa conosce di questa ricostruzione? A chi faceva riferimento il golpe, a parte della Dc, al Psdi, a Saragat, al Movimento sociale?

DELLE CHIAIE. Stavo cercando le dichiarazioni di Bonazzi in questo momento, perché a Bologna accadde un fatto strano. Io non conoscevo il fenomeno del pentitismo, non avevo mai visto un pentito neppure in cartolina. A Bologna si presentarono questi pentiti che io non conoscevo per una questione generazionale. Molti di questi pentiti affermavano certe cose perché era conveniente, perché a proposito di Bologna io ero lontano. Stavo cercando le dichiarazioni di Bonazzi perché all'epoca avevamo creato un piccolo archivio per vedere i cambiamenti nel tempo. Ebbene, io non ho mai conosciuto Bonazzi, ho incontrato Freda due volte, una volta a Padova e una volta a Roma al Brancaccio, durante una riunione indetta per un ultimo tentativo di riunificazione dei vari gruppi fuori del Msi. La storia dei timers è una squallida menzogna che inizia con Izzo. Fra l'altro, fu letta su un manuale che se vuole posso procurarle e dal quale si può notare come questo signore adattasse le accuse a seconda del processo. Io ero coinvolto in tre processi contemporaneamente: a Bologna Izzo faceva certe affermazioni funzionali alla linea accusatoria di quel processo; a Catanzaro spostava il tiro, però in quest'ultimo caso sbattè la testa perché dovette giurare e dopo il giuramento cambiò atteggiamento, al punto che Bianchi, che aveva affermato di avermi incontrato, a Catanzaro disse che non ero io ma un altro che si era spacciato per me. Dunque, quello che dice Bonazzi non mi tocca e non posso rispondere su cose che non conosco. Se Bonazzi ha detto quelle cose, ha mentito in modo assolutamente totale. Noi iniziammo un'indagine, la strage di piazza Fontana fu per noi una mazzata terribile, al di là del fatto immorale, come elemento di riflesso politico. Quindi, quella riferita è una menzogna atroce. Ho già risposto su De Eccher. Alcuni di noi ritenevano De Eccher un infiltrato. Personalmente ho sempre ritenuto che fosse troppo vicino ad altri oltre che a noi. Per quanto riguarda il comportamento, lo stile di De Eccher, lo dicevo anche nella scorsa audizione, bisogna conoscere una persona per capire se è vero quello che di essa si dice. La mentalità, il modo di essere di De Eccher esclude ogni possibilità di doppio gioco. Vi può essere stato uno spostamento perché ci muoviamo in un'area nella quale gli estremi lembi possono essere a volte troppo vicini.

PRESIDENTE. Mi scusi, per concludere, lei non solo nega un suo coinvolgimento negli attentati romani, ma nega anche successivamente di essere entrato in possesso dei famosi timers consegnati da De Eccher?

DELLE CHIAIE. In modo assoluto e radicale, Presidente. Ripeto quanto ho detto nella scorsa audizione: quando parlo della strage di piazza Fontana intendo gli attentati a Roma e la strage a Milano, non intendo due cose separate perché per me è tutto un contesto al quale sono estraneo, e con me coloro che erano con me.

PRESIDENTE. Mi permetto l'osservazione che ho svolto anche nella scorsa seduta: lei deve riconoscere che il numero dei suoi calunniatori è enorme, sterminato. Il che non toglie che possano essere calunnie, però si tratta di un dato di fatto.

DELLE CHIAIE. Signor Presidente, in alcuni paesi latino-americani, come anche in Spagna ad esempio, esiste l'operazione di diffamazione del soggetto. Se ora ci mettiamo d'accordo e chiamiamo nostri amici in diverse città d'Italia e diciamo loro che Tizio è X, nel giro di una settimana, in particolar modo in Italia, questa sarà una voce comune.

PRESIDENTE. Le dico una cosa che ho scritto anche nella proposta di relazione conclusiva: in realtà, con canoni giurisprudenziali nati dopo questi processi, quattro calunnie sono dichiarazioni che si riscontrano a vicenda, sono chiamate in correità; e quattro chiamate in correità nel sistema giudiziario attuale costituiscono una prova...

DELLE CHIAIE. Signor Presidente, mi fa piacere che lei faccia questa affermazione con un certo timore, perché questo significa che anche lei è convinto della necessità che vi sia una giustizia più giusta. Voglio sottolinearle un elemento che forse le sfugge: nelle aule in cui sono stato processato nessuno ha confermato davanti alle corti. Badi bene, voi avete fra i vostri esperti il giudice Mancuso, ora presidente di Corte d'Assise; potete chiedere conferma a questi, pubblico ministero per la strage di Bologna, che in quel processo io chiesi la citazione solo di coloro che mi accusavano. Ho infatti l'orgoglio di dire che nei miei processi non ho mai citato testimoni a difesa. A Bologna, quando i miei avvocati presentarono la lista dei testimoni che comprendeva D'Amato, Labruna, Pozza, Giannettini e via dicendo, il pubblico ministero Mancuso disse che si trattava di una mia provocazione. Signor Presidente, io non ho avuto conferme davanti alle corti; ho chiesto confronti e testimoni. La domanda è quindi logica: "Come è successo?". Ho tentato di rispondere nella scorsa audizione: quando una menzogna è avviata e viene ripresa, cammina da sola. Lei sa che la saggezza popolare, espressa nell'affermazione: "La calunnia è un venticello", non è casuale. Mi stupisco quindi del vostro stupore. Mi domandava, quindi, come nasce tutto questo. Come ho detto, in un primo momento l'origine è Almirante; è certo che un certo settore del Movimento sociale italiano, per salvaguardare, più o meno legittimamente, la propria esistenza politica, tenta praticamente di avviare una calunnia all'interno, della quale forse non si erano nemmeno valutate le conseguenze: tant'è vero che quando nel 1972 mi sono incontrato con Almirante questi mi disse: "Abbiamo sbagliato, adesso cerchiamo di correggerci" e concordammo quella famosa riunione di Montesilvano, il congresso giovanile, dove fu posta una domanda ad Almirante su Avanguardia nazionale e questi rispose e venne registrato. La cosa però continuò e si accelerò dopo il 1972. Vi è un altro momento importante: l'incontro con Labruna, la missione fallita; da quel momento, se prendete le veline, le informative, troverete ogni tanto l'affermazione: "Si dice che Delle Chiaie sia informatore del Ministero dell'interno". Non so se ne avete letta qualcuna, ma io comunque le ho lasciate qui. Questa calunnia viene quindi in ogni modo e maniera spinta in avanti; bisognava togliere credibilità al sottoscritto.

PRESIDENTE. Chiedo scusa, ma lei non ci ha lasciato alcun documento, eventualmente ne lascerà questa sera, perché nella scorsa seduta decidemmo di non acquisire documentazione.

DELLE CHIAIE. Esatto signor Presidente, intendo dire che lascerò tutto questa sera. Come dicevo, accadde allora che questa operazione di intossicazione, come io stesso la definisco, venne accelerata e spinta. Voi forse dimenticate i giornali; si dovrebbe leggere anche quello che dissero i giornalisti citati davanti al tribunale di Bologna: "Noi lo scrivevamo, ma non lo sapevamo, si diceva". Vorrei formulare una richiesta: vorrei dieci esperti qui davanti a voi che hanno scritto dei miei rapporti con il Ministero dell'interno e a ciascuno di essi vorrei chiedere la prova di tale rapporto e risalire così da voce a voce per vedere dove si arriva. Sarebbe un'esperienza interessante. L'operazione quindi è stata questa e poi è stata travasata nell'area per interessi diversi, non mi importa quali; ed ecco che nell'area alcuni puri e duri che non mi avevano mai conosciuto iniziano a dire le stesse cose.

PRESIDENTE. Di seconda generazione.

DELLE CHIAIE. Certo, signor Presidente. Non è finita, pochi giorni fa, come avete potuto leggere, sul giornale "II Tempo" è stato pubblicato l'ultimo attacco, parlando di appunti, di Taviani; ho risposto con una intervista sul medesimo giornale. Questa, dicevo, è l'operazione, poi ero fuori. Chiedo scusa se devo ripetere sempre le stesse cose, ma ad esempio un giornalista mi disse: "Sai come scriviamo di te? Viene il direttore e ci dice di preparare un pezzo su Delle Chiate, intanto è arrivata una velina, andiamo a prendere gli articoli che sono stati già scritti su di te, aggiungiamo un po' di fantasia e scriviamo il pezzo". Cosi, fantasia, più fantasia, più notizia di archivio nasce il mostro. Sono arrivato ai processi di Bologna e Catanzaro e tutti mi guardavano pensando: "questo è il mostro", fra l'altro ritenendo che fossi cretino, cosa che pensava anche il presidente che pure non l'ha detto per correttezza, perché io ero solo quello che menava, anche se potete vedere che non ho il fisico adatto. Ecco come la mia immagine è stata creata e realizzata. Non è che ci sono tanti calunniatori, quelli all'origine sono pochi, poi si moltiplicano.

