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CAMERA DEI DEPUTATI - SENATO DELLA REPUBBLICA

COMMISSIONE PARLAMENTARE D'INCHIESTA

SUL CICLO DEI RIFIUTI E SULLE ATTIVITA'

ILLECITE AD ESSO CONNESSE

5.

SEDUTA DI MARTEDI' 22 LUGLIO 1997

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE MASSIMO SCALIA

INDICE

 

Sulla pubblicità dei lavori. *

Seguito dell'esame ed approvazione del regolamento interno. *

Audizione del ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato Pier Luigi Bersani. *

ALLEGATO *

 

La seduta comincia alle 18,45.

(La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).

 

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Se non vi sono obiezioni, rimane stabilito che la pubblicità della seduta sia assicurata anche attraverso gli impianti audiovisivi a circuito chiuso.

(Così rimane stabilito).

 

Seguito dell'esame ed approvazione del regolamento interno.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito dell'esame del regolamento interno.

Ricordo che nelle scorse settimane l'ufficio di presidenza integrato dai rappresentanti dei gruppi e la Commissione plenaria hanno esaminato più volte la proposta di regolamento interno da me illustrata. Sono state recepite alcune proposte emendative presentate dal senatore Cortelloni.

Nessuno chiedendo di intervenire nella discussione sulle linee generali, passiamo all'esame degli articoli del regolamento, che saranno pubblicati in allegato al resoconto stenografico della seduta odierna. Poiché nessuno ha chiesto di parlare, li porrò direttamente in votazione.

Pongo in votazione l'articolo 1.

(E' approvato).

Pongo in votazione l'articolo 2.

(E' approvato).

Pongo in votazione l'articolo 3.

(E' approvato).

Pongo in votazione l'articolo 4.

(E' approvato).

Pongo in votazione l'articolo 5.

(E' approvato).

Pongo in votazione l'articolo 6.

(E' approvato).

Pongo in votazione l'articolo 7.

(E' approvato).

Pongo in votazione l'articolo 8.

(E' approvato).

Pongo in votazione l'articolo 9.

(E' approvato).

Pongo in votazione l'articolo 10.

(E' approvato).

Pongo in votazione l'articolo 11.

(E' approvato).

Pongo in votazione l'articolo 12.

(E' approvato).

Pongo in votazione l'articolo 13.

(E' approvato).

Pongo in votazione l'articolo 14.

(E' approvato).

Pongo in votazione l'articolo 15.

(E' approvato).

Pongo in votazione l'articolo 16.

(E' approvato).

Pongo in votazione l'articolo 17.

(E' approvato).

Pongo in votazione l'articolo 18.

(E' approvato).

Pongo in votazione l'articolo 19.

(E' approvato).

Pongo in votazione l'articolo 20.

(E' approvato).

Pongo in votazione l'articolo 21.

(E' approvato).

Pongo in votazione l'articolo 22.

(E' approvato).

Poiché non vi sono dichiarazioni di voto, pongo in votazione il regolamento interno nel suo complesso.

(E' approvato).

Comunico che la prima parte della missione in Campania è stata fissata per il 30 luglio prossimo e si svolgerà in provincia di Caserta. Il programma sarà comunicato a tutti i membri della Commissione. Invito i rappresentanti dei gruppi a comunicare i nominativi dei parlamentari che desiderino partecipare.

La seduta, sospesa alle 19, è ripresa alle 19,30.

 

Audizione del ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato Pier Luigi Bersani.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione del ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato Pier Luigi Bersani.

Do subito la parola al ministro - il cui ritardo è dipeso da precedenti impegni di carattere istituzionale - facendogli presente che la questione rifiuti, per i quantitativi colossali che riguarda - come è emerso anche nel corso indagini - a giudizio di molti necessiterebbe, di un assetto, per così dire, imprenditoriale. Sarebbe perciò interessante se egli potesse parlarci anche di opzioni, tendenze o indirizzi provenienti dal mondo delle imprese per quanto riguarda una gestione a norma di legge del problema rifiuti.

Dopo che il ministro avrà svolto la sua relazione, i colleghi gli porranno le domande che riterranno necessarie.

PIER LUIGI BERSANI, Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato. Ringrazio il presidente e la Commissione tutta, chiedendo ancora scusa per il ritardo.

Svolgerò alcune considerazioni di carattere programmatico dal punto di vista dell'amministrazione dell'industria, cominciando col dire che il Governo, al momento di decidere sul decreto legislativo n. 22 del 1997, si è trovato di fronte, come è ben noto, ad un quadro piuttosto allarmante, per carenze proprie della legislazione ambientale e in particolare nel settore rifiuti. Sostanzialmente, dal 1982 - data di recepimento delle prime direttive - la legislazione in campo ambientale in materia di rifiuti è sempre stata caratterizzata da un'impronta emergenziale, senza i caratteri di una vera programmazione. Di conseguenza, si sono avuti provvedimenti spesso contraddittori e tali - questa è la tesi che cercherò di sostenere nel mio intervento - da un lato, da non fornire certezza giuridica agli operatori, quindi da non dare agilità al consentito; dall'altro, invece, da aprire spazi agevoli all'illecito. Questa situazione era aggravata anche dall'assenza di organismi di controllo che operassero con un grado di sufficiente efficienza.

