Commissione parlamentare d'inchiesta sul terrorismo in Italia e sulle cause della mancata individuazione dei responsabili delle stragi

44a SEDUTA

VENERDÌ 13 NOVEMBRE 1998

Presidenza del Presidente PELLEGRINO

indi del Vice Presidente MANCA

Indice degli interventi

PRESIDENTE
ARPINO
BONFIETTI (Dem. di Sin-L'Ulivo), senatrice
DE LUCA Athos (Verdi-l'Ulivo), senatore
MANCA (Forza Italia), senatore 1 - 2
MANTICA (AN), senatore 1 - 2
TARADASH (Forza Italia), deputato
TASSONE (UDR), deputato
VENTUCCI (Forza Italia), senatore

 

La seduta ha inizio alle ore 9,45.

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la seduta. Invito la senatrice Bonfietti a dare lettura del processo verbale della seduta precedente.

BONFIETTI, segretario, dà lettura del processo verbale della seduta del 4 novembre 1998

PRESIDENTE. Se non vi sono osservazioni, il processo verbale si intende approvato.

 

COMUNICAZIONI DEL PRESIDENTE

PRESIDENTE. Comunico che, dopo l'ultima seduta, sono pervenuti alcuni documenti, il cui elenco è in distribuzione, che la Commissione acquisisce formalmente agli atti dell'inchiesta.

 

SULLE DICHIARAZIONI RESE ALLA STAMPA DA UN MEMBRO DELLA COMMISSIONE

PRESIDENTE. Il collega Tassone ha richiesto alla Presidenza di intervenire in limine a questa seduta. Pertanto, do la parola all'onorevole Tassone.

TASSONE. Signor Presidente, il giorno dopo l'audizione dell'ammiraglio Battelli, direttore del SISMI, svolta da questa Commissione, il collega senatore Athos De Luca ha rilasciato un'intervista alla stampa con la quale chiedeva le dimissioni dell'ammiraglio Battelli esprimendo giudizi e valutazioni su di lui e sui contenuti del suo intervento in Commissione, valutazioni particolari rispetto ad alcuni passaggi della sua audizione. Non voglio entrare nel merito delle considerazioni espresse dal senatore De Luca ma, signor Presidente, dal momento che per la prima volta ci troviamo in presenza di episodi di questo genere, ritengo che il senatore De Luca si sia comportato in termini anomali - tanto per usare un eufemismo - ed irriguardosi nei confronti della Commissione stessa. E’ fuori discussione il mio apprezzamento e la mia stima per il senatore De Luca - lo dico sinceramente e non si tratta di una affermazione rituale - ma ritengo che un comportamento di questo tipo non possa essere accettato. Un eventuale giudizio sull'audizione e sulle dichiarazioni rese dall'ammiraglio Battelli doveva essere espresso dalla Commissione nel suo Ufficio di Presidenza. Si è trattato quindi di un episodio serio anche perché, oltretutto, ha avuto riscontri negativi nell'ambito dell'opinione pubblica, almeno quella che segue e tratta tali problemi.

Signor Presidente, non so quale tipo di iniziativa la Commissione possa assumere. Se a seguito di ogni audizione ciascun membro della Commissione stragi dovesse uscire fuori dalle linee con giudizi e con proposte, tutto si complicherebbe maggiormente e complicherebbe ancora di più il lavoro delicato che tale Commissione, a guida della sua Presidenza, sta conducendo. La posizione che io esprimo questa mattina riguarda quindi e deve riguardare tutti i colleghi della Commissione. Ecco perché, signor Presidente, ritengo che dobbiamo assumere un'iniziativa, almeno collegialmente, e dobbiamo farlo in termini molto precisi e puntuali. Signor Presidente, ritengo che anche lei abbia avvertito e avverta tuttora questo disagio nei confronti di tale episodio che certamente non esalta - come dicevo poc'anzi - ma comprime e mortifica il lavoro della Commissione stessa e quello dei commissari. Aspetto ovviamente che lei, l'Ufficio di Presidenza, o i commissari ritornino a puntualizzare e focalizzare questi aspetti anche per rendere operanti ed operativi i lavori della Commissione e, soprattutto, le conclusioni cui la stessa, in base alla sua attività, dovrà pervenire. Infatti, se continuano a ripetersi tali comportamenti, tutto sarà più difficile e più complicato. Signor Presidente, ringrazio lei e tutti i colleghi per il tempo e l'attenzione concessami.

MANCA. Signor Presidente, condivido in pieno le affermazioni del collega onorevole Tassone ed invito a riflettere la Commissione sulle conseguenze di alcune dichiarazioni rese dal collega De Luca. In particolare, mi chiedo se non ci sentiamo eventualmente responsabili di processi di piazza che poi, a parole, noi condanniamo. Sostengo pertanto le dichiarazioni del collega Tassone e chiedo che da oggi in poi la Presidenza sia più incisiva nel redarguire chiunque di noi dovesse ripetere gli errori del passato.

PRESIDENTE. Onorevole Tassone, io non ho il potere di censura nei confronti dei membri di questa Commissione, né posso impedire, trattandosi di un organismo parlamentare e non di un collegio giudicante e giudiziario - anche se le nostre funzioni si avvicinano a quelle della giurisdizione - che qualcuno di noi esteriorizzi atteggiamenti assunti all'interno della Commissione. A favore del collega De Luca rimane il fatto che il suo scarso apprezzamento per le dichiarazioni dell'ammiraglio Battelli sia stato manifestato in questa sede e non si è trattato di un atteggiamento isolato (ricordo ad esempio l'intervento del senatore Staniscia). Certamente nelle dichiarazioni del senatore De Luca c'è qualcosa che personalmente - per quello che può valere la mia opinione - non mi ha convinto ed io ho voluto sottolineare questa mia posizione tramite alcune dichiarazioni alle agenzie di stampa e attraverso la successiva intervista che ho rilasciato a "II Manifesto". Innanzitutto, l'audizione dell'ammiraglio Battelli si era conclusa in maniera interlocutoria. L'ammiraglio aveva registrato l'insoddisfazione diffusa della Commissione per le sue dichiarazioni e aveva assunto l'impegno di approfondire le esigenze manifestate da diversi commissari; pertanto, come risulta dal verbale approvato, la nostra era una decisione di tipo interlocutorio. Naturalmente, non posso escludere che la Commissione stabilisca un codice di autodisciplina e allora la questione, anche per quanto riguarda la Presidenza, sarebbe diversa. Attendo proposte dai commissari; la Commissione potrebbe anche discutere e approvare un ordine del giorno in cui si autolimita; nel momento in cui si stabilisce un autolimite e questo fosse violato, la mia posizione allora sarebbe diversa e potrei richiamare i colleghi al rispetto del limite. Vorrei comunque sottolineare un'osservazione. A mio avviso, il problema investe la responsabilità politica del Governo, e lo dico con chiarezza. Infatti, spesso si ha l'impressione che gli uomini degli apparati istituzionali che si presentano in Commissione sono convinti di fare il proprio dovere se dicono poco. Questo cambierebbe se l'input politico stabilisse che più essi riferiscono più compiono il proprio dovere, più assumono un atteggiamento collaborativo rispetto ai compiti della Commissione, più ciò viene apprezzato in sede politica.

In ordine all'episodio relativo al senatore De Luca, in amicizia e con cortesia sostengo che nell'intervista da lui rilasciata sembrava che il suo giudizio fosse quello dell'intera Commissione. Pertanto, invito il collega a fare maggiore attenzione per il futuro. Ognuno di noi può riferire, entro certi limiti, ciò che ha sentito in Commissione e le proprie dichiarazioni rese in quella sede, e può sostenere di esprimere un proprio personale parere. La richiesta di dimissioni di un vertice di uno degli apparati di sicurezza più delicati del paese dovrebbe essere affidata ad un dibattito in Commissione ed è un compito che spetta solo a questo organo: la posizione individuale lascia il tempo che trova e corre anche il rischio di essere intesa come una valutazione collegiale che, invece, in quel caso non c'è stata, anche perché, in realtà, l'audizione dell'ammiraglio Battelli - ripeto - si è conclusa in modo interlocutorio. Ricordo ancora le mie parole riportate nel verbale già approvato; in quella seduta, dissi che l'ammiraglio Battelli sarebbe dovuto tornare perché aveva compreso le esigenze della Commissione rispetto alle quali avrebbe dovuto offrire un ulteriore e maggiore contributo, perché effettivamente - e questo è condiviso da tutti - l'audizione dell'ammiraglio Battelli ci lasciò esattamente nella stessa posizione precedente alle sue dichiarazioni rese in quella sede. Questo rappresenta indubbiamente un fatto che può meritare una valutazione negativa ma in un esito finale della vicenda, cioè dopo una seconda audizione dell'ammiraglio che dovesse concludersi senza che Battelli abbia detto una parola in più rispetto alle sue dichiarazioni precedenti. Non so se il senatore De Luca si ritenga soddisfatto delle mie affermazioni. Lo invito quindi a prendere la parola e a spiegare il suo punto di vista.

DE LUCA Athos. Signor Presidente, non ho inteso assolutamente prevaricare la Commissione, nel senso di attribuire ciò che ho detto al parere dei colleghi. D'altra parte, la seduta era pubblica e sono rimasti agli atti gli interventi dei colleghi. Mi sono limitato a registrare che questa insoddisfazione non era un fatto isolato del sottoscritto, ma che era diffusa anche in altri membri della Commissione.

Presidente e colleghi, vorrei spiegarvi le mie preoccupazioni. Sono stato tra coloro che hanno voluto che la Commissione stragi continuasse a vivere, perché ritenevo che forse oggi, a distanza di tanti anni da quegli episodi, vi fossero le condizioni politiche nella classe dirigente, in Parlamento e in questa Commissione bicamerale per chiarire alcuni fatti che in passato non erano stati chiariti e che attengono a stragi che ancora pesano sulla coscienza del nostro paese. Ustica è uno di questi episodi, forse tra i più odiosi e scandalosi per gli oramai acclarati depistaggi che sono stati compiuti da organi e apparati dello Stato. Di fronte all'audizione del direttore di uno degli organi più delicati, importanti e strategici dello Stato, il quale avrebbe potuto fornire alla Commissione non dico la verità rivelata, perché nessuno può illudersi di questo, ma almeno, in spirito collaborativo, spunti, indicazioni, elementi. Invece ho avuto la sensazione di trovarmi di fronte ad un muro di gomma, ispirato ad un vecchio modo di rapportarsi. Pertanto, ho inteso reagire politicamente a questo comportamento presentando la richiesta della sua sostituzione. Comunque, me ne assumo la responsabilità. Sono Capogruppo dei Verdi e l'ho fatto a nome del mio Gruppo, dopo averne discusso all'interno del Gruppo stesso, perché voglio che questa Commissione non sia il luogo esemplare di indagini che non si possono fare. Con tutta la prudenza e la serietà che dobbiamo mettere nel nostro lavoro, dobbiamo però anche registrare che questo direttore non è un qualunque cittadino della strada, è una persona che oggi ha grandi responsabilità e dovrebbe avere fedeltà, collaborazione e partecipazione alla ricerca della verità da parte della Commissione. Mi scuso se altri hanno inteso diversamente la mia iniziativa, ma è stato questo il mio obiettivo e continuerà ad esserlo nei limiti delle regole che ci daremo.

PRESIDENTE. Senatore De Luca, la invito però ad essere più chiaro la prossima volta su questo punto, perché leggendo la sua intervista non era del tutto chiaro che lei parlasse a titolo personale, ma sembrava che anticipasse una valutazione della Commissione. E’ vero che a titolo individuale altri commissari avevano espresso la loro insoddisfazione, però come organismo non ci eravamo pronunciati, anche perché - ripeto - avevamo concluso l'audizione dell'ammiraglio Battelli ribadendo il suo carattere interlocutorio. Vorrei poi richiamare l'attenzione sul problema della seduta segreta. Il senatore Gualtieri ha fatto un intervento che, per motivi personali di discrezione e di prudenza politica, aveva chiesto avvenisse in seduta segreta. La seduta si è conclusa intorno alla mezzanotte, eppure già alle ore 8,30 del mattino hanno cominciato a telefonarmi i giornalisti, i quali sapevano tutto ciò che era stato detto in seduta segreta. Questo mi costringerà, la prossima volta che qualcuno chiederà il passaggio in seduta segreta, a precisare che non assumo garanzie personali sulla tenuta del segreto, visto che non è rimasto tale neanche per due o tre ore. Infatti, ripeto, la mattina successiva alcuni giornalisti dell'ANSA mi hanno telefonato per chiedermi dettagli su quella vicenda, facendo anche il nome che il senatore Gualtieri aveva voluto affidare alla segretezza. Lei ricorderà, senatore De Luca, che non ho ammesso la sua domanda sul numero degli agenti del SISMI, anche se lei aveva chiarito che voleva ricevere la risposta in seduta segreta, proprio perché temevo che altrimenti il giorno successivo tutta l'Italia avrebbe saputo quanti agenti segreti ha il servizio segreto militare e questo non fa parte della serietà di un paese, proprio perché sono agenti segreti anche nel numero.

TASSONE. Signor Presidente, vorrei ribadire le mie osservazioni al collega De Luca, al quale tra l'altro avevo espresso anche la mia considerazione e stima. Senatore De Luca, le sue dichiarazioni non mi hanno convinto e per questo reitero le mie obiezioni. Il mio obiettivo è quello di esaltare e dare dignità alla Commissione, non voglio esprimere giudizi sull'ammiraglio Battelli. Ritengo che se lei avesse formulato delle proposte e delle considerazioni nell'ambito della Commissione, ciò sarebbe stato più opportuno e sarebbe andato in direzione dell'esaltazione e del rafforzamento del ruolo di questa Commissione. Invece lei, oggettivamente, con questa sua uscita, ha indebolito il ruolo o quanto meno la serenità e la serietà del ruolo e dell'attività della Commissione. Per questo motivo ho presentato le mie rimostranze, ferme restando la mia considerazione e stima nei suoi confronti e l'apprezzamento per il suo lavoro. Perciò, ritengo debba essere registrato e sottolineato che ogni commissario può dire ciò che vuole all'esterno, può dare giudizi ed esprimere valutazioni, ma credo che l'irritualità dell'intervista balzi agli occhi di tutti e penso che questo - lo ripeto per la terza volta - non vada nella direzione della semplificazione e della razionalizzazione del lavoro della Commissione, anzi lo complica e lo aggrava maggiormente.

PRESIDENTE. Mi sembra però che lei stia affrontando un problema lievemente diverso da quello dell'intervista. Forse lei vuole dire che il senatore De Luca avrebbe potuto presentare prima alla Commissione l'iniziativa di scrivere al Presidente del Consiglio e al Ministro della difesa. Mi sembra che sia questo il suo pensiero, onorevole Tassone; la Commissione poi avrebbe potuto approvare quella proposta o rinviarla (io, per esempio, avrei proposto il rinvio in attesa della nuova audizione di Battelli). Invece, averla anticipata in quel modo come iniziativa individuale effettivamente fa appassire il ruolo collegiale della Commissione. Per la verità, per un rapporto di cortesia e rispetto reciproci, penso che l'onorevole Tassone abbia ragione. Lei, senatore De Luca, avrebbe potuto presentare un ordine del giorno della Commissione indirizzato al Presidente del Consiglio e al Ministro della difesa; ne avremmo discusso ed io avrei proposto un rinvio in attesa della nuova audizione dell'ammiraglio, lo dico sin da adesso, perché non si emette una sentenza quando l'interrogatorio dell'imputato non è finito. Ovviamente, l'ammiraglio Battelli non era imputato, ho solo voluto fare un esempio. Comunque, con questi chiarimenti, credo che la vicenda possa considerarsi conclusa e possiamo iniziare l'audizione del Generale Arpino, che prego venga fatto accomodare.

 

INCHIESTA SULLE VICENDE CONNESSE AL DISASTRO AEREO DI USTICA: AUDIZIONE DEL GENERALE MARIO ARPINO, CAPO DI STATO MAGGIORE DELL’AERONAUTICA

Viene introdotto il generale Arpino.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione del generale Mario Arpino, Capo di Stato Maggiore dell'Aeronautica. Ringrazio il generale Arpino per aver accolto il nostro invito.

Le ragioni di questa audizione mi sembrano del tutto evidenti, ma forse vale la pena riassumerle. Recentemente, a seguito del deposito della requisitoria sul disastro aereo di Ustica abbiamo dedicato tre sedute all'audizione dei pubblici ministeri, dottori Nebbioso, Roselli e Salvi. Il quadro che ne è emerso è quello già noto: i pubblici ministeri, pur dando atto che nelle fasi finali dell'inchiesta giudiziaria c'è stato un atteggiamento nuovo e diverso da parte dell'Aeronautica, cioè di maggiore collaborazione con l'autorità giudiziaria, nel ripercorrere tutta la storia dell'inchiesta hanno dovuto stigmatizzare un atteggiamento di "chiusura ed impermeabilità" che è durato a lungo da parte dell'Aeronautica. Le riporto una frase della requisitoria, che probabilmente lei avrà letto: "ogni singolo passo delle indagini è stato segnato da informazioni false, fuorvianti o parziali e dalla necessità di sopperire alla documentazione soppressa e manipolata". C'è stata una grande dispersione di materiale probatorio che i pubblici ministeri ritengono non casuale e che quindi ha consentito, sia pure in una mera prospettiva di accusa che merita la verifica prima da parte di giudice istruttore e poi nel dibattimento, una catena di responsabilità che risale fino ai massimi livelli dei vertici dell'epoca.

Come lei sa, le imputazioni maggiori sono di attentato agli organi costituzionali. In estrema sintesi l'oggetto dell'imputazione consiste nell'aver nascosto all'autorità giudiziaria ma soprattutto all'autorità di governo, nell'immediatezza del disastro aereo del 27 giugno 1980 e nei giorni immediatamente successivi, le oggettività dei tracciati radar e in particolare la presenza al loro interno dei famosi plots -17 e -12 che avevano fatto ritenere probabile all'Aeronautica che la causa del disastro non fosse un cedimento strutturale ma potesse essere una questione di interferenza aerea. A mio avviso l'ipotesi iniziale dell'Aeronautica militare è quella della collisione. Ciò determina l'apertura di un'inchiesta interna volta innanzitutto ad accertare che nessun aereo militare italiano fosse stato coinvolto nella collisione e successivamente, in un intenso rapporto con l'ambasciata degli Stati Uniti e il suo addetto militare, che nessun aereo dell'Alleanza atlantica fosse restato coinvolto nel disastro. Di tutto ciò non è stato riferito nulla alle autorità politiche e, dopo che l'inchiesta giudiziaria uscì da un periodo di lungo letargo, la copertura di questa attivazione iniziale dell'Aeronautica ma si è concretizzata in un'attività di soppressione del materiale istruttorio, di falsificazione o di false testimonianze. Le imputazioni scendono per così dire a cascata lungo i rami della catena gerarchica dell'Aeronautica. In particolare vi è l'imputazione al generale Melillo, che se non sbaglio era all'epoca suo diretto superiore gerarchico, di aver trasmesso all'autorità giudiziaria la traduzione di un telex, originariamente in lingua inglese, tendendo a sopprimere una serie di dati oggettivi che invece l'originale conteneva e non venivano trasmessi all'autorità giudiziaria, che dimostrava come quel telex fornisse risposta ad una serie di domande poste nell'immediatezza dell'evento e con riferimento alla notte del 27 giugno 1980.

So che l'Aeronautica ha molto sofferto di questa situazione; penso sia ingiusto confondere le responsabilità personali trasformandole in una situazione di sofferenza delle istituzioni. Vi è sempre una distinzione tra le persone e le istituzioni in cui le persone sono inserite. A tale proposito desidero fare un esempio: se si dovesse scoprire che io sono in possesso di informazioni utili al nostro lavoro e non le comunicassi alla Commissione, gestendole a fini di mia personale carriera politica, in un primo momento la Commissione sarebbe indubbiamente delegittimata da ciò, ma poi la distinzione tra la mia responsabilità e la posizione istituzionale della Commissione dipenderebbe dall'atteggiamento assunto dai colleghi. Se vi fosse ad esempio una manifestazione di solidarietà, la mia eventuale responsabilità coinvolgerebbe logicamente l'intera Commissione; se vi fosse invece un atteggiamento di distacco da parte della Commissione nei confronti del suo Presidente, essa non sarebbe evidentemente coinvolta in un giudizio negativo che riguarderebbe esclusivamente la mia persona. Mi auguro che nell'audizione odierna possa registrarsi un ripensamento da parte dell'istituzione almeno su una parte della propria vicenda, che deve essere opportunamente storicizzata, e su situazioni trascorse che ci auguriamo siano diverse da quelle attuali.

Mi limito a ricordare ai colleghi le precedenti fasi del rapporto tra la Commissione e il generale Arpino che il 3 maggio 1991 ha ricevuto una delegazione della Commissione composta dai deputati De Julio e Zamberletti ed alcuni collaboratori della stessa Commissione. Di quell'incontro, in cui il generale fornì una serie di chiarimenti sulla catena gerarchica dell'Aeronautica, è stato redatto un verbale che è agli atti dell'inchiesta. In data 22 luglio 1991 il generale Arpino è stato interrogato dal giudice Priore - anche il verbale di questo interrogatorio è agli atti della nostra inchiesta - in quanto la notte di quel 27 giugno era il capo del secondo ufficio operazioni del 3° reparto dello Stato maggiore dell'Aeronautica. Conoscendo la situazione di tale ufficio, che era il centro operativo di pace, spiegò al giudice il modulo organizzativo del COP; il generale, in qualità di responsabile di tale servizio, fu immediatamente informato del fatto che la traccia di un aereo civile scomparve. Do per note le sue risposte al giudice Priore poiché fanno parte dell'inchiesta. Durante la mia Presidenza della Commissione parlamentare d'inchiesta, vi è stato un contatto il 1° giugno 1995 tra l'Ufficio di Presidenza e il generale Arpino che era appena divenuto Capo di Stato maggiore dell'Aeronautica. In quell'occasione anticipammo al nostro ospite alcune delle affermazioni testé fatte, sebbene la requisitoria dei pubblici ministeri non fosse stata ancora depositata. Il generale assunse l'impegno di garantire in tutta questa vicenda una neutralità dell'istituzione rispetto alle posizioni degli imputati. Ricordo ai colleghi che eravamo in una fase in cui la Commissione si era impegnata per ottenere che il Ministero della difesa si costituisse parte civile e affinché, in esito a tale scelta ritenuta giusta e opportuna, gli ufficiali in servizio dell'Aeronautica non fungessero più da consulenti di parte imputata per evitare situazioni di conflitto istituzionale: uomini della parte lesa che collaboravano alla difesa dell'imputato. Do atto al generale Arpino che ciò è avvenuto dopo il nostro incontro.

Do la parola al nostro ospite, il quale mi ha preannunciato la lettura di una dichiarazione scritta. In seguito, se non sarà necessario chiedere chiarimenti in ordine a tale dichiarazione, darò la parola ai colleghi.

ARPINO. Signor Presidente, colgo questa occasione per salutare e ringraziare gli onorevoli parlamentari presenti. Mi auguro che l'incontro odierno possa fornire un ulteriore contributo, rispetto a quelli numerosi già forniti in questi anni per fare chiarezza in ordine a ciò che i componenti della Commissione - e tutto sommato anche noi - stanno cercando di capire soprattutto in riferimento al contesto degli avvenimenti. Sono d'accordo con il Presidente sulla necessità di storicizzare quegli eventi, perché tutti gli avvenimenti devono essere opportunamente collocati nel loro contesto. Come cittadino e come capo dell'Aeronautica Militare, un’istituzione dello Stato chiamata in causa molto spesso in questi frangenti, vorrei che si potesse fissare quanto prima un punto fermo su questo tragico episodio che ha provocato sofferenze ai familiari delle vittime, ai quali siamo vicini. Questo avvenimento si è rivelato negli anni nefasto anche per la Forza Armata e per il paese di cui tale istituzione è parte integrante. Questo è il motivo per cui ringrazio lei, signor Presidente, e gli onorevoli membri della Commissione per la convocazione di oggi, alla quale ho aderito molto volentieri, per i motivi che ho appena citato.

Come lei ha già ricordato, signor Presidente, non è la prima volta che vengo ascoltato in Commissione stragi, anche se non sempre ciò è avvenuto in modo formale, non in un'audizione come questa: una prima volta sono stato audito nel mio studio, nel palazzo dell'Aeronautica: e allora avevamo parlato di struttura della Forza Armata, dei rapporti con la NATO, di come si collocavano la catena di comando e controllo nazionale e quella NATO, di quali erano all'epoca le strutture preposte a determinate attività all'epoca; e, nel fare questo, tutto sommato abbiamo già anticipato allora una certa collocazione storica di alcuni avvenimenti. Successivamente, il 1° giugno 1995, esattamente due giorni prima di assumere quest'incarico (ormai sono passati tre anni e mezzo), sono stato ascoltato da lei, signor Presidente, e dall'Ufficio di Presidenza di questa Commissione. Molti dei membri sono cambiati, la prima audizione addirittura è stata tenuta sotto una Presidenza diversa e quindi, proprio al fine di contribuire nel modo più sereno e più concreto possibile all'attività di questa Commissione, vorrei ricollegarmi all'ultima audizione, se lei permette, e vorrei rendere note a tutti le azioni che lei già conosce e probabilmente anche gli altri parlamentari conoscono. Però le vorrei un attimo riassumere. In quell'occasione, che si era concretizzata, signor Presidente, più in una serie di raccomandazioni da parte della Commissione e dell'Ufficio di Presidenza su quella che sarebbe stata e che comunque io intendevo condurre come azione, come comportamento futuro, più che tenere un'audizione vera e propria mi fu esplicitamente indicata una linea di condotta, che io stesso comunque intendevo assumere. Ho quindi avuto conferma dalla Commissione che era corretto assumere questa linea di condotta, che poi è stata quella finora tenuta nel corso del mio mandato. Le raccomandazioni si articolavano sui seguenti punti.

