Commissione parlamentare d'inchiesta sul terrorismo in Italia e sulle cause della mancata individuazione dei responsabili delle stragi

41ª SEDUTA

MARTEDI 29 SETTEMBRE 1998

Presidenza del Presidente PELLEGRINO

Indice degli interventi

PRESIDENTE
NEBBIOSO
ROSELLI
SALVI
FRAGALA' (AN), deputato
GUALTIERI (Dem. di Sin.-l'Ulivo), senatore 1 - 2 - 3
MANCA (Forza Italia), senatore
TARADASH (Forza Italia), deputato

La seduta ha inizio alle ore 19,35.

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la seduta.

Invito la senatrice Bonfietti a dare lettura del processo verbale della seduta precedente.

BONFIETTI, segretario, dà lettura del processo verbale della seduta del 22 luglio 1998

PRESIDENTE. Se non vi sono osservazioni, il processo verbale si intende approvato. E’ approvato.

Approfitto dell'occasione per dare il benvenuto alla collega Li Calzi, che vedo per la prima volta ai nostri lavori, con l'augurio di vederla spesso, perché - come lei potrà constatare - questa Commissione non è molto frequentata.

 

COMUNICAZIONI DEL PRESIDENTE

PRESIDENTE. Comunico che il consulente, dottor Libero Mancuso, ha depositato un elaborato contenente una cronologia sui depistaggi relativa al periodo 1969-1975.

 

INCHIESTA SULLE VICENDE CONNESSE AL DISASTRO AEREO DI USTICA: A UDIZIONE DEI DOTTORI SETTEMBRINO NEBBIOSO, VINCENZO ROSELLI E GIOVANNI SALVI, SOSTITUTI PROCURATORI DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE DI ROMA

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito dell'audizione dei dottori Nebbioso, Roselli e Salvi.

Ricordo che nell'ultima seduta abbiamo ascoltato il dottor Salvi, il quale si è soffermato in particolare sulla ricostruzione delle indagini sul relitto e ancor più sull'esame compiuto dall'ufficio della Procura di tutte le perizie radaristiche per spiegarci la prima parte della loro requisitoria. Quindi, in questa seconda parte noi attendiamo di conoscere una sintesi delle ragioni che hanno indotto la Procura, pur nell'impossibilità di accertare l'eziologia del disastro del DC9, a formulare gravi imputazioni nei confronti del vertice dell'Arma aeronautica. Ovviamente, questo profilo molto più dell'altro interessa la nostra Commissione. Mi sembrerebbe difficile, infatti, che una Commissione d'inchiesta parlamentare possa andare più in là dell'autorità giudiziaria in un'indagine di carattere tecnico, come quella sul relitto o quella sui tracciati radaristici. Invece, inserire in una prospettiva d'insieme - anche perché l'oggetto dell'inchiesta di questa Commissione è amplissimo - una valutazione dei comportamenti dell'amministrazione rientra proprio nei compiti della Commissione d'inchiesta. Pertanto, do la parola al dottor Salvi, il quale voleva concludere l'esposizione iniziata la volta scorsa.

SALVI. Signor Presidente, volevo terminare il mio discorso su un punto che può essere interessante per la Commissione in relazione alle questioni tecniche e poi affrontare il tema delle imputazioni relative ai servizi di sicurezza. Sulle altre imputazioni, poi, interverranno i colleghi.

Per ciò che concerne le questioni tecniche, mi premeva sottolineare che la difficoltà maggiore incontrata per l'interpretazione dei dati radaristici, sia dalla commissione Luzzatti (cioè la commissione tecnico-formale costituita dal Ministero dei trasporti per l'individuazione delle cause del disastro) sia successivamente dai diversi collegi peritali, fu costituita da quella che noi abbiamo indicato come l'opposizione "di fatto" del segreto, cioè la non comunicazione di informazioni relative alle interpretazioni dei dati radaristici. Ciò ha rappresentato, quindi, come la commissione Luzzatti ed i periti nel tempo hanno indicato, uno degli ostacoli più gravi. In altri termini, il fatto che per esempio all'interno dei nastri di Marsala fosse possibile ottenere informazioni ulteriori rispetto a quelle che erano state fornite nel 1980 è stato frutto di un lavoro investigativo. Man mano che si arrivava a conoscere qualcosa di più del funzionamento del sistema che era coperto dal segreto di Stato si formulavano delle domande e si ottenevano delle risposte. Naturalmente, per poter formulare delle domande bisogna sapere che vi sono delle cose che possono essere chieste. Tali informazioni essenziali non furono fornite e questa è la ragione per cui nella requisitoria parliamo di una opposizione di fatto del segreto a fianco di una opposizione formale. Con ciò termino la parte relativa alla questione tecnica; mi sembrava importante fornire questo elemento ulteriore di riflessione sul nostro lavoro.

Il lavoro non più tecnico, invece, ha riguardato sia le ipotesi di connessione possibile con la strage di Bologna e quindi l'individuazione di una causale collegabile con quella di Bologna, sia le condotte mantenute verso gli organi di informazione (questi due aspetti sono strettamente intrecciati). Al riguardo è stato compiuto un lavoro molto intenso, quanto meno a partire dal 1990, in stretto collegamento con le Procure della Repubblica di Firenze e di Bologna, soprattutto, e con gli uffici istruzione, per esempio di Venezia, che continuavano in istruzione formale. E’ stato svolto un lavoro molto intenso, come dicevo, per cercare di ricostruire elementi di collegamento a partire da un dato di fatto, cioè che questo collegamento non era meramente ipotetico, cioè non era prospettato solo come ipotesi investigativa, ma risultava almeno da un dato di fatto obiettivo e cioè l'indicazione di Affatigato per tutte e due le stragi, del 2 agosto e del 27 giugno, come persona coinvolta, implicata. Quindi, noi abbiamo lavorato molto a partire da questo primo collegamento oggettivo. Un secondo collegamento oggettivo è l'identità degli esplosivi. Anche questo è un elemento importante e non si tratta di una mera ipotesi investigativa. E’ un dato di fatto che, però, non ha un valore univoco, perché i quantitativi infinitamente bassi di esplosivo rinvenuti sui reperti del DC9, a parte quegli elementi di perplessità di cui parlavo prima, coincidono almeno in parte con quelli di Bologna. Per Bologna probabilmente vi erano delle addizioni, che probabilmente però dipendevano dai meccanismi di innesco e quindi vi è una possibile compatibilità ipotetica. Non è però assolutamente possibile determinare le quantità relative, in considerazione dei nanogrammi individuati nei reperti del DC9. Quindi, a partire da questi due elementi obiettivi sono state fatte delle indagini accurate per verificare se vi fossero prove dirette di un collegamento e, una volta individuate le prove dirette, vedere quale fosse la priorità logica delle due stragi, al di là di quella temporale e cioè se l'una fosse causa e movente dell'altra e quale ne potesse essere la ragione reciproca.

Sono stati individuati molti elementi - e noi ne diamo conto dettagliatamente nella requisitoria -, molti principi di prova e di collegamenti. Nessuno però ha raggiunto la dignità della prova dell'esistenza di un collegamento che andasse al di là di quei due che ho indicato. Vi è un altro collegamento interessante, che è quello di Del Re, che abbiamo sottolineato, quel soggetto coinvolto in un tentativo di colpo di Stato in Libia. Al di là di ciò che egli afferma nelle sue dichiarazioni, egli è risultato in stretto contatto con Roberto Rinani - cioè una delle persone imputate per la strage di Bologna e assolte in secondo grado, se non sbaglio (non ricordo bene, ma comunque è scritto nella requisitoria) - persona a sua volta indicata come in stretto collegamento con Massimiliano Fachini. Del Re non è un estremista di destra, non è coinvolto in movimenti di estrema destra. Sta di fatto che era a queste persone strettamente collegato. Quindi abbiamo individuato un ulteriore elemento di collegamento obiettivo, che però è di per sé ambiguo, in quanto non ci dà nessuna spiegazione - ancora una volta - sulla priorità logica eventuale dei due fatti. Sempre in relazione al golpe di Tobruk abbiamo avuto delle indicazioni di un possibile coinvolgimento libico nella perdita del DC9, questa volta però come frutto dell'abbattimento del DC9 da parte di un pilota libico. Non è stato possibile verificare neanche questa indicazione, anche a causa della mancanza di collaborazione della Libia che non ha mai risposto alla nostra richiesta di collaborazione internazionale.

Un ulteriore elemento di collegamento possibile tra i due episodi è venuto dalle dichiarazioni di Francesco Di Carlo, un esponente di Cosa Nostra di alto rilievo, che ha collaborato. Egli ha affermato che durante la sua detenzione in Inghilterra ha ricevuto informazioni da Hindawi, soggetto coinvolto in vari attentati terroristici, tra cui il terribile attentato fallito nei confronti di un aereo israeliano consumato addirittura consegnando una radio bomba alla propria fidanzata, incinta di lui. Hindawi aveva consegnato alla sua compagna, che ne era inconsapevole, una bomba affinché la portasse sull'aereo ed esplodesse con lei mentre era a bordo. L'attentato non riuscì solo perché fu scoperto nel momento in cui la ragazza saliva sull'aereo. Quindi si tratta di un soggetto veramente impressionante. Hindawi, secondo Di Carlo, gli aveva confidato di essere un agente dei servizi segreti dei paesi arabi, in particolare anche libico, e che il DC9 era stato abbattuto nel corso di una battaglia aerea e che la successiva strage di Bologna era da ricollegarsi a questo episodio. Quindi erano estranei i soggetti che poi erano stati condannati. Interrogato per commissione rogatoria, Hindawi ha assolutamente negato di aver mai fatto confidenze a Di Carlo; ha anche oltraggiato i magistrati che si erano recati ad interrogarlo. Sta di fatto che parlando con gli agenti della polizia britannica che lo avevano interpellato sulla sua disponibilità a rendere l'interrogatorio, e che poi ne hanno fatto relazione, contrariamente a quanto aveva detto all'autorità italiana, ha invece ammesso di essere un agente dei servizi segreti di paesi arabi e in particolare di essere stato addestrato in Libia. Però anche questo elemento non ha potuto avere alcuno sviluppo. Va tenuto presente che Di Carlo - non entro nei particolari, ma cerco di farvi comprendere la difficoltà di tutti questi accertamenti - ha anche errato nel fare un riferimento a Sebastiano Mafara come soggetto che si trovava a bordo dell'aereo, mentre invece il Mafara si trovava a bordo dell'aereo che è precipitato nel 1979 a Palermo e non ad Ustica.

Il complesso delle investigazioni molto approfondite non è andato oltre un quadro di compatibilità in cui è possibile sia l'ipotesi del collegamento (Bologna commesso per coprire Ustica, Ustica episodio di battaglia aerea) sia l'interpretazione opposta: Ustica messaggio non avvertito, quindi attentato terroristico, e Bologna messaggio finalmente compreso. Questo ci ha portato ad esaminare il problema dei rapporti italo-libici, che abbiamo esaminato nei limiti di nostra competenza, quelli di verificare se vi fosse una ragione di un intervento libico nel giugno-agosto 1980. Abbiamo individuato una fortissima situazione di tensione, episodi di contrasto-appoggio, a seconda dei momenti, tra il nostro servizio di sicurezza militare e gli apparati libici, la consumazione di attentati in Italia, il crescere di una situazione di tensione che va a maturare a fine giugno e che proprio il 2 agosto ha un momento di sanzione importante, appunto la firma del trattato Italia-Malta, con un elemento anche suggestivo, che è quello dell'ora della firma che coincide con quella dell'esplosione della bomba di Bologna. Anche in questo caso vi è un quadro di compatibilità, che però rimane abbastanza aperto, circa l'effettiva riconducibilità all'attentato di Bologna e al collegamento effettivo con l'episodio del 27 giugno.

Avviandomi rapidamente alla conclusione per lasciare la parola ai colleghi, vorrei spiegare perché dicevo che il collegamento Bologna-Ustica ci porta subito alla questione dei servizi di informazione. Ciò accade perché in realtà noi non sappiamo se vi è un collegamento obiettivo al di là dei due che ho indicato. Certamente un collegamento viene costruito dal centro SISMI di Firenze, dal colonnello Mannucci Benincasa, utilizzando Ustica nel contesto di un'operazione di gravissima interferenza con le indagini di Bologna. Abbiamo ricostruito questo episodio anche ricollegandoci alle indagini che sono state fatte a Bologna sul complesso di queste condotte e abbiamo individuato quello che ritengo un elemento molto significativo per una valutazione sul modo in cui questi apparati hanno operato nel 1980 e negli anni seguenti. Abbiamo individuato modalità assolutamente scorrette, al di là di qualunque valutazione di carattere penale, consistenti nel fornire indicazioni molto spesso false attraverso lettere anonime, attraverso telefonate anonime, attraverso la formazione di false informative, attraverso il fatto di aver fornito ai giornalisti delle informazioni false che poi venivano utilizzate per essere riciclate all'interno del servizio come informazioni che venivano avvalorate e nuovamente ripresentate. Circostanze queste che, al di là dell'elemento soggettivo, sono acclarate anche per essere state in buona parte ammesse dalle persone che le hanno poste in essere. Si è trattato di un'attività che non ha riguardato solo Bologna e Ustica. Nello stesso periodo vengono poste in essere per l'omicidio di Pecorelli con le stesse modalità, cioè telefonate anonime fatte agli organi inquirenti per indirizzarli in una maniera piuttosto che in un'altra, fornendo falsa documentazione di vario genere e informazioni che portano gli inquirenti su determinate piste, non ha importanza se giuste o sbagliate, ma su delle piste che vengono fornite in questa maniera assolutamente scorretta. Mentre c'è un'intensa attività di carattere informale, tutto ciò che noi abbiamo di formale dagli archivi del servizio di informazione è poco di più di una rassegna stampa. In questo caso il SISMI, ma soprattutto il SISDE, ha poco più che una rassegna stampa. Abbiamo anche quantificato il numero dei ritagli stampa presenti negli archivi del SISDE sulla vicenda di Ustica e quindi possiamo verificare che per esempio in un arco di tempo di molti anni, durante i quali si verificano tutte le più importanti controversie anche pubbliche sulla vicenda di Ustica, il SISDE ha nel suo archivio esclusivamente ritagli di stampa o poco di più. Così abbiamo il dubbio, anche se naturalmente non lo possiamo provare, che in realtà vi sia un'attività non documentata in alcuna maniera.

Mentre per il SISDE non è stato possibile provarlo, credo che questo sia stato documentato e provato per ciò che riguarda il SISMI. Per quest'ultimo siamo riusciti ad arrivare anche al sequestro sia di un archivio occulto, il cosiddetto archivio Cogliandro, sia a ricostruire, attraverso le tracce di protocollo, l'esistenza presso il raggruppamento centro CS di Roma di un ulteriore archivio, diverso da quello Cogliandro, di cui abbiamo parlato. Anche questo in parte è stato versato nell'archivio principale, ma non sappiamo in quali termini, con quale completezza, in quale maniera. Quindi abbiamo potuto verificare che in realtà, parallelamente alla produzione ufficiale di documentazione di attività informativa, aveva luogo un'attività molto ampia di raccolta di informazioni, che addirittura ha seguito una catena di fedeltà - anche questa parallela e diversa da quella istituzionale - che ha continuato, nonostante i mutamenti nei vertici dei servizi, cioè quando per esempio Lugaresi diventa direttore del Servizio la catena di solidarietà lo scavalca e segue il suo corso; quando Martini non è più direttore del Servizio la catena di solidarietà continua e il rapporto dell'ex capocentro Cogliandro continua direttamente con l'ammiraglio Martini che utilizza personalmente (per questo fatto è pendente attualmente un procedimento davanti alla settima sezione del Tribunale di Roma) queste informazioni senza riversarle all'archivio del Servizio. Devo anche dire, perché questo è giusto in quanto non sarebbe altrimenti completa la mia analisi, che abbiamo invece notato un profondo mutamento nell'atteggiamento sia del Servizio di informazioni per la sicurezza militare, che ha collaborato fornendo documentazioni e facendo ricerche nei propri archivi, sia anche da parte degli altri organismi internazionali, che negli ultimi anni hanno sicuramente modificato quell'atteggiamento che indicavo poc'anzi.

Un aspetto particolare della difformità tra il documentato e ciò che si è verificato noi abbiamo ritenuto di individuarlo in ciò che si verifica nel luglio-agosto del 1980. C'è un'intensa attività di raccolta di informazioni che solo in parte viene documentata e che in parte viene individuata nei rapporti tra SIOS e SISMI attraverso appunti informali e ricostruzioni di incontri che si verificano tra rappresentanti del SISMI e del SIOS intorno a possibili ipotesi di collegamento tra il rinvenimento del MIG-23 e il fatto del DC9. Anche in relazione a queste condotte noi abbiamo ritenuto che vi fossero dei reati strumentali, diciamo dei reati di falsa testimonianza, per i quali abbiamo chiesto alcuni rinvii a giudizio.

Quindi, in conclusione, e poi parleranno i colleghi sia del MIG-23 sia della questione relativa alle imputazioni principali, quelle che riguardano l'articolo 289 del codice penale e reati collegati, il quadro complessivo intorno a questo fatto è un quadro di attività informativa condotta in maniera scorretta e con una documentazione solo parziale e di un atteggiamento non cooperativo di alcuni esponenti di queste istituzioni che ha comportato l'elevamento di tali imputazioni. Ripeto, si tratta di condotte che poi a un certo punto hanno avuto termine e che si sono trasformate in una collaborazione fattiva rispetto alla quale non abbiamo da muovere rilievi, ma anzi apprezzamenti.

PRESIDENTE. Ringrazio il dottor Salvi per il completamento della sua esposizione e do la parola al dottor Roselli.

ROSELLI. Non è seriamente contestabile che nell'ambito delle singole imputazioni contestate dalla procura della Repubblica di Roma l'accento logico cada soprattutto sull'imputazione ex articolo 289 del codice penale, l'attentato agli organi costituzionali, sub specie soprattutto del Governo, che, come è noto, è stata contestata a quelli che erano all'epoca i vertici dell'Aeronautica militare, il Capo di Stato Maggiore, il sottocapo, il capo del SIOS, il capo del Terzo Reparto che è quello addetto soprattutto al controllo della sicurezza del volo.