PRESIDENTE. Lei ci ha detto di aver "invitato" Orlando.

DELLE CHIAIE. Sì, io ho invitato ed interrogato Orlando. Signor Presidente, voglio dire una cosa, qualcuno ci rimprovera di non aver individuato i responsabili e di non averli puniti e mi rimproverò di questo anche il giudice Salvini in presenza del mio avvocato, ma se poi lo facciamo, se compiamo un piccolo atto, quello di interrogare un soggetto, per questo siamo delinquenti? Non credo.

PRESIDENTE. Non mi sembrava, diciamo così, un gesto pacifista.

DELLE CHIAIE. Fu invitato signor Presidente, non fu catturato.

MANCA. Chiedo scusa vorrei chiedere chiarimenti su un vocabolo da lei utilizzato: lei ha detto: "Sono andato là per prendere Giannettini", cosa significa?

DELLE CHIAIE. Siamo andati là per rivolgergli delle domande, per domandargli alcune cose.

MANCA. Lei usa là il verbo "prendere" per "invitare"?

DELLE CHIAIE. Sì onorevole, ho sbagliato espressione; dato che Giannettini non lo conoscevo, ma ero convinto che avesse danneggiato me e gli altri, sarei andato da lui per invitarlo, per ascoltarlo, per capire, per rivolgergli alcune domande.

DE LUCA Athos. Mi è sorta una domanda estemporanea quando lei ha parlato di Izzo, in merito alla quale lei può anche non sapere nulla...

DELLE CHIAIE. Non mi parli dell'uovo del drago! Le assicuro che nella nostra area se qualcuno avesse fatto l'uovo del drago si sarebbe coperto di ridicolo.

DE LUCA Athos. No, intendevo riferirmi all'assassinio di Giorgiana Masi...

DELLE CHIAIE. Chi è?

DE LUCA Athos. Come signor Delle Chiaie! E’ la giovane che fu uccisa il 12 maggio 1977 a ponte Garibaldi.

DELLE CHIAIE. Sì senatore, ho capito, consideri che molte delle cose avvenute le ho sentite dopo.

DE LUCA Athos. Vi è una ipotesi, per altro avvalorata da alcune dichiarazioni di Izzo, per cui Ghira, tuttora latitante all'estero, potrebbe essere stato l'autore di tale omicidio.

DELLE CHIAIE. Questo signore non l'ho mai visto, non ho mai saputo niente. Al processo di Bologna sono stato cacciato fuori dell'Aula dal Presidente perché mal sopportavo di sentire il mio nome in bocca a uno che non ritenevo degno di pronunciarlo, uno che, fra l'altro, non conoscevo.

DE LUCA Athos. A chi si riferisce?

DELLE CHIAIE. A Izzo.

DE LUCA Athos. In un appartamento di Roma vennero sequestrate delle valigie a lei appartenenti. All'interno di queste, fra l'altro materiale, c’era la sua tessera di iscrizione e di appartenenza all'Aginter Press. Lei conferma questo?

DELLE CHIAIE. , ma con una lieve modifica. Innanzitutto non erano valigie, ma si trattava di una valigetta, per la quale ho subito anche un processo e sono stato condannato in prima istanza, e assolto poi in appello, perché ero presente. Dicevano che in questa valigetta vi erano dei passaporti italiani falsi, che io non ho mai posseduto. Ho avuto documenti di altri paesi, ma mai dell'Italia. Quando sono tornato, ho fatto ricorso in appello e non si poteva presentare la valigetta, perché i documenti non c'erano. Quindi chi ha stilato il rapporto, non l'ha fatto correttamente. Chi sa per quale motivo, e quindi io fui assolto. Nella valigetta c'era una tessera della Aginter Press che era posteriore. Ma io nella prima parte dell'audizione ne ho già parlato, non so se lei era presente. Io presi la tessera nel 1974; c'è una data retroattiva, credo del 1971 o 1972. Guardi, che io non sapessi tutto ciò che poi è emerso sull'Aginter è dato dal fatto che avere una tessera di giornalista per me era una copertura maggiore, una maggiore sicurezza. Immagini, se avessi saputo quello che oggi si dice e fosse stato vero, se mi portavo dietro una tessera della Aginter Press.

PRESIDENTE. Nella scorsa seduta ci disse però di una richiesta di Guerin Serac di ausilio a un certo Salby, o ricordo male?

DELLE CHIAIE. No, è posteriore. Lei parla già di fine 1975. Lei si riferisce a quando Salby viene catturato in Algeria e io, attraverso un amico mi rivolgo a Jumblatt, il capo dei Drusi.

PRESIDENTE. Ma lei Salby lo conosceva?

DELLE CHIAIE. Certo, sì.

PRESIDENTE. Lei giurerebbe sulla sua purezza rivoluzionaria?

DELLE CHIAIE. Ah, no... aspetti un momento non ho mai considerato Salby né Guerin Serac dei rivoluzionari. Ho considerato Serac una persona perbene che aveva le sue convinzioni anticomuniste e cattoliche, ma non altro Salby...

PRESIDENTE. Escluderebbe che Salby abbia potuto avere rapporti con servizi segreti occidentali?

DELLE CHIAIE. Guardi, non lo so. Una cosa è certa: Salby era un soggetto anomalo. Ho letto da qualche parte che addirittura Salby viene indicato come anello di non so quale congiunzione, e ritorniamo al discorso di prima. Bisogna conoscere la gente per giudicarla. Con Salby avevo un rapporto quasi di sfottò. Lui aveva un parrucchino che ogni tanto gli cascava; io giocavo con Salby. Che io abbia avuto una volta sola la sensazione che Salby avesse qualche rapporto strano, assolutamente no. Conoscevo i suoi rapporti con il centroamerica, sapevo, per esempio, dei suoi rapporti con Sandoval. Ho letto Vinciguerra che parla di Sandoval, vi posso anche fornire il nome, Mario Sandoval; informatevi chi era e informatevi se sia stato uno che era amico degli Stati Uniti d'America.

PRESIDENTE. Lei però deve ammettere che se si accertasse che Salby sia stato effettivamente questo anello di congiunzione, tutta la sua versione dei fatti potremmo cancellarla.

DELLE CHIAIE. Non cambia di una virgola, perché non ho fatto nulla - ripeto - nemmeno con Salby che fosse minimamente in linea con quelli che erano gli interessi atlantici o nordamericani, ed ho citato quello che ho fatto. Mi si deve portare un solo episodio che abbia compiuto e che possa in qualche modo essere accostabile ad interessi che non siano quelli delle mie idee. Per il resto, non posso giurare su nessuno, Presidente. Come faccio a mettere la mano sul fuoco su qualcuno? Non metto la mano sul fuoco su nessuno, ma che io lo sapessi assolutamente no, né ho avuto mai questa sensazione.

PRESIDENTE. Diciamo che in quel caso lei avrebbe involontariamente cooperato alla salvezza di un agente dei Servizi occidentali.

DELLE CHIAIE. Se lei la vuole mettere così, possiamo anche metterla così. In quel caso sono entrato in soccorso di uno che era con Ben Bellah, il quale certamente filoamericano non era e non è. E’ vivo, e viene anche spesso a Roma, per cui credo che non si rifiuterebbe di rispondere a questa Commissione.

DE LUCA Athos. Lei girò un assegno a Fabruzzi per aprire una sede...

DELLE CHIAIE. Sì, per aprire una sede della agenzia di stampa.

DE LUCA Athos. Quindi questo risponde a verità?

DELLE CHIAIE. Assolutamente a verità. Del resto l'ho detto io. La maggior parte di queste cose le ho dette io; poi sono state riciclate e sono state riportate a me.

DE LUCA Athos. E ora le puntualizziamo di nuovo. Secondo lei c'è stato davvero un momento in cui la destra estrema voleva uccidere Mariano Rumor?

DELLE CHIAIE. A onor del vero, Vinciguerra in Spagna mi disse che gli era stata fatta la proposta, da un ambiente a lui limitrofo in quel momento, evidentemente, di un attentato a Rumor. Più di questo io non so. Questo è quello che Vinciguerra mi ha detto.

PRESIDENTE. Quale potrebbe essere questo ambiente?

DELLE CHIAIE. Questo dovete chiederlo a Vinciguerra, il quale me lo disse in Spagna, certamente.

DE LUCA Athos. Può ripetere? Vinciguerra in Spagna le disse...

DELLE CHIAIE. Mi disse che gli era stata... adesso non vorrei, per carità di Dio... perché capisco che vengono prese delle parole così come sono dette, mentre il ricordo è cosa diversa. Ricordo che lui mi parlò di una ipotesi di attentato a Rumor.

MANCA. Le disse perché?

DELLE CHIAIE. Perché era un uomo del regime.

MANCA. Solo per questo?