In primo luogo, mantenere quelle distanze, che lei, signor Presidente, ha appena citato, dagli imputati o dagli indiziati, ancorché questi fossero miei colleghi e alcuni anche miei amici, e diversi fossero stati miei superiori. Distacco conseguente alla costituzione dell'Amministrazione della Difesa come parte civile, costituzione richiesta dal ministro della difesa pro tempore, onorevole Andò. Poi mi era stato richiesto, in particolare dalla senatrice Bonfietti, durante quell'audizione, di raccogliere tutta la documentazione ancora disponibile in Forza Armata, reperire quella che ancora non si era trovata o che non era stata fornita e transitarla al giudice istruttore, con particolare attenzione a tutto quello che era avvenuto nei primi giorni dopo la caduta dell'aeroplano. Poi mi era stato anche richiesto di contribuire a risolvere la posizione dei periti, che era ritenuta conflittuale con la costituzione di parte civile e che interessava anche me, in quanto allora non completamente a conoscenza di alcuni fatti e degli sviluppi. Mi riferisco alla posizione di quei periti aeronautici ancora in servizio che collaboravano con le parti imputate. Io ricordo che all'epoca mi premurai di fornire assicurazioni che l'Aeronautica in toto, seguendo le direttive che avrei dato, avrebbe mantenuto il distacco dovuto dagli imputati, nel rispetto del ruolo istituzionale che vede l'Amministrazione della difesa parte civile in causa. Cosa che feci puntualmente, informando gli interessati. Ricordo che non è stata una cosa né facile né divertente, trattandosi di amici e colleghi; ho ricevuto ciascuno di essi nel mio ufficio o li ho sentiti al telefono e ho detto loro quale sarebbe stata da allora in poi la mia posizione nei loro confronti. Devo dire che tutti praticamente hanno capito quest'esigenza della Forza Armata come istituzione, questa separazione della Forza Armata dagli individui, e che questa separazione, ancorché dolorosa, era dovuta. Poi ricordo di avere garantito che avrei compiuto ogni ulteriore sforzo per chiarire con il giudice istruttore quanto accaduto nei primi trenta-quaranta giorni, come mi era stato richiesto, dopo la caduta del velivolo, e per fare questo ho avviato materialmente una nuova ricerca capillare, una ricerca documentale in tutti gli enti della Forza Armata; e, a tal fine, ho cercato di immaginare tutti gli enti che potevano comunque essere stati interessati, anche in modo collaterale, alla vicenda. A questo riguardo ho avuto numerosi colloqui informali, oltre le audizioni già ricordate dal Presidente, con il giudice Priore. Con il giudice Priore ho mantenuto poi contatti fino a quando la fase istruttoria si è chiusa; quindi ho tenuto non solo contatti formali ma anche contatti informali, vi sono state diverse visite reciproche. Il dottor Priore, con qualcuno dei pubblici ministeri, ha visitato anche i locali del nostro gruppo di lavoro su Ustica, ha visitato i nostri uffici, ha contribuito con noi alle ricerche in prima persona e con proprio personale.

In questo non ho fatto altro che continuare il lavoro che era già stato avviato dal mio predecessore, dal generale Pillinini, in termini di forma e di tipo di collaborazione. Si tendeva una volta (lo vedremo meglio quando parleremo del discorso culturale, storicizzando un po'', come ha chiesto il Presidente) a limitarsi a rispondere alle domande (e vedremo perché); da un certo punto in poi ci siamo fatti parte attiva e abbiamo capito che doveva essere così: è un fatto di cultura, di tempi che cambiano. Quindi anche questo è un discorso che andrà collocato temporalmente in qualche modo, se poi avrò l'occasione di farlo durante lo svolgimento delle risposte ai quesiti. A questo proposito vorrei ricordare come più volte il giudice istruttore abbia espresso apprezzamento per la nostra attività, per l'attività del gruppo di lavoro; e mi pare che, sia pure senza applausi, anche nella requisitoria vi sia un riconoscimento di questo tipo di attività o, perlomeno, della novità dell'atteggiamento.

PRESIDENTE. Sì, ci è stato anche verbalmente confermato dai curatori, le do atto di questo.

ARPINO. Di questo sono contento, perché effettivamente tutto ciò è costato uno sforzo notevole, fatto volentieri nell'intento di arrivare a tutte le possibili chiarezze. Sempre per ottemperare alle raccomandazioni di questa Commissione, ricordo che m'impegnai, in quel 1° giugno del 1995, a cercare di risolvere anche, come ho già ricordato, il problema dei periti, anche se sapevo che il Ministro della difesa, che allora era il generale Corcione, già era stato audito dalla Commissione e già aveva ricevuto raccomandazioni in tal senso.

PRESIDENTE. Devo dire che trovai qualche difficoltà nel rapporto con il generale Corcione, allora ministro della difesa, per fargli percepire questo conflitto istituzionale che poteva sorgere.

ARPINO. Io mi sono attivato anche su questo, ho anche documentazione scritta al riguardo disponibile per la Commissione, l'ho portata anche qui, se fosse necessaria. Comunque il giorno dopo mi sono recato proprio dal nostro Ministro, ho avuto con lui un lungo colloquio, gli ho raccontato di quest'incontro con l'Ufficio di Presidenza e con il Presidente e gli ho spiegato quale sarebbe stata la linea d'azione che avrei sviluppato; e, in particolare, ho chiesto di esaminare se era possibile rimuovere quest'autorizzazione che non era stata data dall'Aeronautica, dalla Forza Armata, ma era qualcosa di previsto per legge, di regolare, data dallo stesso Ministro attraverso i suoi organi delegati, istituzionalmente preposti, il capo di gabinetto e i direttori generali. A questo proposito voglio ricordare che proprio il Ministro della difesa pro tempore (non parlo in questo momento del ministro Corcione ma dell'onorevole Andò), che era peraltro colui che si fece promotore della costituzione in parte civile nel 1992, rispondendo in Parlamento ad alcune interrogazioni sul problema degli ufficiali periti di parte civile, affermò di aver dato disposizioni al Capo di Stato Maggiore dell'epoca di vigilare su quest'attività, come a dire "io ho autorizzato, però voi vigilate su questa attività". E mi ricordo che, dopo le raccomandazioni della Commissione, anch'io ho raccolto questa direttiva del Ministro pro tempore e, nell'incarico di Capo di Stato Maggiore, come una delle prime azioni, oltre a farmi interprete delle richieste della Commissione presso il Ministro, ho anche specificatamente raccomandato ai singoli periti di distaccare completamente la loro attività come periti dall'attività di ufficio, rammentando di guardarsi bene dall'utilizzare orari di servizio o mezzi o strumenti o materiali dell'Amministrazione. Anche di questo ho documentazione scritta, che è disponibile per la Commissione, se necessaria. Comunque questo si è risolto subito perché, raccogliendo le raccomandazioni della Commissione e anche le mie, ad un certo punto il ministro Corcione, nel novembre dello stesso anno, sentita anche l'avvocatura di Stato dove ha prevalso il parere che era controindicata questa permanenza nella posizione di periti del personale in servizio, ha revocato le autorizzazioni. Come ricorderà, signor Presidente, di tutte queste azioni condotte e raccomandatemi in fase di audizione con l'Ufficio di Presidenza le ho dato anche riscontro scritto con lettere, appunti e anche colloqui personali.

Vorrei aggiungere che l'attività degli ufficiali periti è stata anche oggetto di attenzioni da parte di una commissione d'inchiesta, disposta - credo sempre su raccomandazione della Commissione parlamentare o del Parlamento - dal Ministro della difesa. Questa commissione - in cui l'Aeronautica Militare non ha avuto alcuna parte, presieduta da un ex dirigente civile in pensione dell'amministrazione, il dottor Faina - credo non abbia formulato alcun rilievo all'attività dei periti in termini di utilizzazione di materiali, mezzi o tempo dell'amministrazione, come era stato raccomandato di accertare. D'altra parte, subito dopo anche l'autorità giudiziaria, con una sentenza del giudice per le indagini preliminari di Roma del 3 gennaio 1997 - questo ogni tanto è giusto ricordarlo, perché vedo che l'argomento è ancora ricorrente alle volte in notizie di agenzia o richieste di sindacato ispettivo parlamentare - ha dichiarato infondata la notizia di reato di abuso di ufficio e di consulenza infedele nei confronti di questi periti. Naturalmente, al di là di quanto mi è stato raccomandato dalla Commissione nel 1995, durante tutto il mio mandato ho fatto il possibile affinché la Forza Armata desse all'autorità giudiziaria in particolare, ma anche alla Commissione, il massimo contributo per la ricerca della verità del contesto e di documentazione. I pubblici ministeri hanno anche riconosciuto che almeno una parte dell'attività e delle conferme o della collaborazione offerta dalla NATO è stata possibile proprio in base a documentazione fornita dalla Forza Armata; anche fortunosamente qualche volta, perché a volte la sciatteria paga. Per esempio, abbiamo ritrovato quel famoso documento sui codici - non mi ricordo in quale dei siti radar - che avrebbe dovuto essere distrutto e che la NATO stessa aveva distrutto; la disponibilità di questo documento ha poi consentito - quindi, guardiamo qualche volta anche in positivo la nostra sciatteria - alla NATO di dare delle risposte per quanto possibile precise al giudice istruttore.

PRESIDENTE. Le do atto di tutto questo. C'è un punto però sul quale credo si dovrà soffermare l'attività d'indagine della Commissione e riguarda quel forte sospetto che i procuratori avanzano sul modo con cui la commissione Pratis ha poi informato l'autorità giudiziaria e il Governo delle risultanze effettive di una serie di esperimenti che erano stati compiuti per ricostruire ex post lo scenario aereo e per vedere quale rilievo quindi potevano poi avere i famosi plots - 17 e - 12 e le altre tracce di possibili interferenze aeree con il volo del DC9. Quello è un punto che i pubblici ministeri non hanno potuto approfondire perché i tempi dell'indagine erano terminati e su cui penso che la Commissione sarà chiamata a svolgere una sua autonoma attività d'inchiesta.

ARPINO. Effettivamente sono a conoscenza che questo è uno dei punti deboli, uno dei punti discussi. Con quello che ho finora detto ho aggiornato anche i parlamentari che allora non facevano parte della Commissione sulle azioni successive a queste raccomandazioni. Se mi permette, signor Presidente, sempre al fine di fornire un contributo a questa attività conoscitiva, vorrei anche sgombrare il campo da alcune imprecisioni di interpretazione della realtà che anche recentemente - forse un mese, un mese e mezzo fa - ho notato in alcune note di agenzia e anche sulla stampa. Mi sembra utile puntualizzare in merito ad una certa opposizione del segreto formale, che viene sempre richiamata, da parte del personale militare interrogato che già nel 1989 - quindi nell'epoca che ha segnato questo cambio di cultura di cui parlavamo - c'è una disposizione dello Stato Maggiore dell'Aeronautica a tutti i comandanti - che potrei anche leggervi, l'ho qui con me - di istruire tutto il personale che eventualmente fosse stato chiamato o in Commissione stragi o davanti all'autorità giudiziaria di non opporre mai il segreto, nella considerazione che il danno che ne sarebbe derivato sarebbe stato comunque superiore, ormai, passati i tempi del muro, al danno relativo alla divulgazione di un certo tipo di notizie. Questo è stato fatto proprio per consentire al personale dell'Aeronautica di fornire negli interrogatori all'autorità inquirente le risposte più puntuali possibili. Tale indirizzo è stato ripreso nel corso del mio incarico: ho qui delle lettere circolari, ovvero degli ordini dati dal Capo della Forza Armata alla Forza Armata in questo senso; sono disponibili anche questi documenti, se necessario. Ho informato anche il Ministro di queste mie disposizioni, facendo presente che però avevo potere solo sul personale in servizio, mentre sul personale in quiescenza non ne avevo alcuno. Naturalmente se il personale in servizio avesse trasgredito, avrei potuto anche intraprendere azioni disciplinari. Mi ricordo che il giudice istruttore ha scritto al Presidente del Consiglio su questo, il Presidente del Consiglio ha scritto al Ministro, il Ministro si è naturalmente rivolto a me ed io ho fatto un ulteriore serie di azioni in questo senso. Il mio limite però è sempre stato quello che davanti al giudice istruttore naturalmente ciascuno è responsabile di se stesso e di quello che dice. Nessun potere ho invece sul personale in questione se è in quiescenza.

Vorrei fare poi ancora una precisazione, signor Presidente, circa l'avvio di iniziative disciplinari nei confronti del personale per cui i pubblici ministeri hanno chiesto il rinvio a giudizio o il proscioglimento. Anche questo è stato chiesto in documenti di sindacato ispettivo o riportato su notizie ANSA; è stato enfatizzato più volte. Io ho fatto presente al Ministro che ogni valutazione nel merito, in considerazione che nel procedimento sono stati coinvolti anche ufficiali o personale appartenente ad altre Forze armate, personale in quiescenza, eccetera, e che interessa soprattutto ufficiali di grado elevato, non è di pertinenza del capo della Forza Armata ma dell'autorità politica ministeriale. In ogni caso, fermo restando che si procede sempre, come è successo, quando le accuse trovano corpo in condanne, in sentenze, la mia autorità politica è perfettamente consapevole della necessità di procedere quando e se sarà il caso di farlo.

PRESIDENTE. Il problema è che, finché ci sono imputazioni, l'azione disciplinare deve necessariamente restare sospesa perché c'è una pregiudiziale penale rispetto all'azione disciplinare. Oggi, sarebbe esperibile l'azione disciplinare per tutte quelle imputazioni sulle quali c'è già stata, o sta per essere emessa, una pronuncia relativa alla prescrizione. In effetti, nel momento in cui il giudice istruttore dovesse dichiarare prescritte una serie di imputazioni, il potere disciplinare riprende la sua piena autonomia. Molte di quelle imputazioni riguardano non posizioni di vertice, ma altre.

ARPINO. E’ esattamente così, non perderemo memoria di questi fatti e di queste persone, né la perderà l'autorità politica ministeriale.

PRESIDENTE. Ovviamente se si tratta di persone ancora in servizio.

ARPINO. Non sono rimaste più molte persone in servizio, mi pare praticamente nessuno tra gli indiziati, forse uno. Provvederemo quando sarà il momento, se sarà il caso e quando ci sarà una formalizzazione della prescrizione.

Vorrei chiarire un'ultima questione perché quanto accaduto mi è dispiaciuto. Come riportato in notizie Ansa, riprese dalla stampa e in un atto di sindacato ispettivo firmato da parlamentari che fanno parte di questa Commissione, sono spiacente di aver espresso, in una conferenza tenuta il 19 giugno di quest'anno, quindi due o tre mesi prima della requisitoria dei pubblici ministeri, alcuni concetti che, forse per mancanza di chiarezza da parte mia, si sono prestati ad una interpretazione diversa da quello che era il loro significato e sono stati correlati, anche in modo virgolettato, da un quotidiano (tutto è stato poi ripreso da un'agenzia e da un'interpellanza), alla requisitoria dei pubblici ministeri e all'evento di Ustica. Ciò non era assolutamente nelle intenzioni. Si tratta di una conferenza che avevo tenuto al Centro Alti Studi, che ebbe un buon successo e di cui lascio la documentazione alla Commissione. Una lettura di quelle parole più serena, non mediata attraverso la stampa e non separata dall'intero contesto, così come è stato invece fatto, avrebbe evitato fraintendimenti (c'è anche un articolo de Il Messaggero che allego). In quella conferenza stavo parlando di dottrina ma, soprattutto, dell'ammodernamento e del personale della Forza Armata. Quando fantasmi del passato volevo riferirmi proprio al cambio di cultura che c'è stato. Infatti, come si è ormai dimostrato, anche forze politiche che erano una volta contrarie al potenziamento, ad acquisizioni di materiali, che erano demonizzanti nei nostri confronti, evidenziano oggi un cambio di cultura, un salto di qualità, per cui ora sono tra i principali sostenitori della necessità di ammodernamento delle Forze Armate. Mi riferivo dunque a tutto ciò in modo apprezzativo, significando però che ci sono delle frange, delle schegge, che resistono al nuovo, che mantengono ancora quella cultura obsoleta e radicata così profondamente nel passato. D'altra parte, 50-60 anni di storia non si cambiano, lasciano traccia, come l'hanno lasciata in noi, mi riferisco al segreto, alla nostra abitudine a mantenere il segreto. Comunque, volevo essere solo apprezzativo e mi dispiace che sia stata data questa interpretazione, mi dispiace di aver dato il destro ad essa, ma se non avessi espresso questi concetti probabilmente l'interrogazione non ci sarebbe stata, per cui faccio ammenda, chiedo venia e non mi dilungo a rileggere quella pagina per mettere in evidenza il vero contesto in cui è stata pronunciata. E’ qui disponibile. Spero con ciò di aver fornito un utile contributo, signor Presidente, e mi dichiaro aperto a rispondere ad ogni quesito. Condivido con lei il discorso della storicizzazione e della collocazione ambientale all'epoca dei fatti di molti degli avvenimenti. Ciò non per giustificare, ma per spiegare.

PRESIDENTE. La ringrazio, Generale Arpino, lei ha introdotto la domanda che volevo rivolgerle e cioè la spiegazione di quale fosse, dal suo punto di vista, la cultura dell'epoca dell'Arma, quale fosse questa cultura del segreto. Infatti, senza anticipare un giudizio che è riservato all'autorità giudiziaria (ma i documenti lo dimostrano con chiarezza) circa la valutazione che l'Aeronautica fa nell'immediatezza dell'evento della possibilità o probabilità che, fra le cause del disastro, potesse esserci anche un fatto aeronautico, quale una collisione, vorrei sapere i motivi per cui l'Aeronautica si attiva, prende contatti con l'ambasciata americana, ma di tutto questo, secondo l'imputazione, non parla all'autorità politica, all'opinione pubblica. Vorrei capire i motivi per cui non si fa una conferenza stampa e non si dice che, tra le ipotesi possibili che si stanno esaminando, oltre a quella del cedimento strutturale ci poteva essere quella della collisione. Ciò avrebbe determinato in quel momento un gran battage, un grande allarme dell'opinione pubblica, ma probabilmente a vent'anni di distanza non staremmo ancora a parlarne. Poiché lei ha parlato di storicizzazione e di cambio di cultura vorrei che ci dicesse qualcosa in proposito.

ARPINO. Si tratta di un argomento da collocare all'epoca perché, esaminato il tutto nel momento attuale, molto appare sicuramente inspiegabile. Ho letto con attenzione la parte della requisitoria che riguarda questo aspetto e ho sorvolato un po' sulla parte tecnica, perché è assai difficile anche per me. Ho ammirato molto la pazienza da certosini con la quale i pubblici ministeri hanno svolto questo lavoro su una massa enorme di documentazione raccolta con altrettanta certosina pazienza dal giudice Priore, che ho avuto modo di seguire da vicino. Debbo dire che molte questioni le ho lette nella requisitoria per la prima volta e di molte sono rimasto ampiamente sorpreso. Quello che mi ha procurato più amarezza è che anche dopo le direttive dello Stato Maggiore - risalgono al 1989 - ci sia stato qualcuno che non ha risposto con la vivacità di memoria e la franchezza che erano state auspicate. Per tornare all'epoca, credo di essere uno dei pochi testimoni di quello che è successo oggi ancora in servizio. Quando mi fu comunicato - forse fui il primo a ricevere la comunicazione - dal centro operativo la notizia della scomparsa della traccia, mi sono preoccupato subito ed ho pensato a due possibilità, collisione o cedimento. Si tratta di pensieri di un momento, anche perché dopo quei primi due o tre giorni non mi sono più occupato di questa faccenda fino al 1986, quando sono stato di nuovo chiamato in causa per motivi noti alla commissione. Pensai prima alla collisione perché, l'anno precedente ed anche nel corso di quell'anno, c'erano state diverse segnalazioni di comandanti di velivoli civili, che lamentavano di essere stati attraversati da velivoli sconosciuti, soprattutto in quell'area del Mediterraneo. Questo è riscontrabile, anche se va detto che c'erano all'epoca vertenze sindacali in atto, un braccio di ferro in corso tra Ati, Itavia, per concessioni di linee, miglioramenti economici e così via, per cui alcuni di questi comandanti enfatizzavano quel tipo di attraversamenti che, in molte occasioni, come è stato verificato, erano invece leciti.

Il solo fatto di aver visto però un velivolo attraversare l'aerovia ad una quota diversa, spesso faceva scattare la segnalazione di mancata collisione. Questo era collegato al fatto che, in effetti, le esercitazioni delle portaerei, in particolare di quelle americane, ma anche di quelle francesi ed inglesi, e forse oggi anche della nostra, ma non è più proprio così, in mare aperto non venivano notificate agli organi del controllo. Quindi, venivamo a conoscenza dello svolgimento di un'esercitazione in atto del gruppo di portaerei solo perché con un messaggio che arrivava al 3° reparto dello Stato Maggiore, quindi a me, allora capo dell'ufficio operazioni dell'Aeronautica, si segnalava che in una determinata notte o in una determinata giornata dall'ora tale all'ora tale, la sesta flotta aveva scelto per alternato l'aeroporto di Palermo (scelta malaugurata perché non attrezzato per attività di tipo militare dal punto di vista tecnologico) ad altri aeroporti. Infatti, uno degli aeroplani, forse in epoca successiva, è caduto e i piloti sono deceduti. Furono compiuti diversi tentativi per un rifornimento in volo, ma durante la notte in quelle condizioni meteorologiche i piloti furono costretti a lanciarsi.

PRESIDENTE. Anche il giudice Mastelloni ci ha inviato documentazione.

ARPINO. Signor Presidente, oltre che dal giudice Priore sono stato audito anche dal giudice Mastelloni, a volte anche da tutti e due insieme. Abbiamo parlato molto e i contenuti di tali incontri si trovano nei verbali dell'autorità giudiziaria.

Quindi, venivamo a sapere di queste esercitazioni così. Nessuno di noi avrebbe potuto giurare che il comportamento di un determinato velivolo della marina americana fosse ortodosso in termini di traffico aereo, visto che non avevano alcun collegamento, né noi lo conoscevamo. D'altronde, all'epoca le cose funzionavano così; le esercitazioni della sesta flotta non venivano necessariamente comunicate all'autorità nazionale qualora si fossero svolte al di fuori delle nostre acque territoriali o negli spazi aerei di aree regolamentate dove queste erano consentite fino a determinate quote. Ecco che in base a tutte queste segnalazioni, ai dubbi che noi stessi avevamo, per i quali a suo tempo abbiamo condotto azioni di protesta, ho pensato alla possibilità di una collisione, dicendo tra me e me: "sta a vedere che uno di questi caccia si è scontrato in volo con un aereo di linea". La prima preoccupazione era per il fatto che l'aereo fosse uno dei nostri, ma fatto un giro di telefonate ci tranquillizzammo e la tensione si allentò. La questione passò nelle mani di chi era preposto a tenere i contatti con l'autorità americana, non il capo del 3° reparto, ma a quello del 2° il quale si attivò, entrando in contatto anche con l'ambasciata americana. Ci dobbiamo calare storicamente in quel periodo, rammentando i rapporti preferenziali esistenti fra il nostro SIOS, i nostri servizi in generale, e gli Stati Uniti d'America. Esistevano i cosiddetti rapporti tra servizi collegati. Devo dire anche che l'attività del SIOS e del SISMI erano assai poco note lungo la stessa catena gerarchica, realtà durata fino a poco tempo fa. Pensate che quando ricoprivo la carica, per mia fortuna, o sfortuna, l'ho fatto per tre anni e mezzo, di sotto capo dell'Aeronautica, ossia vice capo dell'Aeronautica preposto al funzionamento dello Stato Maggiore, avevo sì alle mie dipendenze il SIOS, ma questo mi riferiva solo ciò che era relativo alla parte operativa, per la parte che serviva a pianificare un'operazione, o alla designazione di obbiettivi, o per illustrare alla parte operativa, quella che era l'intelligence operativa sul "nemico". Non dobbiamo dimenticare che per anni siamo stati in contrapposizione, muro contro muro, con il Patto di Varsavia. Da questo anche il discorso sulla tutela del segreto. Si trattava di una vera e propria cultura e nessuno avrebbe mai osato parlare di cose segrete con i non addetti ai lavori. Il segreto, qualcosa di sacro, con briefing e raccomandazioni sul suo mantenimento, sul dire il minimo indispensabile, costituiva una cultura che aveva sue reali motivazioni. Adesso molte cose stanno emergendo anche da quelle forze politiche che erano all'epoca ideologicamente vicine a quello che allora consideravamo, a ragione o a torto, il nostro nemico, ma noi eravamo in un blocco di alleanze diverso.

TARADASH. A ragione, non lo mettiamo in dubbio.

ARPINO. Parlo di dati di fatto. Sa perché ho detto a torto? Sono ancora un pilota attivo, e una settimana fa ho volato su un MIG 21 e prima ancora su un MIG 29 e ieri su un F104 ASA in un'esercitazione. Ho potuto costatare che quei mezzi del blocco orientale erano di pochissimo valore. Qualcuno ci aveva spaventato sull'efficienza del patto di Varsavia, ma lo stiamo verificando adesso, si trattava di un gigante con i piedi d'argilla. Si è trattato di una sorta di depistaggio.

PRESIDENTE. Generale Arpino, la preoccupazione di mantenere il segreto era quindi tale da portare un alto ufficiale, allora il suo diretto superiore gerarchico, nel tradurre un telex, ad omettere una serie di riferimenti per nascondere questa situazione. Voglio dire, la situazione che veniva nascosta era l'idea che gli americani nei nostri cieli facessero un po' quello che volevano. Capisco che ci potesse essere una preoccupazione a dar conto di questo all'opinione pubblica; ci si sarebbe potuti aspettare su "L'Unità" un articolo di fuoco sulla nostra subalternità. Storicizzo e capisco, mi domando però se questa era una preoccupazione di carattere politico, perché non si riferisce nulla all'autorità politica italiana? Questo è il punto centrale dell'imputazione.

ARPINO. Signor Presidente, il discorso dell'eccessiva libertà degli aerei della sesta flotta sul nostro "teatro" era stato rappresentato anche all'autorità politica. Non so poi quali siano state le azioni intraprese da tale autorità nei confronti, in particolare, degli Stati Uniti.

PRESIDENTE. Generale Arpino, la politica di cui ci si preoccupava sembrava essere più quella statunitense che quella italiana, se questa non veniva informata di una copertura che si faceva ad una situazione che poteva essere anche interesse della stessa non far emergere. La catena di riferimento qual era?