Contrariamente a quanto accade nella maggior parte dei paesi europei, la nostra tradizione non è contrassegnata dalla presenza di adeguati organismi di controllo e da una cultura delle norme tecniche di carattere generale. Abbiamo avuto, invece, un meccanismo di autorizzazioni preventive, che non danno sufficiente garanzia né dal punto di vista del controllo sistematico delle attività nel corso di svolgimento, né dal punto di vista di quella semplificazione, di quella certezza del consentito che possa spingere verso l'intervento positivo di carattere imprenditoriale. Una impostazione di questo genere ha prodotto un danno di natura ambientale e - io sottolineo - anche un danno nello sviluppo delle attività produttive.

Con la successiva emanazione della legge n. 441 del 1986 e poi della n. 475 del 1989 non si sono avuti grandi miglioramenti. E' parsa grave la carenza strutturale dell'informazione sulla dimensione del fenomeno "smaltimento dei rifiuti", la mai effettiva funzionalità del catasto nazionale dei rifiuti; in occasione dell'istituzione delle cosiddette tasse sulle discariche, rispetto ai calcoli parametrati sulla presunta produzione di rifiuti gli effettivi incassi si sono rivelati clamorosamente lontani. Abbiamo, dunque carenze di tipo conoscitivo e sono rimaste anche carenze strutturali. Quindi: carenza di ambulatori di analisi pubblici; insufficienza dello sviluppo tecnologico, anche per l'assenza di una normativa costante, moderna e chiara di disciplina, con conseguente scarsa remunerazione degli investimenti e, in particolare, il sedimentarsi - e di questo il sistema produttivo soffre molto - di una incomunicabilità quasi totale tra politiche ambientali, produttive, industriali, agricole, sanitarie, dei trasporti e così via.

Rispetto alle esperienze internazionali, balza all'occhio che dobbiamo rimontare questo handicap di separatezza tra diverse ottiche, quindi la difficoltà ad avere una visione globale, per poter non solo parlare ma anche agire in termini di sviluppo sostenibile. Si tratta di un problema serio che ha creato e consente che, in qualche misura, ancora permangano una alterità di principi tra amministrazioni diverse dello Stato, nonché una mentalità alquanto distorta - e dura a morire - per cui dal punto di vista industriale si tende istintivamente a percepire la normativa ambientale ed in materia di rifiuti come elemento di vincolo e di chiusura. Ciò, ovviamente, non riguarda la parte più matura dell'imprenditoria ma comunque una parte ancora diffusa. Dall'altro lato, peraltro, è presente una mentalità di tipo ambientalista che non riesce a misurarsi con l'alleanza necessaria con la qualificazione delle forze produttive.

Tutto ciò ha a che fare anche con il tema dei fenomeni criminosi che si sviluppano nella materia ambientale, e particolarmente in quella dei rifiuti. E' vero, infatti, che tali fenomeni si combattono con apparati repressivi e di indagine, ma - almeno questa è l'ottica nella quale, anche per ragioni di ufficio, ci poniamo noi - ci sono misure preventive di vario genere che possono essere efficaci. Sono (lo ripeto riassumendo questa parte): potenziamento degli organi di controllo, semplificazione delle procedure amministrative, quindi aumento della loro trasparenza, maggiore collaborazione tra le amministrazioni centrali e tra quelle centrali e le periferiche, vero sistema di monitoraggio, politica degli incentivi che sia ragionata e che stimoli un intervento attivo, da protagonista diretto, delle imprese nel settore della tutela ambientale.

Ho appena detto dei limiti che abbiamo vissuto e del divario che dobbiamo rimontare. Voglio anche aggiungere, per amor di verità, in una specie di parentesi che comunque è attinente al discorso che stiamo facendo, che non si può certo dire che la situazione della normativa internazionale, in particolare di quella comunitaria, sia sempre sufficientemente dirimente, indicativa, chiara, capace di orientare le scelte nazionali di programmazione e di normazione. Non volendo dilungarmi in questioni note, mi limito a ricordare che il ritardo nel recepimento delle direttive europee non è, come più volte si dice, un fenomeno solamente italiano ma un problema piuttosto diffuso negli Stati europei e che va, appunto, posto su scala europea. Proprio da un recente documento diffuso dalla DG 11 (Direzione generale dell'ambiente dell'Unione europea) nel febbraio 1997 risulta che per i quindici paesi dell'Unione la situazione è sostanzialmente la seguente: di tre non si hanno praticamente notizie; per quanto riguarda gli altri dodici, nelle singole situazioni, ciascuno interpreta la nozione di rifiuto - che è un punto dirimente - in maniera sostanzialmente differente dagli altri ed avendo una visione differente di ciò che la DG 11 propone. Anche quando il tema viene affrontato in sede OCSE, dove diversi paesi partecipano con delegazioni separate, siamo in presenza di elementi di divergenza. Come si sa, questo è un tema attualissimo, quindi cruciale dal punto di vista della normazione.