DELLE CHIAIE. Perché bisognava colpire gli uomini del regime. Non dimenticate - ripeto - quel che Vinciguerra dice in un verbale, cioè che lui rinunciò al metodo del terrorismo quando entrò in Avanguardia nazionale nell'estate del 1974.

PRESIDENTE. Lei, che ha avuto un rapporto di amicizia con Vinciguerra, che idea si è fatta del fatto che si sia costituito?

DELLE CHIAIE. Penso, anzi so perché si è costituito. Vinciguerra riteneva che non potesse essere più inquadrato nella lotta politica, che la lotta politica in Italia era finita, che la latitanza era uno status che andava conservato in funzione della lotta politica...

PRESIDENTE. Quindi il riconoscimento di una sconfitta.

DELLE CHIAIE. Certo, anche di una sconfitta nei rapporti umani, perché aveva contrasti con molti in quel periodo. Vinciguerra è un soggetto particolare, complesso.

PRESIDENTE. Su questo non ci piove.

DELLE CHIAIE. E’ difficile stabilire. Vinciguerra, fra l'altro, quando ha uno da colpire, è finita; è disponibile a tutto per colpire quella persona.

DE LUCA Athos. E’ pericoloso.

DELLE CHIAIE. Certo, questo è fuori discussione.

PRESIDENTE. Noi volevamo sentirlo, come stiamo sentendo lei, ma mi ha scritto una lettera estremamente dura, scortese, e, per quel che mi riguarda assolutamente ingiustificata.

DELLE CHIAIE. E’ normale, normalissimo. Adesso ha rapporti con Salvini, ma domani sarà contro Salvini. Ieri apprezzava Casson e dopo attaccò Casson. Questo è nella sua natura. E’ la sua natura, che io conosco bene. Troppo è durata con me, perché è durata fino al 1991. Lei, Presidente, diventerà un complice agli occhi di Vinciguerra.

PRESIDENTE. Per averla ascoltata?

DELLE CHIAIE. Certo. Non solo, ma di tutta la strategia ipotetica del doppio Stato, di tutto quel che lui ha detto. Lei da questo momento è un complice, è inserito in questo schema.

DE LUCA Athos. Quindi tutti siamo complici.

DELLE CHIAIE. Assolutamente.

DE LUCA Athos. E quindi dobbiamo temere.

DELLE CHIAIE. No, guardi, questo glielo metto per iscritto, perché lo conosco, voi non lo conoscete. La natura umana è questa, non è quella che si disegna artificiosamente.

DE LUCA Athos. E’ vero che Avanguardia nazionale ha mandato a monte un contratto stilato fra la Francia e la Bolivia per lo sfruttamento dell'uranio nel 1979?

DELLE CHIAIE. Nel 1980, dopo la rivoluzione.

DE LUCA Athos. E come, mi fa un accenno?

DELLE CHIAIE. Semplicemente, io intervenni e consigliai al Presidente di non firmare un contratto che non salvaguardava gli interessi della Bolivia, anche perché avemmo il dubbio che ci fosse un passaggio terzo verso un paese che non era amico degli arabi.

DE LUCA Athos. E quale era questo paese?

DELLE CHIAIE. Israele. Questa fu un'informazione che ci fu data, un'intuizione, adesso non ricordo, sta di fatto che noi consigliammo al Presidente di non imbarcarsi in una situazione di questo genere che non salvaguardava gli interessi della Bolivia - preciso che si trattava di litio e di uranio - e che, tra l'altro, poteva essere indirizzata verso un paese che non era amico.

DE LUCA Athos. Secondo lei, perché Avanguardia nazionale sponsorizzava questa operazione?

DELLE CHIAIE. Non si trattava di An; era Stefano Delle Chiaie che allora si trovava in Bolivia; io ero consigliere del Presidente e quindi ritenni, da ciò che seppi in quel momento, che quello fosse il comportamento da tenere. Lo stesso discorso può essere fatto, ad esempio, nei confronti di una fabbrica di gomme - di cui ora non ricordo il nome -che venne in Bolivia per installare i suoi stabilimenti e che però non voleva assumere personale locale né voleva creare una scuola di preparazione tecnica per i locali. Personalmente ebbi la netta sensazione che si trattasse di una delle tante società multinazionali che, sfruttata la ricchezza locale, se ne sarebbe andata, lasciando tutto così come aveva trovato. Pertanto, facemmo delle richieste precise: la creazione di una scuola di preparazione tecnica, lo spostamento e il ricambio dei tecnici all'interno della fabbrica dopo un tempo prestabilito e che, al momento in cui la fabbrica fosse stata abbandonata, lo stabilimento, con tutta la struttura tecnologica, dovesse rimanere alla Bolivia. Questa nostra richiesta non fu accettata e quindi non se ne fece nulla, ma, oltre a questa, potrei elencare moltissime altre situazioni simili, anche per quanto riguardava lo sfruttamento del petrolio. Vi erano pozzi che, piuttosto che essere ceduti a certe società, rimanevano chiusi e questo a proposito del fatto che noi fossimo amici, come dice qualcuno, dell'imperialismo.

DE LUCA Athos. Quindi, lei ha sventato molte operazioni di Tangentopoli.

DELLE CHIAIE. Questo non lo so, posso però dirle, con molta tranquillità, che per lo meno coloro che mi stavano intorno in Bolivia non hanno approfittato della situazione come forse hanno fatto altri in Italia.

DE LUCA Athos. Nel 1982, lei ha dichiarato di non aver dato a Concutelli il mitra Igram che gli servì per uccidere il giudice Occorsio, aggiungendo - lei - di non essere il mandante di quell'azione, ma di condividerla. Ripeterebbe oggi, per intero, questa affermazione?

DELLE CHIAIE. Senatore De Luca, è strano ma, nella precedente audizione, sono stato rimproverato di parlare di cose dette e ridette centomila volte; ora lei, in questa audizione, mi sta facendo delle domande che poco hanno a che vedere con la finalità della Commissione.

PRESIDENTE. Di questo non si preoccupi, il senatore De Luca le ha chiesto soltanto se conferma quella dichiarazione.

DELLE CHIAIE. Guardi, signor Presidente, che io non mi sottraggo alla risposta, ho solo voluto fare una precisazione; tra l'altro, a questa domanda ho già risposto anche a Bologna. Innanzi tutto, io non feci una simile affermazione, dissi che avevo morti miei da piangere e che non piangevo per altri morti. Questo dissi e lo confermo in questo momento; così come, in quel momento, affermai che non soltanto non avevo nulla a che vedere con tale azione, ma che anzi la ritenni dannosa per il nostro mondo politico. Le dirò di più, io in quel periodo ero in Angola e quando tornai vi fu uno scontro con Concutelli, a seguito del quale Concutelli andò via dalla Spagna. Tutto questo è agli atti; Concutelli se ne andò via in rottura con me e - le dirò di più - sono in possesso di una lettera che Concutelli mi scrisse quando lasciò la Spagna, che non ho neanche utilizzato ai fini processuali. Io per quell'episodio, in primo grado, ebbi l'ergastolo, cosa che ritenni profondamente ingiusta, anche perché nello svolgimento del processo furono fatte affermazioni non vere. Pertanto, inviai una memoria - che se volete vi farò pervenire - in cui spiegavo i fatti e dicevo la frase citata dal senatore De Luca. Quindi, quell'affermazione era rivolta direttamente al tribunale e non ad altri o a terzi, non faceva parte di un'intervista ma era una mia dichiarazione; infatti, il presidente della corte di Bologna mi formulò la domanda così come oggi me l'ha formulata lei, senatore De Luca.

DE LUCA Athos. Signor Delle Chiaie, Giannettini respinge l'accusa, che lei gli rivolge, di aver rappresentato il Sid nella riunione del 18 aprile a Padova, che segna l'inizio operativo della strategia delle bombe nel 1969, che culminerà poi con la strage di piazza Fontana. Chi, secondo le sue informazioni, prese parte a quella riunione e chi rappresentavano i singoli partecipanti? Quale era la strategia che venne decisa? Su chi potevano contare?

DELLE CHIAIE. Senatore De Luca, si fermi alle prime due domande perché se conoscessi le risposte anche alle seguenti, evidentemente significherebbe che ero presente a tale riunione. E’ fuori discussione il fatto che io non vi abbia partecipato: credo del resto che questo già lo sappiate; tra l'altro, al mio processo di Catanzaro emerse un fatto nuovo e cioè che quel giorno c'era lo sciopero dei treni per cui io non potevo essere andato a Padova e tornato. Questa circostanza fu scoperta soltanto a due giorni dalla chiusura del mio processo.

DE LUCA Athos. Non poteva essere andato con un'auto?