Ciò che preme sottolineare in questa sede, anche per replicare a talune polemiche apparse sulla stampa nell'immediatezza del deposito della requisitoria del pubblico ministero, è che non vi è contraddizione tra il fatto che il nostro ufficio non abbia dato una risposta esaustiva, quantomeno allo stato, in ordine alle cause della perdita del DC9 e la richiesta di rinvio a giudizio in ordine al grave delitto ex articolo 289 del codice penale. E ciò perché, come ampiamente puntualizzato all'inizio della parte terza della requisitoria, ma come già detto nel lontano dicembre 1991, quando questo ufficio esercitò l'azione penale per l'articolo 289 del codice penale, vi è proprio autonomia sia sul piano logico che su quello giuridico tra la configurabilità di siffatto delitto e l'accertamento preciso della causa della perdita dell'aereo. In altri termini, una volta ritenuta la sussistenza di condotte omissive devianti da parte di alcuni esponenti dell'Aeronautica militare, condotte volte a limitare anche in parte l'attività di Governo, il reato persiste lo stesso quale che sia poi la causa - ripeto, allo stato non si è potuta individuare precisamente - della caduta dell'aereo. Sul punto va qui ricordato che la requisitoria ampiamente si diffonde, quindi parlo ovviamente per rapida sintesi. Come noto, sin dalla stessa notte tra il 27 e il 28 giugno 1980, nell'ambito dell'Aeronautica militare tutte le sedi periferiche, ma anche a livello degli uffici dello Stato Maggiore preposte alla raccolta dei dati immediati (parliamo soprattutto della sala operativa che è ovviamente in strettissimo contatto con i vertici dello Stato Maggiore) si determina una situazione di allarme. Si avanza l'ipotesi non solo della collisione ma anche dell'esplosione, anche di carattere esterno. Si ha da più fonti la netta percezione della presenza di traffico militare americano nella zona del sinistro e si avviano immediatamente contatti con organi americani e con alcune basi - si cerca, ad esempio, a Sigonella - ma soprattutto con l'addetto militare dell'ambasciata americana, per poter avere conferma di siffatta presenza. Si parla espressamente di una possibile presenza di una portaerei. Sul punto abbiamo fonti testimoniali e registrazioni delle telefonate, quelle che si è potuto recuperare e, come vedremo in seguito, dati peritali.Questa situazione di allarme e incertezza persiste nei giorni successivi, anche quando le autorità alleate danno poi risposte rassicuranti circa la mancanza di traffico militare e circa la presenza nelle basi di tutti gli aerei, in quanto, come già accennava il collega nella seduta scorsa, l’interpretazione dei dati radar immediatamente acquisiti legittima questo forte dubbio sulla presenza di un secondo aereo. Quindi, questa situazione di ricerca e di grossa perplessità e di allarme continua a persistere: poi, come vedremo tra poco, trae ulteriore linfa dalla di poco successiva vicenda del rinvenimento del MIG libico sulla Sila.

Coevamente a siffatta situazione di allarme, si determinano poi tutta una serie di carenze documentali estremamente gravi che questo ufficio ha lumeggiato ampiamente nelle prime pagine della terza parte della requisitoria, delle quali ampiamente si è detto sulla stessa stampa. Carenze che sono troppo estese, numerose e convergenti per ritenere che, quanto meno in parte, non siano frutto di sciatteria, dimenticanza o trascuratezza, ma di soppressione dolosa. Basti pensare, ad esempio, che presso la sala operativa dello Stato Maggiore dell'Aeronautica, che quella notte era punto nevralgico di raccolta di tutte le informazioni, manca il brogliaccio delle telefonate del sottufficiale di servizio che pure, dalle poche telefonate da altri siti che abbiamo raccolto, risulta che ne abbia avute moltissime quella notte. Inoltre, il registro dell'ufficiale di servizio - la persona immediatamente sovraordinata, che è quella che poi è a diretto contatto con i maggiori esponenti dell'Aeronautica - appare chiaramente redatto in un successivo contesto. Tracce d'alterazione di registri le abbiamo alla base di Marsala e anche - se non sbaglio - a Poggio Renatico: vi sono proprio dei fogli strappati in corrispondenza di fogli attinenti alle registrazioni di quella notte. Per non parlare dei nastri delle telefonate, alcuni dei quali - non si tratta ovviamente d'intercettazioni e questo è un equivoco sorto spesso; si tratta in realtà delle registrazioni normali che sono effettuate dalle telefonate tra le varie basi dell'Aeronautica e anche quella di Ciampino, che era ancora sotto il controllo dell'Aeronautica militare, oppure tra le basi e gli aerei - sono stati recuperati, ma non nella loro integralità. L'esempio più eclatante è Ciampino, che aveva ben otto piste. Ebbene, di queste otto piste sono stati poi consegnati all'autorità giudiziaria solo tre nastri, benché vi sia prova che gli altri furono quantomeno letti dalla Commissione nominata dal Ministro dei trasporti Luzzatti. Questi altri cinque nastri mancanti, che sono importanti perché concernono soprattutto i rapporti tra Ciampino e le varie basi dell'Aeronautica militare, non sono mai stati consegnati all'autorità giudiziaria. Da un frammento non del nastro, ma del testo della trascrizione di una conversazione acquisita dalla commissione Luzzatti che attiene alle telefonate tra Ciampino e Siracusa, si evince che dovevano essere conversazioni interessanti, perché si parla - ad esempio - di traffico militare avvenuto circa mezz'ora dopo il sinistro. Mancano le telefonate di Licola, che pure quella notte - per quel poco di telefonate che abbiamo da altri siti - ebbe un ruolo molto importante nella vicenda; erano telefonate che, a parte i decreti di sequestro della magistratura, dovevano comunque essere conservate perché attenevano al traffico, ad un incidente aereo (anche in base alla normativa interna avrebbero dovuto essere conservate). Dico questo solo per ricordare i casi più eclatanti.

Termino parlando dei nastri di Poggio Ballone, che è un sito estremamente importante perché segue il traffico del DC9 poche decine di minuti prima del sinistro; se non ricordo male, il suo raggio d'azione arriva circa a Ponza. Ebbene, sulla base delle posizioni testimoniali acquisite, risulta che i nastri di Poggio Ballone furono poi inviati all'autorità giudiziaria (al centro di raccolta). Tuttavia, ad un certo punto detti nastri si perdono per strada e non vengono più ritrovati (questo è oggetto di specifici capi d'imputazione, anche se in parte prescritti).

Lo Stato Maggiore - riprendo il discorso di prima - si attiva e fa anche un'inchiesta formale interna, della quale non è rimasta traccia, e sente i controllori di volo. Tuttavia, a fronte di questo suo intenso attivismo, nulla emerge sul piano ufficiale. In altri termini, non dico all'autorità giudiziaria ma a quella governativa, che ne faceva espressamente richiesta, di tutta questa situazione d'allarme e di perplessità, di questa intensa inchiesta interna effettuata, nulla viene assolutamente segnalato.In particolare, non viene segnalato il fatto che questa sollecitazione alle autorità alleate in ordine alla presenza o meno di aerei, di traffico militare americano, sia venuta dall'interno stesso dell'Aeronautica, che ha sollecitato le autorità americane, e non si sia trattato di risposte di routine date di proprio impulso dalle autorità straniere. Nulla di questo è stato comunicato. I più importanti esponenti politici sentiti al riguardo - l'allora ministro Lelio Lagorio e l'allora Presidente del Consiglio Cossiga - hanno espressamente detto, e più volte in sede di deposizioni testimoniali, che, se il Governo fosse stato reso edotto di questo stato di fatto, cioè di questa situazione di allarme determinatasi quella notte, nei giorni e nelle prime settimane successive all'interno dell'Aeronautica, diversa sarebbe stata ovviamente la reazione. Si sarebbero attivati dei canali diplomatici e non vi sarebbe stato, invece, quell'allinearsi sull'ipotesi - inizialmente ritenuta più credibile - del cedimento strutturale che determina una sostanziale situazione di inerzia da parte del Governo.

Orbene, che cosa in realtà da parte di taluni esponenti dell'Aeronautica militare si intendeva coprire? Sul punto, il nostro ufficio è stato piuttosto chiaro nelle parti finali di questa parte della requisitoria relativa all'articolo 289 del codice penale (pagine 555 e seguenti della requisitoria). Riteniamo, in primo luogo, che siano stati acquisiti elementi sufficientemente validi per giustificare un'adeguata istruttoria dibattimentale, per ritenere che vi fosse quella notte una situazione che non possiamo definire di guerra nascosta o di guerra informale, ma certamente di movimenti militari non riconducibili a delle mere esercitazioni non segnalate (prassi che era piuttosto diffusa, soprattutto da parte degli americani); un qualcosa di più inquietante che si poteva benissimo collocare in quel contesto internazionale piuttosto agitato e tormentato, del quale ha già parlato il collega Salvi. Nell'ambito di circa tre ore, prima, durante e dopo l'incidente - per questo argomento rimando alla requisitoria - emerge la presenza di traffico militare non segnalato, ma sia ben chiaro: non necessariamente americano. Faccio un esempio per tutti, che da questo punto di vista è il più significativo e fa ritenere che bisogna andare - a giudizio dell'ufficio - al dibattimento per poter fare finalmente chiarezza e vedere soprattutto se certe rogatorie internazionali, che fino adesso - malgrado l'intervento del Governo - non hanno avuto esito, possano da un rinvio a giudizio avere un rinnovato impulso: il nostro ufficio ritiene ormai probatoriamente acquisito il fatto che quella notte nel Mediterraneo operasse una portaerei. Esiste una pluralità di fonti: dalle telefonate alle deposizioni testimoniali, dai dati radaristici fino al sia pur tardivo, ma utilissimo, intervento della NATO; quest'ultima, grazie anche alle sollecitazioni a livello internazionale intervenute da parte della Presidenza del Consiglio, ha collaborato nel corso di tutto il 1997, concludendo con il suo pool di esperti che c'era la presenza di un traffico volatile indicativo della probabilissima presenza di una portaerei nel Mediterraneo.

Tutte le fonti ufficiali non solo italiane, ma soprattutto internazionali, allertate sul punto, avevano sempre negato l'esistenza di un portaerei. Sulla Saratoga il nostro ufficio, ma soprattutto quello del giudice istruttore, ha svolto un'intensa attività ed ha appurato che la Saratoga non poteva certamente essere, perché era in rada a Napoli. Sappiamo che erano operative altre portaerei; per quanto riguarda quelle francesi, come per esempio la Clemenceau, c'è sempre stato categoricamente detto che erano nei rispettivi porti francesi. A questo punto è chiaro che questa totale negazione contro queste evidenze probatorie circa una presenza di portaerei nel Mediterraneo lascia aperto un grande interrogativo in merito all'esistenza di un qualcosa di militare, che non può ricondursi ad una mera esercitazione, a rivelare la quale - sia pure non segnalata - non vi sarebbe stato alcun ostacolo; e ciò vale anche per quelle presenze di altri aerei militari. Tuttavia, questa esistenza è stata sempre negata. In secondo luogo, anche a voler ritenere astrattamente che non sia assolutamente probabile, ma costituisca mero sospetto, la presenza di operazioni militari occulte, il reato è ugualmente configurabile, in quanto - per quanto detto in precedenza - il solo fatto che nell'ambito dell'Aeronautica si fosse radicato il sospetto che c'era qualcosa di irregolare, e che questa convinzione sia stata occultata al Governo, implica il reato. Basti pensare, per fare un esempio unico tra tutti, quale sarebbe potuto essere l'atteggiamento del Governo per ciò che attiene la famosa questione dell'Itavia, se subito fosse stata rivelata questa situazione di allarme - che certamente non avrebbe consentito di parlare di cedimento strutturale, ma che avrebbe ricondotto certamente la causa del sinistro ad ipotesi più gravi - ben diverso sarebbe stato l'atteggiamento del Governo in ordine ad un fatto che aveva rilevanza nazionale, quale il fallimento o la messa in liquidazione dell'Itavia.

Per ciò che concerne le altre imputazioni, che sono essenzialmente falsa testimonianza, falso per soppressione e favoreggiamento personale, esse sono in gran parte, tranne alcune, maturate in epoche più recenti, prescritte oppure, parlo per falsa testimonianza, estinte per quella speciale causa di non punibilità rappresentata dalla ritrattazione. Su queste vorrei mettere in luce un unico dato che è...

PRESIDENTE. Dottor Roselli cronologicamente si situano molto dopo?

ROSELLI. Sì, in gran parte maturano tra il 1986 fino a dopo il 1990.

PRESIDENTE. Sono quindi una conseguenza del reato "padre"?

ROSELLI. Sostanzialmente direi di sì.

Dicevo quindi di un unico dato che è comune e che in qualche modo si ricollega al reato di cui all'articolo 289 del codice penale. Tutti i protagonisti di questa vicenda, a diverso titolo e diverso livello di responsabilità, dagli avieri e sottufficiali di Licola e Marsala fino a salire al gradi maggiori, richiesti di notizie o di informazioni su questa vicenda, si caratterizzano innanzi tutto per una sostanziale negazione di sapere alcunché della vicenda. In taluni casi, si arriva a negare di essere stati presenti quella notte al posto di lavoro. Quando poi l'autorità giudiziaria man mano, faticosamente, contesta (in base, ad esempio, alle telefonate finalmente trascritte) che quanto da loro affermato non era vero, fanno faticosamente un'ammissione, ma solo nei limiti di ciò che emerge da quanto gli è stato contestato. L'autorità giudiziaria continua nella sua ricerca, acquisisce nuovi elementi, nuove contestazioni e nuovi interrogatori e anche qui faticosamente, ma non sempre, si ammette, ma solo ciò che viene contestato. C'è un sostanziale atteggiamento di chiusura che non può giustificarsi sempre o soltanto con un vuoto di memoria. Ci sono addirittura casi in cui questo atteggiamento persiste contro ogni evidenza: il capo controllore di Ciampino il quale, pur a fronte delle telefonate che evidenziano chiaramente che egli sta tentando disperatamente di mettersi in contatto con l'Ambasciata americana, nega. Una circostanza che non dovrebbe dire nulla, ma è gravemente sintomatica di quel terrore, di quella paura di ammettere circostanze che di per se stesse non sarebbero state neanche indizianti.

Ultimo riferimento, e mi avvio alla conclusione, è quello relativo alla singolare vicenda del MIG libico, oggetto di un piccolo processo nel processo nella nostra requisitoria, che inizia a pagina 507. Ciò che preme sottolineare in questa sede non è tanto, anche se ha la sua importanza, l'individuazione della data precisa della caduta del MIG, che noi sappiamo formalmente essere stato rinvenuto ufficialmente tre settimane dopo la caduta del DC9 (anche se, come il nostro ufficio chiarisce bene nella requisitoria, pur non essendovi prove allo stato in qualche modo indicative di una caduta contestuale a quella del DC9, vi sono numerosi elementi che rendono plausibile, anche se non con la certezza della prova, che il MIG sia caduto qualche giorno prima, probabilmente intorno al 14 luglio. Si tratta di un elemento certamente meritevole di un approfondimento in sede dibattimentale). Ciò che rileva, ai fini dell'imputazione ex articolo 289 codice penale, è che certamente sia esponenti dell'Aeronautica militare sia, per ricondurci a quanto diceva il collega Salvi, esponenti del SISMI, vennero in possesso di tutta una serie di conoscenze e di dati relativi alla caduta del MIG libico e a possibili collegamenti con la caduta del DC9. Di questo patrimonio di conoscenze non è stata assolutamente edotta l'autorità governativa. Esempio, un verbale informale (acquisito tramite appunti sequestrati a taluni degli imputati) di una riunione svoltasi appena il 21 luglio 1980, soltanto tre giorni dopo il rinvenimento del MIG libico presso il Capo di Stato Maggiore della difesa, dimostra come si facessero chiari commenti e chiare indicazioni su collegamenti tra le due cadute e di cui non viene assolutamente comunicato nulla al Governo. Per non parlare del fatto che il giorno dopo il rinvenimento del MIG libico, il 19 luglio, l'allora capo di gabinetto del Ministro della difesa prende appunti circa la circostanza del rinvenimento di un presunto testamento addosso al pilota, di cui non c'è traccia negli atti ufficiali, fatto che poi trova conferma anche in un’ulteriore testimonianza. Elemento certamente da verificare, ma che in se stesso è chiaramente sconvolgente. Di tutto ciò non viene data alcuna notizia. Per non parlare di strettissimi collegamenti che si verificano sin dai primi giorni successivi al rinvenimento del MIG tra il SIOS e il SISMI (si parla ad esempio del progetto Tascio-Notarnicola, in ordine al quale nessuno degli interessati ascoltati in sede di interrogatorio ha saputo dire nulla) ma che comunque anche solo a livello di ipotesi non vengono mai portati a conoscenza dell'attività governativa. Al massimo, come dicevo, rimangono a livello di capo di gabinetto, allora un alto ufficiale dell'Aeronautica militare. Ripeto, quale che sia la data precisa della caduta del MIG libico, è comunque certo che l'Aeronautica da un lato e il SISMI dall'altro, avevano un patrimonio di conoscenze che non fu assolutamente esteso al Governo, che pure sarebbe stato tale, se comunicato allo stesso Governo, di consentire un diverso indirizzo all'attività governativa Da ciò la paralisi. Ove il Governo fosse stato reso edotto di quello che si andava agitando, anche solo ipotizzando, in ordine alla vicenda del MIG libico non c'è dubbio che l'impostazione data all'attività della commissione italo-libica, sarebbe stata diversa e il risultato di tale commissione non sarebbe stato così tranquillizzante; così come il "taglio" dato alla stessa commissione mista, almeno da parte italiana, sarebbe stato diverso.