Posso fare una ricognizione, anche rapida, del modo in cui è catalogato nei diversi paesi europei ciò che è rifiuto, riportando, in questo modo, anche la percezione reale che ha il sistema più evoluto delle imprese del modo in cui si sta sviluppando questo business nel resto d'Europa. Procedo, dunque, ad un rapido elenco. Per l'Inghilterra, è rifiuto solo quello che esce dal normale circuito commerciale e produttivo, cioè dalla catena di utilità. Per la Francia, il materiale di scarto è rifiuto fino a che per il suo utilizzo vi è necessità di ricorrere ai processi di recupero; mentre quando è direttamente utilizzabile, il materiale diventa una materia prima secondaria. In Danimarca c'è un decentramento: la decisione se il materiale di scarto è prodotto o rifiuto è presa a livello comunale. In Olanda c'è un criterio misto, in parte francese, in parte riferito alla volontà che il detentore ha di disfarsi del materiale. Per la Germania, materia prima secondaria è quella che rientra nei normali usi commerciali. Poi, come sappiamo, per la DG 11 rifiuto è tutto ciò di cui il produttore si disfa e "disfarsi" è un qualsiasi atto di cessione, indipendente dalla possibilità di utilizzo diretto o dalla necessità di un recupero preventivo. Ci sono pareri della Corte di giustizia europea che disattendono le posizioni della DG 11, anche se non vi sono stati pronunciamenti dirimenti. Forse, la Corte di giustizia ha anche un po' complicato il quadro interpretativo riferendo il concetto del "disfarsi" non al detentore ma al proprietario; il che complica ulteriormente l'interpretazione perché, tirando il ragionamento, si potrebbe intendere che la volontà di disfarsi del proprietario comporta il rifiuto, quindi può non esistere qualcosa che si chiami rifiuto posto che il proprietario non intenda disfarsene. Questo porta in sostanza a puntare l'indice, ormai universalmente, sulla scarsa chiarezza della definizione del rifiuto e fa ritenere necessario - è l'opinione del procuratore generale della Corte di giustizia - un intervento dei singoli Stati membri per introdurre norme di dettaglio che chiariscano la distinzione fra materia prima e rifiuto.

L'attuale situazione ha anche ripercussioni sul sistema industriale: vi è il rischio di un disordine nella concorrenza, di una discriminazione fra operatori, perché si registrano diverse qualificazioni all'interno dei vari Stati dell'Unione a fronte di fattispecie uguali. E' un dato che ormai si delinea concretamente e che può portare a distorsioni della concorrenza ed anche a paradossi (nel caso della Danimarca, per esempio, su un qualunque intervento di natura commerciale occorrerebbe conoscere il parere del singolo comune).

Vi è poi un altro rischio: ove la norma di legge non fosse chiara e dettagliata, singole autorità giudiziarie potrebbero dar vita a pronunce diverse su fattispecie uguali; ciò porterebbe ad una distorsione della concorrenza fra aree o fra situazioni diverse.

Tutto il quadro che ho descritto costituisce l'attualizzazione del tema a cui ho fatto cenno all'inizio. La certezza dei riferimenti normativi è necessaria per ottenere un doppio effetto: la propensione del sistema imprenditoriale a muoversi su questo tema civilmente e modernamente e la possibilità di arginare fenomeni degenerativi che possano inserirsi nelle pieghe della cattiva organizzazione. Occorre quindi procedere ad un chiarimento sul merito con la Commissione europea. Ma vi è anche una questione di contezza e certezza per la parità del trattamento da parte della Commissione verso tutti i paesi membri.

Con la svolta dell'emanazione del decreto legislativo n. 22 del 1997 si sono indubbiamente sviluppate grandi potenzialità. Non voglio scendere nel dettaglio dei contenuti del decreto, ma cercherò di segnalare i punti dalla cui buona applicazione può provenire il risultato di passi avanti significativi su tutti gli aspetti problematici a cui ho fatto riferimento.

In primo luogo, segnalo lo sforzo di superare la contrapposizione fra diverse amministrazioni per quanto riguarda identici problemi. Il decreto legislativo - sia nella stesura sia nella previsione di decreti attuativi - mostra una visione di sviluppo sostenibile nella quale sarà possibile incrociare i diversi punti di vista ed interessi (industriale, di avanzamento e ricerca tecnologica, di ammodernamento tecnologico e produttivo, sanitario, dei trasporti, dell'agricoltura). Non è un caso che in questa occasione il Ministero dell'industria abbia concorso attivamente alla stesura del decreto e partecipi oggi come autorità di concerto nella stesura di diversi decreti attuativi e nella redazione di accordi di programma (strumenti indispensabili dal punto di vista della programmazione). In sostanza il percorso nel suo complesso può offrire davvero l'occasione di stringere un rapporto programmatico fra le diverse amministrazioni: è un'opportunità molto importante.

Con il decreto, inoltre, si compie uno sforzo di chiarimento di problematiche normative fino ad oggi non risolte, per superare elementi di grave incertezza presenti fra gli operatori e fra le autorità. Occorre fare tutti i passi possibili in questa direzione; a valle dell'emanazione del decreto legislativo si dovrebbe cercare di chiarire al più presto la portata delle norme tramite i decreti di attuazione, con le circolari interpretative, con le linee-guida. Si potrà così far fruttare al massimo la possibilità di superare i casi di interpretazioni giudiziarie discordanti, e di evitare distorsioni nella concorrenza e comportamenti diversi a parità di fattispecie per quanto riguarda le sanzioni. Si potrà anche apportare chiarezza fra operatori ed autorità deputate al controllo.

Di tutto ciò abbiamo bisogno anche per superare gli alibi che la scarsa chiarezza delle norme offre a comportamenti non sempre lineari. Ecco perché da questa operazione dobbiamo ricavare il massimo di certezza di riferimenti normativi.