DELLE CHIAIE. No, perché la telefonata intercettata parlava di un treno che arrivava da Mestre. Era stato accertato che fino alle 14 mi trovavo in tribunale per sporgere una denuncia, in compagnia di alcuni avvocati, quindi si diceva che, dopo quell'ora, ero partito con un treno e mi ero recato a Padova. L'unico treno possibile mi sembra che partisse alle 18 o alle 19 - adesso non ricordo - ma nella telefonata si diceva che a mezzanotte si sarebbero recati alla stazione a prendere questo personaggio, proveniente da Mestre, che passava raramente a Padova. Questo, per quanto mi riguarda, era impossibile perché la mattina seguente subii una perquisizione a casa e tenga presente che alle 6 vennero a bussare alla mia porta, anche se poi diranno di aver fatto la perquisizione alle 11 ed io debbo ringraziare il giudice D'Ambrosio che accertò che alle 6 stavano già sotto casa mia. Quindi, dovevo essere tornato a casa prima delle 6 e non c'era treno che consentisse tale coincidenza; tra l'altro, quel giorno c'era lo sciopero dei treni, ma questa circostanza emergerà soltanto al processo di Catanzaro nel 1987-1988; si faccia il conto quanti anni dopo. E le dirò di più, in quella telefonata si faceva riferimento ad un certo numero. Nella mia solitudine carceraria, mi chiesi a cosa corrispondesse tale numero, anche perché non trovavo in nessun atto una spiegazione al riguardo. Chiamai quindi il mio difensore, l'avvocato Pisauro, e gli chiesi di verificare se quello in questione fosse un numero telefonico; fra l'altro, dato che c'è il verbale Pozzan che parla di Mestre, gli dissi di provare a vedere anche nella provincia di Mestre. Ebbene, il risultato della nostra indagine, che poi venne inserito negli atti del processo di Catanzaro, fu che quel numero di telefono risultava...

PRESIDENTE. Lei dunque contesta di aver partecipato a quell'incontro.

DELLE CHIAIE. Non solo, noi riuscimmo a individuare un appartamento di Mestre, rispondente a quel numero di telefono, che apparteneva alle Generali di Venezia, ma quando chiamammo le Generali per sapere a chi era intestato, l'amministratore ci disse che non era in possesso del contratto relativo proprio a quel periodo. Mi pare si trattasse del dottor Brunello, ma l'indagine è stata fatta da noi. Della presenza di Giannettini mi informò Pozzan, ma si è tentato ultimamente di dire invece che fosse Fabruzzi. Questa che vi mostro è la lettera della banca che attesta che Fabruzzi quel giorno si trovava sul posto di lavoro. Prima di tirare in ballo il nome di Fabruzzi, costava tanto verificare tale circostanza? Consegno anche questa lettera perché venga acquisita agli atti della Commissione.

DE LUCA Athos. C'è qualcosa di quello che le è stato imputato In questi anni che non è una calunnia o frutto di fantasia, ma che è vero?

DELLE CHIAIE. Le rispondo subito. Lei tolga lo stragismo e tolga i rapporti con i Servizi, per il resto io sono stato un radicale oppositore del regime. Mi faccio carico di tutte le azioni che potevano servire ad abbattere il regime dello Stato, ma non mi si imputi né dello stragismo né di rapporti con i Servizi, siano essi del Ministero dell'interno o militari. Per il resto, senatore De Luca, io non ho mai fatto la vittima per i processi subiti; mi sono trovato benissimo nel mio processo naturale a Roma dove ero imputato nel processo-bis contro esponenti di Avanguardia nazionale. Questo lo dissi anche al pubblico ministero che chiese la mia condanna e al Presidente che me la diede: dissi che non mi sentivo assolutamente contrariato, né ero a loro avverso per questo, perché io ho svolto un ruolo contro il sistema e ritenevo legittimo che il sistema mi avesse perseguito e punito. Non era legittimo, invece, distruggere l'onore di un uomo, non era legittimo accusarlo di delitti indegni ed attribuirgli amicizie indegne che non aveva avuto, perché ciò equivaleva a dire che la mia vita non è servita a nulla, perché nemmeno quello che ho fatto era servito per essere condannato; devo essere condannato per un'altra cosa, completamente e assolutamente contraria a quello che sono stato e sono. Non sono un angelo, onorevole Athos De Luca: non lo sono, assolutamente.

DE LUCA Athos. Ci dovrebbe allora aiutare di più ad individuare i veri responsabili!

DELLE CHIAIE. In una lettera dissi a Vinciguerra questo: non era possibile ricostruire ancora la storia, perché ogni atto, ogni fatto ed ogni elemento non era recepito in funzione della verità, ma di un teorema prestabilito. Ogni elemento diventa un tassello che non viene aggiunto alla strada per la verità, ma ad un mosaico che qualcuno, o più di uno, aveva sognato. Ci sono giudici che in gioventù facevano parte di gruppi extraparlamentari di sinistra nei quali già si facevano queste costruzioni, qualcuno, arrivato ad essere magistrato (non mi pongo il problema se in buona fede o in cattiva fede) ha tentato di trovare elementi che corroborassero questa vecchia tesi ambientale, e lì nasce la forzatura, qualcosa che non va: questa è la verità. Onorevole Athos De Luca, il problema è questo! Nel 1987 proposi l'istituzione di un comitato per la verità sulle stragi, che però non servisse a nessuno, che non fosse utilizzato in funzione di parti o di tesi prestabilite. A lei l'ha cercata qualcuno? Nemmeno a me!

DE LUCA Athos. La nostra Commissione lavora su questo!

DELLE CHIAIE. Anche allora c'era questa Commissione. Ho già detto cosa chiesi a quella Commissione, ma lo feci quando tutti erano vivi, non adesso che sono morti!

DE LUCA Athos. Cosa ne pensa di Rauti? Con questa, ho terminato le mie domande.

DELLE CHIAIE. Mi astengo.

PRESIDENTE. Lei si astiene, ma ci deve consentire di valutare questa sua astensione.

DELLE CHIAIE. Dal 1958 ho avuto rapporti di conflitto con Rauti: posso dire questo e basta. Credo, peraltro, che siano tali anche oggi, se è vera una notizia che mi hanno raccontato (e ciò a proposito delle voci); non so ancora se è vera e quindi la dico senza averne la certezza: sembra addirittura che all'interno della sede del Movimento sociale italiano-fiamma tricolore si stiano facendo fotocopie dell'articolo de "II Tempo" contro di me. Ecco come, signor Presidente, si articola nel tempo una campagna di diffamazione che non terminerà mai, almeno fino a che non sarà stabilita la verità. Quando ci fu "il cambio" e andò al governo Berlusconi, scrissi una raccomandata con ricevuta di ritorno al Ministero dell'interno, diretta al nuovo ministro, nella quale chiedevo che - una volta per sempre - si facesse chiarezza sulla mia posizione, sperando che fosse cambiato qualcosa. Ma cos'era cambiato…?

DETOMAS. Vorrei porre due brevissime domande. Nell'audizione della scorsa settimana, prima di essere interrotto, aveva fatto riferimento a dei rapporti di soggetti appartenenti alla Destra radicale con l'ambasciata di Berna, in Svizzera, e aveva accennato anche ad una formula di isolamento. Ci può inquadrare speditamente la situazione?

DELLE CHIAIE. Nel 1966-1967-1968 c'era... Io, però, ho parlato riguardo ad un soggetto, ed ho detto che ve n'erano altri, nazionalsocialisti, i quali... La tesi è molto semplice. Nella nostra area (mi riferisco al periodo che va dal 1950, quando io entrai nell'area) vi erano due elementi che dividevano il nostro mondo. (Pensi che dopo un anno, quindi in pratica immediatamente, già stavo nuovamente uscendo dal Movimento sociale italiano, avevo già presentato le dimissioni!). Quali erano dunque i due elementi, che all'epoca intuivo istintivamente, perché evidentemente non avevo profondità di pensiero o di concetti che mi appartenessero. L'argomento concerneva, sostanzialmente, la visione dell'Occidente. C'era chi tra noi sosteneva la cultura occidentale e chi di noi diceva che essa poteva anche essere accettata, ma esprimendo in termini occidentalisti tale cultura si confondeva questa posizione culturale con quella dei blocchi e quindi vi doveva essere una maggiore correttezza di espressione anche nella terminologia. Era insomma necessario cambiare il modo di esprimersi per non essere confusi con l'occidentalismo inteso come l'impero Nordamericano.

PRESIDENTE. Atlantico.