ARPINO. Signor Presidente, è probabile. Tutta l'autorità operativa faceva capo alla catena NATO, come specificai in quell'audizione semi privata tenuta nel mio studio; la "nazionalizzazione" di un certo tipo di attività, ivi compresa la catena di comando e controllo, è cominciata molto tardi. L'istituzione del centro operativo di pace dello Stato Maggiore è stato Il primo tentativo al fine di poter interferire, di avere contezza a livello Stato Maggiore su cosa succedesse sotto il profilo operativo. Prima, tutta quella parte non riguardava lo Stato Maggiore dell'Aeronautica, che aveva compiti più che altro logistici, di supporto, di programmazione e di pianificazione. Certo, l'Aeronautica Militare aveva i propri ufficiali in organismi NATO, ma questi non parlavano e non dovevano parlare, giustamente. La cultura del segreto NATO, in particolare, era quella imperante all'epoca. La quinta ATAF di Vicenza, che oggi opera in completa trasparenza per le operazioni sulla Bosnia e sul Kosovo, era anche allora retta da un ufficiale italiano.

PRESIDENTE. Generale Arpino, questo lo capisco e lo storicizzo, però penso che nella storicizzazione debba far parte anche un aspetto valutativo. Tutto questo portava a determinare in un alto ufficiale delle nostre Forze Armate la commissione di falsi documentali, cioè di tradurre un telex dall'inglese all'italiano saltando una serie di parole e riferimenti. Noi oggi questo dobbiamo fare come Commissione, visto che si tratta di qualcosa che abbiamo alle spalle. Avremmo però il dovere di dire delle conseguenze che quella situazione determinava. Qui la conseguenza sembra essere che noi parliamo con gli americani, che questi ci tranquillizzano, ma che è bene che di questo non si sappia nulla. Allora, su un documento da tradurre, si omettono una serie di parti. Era questo il prezzo che pagavamo, cioè il prezzo della legalità.

ARPINO. Può anche essere così, ma questi sono elementi che il magistrato sta verificando perché fanno esattamente parte dell'inchiesta di carattere giudiziario. Io non so dire se queste presunte omissioni siano state intenzionali, se siano state effettuate dallo stesso ufficiale cui facciamo riferimento o se questo abbia semplicemente firmato documenti preparati da altri a diverso livello. Certo è che la cultura prevalente dell'epoca era questa: salvaguardare il segreto NATO in tutti i modi. Il rapporto con l'autorità politica, in quell'epoca, non era così frequente e facile come è oggi. Io ora dispongo di un citofono diretto con il Ministro e se devo parlare con lui lo chiamo e mi risponde lui, se chiama lui rispondo io. All'epoca non era assolutamente così, la situazione era molto diversa. Il distacco tra le Forze Armate ed il paese era reale; si parla sempre delle Forze Armate chiuse in se stesse ed in questo è consistito lo sforzo di apertura che è stato compiuto, in particolare da parte dell'Aeronautica. Il distacco tra Forze Armate ed il paese si rifletteva, credo, anche in un distacco tra Forze Armate ed autorità politica nella sua massima espressione militare, cioè il Ministro della difesa. Mi trovavo ad un livello troppo basso, ero un colonnello, e non ero io che interloquivo con il Ministro. Per quanto rivestissi un ruolo di responsabilità avevo comunque dei superiori ed io non ricordo che il mio Capo Reparto, il Capo di Stato Maggiore o il mio Sottocapo avessero una continuità di frequentazioni politiche, anche in ambito parlamentare e non solo in ambito ministeriale, come posso avere io in questo momento. Credo che se questo rapporto ci fosse stato e fosse stato semplice e aperto così come è ora non saremmo arrivati sicuramente a queste conseguenze. Pertanto, non escludo questa sua ipotesi ma non posso confermarla perché, ovviamente, è l'autorità giudiziaria che ci sta lavorando. Comunque, fa parte della cultura dell'epoca.

PRESIDENTE. La ringrazio di queste sue affermazioni, perché a mio avviso sono illuminanti non solo per quanto riguarda la vicenda di Ustica ma anche per il tentativo che stiamo compiendo di capire qual era veramente la situazione del paese negli anni in cui si è verificata una serie di eventi oggetto della nostra indagine. Do anche atto al vice presidente Manca di aver riferito questi elementi nelle varie sedute precedenti, quasi come fosse testimone di un'epoca.

Generale Arpino, lo scenario complessivo di quei giorni poteva rafforzare i segnali che provenivano dai tracciati radar? In quei giorni era maggiormente possibile che si verificasse il problema dell'interferenza aerea? Nel verbale del 3 maggio 1991, ad esempio, sono riportate domande che le vengono rivolte in ordine allo schieramento ad Aviano del 50° reparto del gruppo misto. Noi abbiamo ascoltato le affermazioni di una persona seria, il generale dei carabinieri Nicolò Bozzo che in quei giorni si trovava in Corsica per vacanza, a Solenzara, e risiedeva in un albergo che sorge in una zona che avrebbe dovuto essere tranquilla, ma lui non riusciva a dormire per il numero di aerei Phantom e Mirage che decollavano e atterravano continuamente in un aeroporto che normalmente era poco frequentato. Quindi, in quei giorni accadeva qualcosa che avrebbe potuto determinare maggiormente l'allarme dell'Aeronautica che nasceva dai plots -17 e -12 ? Il ruolo che lei ricopriva in quel periodo può permetterle di rispondere.

ARPINO. Io ero preposto all'attività operativa della Forza Armata e non c'era in atto nulla, all'epoca, che potesse far pensare a movimenti straordinari. Nei periodi precedenti erano state condotte esercitazioni ed ho già parlato delle interferenze da queste causate. La conoscenza di esercitazioni cui noi non partecipavamo era alquanto ridotta. La Francia allora non faceva parte dell'Alleanza e vi partecipava solamente come sistema di difesa aerea nell'ambito della quale esisteva una buona connessione; avevamo scambi di personale con i loro radar e ciò avveniva reciprocamente, ma noi non conoscevamo l'attività esercitativa nazionale francese. Già conoscevamo poco della NATO, quella NATO cui noi partecipavamo, e a maggior ragione non conoscevamo l'attività francese, a meno che non interessasse le nostre acque, il nostro territorio o il nostro spazio aereo.

Il generale Bozzo, che io conosco perché è stato comandante provinciale o comandante della legione a Milano, sicuramente è una persona seria e le sue affermazioni sono certamente credibili. Ma Solenzara, come Decimomannu, è una base solitamente disabitata, non c'è nessuno ad eccezione di un distaccamento. Questa base viene attivata dalla Francia, cosi come noi attiviamo quella di Decimomannu, per le esercitazioni nazionali o multinazionali e per l'attività di campagna di tiro, cioè di addestramento al tiro interaereo o al tiro aria-superficie. In quelle occasioni, si schierano a Solenzara uno o più reparti francesi così come noi, i tedeschi, gli inglesi, ci schieriamo a Decimomannu; quindi possono verificarsi degli addensamenti di velivoli per un certo periodo dovuti ad una campagna di tiro. Il fatto che ciò sia avvenuto alla fine di giugno è molto credibile perché quello è un periodo propizio in cui si verificano campagne di addestramento al tiro e vi sono reparti, per quanto riguarda la Francia, che normalmente sono stanziali in altre basi ma che temporaneamente vengono schierati a Solenzara. So comunque che a Solenzara si schieravano anche reparti svizzeri o, mi pare, svedesi. Pertanto, è molto credibile ma non anormale; il periodo, le circostanze, il tipo di base fanno ritenere più che plausibile ciò che è stato affermato dal generale Bozzo, ma non preoccupante.

PRESIDENTE. Non preoccupante, perché in seguito è stato ripescato il relitto; non avendo a disposizione il relitto a quell'epoca si poteva pensare che l'Aeronautica abbia ritenuto che tra i vari aerei possibilmente interferenti potesse essercene uno che faceva parte di una esercitazione, ad esempio, francese.

ARPINO. Certamente, o anche inglese, perché c'era spesso anche una portaerei inglese.

MANCA. Ma questa attività degli aerei francesi era locale? Erano aerei che partivano da Solenzara per compiere esercitazioni oppure partivano da Solenzara, sparavano e poi tornavano?

ARPINO. Sì, era così: partivano da Solenzara, sparavano e poi ritornavano. Normalmente era un'attività locale. Ma anche se i francesi da Solenzara avessero impiantato un'esercitazione su vasta scala, come noi abbiamo fatto a Decimomannu proprio in questi giorni, l'attività sarebbe stata ritenuta normale. Noi ieri e l'altro ieri, simulando di dover intervenire fuori area, abbiamo rischierato a Decimomannu un gruppo AMX di Istrana (Treviso) con tutte le sue parti di ricambio, la logistica, e altro ancora, simulando di doverlo schierare in un'area di crisi come ad esempio gli Emirati, o l'Arabia Saudita. Sono stati pianificati dei bersagli in Sicilia e tutta questa attività si è svolta, naturalmente, attraversando un tratto di mare compreso tra Decimomannu e la Sicilia. Quindi, può essersi verificata una esercitazione francese su scala più vasta approfittando di reparti che erano lì schierati e sfruttando la possibilità di far interagire reparti tra di loro, ma io questo non lo so di certo. Non è escluso che ci sia stata attività diversa da quella locale; normalmente l'attività quotidiana è locale, come avviene su Decimomannu. Noi non sappiamo se ci sono state esercitazioni di tipo diverso e su scala diversa; i nostri radar però avrebbero visto almeno parte di questa attività, che però non risulta.

PRESIDENTE. Vorrei ora porle un'ultima domanda. La Commissione ha audito più volte l'ammiraglio Martini, il quale ci ha detto, in maniera anche abbastanza convincente, che secondo le valutazioni dell'epoca, e quindi in base alla cultura e alle informazioni dell'epoca, l'aviazione libica non veniva ritenuta in condizione di mandare aerei in missione notturna che arrivassero fino ad Ustica e ritornassero alle basi libiche. Allora, tutto quell'attivismo, anche da parte del nostro Servizio segreto militare, che si nota intorno alla vicenda del MIG che cade in Calabria, può essere giustificato dal desiderio di sapere se per caso questi MIG libici avessero attrezzature e capacità di volo superiori a quelle che si conoscevano e che quindi rendessero possibile l'ipotesi che l'interferenza su Ustica potesse essere attribuita ad un MIG libico, eventualità che invece si doveva escludere sulla base delle informazioni che si avevano su quella forza armata?

ARPINO. Questa domanda è interessantissima. Tra l'altro, mi sono anche dedicato proprio a questo tipo di attività. Infatti, quando si è verificato l'attacco dei due missili su Lampedusa ero generale, capo del 3° reparto (cioè nel 1986 avevo il posto del collega, generale Melillo), ed ero stato incaricato dal Governo - oggi si può dire - di pianificare un'eventuale ritorsione, nel caso in cui il Governo o il Parlamento l'avessero ordinata. Per assolvere tale compito ho assunto tutte le informazioni necessarie e perciò posso dire che non solo allora, ma nemmeno oggi, dopo 17 anni di addestramento, l'aviazione libica è in grado di condurre missioni notturne a lungo raggio; non ne ha la capacità addestrativa, né i mezzi, né l'allenamento per farlo. L'attività dei libici è nota e noi la conosciamo, la seguiamo. Non è assolutamente un tipo di attività che possa consentire di compiere missioni come quella che abbiamo ipotizzato, né oggi né all'epoca. Addirittura, probabilmente nemmeno Forze Armate altamente addestrate, come sono le nostre in questo momento, sarebbero in grado di svolgere tutt'oggi quel tipo di missione. Quindi, figuriamoci i libici in quella circostanza!

PRESIDENTE. Ma la mia domanda era un'altra. L'attivismo del servizio segreto militare intorno al MIG può essere determinato dalla volontà di conoscere meglio come era fatto il MIG, come era armato, come funzionava?

ARPINO. Le do due risposte in una. Anche in questo caso c'entrano gli americani ed i rapporti tra servizi collegati. Infatti i rapporti tra SIOS, SISMI ed i servizi collegati statunitensi, ma anche di altri paesi, sono di reciprocità, nel senso che si fornisce una notizia per riceverne un'altra. Allora eravamo nel 1980 e certamente non avrei potuto volare sul MIG 29 o sul MIG 21 come ho fatto di recente.

PRESIDENTE. La mia domanda me l'ha suggerita lei.

ARPINO. Allora pensavamo che questi mezzi potessero avere caratteristiche molto diverse, per cui un MIG che ci cade in casa è una primizia da vendere subito agli americani in cambio di qualcos'altro. Ecco come si spiega, secondo me, questo attivismo, non andrei a cercare spiegazioni stranissime; è un puro fatto di transazione commerciale: si cerca di arrivare primi e "vendere" per primi la notizia, il materiale ed averne dei benefici in cambio. E’ molto semplice, lo vedo la questione solo in questa ottica. Spero di aver risposto.

PRESIDENTE. Lei ha risposto, perché questa spiegazione va ad incastrarsi con una dichiarazione, che avrà letto nella requisitoria, di un agente dei servizi americani, il quale afferma che la notizia gli viene venduta prima che all'opinione pubblica italiana, nel senso che è andato sul posto quando nessuno ancora sapeva che c'era un MIG.

ARPINO. Plausibilissimo.

TASSONE. Signor Presidente, ho ascoltato la sua introduzione, nella quale ha posto anche una serie di domande, e l'esposizione del generale Arpino. Vorrei fare ora una brevissima considerazione, che credo racchiuda anche una domanda. Non dico sia il tempo di avere dei dati di certezza e di verità, perché penso che su questo aspetto nessuno di noi può fare degli auspici, ma semplicemente ritengo che sia il momento di avere una speranza da coltivare poi nel tempo. Credo che nell'esposizione del generale Arpino emergano dei problemi.

Generale, lei sa che questa Commissione si sta interessando di Ustica ormai da molto tempo. Poi, la vicenda di Ustica, oggetto dell'interesse e dell'attenzione di questa Commissione, è collegata ad altre indagini. La nostra Commissione è nata soprattutto con l'intendimento - ritengo sia questo il mandato che ha ricevuto nel tempo dal Parlamento e quindi dal paese - di accertare se la mancata individuazione dei responsabili di stragi all'interno del nostro paese abbia delle responsabilità a livello politico. Non c'è dubbio che qui siamo ad un passaggio, ad uno snodo importante. Abbiamo ricevuto la requisitoria dei pubblici ministeri, i quali non hanno chiarito i dati complessivi di questa vicenda (che interessava il Parlamento e la Commissione per conto ed in nome del Parlamento), ma hanno individuato dei responsabili almeno per quanto riguarda un'ipotesi di reato, nella misura di una loro presunta infedeltà rispetto alle istituzioni ed alla Forza Armata che essi rappresentavano. Nella sua esposizione lei ha parlato di situazioni nefaste per la Forza Armata dell'Aeronautica. Alcuni di noi hanno vissuto questa vicenda che ha contrassegnato la storia della Forza Armata in questi ultimi anni: qualche collega che ha avuto responsabilità dentro la Forza Armata l'ha vissuta in modo più diretto ed immediato, altri l'hanno vissuta indirettamente, ma l'hanno potuta registrare e verificare. Ho seguito anche il passaggio opportunamente sottolineato dal Presidente di un cambiamento di cultura: una chiusura automatica e poi processi evolutivi anche sul piano culturale, che hanno fatto aprire la Forza Armata verso una disponibilità ad accertare la verità. Allora, le formulo la mia domanda. La Forza Armata è stata messa sul banco degli imputati. Oggi possiamo fare tutte le ricerche possibili e questa vicenda rischia di chiudersi avendo semplicemente sul banco degli imputati gli ufficiali di questa Forza Armata, non avendo altro. Questa Commissione, che ha costituito responsabilmente un Comitato al suo interno, non può essere appagata da questa conclusione. In alcune audizioni già svolte abbiamo ricercato responsabilità a livelli più alti; vorrei dunque capire se l'atteggiamento di chiusura della Forza Armata - mi riferisco alle vicende sconfortanti delle manipolazioni e della sparizione di tracciati e documenti - sia stato determinato da una difesa corporativa della stessa Forza Armata o abbia risposto a input da parte di chi aveva responsabilità politiche di governo all'interno o all'esterno del nostro paese. La ripetizione delle singole vicende, che molti di noi conoscono purtroppo molto bene, può aiutare a richiamare alla memoria e a tenere sempre ben presente quell'episodio, ma occorre soprattutto arrivare ad una conclusione. Al generale Arpino, Capo di Stato Maggiore dell'Aeronautica, un uomo che vanta una grande esperienza nonché un comportamento trasparente e limpido, chiedo dunque una valutazione ed un riscontro sull'atteggiamento di chiusura della Forza Armata. Vorrei sapere se si tratta di una chiusura anche nei confronti dei responsabili politici: gli esponenti del Governo, il Ministro dei trasporti, il Presidente del Consiglio dei ministri e soprattutto il Ministro della difesa hanno parlato. Se non vi era comunicazione - nell'ipotesi avanzata dai membri del Governo - con il Governo e, attraverso il Parlamento, con l'intero paese, vi è stata un'infedeltà nel fornire informazioni da parte della Forza Armata. Mi chiedo da dove provengano le ipotesi del cedimento strutturale, del missile o della collisione e quale sia la ratio della segretezza. Posso capire il fatto che, di fronte ad un dramma del paese, la segretezza possa essere dettata da motivi di difesa di una istituzione, ma io ritengo che le istituzioni si difendano piuttosto in altro modo, attraverso una capacità di apertura e penso che lei abbia lavorato in questa direzione per lo stesso prestigio e decoro della Forza Armata.

Il presidente Pellegrino, rivolgendole una domanda, ha implicitamente negato che nel passato esistesse una situazione di incomunicabilità con i Ministri; vi era infatti una disciplina maggiore, i palazzi del potere erano quasi sacri, forse tra un Capo di Stato Maggiore ed un Ministro non vi era contraddittorio, ma il rapporto gerarchico era più accentuato e avvertito. E’ un dato da tenere presente il fatto che il Ministro della difesa ha parlato a nome e per conto delle Forze Armate. Vorrei sapere se lei è in possesso di qualche dato rispetto ad eventuali input o complicità in ordine a questa segretezza oppure si tratta di un atteggiamento endogeno, maturato all'interno delle Forze Armate. Dobbiamo infatti far chiarezza sulla assolutezza di questa incomunicabilità per capire se l'Aeronautica si è mossa autonomamente o se ha ricevuto qualche input esterno. Non pretendo che lei mi faccia nomi e cognomi, desidero solo sapere - lo ripeto - se l'Aeronautica ha ricevuto input esterni oppure l'atteggiamento di chiusura è stato dettato da un malinteso senso delle istituzioni. Ritengo sia stato un errore lasciare isolata la Forza Armata e lasciare al buon cuore dei più la costituzione di parte civile: il tentativo di riscatto doveva essere intrapreso molto tempo prima. L'obbiettivo di questa Commissione non consiste nel formulare ipotesi o supposizioni, ma nel comprendere se l'Aeronautica militare, così come era strutturata, poteva procedere autonomamente oppure il comportamento di chiusura denunciato dai magistrati sia stato indotto dall'esterno.

ARPINO. Mi sono posto gli stessi dubbi dell'onorevole Tassone sia in passato sia recentemente quando ho avuto occasione di leggere, tra i mesi di agosto e di settembre, la requisitoria dei pubblici ministeri: mi hanno impressionato la serie di distorsioni, di manchevolezze, di testimonianze sbagliate o reticenti ivi documentate. Emerge effettivamente un quadro a tinte fosche del comportamento dei componenti della Forza Armata, che è costituita tuttavia da 75.000 uomini e non da una trentina di imputati e di indiziati. Ho sviluppato la seguente riflessione: noi vediamo questi episodi, che sono avvenuti nel corso del tempo, rimarchevoli in senso negativo, concentrati, appiattiti ortogonalmente su un foglio di carta, mentre andrebbero scalati nel tempo e nello spazio. Vedendoli tutti insieme abbiamo un'impressione diversa da quella che trarremmo se correlassimo ciascun episodio alla persona e alle circostanze in cui è avvenuto. Il mio secondo motivo di riflessione riguarda la difficoltà di dare ordini sbagliati ad una Forza Armata sia pur disciplinata. Una volta l'obbedienza era cieca ed assoluta, ma il regolamento emanato nel 1964 e, quello successivo, contemplano l'eventualità proprio di non eseguire ordini sbagliati. Non si riesce talvolta a far eseguire un ordine giusto, figuriamoci se è possibile far eseguire un ordine sbagliato. La difficoltà di far eseguire un ordine sbagliato è documentata, ma è molto difficile che la Forza Armata abbia potuto impartire un ordine errato. Quindi è molto difficile, credo, che la Forza Armata abbia potuto dare degli ordini sbagliati od ordinato depistaggi o reticenze cui poi centinaia di persone non d'accordo fra loro abbiano obbedito; come pure è molto difficile che tutte queste centinaia di persone, sentite, inquisite o ascoltate come persone a conoscenza dei fatti, abbiano potuto mettersi d'accordo tra loro: come pure è difficile che all'epoca abbiano potuto mettersi d'accordo simultaneamente nel giro di ventiquattr'ore per dire cose sbagliate o per dire cose che hanno portato a far pensare a un "ordine di scuderia" o militare o politico nel voler nascondere cose. Allora io vedo la questione in modo molto più semplice, molto più tranquillo, però voglio collocare anche questa ambientalmente nel tempo. Vi è stato un periodo in cui, non so perché (ma questo non lo devo spiegare io), ad ogni interrogatorio presso la magistratura corrispondeva un articolo di giornale su quattro colonne, voi tutti lo ricordate; ora, non possiamo pensare che questo sia positivo o favorisca la voglia di parlare, di esprimersi di padri di famiglia magari in pensione, come poi sono in maggior parte i soggetti che sono stati ascoltati.

Presidenza del vice presidente MANCA

(Segue ARPINO). Quindi io certo ammetto le fosche tinte, le vedo anch'io; però, quando capita qualcosa di negativo per la mia Forza Armata, se leggo solo la rassegna stampa che mi preparano i miei uffici, ho l'impressione che tutto il mondo mi sia contro, perché tutta la rassegna stampa parla di questa questione negativa; come la requisitoria dei pubblici ministeri, giustamente. Ci sono molti aspetti positivi, ma naturalmente i giudici interrogano per perseguire, quindi anche nella requisitoria sono compresi molti fatti negativi e, se mi vengono presentati tutti assieme, l'impressione che io ricavo non può che essere negativa; se però vado ad analizzare, a "spacchettare" il tutto e a distribuirlo, non giustifico, certamente, ma ecco che le tinte da fosche cominciano a diventare forse un po' più chiare, cioè comincio non a giustificare, ma sicuramente a capire certi atteggiamenti. Poi ci sono state certamente delle persone che hanno pensato di "sfilarsi" dal problema negando tutto, dicendo "non ricordo"; ci sono state altre persone che hanno preferito non esporsi al ludibrio della stampa; qualcuno, eroico, avrà pensato anche di difendere la Forza Armata - pochi, penso - da ulteriori eventi o giudizi negativi da parte dell'opinione pubblica. Io ritengo che siano state, queste, tutte iniziative individuali, alcune dovute appunto ai fattori di cui ho parlato, altre dovute effettivamente a rimozioni, perché molti di questi interrogatori sono avvenuti molti anni dopo; io stesso (e l'ho precisato anche al giudice Priore) dopo quindici anni non so più quello che effettivamente so perché me lo ricordo, quello che effettivamente so perché l'ho visto e ho partecipato, quello che ho letto sulla stampa e quello che invece ho letto nelle relazioni e nelle interpellanze: il quadro dopo un po' di anni si fa confuso. Quello che è mancato è stato qualcosa subito, credo, nei primissimi giorni. Perché qualcuno ha parlato di missile? Chi è stato il primo a parlare di missile? Chi è stato il primo a parlare di avaria strutturale? Io prima non ne ho parlato, ma avevo molti amici tra i piloti dell'Itavia, la maggior parte non pagati perché non ricevevano lo stipendio, tutti amici che ritornavano a terra perché "piantava" un motore o perché non si chiudeva la porta o per altri motivi; lo stesso senatore Gualtieri, mi ricordo, che usufruiva del volo Bologna-Roma, ha avuto di che lamentarsi, l'ha fatto ufficialmente e questo risulta dagli atti parlamentari. Quindi se, come prima cosa, noi tutti abbiamo pensato a una collisione, come seconda cosa sicuramente abbiamo pensato a un'avaria strutturale di velivoli che in regime di concorrenza venivano tenuti all'osso; sono i pericoli che corre l'aviazione adesso in tempi di deregulation: la concorrenza spietata attualmente in atto non è amica della sicurezza del volo; il profitto non si sposa con la sicurezza: e così è stato per l'Itavia a suo tempo. Poi le cause saranno diverse e speriamo che qualcuno prima o poi le accerti. Non credo agli "ordini di scuderia"; vedo le cose in modo molto più semplice, molto più elementare e vedo i comportamenti molto più attagliati alla natura dell'uomo, al comportamento dei singoli individui piuttosto che ad "ordini di scuderia" ministeriali o di Forza Armata. Forse, se fossimo stati capaci allora di dire con chiarezza quello che immaginavamo o quello che ciascuno di noi ha pensato con una certa libertà (perché allora non c'era la libertà di espressione che c'è adesso, assolutamente, la stessa chiarezza che è permessa al giorno d'oggi, che mi permette ora di esprimermi in questo modo), probabilmente non saremmo in queste condizioni. Certo, rimane il fatto che questo aeroplano è caduto.

Presidenza del presidente PELLEGRINO

MANTICA. Io voglio innanzitutto ringraziare il generale Arpino per la chiarezza e, direi, la serenità con la quale ci sta aiutando in questo non facile lavoro. Poi vorrei riprendere in parte la domanda del collega Tassone in un'ottica diversa, perché credo di avere opinioni non collimanti con quelle dell'onorevole Tassone.