Altra importante area di sviluppo delle potenzialità della disciplina va individuata nella previsione di procedure semplificate per il recupero, con effetti sulla salvaguardia della salute e dell'ambiente. Le semplificazioni del procedimento dovrebbero consentire anche alle autorità di controllo di programmare la propria attività in relazione alle potenzialità di rischio delle diverse fattispecie. E' un altro tema di grande importanza, al quale si aggiungono le previsioni sulle incentivazioni al recupero energetico e le norme sulla riduzione del ricorso alla discarica per lo smaltimento (uno dei sistemi attraverso i quali operano le stesse organizzazioni malavitose nel nostro paese).

Il decreto tende a valorizzare, inoltre, i procedimenti di raccolta differenziata. Per esempio, ha attribuito carattere di imprenditorialità al sistema di gestione degli imballaggi (attualmente il 40 per cento dei rifiuti totali). E' una carta che l'imprenditorialità può giocare riservando alla pubblica amministrazione funzioni di vigilanza e di controllo. L'operazione può offrire quindi grandi prospettive. Anche il sistema sanzionatorio è particolarmente efficace per combattere il trasporto ed il traffico illecito, per esempio con la confisca dei mezzi utilizzati.

Infine sono disciplinate da regole più precise le bonifiche e sono alleggerite le incombenze per l'utente in merito alla rottamazione degli autoveicoli, anche con la definizione dei requisiti dei centri di raccolta. Altri campi di forte potenzialità riguardano i registri di carico e scarico e la riorganizzazione del catasto.

Tutte queste aree di intervento rappresentano le occasioni delle quali abbiamo bisogno per compiere un salto di qualità significativo. Certo molto occorrerà lavorare per trasformare queste potenzialità in operazioni concrete, cioè in un mutamento della mentalità e della pratica sia del mondo imprenditoriale sia delle pubbliche amministrazioni. Il Ministero dell'industria ha la volontà di impegnarsi in questo sforzo con tutti i mezzi disponibili e nella massima trasparenza. Naturalmente lavoriamo insieme con il Ministero dell'ambiente - anche in queste ore - per dare concretezza all'attuazione del decreto.

Vorrei ricordare alcune delle ragioni del nostro interesse. Il 50 per cento dei materiali impiegati in tutti i principali comparti (tessile, della carta, dei metalli, chimico) deriva da scarti. Abbiamo assoluto bisogno di impiegare materiali di scarto in luogo delle materie prime, perché siamo un paese importatore; quindi possiamo ricavarne un vantaggio enorme. Lo stesso vale per i risparmi energetici, che in alcuni casi possono oscillare fra l'85 ed il 90 per cento (con una consistente riduzione di emissioni nell'atmosfera). Altri vantaggi sono offerti dalla possibilità di sostituire il materiale di cava. Il nostro interesse discende anche dalla enormità del numero di soggetti imprenditoriali interessati al fenomeno dell'utilizzo degli scarti (circa 6 milioni di utenti). Abbiamo in sostanza l'esigenza impellente di combinare istanze produttive ed occupazionali con una migliore tutela dell'ambiente ed una salda cura della legalità in questo campo.

Se alla conclusione del percorso che abbiamo intrapreso - e che deve proseguire - saremo riusciti a determinare un primo forte aggancio, sistematico, fra migliore organizzazione ambientale, pieno protagonismo di nuovi sistemi di impresa ed assoluta chiarezza degli ambiti nei quali le imprese possono liberamente ed utilmente muoversi, avremo colto un obiettivo veramente importante e storico.

Sento che nel sistema delle imprese vi è un interesse enorme per questo fenomeno, non soltanto in chiave difensiva ma anche in un'ottica di proposta e di partecipazione. Lo dico anche per rispondere alla domanda formulata dal presidente. Il tema è comunque nuovo, quindi non è semplice trovare parole univoche nel sistema delle imprese: la composizione degli interessi è variegata, manca l'abitudine a governare insieme questi processi e le sensibilità variano a seconda delle fasce di impresa o delle aree di operatività. Non ci sfugge che dobbiamo puntare al massimo grado - naturalmente con ragionevolezza, senza forzature improprie che possano farci tornare indietro -, sui più alti livelli di maturità dei soggetti protagonisti, cioè di coloro che si muovono con consapevolezza perché l'impresa possa essere protagonista.

A mio parere la scelta più importante che l'amministrazione può compiere affinché questo meccanismo virtuoso si inneschi è produrre soluzioni normative, attuative ed applicative che siano evangelicamente chiare (o sì, o no). Ciò costituirebbe di per sé un approccio adatto per impostare su basi nuove i rapporti fra le imprese e questa area di tematiche. Non sarà facile, ma produrremo questo sforzo - in particolare insieme ai colleghi dell'ambiente - con il massimo di convinzione.

PRESIDENTE. Ringrazio il ministro e do subito la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre domande o formulare richieste di chiarimento.

GIUSEPPE SPECCHIA. Ringrazio il ministro per la sua presenza in questa sede e per l'esposizione che ci ha offerto. Porrò brevemente alcune domande.

Durante la mia esperienza nella Commissione ambiente del Senato ho spesso rilevato che fra Ministero dell'ambiente e Ministero dell'industria si verificano diversità di opinioni anche su questioni importanti. In taluni casi ciò ha provocato ritardi nell'approvazione di provvedimenti (anche in materia di rifiuti), in altri casi ha portato a soluzioni di compromesso che spesso si sono rivelate non ottimali. In questo momento, a che punto è lo stato dell'arte? Il rapporto è migliorato e vi è una maggiore collaborazione tra il Ministero dell'industria e quello dell'ambiente?