DELLE CHIAIE. Atlantico è già molto più riduttivo rispetto a quello che noi pensavamo. L'altro elemento, che pur aveva una sua valenza, era l'interpretazione degli adattamenti del fascismo (quando si parlava degli opposti estremismi eravamo alla fine della guerra ed in effetti erano legittimi). All'interno c'era un dibattito, si trattava del fascismo del ventennio, quello della repubblica sociale, se il ventennio era stato più vicino a forme liberali che sociali e se la repubblica sociale era stata una ripresa di San Sepolcro. Questa era la questione, e su questo - in fondo - ci si divideva. Badate bene. Uno dei fatti che noi affrontiamo è riferito all'adesione alla Ueo o al Patto Atlantico. Noi, ad esempio, nella Ueo vedevamo una possibilità di autonomia europea, mentre invece nel Patto Atlantico vedevamo una dipendenza dagli Stati Uniti. Però non si voleva l'Ueo (compreso il Partito comunista), perché non ci doveva essere l'esercito tedesco ed era meglio il Patto Atlantico. Bisogna rileggere la storia di questo paese per capire quali siano i diversi passaggi. Nell'area c'era questa grande resistenza verso il Nordamerica visto come nemico diretto. Ed allora, se per esempio, il Movimento sociale assumeva posizioni più - come le ho definite nel documento - di anticomunismo di Stato (quindi più vicine alla Democrazia cristiana), era chiaro che si determinasse uno scollamento nostro e di altri. Questo fenomeno non appartiene solo all'Italia, ma al Deutsche Partei, per esempio, in Germania o al Movimento sociale Belga. Si determinò, allora, nel vari movimenti europei di origine fascista, questa situazione di contrasto fin quando alcuni (parlavamo di Leroy e di altri) videro nella Cina di Mao la barricata su cui continuare la lotta contro gli americani. C'era quindi questa ambasciata, che credo fosse a Berna, dove praticamente alcuni di questi si dirigevano con un formulario di giuramento con il quale magari affermavano che il Fürher era morto e che continuavano la loro battaglia in nome di Mao contro il capitalismo e l'espansionismo Nordamericano. Anche questo determinò una polemica all'interno, perché si trattava di una sovrapposizione che noi non accettavamo. Accettavamo una coincidenza, come per esempio nel movimento studentesco, ma su basi praticamente di confronto e di costruzione di un obiettivo politico comune. Ci furono queste contraddizioni interne che stabilirono differenze, ma non uno schema meccanico teso a chi sa che cosa. Non so se mi spiego. Poi ognuno è responsabile dei propri atti, singolarmente. Ma questa è un'altra cosa. Chiunque può essere stato qualsiasi cosa, ma i fenomeni furono questi. Non so se ho risposto alla sua domanda.

DETOMAS. Mi interessava sapere anche se l'ambasciata cinese forniva dei sostegni.

DELLE CHIAIE. Ho ricevuto di riflesso queste notizie e queste conoscenze. Ho avuto delle polemiche al riguardo: ho contrastato e non ero d'accordo su questa impostazione. Come non ero d'accordo, per esempio, sul nazimaoismo, era un ibrido, mentre noi, nel movimento studentesco, ritenevamo - ecco la differenza tra la nostra azione e il nazimaoismo - che la linea leninista fosse sparita, ritenevamo che fosse positivo Marcuse: questa influenza marcusiana aveva mutato l'orientamento nel movimento studentesco, aveva indebolito le fasce della sinistra marxista-leninista. Quindi, ritenevamo che si potesse arrivare ad un confronto delle rispettive posizioni, rileggere la nostra storia e formulare obiettivi per il futuro. Il senatore De Luca mi ha rimproverato, ma forse questo è romanticismo. Così come ve lo racconto noi lo sentivamo, senza molte contorsioni. Non so se mi sono spiegato.

DETOMAS. Durante l'audizione del 1987, lei aveva fatto riferimento - però era stato interrotto - ad una lettera-testamento del comandante Borghese, dalla quale si potevano desumere delle verità sul golpe e responsabilità politiche anche in questo caso.

DELLE CHIAIE. Le dico la verità, ma non ricordo affatto questa lettera, assolutamente. Ricordo che Franchi parlò di una lettera inviata dal comandante Borghese, e lui sosteneva - se non sbaglio - che questa lettera (potremmo comunque leggere gli atti perché non vorrei che si dicesse che ora sto dicendo un'altra cosa, in quanto affermo solo ciò che ricordo, e questa affermazione stupì anche me) era stata inviata dal comandante e in essa si esprimeva scoraggiamento, amarezza, eccetera. Franchi riteneva che questa lettera non fosse del comandante e chiese che mi fosse sottoposta per vedere se la firma era effettivamente la sua. Ma questo non avvenne mai. Lei forse confonde la mia audizione con le notizie riportate in alcuni libri che ricostruiscono quell'ambiente. Le posso dire che un giudice mi ha detto che ha cercato presso i notai di tutta Italia questo memoriale del comandante Borghese, che si diceva avesse dato a me. Gli risposi che non mi aveva dato nulla, e domandai a quel magistrato chi glielo avesse detto. Lui mi rispose che questa era la notizia di cui disponeva. Vi posso dire anche il nome di quel noto magistrato che svolse indagini sul golpe Borghese. Però, non ricordo di aver detto questo: se l'ho fatto evidentemente in quel momento stavo male.

CO’. La vorrei invitare a fare un viaggio all'estero...

DELLE CHIAIE. Magari!

CO’. …retrospettivo però, iniziando dall'Europa. Partirei dalla Spagna, dove lei si è rifugiato dopo la strage di piazza Fontana durante la latitanza. All'epoca della sua permanenza in Spagna erano operative una serie di organizzazioni paramilitari, che erano in contatto con alcune agenzie di sicurezza spagnole, ed io gliene cito qualcuna. Si parla di Batallion Basco Espanol, di Antiterrorismo Eta, di Lucha Espanol antimarxista, di Grupos antiterroristas de Liberacion, e di tante altre. Tutte queste erano costituite con lo scopo di "eliminare" gli oppositori di Franco e combattere sostanzialmente l'Eta. Il personale di questi gruppi era costituito da ex nazisti, da emigrati anticomunisti dell'Europa Orientale, da cubani anticastristi, da mercenari e quant'altro. Ora, lei, rispetto ai suoi rapporti con queste organizzazioni ha testualmente dichiarato: "Non vedo perché avrei dovuto collegarmi ai Servizi spagnoli; credo che la copertura del Generalissimo valesse più di quella dei Servizi". Le chiedo: che tipo di copertura lei aveva dal Generalissimo in Spagna e in cambio di quali servizi?

DELLE CHIAIE. Prima di tutto, continuo a non capire cosa c'entri questo con le stragi: ma poiché è il Presidente che decide rispondo egualmente a queste domande. Però, non capisco cosa c'entri questo.

CO’. Lei continui a non capire, ma risponda alle domande.

DELLE CHIAIE. Da una parte non dovrei parlare sul piano personale e difendermi, però posso ricevere domande sul piano personale!

PRESIDENTE. Ho già detto che lei non può parlare sul piano personale e difendersi anche perché lo ha già fatto per due audizioni.

DELLE CHIAIE. Non sono obbligato a difendermi!

PRESIDENTE. Le ho detto soltanto di non ripeterci la sua autodifesa, perché la possiamo già dare per nota. Devo dire che lei ci ha detto cose nuove.

DELLE CHIAIE. La ringrazio. Senatore Cò, lei ha fatto una serie di nomi che non so da dove li ha presi perché non li conosco. Innanzitutto, lei parla della lotta all'Eta, ma essa risale già al 1976.

PRESIDENTE. Ma la domanda è un'altra.

DELLE CHIAIE. Signor Presidente, il senatore Cò ha fatto un elenco di gruppi facendo credere e pensare che io fossi in contatto con formazioni che a loro volta erano paramilitari.

CO’. Lei rigira sempre la frittata, signor Delle Chiaie.

DELLE CHIAIE. Io non ho mai rigirato la frittata, senatore Cò; posso non capire, ma non rigiro il discorso.

PRESIDENTE. Il senatore Cò le ha ripetuto una domanda che le era già stata rivolta nell'audizione del 1987, dove lei aveva già escluso suoi rapporti con tutti questi gruppi.

DELLE CHIAIE. No, signor Presidente; la prego di rileggersi quell'audizione.

PRESIDENTE. Comunque, non mi sembra importante. Lei aveva già escluso rapporti con questi gruppi e aveva fornito la seguente risposta: non vedo perché dovevo cercare la protezione dei Servizi spagnoli, perché la protezione del Generalissimo era già più che sufficiente. La domanda che le è stata rivolta è la seguente: che tipo di protezione aveva? In cambio di quali servizi?

DELLE CHIAIE. In cambio di nessun servizio, assolutamente; e questo lo dissi. Infatti, il motivo di queste strane collaborazioni veniva spiegato nell'immaginazione di qualcuno, come uno scambio per avere protezione. E’ questo che mi fu chiesto. Allora, risposi che non avevo bisogno di ricorrere a protezioni diverse, perché avevo l'autorizzazione del generalissimo Franco e dissi anche l'impegno che avevo assunto. Infatti, mi fu chiesto di non fare attività politica e di non creare problemi sul territorio spagnolo. Le dirò che devo riconoscere di non essermi comportato assolutamente bene, perché avevo rapporti con la Falange clandestina, e vi posso anche citare il nome del suo capo, che era Marquez. Organizzai a Barcellona una delle più grandi manifestazioni contro l'Opus Dei, che fino a prova contraria era al potere, con Lopez Rodo e Lopez Bravo. Quindi, non vedo perché dovevo intrattenere rapporti di altro tipo. Non so se mi spiego.