Sempre sulla questione attinente alla data della caduta del MIG: sulla base di che cosa si arriva fortemente a dubitare della versione ufficiale? Non solo su un dato peritale (la perizia fatta che ha detto che la traiettoria del volo così come riferita del MIG libico non coinciderebbe con gli elementi acquisisti in sede peritale e anche con deposizioni testimoniali) ma anche su dati più inquietanti emersi molto tardi - perché l'istruttoria ha carattere molto faticoso, ed è durata molti anni incontrando difficoltà enormi, è andata vanti proprio grazie all'enorme tenacia, in particolare del giudice istruttore - dai quali emerge che uno dei testi americani, il responsabile della CIA di Roma, Claridge, sentito per ben due volte (ma la prima solo nel 1994, perché inizialmente non si era potuto reperire) dichiara che parla con il Generale Tascio della caduta del MIG libico alcuni giorni prima che l'evento sia reso pubblico dai giornali. E sappiamo che la notizia dell'evento sui giornali è immediata, la notizia viene data poche ore dopo la caduta e il rinvenimento "ufficiali" del MIG libico. Questa deposizione trova un singolare riscontro esterno, per usare un termine di procedura penale, in appunti (poi sequestrati, anche questi, solo nel 1996) nell'agenda del generale Tascio che parlano di rapporti con Claridge relativi alla caduta di un MIG 21. Il fatto che sia un MIG 21 o 23 non ha molto rilievo, perché emerge da varie fonti di prova che dopo il 18 e ancora fino al 19 c'era incertezza sulla precisa natura del MIG libico caduto. A fronte di queste contestazioni, l'atteggiamento del generale Tascio in sede di interrogatorio è illuminante: prima, negazione assoluta di aver avuto mai qualsiasi rapporto con la CIA su questa vicenda; poi, a contestazione delle dichiarazioni di Claridge, accuse di falsità nei confronti del Claridge; poi, a contestazione dell'emergere dei dati della sua agenda, "non ricordo" fino ad ipotizzare, infine, in un ultimo interrogatorio, che forse tramite il responsabile militare di Bianchino gli era stato detto qualche giorno prima di una diserzione di un pilota di MIG libico.

Ritengo con questo, sia pure in rapida sintesi, di aver completato l'esposizione del collega Salvi. Siamo a disposizione della Commissione per tutte le domande che vorrete porci.

PRESIDENTE. La ringrazio, dottor Roselli, per la sua esposizione che fa emergere l'aspetto della vicenda che probabilmente più da vicino riguarda la competenza di questa Commissione, insieme a ciò che il dottor Salvi ha dichiarato nel completamento della sua requisitoria. Ho già diverse richieste di intervento, ma vorrei, con il permesso dei colleghi, come sempre, porre io inizialmente un quesito ai nostri ospiti. Leggendo la requisitoria, penso di aver percepito l'autonomia della contestazione del reato di attentato agli organi costituzionali rispetto all'indagine sulle cause del disastro. In fondo, per l'attentato e l'ipotesi di reato che viene formulata non è tanto importante ciò che è accaduto, quanto ciò che l'Aeronautica ha supposto che potesse essere accaduto. C'è però un dato, anche se in una vicenda come questa tutte le ipotesi sono possibili: direi che è fuori dalle ipotesi probabili, sulla base di quello che è stato accertato, una responsabilità diretta dell'Aeronautica italiana nel prodursi dell'evento. Vorrei avere in merito una prima risposta: è così? E’ difficile infatti pensare che il DC9 sia stato abbattuto da un aereo italiano; vedo un cenno di assenso del dottor Salvi. Malgrado questo, emerge un insieme di condotte omissive e devianti che attengono al segreto che circonda questa situazione di allarme e di incertezza che immediatamente si accende nei vertici dell'Aeronautica subito dopo la notizia del disastro e a cui si collega nei giorni successivi, anche dopo risposte tranquillizzanti ricevute dall'ambasciata americana, quella massa di carenze documentali, come avete detto, così vasta da sembrare almeno in parte procurata. Nel corso successivo del tempo abbiamo poi, direi a cascata, i reati di falsa testimonianza e di favoreggiamento.

A questo punto però una domanda a me viene spontanea: perché? Per quale ragione, visto che il reato, la condotta illecita consiste nel non aver informato il Governo? Perché l'Aeronautica tace tutto questo al Governo, perché non vengono date informazioni? Teniamo presente che questa situazione di allarme e di incertezza non riesce a restare segreta, viene percepita all'esterno abbastanza presto. A parte la telefonata al giornalista Purgatori, noi abbiamo sentito qui in Commissione Martini e Cogliandro e abbiamo avuto la netta impressione, da messaggi espliciti e da messaggi subliminali che ci sono stati mandati, che la valutazione del servizio era che ci fosse stato l'incidente aeronautico. Quindi l'Aeronautica doveva anche fidare sulla discrezione (richiesta illecita) del servizio militare, che avrà percepito questa situazione di allarme; però nemmeno Martini, nemmeno i vertici del servizio debbono aver informato l'autorità di Governo. In altre parole, la mia domanda è: perché in questo caso credete agli uomini di Governo, perché credete ai politici? Nel panorama giudiziale italiano normalmente c'è un certo sfavore rispetto alle dichiarazioni del Governo. Vorrei aggiungere che faccio questa osservazione anche con riferimento alla vicenda del MIG libico. Tutte le cose che avete detto confermano valutazioni preliminari non formulate con il vostro approfondimento, ma che questa Commissione sotto la Presidenza del senatore Gualtieri aveva già fatto sul comportamento dell'Aeronautica; non formulò ipotesi di reato, ma la percezione di una serie di comportamenti, diciamo, non approvabili dell'Aeronautica nelle relazioni Gualtieri emerge con grande chiarezza. Sotto la mia Presidenza invece questa Commissione ha svolto una serie di audizioni e di atti di indagine con riferimento al MIG libico. E qui formulo una conclusione personale (perché su questo la Commissione non ha mai concluso): la mia netta impressione fu quella di un teatrino, cioè che tutta la ricostruzione che emergeva dalle carte della vicenda del MIG libico fosse chiaramente una vicenda costruita a posteriori. Se uno legge i verbali di accertamento di questo incidente che pure riguardava un aereo straniero, sembra una specie di happening, a chi più entra ed esce dalla forra; c'è perfino uno - vado un po' a memoria - che dice: arrivai per primo e vidi un militare che risaliva la "forra" portando in mano un pezzo dell'aereo, il che ci dava la certezza che per lo meno era arrivato secondo. Ma io ebbi la netta sensazione che lì tutto sommato la vicenda poi si fosse chiusa con un agreement, nel senso che la conclusione a cui giunse la Commissione speciale italo-libica era una specie di sistemazione amichevole di una situazione che evidentemente era stata di contrasto. Perché se è probabile che l'aereo era caduto qualche giorno prima, chiaramente i libici ce ne avranno chiesto informazione e notizia, noi per alcuni giorni avremo negato che l'aereo era caduto e poi, quando invece abbiamo detto "è caduto oggi", loro invece sapevano che era caduto qualche giorno prima perché qualche giorno prima lo avevano perduto. Il segno classico della conclusione di questo accordo è il verbale di restituzione dell'aereo; perché c'è un verbale di restituzione dell'aereo che però sta a Pratica di Mare. Se uno legge il verbale, vede che sono state restituite due chiavi inglesi, qualche pezzo di aereo, eccetera, ma il grosso dell'aereo e il cadavere del pilota no. Anche tutto questo sicuramente è stato percepito. Allora io dico: è pensabile che al Governo non sia stato riferito mai niente, e se sì perché? Teniamo presente che l'inconfessabilità dello scenario avrebbe potuto comunque consentire da parte del Governo l'opposizione del segreto di Stato. Il Governo avrebbe potuto dire: è probabile - oppure è sicuro - che c'è stato un incidente aereo; quale era la situazione generale però non lo possiamo dire, è segreto. E allora mi domando - e faccio questa domanda perché ciò ci lega molto ad un rapporto fra autorità politica, strutture militari e strutture di sicurezza che riguarda tanti altri eventi oggetto dell'inchiesta della Commissione -: è un'attività di volontaria abdicazione del potere politico che, se mai sa, finge di non sapere e lascia fare, o è invece un volontario bypass dell'autorità politica da parte degli apparati, o perché non si fidano o perché ci sono vincoli di carattere gerarchico sovraordinati che gli impongono o gli consigliano di non riferire all'autorità di Governo? Per esempio, possono esserci alla base di questa mancata informativa del Governo clausole specifiche di trattati che noi non conosciamo, per cui l'Aeronautica riteneva di dover non riferire al Governo e di dover invece prendere contatto con l'attaché dell'ambasciata americana? Questo mi colpisce, che si telefoni all'attaché dell'ambasciata americana, e non si faccia una telefonata al Ministro o al Sottosegretario per dire: non sappiamo bene cosa sia successo però vi sono tracce, indizi che qualcosa sta avvenendo. Vorrei una risposta su questo perché riguarda non solo Ustica ma anche una valutazione di carattere generale che dobbiamo compiere anche per altre vicende oggetto della nostra indagine.

SALVI. Signor Presidente, anzitutto bisogna distinguere i dati di fatto dalle interpretazioni.

PRESIDENTE. Scusi se la interrompo. La mia domanda, in termini giuridici, riguarda il movente: quale è il movente dell'attentato?

SALVI. Infatti, lì stavo arrivando: il movente in sé è un elemento in più che noi possiamo portare per la prova del reato, ma non è un elemento necessario della prova del reato. In questo caso però si può dire - ed è questo quello che noi abbiamo sostenuto - che certamente un principio di elemento soggettivo deve essere individuato non sotto il profilo del movente ma della condotta stessa, cioè come elemento costitutivo della condotta della fattispecie di attentato. Quindi, ci siamo anche posti questo problema. Allora, ripeto, mi rendo conto della complessità della domanda e della sua importanza per la Commissione, però è anche bene rendersi conto dei limiti e delle difficoltà che abbiamo a rispondere adesso delle implicazioni processuali. Però non voglio nascondermi dietro un dito. Posso dire questo: quello che è accertato, a nostro parere naturalmente, salva la verifica dibattimentale, è che si sono verificate queste condotte, cioè che vi è stata la convinzione che fosse successo qualcosa e che il canale scelto per l'informazione è quello indicato dal presidente Pellegrino. Certo, qualcuno ha detto, ma non tra gli imputati: non è neppure immaginabile che in un sistema come quello italiano il militare non abbia immediatamente informato il referente politico. Per quale ragione voi credete che i politici abbiano detto la verità dicendo di non saperlo? Ma per una ragione molto semplice: noi abbiamo ripudiato nel nostro lavoro qualunque ipotesi (ma non solo per questo, per qualunque parte del nostro lavoro) dell'atteggiamento investigativo del "non poteva non sapere che". Pertanto, noi non abbiamo ritenuto che fosse lecito sostenere che vi fosse qualcuno che "non poteva non sapere che". Se i politici sono stati informati, ebbene chi doveva dire all'autorità giudiziaria come, quando e in quali termini aveva informato l'autorità politica erano coloro che disponevano di queste informazioni: ora costoro hanno detto di non avere informato l'autorità politica perché nulla era successo. Quindi, di fronte a questa negazione, si ferma l'accertamento giudiziario, sempre che non si trovino per altra via prove che consentano di superare questa negazione doppia, sia di coloro che avrebbero avuto l'informazione, sia di coloro che avrebbero dovuto darla.

Vorrei però fare un passo ulteriore, ed è il passo che mi crea qualche difficoltà ma ritengo sia giusto che la Commissione valuti il nostro percorso mentale interiore: noi abbiamo immaginato una situazione di fatto, abbiamo cercato di calarci in quella che poteva essere la situazione del 27 giugno 1980, anche vista in un'ottica non accusatoria. Noi sappiamo che l'Aeronautica militare non era coinvolta in un eventuale episodio che avesse determinato la perdita del DC9. Allora abbiamo cercato di capire cosa può essere successo: può essere successo che quella sera si sia raggiunta l'ipotesi, ritenuta ragionevole, che si fosse verificato un episodio coinvolgente potenze straniere, probabilmente statunitensi. Si è ritenuto però che tali elementi fossero in contrasto con altri, in particolare con il fatto che non vi fosse nel terzo ROC una situazione di allarme determinata dalla visione diretta di un episodio di questo genere; che anche questo non risultasse direttamente dal radar di Marsala e che quindi si sia deciso di prendere tempo per evitare di innescare, nella situazione particolare della fine di giugno 1980, una speculazione di carattere politico. Si deve tenere presente che il giugno 1980 è significativo per molti aspetti: vi è una forte agitazione dei controllori di volo che vogliono diventare civili e che utilizzano la possibilità di incidenti in volo per supportare la loro richiesta di diventare civili; vi è una situazione politica internazionale che si è molto modificata e che è diventata molto più grave di una forte tensione; vi è la preoccupazione, che nei mesi successivi diventerà ancora più forte, che l'opposizione possa utilizzare questi elementi per innescare una politica nei confronti dell'autorità militare. Io quindi penso, cercando di mettermi nella testa di chi poteva trovarsi in quei giorni nelle posizioni di comando, che si sia deciso di non informare l'autorità politica in attesa della raccolta di informazioni che consentissero di compiere una scelta più decisa. Si vuole sapere perché non siano state mai portate all'autorità politica le informazioni che pure erano state raccolte, così determinando nel tempo quella necessità di accumulare informazioni scorrette, che poi portano nel dicembre 1980 a modificare la data del telex del 3 luglio 1980, e ad allegarlo quindi all'informativa inviata dall'autorità giudiziaria all'autorità politica al fine di evitare una ricostruzione di ciò che si era verificato il 27 giugno.

Questa è l'ipotesi più benevola che possiamo fare in relazione a questi comportamenti: noi ci siamo messi nell'ottica non accusatoria, più benevola possibile, per interpretare queste condotte, ma nonostante questo riteniamo che queste condotte integrino l'ipotesi di reato che abbiamo contestato. Però seguendo ancora un percorso mentale, che è diverso quindi dalla prova raggiunta, possiamo anche ritenere che vi siano delle catene di fedeltà diverse da quella istituzionale che abbiano in qualche maniera imposto una scala di priorità nell'informazione. Forse le due ipotesi non sono nemmeno alternative; sono due ipotesi graduali, a formazione progressiva. Di questa doppia fedeltà, noi abbiamo raggiunto prova, a nostro avviso, nel procedimento che riguarda la struttura Gladio, indipendentemente da qualunque assetto di responsabilità penale. Non vi è dubbio che per un lungo periodo di tempo il rapporto diretto, e con un'informazione politica estremamente limitata, è stato tra il servizio di informazione italiano e il referente dominante statunitense, con una catena di fedeltà quindi parallela e diverso rispetto a quell'interna. Però, ripeto, questi sono percorsi che per poter fondare una prova giudiziaria in ordine al movente richiederebbero prove di cui noi non disponiamo.

PRESIDENTE. Prima di dare la parola ai colleghi vorrei fare solo un approfondimento per quanto riguarda l'episodio - non centrale ma comunque di una certa importanza - del MIG 23. Se il MIG è caduto qualche giorno prima, sicuramente c'è stato un accordo con la Libia, perché la Commissione dà per certo che è caduto il 18 luglio. Allora, la controparte dell'accordo può essere solo militare o era necessariamente politica? E se la controparte era politica, può essere che tutto sia stato gestito dalla nostra parte militare senza informare le autorità di Governo?

SALVI. Torniamo ancora al discorso fatto precedentemente, nel senso che noi non abbiamo raggiunto quella prova proprio perché manca qualunque documentazione o testimonianza di rapporti informali che possano fornirci la prova della caduta del MIG in giorni antecedenti. Abbiamo forti elementi per ritenere questo. Nell'ipotesi che fosse vero, indubbiamente dovremmo ritenere che vi è qualcosa di più di un accordo meramente militare. Però di tutto questo non c'è alcuna traccia. Dal punto di vista processuale non siamo assolutamente in grado di dire nulla. Occorre anche tenere conto di una questione importante. La commissione d'inchiesta italo-libica non ha il compito di stabilire le cause della perdita del MIG sotto il profilo dell'accertamento di responsabilità o di quello dell'accertamento della verità fattuale. La commissione d'inchiesta, per quello che ci è stato detto, ha più di un compito. Innanzitutto, si occupa della sicurezza del volo, cioè di valutare se vi sono state cause che possano avere in qualche maniera contribuito alla perdita dell'aereo e che possano avere rilievo in altre circostanze, ma soprattutto è incaricata di definire una possibile modalità del sinistro, accettando quello che le varie parti riferiscono. Quindi, secondo le prospettazioni che sono state fatte e la ragione che ha portato al proscioglimento in istruttoria dei componenti della commissione d'indagine della parte italiana, il compito della commissione era quello di accettare le spiegazioni offerte da parte libica, verificarle con le informazioni da parte italiana e giungere ad una situazione di accertamento delle cause. Di conseguenza, abbiamo ritenuto che il personale della commissione che ha operato questo accertamento non fosse necessariamente a conoscenza dell'ipotesi che l'aereo fosse caduto prima e non abbia fatto delle indagini specifiche a tale proposito.

PRESIDENTE. Se fosse cosi, la commissione avrebbe consacrato un accordo che era stato raggiunto in altra sede.

SALVI. Esattamente. E’ proprio ciò cui volevo arrivare, cioè che la commissione tecnica in questo caso avrebbe consacrato un accordo raggiunto in altra sede, del quale non abbiamo il benché minimo riferimento né dal punto di vista documentale né dal punto di vista testimoniale. Ci si arriva esclusivamente attraverso quegli elementi indiziari.

PRESIDENTE. Sempre parlando in termini ipotetici, ebbi l'impressione, proprio durante l'audizione del generale Ferracuti, che egli cominciasse a sospettare di essere stato il notaio di un accordo raggiunto altrove.

GUALTIERI. Le 700 pagine della requisitoria mi hanno impegnato per tre giorni interi e vorrei che tutti i membri della Commissione avessero fatto altrettanto. Si tratta di una requisitoria molto importante, alla quale rendo omaggio per lo spessore, per il taglio e per la profondità. Tra l'altro, posso capire qual è stata la difficoltà di una ricerca così importante, proprio perché nel corso degli anni, nelle commissioni da me presiedute, ho dovuto operare con grande scarsità di mezzi, senza avere tanto materiale informativo, venuto fuori solo successivamente.