In secondo luogo, nelle diverse audizioni che si sono svolte è stato rilevato, soprattutto da parte di alcuni magistrati, che il sistema sanzionatorio previsto dal decreto legislativo Ronchi, del quale il ministro ha parlato bene, è abbastanza blando. Per una materia così delicata e per gli interessi che sono in gioco (ambiente, salute, eccetera), dovrebbe essere introdotto invece un regime sanzionatorio più pesante: a questo proposito vorrei qualche ulteriore informazione.

Per quanto riguarda la nozione di rifiuto, so che in passato, anche tra i due Ministeri, vi sono state prese di posizione diverse al momento, per esempio, dell'adozione di provvedimenti e di decreti-legge. Poiché è importante per il sistema produttivo nazionale, per i nostri operatori e per i riflessi sulla legalità o illegalità che si ripercuotono nella gestione dei rifiuti, vorrei sapere se il Governo italiano, e quindi il Ministero, stiano avviando un'azione decisa a livello europeo per giungere finalmente ad una uniformità concreta da parte di tutti. Secondo me questo è un punto essenziale di tutta la vicenda.

Il decreto Ronchi, anche come approccio culturale, parte - e in questo senso l'abbiamo condiviso - dalla produzione del rifiuto, cioè dalla fase dell'attività produttiva. Vorrei sapere se al ministro risulti che l'industria italiana stia attrezzandosi in tal senso, se cioè questa cultura comincia ad appartenere anche alla nostra industria che vuole avviare produzioni che comportino meno rifiuti.

L'ultima domanda, che non so se sia completamente pertinente - ma la pongo ugualmente - riguarda il decreto Ronchi perla parte relativa al superamento delle discariche. Anche questo è da condividere, perché la loro presenza costituisce di per sé, per quello che abbiamo constatato, un ulteriore fatto di possibile illiceità. L'industria italiana oggi è nelle condizioni di offrire al mercato alcune garanzie e comunque esistono, anche a livello non nazionale, impianti di smaltimento tali da non procurare tutte quelle preoccupazioni ambientali che nel passato invece vi sono state ed hanno costituito la causa del rifiuto degli impianti di incenerimento o di altro tipo?

VITTORIO MUNDI. Mi complimento con il ministro Bersani per la definizione che ha dato del termine rifiuto con una scala per l'Inghilterra, la Francia, la Danimarca, l'Olanda, la Germania e la DG 11.

Riferendomi ad una frase pronunciata dal ministro stesso, il quale ha detto che vi è un interesse enorme delle imprese, vorrei sapere se si tratti di un interesse economico, imprenditoriale, o a favore della collettività, poiché potrebbe trattarsi anche di questo.

FRANCO GERARDINI. Concordo con l'analisi che il ministro Bersani ha fatto della situazione a livello europeo, soprattutto per quanto riguarda la definizione del concetto di rifiuto, che è stato al centro del dibattito nelle aule parlamentari in occasione del parere espresso sul decreto legislativo n. 22.

Concordo sul fatto che tale differenziazione da una nazione all'altra finisca per essere un aspetto che influenza in maniera negativa il mercato complessivo del rifiuto, che, se vogliamo, provoca anche una sorta di disparità tra i diversi soggetti economici, i quali risentono della diversa definizione di tale termine e si possono avvalere di una norma più permissiva dell'altra. Detto questo, credo che il decreto Ronchi abbia sposato fino in fondo il concetto di sviluppo sostenibile, laddove si vuole eliminare una separazione che vi è stata sempre storicamente nel nostro paese tra le politiche industriali e quelle ambientali, una separazione che ha anche causato pesanti conseguenze ambientali.

Se partiamo dalla quantità di rifiuti, ed in modo particolare da quelli provenienti dalle attività produttive, che ammontano a circa 97 milioni di tonnellate secondo il rapporto del Corpo forestale dello Stato, suddivisi tra rifiuti speciali, tossico-nocivi ed industriali di vario tipo, ci accorgiamo che esiste un giro di affari di circa 10 mila miliardi. I dati possono essere più o meno attendibili, tuttavia resta il fatto che si tratta di un giro di affari notevole e consistente. Basta considerare che il sistema produttivo italiano si è caratterizzato sempre come una struttura aperta, nel senso che non ha mai chiuso i cicli produttivi. Si è sempre creato cioè tra gli estremi del processo, tra la produzione e l'eliminazione, una divaricazione continua, al punto che in modo anche molto allarmante il fenomeno della produzione dei rifiuti ha pesato fortemente come pressione antropica sul territorio. Ci siamo accorti che oggi esiste una prima grande esigenza, cioè quella di "internalizzare" una serie di costi e di chiudere i cicli di produzione ed eliminazione. "Internalizzare" i costi significa sopportare oneri maggiori per il sistema industriale, che reagisce sempre negativamente di fronte alla necessità di rendere un'attività la meno "impattante" possibile sul piano ambientale.

Vorrei sapere se il Ministero dell'industria stia definendo politiche fiscali per incentivare per esempio le attività di recupero. Al riguardo, faccio riferimento all'articolo 33, comma 9, del citato provvedimento, laddove è prevista la specifica competenza del Ministero dell'industria per l'emanazione di un decreto, da adottare di concerto con altri ministeri, per la concessione di incentivi finanziari in ragione dell'utilizzo di rifiuti come combustibile per produrre anche energia elettrica.