Se ritorniamo a quel giugno del 1980 (poi arrivo anche alla domanda) e creiamo uno scenario anche per spiegare come mai, caro collega Tassone, alcuni Ministri parlano in un certo modo a poche ore dall'incidente come se fossero più che informati, credo che noi dobbiamo ricostruire innanzitutto una situazione particolare in cui vi è un'Alitalia controllata (forse non è l'espressione giusta), ma, diciamo, di area democristiana per quanto riguarda i vertici e di area CGIL per quanto riguarda le assunzioni, e un'Itavia che, come azienda, entra nella concorrenza, inventa un aeroporto che si chiama Orio al Serio alterando gli equilibri degli aeroporti controllati dall'Alitalia e che, proprio perché è libera rispetto a un'Alitalia controllata dall'area DC-CGIL, è socialista, perché questa è la realtà: l'Itavia è in area socialista; il ministro dei trasporti di allora non a caso si chiama Formica, non a caso l'Itavia attendeva un contributo per il ripianamento del suo deficit perché non era in attivo. Cioè, ricostruendo quello scenario ritroviamo ancora una situazione tipicamente italiana nella quale problemi assolutamente lontani dalla politica, quali sono quelli dei voli degli aerei o degli aeroporti, sono anch'essi, per così dire, lottizzati. Poi (e mi avvicino sempre più alla domanda al generale Arpino), caro collega Tassone, secondo me, se dobbiamo andare a guardare quali sono le eventuali responsabilità delle istituzioni statuali e quindi le responsabilità che il Governo, il Parlamento hanno in quella vicenda, vorrei ricordare che il primo che parla di missile, non so su quale base, è il generale Rana, che presiedeva il Registro Aeronautico Italiano, che evidentemente (questo farà parte della mia domanda) come istituzione ha una responsabilità, un ruolo, controlla i velivoli o dovrebbe avere di ogni velivolo credo una scheda, per cui li conosce esattamente.

Poi ci sono i problemi della smilitarizzazione dei controllori di volo, gli scioperi, cioè un contesto nel quale io non mi stupisco, ricordando un po' la storia della prima Repubblica, che anche questi siano strumentalizzati e lottizzati. Voglio dire che ciò che avviene in quei giorni (parlo di livello politico, di dichiarazioni dei ministri, di prese di posizioni), come succede spesso in Italia, è vissuto nell'ottica dell'interesse particolare che la forza politica che in quel momento ha un interesse esprime. Posso dire (nel senso che ricordo molto bene la vicenda) che, ad esempio, al di là di quello che è successo ad Ustica, certamente l'Alitalia ne approfittò per distruggere l'Itavia nell'arco di poco tempo, eliminando l'aeroporto di Orio al Serio e una potenzialità di concorrenza sul territorio nazionale che per altri dieci anni è stata rimandata, perché prima di apparire Meridiana o Air One o altre compagnie aeree abbiamo atteso più di dieci anni. Quindi qualcuno ha approfittato di un fatto, che certamente non ha voluto - non voglio insinuare che l'Alitalia ha fatto cadere l'aereo di Ustica - che però è accaduto ed è stato usato e strumentalizzato in questa vicenda. Se questa è una parte del quadro - non pretendo di avere dato tutto il quadro - la considerazione che vorrei fare al generale Arpino, non tanto come Capo di Stato Maggiore dell'Aeronautica ma certamente come esperto di una serie di problemi, è che a cadere è un aereo civile; che l'Aeronautica Militare poi abbia tutta una serie di sue preoccupazioni per il momento lo lascio sullo sfondo. Recentemente a Roma c'è stato un convegno sulla sicurezza aerea in cui, per esempio, si è scoperto che in altri paesi esistono organismi specifici di fronte ai disastri aerei e tali per cui nemmeno la magistratura può avvicinarsi al relitto dell'aereo, e che la rimozione dei relitti dell'aereo è un fatto assolutamente da non prevedere perché il relitto così com'è "parla"; nel nostro caso stiamo parlando peraltro di un aereo che era affondato nel mare, ma per dire che in Italia ancora oggi mancano strutture specifiche sul disastro aereo. Ora, riportandoci al 27 giugno 1980, supponendo che questo aereo sia caduto per motivi suoi - non andiamo in questo momento a vedere le seconde intenzioni, o quello che è avvenuto, le cose che si potevano scoprire - quali sono gli enti e gli organismi che allora come aviazione civile dovevano rispondere al paese, all'opinione pubblica o al Governo, in quanto comunque istituzioni legate allo Stato, del fatto così com'è avvenuto? Come mai l'Aeronautica Militare viene poi attirata in questo vortice? Perché, se le mie informazioni e conoscenze non sono fasulle, non doveva essere certamente lei a rispondere in prima battuta della caduta dell'aereo civile di Ustica.

Ovviamente c'è nel mezzo - così le evito poi di farsi fare da me una seconda domanda - anche il fatto che un ex generale dell'Aeronautica sia presidente del Registro Aeronautico Italiano, il che fa presupporre che qualche collegamento ancora con l'Arma avesse. Vorrei allora che mi spiegasse questo e capire come mai l'Aeronautica Militare viene nel tempo trascinata in una vicenda che in prima battuta non la vedeva certo né come imputata, né come protagonista, né con soggetto di attenzione per un fatto che teoricamente non la riguardava.

PRESIDENTE. Prima di dare la parola al generale Arpino, vorrei fare - non come Presidente ma come membro di questa Commissione - un commento alla domanda del senatore Mantica, che serve pure a dare proprio il senso complessivo dell'importanza di questa audizione nel nostro lavoro. In fondo il generale Arpino ci ha detto che in questo paese ancora negli anni '80 vigeva una Costituzione materiale che scartava dalla Costituzione formale - per prevenire l'onorevole Taradash, dico che di questa Costituzione materiale faceva parte anche quello che è stato dichiarato recentemente l'onorevole Cossutta, cioè che un uomo del PCI poteva andare a trovare il Capo dello Stato dicendo che se ci fosse stato un colpo di Stato militare erano pronti ad esfiltrarlo perché avevano l'organizzazione adatta a fare queste cose - per cui oggi ufficiali dell'Aeronautica rispondono per aver ubbidito a queste regole non scritte della Costituzione materiale, violando le regole formali che erano le regole della legalità di questo paese. Quello però che dice il senatore Mantica pone in luce un'altra questione, che secondo me identifica la difficoltà maggiore che per lo meno personalmente provo nel capire le vicende degli anni '80 rispetto a quelle degli anni '70. Negli anni '80 è nata anche una seconda Costituzione materiale nel paese, che attiene al rapporto tra affarismo e politica, e la difficoltà che noi abbiamo per misurarci con le vicende degli anni '80 probabilmente sta nel fatto che queste due Costituzioni materiali in qualche modo si intersecano e noi non riusciamo fino in fondo a capire quale delle due sia stata che ha prevalso poi sulla Costituzione reale. Io ritengo, al di là di Ustica, questa audizione estremamente interessante.

Do la parola al generale Arpino per rispondere alla domanda del senatore Mantica, che mi sembra molto pertinente.

ARPINO. Il quesito del senatore Mantica è molto interessante, signor Presidente, anche perché c'è in premessa una collocazione ambientale che era necessaria e si sarebbe comunque dovuta fare, che credo sia base essenziale per capire e questo è lo scopo che ci stiamo dando anche con lavori di questa Commissione. Sa quanti in Aeronautica continuano a chiedersi cosa c'entrava la Forza Armata e come si è fatta coinvolgere, senatore Mantica? L'Aeronautica all'epoca non doveva essere assolutamente coinvolta nella caduta di un velivolo civile, se non perché allora aveva ancora delle responsabilità residue nel controllo del traffico aereo e nella meteorologia. All'epoca l'Aeronautica Militare aveva il suo sistema di sicurezza del volo, che non era un'agenzia o un ispettorato come oggi. Durante il mio mandato e quelli immediatamente precedenti l'ufficio sicurezza del volo si è trasformato in una vera e propria agenzia coordinata con tutti gli enti NATO, presente in sede internazionale, multinazionale; abbiamo la nostra esperienza, sappiamo fare il nostro lavoro. Allora, come oggi, della caduta di un aereo civile noi non ci interessavamo; tant'è vero che quel giorno stesso è caduto anche un piccolo aereo, del quale non c'è traccia da nessuna parte ma di cui naturalmente i diretti interessati all'epoca sanno. Noi non ce ne siamo interessati per niente, c'è stato riportato solo perché avevamo delle incombenze sul traffico aereo e per vedere se mai ci fosse stata qualche manchevolezza nei settori dei quali eravamo ancora responsabili. Di aerei civili ne sono caduti tanti prima - ricordate tutti la tragedia di Palermo - e anche dopo - Conca di Trezzo, ed altro - e l'Aeronautica non è mai stata imputata, perseguita o indagata per questi altri incidenti. Per questo invece sì: perché?

Chi doveva attivarsi? L'Aviazione civile e il RAI, questi erano i due enti preposti alle indagini sugli aerei civili. La direzione generale dell'Aviazione Civile ha attivato difatti una commissione d'inchiesta. In alcuni settori, ad esempio il controllo del traffico aereo, eravamo gli unici esperti per cui siamo dovuti entrare in questa commissione; e anche per la meteorologia c'era un nostro ufficiale meteorologo. Strada facendo, poi, siamo entrati anche in determinate perizie perché avevamo anche lì specifiche capacità; ancora adesso in certe inchieste civili la nostra Divisione Studi e Ricerche ed il Reparto Sperimentale di Volo di Pratica di Mare sono chiamati come consulenti dalla magistratura per fare perizie. Ad ogni modo, quelli sono gli enti che dovevano attivarsi. Noi ci siamo entrati per determinati motivi e alla fine siamo rimasti coinvolti per ragioni completamente diverse. Direi che, se non ci fossero state nella nostra memoria tutta quelle segnalazioni di mancate collisioni in tempi precedenti, non ce ne saremmo interessati per niente. Lo dico con dispiacere e con profondo rispetto per le vittime che ci sono state, però non era una cosa che avrebbe dovuto interessare la Forza Armata. Senza tutto questo discorso di contorno, che ha fatto temere anche a noi che effettivamente ci fosse stato un incidente, una collisione o qualcosa di questo tipo, non ce ne saremmo interessati, come non ci siamo interessati prima e come non ci siamo interessati dopo: siamo stati coinvolti in questo caso perché siamo entrati nella commissione d'inchiesta con alcuni dei nostri elementi in quanto eravamo unici depositari di un certo tipo di esperienza e perché poi qualcuno ci ha tirato dentro. Devo dire non subito, perché l'Aeronautica ha cominciato ad essere coinvolta profondamente in questo tipo di questioni a partire dal 1986, quando si è cominciato a parlare di cassetti chiusi o aperti. Certo, siamo entrati anche prima nella vicenda per via dei radar militari, per cui ci è stato chiesto di fornire le registrazioni e qui abbiamo combinato anche noi molti pasticci, come ho potuto leggere sulla requisitoria dei giudici. Se ne è parlato a lungo, ci si è contraddetti, molti hanno nascosto proprie mancanze, proprie indiscipline. Comunque, siamo stati effettivamente coinvolti in questa inchiesta che doveva essere portata avanti, come normalmente si fa, attraverso due canali diversi: dalla magistratura per gli aspetti che la riguardano, come si fa per qualsiasi incidente civile o militare, e dall'ente tecnico civile. Se l'incidente fosse stato relativo ad un aereo militare sarebbe stato il mio ispettorato sicurezza del volo, allora il nostro ufficio sicurezza del volo, invece è stato il RAI insieme a Civilavia. Quindi, la commissione d'inchiesta è stata costituita, ha continuato i suoi lavori fino a che si è autosciolta per mancanza del relitto, e cioè del testimone principale, dichiarando che le ipotesi potevano essere entrambe, scoppio interno od esterno. E’ addivenuta all'autoscioglimento in mancanza del relitto, il cui recupero poteva anche essere finanziato prima, e mi riferisco qui a responsabilità anche di altri Dicasteri. Diverso è l'approccio della sicurezza volo, che va a cercare i motivi per cui è accaduto l'incidente, rispetto a quello del giudice, che va a cercare le colpe, e quindi ha fini di repressione a differenza dell'altro che ha fini di prevenzione affinché un incidente analogo non possa più accadere. Se si fosse visto che alcune parti di questo velivolo erano deboli o cedevoli in area turbolenta, sarebbero stati messi a terra tutti i DC9 e si sarebbe giunti ad azioni correttive.

Quello che mi ha sorpreso e mi ha fatto riflettere è perché, una volta reso disponibile il relitto, non ha ripreso i lavori la commissione d'inchiesta con le finalità di prevenzione cui sono naturalmente preposte tutte le inchieste tecniche che riguardano incidenti di aeromobili. E’ proseguita invece l'inchiesta da parte del giudice in seno alla quale hanno trovato corpo anche indagini tecniche, tenute però non con i metodi asettici della sicurezza del volo ma in contraddittorio, per cui il discorso è sempre meno oggettivo di un esame esclusivamente tecnico.

La domanda che mi è stata posta è come mai l'Aeronautica Militare è rimasta coinvolta. La risposta è che non lo so. Presumibilmente a causa di alcune inadempienze personali il magistrato ha cominciato ad approfondire nei confronti di tutta la Forza Armata. Mi è stato chiesto perché non lo ha fatto anche nei confronti di altre organizzazioni. Io immagino che lo abbia fatto perché ho visto la cura che il dottor Priore, probabilmente più dei suoi predecessori, ha posto nell'indagare nei nostri confronti, per cui non avrà certamente omesso di indagare anche in altre direzioni. Quello che conosco è quanto riguarda la mia Forza Armata, ma mi sono chiesto anch'io come mai l'inchiesta, una volta disponibile il relitto, non sia ritornata nella sua sede propria. Ho delle idee su tutto questo, potrei parlarne per una giornata intera, ma non credo siano sempre pertinenti. Per esempio, ho letto nella requisitoria che una delle due ipotesi viene di fatto scartata, quella del missile, per lo meno non ci sono elementi probanti anche se, in modo definitivo, non ce ne sono neanche per l'altra, l'ipotesi bomba, che sembra comunque quella più probabile. Immagino che, vista l'attenzione dedicata dai magistrati a questa maggiore probabilità, siano stati fatti degli accertamenti anche in altre direzioni. Anche qui, probabilmente, saranno state riscontrate manchevolezze o meno, così come sono stati riscontrati punti deboli nei momenti comportamentali di singoli individui della Forza Armata. Almeno così voglio credere.

PRESIDENTE. Dalla lettura della requisitoria, pur non avendo alcuna esperienza tecnica, mi sembra che l'ipotesi del collasso strutturale venga esclusa: la rottura dell'aereo è infatti troppo improvvisa per poter innescare un ragionamento in termini di sicurezza.

ARPINO. Viene esclusa anche quella della prossimità, viene data alta probabilità alla bomba, si esclude l'ipotesi del missile.

PRESIDENTE. Per quanto riguarda la bomba, c'è l'elemento in senso negativo relativo al fatto che, se è stata messa, non si comprende dove.

DE LUCA Athos. Signor Presidente, ringrazio il generale Arpino per la disponibilità. Egli è un interlocutore molto importante perché, come egli stesso ha ricordato, è una delle poche persone coinvolte nell'episodio rimaste ai massimi vertici, quindi è un testimonial prezioso e autorevole di quella vicenda. Non credo a quanto ci ha riferito rispetto al segreto, alla cultura del segreto che esisteva. Non credo che lei abbia usato questo argomento in modo strumentale per coprire un altro fatto. Come il Presidente ed altri colleghi hanno cercato di spiegarle - ed è quello che volevamo sapere - la cultura del segreto non si poteva avere nei confronti del Presidente del Consiglio dell'epoca perché allora si tratta di deviazione ed infedeltà al Paese. La cultura del segreto si ha nei confronti dei nemici, ma il Presidente del Consiglio non è un nemico del Capo di Stato Maggiore o dell'Esercito. Questo è il punto politico della questione, alla quale non si può girare intorno o fare un polverone sulla guerra fredda e sul pericolo rosso dei comunisti di allora. Vanno chiariti i motivi del comportamento dei vertici militari di allora. Si è detto che i rapporti tra il Ministro e i Capi di Stato Maggiore non erano come quelli di adesso: non voglio infierire, ma, mi consenta, un Capo di Stato Maggiore quando ha voluto stabilire dei rapporti lo ha fatto, così come i ministri.

L'onorevole Tassone poneva una domanda politica che le rinnovo in modo che lei possa darci una risposta, una sua interpretazione dei fatti e cioè che si può anche non credere al fatto che il potere politico non sapesse, visto il quadro generale. E’ vero quello che lei afferma e cioè che vediamo tutto in una fotografia piatta e che cumuliamo i fatti, ma mi pare che sia emerso da parte dei giudici che tutto faceva parte di un unico disegno criminoso. Il fatto che ciò sia avvenuto nel tempo è, a seconda di come lo leggiamo, un'aggravante: capisco che voi viviate la vicenda come una macchia (dirò poi qualcosa anche in merito alla questione del convegno perché nei convegni si cerca di fare bella figura facendo delle affermazioni pubbliche di un certo tipo, in Commissione stragi si forniscono interpretazioni diverse di cui prendiamo atto), ma in tutti questi anni non c'è stato un sussulto da parte di esponenti dei vertici, dopo che la gente è morta in quel modo, non parlo solo di questa vicenda di Ustica, ma il fatto vergognoso che in questo paese non si sia mai riusciti a distanza di tempo a stabilire la verità su questi fatti. Allora, mai che ci sia stato un sussulto, anche facendo un po' di autocritica, da parte di un alto vertice dell'Aeronautica che aspiri anche a difendere l'Arma, perché il punto è, come si difende l'Arma? Come si difendono le istituzioni? Coprendo tutto il marciume, il passato, le cose che non andavano bene, le connivenze le deviazioni dei servizi o compiendo un atto di grande coraggio, senza rimetterci la carriera? Oggi, come le diceva, forse le condizioni sono diverse, c'è più democrazia: lei può parlare ai giornalisti e partecipare ad un convegno dicendo cose che vent'anni fa, i Ministri di cui parlava prima il collega Tassone, non le avrebbero permesso di essere presente qui oggi in questa veste. Come vogliamo cancellare queste macchie? Come vogliamo difendere le istituzioni? E questa continuità di copertura che c'è stata...

MANTICA. Ma di cosa?

DE LUCA Athos. Senatore Mantica, non lo deve chiedere a me, sta agli atti della requisitoria. Capisco che lei possa avere un'altra visione dei fatti. Tornando alle domande che volevo farle, poco fa si è detto: "non dovevamo quasi entrarci". Ci possono essere varie interpretazioni. Qualcuno vi ha tirato dentro, ma perché? C'era qualcosa da nascondere e voi eravate coloro che potevano farlo? C'era da nascondere la verità? Vi hanno tirato dentro, però una volta dentro, mi scusi per il termine "vi", non mi riferisco a lei personalmente, si è operato molto, ci si è affannati molto a depistare le prove, a deviare le indagini. Questo è lo scenario di cui disponiamo. Lei ha mai avvertito allora, in seguito o oggi, la sensazione che si stesse nascondendo qualcosa alle istituzioni, ai vertici politici, anche in nome di istanze ritenute nobili? Dopo aver rivisitato il suo comportamento personale, rifarebbe tutto quello che ha fatto, oppure alla luce di questi venti anni e delle nuove cose di cui siamo giunti a conoscenza, ha qualche rammarico? Terza domanda, cosa ne pensa della questione? Lei ha vissuto la vicenda dall'interno, ha letto tutti gli atti, sarebbe quindi un'opinione preziosa anche se non condivisibile da tutti. Quale idea si è fatto di quell'episodio? Perché è avvenuto? Quali possono essere state le cause? Lei è un tecnico, vola ancora, dunque conosce anche materialmente cosa sia un aeromobile, quali sono i rischi che corre e le caratteristiche che presenta. E’ stato dichiarato da Tascio che le letture del SISMI furono sciatte. In quel periodo siete venuti in contatto con tale servizio? Perché secondo lei il SISMI si è disinteressato della vicenda, salvo su quella del MIG (per la quale, come da lei detto, forse c'era il desiderio di scambiare informazioni e di avere contropartite dagli americani. Ultima domanda: alla luce delle sue conoscenze, ha suggerimenti da fornire alla Commissione su eventuali audizioni da svolgere, su punti non trattati o su iniziative da intraprendere?

PRESIDENTE. Senatore De Luca, cominciamo con il dire che il generale, benché rivestisse all'epoca un ruolo delicato, non è imputato di nulla. Non gli sono state formulate accuse per aver violato regole formali, quindi la domanda da lei posta in relazione al comportamento del generale e al fatto se lui oggi rifarebbe le stesse cose, l’ammetto in questi limiti. Egli non è parte imputata, è uno degli ufficiali dell'Aeronautica nei confronti del quale non sono state formulate imputazioni. Direi poi che con il garbo e la prudenza istituzionale, dovuta anche per esigenza di garanzia degli imputati, il generale Arpino un'autocritica l'ha fatta. Egli, infatti, non ha escluso che vi siano state violazioni di regole e ha anche cercato di spiegare perché ciò possa essere accaduto.

Generale Arpino, sono intervenuto solo per fornire le coordinate complessive e in questi limiti ammetto le domande alle quali lei può rispondere.

ARPINO. Signor Presidente, la ringrazio, cosi come ringrazio il senatore De Luca. Vorrei innanzi tutto precisare che non è che mi sia interessato continuativamente di Ustica e che il caso non ha costituito il mio lavoro in questi 17 anni. Me ne sono interessato in tre o quattro fasi e molte cose le ho apprese dopo, moltissime dalla requisitoria o nei colloqui con il giudice istruttore.

Me ne interessai la prima volta in quanto nel 1980 ero l'uomo preposto a ricevere le notizie. Rimasi a contatto con la questione forse per altri due giorni oltre a quello dell'incidente. Vi tornai solo nel 1986 (il giudice sa già tutto e credo che gli atti siano disponibili, come ha indicato il Presidente) con la carica di capo del 3° reparto perché chiamato per un colloquio con il sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio e per parlare della vicenda in qualità di esperto di un certo settore delle Forze Armate. Me ne sono poi interessato una volta divenuto vice capo della Forza Armata, ma solo per quanto riguardava alcune risposte date che burocraticamente passavano per il Sottocapo di Stato Maggiore e per quella relazione che ho avuto con questa Commissione, allora presieduta dal senatore Gualtieri. Mi sono riavvicinato direttamente alla questione una volta convocato dal Consiglio di Presidenza di questa commissione, come già ricordato, nel 1995, un giorno o due prima di intraprendere questa nuova avventura che ormai dura da tre anni e mezzo. Questo è stato il mio coinvolgimento interno nella materia, che poi ho seguito, così come hanno fatto tutti gli uomini dell'Aeronautica, anche attraverso la stampa.

Senatore De Luca, la sua prima domanda era relativa al fatto se io all'epoca avessi avuto la sensazione che si cercasse di nascondere qualcosa o che ci fossero ordini in tal senso da parte delle mie autorità di vertice. La risposta è no, non ho mai avuto questa impressione. Non escludo che singoli individui, ricordo ancora che l'Aeronautica è composta da 75.000 persone, possano essersi comportati male. Sono 40, 45 o 50 gli indiziati, non ne ricordo il numero preciso, alcuni di questi si sono comportati bene, altri non l'hanno fatto, ma si tratta di discorsi a carattere individuale. Qualcuno avrà cercato di nascondere "marachelle" personali, qualche altro di non dire che era montato di servizio al posto di un altro perché magari chissà cosa avrebbe detto la moglie. Ci sono anche altre luci sotto le quali guardare determinate cose che poi voi schiacciate, come abbiamo detto, su una realtà planimetrica, che fanno mosaico e che possono consentire determinate costruzioni. Nel costruire possiamo percorrere la strada giusta o quella sbagliata; può darsi che sia stata presa quella giusta, ma anche che ci siano strade diverse da esplorare, non lo so. La mia risposta alla sua prima domanda è "no".

Mi è stato poi chiesto se io sia pentito o meno di tutto quello che ho fatto e se, allo stato attuale, abbia ripensamenti - su questo è intervenuto anche il Presidente -; posso rispondere di no. Io ho fatto quello che in coscienza dovevo fare, sempre, in qualsiasi momento della mia carriera, e non solo in questa attività. Lo sto facendo anche adesso.

Mi sembra poi di essermi sufficientemente dilungato, nel corso di questa audizione, rispondendo alla domanda relativa a cosa pensavo potesse essere accaduto. Le ipotesi sono tutte possibili. Ho già risposto dicendo cosa ho pensato nell'immediato. Per quanto invece riguarda la mia opinione successiva alla lettura della requisitoria, quindi sulla base di un aggiornamento degli atti e a seguito di molte informazioni di cui non disponevo, mi sorge spontanea una domanda. Esistono ipotesi probabili ed ipotesi meno probabili ed è questo che infine si distilla dalla relazione. Immagino che anche sulle ipotesi di carattere più probabile si sia indagato con la stessa cura e con la stessa capillarità con cui si è indagato sul comportamenti della Forza Armata.

Un suggerimento alla Commissione? Procedere su questa strada, sulla strada della ipotesi più probabile, mentre su quella meno probabile la Commissione si è già dilungata molto. Suggerisco di ascoltare anche altre persone, rappresentanti dell'aviazione civile, del RAI, interpellare la Presidenza del Consiglio, il Ministero dell'interno, i vigili del fuoco, i poliziotti che svolgevano il turno di guardia a Bologna; dedichiamo attenzione anche ad altri e non riserviamola solo all'Aeronautica. Questo è il mio suggerimento e non avrei nient'altro da dire di più.

DE LUCA Athos. Vorrei che approfondisse la questione che riguarda la cultura del segreto.

ARPINO. Su questo ho risposto.

DE LUCA Athos. Siamo d'accordo sulla cultura del segreto, ma nei confronti del Presidente del Consiglio si chiama in altro modo.

ARPINO. Certo, questa sua osservazione è giusta, ma io non sono a conoscenza del fatto che qualcuno abbia nascosto qualcosa al Presidente del Consiglio. Lei deve ricordare che io all'epoca ero un colonnello mentre qui stiamo parlando di generali, di Capi di Stato maggiore e di Ministri della difesa.