Nel 1980 avvennero due fatti di eccezionale gravità: il 27 giugno cadde un aereo ad Ustica e morirono 81 persone; il 2 agosto, poi, fu fatto saltare in aria un pezzo della stazione di Bologna (ci furono un centinaio di morti e circa quattrocento feriti). Il 18 luglio, intanto, sulla Sila era stato abbattuto un aereo, che era precipitato senza che fosse stato avvistato dal nostro sistema di controllo (ciò quindi lascia l'insicurezza sulla data precisa). Quindi, a 18 anni da questi fatti, dopo inchieste e ricerche di ogni tipo che hanno impegnato tanto, non si è in grado di rispondere a questi interrogativi: chi è stato a fare le tre cose e perché lo si è fatto (poco fa anche il Presidente ha posto domande sul perché). Ma sono senza risposta anche altre domande, circa il "quando" (a proposito del MIG) e il "come" (non sappiamo se la caduta dell'aereo ad Ustica è stata provocata da un missile, da una bomba o altro). Allora, ci troviamo di fronte ad un fallimento totale nell'individuazione della responsabilità di questi tre fatti gravissimi. La lettura congiunta delle requisitorie dei pubblici ministeri, che essi adesso ci hanno consegnato su Ustica, e delle acquisizioni della magistratura di Bologna sulla strage alla stazione (infatti, a mio giudizio vanno lette insieme) ci consente oggi di rispondere a quest'ultimo interrogativo. La verità, cioè, ci è stata negata per il prolungato e sistematico depistaggio portato avanti da settori istituzionali preposti alla tutela e alla sicurezza dello Stato. I pubblici ministeri descrivono una situazione terrorizzante, cioè quella di una nazione, l'Italia, che per molti e molti anni è stata governata da un gruppo di persone che ha compiuto un'attività pericolosa e delittuosa senza che i sistemi di sicurezza, di controllo e di vigilanza se ne rendessero conto e provvedessero a fermare le deviazioni. Questa è la situazione che emerge. Leggendo le requisitorie - e questo è l'elemento più intollerabile - sembra che per almeno quindici anni l'Italia non abbia avuto un Governo e che Presidenti del Consiglio (i quali, fra l'altro sono i responsabili diretti dei servizi di informazione) e Ministri dell'interno, della difesa e della giustizia abbiano governato senza accorgersi di ciò che succedeva nei settori a loro affidati. Tutto sarebbe passato sulla loro testa, senza che se ne accorgessero. A dire il vero i P.M. in parte si pongono questo problema, ma mi permetto di dire che se lo pongono poco.

A pag. 551 della vostra requisitoria vi chiedete se le autorità militari tacquero all'autorità politica il loro patrimonio di conoscenza sui fatti o se invece l'input per tale silenzio non gli venne proprio dall'ambiente politico. Per escludere che ci sia stato un input dell'autorità politica è sufficiente che il Presidente del Consiglio e il Ministro della difesa dell'epoca abbiano escluso di aver avuto a qualsiasi livello, formale o informale, notizia di ciò che accadeva. Mi domando se basta che queste due persone abbiano fatto tale dichiarazione o che altri facciano dichiarazioni dello stesso tipo. Di Ustica il Consiglio dei ministri se ne interessa per la prima volta, sei mesi dopo il fatto e, come evidenzia il verbale, in una parentesi della discussione. Lagorio esclude che un missile delle Forze armate italiane o della NATO abbiamo potuto provocare il disastro. Poi tutto tace, fino al 1986; cioè passano sei anni da quella riunione del Consiglio dei ministri. Di Ustica il Consiglio dei ministri non se ne occupa più, nemmeno per dieci minuti. Poi se ne occupa solo per stanziare, con difficoltà enormi, sotto la pressione delle famiglie delle vittime e della Commissione stragi di allora, i fondi per i recuperi. I P.M. a pag. 560 concludono dicendo: "I poteri costituzionali in materia di controllo sulle Forze armate e in materia di relazioni internazionali furono gravemente compromessi. Gravi e durevoli nel tempo furono anche di conseguenza le condotte delittuose dei vari responsabili delle deviazioni sulle istituzioni del paese e vengono per questo rinviati a giudizio i generali Bartolucci, Ferri, Tascio e Melillo". I politici rimangono assolutamente fuori. Vi prego di leggere con attenzione il capitolo riguardante il periodo delle tensioni fra l'Italia e la Libia, cioè da pag. 433 a pag. 438. La Libia pone un ultimatum all'Italia e chiede che i libici suoi dissidenti, i fuoriusciti residenti in Italia, gli vengano consegnati entro il 10 giugno 1980, altrimenti sarebbero scattate minacciose rappresaglie. Attorno a quella data si apprende che cinque di questi oppositori di Gheddafi vengono uccisi a Roma e in altre parti d'Italia e che altri due sfuggono miracolosamente agli attentati. L'Italia si piega, perché i massimi livelli politici - come scrivono i P.M. - sono pienamente informati degli atteggiamenti ricattatori della Libia e della possibilità di esplorare una composizione cedendo su qualche punto. Il SISMI, informando il Governo italiano, dà al Servizio segreto libico l'elenco dei dissidenti con tre date precise, e questi dissidenti vengono uccisi. Se tutto ciò accade con la piena informazione data dal SISMI ai massimi vertici del Governo, come si può dire che il potere politico non è informato di fatti di questo tipo? Ma lo stato di gravità della situazione con la Libia in quel momento era drammatico, perché le Forze aeree americane si stavano spostando in quei giorni dall'Inghilterra per recarsi negli aeroporti dell'Egitto, dal momento che si preparava il colpo di Stato al quale partecipavano elementi dei nostri Servizi. Quindi il Sismi nel 1979 consegnò al Governo libico un elenco di libici residenti in Italia e che i libici stessi volevano fossero uccisi. Altre liste furono consegnate da Santovito nei mesi di febbraio ed aprile 1980. Due dei libici segnalati dal SISMI ai libici stessi furono uccisi a Roma nei mesi di aprile e giugno, in base agli indirizzi forniti dal Sismi. Dello stato di grave tensione il Governo fu informato ai massimi livelli. Il CIIS, il Comitato interministeriale, fu riunito il 21 maggio e il sottosegretario Mazzola fu incaricato di affrontare questo problema. Quindi vi fu una riunione del CIIS alla presenza del Presidente del consiglio e del sottosegretario Mazzola, che in quel giorno venne incaricato del problema di pagare un certo prezzo per liberare il paese dalla pressione della Libia. Si devono anche rileggere i verbali delle sedute - non so se i P.M. lo hanno fatto, ma penso di sì perché il loro approfondimento è stato minuzioso - in cui abbiamo interrogato il Capo della polizia Parisi. Quest'ultimo ci ha raccontato che mentre di giorno i Servizi consideravano la Libia uno Stato nemico dal quale guardarsi, durante la notte proteggevano gli inviati della Libia che venivano in Italia a trattare con uomini del nostro Governo.

PRESIDENTE. Martini ci ha detto anche di più. Addirittura lui sapeva dai Servizi libici quello che succedeva in Italia.

GUALTIERI. Dobbiamo ricordare che Parisi è venuto in questa sede due volte a parlarci del collegamento tra la strage di Ustica e quella di Bologna, dicendoci chiaramente che Ustica era un messaggio che non fu capito, mentre Bologna fu il messaggio ripetuto affinché si capisse. Parisi non era l'ultimo arrivato, era stato il Capo dei Servizi e in quel momento era il Capo della polizia, e ci disse che questo collegamento c'era, tanto che di quel periodo ci offrì anche la seguente lettura: non erano l'Italia, gli Stati Uniti e la NATO contro la Libia, ma l'Italia e la Libia di nascosto contro gli Stati Uniti e la NATO. Noi in quel periodo facevamo un gioco alle spalle degli Stati Uniti sulla situazione libica. Quindi, se descrivete una situazione di così grave tensione, non si può dire che il Governo non fosse informato. Se in quel periodo era informato di tutto ciò, come si fa a dire che non era informato del resto. E’ mai possibile che non esistono verbali del Consiglio dei ministri o del CIIS che trattino delle stragi di Ustica e di Bologna e della caduta del MIG libico? Non esiste niente? Il Governo dice di non essere informato, ma un governo esiste per essere informato, e nel momento in cui non si fa informare bisogna capire perché non vuole farsi informare. Questo è un altro dei problemi da affrontare, ed è un problema grosso. Trovo perfetta la dimostrazione del sistematico depistaggio e dell'altrettanto sistematica distruzione delle prove della documentazione che voi descrivete lungo tutte le vostre 700 pagine e vorrei suggerire al Presidente - che ha affermato che avrebbe firmato insieme a me - di fare una denuncia contro ignoti adoperando quell'articolo del codice sui soggetti che distruggono documenti riguardanti la sicurezza dello Stato. Una volta queste persone erano persino condannate a morte, adesso sono condannate ad otto anni o più. Ma, se non sbaglio, le persone che hanno sottratto e nascosto i documenti non ricadrebbero nella prescrizione. Quindi, è un problema; qui sistematicamente non si trova una carta. L'ho provato io su Ustica per quattro anni e lo avete provato voi; non ci hanno mai passato una carta, si è sempre dovuto procedere con sequestri e con interventi di ogni tipo. Insomma, la collaborazione non c'è stata, il depistaggio è sistematico. Quindi, è giusto il rinvio a giudizio dei vertici istituzionali dell'Aeronautica e dei Servizi ed è giusto indicare le responsabilità, anche se prescritte, dei vertici dei Servizi, salvo le preesistenze tuttora esistenti. Ad esempio, un caso come quello del colonnello Mannucci Benincasa è drammatico, espressione di una situazione che in nessun paese del mondo può essere tollerata: un capo servizio che non so per quanti anni, credo 14 o 18, è a capo di un servizio a Firenze e sistematicamente viene adoperato per imbrogliare Ustica e Bologna. Poi adesso si trova che non può essere rinviato a giudizio perché il reato è caduto in prescrizione.

SALVI. E’ stato rinviato a giudizio, ma non in questo procedimento.

GUALT1ERI. Chiedo scusa, non sono sempre molto preciso in materia giudiziaria. Voi avete fatto benissimo a rinviare a giudizio anche i presidenti dei collegi peritali; se non sbaglio, due dei presidenti sono stati rinviati a giudizio.

Mi permetto di dire un'altra cosa. Avete ad esempio descritto benissimo il semi-imbroglio che ha fatto la Selenia, che prima imbrogliò noi e poi, soltanto dopo molti anni, con la stessa persona che aveva fatto l'imbroglio ha corretto i dati e ha permesso di fare un'altra ricostruzione del quadro radaristico. Ma il comportamento della Selenia e gli interessi che aveva nel fare ciò andavano a mio giudizio approfonditi ancor di più. La requisitoria dei pubblici ministeri, di grande spessore e, ripeto, di enorme portata mi soddisfa completamente. Vorrei chiudere ricordando solo il problema del MIG libico, che è stato affrontato da me e dalla mia Commissione. Credo di aver già ricordato che quella del MIG libico fu una delle vicende che più mi ha tormentato. Prima di tutto perché quando vedemmo come avevano fatto le perizie necroscopiche sul cadavere constatammo che si trattava di cose delle più allucinanti; io chiamai qui i tre maggiori esperti italiani in materia e loro dissero che doveva essere tolta la laurea a chi aveva compiuto quelle perizie.

PRESIDENTE. Non viene nemmeno redatta una piantina della forra e del posto dove si trovavano i vari reperti; meno di ciò che accade quando uno va a sbattere con il motorino contro il pilastro di una strada.

GUALTIERI. Alla sera del giorno stesso in cui si trova l'aereo con il cadavere, quest'ultimo viene interrato perché era in disfacimento; quindi nelle prime dodici ore. Quando interroghiamo il medico che ha fatto gli accertamenti peritali lui ci dice: "Ma come in disfacimento, era così bello che gli ho portato via le mutandine". Pensate se si possono rubare le mutande ad un cadavere in decomposizione! Ora, il sospetto che l'aereo non fosse caduto in quel giorno l'abbiamo sempre avuto e crediamo di averlo anche dimostrato. Ricordo che il mio amico Spadolini, che in quel periodo era Ministro della difesa, mi diceva sempre quando mi incontrava che la chiave di volta di Ustica stava nel MIG libico; poi Spadolini oltre questo non andava. Io ho cercato di capire la storia del MIG libico. Il MIG libico non è caduto il giorno 18, questo è sicuro; che poi sia stato visitato giorni prima da Tascio e dagli americani è altrettanto vero. Quindi, questa storia del MIG libico è un'altra delle cose che va in tutti i modi approfondita. Noi andammo a vedere a Pratica di Mare l'aereo di Ustica. Quando stavamo visitando il relitto, che era stato montato su un traliccio, ad un certo punto abbiamo visto degli altri relitti accanto a quello principale ed abbiamo domandato che cosa fossero. C'è stato risposto che si trattava del MIG libico. Ma come, il MIG libico non era stato restituito a Gheddafi? C'era poi un verbale dal quale risultava che il motore era stato preso per fare degli studi da quelli dell'Aeronautica. Lì c'era l'80 per cento dell'aereo: a Gheddafi cosa avevano restituito? Non si sa, il MIG era lì. C'era il casco con la scritta "Drake" del pilota, era un casco americano, tra il materiale ritrovato con il MIG. Insomma, l'impressione è quella di uno Stato che veramente ha portato avanti con una Commissione d'inchiesta italo-libica... Viene data comunicazione della caduta del MIG libico il giorno 18 ed il giorno 19 c'è un comunicato congiunto Italia-Libia con il quale la Libia dichiara che un suo pilota si era sentito male, eccetera, e viene nominata una commissione mista d'inchiesta italo-libica, che fa una decina di riunioni e poi scompare. Questi sono gli elementi che abbiamo sui tre disastri del 1980.

Io devo dire che accetto totalmente la vostra requisitoria per quelle che sono le ricostruzioni della parte radaristica che avete fatto; non sono per niente convinto che le autorità politiche possano chiamarsi fuori da questo disastro della conoscenza che si è verificato sui fatti del 1980.

NEBBIOSO. Intervengo per rispondere brevemente al senatore Gualtieri.

Ovviamente abbiamo scritto la requisitoria di un procedimento penale. Non rilevo per la verità - al di là del riconoscimento, di cui la ringrazio, che ha fatto nel confronti della requisitoria del nostro ufficio - un'illogicità della requisitoria, perché in fondo lei, nel sollevare le sue obiezioni, ha sostenuto che quella requisitoria sarebbe illogica laddove, citando alcuni episodi che erano stati portati a conoscenza del Governo e delle istituzioni, non si pone il problema dell'eventuale responsabilità di vertici politici. La domanda ce la siamo posta, ma credo che questo sia il riscontro del rigore logico con il quale abbiamo lavorato nell'ambito della nostra requisitoria. Abbiamo accertato una serie di fatti: di quelli di cui il Governo era stato informato ne abbiamo dato atto; laddove - come per Ustica - elementi per concludere in tal senso non vi erano, non abbiamo potuto darne atto. Il percorso logico - non voglio ripetermi - è quello che ha illustrato il collega Salvi nella sua precedente risposta.

PRESIDENTE. Vi è un'evidente connessione, poiché l'attentato vede proprio nella parte politica la parte lesa; nel momento in cui dovessimo, invece, decidere che la parte lesa sapeva, l'attentato non c'è più. Questo è il nodo e giustamente la risposta del dottor Salvi mi è sembrata puntuale. Spettava all'Aeronautica dire di aver informato la parte politica. Una volta che non lo dice, i pubblici ministeri hanno le mani legate; non possono non collegare i fatti accertati a questa impostazione, che è difensiva. Il processo nasce anche dalla dialettica fra la posizione dell'accusa e la posizione della difesa e questa dialettica ne può condizionare gli esiti.

SALVI. Posso aggiungere a quello che lei ha detto solo una considerazione. Diversa è ovviamente la responsabilità politica da quella giudiziaria e so bene che questa è una banalità. Tuttavia, nel caso concreto, se il Governo non ha voluto essere informato, non escludo che ci sia una responsabilità di carattere politico, che però non è assolutamente di nostra competenza. Vorrei rimarcare che proprio l'episodio dei libici è stato per noi importante, perché un episodio così grave come quello di una contrattazione con una controparte che sta in Italia e nel resto del mondo uccidendo gli oppositori (questo, oltre che in Italia, si verificava anche a Londra); una cosa così grave come quella di decidere di venire a patti fornendo addirittura delle informazioni sui libici, è una decisione che viene presa informando il Governo, e di questo vi è traccia. Abbiamo ritenuto che il fatto che non vi sia traccia di una vicenda per certi aspetti - intendetemi bene - meno grave (nel senso che non determinava delle scelte future che potevano portare alla eliminazione addirittura di soggetti che vivevano nel nostro paese) fosse un elemento probatorio a contrario da utilizzarsi circa il fatto che non vi fosse stata un'informativa. Per quanto riguarda l'ultima considerazione, forse è ingeneroso dire che per Bologna non si sa nulla.

PRESIDENTE. C'è un giudicato.

SALVI. C'è un giudicato che addirittura ha passato il vaglio delle sezioni unite.

GUALTIERI. Ci sono degli accertamenti successivi.

SALVI. Sì, però c'è un giudicato. Io dico che mi sembra ingeneroso affermare che su Bologna non si sa nulla. Su Bologna c'è un giudicato definitivo.

PRESIDENTE. C'è anche il problema della valutazione negativa che voi fate della Commissione Pratis.Vorrei sapere se avete indagato su come sono stati scelti i commissari.

SALVI. No.

PRESIDENTE. Perché questa è una scelta del Governo. Quindi, loro erano mandatari del Governo e, dalle vostre valutazioni negative, sembrerebbe che il mandatario sia stato infedele.

SALVI. Sì.

FRAGALA’. Innanzi tutto ringrazio gli auditi e mi unisco all'unanime apprezzamento che è stato loro rivolto per la chiara esposizione. Tuttavia, ben tenendo separato il piano giudiziario, che naturalmente si nutre di elementi probatori, con il tipo di indagine della nostra Commissione, che ha l'obiettivo di capire quali siano stati i motivi per i quali su alcuni fatti - come quello gravissimo di Ustica e poi aggiungerò, dottor Salvi, su Bologna, nonostante il giudicato - non si siano potute accertare le vere responsabilità, vi pongo il seguente problema. Questo problema scaturisce proprio da una vostra dichiarazione scritta nella requisitoria; mi riferisco, cioè, al problema che questa inchiesta è durata 18 anni ed è costata circa 300 miliardi al contribuenti. A pagina 16 del documento che ci avete consegnato avete scritto: "II reale problema che la Commissione si trovò di fronte fu costituito dall'incertezza dei dati radaristici, dalla frammentarietà delle informazioni ricevute dall'Aeronautica militare, dall'impossibilità di procedere al recupero del relitto". Ebbene, vi pongo la seguente domanda. E’ vero che ci sono stati questi problemi, che c'è stata l'incertezza dei dati radaristici, però a 18 anni di distanza con i resti del DC9 recuperati al 94 per cento - come avete scritto - e con la NATO che ha aperto i cassetti ed ha fornito tutto il fornibile sul piano dei dati radar, siamo più o meno allo stesso punto di quanto voi affermate a pagina 16 della requisitoria. Siamo, cioè, a un risultato sempre di incertezza assoluta. Vorrei sapere come mai non sia cambiato niente rispetto a quando i frammenti del relitto o non erano stati recuperati o solo parzialmente; quando mancavano i dati radaristici; quando in pratica le indicazioni utili erano assolutamente parziali e limitate. Come mai non è cambiato niente a 18 anni dal punto di vista dell'incertezza dei risultati dell'istruttoria?