Mi risulta che questo sia uno dei decreti attuativi cui sta lavorando il tavolo di concertazione tra i vari ministeri, che sostanzialmente dovrebbe far compiere un passo avanti - spero - rispetto al CIP 6, che comunque ha avuto una sua funzione, sebbene sia chiaro che l'intento del Governo, su cui concordo, è quello di rivedere una serie di meccanismi di agevolazione. Vorrei quindi sapere a che punto ci troviamo e quali siano, almeno nelle linee generali, gli intendimenti del Ministero dell'industria.

Se guardiamo al bilancio energetico del nostro paese e, quindi, alle dipendenze dell'Italia nei confronti delle altre nazioni per l'approvvigionamento di materie prime da destinare all'utilizzo di energie fossili, dovremmo dedurre che vi è un interesse particolare dell'industria ad attivare un vero e proprio sistema industriale per il recupero dei rifiuti. Lei ha osservato giustamente che esiste un interesse enorme da parte delle imprese di fronte al nuovo quadro normativo, ma io aggiungo che vi è anche una loro grande preoccupazione rispetto alle scadenze previste dal decreto legislativo in materia di legislazione secondaria.

In sede di discussione del recepimento della legge comunitaria, facendoci interpreti di tali preoccupazioni, abbiamo presentato alcuni emendamenti tendenti ad eliminare una delle suddette scadenze, problema peraltro già sollevato in occasione del parere parlamentare espresso sul decreto legislativo in merito all'eliminazione dei 180 giorni entro cui bisogna arrivare alla definizione delle norme, delle classificazioni e dei quantitativi, cioè di tutta la normativa che dovrebbe regolamentare l'attività di recupero dei rifiuti. Questo emendamento è stato interpretato in maniera diversa dagli ambientalisti e dai rappresentanti del settore industriale. Credo invece si sia trattato di un atto di grande responsabilità del Parlamento, perché con tale emendamento si è voluto incentivare il lavoro dei ministeri. Ricordo che alla scadenza del 2 settembre, termine previsto per l'emanazione del decreto attuativo, rischiamo, in mancanza di norme, di far finire in una sorta di limbo tutte le attività di recupero.

Chiedo al ministro - se le argomentazioni che ho esposto rientrano tra i problemi che deve affrontare il suo ministero - se ritenga che questo emendamento sia una proposta che debba essere discussa con estrema serenità con il Ministero dell'ambiente, una delle principali autorità concertanti. La sua approvazione sostanzialmente finirebbe per dare una mano a tutti, perché prima si attua il decreto e prima ci si adegua alle nuove disposizioni. Quindi, di fatto, non si tratterebbe di un rinvio sine die degli adeguamenti da parte del settore industriale, ma di un atto di ulteriore responsabilità.

Chiedo al ministro se abbia avuto modo di parlare di questa questione con il collega dell'ambiente e comunque se crede di poterlo affrontarlo serenamente ed adoperarsi affinché il decreto attuativo venga emanato nei tempi previsti dall'articolato del decreto legislativo. Credo che la riuscita anche di un sistema industriale dei rifiuti stia tutta all'interno della puntuale emanazione delle norme attuative del decreto legislativo n. 22 del 1997.

Mi sembra che lei, signor ministro, abbia sottolineato un passaggio interessante, quando ha parlato di nuovi sistemi di impresa, che comportano anche una politica di sostituzione dei materiali. Basti pensare a tutta la problematica dell'amianto ed al fatto che un materiale così pericoloso sia stato sostituito dalle fibre di vetro. Le chiedo se al Ministero dell'industria vi sia in questo momento un osservatorio autonomo per la valutazione dell'impatto che il decreto Ronchi avrà sul sistema industriale proprio per la fattispecie particolare della sostituzione dei materiali e quindi della creazione di nuovi sistemi di produzione. Mi sembra infatti molto importante che nell'ambito di politiche di prevenzione si comincino a studiare questi aspetti. Le chiedo quindi se, con il suo collega dell'ambiente, si è pensato ad esempio di supportare il futuro osservatorio per i rifiuti con una adeguata struttura da parte dei due Ministeri per lo studio del ciclo di vita dei rifiuti e le politiche di sostituzione dei materiali, il che comporta un capovolgimento di metodi produttivi nel nostro sistema industriale.

Si tratta di una fase molto delicata e molto alta dell'attuazione del decreto legislativo, anche perché nel nostro paese vi è il cattivo vezzo che alle fasi più delicate, da cui dipende la riuscita dei sistemi industriali avanzati, si pensa solo per ultimo. Anche in questo senso, quindi, vi è l'auspicio che il Ministero dell'industria sia sempre più protagonista nella politica di gestione dei rifiuti. In passato non lo è stato; ci attendiamo dal ministro Bersani un protagonismo positivo nell'ambito di questo settore.

PRESIDENTE. Se non vi sono altri colleghi che intendono porre domande al ministro, vorrei porne alcune io molto brevemente, ricollegandomi alle ultime osservazioni del collega Gerardini, facendo in qualche modo la parte dell'avvocato del diavolo sull'emendamento cui egli si è riferito.