PRESIDENTE. La mia osservazione si inserisce sulla domanda posta dal senatore De Luca ma anche sulla risposta da lei data precedentemente. Scendono troppo in basso nella scala gerarchica le imputazioni per non fare pensare che, se le stesse sono fondate, non ci sia stato l'ordine di fornire una certa versione dei fatti. Perché l'uomo di forza, il maresciallo, il maresciallo maggiore doveva assumersi la responsabilità di raccontare al giudice una storia inverosimile o addirittura non vera? Evidentemente è intervenuta la disposizione di dare una certa versione dei fatti. Inoltre, vorrei fare un esempio cui sono legato per questioni territoriali. Non molto tempo fa si è suicidato nella mia città il maresciallo Parisi. Io, anche indirettamente, ho seguito l'indagine svolta dalla procura: sul fatto che egli si sia suicidato non ci sono dubbi anche perché aveva gravi problemi psicologici. Il maresciallo Parisi, però, è l'uomo al quale è stata addebitata l'erronea individuazione della traccia del MIG 23.

ARPINO. E’ stato punito per questo.

PRESIDENTE. Sì, infatti è stato punito. Se è credibile la ricostruzione che io presento - e lo ha detto anche lei - e cioè che il MIG è caduto prima della data che ci è stata riferita, e si è preso tempo per vendere di prima mano la notizia agli americani, Parisi probabilmente ha dovuto accollarsi una colpa non sua perché quella traccia sta in un certo orario, coerentemente con la versione ufficiale che è stata resa in ordine alla caduta del MIG. Fa parte delle cose verosimili pensare che Parisi abbia portato con se il peso di questo segreto e ciò è possibile anche pensando al suo degrado psicologico che poi lo ha portato al suicidio. Ma si tratta di un singolo episodio. Ho però l'impressione che sia difficile che ad un certo punto si determini una serie di violazioni di regole formali da parte di uomini della base gerarchica dell'Aeronautica senza pensare che ci fosse stato un input dall'alto. Lo stesso sfavore con cui sono state considerate persone come Carico che hanno fornito versioni diverse dimostrerebbe che ci sia stato un ordine di scuderia cui solo qualcuno ha disubbidito. Quelli da lei citati hanno agito male.

ARPINO. Così come collocata la descrizione dei fatti, certamente quanto lei dice è plausibile. Sicuramente è una delle opzioni che la lettura della requisitoria pone come quesito. Ma io non sono in grado di rispondere a questo. Ammetto che questa possa essere una lettura ed è una lettura anche mia. A nessuno piace porre in luce proprie manchevolezze. Le organizzazioni sono proprio come gli individui; l'individuo, se può, cerca di non dire se ha imbrogliato qualcuno e non intende autoaccusarsi. E’ possibile che un'organizzazione abbia questa stessa tendenza e senz'altro cerca di chiudersi a riccio. Ammetto che questo possa essere accaduto; mi sembra però che tali elementi appartengano ormai al passato. Credo che la franchezza con cui si sta parlando in questo momento e la franchezza con la quale si sta interloquendo da un certo numero di anni anche con il giudice istruttore pongano ormai questioni di tal fatta sempre in quel bagaglio storico cui facevamo prima riferimento.

Rispondendo al senatore De Luca, sicuramente la cultura del segreto ha influito, ma lo ha fatto soprattutto ai bassi gradi, ai piccoli livelli cui accennava anche il Presidente. Probabilmente influisce ancora. Una cultura durata cinquant'anni lascia le sue tracce e ci vuole molto tempo per cambiarla e motivarla; sono anche necessarie buone ragioni per farlo. Ammetto che tutto ciò che è stato detto è possibile, senz'altro. Tutto appartiene alla sfera dei comportamenti e delle debolezze umane. Non per questo tutto va diabolicizzato. Si tratta di un mio pensiero. Questo è ciò che mi è stato chiesto. Sono sincero e penso questo.

TARADASH. Vorrei capire bene proprio queste ultime battute. Lei quindi è del parere che sulla vicenda del MIG libico possa esserci stata una retrodatazione alla sua caduta per fare in modo che gli americani, in cambio di un vantaggio per la nostra aviazione, potessero vederlo prima che se ne avesse notizia.

ARPINO. Non è quello che ho detto, né intendevo dire questo. Comunque è una delle ipotesi plausibili. Il giudice Priore mi ha fatto leggere un documento dove si faceva riferimento alla data del 14 luglio invece del 18 e tale data del 14 luglio appariva come sovrastampata, come se in questo documento fosse stato lasciato uno spazio bianco e poi fosse stato riempito.

PRESIDENTE. E’ un'informativa del SISMI.

ARPINO. E’ un'informativa del SISMI per il Ministro della difesa, ripresa poi acriticamente anche da altri. Noi stessi, come Stato Maggiore, rispondendo, commentando per il Ministro questa informativa, abbiamo scritto: "caduta del giorno 14", mentre sapevamo benissimo che l'inchiesta era stata avviata il giorno 18, proprio perché era stato detto al generale Ferracuti di indagare sulla caduta del giorno 18. Quindi, sono cose possibili, che però credo siano dovute più che altro a disfunzioni, ad incapacità, al pressappochismo dei funzionari. Non voglio mettere la croce sopra nessuno, tanto meno sul nostro rispettabilissimo Servizio, però ricordo che allora non tutta la gente che faceva parte del Sismi era della massima qualità possibile. Ho già detto anche al giudice istruttore che all'epoca, per esempio, nessuno là aveva un linguaggio aeronautico. Erano stati appena ristrutturati i Servizi, tutti i vecchi del SID erano stati mandati a casa o restituiti ai loro mestieri originari; c'era tutta gente nuova che brancolava nel buio. Mi ricordo che quando arrivava qualche notizia aeronautica del SISMI erano quasi barzellette, ridevamo di molte cose.

PRESIDENTE. I procuratori hanno detto che noi abbiamo un mezzo - e dovremmo muoverci in questo senso - per chiarire il dubbio, perché basterebbe sapere dagli Stati Uniti quando era stata autorizzata la missione in Italia dell'agente americano, per avere la certezza che il suo ricordo di essere venuto qualche giorno prima, rispetto a quando la notizia poi è diventata di dominio pubblico, sia vero oppure no. Possiamo solo dire che è verosimile una ricostruzione che retrodati di qualche giorno la caduta del MIG, ma non ne siamo certi.

TARADASH. Quindi, la messinscena è verosimile.

ARPINO. E’ verosimile. Può darsi, è una delle ipotesi, non ci avevo mai pensato. Adesso che me lo dice, può benissimo ricadere in questo voler "essere i primi" a dare la notizia.

PRESIDENTE. Devo dire che il generale Ferracuti mi diede la sua stessa risposta, affermando che non ci aveva mai pensato ma, mettendo insieme tutti gli elementi, la ricostruzione era possibile.

TARADASH. Se fosse vero, questo è uno dei tanti misteri che poi in realtà sono meno misteriosi di quanto finiscono per esserlo se restano misteri per sempre, perché questo MIG, caduto non si sa bene in che giorno, poi è stato ricondotto alla caduta di Ustica, mentre se si trattava semplicemente di un problema di mercato di informazioni tra paesi alleati, il mistero e la messinscena restano, un po' di agitazione nelle procure immagino resterebbe, però c'è una spiegazione politica abbastanza chiara e comprensibile. Torniamo ora alla vicenda di Ustica. Con la caduta dell'aereo, alla fine, mi sembra che l'Aeronautica non c'entra niente. Le conclusioni della requisitoria dei pubblici ministeri di fatto danno ragione al comportamento dell'Aeronautica nel dare le informazioni, nel senso che l'Aeronautica ha sempre detto che non c'era particolare intensità di traffico aereo nei paraggi dell'aereo dell'Itavia e che non si trattava di un missile e sostanzialmente apprendiamo questo dalla requisitoria. Quindi, mi sembra (ma non riesco a capire fino in fondo tutta la vicenda, anche dopo svariate e attente letture della requisitoria) che l'Aeronautica non possa essere accusata di avere messo in atto il depistaggio. L'Aeronautica può essere invece accusata di un tentativo di depistaggio relativamente alle conoscenze di allora; cioè sia che si trattasse di un missile, sia che si trattasse di una battaglia aerea l'Aeronautica avrebbe o ha nascosto quello che sospettava, non quello che sapeva, nel timore che il sospetto si trasformasse in verità. Questa è l'accusa che viene rivolta. Non è così?

PRESIDENTE. Diciamo che può essere accusata non di aver nascosto il sospetto, ma di aver nascosto di avere sospettato.

TARADASH. Presidente, lei è troppo sottile per me!

PRESIDENTE. Voglio dire che può essere accusata di aver nascosto il fatto storico che nell'immediatezza del disastro si era pensato ad una collisione aerea e di aver messo in atto poi tutta un'attività che è stata nascosta e che ha portato alla falsa testimonianza.

TARADASH. Credevo che nascondere il sospetto e nascondere di avere sospettato fosse la stessa cosa. Ma forse non lo è; proprio per questo vado con i piedi di piombo quando faccio le mie valutazioni. Comunque, è certo che l'Aeronautica fece tutta una serie di accertamenti di cui - si dice - non comunicò tutta la verità al Governo, perché sospettava che ci potesse essere stato magari il tentativo di abbattere l'aereo di Gheddafi, di cui si continua a parlare, o magari qualche altra cosa, e non volle riferire di questo. Infatti, se si fosse arrivati al sospetto soltanto o addirittura all'accertamento del sospetto, avremmo messo in crisi le nostre alleanze militari. Quindi, l'aereo di Ustica ormai non c'entra più. L'Aeronautica non ha depistato rispetto ad Ustica, ma rispetto ai sospetti che erano attorno a Ustica. Penso che questa sia un'acquisizione che dobbiamo cercare di comunicare, perché non si può continuare a leggere sui giornali che il generale dell'esercito Amos Spiazzi dice che tutti sanno ormai che si tratta di un missile, oppure che il generale Viviani, in un'altra intervista più dubitativa, afferma che probabilmente ci fu un accordo tra americani e francesi per abbattere l'aereo di Gheddafi. Sappiamo che non c'è il missile e questo bisognerebbe che si sapesse. Non c'è stato missile e molto probabilmente non c'è stato nessun contatto ravvicinato fra questo aereo ed altri aerei militari, anche se c'è un'incertezza relativa a quei due plots, però è un'incertezza, non c'è nessun elemento concreto. Invece ci sono elementi concreti di un'esplosione interna, anche se con alcune contraddizioni. Questi sono gli elementi. L'Aeronautica militare non poteva sapere nulla di tutto questo; fece proprie indagini per accertare se vi fosse stato uno scontro con un proprio aereo o con quelli degli alleati.

ARPINO. Era un giro di telefonate.

PRESIDENTE. Secondo il pubblico ministero si fece anche un'inchiesta interna, le cui tracce...

ARPINO. Però non è così.

TARADASH. Poi ce lo dirà, se ci ricostruisce i fatti noi le saremo grati. L'accusa che viene rivolta dai magistrati all'Aeronautica (e non solo ad alcuni, quindi al di là degli errori e delle indiscipline che riguardano alcuni) come Arma e quindi alla storia dell'Aeronautica da allora fino ad oggi, finché l'Aeronautica poi non prende una posizione rispetto a questo, è quella di avere di fatto attentato ai poteri costituzionali di questo paese, cioè di avere avuto come referente non il Governo italiano, ma, per via di intermediazione, quello degli Stati Uniti. Ora, sarebbe interessante sapere questo, perché secondo me non è un problema penale ma politico. Nel 1970, Cossutta garantiva a Saragat che l'avrebbe esfiltrato nel caso di colpo di Stato (poi invece ho letto su alcuni documenti che Saragat era l'autore dei colpi di Stato, non capisco più nulla). Negli anni Ottanta lo stesso Cossutta, che ora è un autorevole esponente della maggioranza e di un partito fondamentale, continuava a ricevere denaro dall'Unione Sovietica per farsi mandare 500 passaporti, come ho letto, per esfiltrare - immagino - altre 500 potenziali vittime di colpi di Stato e non so chi altro. Nel quadro internazionale c'era un confronto molto aspro tra Stati Uniti ed Unione Sovietica; noi facevamo parte della Nato come Governo e come forze armate. Ma partecipare alla NATO con gli Stati Uniti non è la stessa cosa che far parte del Patto di Varsavia con l'Unione Sovietica, c'era una differenza qualitativa, poiché l'Unione Sovietica distruggeva la libertà, mentre il Patto avversario, cioè la NATO, poteva commettere degli errori e anche degli orrori, ma certamente non aveva come principio metodologico quello di liquidare le libertà ovunque le incontrasse. C'erano quindi una scelta di campo ed un confronto molto duro. Dopo la fine di quello scenario, possiamo ancor oggi domandarci, nell'interesse della politica e delle istituzioni comprese quelle militari, se l'Aeronautica rispondesse più alla NATO che al Governo italiano. La mia domanda riguarda la posizione dell'Aeronautica rispetto agli eventi immediati e successivi che hanno portato all'incriminazione dei suoi vertici. In particolare desidero sapere se l'Aeronautica attende il giudizio dei magistrati oppure rivendica il rispetto di codici formali di comportamento per cui non era tenuta a fornire certe comunicazioni. Desidero sapere se l'Aeronautica militare ha detto la verità e non ha imbrogliato il Governo oppure in quegli anni lontani ma al contempo vicini aveva, come del resto le Forze Armate di questo paese, altri obblighi preminenti e, alla luce della storia, giustificabili.

ARPINO. L'episodio molto interessante del 14 luglio mi ha offerto uno spunto di riflessione; è un ipotesi plausibile.

La posizione attuale dell'Aeronautica militare è abbastanza critica verso il passato: non nei confronti dei precedenti Capi di Stato maggiore e dei colleghi, ma nel senso letterale del termine. Stiamo cercando di capire, come abbiamo fatto nel colloqui con i magistrati, i motivi dei comportamenti anomali indicati nella requisitoria. Abbiamo ribadito più volte che l'Aeronautica è in attesa del giudizio dei magistrati. Il lavoro è stato serio e capillare e la requisitoria riflette bene una certa situazione, seppur schiacciandola su una certa planimetria che devia la nostra attenzione. Attendiamo con serenità e fiducia il giudizio dei magistrati e vorremmo assistere alla effettiva conclusione di una vicenda che ci penalizza a nostro avviso ingiustamente, perché la Forza Armata è formata da 75.000 persone e non solo dalle persone indiziate, ancorché alcune fossero ai vertici e dunque la rappresentino.

Il rispetto dei codici formali può essere argomento di discussione. Si dice spesso che alcune informazioni non sono state riferite all'autorità politica, ma io non so se alcune informazioni di interesse tutto sommato marginale dovessero esserlo. Mi perdoni la senatrice Bonfietti, ma si trattava della caduta di un velivolo civile e l'importanza dell'episodio era dovuta semmai alla posizione geografica. Non so dire dunque se il mio predecessore fosse tenuto a parlare di ciò con il Ministro e a fornire delle valutazioni. Dico soltanto che nell'arco del mio mandato mi è accaduto di ricevere informazioni circa la caduta di velivoli civili, ma non ne ho mai parlato, né ho sentito il dovere di farlo, con il Ministro. Ciò dipende forse dal fatto che questi casi recenti si sono verificati all'interno di uno scenario tranquillo, ma anche allora la situazione era serena, almeno in prima istanza, sebbene ciò non risulti dalla requisitoria. Nel caso in cui all'epoca il contesto avesse rivestito una rilevanza politica, il Capo di Stato Maggiore avrebbe avuto certamente il dovere di parlarne con il Ministro. L'Autorità politica era comunque informata dell'impossibilità di controllare in alcune aree il traffico aereo statunitense in particolare e alleato in generale. Ciò può di per sé spiegare, anche se non giustificare, l'assenza di ulteriori comunicazioni da parte del Capo di Stato Maggiore al Ministro. Immagino che sia stato fatto un ragionamento di questo tipo: "poiché il discorso sul contesto è già stato fatto, si è pensato di accertare se la caduta del velivolo fosse dovuta ad una collisione, per riferire successivamente l'esito della ricerca al Ministro". Penso che i codici formali siano stati rispettati.

PRESIDENTE. Si pone però il problema delle falsificazioni materiali - mi riferisco ad esempio alla traduzione del telex - e alla distruzione di informazioni. Sono vicende che a mio avviso potrebbero rientrare in un codice formale soltanto qualora vi fosse stato un input di tipo politico. Nel nostro ordinamento soltanto i Ministri non sono perseguibili qualora abbiano agito, per esempio, per un interesse rilevante del paese. Possono comunque ordinare il segreto, senza doverne rispondere, in ragione delle esimenti previste da un'apposita legge costituzionale. Il problema non risiede nel fatto che il Governo non sia stato informato, ma nel fatto che il silenzio, scendendo per i vari rami dell'apparato esecutivo dello Stato, si sia tradotto in una serie di falsificazioni e di false testimonianze.

ARPINO. E’ possibile, ma all'epoca non ho ricevuto alcuna pressione per affermare o tacere qualcosa, sebbene mi trovassi in una posizione strategica per disporre di informazioni. Stando al comportamento nei miei confronti, non ho avuto alcuna sensazione di omissione dolosa o per motivi di Stato.

PRESIDENTE. Tutti gli interrogati dal giudice Priore hanno escluso di avere subìto pressioni.

ARPINO. Se vi fossero stati ordini politici si sarebbero manifestati ai livelli superiori e la maggior parte degli imputati - tranne uno o due - non avrebbero potuto saperlo. Posso escludere l'esistenza di un senso di fedeltà nei confronti della Forza Armata piuttosto che nei confronti dell'Autorità politica, anche quando si tratta di segreto militare. Esistevano impegni precisi di segretezza con la NATO e con il Presidente del Consiglio quale autorità nazionale per la sicurezza. Ma, anche a livello ministeriale, non credo ci si sia avvalsi di ciò. Quando si parla di fedeltà doppia occorre fare una distinzione: la segretezza circa la NATO riguarda il Presidente del Consiglio o meglio il suo delegato responsabile nazionale della sicurezza; solo con quest'ultimo si può parlare di fatti che ricadono sotto segreto, neanche con il Ministro o con il Presidente del Consiglio. Allora per lo meno era così, adesso le cose sono cambiate. Spero di aver risposto.

VENTUCCI. Io la ringrazio, generale Arpino, per questa sua esposizione e soprattutto per la franchezza con cui ha toccato certi argomenti, franchezza che in alcuni passaggi mi sembra anche ammantata di una certa ingenuità che mi pare il suo alto grado non dovrebbe...

ARPINO. Non dovrebbe consentire.

VENTUCCI. Esatto, non dovrebbe consentire. Lei ha espresso delle opinioni personali: rimane il fatto dei plots -17 e -12, dei transponder militari che non sono accesi durante le missioni, rimangono i dubbi. Sono anche dubbioso sulla storicizzazione di certi avvenimenti, che vanno collocati nel tempo e fanno evocare un po' il postulato della necessità. Lei sa che il postulato della necessità propone l'idea che ogni avvenimento della storia è l'unico accadimento possibile del passato e questo giustifica tutto, e noi italiani siamo estremamente disponibili a questo postulato della necessità: nel Nord si dice "tiremm' innanz", a Roma si dice "volemose bene", nel Sud si dice "scurdammoce o passato". Quando lei dice che salendo su un MIG 29 si rende conto oggi che avevamo di fronte un Patto di Varsavia che era un'attività di carta, a me stupisce in qualche modo: ecco perché, senza ovviamente volerla offendere e turbarla, generale Arpino, ho evocato un attimo il concetto dell'ingenuità, perché, se così fosse, non riesco a capire questi nostri Servizi, questa cultura del segreto: com'è possibile che allora noi non sapevamo che le cose stavano in quel modo? Probabilmente l'analisi dell'incidente è un po' più complessa o, come io sono convinto, vi è un coinvolgimento della nostra Aeronautica, in cui sono convinto che lei, generale Arpino, non c'entra assolutamente nulla come Arma, come rappresentante dei 79.000 addetti a questo comparto della difesa; ma lei sa benissimo che i cialtroni allignano ovunque e, quando succede un evento che noi poi non siamo abituati a gestire, ne facciamo di cotte e di crude.

Voglio accennarle che alle 21,05 di quel famigerato giorno della caduta del velivolo fu detto che l'Itavia si era persa un aereo; alle 21,30 il comandante del settore degli F28 dell'aerolinea Itavia, venendo dal radar che lei conosce, dov'è attualmente il Cotral dell'ENAV, disse: "Ci hanno abbattuto un aereo"; alle 22,30, il presidente di quella compagnia disse ai suoi dirigenti, me compreso, che non si doveva assolutamente parlare dell'incidente. Il giorno dopo la stampa se ne uscì fuori con le "bare volanti" e con tutto quell'ignobile battage che ovviamente i giornali, le notizie a caldo tirarono fuori. Mi pare che, dopo tanti anni, dalle parole del presidente Pellegrino risulti chiaro che il cedimento strutturale è stato scartato. Io potrei essere un testimone, messo a latere del Presidente per essere interrogato sul perché il cedimento strutturale era una panzana; credo che anche l'amministratore straordinario, quello vivente, non il buon Velani, se venisse qui potrebbe testimoniare su quello che è stato il patrimonio del magazzino dell'aerolinea Itavia per quanto attiene alla fornitura dei pezzi di ricambio; si potrebbe vedere dagli atti dell'aerolinea Itavia quelli che erano gli accordi con "mamma" Alitalia per quanto riguarda l'approvvigionamento dei materiali di rotazione dei velivoli e gli accordi con l'allora Alisarda e con l'Inexavia, società jugoslava che aveva in dotazione gli stessi velivoli dell'Itavia. Quindi il problema strutturale era una gran panzana.

Ora, io mi rendo perfettamente conto che, nel momento in cui lei, dal suo alto grado, dice che in quel periodo o, comunque, in quell'arco temporale il Mediterraneo veramente era un'autostrada, la dice lunga su quelle che possono essere lamentele...

PRESIDENTE. Scusi, collega Ventucci: che cos'era un'autostrada?

VENTUCCI. "Autostrada" significa che il cielo del Mediterraneo era luogo di un traffico intenso. Pertanto, le lamentele a cui lei ha accennato, generale Arpino, e che i piloti forse enfatizzavano in effetti non le enfatizzavano affatto, erano vere. Vero è (voglio ricordarle questa notizia che lei senz'altro conosce) che i piloti dell'Itavia, avendo base su Ciampino, godevano di qualche privilegio da parte delle autorità civili che gestivano il traffico. Lei sa, infatti, che le aerovie sono determinate; ora, un conto è seguire l'aerovia diretta Ciampino-Bologna-Milano o Milano-Firenze-Ciampino, un conto è seguire invece un'aerovia passando per Genova; queste erano le uniche agevolazioni di cui quella compagnia godeva, ma autorizzate, su aerovia, perché fare Bologna-Roma passando direttamente su Firenze significava farla in 18 minuti, mentre se si seguiva invece l'aerovia via mare si faceva in 35 minuti ed era una questione di costi. Questo atteggiamento forse ha provocato le prime illazioni sulla gestione economica della compagnia, ma i fatti hanno dimostrato il resto.

Allora (le domande che mi pare si stiano accavallando), al di là del momento storico, in cui il senatore Lucio Libertini che era un'autorità della Commissione trasporti, essendone il presidente, era di casa in quella compagnia aerea, facendo attività consona alla propria cultura politica (perché ovviamente mi pare che democraticamente ognuno porti avanti le proprie idee, in quel caso una cultura che era contro l'iniziativa privata), lei sa, generale Arpino, che quella era una compagnia ad alto contenuto sociale ma a basso contenuto economico: una compagnia che fa Roma-Lecce-Corfù, che fa Roma-Lametia Terme e fa costruire un aeroporto a Lamezia Terme, che fa Roma-Bergamo ed ha il suo AB-merci in un magazzino, nel garage di una vettura FIAT 1100, cioè di sei metri quadrati, l'unica struttura pionieristica degli anni settanta, la dice lunga su quale sia l'intenzione imprenditoriale. Ma in quel momento era possibile. Personalmente, parlando con il ministro Formica nella sala VIP dell'aeroporto di Ciampino, mi disse che l'avvocato Davanzali doveva recedere dalla compagnia aerea perché i 20 miliardi che servivano per sanare il tutto non valevano la pena per un privato, perché lui ne avrebbe spesi magari 200 ma nell'ambito dello Stato: cosa che si è avverata successivamente, perché le due compagnie aeree fatte nascere per salvaguardare i piloti dell'Itavia, che non venivano accettati dai piloti dell'ANPAC dell'Alitalla, hanno purtroppo consentito di sperperare quattrini a vuoto. Allora io adesso le voglio chiedere, generale Arpino: con le riserve ovviamente di questo "vogliamoci bene", "facciamo finta di niente", se attualmente si venisse a verificare (speriamo di no) un incidente di quel genere, per il quale 82 famiglie ancora non sanno quello che è successo e per il quale io sono profondamente convinto che è passato il momento dello shock a qualcuno anche dell'Aeronautica militare che non ha avuto il coraggio di dire le cose come stavano in quel momento. Lei immagini se questo fosse successo con l'incidente di Otranto, che è stato senza dubbio deleterio per le nostre Forze Armate ma dove la gente, i cittadini hanno capito quello che è successo. Invece quanto si legge anche in questa nota al punto 2, quello che dicono i magistrati, è inquietante. Come si fa a stendere un velo, come si fa a storicizzare, non a fare finta di niente ma a dire che è successo perché la guerra fredda..., perché Varsavia..., perché la NATO...? Non è possibile accettare che uomini che sono stati, non dico compromessi perché lei mi pare che da colonnello abbia fatto il suo dovere, però che non se ne debba parlare dicendo: è successo questo perché queste strutture, perché i marescialli, perché i caporali, perché i capitani non erano all'altezza di poter gestire la questione e perché il problema con la politica non era assolutamente chiaro, e fare nomi e cognomi di chi ovviamente ha questa responsabilità.

PRESIDENTE. Siccome anch'io uso spesso l'espressione "storicizzare", vorrei specificare che, perlomeno nella mia prospettiva, storicizzare non significa né "volemose bene", né "scordiamoci il passato", né "chi ha avuto ha avuto, chi ha dato ha dato". Ritengo che bisogno storicizzare per capire e poi, dopo aver capito, per valutare. La storicizzazione non implica per niente il perdono o l'assoluzione; bisogna capire perché in determinate situazioni determinate persone hanno agito in un certo modo, fermo restando che poi la valutazione ben può essere negativa, non è una prospettiva giustificazionista.