SALVI. Rispondo io perché mi sono occupato maggiormente della parte tecnica. Innanzi tutto, vorrei sapere da dove ha ricavato il dato dei 300 miliardi.

FRAGALA’. Questo lo dico io.

SALVI. Infatti a me non risulta. Non so quanti siano, ma credo non siano superiori a quelli che Starr ha speso in un anno per il procedimento relativo ai suoi accertamenti...

FRAGALA’. Il nostro bilancio è diverso da quello degli Stati Uniti.

SALVI. Onorevole, le faccio semplicemente presente, poiché fa una citazione precisa, che a me ciò non risulta; ripeto che so che in un anno, per un'indagine meno complessa (è riportato da fonti di stampa, che forse saranno sbagliate), sono stati spesi 40 milioni di dollari. La giustizia costa e, quindi, si paga.

Per quanto riguarda i risultati, abbiamo impiegato 400 pagine a spiegare le ragioni per le quali riteniamo che, nonostante il recupero del 94 per cento del relitto, non sia possibile giungere ad un risultato definitivo. Abbiamo anche impiegato queste 400 delle 700 pagine ad illustrare specificatamente ciascuno degli elementi che hanno introdotto degli elementi di dubbio su questi. Come lei potrà ben vedere (perché risultano non dalle valutazioni del pubblico ministero, ma da quelle dei collegi peritali che si sono succeduti) questi elementi riguardano anche in maniera sostanziale l'incertezza sulle modalità con le quali sono stati raccolti e valutati i primi dati materiali - per esempio le indagini sui frammenti e quelle sugli esplosivi - che non sono stati condotti da laboratori dell'autorità giudiziaria, e per altro aspetto, l'estrema difficoltà di ottenere dati radaristici affidabili. Le faccio poi presente che si tratta di un evento che si è verificato a 400 metri di profondità; quindi, gli oggetti sono stati recuperati con grande difficoltà e alcuni di essi solo pochi anni fa.

FRAGALA’. Mi ponevo il problema di come, in base a quanto da voi affermato a pagina 16, fosse mutato il quadro probatorio tra quando i frammenti erano pochi e i dati radaristici rari e quando tutto questo materiale è venuto alla luce.

PRESIDENTE. Onorevole Fragalà, la sua è una valutazione ex post. Nel momento in cui si è deciso di spendere per condurre indagini, si sperava che il risultato fosse diverso. Anche noi spendiamo soldi dei contribuenti e su molti punti della nostra inchiesta non siamo riusciti a raggiungere una verità. Aggiungo che oggi di AIDS si muore come dieci anni fa, ma non per questo tutti i denari spesi per la ricerca sono stati inutili. Aggiungo ancora che il più bel romanzo giallo italiano, dal titolo "Quel pasticciaccio brutto di via Merulana", si chiude senza un colpevole.

FRAGALA’. A pagina 15 avete scritto: "La procura della Repubblica di Roma scelse nella prima fase di questa istruttoria di non avvalersi di propri esperti, ma di utilizzare il lavoro della commissione appositamente costituita dal Ministero dei trasporti che fu presieduta da Carlo Luzzatti". Vorrei che mi spiegaste come interpretare questa vostra affermazione.

SALVI. Esattamente nei termini indicati, cioè non fu nominato un collegio peritale dalla procura della Repubblica che allora in fase di istruttoria sommaria seguiva le indagini. La nomina del primo collegio peritale avvenne solo successivamente. Siccome per le investigazioni sui disastri aerei è prevista la costituzione di una commissione tecnico-formale, formata dai migliori esperti (o almeno così dovrebbe essere) in grado di interpretare quel genere di disastri, credo, non essendo io il pubblico ministero che allora fece questa scelta, che il collega valutò che essendo già in corso una indagine svolta dalla commissione tecnico-formale composta da esperti radaristici forniti dall'aeronautica militare, da tecnici del Ministero dei trasporti, (quest'ultimo si avvaleva dei laboratori dell'Aeronautica stessa, dei rapporti con la ditta costruttrice e di esperti delle agenzie di altri paesi che si occupavano di disastri aerei e che per di più seguiva un protocollo di indagine, quello fissato dalle norme in materia di disastro), fosse opportuno aspettare il risultato di questa indagine. Purtroppo, questa scelta si rivelò, ancora una volta con giudizio ex post, non soddisfacente perché la commissione non giunse ad alcun risultato e quindi solo con quattro anni di ritardo fu possibile nominare un collegio peritale. Vi dico con sincerità, questo problema del rapporto tra autorità giudiziaria e autorità amministrativa - ossia se quando vi sono competenze tecniche la prima si debba necessariamente sostituire alla seconda, in quali termini e in quale maniera - è molto interessante. Certo, l'esperienza successiva ci dice che probabilmente sarebbe stato meglio nominare subito un collegio peritale. D'altra parte se in qualunque incidente di volo si nominasse subito un collegio peritale invece di seguire il lavoro della commissione di indagine tecnico-formale, si potrebbero determinare problemi di interferenza. Sono scelte delicate, il collega allora ha fatto quella e forse l'avrei fatta anch'io.

FRAGALA’. Ecco, desideravo sapere se questa affermazione aveva il senso di una critica oppure di una presa d'atto.

SALVI. No, assolutamente. Non mi sembra che sia espressa in senso critico. Si dice: "La procura della Repubblica scelse di utilizzare nella prima fase di questa istruttoria ... ". Anzi, viene spiegato: "Nel nostro paese infatti non esisteva nel 1980 e non esiste tuttora un organismo deputato stabilmente ad indagare sui disastri aerei come invece avviene in altri paesi". Segue poi tutta l'indicazione sul rapporto corretto che ha continuato ad esistere fino al 1984. Non vi era alcuna volontà polemica e mi dispiace che sia stata questa l'impressione. Ripeto, forse quella scelta l'avrei fatta anch'io.

FRAGALA’. Vorrei ci chiariste, se possibile, un aspetto alquanto oscuro della vicenda che riguarda la prima fase delle indagini, quella diretta dal giudice istruttore Bucarelli. Immagino sappiate che davanti a questa Commissione, presieduta dal senatore Gualtieri, sono stati auditi sia il sottosegretario dell'epoca, prima che si facesse la campagna per il recupero, Giuliano Amato, sia il dottor Bucarelli. Durante l'audizione sono venuti fuori, naturalmente ho qui tutti gli estremi, ma cito a memoria, due contrasti, il primo riguardava anzitutto il problema delle fotografie che il sottosegretario Amato sostiene che il dottor Bucarelli avesse in suo possesso e che gli avrebbe mostrato, quelle di una precedente operazione condotta dagli americani per la ripresa fotografica del fondale ove erano adagiati i pezzi del relitto. Addirittura, di una traccia di una specie di sottomarino cingolato che camminava sul fondo. Su questo aspetto, e proprio in relazione ad una affermazione che Amato ha più volte ribadito in questa sede, il dottor Bucarelli dinanzi alla Commissione ha tenuto una ferma chiusura di diniego. Il secondo contrasto riguardava questa vicenda: il direttore del servizio di sicurezza, ammiraglio Martini, ci ha posto, e aveva posto anche al sottosegretario Amato, il problema della scelta che si fece allora della società IFREMER per il recupero, sostenendo che questa società fosse controllata dai servizi segreti e che il servizio di sicurezza italiano poneva molte riserve su tale scelta. Il sottosegretario Amato, venuto in questa sede, ha dichiarato che la scelta fu fatta dal dottor Bucarelli, che non l'avevano fatta loro, ma che l'avevano subita. Poi voi sapete che nel sequestro delle carte Cogliandro vi è un ulteriore elemento su una informativa dei servizi che per la scelta della società IFREMER, fu pagata una tangente di un miliardo di lire. Ora, rispetto a questi tre problemi, che non sono di piccola portata per il depistaggio e per i motivi dei depistaggi di cui noi ci occupiamo, gradirei sapere, al di là anche della questione strettamente giudiziaria, o del fatto di dire che se ne occupa Perugia o Milano, qual è la vostra opinione su questi tre delicatissimi momenti dell'indagine precedente.

SALVI. Innanzitutto nella requisitoria abbiamo dato conto anche dei due aspetti da lei indicati. Effettivamente dal video del lavoro effettuato dalla nuova società, sono emerse tracce non attribuibili né ad eventi naturali né ad eventi umani conosciuti (o, almeno, non siamo riusciti ad attribuirli). Quindi ci sono in zone particolarmente delicate del recupero delle tracce che sono diverse da quelle lasciate dai trattorini della IFREMER e che appaiono tracce non naturali; non vi è però nessun elemento di prova relativo a quando, come e da chi possano essere state effettuate. Considerate che le conoscenze necessarie per scendere alla profondità di 3.400 metri - che poi con il tempo naturalmente sono cresciute, perché in questa materia ci sono degli sviluppi continui e rapidi - nel 1980 erano a disposizione di pochissimi organismi e comunque si richiedevano (abbiamo potuto verificarlo) presenze sul posto molto lunghe, molto complesse, con avvisi ai naviganti, con rischi per la navigazione, il che fa ritenere molto difficile che sia stato possibile effettuare queste operazioni di individuazione del punto sottomarino e poi di ricerca senza che ciò in qualche maniera affiorasse. Però c'è questo dato di fatto, che è un dato di fatto obiettivo.Anche sulla IFREMER è stata condotta una attività di indagine nei limiti in cui è possibile, perché certamente non è possibile pretendere di chiedere la collaborazione della Francia per accertare quale sia l'attività dei loro servizi segreti. Comunque è stata svolta un'attività di indagine da cui non è risultato nulla di anomalo nella modalità di condotta della Ifremer, a parte alcuni aspetti relativi alla modalità di conduzione in alcuni giorni delle ricerche; in ogni modo, nulla di significativo. Successivamente, però, ammaestrati dall'esperienza delle polemiche sull'IFREMER, la scelta del sistema utilizzato per effettuare il recupero è stata molto condizionata dalla possibilità di controllo continuativo delle attività che avvenivano sott'acqua. Quindi si è scelto il sistema del mezzo non presidiato, cioè senza uomini a bordo, proprio perché questo operava dalla nave, quindi sotto il diretto controllo del personale dell'ufficio, e attraverso una registrazione assolutamente continuativa di tutte le operazioni che era indispensabile, perché essendo guidato dalla nave non poteva essere interrotta da parte di chi stava sopra la visione e quindi la contestuale registrazione. Questo elemento è stato, insieme a quello della sicurezza del personale operante e a ragioni di costo, uno di quelli che ha portato a scegliere quest'altra ditta rispetto alla prima.

Per quanto riguarda Cogliandro, dovete tenere conto che in generale quelle informative - che sono molto brutte; le avrete lette sicuramente - il Cogliandro ha detto di averle avute da una seconda persona che sarebbe il giornalista Senise, il quale ha detto di aver raccolto queste voci in ambienti vari. La mia impressione è che più che una vera e propria raccolta di informazioni, quindi di materiale utile dal punto di vista informativo vero e proprio, fosse una raccolta di materiale utile per attività di tipo diverso.

FRAGALA’. Come è normale.

SALVI. Come può capitare. Ripeto, noi non siamo competenti a valutare questi aspetti. Circa le notizie riferite a vari fatti di nostra competenza, abbiamo potuto verificare che si trattava più che altro di attività di disinformazione, cioè si fornivano elementi che poi potevano essere utilizzati...

PRESIDENTE. Basti pensare che sulla dinamica di Ustica ci sono almeno tre versioni diverse.

SALVI. Quindi Cogliandro rientra in quella vicenda di cui parlavo prima, molto preoccupante, ma per ragioni diverse, per il fatto che un servizio di informazioni innanzitutto avesse un capocentro che lavorava in quella maniera, un capocentro di Roma, che vuol dire il punto nodale dell'attività informativa, e poi che una volta andata in pensione, questa persona, che evidentemente aveva delle sue fonti informative, continuasse a lavorare non per conto dello Stato, ma per conto di un soggetto singolo.

FRAGALA’. E sul contrasto Amato-Bucarelli?

SALVI. Come le ho detto, le fotografie non risultano, però certamente le tracce risultano.

FRAGALA’. Quindi ha ragione Amato.

SALVI. Non lo so, perché non so che cosa Amato abbia visto. Quelle fotografie non ci sono, né risulta che qualcuno le abbia prese, però certamente delle tracce anomale (che non so se corrispondano a quelle cui si riferisce Amato) nel fondo ci sono.

FRAGALA’. Voi avete esaminato lo scenario internazionale, il problema della pista libica e il problema dei depistaggi. Adesso vorrei chiedervi se avete esaminato un altro aspetto che riguarda questo tema, quello legato al fatto che in un altro grande delitto politico o di matrice politica del 1980 (il primo dei tre delitti) vi fu un clamoroso depistaggio di un certo tipo. Sto parlando del delitto Mattarella del 6 gennaio del 1980, allorché una telefonata arrivò al giornale "L'Ora" di Palermo dicendo: abbiamo vendicato i camerati uccisi ad Acca Larentia. Naturalmente, era una telefonata che allora né il giornalista de "L'Ora" di Palermo né altri a Palermo capì, perché nessuno capiva che cosa era Acca Larentia e che cosa poteva essere un'azione di vendetta rispetto ad un episodio di terrorismo politico ai danni di due giovani del Fronte della gioventù avvenuto a Roma due anni prima. Ebbene, voi sapete che quel depistaggio - che poi è stato accertato essere un depistaggio - serviva ad attribuire un delitto di natura politica, come l'uccisione del presidente Piersanti Mattarella, ad estremisti di destra, guarda caso a Fioravanti, che addirittura - secondo depistaggio di quel delitto - il servizio segreto rappresentò in un identikit, tramite il quale poi si convinse la vedova Mattarella che quell'identikit, che corrispondeva a Fioravanti, fosse effettivamente quello dell'assassino del marito che aveva sparato in quella mattina del 6 gennaio. Questo depistaggio è identico a quello fatto per Ustica sull'altro estremista, Affatigato, ed è identico al terzo depistaggio su Bologna, sempre ai danni di estremisti di destra. Soltanto che per questi ultimi due depistaggi, come voi avete scritto, si sono individuati dei responsabili nei servizi segreti militari che sono stati addirittura sottoposti ad inquisizione giudiziaria; il primo depistaggio invece andò avanti per anni ed anni e addirittura convinse anche il giudice Falcone a mettere la firma su quella famosa requisitoria con cui si chiedeva il rinvio a giudizio per Fioravanti e soltanto nel dibattimento di primo grado si poté appurare che Fioravanti non c'entrava niente con il delitto Mattarella, come doveva essere chiaro fin dall'inizio. Quindi, vi sono stati tre depistaggi tutti identici come metodologia e come attribuzione di responsabilità ad una determinata area politica; addirittura quello di Bologna e quello di Mattarella individuavano entrambi nel Fioravanti l'autore di questi delitti. Ebbene, la Commissione stragi rispetto a questi depistaggi ha esaminato una serie di atti. Il primo di essi è quello che il giudice Priore è riuscito a sequestrare a Forte Braschi: il famoso verbale supersegreto riservatissimo del CIIS, della riunione del Comitato interministeriale di sicurezza del 5 agosto 1980 - tre giorni dopo la strage di Bologna - in cui l'onorevole Bisaglia, l'onorevole Formica, Zamberletti, eccetera, sostengono di aver avuto delle informative precise da parte di servizi segreti stranieri (addirittura dal Ministro degli interni socialdemocratico tedesco, Baum) secondo cui l'attentato di Ustica e quello di Bologna avevano la stessa matrice, e cioè erano stati i libici; tesi che poi fu ripresa da Zamberletti nel suo famoso libro e che fu ripresa altresì in una audizione della Commissione stragi dal prefetto Vincenzo Parisi, già capo dei nostri servizi di sicurezza. Ebbene, questo verbale segretissimo fu tenuto tale per 16 anni e addirittura, alla fine di questo verbale, si disse tra i presenti: non se ne deve parlare al magistrati. Voi sapete che abbiamo chiamato tutti i presenti a quella riunione e tutti hanno detto di non ricordare nulla, di avere dimenticato tutto, di non sapere e di non ricordare nulla su quel problema della pista libica. Quindi, noi abbiamo acquisito tutta una serie di elementi: un rapporto stilato per il giudice Salvini dal capitano Giraudo in cui si descrive come il Ministero dell'interno avesse organizzato la costituzione fittizia di una fantomatica associazione segreta eversiva di destra denominata "Ordine nero" proprio allo scopo di mettere delle bombe e fare delle provocazioni. Inoltre, abbiamo ritrovato una pagina dell'agenda di Santovito, anche lui direttore del Servizio di sicurezza, in cui si parla di organizzare dei depistaggi.

PRESIDENTE. Scusi, "Ordine nero" nel 1980?

FRAGALA’. No, lo abbiamo trovato adesso.

PRESIDENTE. Quello è del 1974.

FRAGALA’. Sì, è comunque precedente al 1980. Abbiamo ritrovato, come dicevo, una pagina dell'agenda di Santovito sui depistaggi organizzati ai danni della Destra. Poi il capo di un Servizio sostiene di inviare delle veline alla stampa per attribuire le stragi, le bombe, eccetera, al mondo dell'eversione di destra in modo da far passare la cosa più facilmente nell'opinione pubblica e nella stampa.