CO’. Sempre a proposito di questa sua permanenza in Spagna e di questo "accordo" da lei fatto con il generalissimo Franco...

DELLE CHIAIE. Non è stato un accordo.

CO’. Lei dice: lui mi ospita e io mi impegno.

DELLE CHIAIE. Certo.

CO’. Quindi, è un accordo. Lei risulta che non abbia mai chiesto un permesso di soggiorno, il suo nome non compariva sulla lista degli stranieri residenti...

DELLE CHIAIE. Certo, perché non ho mai chiesto la residenza.

CO’. Lei gestiva o comunque era proprietario di un ristorante a Madrid, ma il ristorante non era iscritto negli appositi registri.

DELLE CHIAIE. Ma come no!

CO’. E’ questa la copertura che le era stata garantita?

DELLE CHIAIE. In primo luogo, non ho mai chiesto asilo politico in Spagna, perché non ero obbligato a chiederlo; questo per un semplice motivo, e cioè perché ero perseguito per falsa testimonianza. Comunque, per principio non ho mai chiesto asilo politico in nessun paese, perché fra l'altro mi avrebbe dato fastidio. Se lo avessi chiesto, probabilmente mi avrebbero riso in faccia.

CO’. Comunque, mi scusi...

DELLE CHIAIE. Mi faccia finire perché devo rispondere a tutta la sua domanda. Quindi, per falsa testimonianza fino al 1974 sarebbe stato ridicolo che io avessi chiesto asilo politico.

CO’. Io non le ho domandato se ha chiesto asilo politico.

DELLE CHIAE. Come no!

CO’. Io le ho domandato: ha mai avuto il permesso di soggiorno?

DELLE CHIAIE. No.

CO’. Il suo nome compariva sulla lista degli stranieri residenti?

DELLE CHIAIE. No, assolutamente.

CO’. Lei poi mi ha risposto che il ristorante era iscritto nei registri.

DELLE CHIAIE. Il ristorante non era a nome mio, ma era iscritto negli elenchi. Lo sa perché si chiamò "Appuntamiento"? Perché quando andarono per registrarlo, poiché in Spagna erano proibite le parole straniere, il nome originario "Appuntamento" divenne appuntamiento. Quindi era iscritto, ma non era di mia proprietà bensì di proprietà comunitaria.

PRESIDENTE. Poteva sembrare un luogo di ritrovo.

DELLE CHIAIE. Certo, lo era. Di lì sono passati uomini dell'Angola, perseguitati di diversi paesi. I primi giorni di latitanza sono stato senza mangiare e dormire e la mia preoccupazione era soltanto quella che i latitanti avessero almeno la possibilità di mangiare. La cosa poi si è estesa. Comunque sono scelte mie.

CO’. Quindi lei nega o ammette di aver partecipato il 9 maggio 1976 ad un attacco contro la sinistra a Monte Jurra che ha causato due morti e tre feriti gravi? Lei è stato fotografato insieme ad altri squadristi italiani, tra cui Augusto Cauchi. Di questo episodio può dirci nulla?

DELLE CHIAIE. Innanzi tutto respingo l'espressione "squadristi" perché mi sembra superata. Per quanto riguarda Monte Jurra confermo tutto. Se le interessa vi sono anche i documenti al riguardo perché le Corti hanno chiesto maggiori informazioni. I due morti furono colpiti dal basso non dall'alto. E’ quindi un problema che esclude il sottoscritto. Comunque ero presente, come viene confermato dai processi e anche dall'audizione del 1987, ed anche Cauchi era presente.

CO’. Cosa sa dirmi di un attacco contro una dimostrazione di sinistra alla Plaza de España, avvenuta nel gennaio del 1977? Vorrei capire chi è lei, signor Delle Chiaie e le farò una serie di domande che riguardano la sua attività all'estero.

DELLE CHIAIE. Per capire chi sono non può porre domande relative solo a qualche episodio, ma dovrebbe chiedermi di raccontare tutta la mia vita.

CO’. Lei ha la possibilità di scegliere se rispondere o no. Le faccio delle domande e lei deciderà se rispondere.

PRESIDENTE. Volevo fare un rilievo. All'estero lei ritrova un rapporto anche con queste frange nazional-rivoluzionarie, che sospetta si siano infiltrate in Italia nei Servizi.

DELLE CHIAIE. No, signor Presidente. Il problema è che non si possono ripetere le stesse cose mille volte. Ho già spiegato come ho incontrato Cauchi. Me lo hanno presentato a Barcellona; all'epoca aveva un altro nome ed io non sapevo chi fosse. Mi dissero che aveva problemi. Vorrei che qui vi fossero altri elementi della sinistra perché dovete capire che quando si è profughi all'estero, ci si sente perseguitati e si avverte il sacrosanto dovere di aiutare ogni altra persona della propria area politica che viene perseguitata. Non viene chiesto a nessuno "cosa hai fatto, chi sei", anche perché non è ammesso farlo; certe situazioni, quindi, vi sfuggono. Allora io non sapevo chi fosse Cauchi, ma quando compresi chi era e a che gruppo apparteneva chiamai il responsabile di Ordine nuovo e gli chiesi di parlare con lui per darmi un parere in merito. Quindi, non si può percorrere la storia a ritroso e dirmi, poiché sapevi di chi si trattava, hai ripreso i contatti. Ma io non sapevo chi era Cauchi!

PRESIDENTE. Quindi, la sua valutazione negativa è nata dopo.

CO’. Ha partecipato alla dimostrazione del 23 gennaio 1977 nella quale vi fu il ferimento mortale di Arturo Ruitz?

DELLE CHIAIE. No, assolutamente. Tant'è vero che le autorità spagnole non mi hanno attribuito questo episodio. Credo inoltre che Franco non vi fosse più.

CO’. Lei sa che nell'ottobre 1976 furono feriti gravemente in un attentato a Roma l'allora leader democristiano cileno Bernardo Leighton e la moglie. Michael Townley, oggi testimone protetto negli Stati Uniti, ha dichiarato testualmente: "L'azione era stata portata a termine su diretto mandato del generale Pinochet, utilizzando a Roma l'appoggio logistico di Stefano Delle Chiaie e di Avanguardia nazionale e con, nel ruolo di autore materiale, Pierluigi Concutelli". So che lei è stato assolto dalle imputazioni per questo delitto, ma oltre a questa testimonianza vi sono alcune dichiarazioni di Vinciguerra rese dopo che è passata in giudicato la sentenza di assoluzione; in precedenza, aveva assolutamente negato il suo coinvolgimento in questa vicenda.

PRESIDENTE. Signor Delle Chiaie, nella scorsa audizione ha attribuito queste dichiarazioni di Vinciguerra ad un'incrinatura nei vostri rapporti derivante dal fatto che lei si era rifiutato di essere testimone alle nozze di Vinciguerra.

DELLE CHIAIE. Non mi sono mai rifiutato: vi fu una proibizione da parte del Ministero di grazia e giustizia.

PRESIDENTE. Vinciguerra, però, lo percepì come un'offesa.

DELLE CHIAIE. Sapete che vi è stato un altro processo nel quale, un altro elemento di Avanguardia nazionale è stato assolto su richiesta del pubblico ministero Salvi e nel quale ha testimoniato lo stesso Townley?

PRESIDENTE. Ma come giustifica la testimonianza dell'americano?

DELLE CHIAIE. L'americano è stato portato in Italia a testimoniare al processo in cui Salvi era pubblico ministero e lo stesso Salvi ha chiesto l'assoluzione dell'imputato e la condanna di Contrera e di un'altra persona.

PRESIDENTE. Come giustifica, però, le prime dichiarazioni?

DELLE CHIAIE. Sono molto antiche. In un primo momento lui parlò di Di Stefano e se lo desidera le farò pervenire il relativo fascicolo. Inizialmente "Panorama" pubblicò delle informazioni al riguardo in un articolo dove si parlava del rapporto di un certo De Vergottini, che credo fosse un diplomatico italiano in Cile, il quale invece lavorava nei Servizi. Comunque, ho avuto l'assoluzione e quindi confermo la mia estraneità ai fatti. Escluse le stragi e il rapporto con i Servizi, ho già detto che mi si può responsabilizzare di tutto. Cosa vi debbo dire: consideratemi il peggiore dal vostro punto di vista.

CO’. Io non la sto valutando sul piano etico-morale: non mi interessa farlo.

DELLE CHIAIE. Quello che mi interessa in questa sede è ribadire con assoluta fermezza la mia estraneità alle stragi.