VENTUCCI. Temo il postulato della necessità, signor Presidente. Sono stato chiaro, non ha senz'altro minimizzato.

PRESIDENTE. Ho capito. Siccome però in quello che lei diceva poteva esserci una critica che spesso mi è stata rivolta, io tendo a storicizzare per capire. Poi qualcuno dice: ma così assolvi; no, non assolvo affatto, voglio prima capire e poi valutare.

ARPINO. Al di là di tutto il discorso sull'Itavia e sulla storicizzazione, la domanda mi sembra vertere su come si comporterebbe l'Aeronautica se succedesse qualcosa oggi, se si sentisse implicata in qualche cosa o se fosse, come è successo con la Marina, responsabile di un incidente. Lo ammetterebbe, come ha ammesso la Marina; le responsabilità sono tutte da accertare, ma non c'era dubbio che la Marina fosse coinvolta. Qui mi pare che ci sia ancora il dubbio che sia coinvolta l'Aeronautica. E’ successo, ma sappiamo che cosa è successo? Non lo sappiamo. Cerchiamo prima di capire che cosa è successo. Non mi sembra però che questo sia il compito della Commissione, è il compito del magistrato, che su questo si è espresso sia pure con una scala di priorità. Quindi, che cosa dovrei ammettere? Mi rendo conto di non dover essere io in questa sede a rivolgere delle domande, sinceramente però non so cosa rispondere; non per carenza di elementi, ma perché mi manca l'oggetto.

Per quanto riguarda l'Itavia, forse mi sono espresso in modo non eccessivamente positivo, ma in modo anche affettuoso. Avevo moltissimi colleghi dell'Itavia, conoscevo anche qualcuno che era a bordo come equipaggio; le dirò che se ho detto qualcosa di negativo, è perché mi veniva riferito dai colleghi che erano impiegati allora all'Itavia: non brillava per manutenzione, nonostante questi magazzini ridondanti. Questo ha fatto pensare - ipotesi poi scartata - all'avaria strutturale. Ci sono stati altri aeroplani che sono caduti anni prima e anche tempo fa ne è atterrato uno scoperchiato per la turbolenza in aria chiara. Era un'ipotesi plausibile, come è plausibile l'ipotesi della collisione e come ne sono plausibili altre. Dico solo che nella scala di priorità mi sembra che i pubblici ministeri dicano cosa è più plausibile e cosa è meno plausibile. Quindi, non so a cosa devo rispondere, che cosa dovrebbe ammettere l'Aeronautica.

VENTUCCI. Mi pare che tutte le domande vertono sul fatto che l'Aeronautica non c'entra niente e lei giustamente dice che non c'entra niente. Questa sarà una domanda senza risposta. Però l'Aeronautica, forse per cialtroneria - lo ripeto - organizzativa si è fatta coinvolgere fino al collo. Se non c'entra il cedimento strutturale, forse la bomba meno, forse la collisione di più, però l'Aeronautica militare, checché se ne voglia dire, sa tutto e deve sapere tutto di quello che si sta muovendo, compreso l'aviazione civile. Che poi segue un binario parallelo, questo è un altro tipo di discorso: c'è il segreto militare, ci sono accordi internazionali, c'è tutto quello che si vuole, ma l'Aeronautica non può dire di escludersi da quello che è successo. Se ci sono stati atti di cialtroneria che hanno messo in discussione la nostra Arma, sono il primo a difendere l'Arma dell'Aeronautica. Questo non sta a significare che c'è stata, io le ho voluto dare degli episodi precisi perché sono inconfutabili in quanto mi riguardano personalmente, e quindi non c'è bisogno di andare a chiedere se sono veri o meno.

PRESIDENTE. Chi è che ha detto: "Ci hanno abbattuto l'aereo", un uomo dell'Aeronautica?

VENTUCCI. No, il comandante del settore F-28. L'Itavia aveva una flotta diversificata di DC9 e F-28. Il comandante del settore, quindi il responsabile della navigazione dei piloti degli F-28, tornando dall'ufficio radar dell'Aeronautica a Ciampino disse questa frase, che ho sentito con le mie orecchie.

ARPINO. Mi chiedo se questo signore è stato sentito dal magistrato, perché è molto interessante.

VENTUCC1. Questo non lo so, generale Arpino. Personalmente, ogni volta che si sono fatti discorsi su Ustica mi sono astenuto, lasciando al collega Manca di venire qui, perché voglio evitare di fare confusione magari su una direttrice. Però ogni tanto - il presidente Pellegrino mi dà atto di questo - cerco di dare qualche elemento anche per cercare, non dico di dare un contributo perché è complicato, ma di gettare nei fatti qualche piccola luce.

PRESIDENTE. Penso che il fatto che la lettura dei tracciati radar fatta nell'immediatezza rendeva estremamente probabile ritenere che ci potesse essere stato un fatto di interferenza aerea risulti con grande chiarezza dall'insieme della requisitoria.

VENTUCCI. Sì, signor Presidente, però non si concilia poi con la messa in accusa del presidente dell'Itavia a cui si imputava di diffondere notizie false e tendenziose atte a turbare la quiete pubblica. Questo è accaduto subito dopo.

Sono pienamente d'accordo, generale, per non fare confusione, perché non ci sto. Però, se i cialtroni ci stanno, ci stanno. Il fatto che l'Aeronautica comunque sapeva, non che fosse stata la nostra Aeronautica a combinare il pasticcio ma che sapeva, lei lo ha anche spiegato: ha parlato della cultura del segreto, il senatore Athos De Luca si è arrabbiato; è un fatto in cui l'Aeronautica ci sta dentro fino al collo e io dico probabilmente per atti di cialtroneria. Generale Arpino, sono orgoglioso di essere italiano come tutti quanti noi, ma noi rappresentiamo un popolo di 57 milioni di abitanti e non ci possiamo permettere di andare sempre a rimorchio degli altri. Quello che lei ha detto, cioè di aver volato sul MIG 29, le fa onore e mi fa piacere perché lei è un tecnico, una persona che si rende conto di come stanno le cose, inoltre veramente mi sono meravigliato perché lei è salito anche sul 104 proprio ieri. Questo la dice lunga, non voglio dire sulla sua temerarietà, ma sul fatto che lei vuole dare sicurezza ai suoi uomini e ciò le fa veramente onore.

ARPINO. Si tratta del mio lavoro.

VENTUCCI. Ma i cialtroni ci sono, bisogna dirlo, altrimenti la memoria storica si perde, almeno nella memoria delle vittime di quella vicenda.

ARPINO. Ammetto che ci siano dei cialtroni, alcuni sono stati individuati, ce ne sono sicuramente altri, ma mi fermo qui.

MANCA. La vicenda di Ustica ha interessato tutto il Paese, ha investito due commissioni, in particolare la nostra. Ci siamo letti decine di documenti, abbiamo ascoltato molte persone: è una vicenda che va affrontata con molta delicatezza e con il necessario approfondimento. Propongo al Presidente, a prescindere da come si è comportato il giudice istruttore, di convocare subito, se possibile, il capo settore F28 dell'Itavia perché non bisogna escludere nulla.

MANTICA. Non spetta a noi fare i magistrati.

MANCA. Chiedevo al grande avvocato...

PRESIDENTE. Lasciamo stare l'avvocato, decideremo nell'Ufficio di Presidenza.

MANCA. Per tornare alle affermazioni del generale Arpino, mi soffermo innanzitutto sui consigli che ha dato in risposta al senatore De Luca. Per quanto mi compete, come vicepresidente, farò di tutto per approfondire sui settori politici. Come ho detto ai giudici inquirenti, non mi fermo a dire che non sapevamo: ci sono diverse testimonianze secondo le quali c'erano degli elementi sui quali ci si poteva muovere e, se non è stato fatto, non si può dire che la colpa è di altri. Le domande dei colleghi sono state molte e non le ripeterò, anche perché qualcuna era inutile in quanto anche io sono del mestiere. A proposito del cambio di cultura, mi piace riportare in Commissione alcuni episodi personali, questo vale per Ustica e per altri fatti. Nel 1995, quando ero comandante della 3ª legione un giorno alcuni miei collaboratori mi hanno comunicato che spostando un armadio era stata scoperta una cassaforte; proprio perché avevo cambiato cultura, dissi di stare fermi e di chiamare il maggiore dei carabinieri che avevo a disposizione, alla presenza del quale la cassaforte fu aperta e fu registrato il contenuto. La mattina successiva arrivò la polizia da Roma per ordine del giudice istruttore Priore, non so come avessero fatto a saperlo, tutto finì in una bolla ma, riportando l'episodio indietro nel tempo, al 1980, con la cultura di allora forse, da me o da un'altra persona al mio posto, non si sarebbero usate quelle precauzioni che, debbo confessarlo, sono venute fuori dopo tutto quello che è successo.

PRESIDENTE. Mi conceda una battuta: avrebbe messo sotto provvedimento disciplinare chi aveva spostato l'armadio.

MANCA. Ho voluto spiegare con un episodio personale come sono cambiati i comportamenti. La Marina, inoltre, ha duecento anni di vita: bisogna capire dunque qual è l'origine e come ci si è evoluti. Volevo chiarire un aspetto a vantaggio di tutta la Commissione, che in altre occasioni ho cercato di spiegare. Mi sembra che il senatore De Luca abbia accennato al fatto che non ci sia stato un sussulto di fronte a tante accuse; oggi, l'opinione pubblica lamenta che, in coincidenza di attacchi di diversa provenienza e di costruzioni fantasiose effettuate sui giornali, l'Aeronautica militare non reagisce. Riferendoci ad un periodo passato qualche volta si è reagito, ma vorrei che il Capo di Stato Maggiore ci spiegasse perché l'Aeronautica militare non poteva, non doveva reagire di fronte a questi fatti (il ministro Andò, la costituzione di parte civile). Vorrei ascoltare l'autorità italiana sui motivi per cui l'Aeronautica ha dovuto subire, e doveva farlo, senza mai dire niente dall'interno, salvo qualcuno in quiescenza che si dà da fare per cercare di rispondere, e tutto ciò è stato interpretato, per gran parte delle volte, come ammettere indirettamente delle colpe. Questo vorrei sapere, generale Arpino, perché mi preoccupo sempre di quello che scriveremo in quanto dovremmo dire non solo che qualcuno ha depistato ma dobbiamo suggerire al Parlamento se dobbiamo fare qualche variante per evitare gli errori. Vorrei sapere se il comportamento degli americani nel Mar Tirreno o in altri posti è analogo a quello di allora, se ci sono stati dei chiarimenti, se sono stati stabiliti accordi e cioè se sono più disciplinati o meno rispetto a prima.

ARPINO. Perché non abbiamo mai reagito? Questo è l'addebito principale che mi viene fatto dall'interno, soprattutto dall'interno. L'atmosfera che grava sulla forza armata è ancora pesante e la questione del mancato chiarimento sulla vicenda di Ustica, con tutto quello che ne deriva, è certamente qualcosa che ha danneggiato la forza armata. Ricordo, Signor Presidente, che il suo predecessore, nel parlare di Ustica, disse che l'Aeronautica è da includere tra le vittime: lo condivido ed è profondamente sentito dalla mia gente, dal popolo in azzurro, soprattutto dai piloti, ma non solo, dalla gente che lavora e che rischia. A volte, questa mancanza di reazione mi è stata addebitata, ma io non posso reagire: mi sono ripromesso di non farlo. Ho risposto tante volte, sono intervenuto su tante questioni, dalla Reggia di Caserta alle "basse quote" nei giorni scorsi, ma credo che nessuno si ricordi un mio intervento su Ustica, se non quando messo nell'angolo e preso per i capelli per dire che "ho fiducia nella magistratura perché so come sta lavorando. E’ il momento di trasferire la questione dalle piazze e dai giornali alle aule dei tribunali. Poi ci sarà un verdetto ... ".

PRESIDENTE. Generale Arpino, per quel che può valere il mio giudizio, un atteggiamento istituzionalmente corretto rappresenta probabilmente il modo migliore per fare gli interessi dell'Aeronautica.

ARPINO. Signor Presidente, mi sono comportato così. Ciò mi costa all'interno e mi è costato. La gente vorrebbe gesti violenti, reazioni e si sente sotto inchiesta; noi ci abbiamo provato con il vostro aiuto, con quello del Presidente, con le azioni svolte a separare la Forza Armata, ma il personale si sente comunque sotto inchiesta, vede le penalizzazioni subite dalla Forza Armata in vari settori.

Senatore De Luca, non voglio neanche parlare di questioni di carriera, il fatto di diventare Capo di Stato Maggiore della Difesa o meno mi lascia del tutto indifferente; ho compiuto la mia carriera, sarei dovuto andare in pensione nel mese di luglio se la legge, che è cambiata, me lo avesse consentito. Non è questo il problema, ma quello che una Forza Armata viene esclusa da numerose questioni e opzioni che riguardano le tre Forze. La gente lo avverte, avverte questa specie di tiro al piccione nato da quando la Forza Armata si è rivelata indifesa di fronte alle accuse su Ustica (che non vengono dai magistrati, ma a volte dalla stampa) perché non può reagire. Abbiamo visto missili dappertutto, in televisione, sui giornali, però ora questa sembra essere l'unica ipotesi esclusa dai magistrati. Nonostante ciò, anche dopo che i magistrati l'hanno esclusa, siamo ritornati sullo stesso argomento. Naturalmente, i ragazzi, i giovani entusiasti e puri vorrebbero vedere il loro capo reagire, ma egli non vuole, non deve e non può farlo. Questo perché la Forza armata fa parte di un'Amministrazione che si è costituita parte civile e perché la parola spetta al magistrato. Ciò mi provoca apprezzamento in questo momento dal Presidente, spero anche da parte di qualcun altro qui dentro, però anche un sacco di guai all'interno della Forza Armata. Ho perso ben 300 piloti pronti al combattimento, del costo di 7-8 miliardi ciascuno, in questi tre anni, ossia da quando sono divenuto Capo di Stato Maggiore dell'Aeronautica. Non voglio dire che il mio atteggiamento sia stato determinante in tal senso, ma certamente la mia mancata reazione ha contribuito a demotivare il personale. Sto cercando di motivarlo con l'azione, con la presenza, con il fare le stesse cose e condividere gli stessi rischi ogni giorno, ogni settimana, ma non posso andare oltre. Quindi, uno dei motivi della demotivazione è costituito anche dalla mancata reazione.

Sul fatto se gli americani siano più disciplinati o meno c'è da dire che è cambiato il contesto. Anche in questo caso, torniamo a storicizzare in termini buoni, cosi come ha spiegato il Presidente. Esercitazioni autonome non ce ne sono più, veniamo sempre coinvolti e sono, per di più, cambiate nella tipologia. Prima erano di tipo ante murale, tutte contro il patto di Varsavia, da soli o in coalizione, adesso lavoriamo con gli americani, e con tutte le altre forze, in contesti multinazionali, in pacchetti di forze comuni e anche in altre realtà. Adesso sappiamo tutto, c'è più chiarezza, c'è più fluidità, ci sono meno vincoli. Non essendoci più un confronto contro un nemico determinato, prefigurato, visibile, noto e annunciato il livello di segretezza si è abbassato ed il vincolo è limitato ad altre questioni. Non è che gli americani siano più disciplinati, probabilmente lo sono sempre stati, ma si fanno un po' meno i fatti propri, sono più visibili.

PRESIDENTE. Generale Arpino, siccome in ciò che lei ha detto ho sentito una nota dolente, a mio modesto avviso mi sento di dire che chiunque guidi intelligentemente una corporazione non viene mai amato, anzi spesso è disapprovato. Questo perché le corporazioni sono intrinsecamente miopi, non riescono a vedere lontano e a capire come certi atteggiamenti siano il frutto di una guida intelligente. Ciò non accade solo nelle Forze Armate, ma anche in tutti i campi delle organizzazioni sociali, anche in quella, per esempio, degli avvocati. E’ facilissimo infatti in un'assemblea degli avvocati riscuotere applausi e successo, basta dire che si è i più bravi del mondo, che si ha sempre ragione, ma se si comincia a dire di stare attenti e che si sta sbagliando le cose cambiano.

DE LUCA Athos. Signor Presidente, mi sembra che un collega aveva chiesto il punto di vista del generale sull'attività svolta all'epoca...

PRESIDENTE. Senatore De Luca, il generale ha fatto un accenno su questo...

DE LUCA Athos. Signor Presidente, mi sembrava che avesse detto che ne avrebbe parlato se avesse avuto ulteriori informazioni.

PRESIDENTE. Senatore De Luca, il generale tratterà la questione nella risposta alle domande che gli rivolgerà la senatrice Bonfietti.

BONFIETTI. Signor Presidente, in effetti è già stato detto molto e mi viene da pensare tutto e il contrario di tutto, forse come sempre in questa Commissione. Allora, prima di svolgere alcune riflessioni in generale sulle cose che sono state dette anche dagli altri colleghi sulla causa del disastro, missile o bomba, cosa che continuo a pensare che in questo momento come Commissione non ci debba interessare, volevo soffermarmi puntualmente sul ruolo che il generale Arpino ha svolto in tutta questa vicenda e sulle sue valutazioni di alcuni comportamenti di componenti dell'Aeronautica tenuti in questo lungo periodo di tempo. Intanto, volevo chiederle se durante la sua titolarità alla carica di Capo di Stato Maggiore si sia ancora inviato autonomamente da parte dell'Arma del materiale all'autorità giudiziaria. Immagino, infatti, che ciò possa essere accaduto.

ARPINO. Sì, senatrice Bonfietti, ciò è avvenuto. I rapporti stabiliti con l'autorità giudiziaria, in base anche alle direttive e alle indicazioni ricevute da questa Commissione, nell'incontro più volte ricordato del l° giugno 1995, sono stati molto frequenti e proficui. L'attività del gruppo di lavoro Ustica si è molto ampliata e il contatto è stato, sia con l'ufficio del giudice istruttore sia con il giudice stesso, quasi giornaliero. Ho dato l'incarico di presiedere tale gruppo al generale Rizzi, che non è più qui, e ho inserito nello stesso dei ragazzi in gamba, alcuni dei quali laureati in giurisprudenza, in maniera da essere dotati di una mentalità analitica tale da riuscire a collegare gli eventi. Ci siamo mossi autonomamente. Ho con me le lettere che ho spedito dopo una riunione dei principali responsabili a tutti i capi dei vari settori della Forza Armata per incrementare le ricerche; tali ricerche sono aumentate ed è emerso altro materiale, a volte anche fortunosamente, in siti, località ed uffici che erano già stati esaminati. Durante un incontro informale con il giudice Priore ed il dottor Salvi nel mio ufficio ho chiesto di disporre di indicazioni più precise per la ricerca; non è facile dire "datemi tutto ciò che riguarda Ustica" perché su Ustica c'è tutto e c'è niente. La possibilità di conoscere effettivamente le direzioni della ricerca avrebbe senz'altro favorito la ricerca stessa che, in effetti, ha dato esiti proficui perfino rintracciando quel materiale che si sarebbe dovuto cancellare e distruggere - cui ho già accennato - che è servito poi alla NATO per fornire quei dati di riconosciuta importanza. Esistono circa 5.300 posizioni di archivio nel gruppo di lavoro su Ustica; di queste, 2.200 sono invii al giudice istruttore, ma non si tratta di documenti bensì di 2.200 protocolli ciascuno dei quali poteva contenere addirittura un faldone di elementi reperiti.

Il magistrato ha riconosciuto anche questa nostra attività; il colloquio è stato continuo e proficuo. Abbiamo invitato il magistrato a visitare i locali del gruppo di lavoro su Ustica per aprire casseforti ed armadi; gli uomini del magistrato, infatti, hanno trascorso settimane nel cercare documenti utili tra quelli che avevamo raccolto e accentrato da tutti gli uffici dell'Aeronautica. Questo ufficio è ancora aperto e disponibile ed il compito per il quale è stato istituito è proprio quello di fornire un supporto alla magistratura, alla Commissione Stragi e a quanti altri istituzionalmente hanno diritto di accesso a questa documentazione. Ritengo che i risultati ci siano stati, tanto che mi sembra siano ampiamente riconosciuti. Credo che questo abbia rappresentato un salto di qualità.

BONFIETTI. Le ho posto questa domanda perché ovviamente lei sa che i magistrati, nel corso della requisitoria, più volte hanno parlato di scarsa collaborazione da parte di chi aveva la conoscenza specifica, quindi il sapere militare. Condivido quanto da lei detto; anch'io ho letto attentamente la requisitoria. E’ stato riconosciuto che negli ultimi tempi vi è stata una collaborazione diversa. Ma proprio perché credo che anche durante la sua permanenza come Capo di Stato maggiore non sia stato sempre così, ho voluto chiedergliene conto. Vorrei quindi che lei esprimesse una sua valutazione su alcuni casi che, per l'orario tardo, non posso citare nel loro insieme.

Vorrei conoscere la sua valutazione su ciò che, ancora nel 1997, il giudice istruttore riesce a reperire - come lei sa - su suggerimento della NATO, cioè sul fatto che "era possibile avere informazioni ed estrapolare" - consentitemi questo linguaggio tecnico ma il generale mi capirà senz'altro - "le azioni di ball tab che consentivano di collocare nello spazio alcune azioni a consolle degli operatori". Questo è quanto dice la requisitoria. E basti pensare - a me interessa la sua valutazione - che nel 1994, quando fu consegnata la relazione peritale Santini, si asseverava che "le coordinate di ball tab non sono registrate e quindi è impossibile sapere su che traccia si lavora" - questo è ciò che dice la relazione Santini - "cosicché" - dicono sempre i PM - "è davvero incomprensibile il contrasto tra i risultati in seguito ottenuti e quanto riferisce Fagiani" nel resoconto fatto per il suo comando, generale Arpino, il comando della Forza armata che lei presiede "delle operazioni peritali dell'11 dicembre 1989, secondo cui non era stato possibile ottenere riduzioni diverse perché le relative richieste di registrazione non furono inserite dagli operatori". Anche per lei, come per i pubblici ministeri, risulta incomprensibile questo contrasto tra i risultati che venivano già citati anche nella relazione peritale e che riprendevano attività che, per il suo comando che lei allora non dirigeva, venivano svolte?

A me sembra che questi siano elementi da cui risulta che i giudici non hanno avuto la possibilità dopo 18 anni - come lei sa - di disporre di una collaborazione diversa, di tipo orale o del tipo cui faceva riferimento il senatore Ventucci; per i giudici non è stato possibile disporre di queste dichiarazioni chiare ed esplicite su ciò che secondo qualcuno era accaduto in quella notte, pertanto hanno dovuto lavorare sulle carte in questo modo, tanto da riuscire a crearsi una conoscenza tecnica e specifica che per un giudice anch'io ritengo essere assolutamente improbabile. In questo caso, per questi giudici è stato possibile e gliene dobbiamo dare atto: essi sono riusciti a scoprire tanti comportamenti che, ad un occhio esterno, sembrano assolutamente irrilevanti ma che invece, a mio avviso, danno il segno della continuità - vorrei che questo fosse chiaro anche per i colleghi -, quella continuità che anche lei, generale Arpino, all'inizio del suo intervento, mi sembra abbia illustrato in qualche modo. Si tratta di una continuità di comportamento di un certo tipo ma dalle ultime risposte da lei date alle domande poste da altri colleghi e dai suoi commenti alla requisitoria si deduce una diversa considerazione. Sembra infatti che lei non riscontri tale continuità, piuttosto lei tende ad un appiattimento della lettura che viene data oggi in ordine a episodi avvenuti in modo così cadenzato nel tempo e considera tale lettura esagerata ed esasperata. Al contrario, da questa continuità di certi atteggiamenti e comportamenti io noto una volontà presente fin dall'istante immediatamente successivo alla caduta del DC9, dopo che coloro che si trovavano ai vari siti radar avevano compreso ciò che era avvenuto, la volontà cioè di coprire - non so perché, infatti sono incriminati per questo - e fare in modo che i più non capissero (politici compresi) ciò che era accaduto quella notte. Queste sono le dichiarazioni rispettivamente rese da generali e politici nei vari settori; gli uni non hanno detto agli altri e viceversa perché non vi era nulla da dire. Sulla base di tutti questi dati, che intendo riportare altrimenti ognuno parla e fa riferimento solo alle proprie considerazioni senza esaminare i fatti nello specifico, chiedo a lei, generale Arpino una sua considerazione su questo tipo di comportamento e su tali atteggiamenti. Aggiungo anche altre osservazioni rispetto ai dati che le chiedo di commentare. Si tratta di elementi contenuti sempre nella requisitoria dei pubblici ministeri. Più volte è stato menzionato l'allarme che si nota nei soliti tracciati radar o che il giudice, grazie all'aiuto della NATO, ha rilevato nel sito radar di Grosseto. Tale allarme - come lei sa - è sempre stato negato dagli appartenenti alle Forze Armate e all'Aeronautica militare che erano stati interrogati dal giudice. Risulta invece che alla NATO tale elemento fosse ampiamente riconosciuto e non si trattava di una notizia o di una possibilità di lettura di questo tipo di linguaggio di cui solo pochi disponevano.

Un'altra cosa che volevo dire è relativa al fatto che queste informazioni, secondo me di rilievo, si sono potute avere soltanto nel 1995 (quando lei era già a capo di questa forza armata), e come dicono ancora i pubblici ministeri nella requisitoria, per merito della loro attività investigativa continuata nel tempo. Si è appreso che nei nastri di Ciampino erano contenute anche le informazioni sui voli della sera del 27 giugno, il cosiddetto Anavolo. Queste cose si potevano sapere la sera stessa e il 28 giungo del 1980 di sicuro, come dicono i giudici nella requisitoria, si poteva avere tutta la situazione del cielo di quella notte, e non si sarebbe dovuto poi andare a cercare le carte nei vari scantinati e in altri posti. Infatti, se questo documento fosse stato consegnato la mattina dopo si sarebbe potuto sapere quanti aerei militari c'erano in giro, a quale distanza, cosa stavano facendo e per quale motivo erano lì, quali giravano con i transponder spenti e quindi non si poteva rilevare chi erano e da dove venivano. Tutto ciò si sarebbe potuto apprendere, come dicevo, già nel 1980. La consegna di questa documentazione invece è avvenuta nel 1995.