Ancora: abbiamo letto il famoso rapporto del generale Roberto Jucci sul noto caso, che è lo scenario ultimo prima della strage di Ustica. Jucci sostiene cioè che per un anno, su mandato dell'allora presidente del Consiglio Cossiga, era stato a Tripoli presso i suoi amici dei servizi libici, Jallud e compagni, e aveva cercato di bloccare la reazione dei libici rispetto a due richieste fondamentali che il dittatore libico voleva imporre all'Italia: la visita ufficiale e l'autoattribuzione o comunque la richiesta di sopportare l'attribuzione da parte delle autorità italiane della scomparsa dell'Iman e della sua uccisione, di cui era stato chiaramente autore Gheddafi. Ancora Jucci ci parla di quello che ha riferito poco fa il presidente Gualtieri: i nostri Servizi, su pressione dei Servizi libici, avevano dato la lista dei fuoriusciti che erano stati uccisi a casa fra l'aprile, il maggio e i primi di giugno del 1980. Poi dice Jucci: alla fine non ho potuto più resistere su questa posizione e ho dovuto abbandonare il campo, e succede quello che succede. Ora, rispetto a tutto questo pongo un quesito che ha un preciso significato politico, al di là di questi elementi che sono anche elementi probatori dal punto di vista giudiziario. Voi non avete pensato al delitto Mattarella, altrimenti ne avreste parlato.

SALVI. Sì, ci abbiamo pensato.

FRAGALA’. Sì, ma non avete analizzato il tipo di depistaggio per fare il raffronto o il confronto con i due depistaggi di Ustica e di Bologna. La mia domanda è la seguente: rispetto a tutti questi dati, è possibile ritenere che il Governo italiano sapesse tutto. Abbiamo appreso, sempre da Martini, da Parisi e da tutti gli altri, che il Governo aveva "l'amante libica la moglie americana", che aveva la politica estera del doppio binario, che addestrava i piloti libici e addirittura forniva ai libici le attrezzature di elusione del sistema radar italiano, eccetera. Mi chiedo: è possibile, alla luce di questa politica del doppio binario, che il Governo italiano sapesse tutto, come risulta dal verbale del CIIS del 5 agosto 1980, e avesse invece dato ordine ai Servizi di organizzare e creare i depistaggi una volta per il delitto Mattarella sul solito Fioravanti, una volta su Affatigato, un'altra volta su Bologna, ancora su Affatigato e Fioravanti, perché non potevamo rischiare una compromissione, ma soprattutto il Governo italiano non poteva confessare questi rapporti economici intensissimi con la Libia. Il problema della FIAT, quello dei denari prestati, e via dicendo, che avevamo con la Libia, e quindi scoprire il fianco rispetto ad una censura gravissima della comunità occidentale, della comunità NATO e degli stessi Stati Uniti d'America.

SALVI. Signor Presidente, noi abbiamo esaminato la vicenda dell'omicidio di Piersanti Mattarella e l'abbiamo anche posta in correlazione con un'altra operazione di depistaggio, che lei, signor Presidente, non ha citato, che è quella che va sotto il nome di "terrore sui treni", che si svolge successivamente. Certo, abbiamo anche valutato la possibilità, anche se in maniera del tutto incidentale, delle indicazioni di Fioravanti e Mambro, tenuti presenti anche gli spostamenti fatti da Palermo, Roma, Bologna, in quel periodo. Non abbiamo affrontato espressamente la vicenda Mattarella perché prima di tutto è ancora sub judice, ed è molto complessa. Certamente, qualora quelle fornite fossero indicazioni false, quella cioè del coinvolgimento di Fioravanti nell'omicidio, dovrebbe riflettersi molto seriamente sui collegamenti con l'operazione "terrore sui treni" successiva, nonché su tutto quanto si verifica in quel periodo. Questo però - ripeto - è ancora sub judice. Allora furono individuati, a parte quegli elementi che lei indica, furono individuati elementi diversi, anche documentali, come la presenza di De Francisci a Palermo in quei giorni, e altri elementi. E’ una vicenda estremamente complessa, indubbiamente però la nostra ottica era quella di valutare se fosse possibile da questo dedurre elementi utili per l'individuazione delle cause e dei responsabili del disastro aereo. Quindi, questo ragionamento va ricompreso in quello che abbiamo fatto più in generale sull'attività di depistaggio su Affatigato, in genere su questi soggetti di estrema Destra, in particolare su quello che lei riferiva a proposito di Bologna come anche sull'operazione successiva "terrore sui treni". Però, occorre tenere presente che di questi aspetti si è lungamente occupata l'autorità giudiziaria di Bologna che li ha affrontati anche sotto il profilo delle ragioni del possibile depistaggio. Per ciò che concerne poi gli accertamenti sulla condotta delle autorità politiche, non posso che rifarmi a quello che abbiamo già detto, cioè indubbiamente non vi fu un'attenzione sui fatti di Ustica, se non per quella annotazione in un verbale della riunione del Consiglio dei ministri. La nostra valutazione è che, qualora vi fosse stata un'informazione completa delle autorità politiche, questo sarebbe risultato non solo dai verbali della riunione del Consiglio dei ministri ma anche da altri documenti. Vorrei fare poi una sola osservazione incidentale, che non riguarda questo fatto e della quale sono a conoscenza per altra via, per le indagini che ho svolto in passato. La vicenda di Ordine Nero sin da allora pose dei gravi dubbi, tanto che ci fu anche un'inchiesta interna all'estrema destra sugli attentati di Ordine Nero. Non va però sottovalutato, se si vuole avere una visione reale della situazione dell'epoca e di come si inseriscono gli eventuali fatti di depistaggio, che contemporaneamente agli attentati dubbi, cioè rivendicati con sigle varie, ce ne sono altri dello stesso tipo compiuti sicuramente da soggetti dello stesso ambito. Questo è molto importante, anzi a mio parere è indispensabile per capire l'eventuale interazione che può esservi stata fra fenomeni disinformativi e di condizionamento della vita politica con la situazione reale. Questo ci porta subito a Bologna 1980, ed in particolare alla sentenza delle sezioni unite della Cassazione, che ha annullato la sentenza della Corte d'appello di assoluzione di Fioravanti e Mambro, proprio nel riconoscimento dell'esistenza nel 1980 di un progetto stragista all'interno dell'estrema destra ricavabile da elementi processualmente accertati.

PRESIDENTE. E’ un punto che esponete nuovamente nella requisitoria.

SALVI. Noi vi prendiamo spunto perché è molto importante sotto il profilo della motivazione del nostro provvedimento. Riteniamo che dobbiamo affrontare alcuni aspetti che appaiono non di competenza dell'autorità giudiziaria, come la ricostruzione di un momento politico, però pensiamo che possiamo farlo non con lo strumento dello storico, ma esclusivamente con quello del giurista, quindi utilizzando la sentenza delle sezioni unite, che ha ritenuto utilizzabile quella ricostruzione di contesto perché effettuata con quegli elementi. Io penso che ciò sia molto importante per il lavoro svolto.

FRAGALA’. Comunque, il nostro codice di rito prevede anche l'istituto della revisione, che per ora è di grande attualità, quindi non attacchiamoci a "maniglie" deboli!

Ad un certo punto, come lei ha detto adesso, come punto di correlazione a favore dell'ipotesi del collegamento tra l'abbattimento del DC9 e la strage di Bologna, a pagina 458 della requisitoria, arrivate a questa - secondo me singolare - conclusione: "nella parziale coincidenza del tipo di esplosivo rilevato sui reperti del DC9 con quello confezionato per utilizzare l'ordigno fatto esplodere a Bologna e per il quale sono stati condannati con sentenza definitiva Valerlo Fioravanti ed altri". Poi, in un secondo punto, scrivete ancora: "in quanto è risultato in diversi procedimenti" (segue la citazione delle sentenze) "circa l'esistenza nel 1980 di un'area della destra eversiva che ricomprendeva tra gli strumenti di lotta politica anche il ricorso a stragi indiscriminate. Si badi che questi elementi non sono di ricostruzione storico-politica ma basati saldamente su fatti aventi dignità di prova"; cioè sulla sentenza - concludo io - più che sui fatti.

PRESIDENTE. Non ho capito perché lei afferma che si basano più sulla sentenza. Si basano su fatti riportati dalla sentenza.

FRAGALA’. No, perché qui si dice: "è ben riepilogato nella sentenza di primo grado e in quella delle sezioni unite della Corte di cassazione". Quindi non indicano i fatti ma la sentenza. Ho letto la sentenza e non ho ritrovato questi fatti. Allora, voglio rivolgere ai nostri ospiti la seguente domanda: questo tipo di accostamento sembra voler dire, fra le righe, che se è stata una bomba ad aver abbattuto l'aereo ad Ustica, allora il fatto è da ascriversi all'estrema destra, poiché storicamente in quel periodo questa aveva progetti stragisti. Mi domando quale sia il senso tecnico-giuridico di questa affermazione dal punto di vista del riferimento probatorio e vi chiedo di spiegarmelo.

SALVI. Mi pare di aver già risposto. Non lo diciamo tra le righe, ma in modo palese, che una delle possibili ipotesi su cui abbiamo lavorato è questa. Poi abbiamo lavorato anche su altre ipotesi e in varie direzioni. Certamente lei non può sottovalutare il fatto, innanzitutto, che c'è una sentenza emessa dalle sezioni unite (anche se poi potrà essere sottoposta a giudizio di revisione, per carità). Inoltre, ricordo molto bene, per la verità, la ricostruzione che la sentenza fa di tutti i passaggi relativi alle ragioni per le quali si ritiene che vi fosse questo progetto stragista.

FRAGALA’. Sono l'autore dell'interrogazione sul famoso tumore del testimone d'accusa contro Fioravanti. Dopo quindici anni il Ministro ha ammesso che quel tumore era inesistente e che quel signore, Massimo Sparti, fu liberato.

PRESIDENTE. Onorevole Fragalà, noi abbiamo fatto un lungo seminario e abbiamo acquisito una serie di elaborati dei nostri consulenti, uno dei quali, preparato dal dottor Galli, addirittura criticava una mia proposta di relazione nella parte in cui - secondo il dottor Galli - avevo sottovalutato il quadro indiziario che reggeva quella sentenza. Quindi, abbiamo documenti interni alla Commissione che nell'ambito dell'opinabilità...

FRAGALA’. Abbiamo anche la consulenza del magistrato De Paolis.

PRESIDENTE. Nella relazione mi ero riferito a quella consulenza; in questa legislatura ne ho acquisita una di segno in parte diverso.

SALVI. Per concludere, vorrei chiarire che noi abbiamo condotto l'indagine pensando ad Ustica.

FRAGALA’. Gli accostamenti che sto citando li avete fatti voi, non io.

SALVI. Sì, ma gli accostamenti li abbiamo fatti pensando ad Ustica e partendo da quello che riteniamo probatoriamente accertato. Non credo che si possa poi partire da questo per rivedere gli altri fatti, perché non l'abbiamo fatto con quell'ottica. Quindi, penso che se ciò si dovesse fare, bisognerebbe partire con ben altro approfondimento rispetto a quello che noi abbiamo dedicato alla revisione del giudizio su Bologna. Noi abbiamo - e non possiamo fare diversamente - considerato una sentenza della Cassazione che afferma dei fatti che per noi costituiscono prova.

FRAGALA’. Un'ultima domanda. A pagina 229 della requisitoria avete scritto: "l'ipotesi che il DC9 sia stato colpito da missili è dunque priva di supporto probatorio per ciò che concerne gli elementi desumibili dall'esame del relitto". Allora, è vero che il relitto parla, cioè è vero che avere il 94 per cento dei residui del relitto vi porta a questa affermazione, che mi pare categorica, nel senso che esclude l'ipotesi del missile. A pagina 404, poi, avete scritto: "l'esplosione all'interno dell'aereo in zona non determinabile di un ordigno è dunque la causa della perdita del DC9 per la quale sono stati individuati i maggiori elementi di riscontro. Certamente, invece, non vi sono prove dell'impatto di un missile o di una testata". Queste due affermazioni portano a rilevare, dalla vostra intera requisitoria, alcune certezze ferme che potrebbero portare ad una conclusione univoca. Perché, invece, nella vostra esposizione, sia della settimana scorsa sia in questa occasione, la rappresentazione è di assoluta incertezza su tutte le cause possibili del disastro?

SALVI. Onorevole Fragalà, noi abbiamo diviso l'esposizione in due parti: i dati ricavabili dal relitto e quelli ricavabili dal radar. Come ho detto la volta precedente il problema è quello dell'integrazione dei due diversi tipi di informazione. Quindi se dovessimo badare ai dati radar avremmo una certezza di tipo opposto: se dovessimo badare ai soli dati del relitto avremmo quella. E’ per questa ragione che sia la volta precedente che questa ribadiamo questo elemento di incertezza, che d'altra parte - ripeto - abbiamo lungamente e dettagliatamente rappresentato.

FRAGALA’. Per quanto riguarda i dati radar, siete in grado di affermare che al momento del disastro non vi erano tracce di aerei attorno al DC9-Itavia per almeno 50-60 miglia? C'è il problema dei famosi nove minuti.

PRESIDENTE. La conclusione a cui loro giungono è molto probabile: sulla base dei tracciati radar, nel luogo e nel momento del collasso, la traccia del DC9 è interferita da una traccia ortogonale di un aereo molto veloce che lascia i due plots noti e probabilmente qualche altro plot all'interno dello sciame. Ho capito bene?

SALVI. Sì, è la nostra ipotesi.

FRAGALA’. Siccome quando c'è stata l'audizione sui tracciati radar è stato affermato dai consulenti che negli ultimi 8-9 minuti di volo non vi sono tracce di aerei secondi o terzi rispetto alla traccia dell'aereo dell'Itavia, volevo sapere da quali elementi nasce questa diversa interpretazione.

SALVI. Non è una diversa interpretazione. I periti che voi avete audito avevano avuto un incarico diverso da questo e hanno espressamente rifiutato - come è scritto nella loro relazione - di esprimere una posizione su questo aspetto. Loro hanno esclusivamente esaminato i dati relativi agli altri elementi, diversi da questi. Siccome noto - mi dispiace dirlo - una sorta di pregiudizio riflesso rispetto al nostro lavoro, posso anche dire che quel periti che lei ha citato hanno affermato la presenza di aerei, o meglio l'interpretabilità di tracce intorno al DC9, come derivanti dalla presenza di aerei reali. Invece noi l'abbiamo escluso nella requisitoria; noi invece abbiamo ritenuto, rispetto a quei periti (il cui lavoro evidenziava due tracce correlabili con i punti meno 17 e meno 12, a formare la traccia di un aereo che si andava a riconnettere con la vicenda del DC9, che loro affermavano essere generati da un aereo), che quelle tracce fossero dipendenti da effetti dei lobi laterali.

FRAGALA’. Questo è quanto lei ha affermato la volta precedente e da qui nasce la mia domanda: com'è possibile che su elementi che non dovrebbero avere più opinabilità invece vi è questo contrasto netto?

SALVI. Se volete lo rispiego, sarei molto contento di farlo, ma abbiamo spiegato in 200 pagine le ragioni per le quali riteniamo che è possibile interpretare i plots meno 17 e meno 12 e quelli successivi come derivanti da anomalie del radar soltanto a prezzo di forzare, molto oltre i limiti teoricamente individuati dai periti, le modalità di funzionamento del radar. Abbiamo anche individuato le ragioni per le quali riteniamo che quei limiti, individuati in via teorica, siano sbagliati, perché è stata considerata della documentazione incompleta; se si fosse considerata la documentazione completa alcuni di quei dati sarebbero stati ancora più anomali. Ciò nonostante noi accettiamo per buona tale ricostruzione, accettiamo per buoni i parametri teorici che sono stati fissati, ma questi parametri teorici sono violati nell'interpretazione di questi dati. Abbiamo anche scritto che siccome noi non siamo dei tecnici radaristici non sappiamo se quelle interpretazioni sono giuste o sbagliate; sappiamo solo che dal punto di vista logico non sono coerenti, perché violano i presupposti di fatto e i presupposti logici che erano stati indicati nelle premesse.

PRESIDENTE. Tutto ciò è scritto con grande chiarezza e lo avete ben spiegato. Volevo ora fare un'osservazione: data la dinamica del collasso, se ci fosse stata un'esplosione interna, il luogo più probabile sarebbe stato la toilette, perché è il posto più vicino all'attacco del motore destro. Voi invece escludete un'esplosione della toilette.

SALVI. Ciò lo riteniamo non soltanto sulla base di valutazioni nostre, ma perché tutti i collegi serventi rispetto a quello principale, compreso quello esplosivistico che ha avuto un incarico specifico, escludono che nella toilette vi sia stata un'esplosione.

FRAGALA’. Poi c'è la questione della bambola nella cabina pilotaggio.

SALVI. Esattamente. Quindi ci sono contrasti che noi non riusciamo a superare.

MANCA. La maggior parte delle mie domande è superata sia dai quesiti posti dal senatore Gualtieri sia da quelli posti dall'onorevole Fragalà. Comunque, prima di porre qualche domanda, vorrei partecipare ai pubblici ministeri alcune considerazioni da me fatte quando ho finito di leggere - le ho lette tutte, senatore Gualtieri - le 800 pagine della requisitoria. In primo luogo ho riconosciuto e continuo a riconoscere che al di là di tutto, della quantità o della qualità del lavoro, delle difficoltà di acquisire familiarità con un mondo non solo molto tecnico ma per certi versi anche atipico come quello del volo, bisogna certamente sottolineare e riconoscere con favore soprattutto l'impegno e - può darsi che voi non lo accettiate - il coraggio giuridico che ha caratterizzato tutta l'opera. Infatti, dobbiamo riconoscere (perché siamo tutti uomini) che nella vicenda di Ustica non era facile non essere influenzati, anche se si è giudici esperti, dalle tesi portate avanti in tanti anni dai mass media e dalle convinzioni, che sembravano assolute, da parte di una larghissima parte dell'opinione pubblica. Mi riferisco, ad esempio, alle certezze che sembravano acquisite sull'esistenza di un cielo infuocato di altri aerei, quasi da far invidia alla battaglia di Inghilterra, oppure alla sicura connessione tra il giorno del disastro di Ustica e quello della caduta del MIG libico, oppure alla manomissione - data per certa - dei dati radar del sito di Marsala, oppure all'ipotesi del missile (ho quintali di giornali che dicono che certamente l'aereo è caduto per effetto del missile quando ciò è adesso escluso, lo si voglia dire direttamente o indirettamente, quasi al 100 per cento). Detto questo, debbo riconoscere che bisogna avere capacità, forza d'animo e coraggio per poter scrivere quella requisitoria in cui praticamente si abbattono tutti questi miti e questi teoremi che hanno convinto il 99 per cento degli italiani, compresa mia figlia, che la causa della perdita del DC9 fu un missile; tutti gli italiani per 18 anni sono stati convinti, per effetto dei mass-media, che si è trattato di un missile.