Dico la parte dell'avvocato del diavolo perché la mia impressione -e forse non solo la mia - nel corso di questi anni è stata che in questo potenziale interesse del sistema delle imprese in ordine alle questioni della gestione del ciclo dei rifiuti ed al problema dell'innovazione tecnologica per quanto riguarda i materiali e la loro sostituzione, con riferimento anche alla progettazione delle merci in modo tale che avessero il massimo di riciclabilità (il termine è orrendo e non esiste in italiano, ma ormai lo possiamo utilizzare) è che in questo interesse (fin dai tempi della legge sulla siderurgia, quando sarebbe stato possibile per il sistema delle imprese già allora avere un ruolo nella ridefinizione di quello che oggi si definirebbe come core business e che allora si chiamava solo attività) il sistema delle imprese nel suo complesso - penso anche a certi atteggiamenti della Confindustria - si sia sempre configurato, sentito ed autopercepito più caricato del problema di come smaltire i rifiuti che non coinvolto dalla grande partita che il sistema stesso avrebbe potuto giocare in uno scenario di modernizzazione del paese e di gestione corretta di tutto il ciclo dei rifiuti.

Il collega Gerardini ha fatto riferimento al famoso emendamento sui 180 giorni, ma rispetto ad esso è possibile una doppia lettura: o il mondo industriale è davvero pronto a giocare questa sfida e allora non c'è il rinvio sine die che qualche malalingua potrebbe pensare, oppure se ha ancora forti remore, allora gli arrière-pensée degli ambientalisti hanno una qualche leggittimazione.

In estrema sintesi propongo al ministro una sorta di experimentum crucis: non so se l'accordo di programma possa essere uno strumento adeguato; penso di sì, ma perché non impegnare una parte dell'imprenditoria italiana, quella che mostra tanto interesse, in un accordo di programma su un grande progetto di smaltimento corretto, ambientalmente sostenibile ma a livello di gestione industriale e di partite mirate di rifiuti? Penso in particolare ai rifiuti pericolosi, che pongono però problemi di gran lunga più complessi, ma più in generale a partite di rifiuti, pensate per tipologia e tali da consentire un intervento concreto da parte dello stesso sistema delle imprese. Mi sembrerebbe questo, dicevo, l'experimentum crucis per superare l'interesse e l'attenzione che pure sicuramente ci sono. Le nuove norme configurano nuove potenzialità, come il ministro prima ci ha ben rappresentato, ma manca - l'immagine conclusiva non è forse tra le più felici - la stretta di mano con la quale si conclude l'accordo al mercato delle vacche.

FRANCO GERARDINI. Vorrei far capire fino in fondo il senso del mio intervento, che vuole essere una positiva provocazione e sempre a fini costruttivi. Il problema relativo ai 180 giorni, termine in cui il sistema industriale deve adeguarsi, è stato posto anche dalle Commissioni parlamentari con un parere che già ne prevedeva l'abrogazione. Il sistema rifiuti in questo benedetto paese è sempre stato visto come una disciplina e non come una economia. La ratio delle norme in questo settore è stata sempre igienico-sanitaria ed è mancata del tutto la componente economica. Si è arrivati così alla conclusione che i 180 giorni costituiscono una scadenza eccessivamente ravvicinata e le Commissioni hanno chiesto un'implementazione graduale della norma. Abbiamo infatti avuto altri esempi di norme molto rigide, da applicare entro termini molto ristretti, che hanno avuto un effetto boomerang e invece di una maggiore tutela ambientale, ad esempio, abbiamo avuto tutt'altro. Questo era il senso del mio intervento.

PRESIDENTE. La ringrazio. Il suo intervento era molto chiaro e credo che il ministro saprà risponderci con la brillante capacità di sintesi mostrata all'inizio.

PIER LUIGI BERSANI, Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato. Il primo punto è che la collaborazione tra ambiente ed industria, a livello di strutture, migliora; si va verso il meglio, non senza problemi e contraddizioni che sono strutturali, oggettive. L'esperienza di queste settimane e quella dei prossimi giorni ci consegneranno un'abitudine a lavorare insieme che rappresenterà un bel patrimonio per il futuro, cercando di dar luogo a meno inconvenienti di quelli che abbiamo provocato in passato.

Per quanto riguarda la nostra nozione di rifiuti, materie prime e seconde, stiamo lavorando per andare fondamentalmente caso per caso, o meglio per fare un'operazione a blocchi o parzialmente a blocchi ("caso per caso" è esagerato). La nostra intenzione è quella di dare una certezza che vada al di là di meccanismi definitori che lascino la realtà con un punto interrogativo. Proprio su questo si sta lavorando.

Sono convinto - con quello che diceva poco fa il presidente, e arrivo così al tema del ruolo delle imprese, della loro maturità o meno - che siamo in una fase cruciale di passaggio. Potremmo dire di essere a metà, ed il passaggio da come smaltire a come giocare nel processo di smaltimento comincia ad avere pesi e contrappesi di una certa equivalenza. Si tende ad una crescente consapevolezza.

PRESIDENTE. Onorevole ministro, tanto per capirci, il fatto che l'ENEL si proponga nella ridefinizione del suo core business di essere uno dei protagonisti della partita rifiuti genera un effetto a macchia d'olio nel sistema delle imprese ed un inizio di competizione o no?