Vorrei citare un ultimo aspetto tecnico. Anche le THR (Track Hístory Recording) potranno essere sequestrate solo nel 1990. Lei sa che lo Stato Maggiore dell'Aeronautica, a seguito di un provvedimento specifico, già dal 1988 avrebbe potuto avere una copia di queste THR, che servivano per la comprensione dei dati. Invece questa documentazione non è stata consegnata alla magistratura, che ne è venuta in possesso solo nel 1995. E’ inutile dire che in quel momento, come è già stato precisato, eravamo nel 1988 e per il giudice Bucarelli, che aveva in mano questa vicenda, era estremamente importante acquisire il materiale radaristico di cui chiedeva conto, anche perché dal 1986 l'attenzione - ahimè, per qualcuno, non so perché - era tornata su questa vicenda. Invece, allora lo Stato Maggiore dell'Aeronautica non consegnò questo materiale al giudice Bucarelli. Mi sento di condividere l'affermazione dei pubblici ministeri, quando dicono che queste due o tre vicende che ho citato confermano la mancanza di collaborazione: spesso le documentazioni sono state ottenute solo successivamente alla notizia dell'esistenza di questi dati, quindi con una difficoltà pazzesca, perché non si poteva andare direttamente negli uffici per chiedere le THR. Il giudice di turno doveva prima aver compiuto con successo una serie di indagini tali che gli avevano consentito di capire quello che doveva andare a cercare, perché prima non lo sapeva. Questo aspetto secondo me è di estrema importanza, perché dimostra la volontà, la determinazione e la continuità che certi comportamenti hanno avuto. Vorrei chiederle la ragione di questi comportamenti, innanzitutto perché sono avvenuti durante la sua presenza come capo dell'Arma, e conoscere quale giudizio lei dà di questi comportamenti.

ARPINO. Innanzitutto, dal momento che abbiamo per la prima volta un contatto diretto, vorrei esprimerle tutta la mia solidarietà per l'opera che lei sta conducendo.

Devo ricondurmi, senza essere monotono, al discorso del cambio di cultura. Nella Forza Armata siamo passati, lo riconosco e faccio autocritica su questo, da un atteggiamento che definirei "a domanda rispondo" (nel senso che se veniva chiesto qualcosa si rispondeva e basta, senza andare a cercare effetti collaterali) ad una situazione di collaborazione spontanea. Da un certo momento in poi, sono intervenute delle condizioni che hanno consentito una collaborazione spontanea. Questo è avvenuto dal 1989 in poi, anche se ci sono state altre problematiche successivamente, come lei stessa ha messo così bene in luce. Nel 1989, per la prima volta, il Capo di Stato Maggiore, per parola del sottocapo di Stato Maggiore, generale Meloni, ha imposto a tutto il personale, tramite una direttiva a tutti i comandanti di grandi unità, di non avvalersi mai del segreto.

BONFIETT1. Ma allora perché nel 1995 e nel 1997 è successo ancora?

ARPINO. Se è successo, hanno contravvenuto ai miei ordini. Infatti, è stato raccomandato che questo non succeda più con delle lettere specifiche, con degli ordini tassativi. Però le cattive abitudini sono dure a morire: la gente che è abituata a rispondere semplicemente alla domanda senza andare oltre per paura di implicazioni collaterali, quando ha ricevuto queste indicazioni precise ha cominciato a collaborare in modo più aperto e globale.

PRESIDENTE. Direi che, in genere, ad ogni cambiamento di fase, corrisponde una persistenza nella fase successiva di comportamenti inerziali che risentono della fase anteriore. Penso che quello che la collega Bonfietti ha messo in evidenza testimoni come ciò si sia verificato anche in questa vicenda.

MANTICA. Ma il 1989 non è un anno a caso: è caduto il muro Berlino. Fino ad allora c'era anche un nemico.

ARPINO. Però la senatrice Bonfietti ha ragione, perché molte di queste cose sono continuate ad avvenire, tanto da costringere anche l'autorità aeronautica ad intervenire ripetutamente. Vorrei leggervi brevemente tre lettere. Pochi giorni dopo aver assunto l'incarico, il 6 giugno 1995...

PRESIDENTE. Mi fa piacere, perché era cinque giorni dopo il nostro incontro in Ufficio di Presidenza.

ARPINO. …emanavo la seguente direttiva a tutti i comandanti grandi unità, dopo averli riuniti: "con documento a seguito" - era quello del 1989 - "è stata indicata l'esigenza di ricercare in maniera capillare eventuali ulteriori elementi informativi di possibile utilità per l'inchiesta giudiziaria in corso." (ricordo che fino ad allora non si "schiodava" dall'atteggiamento "a domanda rispondeva") "In relazione a quanto sopra chiedo alle signorie loro di farmi conoscere in tempi brevi e comunque non oltre il corrente mese l'esito delle ricerche avviate, ponendo nel contempo particolare attenzione a quel materiale documentale eventualmente ancora in possesso e riguardante gli accadimenti verificatisi nel periodo immediatamente successivo, 30-40 giorni dopo l'incidente occorso al DC9 Itavia. Ciò al fine di non lasciare nulla di intentato da parte dell'Aeronautica militare nel rendere disponibile ogni possibile elemento che consenta all'autorità giudiziaria e alla Commissione stragi di fare piena luce sulla vicenda". Mi è arrivato il materiale, l'ho trasmesso al giudice, il quale lo ha vagliato e me ne ha restituita una parte poiché non era interessante, mentre un'altra parte l'ha trattenuta. Da quel momento è cominciato il salto di qualità anche nei suoi lavori. Ma non è finita qui. Nel settembre del 1995, dopo aver notato qualcosa, emanai un'altra direttiva. "Per proseguire nel doveroso e fattivo rapporto di collaborazione da tempo esistente con l'autorità giudiziaria inquirente, è necessario che il gruppo di lavoro su Ustica sia posto nella migliore condizione per soddisfare le richieste avanzate di volta in volta dalla magistratura. A tal fine chiedo di inviare gli elementi di risposta di competenza, a volte pervenuti in maniera non tempestiva, esauriente o pertinente, solo dopo aver svolto ogni azione, anche nei confronti dei dipendenti, per verificare la più completa corrispondenza ai quesiti e alle esigenze manifestate dalla magistratura". Ciò non è stato sufficiente essendosi verificati altri episodi, come quelli poc'anzi citati. Un'altra direttiva è datata 15 giugno 1997 : "II giudice istruttore Priore, nell'ambito dell'istruttoria condotta in ordine agli eventi in oggetto, ha rappresentato di recente al Presidente del Consiglio dei ministri lo stato di difficoltà e di profondo disagio della magistratura inquirente derivante da alcune condotte poste in essere da dipendenti dell'amministrazione militare chiamati a fornire all'autorità giudiziaria collaborazione ed elementi informativi. Nel merito, confermando quanto già disposto, raccomanda di esercitare nel modo più capillare possibile un'opera di sensibilizzazione nei confronti di tutto il personale dipendente affinché si impronti il proprio operato dinanzi all'autorità giudiziaria a principi di massima collaborazione, incondizionata lealtà e rispetto della legge. In particolare è necessario ogni sforzo per fornire, soprattutto per quanto attiene gli aspetti più propriamente tecnici dell'indagine, quel complesso di informazioni la cui compiuta conoscenza è ritenuta determinante dall'autorità giudiziaria per la conclusione dell'inchiesta".

Informavo anche il Ministro del fatto che questa lettera del Presidente del Consiglio, scritta su input del giudice, non era sufficientemente precisa per consentirmi di individuare coloro che non avevano ottemperato alle mie direttive. Se avessi avuto la possibilità di conoscere i loro nomi - ma non mi sono mai stati riferiti - avrei potuto procedere anche in via disciplinare. Mi è stato successivamente detto dal giudice istruttore che queste persone non erano più in servizio: mi era pertanto preclusa ogni azione repressiva. Ho detto anche al Ministro che qualora questi comportamenti omissivi fossero stati posti in essere da personale non punibile sotto il profilo disciplinare, avrebbero potuto essere perseguiti dall'autorità giudiziaria, come del resto è avvenuto. Tutte le azioni possibili per correggere comportamenti omissivi, qualora ve ne fossero stati ancora - e non ve ne sono stati da parte del personale in servizio -, sono state effettuate. I discorsi sulla lettura dei nastri, che non è stata possibile all'inizio, sono cessati quando, con il reperimento di ulteriore documentazione, è stato possibile, attraverso l'azione della NATO, trovare le chiavi di lettura di questi nastri che contenevano effettivamente maggiori informazioni rispetto a quelle scoperte inizialmente. Non riesco a definire i motivi per i quali tutto ciò è accaduto.

BONFIETTI. Desidero una sua valutazione in ordine al comportamento del tenente colonnello Guerrini che nel 1990 nega l'esistenza della sigla WINTR, riferita al radar di Poggio Ballone e dunque ad una documentazione molto utile. Questa sigla era assolutamente comprensibile perché era usata nel linguaggio aeronautico.

ARPINO. Per me non lo é.

BONFIETTI. Sembra che si tratti di una denominazione ufficiale all'interno del sistema NADGE, non mi sembra dunque che potesse essere conosciuta da pochi. Lei non pensa che siano stati questi gli atteggiamenti che hanno arrecato disonore all'Arma? Sono stata firmataria dell'interrogazione che lei ha ricordato prima e mi chiedo la ragione per la quale la maggioranza dei componenti dell'Aeronautica Militare si è sempre sentita offesa ed attaccata dall'opinione pubblica, dai cittadini, dai parenti delle vittime. La nostra Commissione d'inchiesta vuole cercare di capire i motivi, intenzionali o no, che hanno Impedito di assemblare gli elementi per arrivare alla verità. Mi chiedo per quale ragione l'Aeronautica non abbia dato segnali diversi, di condanna rispetto ad un certo tipo di atteggiamenti, anziché sentirsi criticata per riferimenti ai suoi comportamenti. Non si può non ricordare che certe ricostruzioni dell'opinione pubblica si sono basate su dati certi: alcune informazioni pubblicate dalla stampa il 27 giugno del 1980, ad esempio, provenivano proprio dall'interno degli ambienti militari. La mattina del 28 giugno poteva ancora trattarsi di supposizioni, come afferma il senatore Ventucci, ma noi sappiamo oggi, sulla base della requisitoria, che si tratta di verità. I giudici hanno capito che tutti in quel momento avevano la consapevolezza, vedendo i tracciati radar, di ciò che era avvenuto. Nella requisitoria è accertata l'esistenza dei plots -17 e -12, e quindi l'esistenza di una manovra d'attacco non più dubitabile. I giudici, come lei continua a ripetere, non sono riusciti a dire una parola definitiva sulla causa del disastro aereo, specificando se si trattò di una bomba o di un missile, ma è chiaro che i dati ci sono come è altrettanto chiaro che i giudici, a differenza di quanto sostiene lei, non riescono, sulla base di elementi staccati all'interno del relitto, a concludere con l'ipotesi di una bomba perché non sanno dove localizzarla. A differenza di ciò che accadeva in passato, alcuni dati già in possesso dell'opinione pubblica e dei media si sono ormai trasformati in certezze. Sebbene la perizia Luzzatti avesse già escluso nel 1982 l'ipotesi del cedimento strutturale, gli imputati dell'Aeronautica, che non avevano sposato l'ipotesi della bomba, hanno parlato continuamente di cedimento strutturale. I comportamenti risalenti a quel 27 giugno 1980 da cui sono scaturite le imputazioni sono agli atti della Commissione. Non possiamo infatti dimenticare che i pubblici ministeri hanno elevato imputazioni fino all'accusa di alto tradimento, in particolare relative al delitto di cui all'articolo 289 del codice penale su determinati fatti; e allora vuol dire che questi fatti, nella requisitoria, sono dati ormai per certi, e per i quali si deve veramente adesso arrivare a dibattimento. Però queste attività (volevo dimostrare questo ora perché lei è Capo di Stato Maggiore dal giugno 1995) sono continuate anche dopo e allora, circa l'indegnità di certi comportamenti, non vedo perché non sia stato un vostro compito denunciare piuttosto che parlare di assalti che qualcuno, non si sa bene perché, forse a volte senza motivo, ha fatto ai comportamenti dell'arma Aeronautica.

Un'altra domanda volevo rivolgerle, generale Arpino, sempre perché lei ha avuto un ruolo anche in altri momenti, prima di essere Capo di Stato Maggiore. Come spiega lei tutti questi dati, che avevo cercato di sintetizzare, di non riprendere in dettaglio, che si conoscono nell'immediatezza dell'evento? Cioè, per quale motivo i contatti con l'ambasciata americana? Per quale motivo tutto questo attivismo e questa attività che viene svolta nell'immediatezza dell'evento? Per quale motivo il maresciallo Carico può dire quello che dice e altri colleghi non confermeranno mai quello che lui vede sul tracciato di Marsala? Per quale motivo non ci sono più i tracciati radar di quel momento, se non quello di Ciampino, come lei sa, mentre tutto il resto non è più a disposizione, è indisponibile per il giudice Priore? Ecco, all'interno di che cosa stanno questi atteggiamenti e comportamenti se non all'interno della volontà di nascondere quello che nell'immediatezza dell'evento tutti avevano capito fosse successo? Un'altra cosa che le voglio chiedere è la seguente. Lei ricordava prima che ha incontrato nel 1986 il sottosegretario Amato: ci può dire con quali altri ufficiali o generali avvenne questo incontro?

PRESIDENTE. Fermiamoci un attimo, così il generale Arpino può rispondere a queste domande.

BONFIETTI. Sì, sono molte; ma non ho finito, mi dispiace.

ARPINO. Noi stiamo facendo tanta fatica nel cercare di separare l'Aeronautica dai singoli individui, dall'attività anche criticabile di alcuni di questi individui (poi, durante il dibattimento, si vedrà in quale grado queste attività siano state dolose, illecite, eccetera), e invece io vedo - poi mi si chiede perché - che noi ricadiamo sempre nel considerare l'Aeronautica uguale agli individui. Io torno a ripetere quello che ho ripetuto prima: l'Aeronautica è composta da 75.000 persone, non da 43 o 44 indiziati, ancorché essi possano essere tutti dolosi nel loro comportamento (e questo è ancora da vedere); alcuni lo sono chiaramente, lo si vede, lo ammetto io stesso, sono rimasto molto sorpreso anch'io nel vedere alcuni aspetti sulla requisitoria, li ho imparati lì e mi hanno fatto sicuramente riflettere. Però questo mescolare continuamente individui e Forza Armata rappresenta un danno per l'Aeronautica, un danno per il paese e sta conducendo a danni non facilmente riparabili, purtroppo. Io stesso ho detto che chi avesse trasgredito, lo avrebbe fatto a dei miei ordini: ma non mi risulta che personale in servizio abbia trasgredito a questi ordini, cosi perlomeno mi è stato detto dal magistrato quando sono andato a chiederglielo. D'altra parte, io posso dare tutti gli ordini che voglio di chiarezza, di serenità, di completezza nelle informazioni ma, come abbiamo già detto, davanti al magistrato ciascuno è responsabile di sé stesso, lì io non posso entrare ed è lì il momento di separazione delle responsabilità individuali da quelle collettive della Forza Armata. Ma non vorrei continuare a ripetere sempre gli stessi discorsi.

Nel merito tecnico delle tracce, del perché non sono state date subito, eccetera, effettivamente su questo non posso rispondere perché non so rispondere; infatti torniamo sempre al discorso iniziale: può essere un discorso di cultura, può essere un discorso di ordini dati in questo senso (e non ci credo, lo sottolineo, perché è difficile dare degli ordini sbagliati e fare in modo che vengano eseguiti da tutte le persone tranne che da una, il maresciallo Carico), oppure può essere un discorso di cialtroneria, di gente che, com'è stato detto precedentemente, ha cercato con questo di coprire proprie manchevolezze, proprie deficienze, propri errori. Io non le so sinceramente dare un altro tipo di spiegazione: quello che posso escludere è che il Capo di Stato Maggiore (e non faccio una difesa d'ufficio in questo momento del generale Bartolucci, avrei potuto essere anch'io) sia in grado di dare un ordine di questo tipo che venga anche osservato ed eseguito: io non sarei così bravo, non sarei capace di farlo.

L'altro discorso riguarda il mio incontro con il sottosegretario Amato. Era il 1986, maggio, mi pare, e al riguardo ho riletto un documento che io ho compilato per il Capo di Stato Maggiore lo stesso giorno: ho qui sotto mano proprio questo documento, quindi potrei leggerlo e avrei risposto, ma lo sintetizzerò. Il giudice istruttore è comunque in possesso di tale documento e ne abbiamo già parlato ampiamente con lui, ma è giusto che ne parli anche con questa Commissione, visto che mi viene chiesto. Il tutto è stato originato da una richiesta al Capo di Stato Maggiore da parte del generale Nardini, che allora era con il presidente Cossiga come consigliere militare alla Presidenza della Repubblica: il sottosegretario Amato ci ha chiesto dei ragguagli; il Capo di Stato Maggiore, che era allora il generale Pisano, ha mandato il suo Sottocapo, che era il generale Gargioli, all'epoca, il quale ha portato con sé il capo del 3° reparto, che è il naturale consulente per tutti gli aspetti operativi: e allora io ero appunto il generale di brigata aerea capo del 3° reparto. Inoltre, siccome c'erano anche questioni tecniche da discutere, si è portato anche il generale Tascio, che non era più a quel punto capo del SIOS, ma era capo dell'ITAV, l'ispettorato delle telecomunicazioni, quindi era responsabile della difesa aerea, dei radar militari, non più di quelli civili che, nel frattempo, erano passati dall'Aeronautica militare all'organizzazione civile, all'ENAV, o forse, allora AVTAG. In risposta alle domande specifiche del sottosegretario Amato, il generale Tascio metteva in chiaro quelle che sono "le differenze concettuali e di impiego tra i radar adibiti a funzione ATC" (leggo il documento cui mi riferivo) "e quelli impiegati per la difesa aerea, facendo anche cenno alle differenze tecniche" (frequenza, definizione, giri d'antenna), tutte cose che lei probabilmente, senatrice Bonfietti, ha letto nella requisitoria.

BONFIETTI. Sì.

ARPINO. Ci sono differenze perché gli uni sono adibiti a uno scopo e gli altri ad altro scopo. Poi il generale Tascio faceva notare che l'Amministrazione della difesa non era stata reticente all'epoca (questa era l'opinione del generale Tascio come ispettore dell'ITAV), perché la stessa autorità militare nel 1980 presiedeva sia alle attività dei radar militari che a quelle dei radar civili, quindi la fonte di informazione era unica; poi, che le cose nel 1980 siano state dette in modo corretto o no, sia oggetto di attenzione da parte del giudice istruttore. Poi chiariva quel famoso "buco" di otto minuti nel radar di Marsala, specificando che si trattava di un cambio di nastro (erano informazioni che il generale Tascio aveva assunto), il famoso cambio di nastro per l'esercitazione Synadex. Per i non addetti, e anche per chi non ha seguito la parte tecnica, Synadex vuol dire: "Syntethic Air Defense Exercise", cioè si introduce un nastro nel computer- che simula molti bersagli, un'attività aerea, e si intraprendono su di questa delle azioni tattiche simulate.

PRESIDENTE. Per uno che non ne capisce molto di queste cose: la immediatezza dell'esercitazione, pochi minuti dopo la scomparsa della traccia del DC9, potrebbe anche far pensare che sia stata fatta per potersi riguardare il nastro.

ARPINO. Sì, tutto può darsi, però queste erano esercitazioni prepianificate, c'era un calendario per queste esercitazioni, venivano inseriti i nastri in determinati orari, soprattutto nelle ore in cui gli operatori della difesa aerea avevano poco da fare e svolgevano questo tipo di esercitazioni. In questo caso hanno inserito il nastro, poi è successo l'incidente quindi il nastro ha continuato a girare per i fatti suoi, almeno così ci hanno detto, e nessuno poi ha seguito in effetti l'esercitazione come tale, si sono dedicati ad altre cose, a rispondere a telefonate, eccetera. Quindi il generale Tascio chiariva questo al sottosegretario Amato. Ho proprio qui tutti i quesiti. Io invece, sempre in risposta a domande specifiche, spiegavo al sottosegretario Amato quali erano tutte le tattiche in uso per l'utilizzazione dei missili aria-aria e dei radar aria-aria a bordo dei velivoli. Quindi spiegavo sotto il profilo tattico quando e come si potevano utilizzare i due tipi di missili disponibili nel 1980 (non è che poi nel 1986 la situazione fosse molto differente): c'era il tipo beam rider, cioè che cavalca la linea radar che unisce il velivolo intercettore al bersaglio, e il tipo a infrarosso, a più breve raggio - due o tre miglia - in grado di colpire fonti di calore. Entrambi questi tipi di attacco hanno bisogno di una guida a terra, dell'individuazione del bersaglio alcune miglia prima, eccetera. Ho spiegato tutte le tecniche che sono comuni sia ai missili in possesso della NATO, sia di quelli in possesso della Francia e dell'Unione Sovietica, che erano poi gli stessi in possesso della Libia.

PRESIDENTE. Quando lei dice "guida a terra", anche una portaerei riesce…

ARPINO. Sì, una portaerei o anche un radar volante. Quindi, abbiamo spiegato tutte queste tattiche comuni ai missili detenuti a suo tempo dal Patto di Varsavia e quindi anche dalla Libia che utilizzava le stesse apparecchiature, dal francesi e dalla NATO; erano missili molto simili. Il quesito del sottosegretario Amato cui ho risposto si è limitato a questo. Mi ricordo però che il Sottosegretario ha parlato allora, presente il dottor Manzella - perché mi pare che il presidente Cossiga avesse disposto il recupero del relitto - dell'inopportunità di assegnare questa ricerca agli americani. Parlavano fra loro, comunque ho riferito tutto al giudice Priore.

BONFIETTI. Le ho rivolto questa domanda perché, come lei sa, Amato sostiene in altri momenti di essere stato ingannato dagli ufficiali dell'Aeronautica che lo avevano informato su quello che lui poi doveva andare a dire in Parlamento perché, essendo Sottosegretario, doveva rispondere a delle interrogazioni. Siccome in quell'incontro - come vede volevo sapere quali persone c'erano - vi era anche il generale Tascio, che poi è stato incriminato ed è uno dei quattro generali incriminati per il reato previsto dall'articolo 289 del codice penale, penso di dover credere al sottosegretario Amato, nel senso che evidentemente le informazioni che gli furono date in quel momento hanno potuto permettere di continuare in questa grande bugia che da 19 anni ci stiamo trascinando e che vede per l'appunto dei singoli incriminati - le ho fatto dei nomi: il tenente colonnello Guerrini per avere fatto delle cose nell'esempio di prima, il generale Tascio per averne fatte delle altre, quest'ultimo incriminato per alto tradimento - e non tutta l'Aeronautica.

ARPINO. Oltre a me erano presenti il Sottocapo di Stato Maggiore, generale Gargioli, il professor Manzella e l'ammiraglio Falciai, che allora era vice capo di Gabinetto. Nell'uscire c'è stato uno scambio di numeri di telefono, perché il sottosegretario Amato il giorno dopo doveva partecipare ad una trasmissione, adesso non ricordo quale. Difatti mi ha chiamato a casa, quando era già in televisione, poco prima della trasmissione, chiedendomi se potevo reperirgli in tutta fretta i nominativi degli equipaggi di Marsala, di Licola, eccetera. Ho fatto un giro di telefonate con il telefono di casa - allora il problema del personale dei siti radar, mi sembra, non era ancora emerso - e sono riuscito ad avere qualche nominativo da gente che se lo ricordava perché era in attività in quel momento. Ho ritelefonato al sottosegretario Amato che mi ha ringraziato moltissimo dicendomi che lo stavo salvando perché in televisione gli avrebbero chiesto questo. Quindi, ho passato i nominativi di cui sono riuscito a disporre nel giro di un quarto d'ora, venti minuti ed ho finito lì. Non ho mai più visto né sentito il sottosegretario Amato dall'epoca, né mai ho ricevuto rimostranze sulle informazioni che gli ho fornito. Però le ho apprese leggendo un sindacato ispettivo firmato da lei, senatrice, e da altri.

BONFIETTI. Sempre nella requisitoria viene sottolineato il ruolo negativo che hanno avuto nella vicenda gli ufficiali Torri, Di Natale, Oddone, che sono stati coloro che hanno visto, si potrebbe dire maneggiato, i documenti fin dall'inizio e in ruoli diversi: prima come Aeronautica, nel senso che immediatamente hanno visto questi tracciati radar e hanno dato le informazioni - giustamente - a chi dovevano darle; poi l'Aeronautica li a messi a disposizione di coloro che indagavano nel primi tempi (hanno lavorato anche per la commissione Luzzatti); in seguito anche dai giudici sono state chieste importanti collaborazioni tecniche, in campo esplosivistico, a questi ufficiali; infine sono diventati periti degli imputati e da qui poi tutta la vicenda della richiesta dell'allontanamento dei periti da parte del Ministro della difesa perché erano ancora in attività presso l'Aeronautica. Mi può dare una spiegazione della presenza direi continua di queste persone e trovare una giustificazione, perché un'Arma così grande, così ricca credo anche di risorse umane - lei parlava mi sembra di circa 75.000 unità - e quindi anche tecniche, ha questi tre, quattro nomi che si ripetono in 17-18 anni? Una mia supposizione, ovviamente molto cattiva: non saranno state delle mani fidate, sulle quali si poteva contare per nascondere qualcosa, dato che poi il controllo della situazione è stato mantenuto fino a tutt'oggi, salvo alcune cose che il giudice già è riuscito a dimostrare in quanto a comportamenti illeciti ed a sanzionare in tutta questa vicenda?