GUALTIERI. L'Aeronautica per prima ha contribuito a creare questa situazione!

MANCA. Qui non siamo in Commissione difesa, presidente Gualtieri; in quella sede tra me ed il presidente Gualtieri è istituzionalizzato un simpatico dibattito, qui invece qui c'è una situazione un po' diversa, altrettanto simpatica.

Veniamo ora alla prima domanda e cercherò di fare in fretta anche se vorrei soddisfare esigenze che si accumulano da mesi; d'altra parte il caso è così clamoroso e per certi versi scandaloso che è bene che un commissario approfondisca dei dubbi. A pagina 15 della parte prima della requisitoria si legge che i pubblici ministeri hanno guardato con spirito aperto ai contributi delle parti private, rilevando che molto spesso proprio dagli elaborati tecnici dell'una o dell'altra parte sono venuti aiuti molto rilevanti, pur dopo le perizie disposte dall'ufficio. Ecco, ci potete dare qualche esempio di questi contributi? Direi che quelli più significativi sono venuti dalla parte imputata, cioè mi riferisco al perito Giubbolini.

SALVI. Lei citava Giubbolini che ha fatto un lavoro molto interessante sui dati radaristici. Però, ad esempio, le parti civili hanno fatto un lavoro altrettanto interessante sulla ricostruzione del punto di caduta del DC9, ricostruendo al contrario la rotta di caduta dei frammenti a partire dal punto di rinvenimento in mare e utilizzando una strumentazione a mio parere più sofisticata rispetto a quella impiegata dai periti. Quindi, effettivamente dei contributi vi sono stati da una parte e dall'altra. Devo dire che qualche osservazione siamo riusciti a tirarla fuori persino noi, ad esempio quella sull'errata localizzazione spaziale delle coordinate del radar rispetto al nord geografico e non al nord magnetico che abbiamo individuato attraverso l'esame delle carte e dei documenti.

MANCA. Ricordo male oppure Giubbolini ha dato un notevole contributo per interpretare quegli echi che sono comparsi attraverso Siena?

SALVI. Su questo c'è stata una forte divergenza interpretativa tra parti civili e consulenti degli imputati. I periti del giudice istruttore si erano orientati per una interpretazione nettamente favorevole alla presenza di un secondo aereo nella rotta del DC9. Noi abbiamo ritenuto che molte delle anomalie individuate dai periti non fossero interpretabili come echi di un aereo effettivo.

PRESIDENTE. Di un aereo che volava nascosto.

SALVI. Sì, però purtroppo non è tutto così semplice, perché dobbiamo anche dire che nonostante l'interpretazione fosse più favorevole agli imputati, per dirla in termini molto semplici, rimangono alcuni dati non interpretabili. Per alcuni di questi è stata offerta da parte dei consulenti degli imputati una prospettazione che va però veramente molto al di là dei limiti teorici ammissibili. In particolare, l'allungamento dell'impulso che dovrebbe ammettersi per poter riconoscere che alcuni punti paralleli alla rotta del DC9 non sono generati da un altro aereo ma da riflessi anomali dello stesso derivanti appunto dal meccanismo particolare di funzionamento del radar Marconi. Si richiede cioè di superare di molto questi limiti. Poi rimane un dato di fatto: almeno uno di questi plot risulta visto anche dai radar militari. Qui allora dovremmo avere una coincidenza, e qui purtroppo le coincidenze sono tante, di un'anomalia del radar di Ciampino che determina un'eco in un certo punto, che però viene visto anche da radar che sicuramente quell'anomalia non hanno. Quindi, in conclusione, per rispondere alla sua domanda, riteniamo che la rotta del DC9 presenti anomalie molto superiori rispetto a quelle di qualunque altro aereo che vola quella sera. E’ possibile interpretare la maggior parte di queste secondo i meccanismi di funzionamento del radar quali ipotizzati dai collegi peritali che si sono succeduti, però solo a prezzo di forzarne gli strumenti interpretativi; ciò nonostante alcuni fatti rimangono inesplicati.

MANCA. Mi si consenta solo una constatazione tecnica: di tre radar si da più rilevanza a quello più vecchio e meno ai due più nuovi; il radar Marconi era il più vecchio, il Selenia e quello di Marsala i più nuovi. Non mi riferisco solo al fatto di Siena, perché Marsala non vedeva fino a Siena.

SALVI. Anche su questo ci siamo posti il problema del perché il radar Selenia non dovrebbe aver visto le cose che ha visto il radar Marconi. Per questo dicevo l'altro giorno che è importante la relazione Pratis. Innanzi tutto, vi sono delle ragioni per le quali il Selenia potrebbe non aver visto e sono relative alla diversa portata sia in altezza che in distanza dei due radar. Per esempio, noi sappiamo con certezza che una delle tracce cosiddette "PR", cioè quelle che non hanno la risposta del transponder, del secondario, e che si è cercato di interpretare come tracce anomale del radar di Ciampino, quindi Marconi e Selenia assemblate, corrispondono invece ad un aereo reale che è poi atterrato a Pratica di Mare. Ora questa traccia viene vista in prevalenza dal Marconi e in maniera molto saltuaria dal Selenia e cioè dal radar più moderno, per cui evidentemente dipende dal luogo e dalle condizioni in cui si trova l'aereo, l'oggetto o il bersaglio rispetto al radar, se l'uno o l'altro dei due radar lo vede di più.

Dicevo che la relazione Pratis è importante per capire questo, perché nella Pratis, nella parte omessa della documentazione, quella cioè che non abbiamo mai avuto e che come pubblici ministeri abbiamo visto a giugno di questo anno, si riproduce una situazione molto simile a quella del 1980. Ciò non è irragionevole perché voi dovete sempre tener presente (cosa cui noi siamo arrivati con molta difficoltà a capire con il tempo) che il radar di Marsala funziona con una logica completamente diversa da quella di Ciampino, per cui se la visione che, al limite massimo di portata, il radar di Marsala ha avuto dell'aereo ipotizzato attaccante è stata tale da non consentire la correlazione - secondo i parametri automatici di correlazione di cui il radar dispone, e che sono diversi da quelli di Ciampino, di un aereo non dotato di transponder - questo aereo non è stato registrato perché non ha dato luogo ad una traccia ma soltanto a dei ritorni radar che potevano essere visti dagli operatori ma che non necessariamente erano registrati. Di questo avremo, secondo la nostra ipotesi, una conferma nei dati radaristici della Pratis che non sono allegati alla relazione, perché ci sembra di capire che l'aereo attaccante simulatamente nel 1989 viene visto e considerato una traccia da Marsala solo perché vi sono delle azioni manuali a consolle da parte degli operatori che correlano, da parte loro, dei ritorni radar che altrimenti non sarebbero correlati. Pertanto, abbiamo ritenuto che, se non vi fossero state queste azioni manuali a consolle e se non ci fosse stata la trasmissione in automatico da Licola dei dati - non c'era nel 1980 - visti da Licola stessa, Marsala non avrebbe visto se non dei punti, dei ritorni singoli, saltuari e non correlati tra di loro: non avrebbe registrato la traccia. Di conseguenza, molta importanza avrebbe assunto il disporre del DA1 di Licola, cioè del documento di Licola nel quale gli operatori manuali del sito fonetico manuale di Licola stessa annotavano ciò che avevano visto, perché loro dovrebbero aver visto. Purtroppo, il DA1 è stato soppresso e i dati che furono trasmessi con il telex successivamente sono diversi da quelli che risultano dalle conversazioni telefoniche; da esse risulterebbe la presenza di un altro aereo. Anche di ciò abbiamo dato ampia contezza nella requisitoria, cercando di ricostruire anche la traccia sulla base di plots che vengono indicati nei plottaggi inviati telefonicamente e che sono diversi da quelli inviati con la trascrizione del DA1 soppresso. Vi è una traccia di un aereo parallelo al DC9, che non è correlabile all'Air Malta, che segue a dieci minuti di distanza e che invece veniva poi correlato a questo. Spero di essere stato chiaro.

MANCA. E’ stato chiarissimo e ciò conferma tutto l'aspetto tecnico. Comunque, questo avrebbe soltanto attinenza con la semicollisione, perché la traccia del missile sul relitto non c'è.

SALVI. Onorevole senatore, anche su questo siamo al solito; il nostro compito sarebbe quello di dare certezza ma purtroppo, se non siamo riusciti, non possiamo inventarci le cose. La ragione del turbamento nel dare la risposta è data dal fatto che riteniamo non ci sia nessuna traccia d'impatto di missile sulla fusoliera del DC9. Ribadiamo che - secondo tutte le sperimentazioni fatte e secondo i modelli elaborati al computer e via dicendo - se vi fosse stata un'esplosione, per la quantità di materiale che abbiamo dovrebbero esservi delle tracce sulla fusoliera del DC9. D'altra parte, è anche vero che le tracce ricostruibili dal radar porterebbero a ritenere una traiettoria di attacco missilistico sia pure anomala, non di quelle di tipo tradizionale che vengono scelte, per cui rimane un contrasto di fondo tra i dati radaristici e quelli del relitto, che "parlano" ma non ci dicono tutto.

GUALTIERI. Se utilizziamo la requisitoria perché una parte di noi dica con sicurezza che è stata una bomba e un'altra parte dica che è stato invece un missile, contraddiciamo in questo modo tutto quello riportato dalla requisitoria. Il mio amico generale sta dicendo che è escluso categoricamente questo. La relazione che c'è stata portata non ci dà certezze.

TARADASH. E’ l'unica certezza che ci dà.

PRESIDENTE. Mi scusi, senatore Gualtieri, le devo dire che la requisitoria è chiara. Dall'esame del relitto sembrerebbe in prevalenza da escludere che sia stato un missile; i tracciati radar darebbero invece un'indicazione di senso contrario. Questo è il punto.

MANCA. No: la presenza di un aereo e non del missile. Sono due cose diverse.

PRESIDENTE. Ho capito: è una quasi collisione. Se dobbiamo ritenere, nell'ambito del calcolo delle probabilità, che sia scoppiata la bomba mentre l'aereo passava ortogonale sotto il DC9, mi sembrerebbe di dover ritenere che era un aereo che si trovava...

GUALTIERI. Il nostro compito non è questo.

PRESIDENTE. Lo so, ma non posso impedire al senatore Manca di rivolgere delle domande, dal momento che ho lasciato all'onorevole Fragalà la possibilità di chiedere agli auditi una revisione della sentenza di Bologna!

MANCA. D'altra parte, sulle stranezze delle domande che ho sentito in questa e in altre sedute potrei scrivere un romanzo. Ho lasciato perdere, perché è la dialettica della democrazia. Io stesso approfitto della sede istituzionale, dal momento che non posso andare a trovare gli auditi in privato per chiarire i dubbi che ho.

Per quanto riguarda le tesi, devo dire che non hanno importanza perché abbiamo capito adesso la piega presa. Non c'entra niente la causa. Se vuole essere accontentato, signor Presidente, l'attenzione della Commissione si poggerà su altri settori e non tanto sulla causa. Più che domande di chiarimento sulla requisitoria, ciò che sto per ricevere appartiene alla categoria dei pareri. Questo c'entra, perché alla fine la Commissione stragi dovrebbe indicare al Parlamento il da farsi per evitare in Italia il ripetersi di depistaggi o di quelle situazioni verificatesi che hanno portato alla vicenda di Ustica.

Vorrei sapere dai pubblici ministeri, i quali dopo anni di lavoro hanno molta confidenza con il problema relativo agli incidenti aerei civili, se non ritengano in particolare che la vicenda di Ustica avrebbe avuto uno sviluppo molto più semplice e soprattutto più rapido se nel nostro paese fosse stata presente - peraltro non lo è ancora - un'organizzazione o un organismo deputato stabilmente e in forma autonoma (quindi, non dipendente da politici o da istituzioni) ad indagare sui disastri aerei civili. Oltre questo, su cui peraltro c'è stato un accenno sia questa sera che in sede di presentazione del documento, vorrei conoscere il loro parere in merito al fatto che il Ministero dei trasporti, dopo la rinuncia della Commissione Luzzatti a proseguire i lavori, non ha provveduto a nominare un'altra Commissione - come previsto peraltro dalla legge - lasciando poi tutto e solo nelle mani della magistratura.

PRESIDENTE. La domanda mi sembra pertinente.

ROSELLI. Si tratta ovviamente di pareri del tutto personali. Mi sembra, come già ha accennato il collega Salvi, ovvia la risposta alla prima domanda. Sarebbe sicuramente augurabile la presenza di un organismo, quale quello indicato dal senatore Manca, anche se bisogna tenere presente che - grazie a Dio - in Italia fino al 1980 non si sono verificati tanti incidenti aerei da dover giustificare l'istituzione di quest'organismo. La maggior parte degli incidenti si è verificata proprio negli anni immediatamente antecedenti al 1980 e soprattutto a Palermo. Quanto alla seconda questione, se non sbaglio, lo scioglimento della Luzzatti precedette di poco l'affidamento degli incarichi di carattere peritale da parte della magistratura, determinando così un problema di coordinamento che poteva facilmente sfociare in un intralcio. Soprattutto è da tenere presente che la commissione Luzzatti non si sciolse per mancanza di volontà di lavorare (anzi sotto vari profili la sua attività fu encomiabile e utilizzata dalle perizie successive) ma proprio per l'impossibilità di avere strumenti operativi, primo tra tutti, come detto chiaramente dalla commissione stessa, quello rappresentato dall'aereo (tra l'altro difficilmente recuperabile). Il relitto, infatti, fu recuperato solo vari anni dopo. Per non parlare del rilievo di certi strumenti di indagine, quali audizioni testimoniali, sequestri, perquisizioni, che sono strumenti tipici dell'autorità giudiziaria e che la commissione amministrativa non poteva avere.

MANCA. Dottor Roselli, ho fatto la domanda non per farmi dire i motivi per cui la Luzzatti rinunciò al suo mandato, ma soprattutto per portare il discorso sul fatto che ci potrebbero essere responsabilità anche al di là del settore aeronautico, mi riferisco a responsabilità istituzionali, alle quali tuttavia non accennerò. Veniamo ad un'altra domanda. Le conclusioni cui è giunto il collegio peritale Santini sono riportate a pagina 18 della requisitoria come non del tutto unanimi. Possiamo sapere dove e perché non si è verificata una identità di parere? Le chiedo questo perché sul punto ci sono delle forzature interpretative e perché secondo me una spaccatura non c'è stata. Vorrei sapere veramente come è andata in quel collegio.

SALVI. Senatore Manca, lei ha ragione, non c'è stata una spaccatura del collegio. Abbiamo infatti distinto tra la spaccatura del collegio Blasi e la non unanimità del collegio Santini, perché due componenti molto stimati del collegio, Casarosa e Held, arrivarono a conclusioni diverse circa la possibilità di ricostruire come ipotesi possibile, non necessaria, la dinamica e quindi la causa del sinistro. Quello che invece abbiamo rilevato con maggior forza è il netto contrasto, questa volta sì lo scriviamo, che si è venuto a determinare tra il collegio principale e quelli sussidiari. Questi ultimi sono infatti giunti tutti a conclusioni che quanto meno non corroborano quelle del collegio Santini.

MANCA. Non mi riferivo a quello, bensì solo al fatto che due componenti abbiano detto di sottoscrivere le conclusioni, ma anche che se un domani fossero uscite fuori le prove della presenza di altri aerei, allora la cosa sarebbe stata diversa. Ma forse è una sfumatura.

SALVI. Senatore Manca, non è solo una sfumatura, perché quello che noi scriviamo in un'altra parte della relazione è la risposta ai quesiti a chiarimento. Quando fu depositata la relazione peritale noi pubblici ministeri già da allora manifestammo la nostra preoccupazione per l'orientamento espresso dal collegio peritale perché ci sembrava ci fossero cose non ben spiegate, così chiedemmo al giudice istruttore di chiedere ai periti alcuni chiarimenti. Formulammo in tal senso 20-25 richieste sugli accertamenti fatti dal collegio peritale. Ci fu proprio una separazione nelle risposte, perché mentre la parte principale del collegio forse si limitò a trasformare le risposte dubitative, sulle quali noi avevamo delle perplessità, in assertive, e quindi si limitò a dire che riteneva che quel tale pezzo doveva essere considerato prova di esplosione, mentre in precedenza aveva utilizzato un percorso logico molto più incerto, Casarosa e Held accettarono il contraddittorio e in qualche maniera, supportarono le nostre preoccupazioni (tanto è vero che poi quando abbiamo ripreso quelle risposte ai chiarimenti, abbiamo utilizzato quel lavoro). Lei ha ragione nel dire che Casarosa e Held hanno condiviso la relazione peritale e che non vi è stata alcuna spaccatura: non vi è dubbio però che il loro contributo, non solo nella relazione, ma anche nel lavoro successivo, sia stato molto più problematico e abbia fornito elementi di valutazione che sono quelli che poi in parte hanno contribuito a fondare il convincimento negativo rispetto alla conclusione della perizia Santini.

MANCA. Quindi, su undici, due avevano una certa visione e nove un’altra.

ROSELLI. Sì, è così.

MANCA. E tra i nove c'era Taylor, considerato come uno delle massime autorità sugli incidenti aerei.

SALVI. Anche Protheroe (ausiliario molto bravo nonché collaboratore di Taylor), che non faceva parte del collegio peritale, sostanzialmente condivise questa impostazione. Non c'è dubbio che per noi è stato molto difficile esaminare questi aspetti, però mi farebbe piacere se lei mi indicasse, visto che lei ha anche delle competenze tecniche, se ci sono state delle valutazioni errate o non condivisibili, perché sarei pronto a discuterne con lei.