CO’. Sinceramente i nostri obiettivi sono altri. Parliamo un attimo della Bolivia e del golpe del 1980. I militari argentini, per rafforzare una loro missione, avevano inviato in Bolivia circa settanta agenti, oltre ai quali si parla del suo invio e di quello di Pierluigi Pagliari. Lei nel 1983 rilasciò un'intervista ad un giornale spagnolo dalla quale leggo testualmente: "Decisi che dovevo dare un contributo alla creazione di un movimento rivoluzionarlo internazionale. Pensavo allora - come penso oggi - che non era possibile svolgere un'azione rivoluzionarla in un paese senza una visione globale dei fatti politici e una strategia comune. Così, quando si affacciò in Bolivia la proposta di una rivoluzione nazionale, noi eravamo lì, con i nostri a fianco dei camerati boliviani. Non eravamo né torturatori né narcoterroristi, ma militanti politici". Quel colpo di Stato ebbe due leadars. Luis Gomez, che nel 1979 divenne capo del secondo dipartimento dell'esercito, cioè del servizio di sicurezza e il generale Luis Garcia Meza che a sua volta fu destinato al comando delle forze armate. Il Gomez aveva organizzato in grande stile un'impresa di trasporto aereo di cocaina ed era cugino di Roberto Suarez, uno dei più grandi narcotrafficanti della Bolivia. Quando arrivò in Bolivia, lei fu collocato dal Gomez nel secondo dipartimento...

DELLE CHIAIE. No.

CO’. ...dove già operava Klaus Barbie che aveva avuto compiti molto particolari, nel senso che era stato incaricato di condurre a livello scientifico la tortura da parte delle organizzazioni boliviane. Lei cosa può dire rispetto a questo incarico?

DELLE CHIAIE. Mi sembra di leggere un'altra storia.

CO’. Me l'aspettavo.

DELLE CHIAIE. Io sono entrato in Bolivia dopo il golpe perché chiamato dai camerati falangisti, alcuni dei quali si trovavano in epoca anteriore all'università di Roma. Non sono mai entrato nel secondo dipartimento, ma nel settimo che si occupava della propaganda.

CO’. E’ vero che entrò nel settimo dipartimento con la qualifica di assessore?

DELLE CHIAIE. . Sa cosa significa quel termine? Significa consigliere. Essendo io straniero, venivo indicato con quel termine. Io ero presso lo Stato maggiore e la Presidenza. Non sono mai entrato nel secondo Dipartimento, né mi risulta che Barbie sia stato al secondo Dipartimento, perlomeno nel periodo in cui io sono stato lì. Io ho conosciuto Barbie, così come ho conosciuto Altmann. Tutto questo l'ho già detto al processo di Bologna. Il mio ruolo in Bolivia era inquadrato nel contesto di cui lei ha parlato, della famosa Internazionale. Perché risposi così nell'intervista? Perché mi si chiedeva dell'Internazionale fascista nera. Io dissi che non esisteva e che ritenevo che si era creata un'area nella quale confluivano componenti diverse che trovavano il coagulo attorno alle ipotesi di una prospettiva di terza posizione rispetto ai due blocchi. Come ho ripetuto innumerevoli volte, nella rivoluzione boliviana individuammo questa ipotesi positivamente, tanto che quando ci fu la riunione di preparazione del Convegno dei paesi non allineati (che doveva svolgersi a Cuba) a Nuova Delhi, dal Ministero degli esteri boliviano partirono dei documenti che invitavano i diversi paesi a collocarsi in una posizione attiva all'interno di quest'area e non più in posizione passiva. Era la stessa spinta che ebbi quando tentai di fare incontrare Pinochet con Gheddafi, perché ritenevo che l'alleanza fra quei due paesi (uno accusato di essere collocato nel mondo sovietico, l'altro accusato dalla stampa europea, che ignorava cosa accadesse in Cile, di far parte del fronte occidentalista) potesse rappresentare un coagulo in direzione della terza posizione. Forse allora ho sbagliato, ma perseguivo questa linea. Quando vi fu la questione di Nuova Delhi, incrociammo un'operazione del Ministro degli esteri italiano - credo Colombo - che tentava uno spostamento verso occidente.

DE LUCA Athos. Barbie era un torturatore?

DELLE CHIAIE. Non lo so. L'ho conosciuto come Altmann, non faceva parte della struttura, era affranto perché gli era morto un figlio e la moglie aveva un cancro. Comunque a me pare di sentire un'altra storia. Cosa è successo prima non lo so, ma io leggo un'altra storia, come spesso accade nella mia storia.

PRESIDENTE. Però uno dei vertici militari del golpe era un narcotrafficante.

DELLE CHIAIE. Io ancora oggi sono convinto che gli americani abbiano consumato la loro vendetta su alcuni uomini che in Bolivia erano i loro maggiori oppositori. Di questo sono assolutamente certo.

PRESIDENTE. Cosa vuol dire?

DELLE CHIAIE. Gli americani prima tentarono di portarlo negli Stati Uniti dove lo abbindolarono e quando si oppose al disegno di trascinare la Bolivia nel contesto nordamericano, cominciò l'attacco a questo signore.

PRESIDENTE. Quindi fu vittima della calunnia internazionale?

DELLE CHIAIE. Fu vittima della campagna politica. Lei, signor Presidente, può anche fare la battuta, ma le ricordo che già Belmonte diceva che quando si vuol distruggere una persona non è necessario ucciderla. Pensi ai mezzi che avevano a disposizione.

PRESIDENTE. Dunque si trattò di una campagna di disinformazione.

DELLE CHIAIE. Se era così, non si capisce perché all'epoca lo volevano come amico.

CO’. All'epoca vi erano due nazioni che avevano riconosciuto la Bolivia: l'Argentina e il Sudafrica.

DELLE CHIAIE. E l'Unione Sovietica? E la Germania dell'Est? E la Polonia?

CO’. A me risultano i due paesi che ho citato.

DELLE CHIAIE. Le risulta male. Anzi, fra i primi paesi vi fu l'Unione Sovietica.

CO’. Sbaglio se interpreto il suo ruolo come consigliere del settimo Dipartimento con il compito di trovare nuovi riconoscimenti a livello internazionale?

DELLE CHIAIE. Si trattava dell'Ufficio propaganda. L'ho già detto nella precedente audizione. Quando, ad esempio, vi furono i massacri dei palestinesi, si montò tutta la propaganda e si studiò come diffondere le notizie, se utilizzare la televisione, i giornali e così via. Si trattava di tutta propaganda interna.

CO’. Lei ha mai conosciuto o ha mai partecipato ad una organizzazione internazionale che si chiamava "World anticommunist league"?

DELLE CHIAIE. Mai. Le dirò di più: che facevano riunioni in Paraguay e io non ho mai partecipato perché pensavo che quello Stato fosse una centrale della Cia. Non c'è il mio nome in nessun elenco di costoro perché non li ho mai praticati.

CO’. E non ha neanche partecipato, negli anni intorno al 1974, ad un'organizzazione chiamata: "Alleancia internacional anticomunista"?

DELLE CHIAIE. Assolutamente no, ho partecipato soltanto alle riunioni del Nuovo ordine europeo, del Noe e di nessun'altra organizzazione.

CO’. Il nome "Lega della libertà", intorno al 1961, la signora Susanna Labenne, le dicono niente?

DELLE CHIAIE. Assolutamente niente.

PRESIDENTE. Le rivolgo io una domanda: quante lingue parla?

DELLE CHIAIE. Parlo lo spagnolo ed il francese. Non riesco a dire una sola parola di inglese.

PRESIDENTE. Non vi sono altre domande da parte dei membri della Commissione, lei, signor Delle Chiaie vuole aggiungere in conclusione qualche cosa?

DELLE CHIAIE. Desidero soltanto illustrare alcuni documenti facenti parte del materiale che lascio alla Commissione.

PRESIDENTE. Lei quindi ha intenzione di lasciare del materiale, ne ha preparato un indice?

DELLE CHIAIE. Certo signor Presidente. (Il signor Delle Chiaie mostra al Presidente l’indice e il materiale che intende consegnare alla Commissione).

PRESIDENTE. Signor Delle Chiaie lei ci consegna quindi una documentazione che ci riserviamo di verificare ed inventariare. Essa è contenuta in tre contenitori, il primo dei quali inizia con un fascicolo di indice e, secondo quanto lei stesso ci dice, il tutto fa riferimento al contenuto della sua audizione.

DELLE CHIAIE. Signor Presidente, non si fida?

PRESIDENTE. Dobbiamo seguire un procedimento di acquisizione formale degli atti.

DE LUCA Athos. Signor Delle Chiaie, è a mia conoscenza che vi è un documento in possesso del Ministero dell'interno dal quale risulta che faceva parte del direttivo dell'AIA.