PIER LUIGI BERSANI, Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato. Secondo me questa possibilità c'è, bisogna però vedere a chi ci rivolgiamo, se vogliamo selezionare questi interessi o no. Il processo si mette in moto; se poi, per altri aspetti del problema, ci riferiamo all'impresa diffusa, sono convinto che - lo dico anch'io usando una battuta un po' brutale - se si insegna qualcosa ad una impresa, non becca; se l'impara, si incendia la prateria. Secondo me, nel sistema delle piccole e medie imprese abbiamo in questo momento una certa percezione che questo sia un ciclo entro il quale si possono fare operazioni anche volute, anche cose nuove. Confermo cioè che vi è un interesse crescente e c'è movimento; il problema principale è di dare strade precise a questo movimento, ma non si tratta di un compito semplice.

A livello tecnologico ed industriale, per quel che riguarda l'incenerimento e così via, siamo certamente in condizioni di allestire imprese con le migliori tecnologie di garanzia; i problemi sono altri, di natura culturale, ambientale e localizzativa. Si tratta di questioni molto complesse; se vi fosse occasione di approfondire questo tema crucialissimo delle localizzazioni per ammodernare il nostro modo di discutere e vedere se ci viene in mente qualcosa di nuovo a tale proposito, questo non guasterebbe. Credo infatti che questo problema si stia rincrudendo piuttosto che risolvendo.

A proposito delle sanzioni, data la possibilità di conoscere l'articolazione dei fenomeni e dato quello che si sta svolgendo nel resto d'Europa, dove si procede in via amministrativa piuttosto che in via penale, e dato il tipo di delega che avevamo, mi pare che il sistema sanzionatorio sia piuttosto preciso ed efficace.

Per quanto riguarda le incentivazioni, abbiamo trasmesso al Ministero dell'ambiente uno schema di decreto. Al di là del problema delle risorse, vi sono diverse questioni all'incrocio; ad esempio abbiamo da un lato l'esigenza di rivisitare nel processo di riforma l'intero meccanismo e dall'altro vi è il ruolo della authority che si sta dispiegando. Credo che dopo le prime esperienze in proposito saremo indotti a registrare l'incedere reciproco. La nostra intenzione sarebbe quella di dare corso a meccanismi significativi, senza aspettare di aver risolto tutto. Stiamo discutendo questo schema e la questione andrà in qualche modo inquadrata nella reciprocità di compiti che abbiamo con l'authority.

Per quanto riguarda le proroghe o non proroghe, i 180 giorni eccetera, dico molto semplicemente ciò che penso: vi è innanzitutto un fatto molto semplice e pratico e cioè che dobbiamo evitare che vi siano soluzioni di continuità: il regime deve passare in modo ordinato. Questo mi pare possa essere universalmente condiviso. Abbiamo tempi di comunicazione all'Unione europea ed altri passaggi che debbono essere regolati con criterio e buon senso. Si tratta quindi di intervenire in una chiave di razionalità, di sicurezza, di non trovarsi in una posizione difficile, in questo passaggio. Questo significa dare l'idea che si stanno cercando alibi per una non applicazione o un rinvio? Su questo punto siamo sensibili anche noi, tanto è vero che, non appena abbiamo sentito che si parlava di questo, la prima risposta è stata quella di aprire una non-stop con il Ministero dell'ambiente; stiamo lavorando tutti i giorni proprio perché l'obiettivo è quello di arrivare ad una proposta a fine mese.

Comprendiamo bene che come Ministero dell'industria, per ragioni evidenti, dobbiamo dare innanzitutto il segno che stiamo lavorando, al di là delle difficoltà di merito che pure esistono, per arrivare a chiudere le questioni. In questi giorni stiamo perciò lavorando anche per metterci tutti nella condizione di valutare più serenamente come gestire la fase di passaggio. Quindi le due cose sono legate: dobbiamo arrivare ad una soluzione in tempi radipissimi, e quindi considerare come un problema tecnico-gestionale di passaggio, in un quadro di fiducia e chiarezza reciproca, quello del tempo necessario. Spero che nei prossimi giorni sia noi sia i rappresentanti del Ministero dell'ambiente - entrambi molto sensibili al tema - potremo dimostrare che così si farà: non ci saranno rinvii. Si definirà la questione sostanzialmente nei tempi indicati dalle norme, quindi si fisserà la tecnica di connessione con le nuove normative che il buon senso consiglierà.

Già cinque decreti tra quelli che richiedono il concerto tra i Ministeri dell'industria e dell'ambiente (trasporti transfrontalieri, discariche, formulario, registri di carico e scarico, albo nazionale deglismaltitori di rifiuti) sono definiti; altri due (sul recupero dei rifiuti pericolosi e non) li stiamo elaborando insieme e l'obiettivo è di definirli entro la fine del mese. Dopo tutto ciò, il problema di inviare un messaggio potenzialmente ambiguo comincerà ad alleggerirsi.

PRESIDENTE. La ringrazio, ministro e mi permetto di ricordare en passant che a proposito di CIP 6 e di authority mi pare che quest'ultima abbia il passo decisamente più lungo - questo in qualche modo è un problema - delle decisioni ministeriali. L'authority ha dei vantaggi: mi permetto di segnalare al ministro questo problema, che con il passare del tempo potrebbe provocare sfasamenti anche rischiosi.

PIER LUIGI BERSANI, Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato. E' un problema serio.

PRESIDENTE. Grazie ancora, ministro.

La prossima seduta avrà luogo giovedì 24 luglio, alle 17,30, e riguarderà l'audizione del dottor Melillo, sostituto procuratore presso il tribunale di Napoli.

La seduta termina alle 20,40.

ALLEGATO. TESTO DEL REGOLAMENTO INTERNO APPROVATO DALLA COMMISSIONE

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