Nel nostro lavoro abbiamo utilizzato cognizioni tecniche non in nostro possesso, ma tutto il materiale dei periti. A volte ci sono dei meccanismi, anche mentali, che scattano in noi come in tutti quanti, e lo credo che la volontà di dare una risposta positiva, a volte possa portare a forzature interpretative. Credo, per esempio, che l'esperienza dell'Istituto, nel quale lavoravano alcuni dei periti, che aveva esaminato il caso Lockerbie, sia stata determinante per il giudizio del collegio peritale perché si è ritenuto di dover utilizzare lo stesso meccanismo logico e gli stessi elementi utilizzati per il caso citato per dare una risposta ai nostri quesiti. Per esempio, Protheroe individua il fenomeno del quilting, e cioè delle deformazioni che si determinano nei punti di incrocio tra le ordinate e i correnti e le deformazioni che la lamiera presenta, come sicura individuazione della presenza di una sovrapressione interna. Ciò probabilmente in analogia con quanto si verificò nel caso Lockerbie dove l'effetto disastroso, e cioè l'improvvisa apertura dell'aereo, derivò dalla canalizzazione della forza dell'esplosione, avvenuta nel portabagagli, nei condotti di aerazione dell'aereo, che determinò lesioni in luoghi completamente diversi da quello da dove era situata la bomba. Quindi, l'ipotesi che fu fatta sulla base delle analisi delle deformazioni strutturali riportate dall'aereo, aveva portato in un primo momento alla ferma convinzione di questi esperti della localizzazione dell'esplosivo all'interno della fusoliera in una determinata posizione. Quando furono recuperati gli altri pezzi della fusoliera, fu necessario riconsiderare questa ipotesi. Noi abbiamo valutato attentamente questo percorso logico che poi si è riprodotto, esattamente nella stessa maniera, per ciò che concerne l'interpretazione degli elementi tecnici derivanti dall'esame della toilette, ed abbiamo concluso che questo metodo di indagine, che sicuramente è molto importante e corretto e che è fondamentale per la ricostruzione, non è di per sé sufficiente; deve portare dei riscontri di carattere diverso, come nel caso di Lockerbie fu il rinvenimento di tracce dirette di esplosivo - perché l'aereo cadde a terra e quindi fu possibile trovarle - e che invece, lo ripeto, sono escluse nella toilette da tutti coloro che hanno effettuato degli accertamenti tecnici. Abbiamo anche valutato una cosa che il collegio peritale non aveva valutato: che l'unico caso per il quale abbiamo avuto nozione di una esplosione nella toilette di un ordigno in una posizione che poteva essere corrispondente a quella ipotizzata dal collegio peritale su di un aereo di tipo diverso, ma di struttura analoga (perché la toilette si trovava collocata in corrispondenza del motore destro che a sua volta si trovava collocato, così come quello del DC9, sulla fusoliera) reca all'interno della toilette e sul motore esattamente quel tipo di danno che era stato ipotizzato nelle simulazioni all'elaboratore e verificato nel corso degli esperimenti effettuati facendo esplodere una vera toilette posta vicino ad un simulacro di motore. Abbiamo quindi ritenuto di avere un ulteriore elemento, per così dire, sperimentale delle valutazioni fatte dal collegio peritale. E’ vero dunque che siamo andati in direzione di un avviso contrario rispetto alle opinioni espresse da alcuni dei maggiori esperti mondiali in materia di aeronautica; riteniamo di averlo fatto sulla base di elementi che ci sono stati forniti da persone altrettanto esperte, come il collegio chimico, quello metallografico, quello frattrografico e quello esplosivistico, nonché sulla base degli elementi che sono stati forniti anche dal R.A.R.D.E. (che poi ha cambiato denominazione), che a mio parere per ciò che concerne la localizzazione nel posto indicato dal periti, e cioè nei pressi del lavandino del DC9, ha fornito delle interpretazioni contrastanti. Quindi abbiamo fatto questa verifica della coerenza logica interna, abbiamo posto a confronto questi risultati con quelli di persone altrettanto qualificate e ne abbiamo tratto le nostre conclusioni.

MANCA. La ringrazio per questa abbondanza di informazioni, però debbo chiederle ancora qualcosa. A pagina 18 della vostra requisitoria si accenna alle difficoltà molto gravi - così sono definite - avute a motivo dell'opposizione formale ed informale, cioè di fatto, del segreto su elementi molto importanti dei dati radar. Vorrei sapere da chi era operata detta opposizione del segreto e comunque se era una opposizione arbitraria oppure era dovuta a regole che vigono in campo nazionale ed alleato sul grado di riservatezza da attribuire ai dati radar. In poche parole, sono da biasimare o al limite da lodare uomini che hanno opposto il segreto? Sempre a proposito di opposizione di segreto, da più parti si è parlato, e anche questa sera se ne è fatto cenno, di una opposizione di fatto di un segreto di Stato oltre a quello formalmente opposto e con modalità diverse da quelle legittimamente previste. Ricordo che un simile modo di procedere in una materia di estrema delicatezza quale quella oggetto dell'indagine aveva come destinatari o alti funzionari dello Stato (quelli che facevano parte delle commissioni peritali) oppure addirittura magistrati che erano tutti, per la preparazione posseduta, in grado di apprezzare compiutamente la correttezza o meno di simili anomali comportamenti. Desidererei avere al riguardo qualche puntualizzazione o chiarimento. A proposito dell'atteggiamento dei militari, come valutate - lo avete accennato nella requisitoria, ma vorrei sentirvelo dire in questa occasione - la collaborazione offerta dall'Aeronautica militare, specialmente negli ultimi anni? Si è parlato di una simulazione, e io ricordo che la simulazione fu fatta a seguito di richiesta da parte dell'Aeronautica: mandiamo un F104 a ripercorrere la rotta. Questo per inciso, perché tutto si inserisce in un quadro complessivo.

SALVI. Rispondo sempre io perché le domande riguardano questi aspetti tecnici. Anzitutto, sopprimeremo la pagina 18... ( ( ( Ilarità ).

MANCA. Le chiedo scusa, ho cercato di fare presto, volevo porre le mie domande con più grazia. (Interruzione del senatore Gualtieri).Senatore Gualtieri, l'Aeronautica ne ha avute tante di medaglie ed ha un medagliere che lei non può neanche immaginare!

PRESIDENTE. Sentiamo la risposta del dottor Salvi.

SALVI Innanzitutto abbiamo ripreso le osservazioni formulate dalla Commissione Luzzatti e dalla perizia Blasi, che hanno osservato che i dati a loro comunicati erano stati incompleti e che non avevano potuto effettuare con chiarezza il loro lavoro per tale mancanza di dati. Sono convinto che il segreto politico-militare sia uno degli elementi fondamentali della vita dello Stato, quindi non ho dubbi sul fatto che sia giusto opporre il segreto: ritengo però che ci siano meccanismi, che sono previsti dalla legge, tali per cui l'opposizione del segreto sia sottoposta a controllo di carattere politico. Quello che noi lamentiamo è che non vi è stata sempre l'opposizione formale del segreto di Stato, ma vi è stata quella che noi chiamiamo una opposizione di fatto, informale, intesa nel senso di non comunicare l'esistenza di informazioni che noi non potevamo conoscere. E’ vero che siamo persone avvertite, che abbiamo studiato e possiamo sapere che esistono delle informazioni; però, siccome queste informazioni non sono a disposizione della collettività e nemmeno dei nostri periti, a volte non era possibile sapere che tali informazioni esistevano né era possibile domandarlo, perché la domanda presuppone la conoscenza: se lei non sa che esiste una certa cosa non la può nemmeno domandare. Noi abbiamo espressamente indicato in una pagina della nostra requisitoria che quando, per le note vicende, il dottor Priore divenne giudice istruttore e noi diventammo i sostituti procuratori addetti al procedimento, una delle prime cose che facemmo fu cercare di capire come funzionavano questi dati radar. Ci recammo in una sede dell'Aeronautica militare, mi pare a Mortara, dove - risulta a verbale, lo abbiamo citato - chiedemmo se le trascrizioni fino a quel momento fatte, la stampa delle informazioni contenute nei nastri di Marsala effettuata fino a quel momento era tutta, oppure se vi fossero altre informazioni. La risposta fu: è completa, non esistono altre informazioni. Abbiamo dovuto imparare - con il tempo, con molto tempo, perché nessuno ce l'ha detto e lo abbiamo scoperto noi, passo dopo passo - che quei nastri contenevano moltissime altre informazioni la cui pertinenza al processo non toccava valutare a chi faceva la stampa di quei radar, ma esclusivamente all'autorità giudiziaria. La risposta corretta sarebbe stata: esistono altre informazioni che sono coperte dal segreto militare. Al che, noi avremmo interpellato il Presidente del Consiglio e gli avremmo chiesto se si assumeva la responsabilità politica dell'opposizione del segreto. Tra queste informazioni nascoste ve ne erano alcune che sono state importanti. Certo, non c'è l'informazione dell'esistenza o meno di un altro aereo, ma per esempio c'è lo stato di allarme delle diverse basi, la prontezza degli intercettatori, l'armamento dei singoli intercettatori sulle diverse basi; ci sono le operazioni a consolle dei diversi operatori, c'è la possibilità di localizzare in punti geografici le operazioni che vengono effettuate attraverso la ball tab, la palla che si trova sul desco dell'operatore e con la quale egli posiziona sullo schermo il suo puntino. Questa informazione, per esempio, che per noi è molto importante, l'abbiamo appresa, se non ricordo male, nel 1997, ed esclusivamente attraverso l'attività effettuata presso la NATO, la quale ha collaborato in maniera molto seria perché ci ha detto quello che ci poteva dire e quello che non ci poteva dire, così noi abbiamo saputo quello che potevamo sapere e quello che non potevamo sapere. Non abbiamo dovuto lavorare anni per capire che esistevano ancora delle informazioni che nessuno ci aveva dato. Io vorrei sapere sulla base di quale scienza infusa avremmo potuto chiedere all'Aeronautica militare se sul nastro era registrata la posizione geografica del movimento della palla effettuato dall'operatore. L'informazione non è irrilevante perché attraverso quell'informazione, ad esempio, noi abbiamo potuto verificare che prima del momento in cui altri avevano la cognizione del luogo in cui era caduto il DC9, un operatore di Marsala posiziona sul punto esatto di ultima battuta del DC9 il suo strumento, e noi ci chiediamo: da dove ha avuto la cognizione precisa del punto dove posizionare la ball tab? Forse se avessimo avuto questa informazione nel 1980 anziché nel 1997, avremmo potuto fare qualche domanda più pertinente.

MANCA. Certe volte colloquiare con i magistrati non è facile per uno che non ha mai vissuto certe esperienze. L'atteggiamento iniziale nei riguardi della magistratura da parte di un'istituzione cambia con il tempo, tant'è che alla fine si esagera a dire tutto. Quindi, vi è da prendere in considerazione questo atteggiamento mentale di individui che per una vita sono stati abituati a vivere il segreto, ovattati, a non avere mai contatti con un magistrato, per cui non sanno neanche loro perché dicono o non dicono. Di qui a dire che c'è del dolo... ce ne passa, da qui a dire che c'è stata una congiura, un complotto, tutte queste cose...

SALVI. Non ho ancora risposto alla seconda parte della sua domanda, sulla collaborazione. Effettivamente, in seguito abbiamo avuto una collaborazione molto diversa e molto buona. Il limite è stato comunque quello di cui ho parlato prima. Alcune cose probabilmente si sono trascinate perché forse nessuno aveva cognizione di ciò che ci era stato detto e di ciò che non ci era stato detto. Una collaborazione molto importante è intervenuta anche nei rapporti con la NATO. Per esempio, la possibilità di fare domande puntuali a quest'ultima ci è venuta anche dalle informazioni che ci sono state fornite dall'Aeronautica militare prima che potessimo porre i quesiti. Quindi in quel caso, ad esempio, vi era un segreto, l'Aeronautica non poteva superarlo perché era un segreto sovranazionale però ci ha messo nelle condizioni di porre le domande giuste, alle quali sono state date delle risposte.

MANCA. E’ di importanza strategica considerare questa affermazione perché l'istituzione Aeronautica non c'entrava. A tale proposito ho i necessari riferimenti; sarà stato un lapsus? Mi chiedo perché nella requisitoria, in più pagine, vi è scritto: l'Aeronautica militare ha un atteggiamento ostruzionistico e delittuoso. Che c'entra l'istituzione con il comportamento di alcuni individui? Forse per brevità hanno scritto così perché non credo che lor signori possano credere che in 70.000 siano indiziati di reato. Era un'espressione da considerare in un certo contesto.

ROSELLI. Si è sempre cercato di distinguere e riferire i comportamenti a singoli esponenti dell'Aeronautica. Va peraltro sottolineato che taluni comportamenti vengono comunque attribuiti a quelli che in quel momento erano i vertici dell'Aeronautica. Quindi, se qualche volta si è parlato dell'Aeronautica, si intendeva dire in quel momento i vertici dell'Aeronautica per cui l'accostamento non era del tutto peregrino.

MANCA. A pagina 404 si fa riferimento agli effetti derivanti dall'incompletezza dei documenti e delle informazioni trasmessi dall'Aeronautica militare. A pagina 610 si richiama l'atteggiamento contorto tenuto dall'Aeronautica militare; si fa riferimento all'atteggiamento ostruzionistico dell'Aeronautica militare. Ho capito il senso di certe affermazioni però volevo essere preciso.

ROSELLI. Non si è mai parlato dell'Aeronautica come istituzione.

MANCA. Mi sembrava comunque doveroso chiarire questo punto in ossequio alle istituzioni. Ricordo le pagine 404, 610 e 621, ma non volevo riaprire il dibattito.

Vorrei fare un'ultima domanda sulla responsabilità dei politici che in parte è stata brillantemente esposta - lo riconosco - dal presidente Gualtieri. La faccio pure io perché peraltro ho ritrovato elementi che suffragano la mia idea, contenuta in un'appendice alla relazione del 1992 del senatore Gualtieri redatta da due deputati della sinistra ed esattamente il deputato De Julio ed il senatore Macis. Premesso che ritengo di poter concordare con il giudizio formulato dal presidente Pellegrino secondo il quale l'esposizione che è stata fatta l'altra volta della prima parte della requisitoria sia stata abbastanza estesa, insieme a quella scritta, e si sia basata su una serie di dati che hanno una loro oggettività. Nella seconda parte ho avuto modo di rilevare come essa sua assai meno ampia con riferimento ad altri aspetti riguardanti soggetti comunque coinvolti nella vicenda, nonché alla trattazione della responsabilità dei politici. Se non vado errato, nella seconda parte della requisitoria, ai politici sono dedicate solo due o tre pagine (pagina 506 e 507). In altri termini, per usare un termine già usato dal presidente Gualtieri, il "conto" viene presentato solo ad esponenti dell'Aeronautica. Ho avuto modo di leggere in atti ufficiali riguardanti Ustica, in particolare nella nota integrativa alla relazione Gualtieri 1992, pagine 55, 56 e 57, che le responsabilità a livello governativo hanno costituito un elemento portante e decisivo di copertura della verità su Ustica; che "i ministri Formica e Lagorio tennero per sé l'ipotesi del missile di cui erano a conoscenza fin dall'indomani del disastro; che gli stessi elementi forniti sin dal 1980 dal ministro Formica sono andati dispersi sulle nebbie calate sulla vicenda; che vi era stata una preventiva denuncia di iniziativa, di inchiesta e di accertamento; che da parte di responsabili politici era mancata l'attenzione a causa dell'impressionante concomitanza con altre vicende terroristiche quali la strage di Bologna del 2 agosto 1980 e del sequestro D'Urso".

Mi sono chiesto e chiedo a lor signori: è possibile affermare concordemente che, se inerzia vi fu, tutto sia dipeso unicamente dalla disinformazione reale o presunta, posta in essere da alcuni esponenti aeronautici, quando invece numerosi erano gli inputs di varia natura, tutti ben tesi a verificare la causa del disastro e provenienti da organi degli apparati statali, dai mass-media e dalle numerose interrogazioni parlamentari. La stessa natura delle spese di recupero del relitto, come rientranti tra quelle a carattere obbligatorio dello Stato essendo spese per la giustizia, da taluni è stata definita come nozione elementare: perché ciò è potuto sfuggire a politici titolari di alte cariche istituzionali? In definitiva, mi sembra che la posizione dei politici e cioè la sofferta disinformazione cui è correlata in modo determinante l'ipotesi della gravissima accusa ex articolo 289 del codice penale - che poi è l'alto tradimento - sia meritevole di un ulteriore adeguato approfondimento. Mi domando comunque, e lo chiedo anche al presidente Pellegrino, se non sia il caso che la nostra Commissione si assuma questo compito anche per dare più spazio e più corpo a questa parte non trascurabile dell'inchiesta su Ustica.

ROSELLI. Mi pare che sul punto si sia già ampiamente risposto. Vorrei solo sottolineare due aspetti. Innanzitutto, la nostra attività è rimasta bloccata dall'assoluta negazione da parte di esponenti dell'Aeronautica militare che si fosse riferito qualcosa all'autorità politica perché nulla vi era stato. Comunque, nonostante le dichiarazioni di tutti gli esponenti politici sentiti che nulla era stato detto da parte di esponenti dell'Aeronautica militare, il nostro ufficio non si è accontentato ed ha svolto anche numerose attività di ricerca, di perquisizione e di sequestri a carico di imputati e presso uffici pubblici. Mentre sono state trovate, a livello di appunti e di agende, tracce di notizie acquisite da parte di esponenti dell'Aeronautica militare e dei servizi e rimaste occulte, mai comunicate, nulla invece si è rinvenuto a proposito di notizie altrettanto riservate comunicate all'autorità politica: di rapporti tra Sismi e rappresentanti dell'Aeronautica militare ne sono stati trovati tanti; di appunti relativi ad informative fatte ai Ministri, mai. In particolare, molte notizie importanti (ricordo per tutte solo quella relativa al capo di gabinetto sul MIG libico) risultano essersi fermate al livello del gabinetto della difesa, retto in quel momento da due esponenti dell'Aeronautica militare (rispettivamente, il capo gabinetto ed il vice capo gabinetto).

PRESIDENTE. Ringraziamo i magistrati per la loro disponibilità e la loro pazienza.

Rinvio il seguito dell'audizione dei dottori Nebbioso, Roselli e Salvi alla seduta di martedì 13 ottobre.

La seduta termina alle ore 23,15.

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