DELLE CHIAIE. Assolutamente no; non conoscevo nemmeno questo documento. Ripeto che ho solo partecipato a due o tre riunioni del Nuovo ordine europeo di Amadruz e basta. Il resto non so assolutamente cosa sia. Fra l'altro le assicuro che vedevamo questi anticomunisti riuniti in associazioni come elementi lontani, in quanto si ponevano su posizioni liberali, lontane dalle nostre. Scusate se mi permetto, ma se vi è un documento di questo genere, chiamate il suo estensore per sapere come ha saputo quanto ha scritto. Così bisognerebbe fare in relazione a tutti i rapporti che vengono realizzati. Sono compresi, ad esempio, nella documentazione che vi lascio rapporti che dicono cose assurde, ma vi sono le firme, bisognerebbe chiamarne gli estensori e chiedere loro quali sono le basi e le fonti di queste notizie. Nella scorsa audizione mi furono chieste da un membro della Commissione notizie sul rapporto con la Lazzarini e sul contatti telefonici con Gelli. La Lazzarini - come ho detto - disse di aver intercettato nel 1977 una telefonata tra me e Gelli su un numero riservato di quest'ultimo. In aula, come risulta a verbale, la stessa disse successivamente che ciò era avvenuto dal 1977 al 1978 e non era stata lei a compiere l'intercettazione, ma Gelli a riferirle della telefonata. Non sono adesso importanti le contraddizioni. Noi abbiamo contestato tale affermazione, chiesto quale fosse il numero riservato di Gelli ma non riuscimmo ad ottenerlo. Nella sentenza di assoluzione di primo grado vi è un passo nel quale si citava un testimone, non ascoltato in aula, un certo Brocca e si legge: "La cosa è accertata perché anche Brocca la dice". Costui credo fosse il vicedirettore dell'hotel dove alloggiava Gelli. Uscito dal carcere, in sede di processo di appello, ho chiesto al cancelliere della corte di avere il verbale dell'interrogatorio di Brocca per capire, sapere chi fosse costui e avere il numero telefonico di Gelli. Non è stato trovato nulla. Alla fine siamo riusciti a trovare in mezzo alle carte un rapporto del 10 novembre 1987, quindi prima dell'interrogatorio subito dalla Lazzarini in aula. In tale rapporto si citava il numero di Gelli. Questo verbale era del 17 marzo 1981, quindi di sei anni prima e Brocca sosteneva che il telefono era stato messo nella stanza numero 129, occupata da Gelli, dopo il 1978 e pertanto il 1977 era escluso. Brocca venne però interrogato nuovamente il 14 novembre 1987, poiché noi avevamo chiesto di ascoltarlo, come vi dicevo. Nel verbale Brocca sostiene che: "E’ possibile che effettivamente, come dice la Paciglio la linea 493450 fosse intestata all'Excelsior anche da prima, la cosa certa è però che l'utenza venne distaccata ed assegnata in via esclusiva a Gelli" e qui a penna è scritto "Sin dal 1977 quando fu trasferito all'Excelsior".

PRESIDENTE. Queste cose le ha già dette la scorsa seduta.

DELLE CHIAIE. Sì, signor Presidente. Data la stranezza della frase scritta a penna abbiamo chiesto di sentire Brocca. Il mio avvocato ha telefonato pertanto a Brocca il quale gli ha detto di non aver mai affermato: "Sin dal 1977" e quindi abbiamo chiesto informazioni alla Sip che ci ha risposto che questo numero era stato dato all'hotel - così come Brocca aveva detto sin dal lontano 1981 - dal 1978 (epoca quindi successiva al 1977) e poi era stato assegnato successivamente alla stanza numero 129. Quindi nel 1977 non potevo chiamare al telefono riservato di Gelli e nella sentenza di appello, infatti, viene definitivamente chiarito questo particolare. Volevo far notare all'onorevole che mi aveva posto la domanda nella scorsa seduta la stranezza dei passaggi: un verbale corretto, una testimone che prima parla del 1977 e poi sposta la data al 1978 o 1979, un'informativa che chiariva la non veridicità di quanto affermato dalla Lazzarini che non trova posto nel processo se non quando riusciamo a trovarla noi. Avevo promesso il fascicolo all'onorevole e pertanto lo aggiungo alla documentazione già depositata.

PRESIDENTE. Ritengo che a questo punto possiamo considerare conclusa l'audizione, non prima però di rivolgere un'osservazione finale al signor Delle Chiaie. Lei, per sua ammissione, è una persona che parla lo spagnolo e un po' di francese, che a un certo momento delle vicende italiane - lei ne ha fornito anche le ragioni politiche - è vittima di una campagna di disinformazione e di calunnie che hanno diverse fonti. A quel punto lascia l'Italia e comincia a muoversi per il mondo, non ricordo più neanche bene quanti stati ha attraversato: Spagna, Bolivia, Cile e tanti altri. In tutto questo suo girovagare per il mondo è sempre attivo politicamente ed in più assume in molti di questi paesi ruoli politici e istituzionali rilevanti: diventa consigliere di capi di Stato, compie affari internazionali, scambi commerciali di uranio e di litio si concludono secondo il suo punto di vista, lei...

DELLE CHIAIE. Ma no!

PRESIDENTE. Lei ce lo ha detto. Ha detto: noi intervenimmo e impedimmo...

DELLE CHIAIE. Io espressi il mio parere.

PRESIDENTE. Che però veniva seguito. Le assicuro che se io, che sono un senatore di questa Repubblica, esprimessi un parere sulla conclusione o meno di un affare internazionale, mi starebbero a sentire con grande difficoltà; forse avrebbero anche un atteggiamento di fastidio.

DELLE CHIAIE. Anche perché qui non si sa chi decide.

PRESIDENTE. Non le sembra che dall'insieme dell'immagine che lei dà di se stesso vi siano almeno alcuni momenti di inverosimiglianza? Lei complessivamente nega qualsiasi rapporto con qualsiasi struttura operativa come i servizi segreti; nega qualsiasi rapporto con una associazione internazionale come la massoneria. Allora, il ruolo che lei finisce per assumere nei vari paesi in cui è stato sembra indubbiamente sproporzionato all'immagine che lei da di se stesso. Non lo trova inverosimile alla fine di questa lunga audizione che abbiamo fatto su sua richiesta? Io non posso non esprimere questa valutazione di una certa inverosimiglianza.

DELLE CHIAIE. Signor Presidente, mancava solo che mi dessero del matto, e poi ho tutto. Questo non aggiunge nulla al resto. Non riesco a capire perché per avere avuto un ruolo, che fra l'altro è verificabile, e che non credo sia così straordinario come lei lo ha descritto, mi deve spiegare perché bisogna avere rapporti con la massoneria internazionale. Il passaggio per rendere credibile un ruolo è se uno ha avuto o meno rapporti con il suo nemico, altrimenti non si è più credibili. Che poi io sia credibile o no, mi scusi Presidente, non è che mi interessi. Non ho tentato di magnificare, e, se ho dato questa impressione, mi scuso perché non era mia intenzione e perché non è nel mio carattere. Ho cercato di riaffermare con forza le mie idee e le azioni corrispondenti.

PRESIDENTE. Lei le sottolinea con una coerenza ed una modestia che sembra sproporzionata rispetto al ruolo che riconosce di aver avuto.

DELLE CHIAIE. Ho tentato di spiegare le azioni e i comportamenti miei, e ho cercato di rispondere alle domande che mi sono state fatte. Il senatore De Luca mi ha rivolto una domanda su un fatto specifico, ed io ho risposto su quel fatto preciso. Non significa che io avessi il potere decisionale; non ho deciso io, non ho detto mai questo, non sono matto. Chi aveva il potere decisionale ci teneva in conto, ci stimava più di quanto non ci abbiano stimato i nostri concittadini italiani che non ci hanno permesso di fare politica in questo paese, fra l'altro. Questo potete considerarlo verosimile o meno, ma una cosa è certa...

PRESIDENTE. Questo fa parte della valutazione che la Commissione dovrà fare.

DELLE CHIAIE. Ecco, esatto. Verosimile o non verosimile è una valutazione che riguarda voi. Ma a chiusura di questa audizione vorrei ribadire che quel che non riesco a sopportare, e che ha distrutto e dilaniato la mia esistenza, è l'accusa di stragismo e di rapporto con i Servizi. Il resto non mi interessa, che voi mi crediate o meno. Io ho già vissuto la mia vita; sono praticamente alla dirittura finale. Vorrei morire...

PRESIDENTE. Non esageriamo, perché lei non è molto più anziano di me, quindi mi consenta di dissentire dalla espressione "dirittura di arrivo".

DELLE CHIAIE. Presidente, sono meno giovane di quanto sembri. Sono del 1936. Vorrei morire, dicevo, senza che la mia vita fosse stravolta da menzogne, senza che sia considerata e giudicata diversamente da come ho agito. Che mi si giudichi negativamente per le mie azioni, ma non per quello che non ho fatto.

PRESIDENTE. Ringrazio il signor Delle Chiaie e dichiaro conclusa questa lunga audizione che ha impegnato due sedute della Commissione.

Convocherò poi un Ufficio di Presidenza prima della chiusura estiva per assumere qualche piccola decisione.

La seduta termina alle ore 23,20.

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