Un'altra cosa che come Commissione stragi seguiremo meglio nei prossimi tempi, ma di cui chiedo conto anche a lei è una sua valutazione rispetto alla relazione Pratis che è stata anche nominata questa mattina. La requisitoria ha puntato il dito molto su questa relazione: alcuni dati sono pervenuti ai giudici addirittura dopo il periodo in cui loro avrebbero potuto usarli e consultarli, perché si era chiusa la fase istruttoria, ma hanno comunque rilevato delle grandi falsità in essa contenute, relative alle simulazioni di esperimenti in volo fatti in quel periodo. Della commissione Pratis, lei sa, faceva parte anche il generale Annoni, di cui abbiamo anche tracce molto chiare di incontri con ufficiali dell'Aeronautica. E’ in grado di darci oggi o di farci avere ogni documentazione, che ci potrà poi servire nel prosieguo dei nostri lavori, sui rapporti tra l'Arma da lei guidata e la commissione Pratis? Quali furono gli atti che intervennero fra l'Aeronautica e questa commissione, chi dava l'input, chi insomma fece scrivere a Pratis quello che scrisse? Mi pare che ad un certo punto fosse stato incaricato di seguire la questione - cioè il rapporto tra l'Aeronautica e questa commissione Pratis istituita dalla Presidenza del Consiglio - il generale Giordo.

Rivolgendole ancora qualche altra domanda vorrei sapere come sia possibile - lo abbiamo ricordato anche prima - che solo oggi veniamo a conoscere dalla NATO, per questa strana collaborazione che vi è stata, che alla magistratura non è stato consegnato il nastro originale di Marsala, i cui dati sono stati subito ridotti e sono state fatte due bobine (nastro 99 e nastro 100. E’ una lunga storia di cui la requisitoria dà conto). Volevo capire se lei ci sa dire di chi è la responsabilità di tutto quanto è avvenuto in quel momento, della consegna di una copia piuttosto che dell'originale dato che quest'ultimo - come tutti sappiamo - non è stato mai ritrovato. Anche dell'attività di Siracusa chiedo a lei se ha qualche ulteriore elemento da fornire alla Commissione in quanto di quel radar documentazione non è stata trovata, addirittura si è sempre detto che il sito di Siracusa - ci sono state diverse versioni - era in manutenzione e che quindi quella notte non poté vedere quanto avvenne; sappiamo invece che ha avuto un ruolo molto importante.

Poiché lei ha dovuto occuparsi a vario titolo di queste attività in quanto il politico, la politica, il Ministero, il Ministro, hanno chiesto a lei, o altri prima di lei, di occuparsene in modo più aperto e meno viziato da questa stranissima forma di segreto che è stato apposto fin dall'inizio su questa vicenda, vorrei sapere se è riuscito ad appurare le responsabilità di questi comportamenti, se non le sembra che sarebbe un modo nuovo, diverso, più consono, proporre - noi auspicheremmo molto questo - una disponibilità da parte vostra nella ricerca, oltre che della magistratura. Infatti, come lei ha detto prima e ne sono ben convinta, spetta alla magistratura l'onere di ricercare e di trovare imputazioni solo rispetto a responsabilità individuale (si risponde penalmente soltanto dei fatti di cui si riesce a dimostrare che sono stati compiuti) ma la responsabilità politica, ancora una volta in questo caso tecnica, gli elementi tecnici che voi potete dare per la ricostruzione di una responsabilità che poi il politico possa sanzionare, dovete fornirli voi: le informazioni avreste dovuto darle voi affinché di questo tipo di responsabilità il Ministro, il Governo, la politica si debbano interessare. Le chiedo dunque come lei si è attivato in questo periodo per comprendere quanto quella notte è stato effettivamente compiuto, indipendentemente ed oltre quello cui è già potuta pervenire la magistratura.

ARPINO. Cercherò di rispondere rapidamente, partendo da quest'ultima richiesta. Per fare quello che lei mi chiede dovrei fare delle indagini, istituire una commissione d'inchiesta, il che noi, per regola - ma tutte le amministrazioni dello Stato vi si debbono attenere - ci guardiamo bene dal fare quando è in corso un'inchiesta della magistratura. Quando la magistratura, alla quale dobbiamo fornire tutti i dati e tutta la collaborazione possibile, avrà deciso, allora, ma solo a posteriori io (o chi per me) aprirò un'inchiesta per seguire sotto il profilo del regolamento, non più penale, aspetti che comportano un'infrazione anche nel settore disciplinare. Si tratta di una prassi adottata in tutte le amministrazioni dello Stato: mai due inchieste parallele, se lavora la magistratura la lasciamo lavorare. Questa è la risposta: non faccio alcuna indagine fino a quando la magistratura non ha concluso, fornisco tutto il supporto possibile, ma mi è vietato fare altro.

Per quanto riguarda il famoso nastro di Marsala ho già premesso che sono, per mia sfortuna in questo frangente, Capo di Stato Maggiore dell'Aeronautica e quindi le mie competenze "tecniche" in termini di radar, di byte e di riduzioni sono abbastanza limitate. Il sistema NADGE lo conosco perché so come opera come intercettore, ottemperando agli ordini automatici che mi da questo sistema, ma non so come sia costruito. I1 motivo per cui non sia stato consegnato il nastro originale di Marsala non lo so, è una materia che sta cercando di capire il giudice secondo il quale, però, è irrilevante il fatto di disporre della copia o dell'originale perché i pubblici ministeri riconoscono che i due nastri non sono stati alterati, come invece si è detto più volte sulla stampa, per cui contengono le stesse informazioni di quello originale. Cosa sia stato fatto del nastro originale non lo so, sarà stato riutilizzato probabilmente da qualcuno che ha avuto cura prima di farne delle copie, posso immaginare.

Per quanto riguarda la collaborazione con la NATO non mi sembra che sia stata "strana", ma tranquilla e serena. E’ stata possibile proprio in base alla documentazione che siamo riusciti a reperire: abbiamo fornito molte chiavi al giudice per poter porre domande precise alla NATO che prima non erano possibili, anzi il giudice ci ha chiesto di disporre di personale tecnico che non fosse sempre quello che lei ha menzionato prima, perché giustamente l'Aeronautica è grande. Ho fatto una selezione di personale tecnico altamente qualificato, ho scelto personale in pensione per non utilizzare quello in servizio in quanto, vestendo questa uniforme, il giudice avrebbe potuto subire delle critiche; ho consegnato un certo numero di nominativi con allegata documentazione personale al giudice al quale ho chiesto di scegliere, chiedendogli però la cortesia di non farmi sapere quale sarebbe stato il risultato della sua scelta. Il giudice ha scelto persone qualificate che, assieme alle informazioni che abbiamo dato avendo reperito questi documenti, in gruppo di lavoro a Bruxelles presso il "NATO Programming Center" di Glons sono riusciti a raggiungere dei risultati, ancorché parziali e discontinui.

Per quanto riguarda la commissione Pratis, se questa Commissione desidera che mi attivi per verificare quali siano stati i collegamenti con l'Aeronautica lo posso fare, ma lo considero superato in quanto è già stata oggetto di attività da parte della magistratura. Posso andare a verificare i collegamenti, se questo è ritenuto proficuo e ritengo di sì poiché lo richiede la senatrice, ma prima chiedo lumi al Presidente.

PRESIDENTE. Dobbiamo capire se, come più è probabile, la magistratura abbia avviato con rito ordinario un'inchiesta, altrimenti ci sarebbe un'altra sovrapposizione.

ARPINO. Al momento quindi mi asterrei, sempre pronto però a fare, dove mi competerà, il mio dovere e a suggerire al Ministro di intraprendere iniziative su aspetti della materia di sua competenza.

Dei periti ne abbiamo già parlato, ma lei è ricaduta nella tentazione, probabilmente si è trattato di un lapsus, di porre la domanda in questi termini: "Come mai l'Aeronautica presenta sempre le stesse persone?" Ribadisco, non è stata l'Aeronautica, ma si è trattato di singole iniziative personali degli imputati che conoscendo queste persone e sapendo che avevano già lavorato le hanno arruolate per svolgere il ruolo dei periti d'ufficio. Anche a me ciò sembra anomalo, ma abbiamo rimediato, perché i nomi, che effettivamente sono sempre quelli, 7 od 8 esperti, sono stati ritirati. Credo che molti di loro non siano più in servizio.

BONFIETTI. Sono quelle persone che hanno fornito nel tempo diverse versioni contrastanti a seconda di quale persona o di quale istituzione stessero servendo.

MANTICA. Il difetto di molti periti è quello di rispondere al padrone di turno.

BONFIETTI. Senatore Mantica, qui si tratta della presenza di esplosivo o meno, non è questione di poco conto.

MANTICA. Senatrice Bonfietti, lei ha ragione.

BONFIETTI. Che siano poi serviti oltre che per l'Aeronautica anche per il giudice è da far notare.

ARPINO. Erano in servizio per la Commissione d'inchiesta tecnica nel 1980 e sono coloro che hanno trovato qualche traccia di esplosivo...

BONFIETTI. ...da un'analisi che condotta successivamente da alcuni laboratori dà risultati diversi. Prima si era trovato solo il TNT, poi anche il T4, che offriva la possibilità di supporre la presenza di un altro tipo di esplosivo e non solo di una bomba. Non lo dico io, ma è una perizia che nel 1989 è stata consegnata al giudice Bucarelli, quella della Blasi 1 che concludeva parlando di missile perché si era trovato anche T4, cosa che non avevano trovato Torri e Di Natale. Tale perizia è stata poi indubitata perché 2 di loro si sono ritirati, ma questo non perché non ci fosse TNT o T4, ma perché c'era qualche dubbio rispetto ai radar Quindi si è messa in dubbio la capacità della Selenia di registrare ciò che aveva registrato. Tutto si lega. I colleghi non hanno la stessa capacità di legare il tutto, perché questa messa in discussione dei dati della capacità di lettura della Selenia è avvenuta proprio durante il periodo della commissione Pratis.

ARPINO. Era anche lo stesso perito.

BONFIETTI. La commissione Pratis, che fu istituita nel 1988 e che terminò i suoi lavori nel maggio del 1989, doveva, perché qualcuno glielo aveva chiesto, il Ministero che l'aveva istituita, la Presidenza del Consiglio, con presidente De Mita, dare certe risposte a certe domande che erano state poste e comunque altre da quelle che sono state date. Quindi, oltre ad essere andati fuori tema con la relazione finale ci si è trovati, guarda caso, nel periodo in cui si cominciava a dubitare o a mettere in dubbio la correttezza del funzionamento della Selenia. Ecco il ritiro delle due famose firme dalla relazione della Commissione Blasi che si concludeva in un certo modo ed ecco il discorso della successiva indagine per cercare perizie radaristiche più puntuali che potessero fornire un segno ed un risultato definitivo, che si è trovato, a mio avviso, con questa perizia riportata nella requisitoria attuale. Tale perizia segnala, lo ripeto perché mi sembra che non leggiamo tutti le stesse pagine, che alcuni segnali di aerei drammaticamente ci sono, sono rimasti, altri si vedono nella rotta del DC9, molti non possono essere identificati perché, anche se qualche dato di proprietà della NATO, dell'area inglese, francese o americana, è giunto in nostro possesso, non disponiamo di tutte le sigle (SIF2 o SIF3). Tali aerei infatti giravano a "targa spenta" e non sarà mai possibile dire cosa facessero e da dove provenissero. Della loro presenza però si ha la certezza e non solo del -17 e del -12.

Si parla sempre in questa Commissione e nei convegni della necessità di istituire enti nazionali per la sicurezza dei voli. Bene, nel 1981 il National transportation safety board, ossia l'Ente nazionale per la sicurezza dei voli americano, che noi ancora non abbiamo, guardando il solo tracciato di Ciampino, disse che la traccia di un aereo che tagliava ortogonalmente quella del DC9 era evidente. Fu il primo tracciato che io vidi personalmente riprodotto in televisione; mi svegliai da un sogno o comunque dalla rimozione che avevo fatto di tutta la vicenda. Altre tracce, sempre secondo i signori Macidull, si evidenziavano anche sulla scia del DC9. Poi tutte le perizie fatte portano a certe conclusioni. In ogni caso, dato che a noi spetta sempre di capire perché i nostri dipendenti dell'Aeronautica, generali, ufficiali o avieri che fossero, non abbiano voluto dire ciò che quella notte, vedevano, dobbiamo continuare e cercare di capire a chi siano fedeli.

Allora torniamo all'inizio, lei lo provava a dire, c'era un distacco tra le forze armate e la politica. Cosa vuol dire? Può riprendere sinteticamente questo aspetto. Sul piano tecnico, invece, voglio chiederle un'altra cosa, perché credo che lei possa essere coinvolto in questo tipo di attività e quindi di darci informazione corretta: in una registrazione del 7 marzo 1993 il generale Nardini, che secondo anche le affermazioni dei Pubblici Ministeri coordinava nei fatti la difesa degli imputati, ha detto a Tascio di aver parlato con lei e di averle dato istruzioni. Ricorda qualcosa di quella telefonata? A cosa si riferiva il generale Nardini? Più in generale, nel 1993 si è mai interessato delle perizie da fare o da farsi sul MIG 23 che in quel periodo era tornato ad avere importanza? Si stava cercando di compiere nuove indagini per capire se la relazione Ferracuti avesse un valore, oppure si stava iniziando a pensare che la si doveva, come anche lei ha detto oggi, indubitare completamente? Ci sono sull'argomento del MIG 23 delle sue telefonate e delle perizie con Bartolucci e Tascio.

Le chiedo altresì di inviare alla commissione il suo discorso di insediamento perché ci potrebbe essere utile.

ARPINO. Senatrice Bonfietti, la ringrazio per le domande che mi ha posto, cercherò di rispondere questa volta in ordine cronologico. Non mi ricordo di aver parlato il 7 marzo 1993 con il generale Nardini, mi ricordo invece una cosa certa: il generale Nardini ha sempre tenuto fuori il suo Sottocapo, io ricoprivo quell'incarico, dalla questione Ustica, che trattava sempre direttamente e personalmente. E’ possibile che in sua assenza mi abbia affidato un compito da svolgere, che io ora non ricordo, ma sicuramente si trattava di qualcosa di marginale perché tale vicenda è stata da lui trattata direttamente e personalmente, anche al di fuori delle attività dello Stato Maggiore. Posso addirittura sostenere che si trattava di una cosa personale ed in buona fede io ritengo che egli cercava di fare proprio questo a nostra tutela, ove possibile. Questa era la sua interpretazione, ma io non posso entrare nella testa altrui. So che il generale Nardini è una persona motivata, appassionata e ha sicuramente lavorato tanto, ma ha avuto l'attenzione e l'accortezza nei miei confronti di tenermi fuori dal caso e di questo gli sono veramente grato. Poi sono diventato Capo di Stato Maggiore e anch'io, ovviamente, ho cominciato a leggere le carte. Non ho capito bene, inoltre, il motivo per cui si rende necessario che la Commissione disponga del mio discorso di insediamento.

BONFIETTI. Avrei il piacere che lei inviasse il suo discorso per illustrare il modo con cui ha affrontato la vicenda. Sappiamo che Pillinini ha avuto un certo atteggiamento nei confronti degli imputati, mentre Nardini ne ha avuto un altro. Vorrei sapere come lei ha affrontato l'intera vicenda nel suo discorso di apertura.

ARPINO. Non ricordo di aver trattato questo aspetto, ma se me lo chiede evidentemente l'ho fatto. C'è stato un mio impegno preciso fin dall'inizio. Ne parlavo proprio con il generale Pillinini con il quale ho sempre avuto un rapporto eccellente e del quale ho continuato il tipo di attività, nei confronti sia della Commissione che del giudice istruttore. Quindi, il mio lavoro si è sviluppato nel segno della continuità di quello svolto dal generale Pillinini. Il mio impegno è stato quello di tenere al di fuori, per quanto possibile, l'istituzione da vicende che ritenevo riguardassero gli individui e tale impegno mantengo tuttora. Ritengo significativo il fatto che io non mi sia mai espresso sulla stampa in ordine a questo argomento e abbia rifiutato ogni ghiotta occasione (non per me).

Per quanto riguarda le perizie relative al MIG, non ricordo di essermi interessato della questione. E’ possibile che io abbia parlato con qualcuno per telefono, ma non ricordo di aver eseguito telefonate di questo tipo. Naturalmente ho ricevuto chiamate telefoniche, ma non credo di averne mai fatte perché l'intendimento del generale Nardini era quello di tenermi fuori dalla vicenda e - ripeto - di questo gli sono grato. Ho potuto così lavorare gestendo la parte operativa e lo Stato Maggiore senza riserve mentali e con piena serenità, per tutto il periodo. Il generale Nardini in prima persona ha fatto fronte a questa reviviscenza del problema legato alla vicenda. Pertanto, se ci sono state telefonate registrate, naturalmente sarò l'ultimo a saperlo. Se lei lo afferma, evidentemente ci sono.

BONFIETTI. Sono negli atti.

ARPINO. Il giudice istruttore non me ne ha mai fatto carico e non credo ci sia qualcosa di particolare in questo, tanto che non lo ricordo.

BONFIETTI. Dovrebbe rispondere anche alla domanda relativa al discorso generale, al di là di quello tecnico, cioè la questione del distacco tra le Forze Armate e il Ministero della difesa, di cui lei ha parlato all'inizio del suo intervento. Come inserisce questo avvenimento nefasto? Tutti abbiamo letto la requisitoria e abbiamo riconosciuto che ci sono delle responsabilità. Fedeli a chi? Agli americani, alla NATO, mi sembra che lei andasse in questo senso all'inizio.

ARPINO. Questo discorso è stato affrontato prima.

BONFIETT1. Vorrei però che lei fosse più chiaro.

ARPINO. Sono stato chiaro e posso ripeterlo con altrettanta chiarezza. Non credo sussista un discorso di doppia fedeltà. Io ho affermato che certamente, all'epoca, il rapporto con i politici non era così semplice, facile e usuale come lo è oggi, o per lo meno non lo era con tutte le parti politiche. C'era una parte politica che per noi era quasi rappresentante del nemico. Mi dispiace dirlo ora in questa sede, ma allora era così.

BONFIETT1. Ma era il Governo a non dover essere il nemico.

ARPINO. Per quanto riguarda il Governo, ripeto che una cosa era il rapporto relativo al "NATO-segreto" e al "NATO-segretissimo" con il Presidente del Consiglio o con l'Autorità nazionale per la sicurezza, altro era il rapporto con gli altri componenti del Governo, perché noi eravamo vincolati al "NATO-segreto" e al "NATO-segretissimo" e di questi dati potevamo parlare solo con l'Autorità nazionale per la sicurezza rappresentata dal Presidente del Consiglio o da un suo delegato. Era questo che volevo significare quando prima mi sono espresso in termini di "distacco".

BONFIETTI. Ma lei sa che il Presidente del Consiglio, come capo dell'Autorità nazionale di sicurezza, sostiene di non aver ricevuto alcuna informazione dai militari.

ARPINO. Questo fa parte di un altro discorso. Credo che se avesse chiesto qualcosa gli sarebbe stata detta. Evidentemente, la notizia della caduta del velivolo, purtroppo, non è stata ritenuta di importanza politica tale da doverla riferire al Presidente del Consiglio.

BONFIETTI. Ma è questo che non è vero, perché dalla requisitoria non si evince che non sia stata ritenuta di grande importanza. I vari Ministri erano interessati e, guarda caso, avevano notizie anche diverse.

MANTICA. Erano molto interessati.

BONFIETTI. Sia Lagorio che Formica erano molto interessati e disponevano di informazioni ben precise.

ARPINO. Senatrice Bonfietti, con tutta la buona volontà, si tratta di un aspetto per il quale non posso fornire io delle risposte. Allora ero un colonnello e non posso conoscere i rapporti vigenti tra il Presidente del Consiglio, i vari Ministri e il Capo di Stato Maggiore. Io stesso, a questo punto, vorrei conoscere i diversi elementi perché mi sto appassionando alla vicenda, che è di particolare interesse. Amo la mia Forza Armata e vorrei che fosse del tutto estranea alla questione. Probabilmente, alcuni individui si sono comportati male e li puniremo, li perseguirà e li punirà il giudice. Ma io non posso fare altro che collaborare, non posso fare altro che esprimere a larghe mani giudizi anche personali, alcuni dei quali potrebbero anche ritorcersi contro di me. Altro non posso fare.

PRESIDENTE. Vorrei darle atto che lei ha fornito qualche giudizio.

MANTICA. Intervengo per un fatto personale. Dal momento che la senatrice Bonfietti più volte ha fatto rilevare - e posso anche capirla - che i colleghi evidentemente leggono altre requisitorie, volevo dimostrare il contrario proprio perché mi sento toccato personalmente. Posso capire che la senatrice Bonfietti intenda dimostrare che l'Aeronautica nasconde un fatto che conosce, cioè quello dell'abbattimento dell'aereo da parte del missile...

BONFIETTI. Ma non ho detto che ciò che è successo a quell'aereo in quella notte, è stato per colpa dell'Aeronautica.

MANTICA. Ma dal momento che lei sostiene che noi non leggiamo i documenti o li leggiamo interpretandoli diversamente, voglio ricordare che è un'ora e mezza che stiamo ascoltando con molta pazienza le sue domande tese a dimostrare che, grosso modo, l'abbattimento dell'aereo sia stato causato da un missile e che questo è un dato che ha valore per la requisitoria del giudice. A me sembra di aver letto cose diverse. Al di là di questa discussione, voglio far rilevare che, in ordine alle accuse o, comunque, ai rinvii a giudizio richiesti per alcune persone allora facenti parte dell'Aeronautica, a pagina 559 della requisitoria dei pubblici ministeri si afferma che "è irrilevante per la sussistenza del fatto della sua qualificazione giuridica che sia accertata o meno la circostanza dell'abbattimento dell'aereo". Questo significa - è probabile che io sia incapace di leggere - che, non essendo tra l'altro provato l'abbattimento da parte del missile o, se si vuole essere più onesti, non essendo possibile accertare esattamente la causa della caduta dell'aereo, questi comportamenti prescindono dalla causa stessa, perché un conto è affermare che una persona sa che deve nascondere il fatto che l'aereo sia stato abbattuto da un missile ed un conto è, come dicono i giudici, prescindendo dalla causa dell'abbattimento, dire che questi soggetti si sono comportati in maniera non corretta. In questo modo, si torna sempre indietro a rifare le requisitorie dei giudici.

PRESIDENTE. Vorrei fare qualche osservazione proprio su questo aspetto. Come i colleghi sanno, ho a lungo provato a frenare la Commissione su questo tema specifico di Ustica, perché mi rendevo conto che l'interferenza con la vicenda giudiziaria era talmente forte da finire necessariamente per condizionarci. Dopo la requisitoria, poiché mi erano state da più parti avanzate richieste di far riprendere l'inchiesta, mi è sembrato giusto - ma comincio a domandarmi se è stato giusto - riportare la nostra attenzione sulla vicenda di Ustica. Non dobbiamo dimenticare che siamo in presenza di una vicenda processuale ancora ben lontana dalla conclusione: potrà esserci o meno un rinvio a giudizio e, se ci sarà, si svolgerà un dibattimento lunghissimo, durante il quale si dedicheranno moltissime udienze all'approfondimento delle questioni sottolineate dalla collega Bonfietti. Oggi, secondo me, l'unico atteggiamento concreto che possiamo assumere, sia pure con il beneficio del dubbio, è quello di partire dalla requisitoria. La requisitoria ci dice che, malgrado manipolazioni, incompletezze e dispersioni di documenti, il quadro radaristico era nel 1980 ed è ancora oggi compatibile con lo scenario aeronautico, cioè con la possibilità di una collisione o di un combattimento aereo. Infatti, i pubblici ministeri affermano che i due plot testimoniano una possibile rotta di interferenza di un veicolo militare con il DC9 nel momento e nel luogo del collasso dell'aereo nel cielo.

Il punto da cui partono i pubblici ministeri, però, è l'esame del relitto. Se si fosse trovato il buco del missile, tutto si chiuderebbe nella logica dell'accusa, perché si potrebbe dire che si sapeva che era stato un missile e che si è voluto tenere tutto nascosto. Questo oggi è un fatto. Può darsi che questa ricostruzione non reggerà all'esame del giudice istruttore, il quale magari contraddirà le conclusioni dei pubblici ministeri e dirà che secondo lui ci sono gli elementi per dire che l'aereo è stato abbattuto da un missile, oppure può darsi che il giudice istruttore confermerà l'impotenza del pubblico ministero. Ma pensare che la Commissione possa sostituirsi all'accertamento giudiziario mi sembra che ci conduca ad investirci di compiti impropri e ad attribuirci capacità che obiettivamente non abbiamo. Io mi atterrei alla realtà di oggi, secondo quanto emerge dalla requisitoria, cioè che il sospetto che ci potesse essere stato lo scenario aeronautico ha determinato una serie di comportamenti dell'Aeronautica, prima nell'immediatezza della vicenda e poi, a cascata, durante tutto lo svolgimento dell'inchiesta. Quindi, anche se si continua ad insistere sul problema del "perché non si è detto e perché non si è fatto", alla fine, malgrado tutto, lo scenario radaristico continua ad essere abbastanza chiaro; poteva esserlo di più o di meno, però oggi qualche certezza su questo punto l'abbiamo raggiunta. Ma abbiamo raggiunto anche un'altra certezza, cioè che il relitto non ci dice che è stato un missile, anzi sembrerebbe dirci che non è stato un missile. Questi sono oggi lo Scilla e Cariddi tra cui, se vogliamo continuare ad andare avanti, dobbiamo muoverci, altrimenti converrebbe decidere una battuta di arresto in attesa di vedere quali saranno le conclusioni del giudice istruttore e come si svolgerà il dibattimento.

Tuttavia, sento il dovere di dire una cosa al generale Arpino. Dopo aver letto la requisitoria, dopo aver riletto la documentazione relativa ai contatti che abbiamo avuto con il generale Arpino, devo dire che l'atteggiamento dell'Aeronautica dal 1995 (cioè dalla prima volta in cui ci siamo incontrati) in poi è sembrato notevolmente diverso, ho registrato un mutamento. Per esempio, fui io a suggerire di acquisire un parere dell'Avvocatura dello Stato per vedere se era compatibile il doppio ruolo di dipendenti della parte civile e quello di consulenti della parte imputata. Stavo leggendo il verbale ed ho potuto constatare che soprattutto questo ha dato degli esiti.

In conclusione dell'audizione, penso che sia doveroso da parte mia, senza impegnare la Commissione, sottolineare questo aspetto, dandone atto al generale Arpino e ringraziandolo, questa volta a nome di tutta la Commissione, del tempo che ci ha dedicato.

La seduta termina alle ore 14,45.

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